Istituto Oncologico Veneto Centro Regionale di Riferimento - Registro Tumori del Veneto Gruppo Regionale Patologi Linee Guida per lo Screening Mammografico Padova, maggio 2006 INDICE Presentazione 4 Introduzione 5 Parte prima: Procedure diagnostiche pre-operatorie cito-istologiche 7 Introduzione Uso delle tecniche diagnostiche preoperatorie Scelta della tecnica di campionamento Diagnostica istologica: refertazione delle agobiopsie (14 GAUGE) e agobiopsie vacuum-assisted Diagnostica citologica Bibliografia diagnostica cito-istologica pre-operatoria Controllo di qualità Bibliografia controlli di qualità 8 8 9 10 17 25 30 33 ALLEGATO 1: Richiesta di esame istologico della mammella 34 ALLEGATO 2: Scheda per l'invio del materiale citologico 35 ALLEGATO 3: Scheda patologica per lo screening mammografico europeo 36 Parte seconda: Procedure diagnostiche del campione operatorio 37 Esame macroscopico e campionamento del materiale chirurgico e bioptico della mammella Principi generali di processazione del materiale chirurgico: dall'arrivo al laboratorio di anatomia patologica al campionamento Processazione di campioni chirurgici per esame routinario Raccomandazioni specifiche in relazione ai differenti tipi di campione chirurgico Esame microscopico e diagnosi finale Bibliografia 38 38 38 40 42 42 ALLEGATO 1: Preparazione pezzo operatorio 43 ALLEGATO 2: Richiesta esame istologico della mammella 46 2 Parte terza: Protocollo anatomopatologico del linfonodo sentinella Premessa Esame e campionamento macroscopico Esame intraoperatorio Taglio sezioni istologiche (N° sezioni, intervalli di sezione) Refertazioni Bibliografia 49 50 51 51 51 52 52 ALLEGATO 1: Refertazione anatomopatologica del Linfonodo Sentinella 53 Parte quarta: Determinazione immunoistochimica dei fattori prognostici 54 Introduzione Fissazione Metodiche Controlli Scoring Carcinoma duttale in situ Controlli di qualità Her - 2/neu Bibliografia 55 55 55 55 56 57 57 57 59 3 PRESENTAZIONE Dal 1996, anno in cui la Commissione Oncologica Nazionale ha pubblicato le sue Linee Guida, la Regione Veneto ha iniziato a supportare gli Screening Oncologici con varie modalità, non soltanto finanziarie. I risultati di dieci anni, frutto del lavoro di numerosissimi operatori di varie professionalità, pongono oggi la nostra Regione ai primi posti nel panorama nazionale degli Screening sia in termini di estensione che di qualità. Queste Linee Guida, preparate dal Gruppo Veneto dei Patologi Referenti degli Screening Mammografici, sono il segno di un altro passo decisivo per la promozione della qualità. Il fatto poi che esse siano il frutto di un lavoro ampiamente collaborativo, cui hanno contribuito diversi Patologi impegnati sul campo, ne fa un documento vivo e certamente utile per tutti. Mi complimento con i Patologi per questo eccellente lavoro e mi auguro che sia accolto come merita, che abbia l’impatto atteso sulla qualità e che sia il modello per analoghe iniziative per gli altri screening e anche per altri gruppi di professionisti. Dr. Giampietro Rupolo Dirigente Regionale Direzione Regionale Piani e Programmi Socio-Sanitari Venezia, 10 maggio 2006 4 INTRODUZIONE L’avvio di programmi di screening mammografico nella nostra regione ha avuto una diretta ricaduta sui Servizi di Anatomia Patologica. Il prelievo di materiale citologico ed istologico da lesioni mammarie sospette, mammograficamente rilevate, rappresenta un’indagine di II livello alla quale ci si rivolge per confermare o smentire il dubbio radiologico e dalla quale ci si attende di giungere ad una diagnosi conclusiva. Il valore di siffatta diagnostica nella gestione di donne aderenti allo screening mammografico con lesioni screen-detected è comprensibile alla luce del principio “primum non nocere”; donne che, asintomatiche, vengono convocate per un’indagine di screening, devono trarre dalla stessa il beneficio di una diagnosi precoce e non il danno di un “over-treatment”. Da qui l’importanza che le indagini di II livello siano in grado di dirimere i dubbi ed accertare “la verità” di un evento, limitando al massimo i possibili errori diagnostici. La via che porta a confinare entro percentuali minime, eticamente e scientificamente accettabili, i possibili errori ed a massimizzare gli effetti positivi di un approfondimento citologico e/o istologico, è la stringente adesione ai parametri di qualità diagnostica a cui i Servizi di Anatomia Patologica, che partecipano alla diagnostica di lesioni screen-detected, devono tendere. La diagnostica cito-istologica legata alle lesioni mammarie screen-detected ha indubbiamente delle peculiarità che sono sia di natura strettamente culturale, e quindi di formazione del Personale Medico che si occupa di tale attività, che di natura organizzativa del lavoro, propria di ogni singolo Servizio di Anatomia Patologica, limitatamente alle risorse disponibili. Uno sguardo alla nostra realtà regionale veneta in ambito di screening mammografico, ed in particolare ai numerosi Servizi di Anatomia Patologica a cui afferisce il materiale cito-istologico proveniente dai centri di screening, ha sollevato la necessità di rispondere ad un bisogno prima d’ora mai soddisfatto e cioè valutare un progetto di fattibilità per far sì che, nel territorio della Regione Veneto, le Anatomie Patologiche abbiano standard diagnostici uniformi, tali da garantire omogenei livelli qualitativi all’interno dei diversi programmi di screening. Per lo studio del problema, si è così proposta la formazione di un gruppo di Patologi Veneti dedicati all’attività diagnostica su casistica di screening mammografico; il finanziamento ottenuto dalla Regione Veneto ha consentito la fattiva costituzione del Gruppo Regionale Patologi Screening Mammografico che racchiude in sé la presenza di 18 ULSS venete. Lo spirito regionale del Gruppo si è subito trasferito nel carattere itinerante degli incontri che si sono svolti fino ad ora (Dolo – VE e Castelfranco Veneto – TV anno 2004, Arzignano – VI anno 2005) e che si svolgeranno nel prossimo futuro, in modo da rendere fattivamente partecipe, anche logisticamente, più di un Servizio di Anatomia Patologica all’attività del Gruppo. 5 In questi due primi anni di attività, gli atti ufficiali del Gruppo Regionale Patologi Screening Mammografico hanno avuto lo scopo di rilevare l’organizzazione del lavoro di screening diagnostico patologico in tutti i Servizi di Anatomia Patologica e di utilizzare tale esperienza come base per la definizione di linee comuni di comportamento diagnostico in ambito della Regione Veneto. Gli incontri avvenuti a Dolo, Castelfranco Veneto ed Arzignano nel corso del 2004-2005 sono stati una preziosa occasione di conoscenza e scambio culturale tra i Patologi del Veneto ed hanno rappresentato momenti ufficiali della pianificazione di importanti progetti di lavoro. L’interesse manifestato dai componenti di questo Gruppo ai programmi proposti ci ha permesso di ottenere risultati che si sono posti al di sopra degli obiettivi che all’inizio erano solo auspicati. “Le linee guida regionali per l’Anatomia Patologica negli screening mammografici”, che oggi ufficialmente il Gruppo Regionale Patologi Screening Mammografico presenta e discute, sono il risultato dell’impegno profuso da tutti e segno tangibile di un interesse partecipativo collegiale, che peraltro tali problematiche richiedono. Questo primo importante lavoro è stato condotto parallelamente ad un altro impegnativo progetto che vedrà conclusione preliminare nel giugno 2006 e che è stato indirizzato ad un confronto diagnostico tra tutti i Patologi del Gruppo, su casistica selezionata da patologia di screening sia citologica che istologica. Sarà questo il momento dialettico più importante con una fattiva interazione diretta e reciproca tra tutti i componenti del Gruppo che saranno, attraverso il lavoro al microscopio, portatori di conoscenza ed esperienza personali, preziosi ed insostituibili elementi per raggiungere gli obiettivi di crescita culturale che i Patologi del Veneto si sono prefissati. Quanto fino ad ora costruito da questo neonato Gruppo Regionale Patologi Screening Mammografico per il Veneto è segno della piena responsabilità circa gli obiettivi da raggiungere ed è di auspicio per la prosecuzione futura di questo impegno. Prof. Franco Bonetti Coordinatore Gruppo Regionale Patologi Screening Mammografico Responsabile del Servizio di Citologia-Screening Senologico di Marzana (VR) Professore Ordinario di Anatomia Patologica – Università di Verona Dott.ssa Erminia Manfrin Ricercatore – Università di Verona Padova, 11 maggio 2006 6 PARTE PRIMA Procedure diagnostiche pre-operatorie cito-istologiche A cura di: Licia Laurino (ULSS n° 9) Antonio Rizzo (ULSS n° 8) Con la collaborazione di: Duilio Della Libera (ULSS n° 7) Enrico Orvieto (ULSS n° 9) Documento elaborato e distribuito al gruppo patologi veneti per lo screening mammografico nel luglio 2005 Revisione prevista: dicembre 2006 7 1. INTRODUZIONE La diagnosi preoperatoria ha lo scopo di fornire, nelle lesioni maligne, una diagnosi definitiva seguita da un rapido rinvio al trattamento, idealmente in un’unica procedura. La diagnosi preoperatoria di lesione benigna è altrettanto fondamentale, evitando il ricorso alla chirurgia e/o ai richiami radiologici. In tale contesto, l’agobiopsia (NCB) e la più recente agobiopsia vacuum-assisted (VANCB) sono dei presidi ampiamente accettati che hanno portato l’istologia ad aggiungersi o a sostituire la tradizionale citologia agoaspirativa (FNAC). Questa parte del documento, assieme a quelle dedicate alle procedure diagnostiche del campione operatorio e ai fattori prognostico-predittivi derivano in gran parte dalla discussione e adattamento da parte dei gruppi della recente riedizione delle linee guida europee (59, 60). 2. USO DELLE TECNICHE DIAGNOSTICHE PREOPERATORIE I risultati di FNAC e NCB su lesioni non palpabili non dovrebbero essere interpretati isolatamente. Inevitabilmente, inadeguati e falsi-negativi sono significativamente più alti per lesioni non palpabili. Quando gli aspetti radiologici sono sospetti e la FNAC o la NCB sono inadeguati o evidenziano tessuto normale o benigno, è necessario basarsi sugli aspetti radiologici. Nei casi in cui non si raggiunga un consenso dopo discussione multidisciplinare, sarebbe necessario ripetere la procedura o eseguire una VANCB o procedere ad una biopsia chirurgica (1). Il patologo deve ricevere gli aspetti radiologici della lesione comprendendo le dimensioni e la distribuzione di eventuali microcalcificazioni (vedi allegato 1 e 2). Una diagnosi definitiva su FNAC/NCB è il risultato dell’integrazione dei dati forniti dal radiologo e dal patologo ed include: • l’analisi del patologo attraverso l’utilizzo delle categorie diagnostiche indipendentemente dagli aspetti radiologici. • Un risultato benigno o normale (B1,2/C2) dovrebbe essere correlato con gli aspetti mammografici/ecografici e con il grado di sospetto radiologico quantificato usando la classificazione ACR (BI-RADS) , al fine di determinare se il campione è adeguato per differenziare un risultato benigno non rappresentativo da un risultato benigno rappresentativo. Bisogna ricordare che: • Il problema se un campione sia rappresentativo si pone in pratica in tutti i risultati citologici ed istologici benigni. • Un campione citologico riccamente cellulato non necessariamente significa adeguato • La comparazione tra aspetti istologici con immagini radiologiche è necessaria per giudicare se un campione sia rappresentativo, attraverso un coordinamento multidisciplinare. 8 3. SCELTA DELLA TECNICA DI CAMPIONAMENTO L’agobiopsia con ago 14 gauge fornisce una maggiore sensibilità e specificità rispetto alla FNAC per aree con microcalcificazioni, asimmetrie e distorsioni architetturali e quindi è la tecnica di scelta in tali lesioni (2,3,4,5). Essa inoltre facilita la diagnosi definitiva di lesione benigna. La FNAC può essere preferita in alcuni centri per campionare lesioni formanti massa, soltanto quando sia stato raggiunto uno standard significativo di eccellenza (6). Citologia agoaspirativa mediante ago sottile (FNAC) L’accuratezza della FNAC dipende principalmente da tre fattori: • Un campione che sia adeguato e rappresentativo della lesione; • Processazione adeguata e colorazione senza artefatti; • Interpretazione accurata del materiale citologico con diagnosi chiara tenendo conto dello schema di refertazione C1-5. La FNAC è meno cara e più rapida rispetto all’agobiopsia. Inoltre consente di valutare preoperatoriamente eventuali linfonodi ascellari ingrossati. Tuttavia, presenta alcune limitazioni: • Può mostrare scarsa cellularità portando ad un tasso di inadeguati del 10-15% (6,7,8,9,10). Ciò si verifica principalmente in lesioni quali i fibroadenomi sclerotici, adenosi sclerosante o carcinomi lobulari invasivi (11). • Essa fornisce cellule isolate dal contesto complessivo architetturale del tessuto, avendo come conseguenze: - necessità di patologi con lunga esperienza nel settore e che operino in un contesto di controlli di qualità interni ed esterni; - estrema difficoltà nella distinzione tra lesioni benigne proliferanti e carcinomi ben differenziati (11, 12, 13, 14) - maggiori problemi rispetto all’agobiopsia nel correlarsi al quadro radiologico. Una diagnosi accurata delle più comuni lesioni benigne eccetto le cisti e i tipici fibroadenomi può essere difficile, portando ad un certo grado di incertezza con la necessità di ulteriori richiami radiologici e conseguentemente a costi complessivamente superiori all’agobiopsia (10). Agobiopsia (NCB) Eseguita con opportuni dispositivi automatici mediante aghi di 18-12 gauge: il più comunemente usato, anche per la buona quantità di tessuto che si ottiene, è il 14 gauge. Tale tecnica è stata valutata essere ottimale per lesioni palpabili e non palpabili, mentre può essere insufficiente per le microcalcificazioni dove maggiori indicazioni vengono fornite dall’agobiopsia vacuum assisted (VANCB)(15, 16). Cinque agobiopsie per lesioni formanti massa e dieci per microcalcificazioni sono il numero che presenta la più alta concordanza con la biopsia a cielo aperto (16a, 17). • L’agobiopsia è idonea a caratterizzare le lesioni più accuratamente rispetto alla FNAC e può fornire una diagnosi definitiva in un alta proporzione di casi. • Può distinguere un carcinoma in situ e carcinoma invasivo. 9 • È in grado di caratterizzare le lesioni associate con microcalcificazioni rispetto alla FNAC. • Possibilità dell’utilizzo di colorazioni immunoistochimiche per la migliore definizione delle lesioni osservate. • Può essere usata per la determinazione dei marcatori prognostici e predittivi di risposta terapeutica. L’interpretazione delle agobiopsie richiede patologi esperienza e conoscenza della complessità delle lesioni mammarie. Inoltre, la diagnosi su agobiopsia, analogamente alla FNAC, dovrebbe essere parte integrante dell’approccio multidisciplinare clinicoradiologico-citoistologico per decidere la terapia più opportuna e per non sottostimare alcune lesioni: infatti, quando su agobiopsie stereotassiche eseguite su microcalcificazioni viene posta una diagnosi di DCIS, nel successivo campione chirurgico si osserva un carcinoma invasivo nel 20% dei casi. (18, 21). Agobiopsia vacuum assisted (VANCB) Tale tecnica trova l’indicazione elettiva nei clusters di microcalcificazioni sospette o dubbie (classificazione BI-RADS R3-R4), ove è richiesto un volume grande di tessuto per una diagnosi accurata. La metodica può essere impiegata anche per la valutazione di aree mammarie con aspetti di distorsione parenchimale. La guida bioptica (probe), posizionata sotto controllo mammografico, incorpora un canale vuoto su cui viene applicata una pressione negativa che aspira quindi il tessuto mammario ed utilizza un ago di 8-14 gauge che è in grado, effettuando una rotazione di 360° all’interno della lesione, di eseguire un campionamento multiplo su aree contigue. Vengono raccomandati 12 prelievi, condotti su preordinate direttrici topografiche, idealmente riconducibili al quadrante di un orologio: sei prelievi in corrispondenza delle ore pari e sei prelievi in corrispondenza delle ore dispari. In presenza di microcalcificazioni, i frustoli vengono radiografati ed immediatamente posti in formalina tamponata al 10%. E’ possibile inoltre inserire nel punto di prelievo una clip metallica come repere per l’eventuale intervento chirurgico. La VANCB presenta una notevole accuratezza diagnostica, in particolare nelle lesioni duttali in situ, aumentando la sensibilità nelle forme microinvasive associate al DCIS (21). 4. DIAGNOSTICA ISTOLOGICA: REFERTAZIONE DELLE AGOBIOPSIE (14 GAUGE) E AGOBIOPSIE VACUUM-ASSISTED Una corretta interpretazione del materiale ottenuto mediante agobiopsia richiede la conoscenza dei dettagli clinici e strumentali (mammografia/ecografia) attraverso un opportuno schema di richiesta (ALLEGATI 1 e 2, PARTE PRIMA ) in cui siano indicati: • L'unità operativa da cui proviene il materiale; • La sede (dx o sx) • Il quadrante • La categoria di classificazione radiologica (R/U); • L'aspetto radiologico • La tecnica di localizzazione • Il numero delle biopsie 10 • Le calcificazioni presenti sulla lastra Le biopsie eseguite per microcalcificazioni devono essere radiografate affinché si abbia conferma radiologica della adeguatezza del prelievo. Un protocollo sulle modalità di fissazione del tessuto deve basarsi su procedure standard. Le biopsie vanno fissate immediatamente dopo la radiografia. Si raccomanda di mettere al massimo 4 agobiopsie da 14 gauge per cassetta e 2 da vacuum assisted per cassetta. Per ogni blocchetto così ottenuto, nel caso di microcalcificazioni, viene allestito un preparato istologico (vetrino) con tre sezioni in E.E. (ematossilina-eosina) a tre diversi livelli separati da 40 micron. Se nel vetrino non si evidenziano le microcalcificazioni, il blocchetto viene seriato. E' opportuno ricordare come le microcalcificazioni di ossalato di calcio non sono visibili all'ematossilina eosina; si consiglia la visione senza condensatore e a diaframma chiuso o in luce polarizzata, prima della seriatura del blocchetto. 4.1 Categorie Diagnostiche L'esame istologico sia delle agobiopsie sia di quelle vacuum-assisted si effettua attraverso la classificazione in categorie patologiche (B1-5) e non riportando una diagnosi definitiva, anche se ciò è possibile nella maggior parte dei casi (Allegato 3). Sebbene la maggior parte delle lesioni appaiono inquadrabili come benigne o maligne, un piccola quota (intorno al 10%) rimangono incerte (B3 e B4). E' opportuno ricordare che le categorie applicate in citologia (C1-5) non sono equivalenti come significato, in particolare per il B1 e il B3. Tali categorie diagnostiche sono puramente morfologiche e non tengono conto degli aspetti radiologici. La correlazione con il dato radiologico viene demandata ad una valutazione multidisciplinare tra radiologo e patologo. Per tali motivi non esiste una categoria di inadeguato nel B1-5. B1 tessuto normale/non interpretabile Questa categoria indica la presenza di tessuto normale sia in presenza o non di strutture parenchimali mammarie; quindi è ugualmente adeguato un prelievo che comprende dotti o lobuli mammari normali o soltanto tessuto adiposo o fibroso. Un report B1 dovrebbe contenere la descrizione delle singole componenti presenti. Un referto di tessuto normale può indicare che la lesione non è stata campionata. Ciò non è sempre vero in quanto alcune lesioni benigne come l'amartoma o il lipoma appaiono come tessuto normale all'agobiopsia. Alcune distorsioni architetturali giudicate come mammograficamente minori possono essere il risultato di minime alterazioni istologiche su agobiopsia come un modico aumento della fibrosi stromale. Frustoli con diagnosi di B1 possono contenere microcalcificazioni, per esempio all'interno di lobuli in involuzione atrofica. In questi casi è importante un approccio multidisciplinare per confermare l'appropriatezza delle microcalcificazioni osservate nella sezione istologica. Infatti, piccoli foci di microcalcificazioni all'interno di un lobulo involuto sono comuni e frequentemente troppo piccole per essere visibili mammograficamente. Quindi, una diagnosi che segnali puramente la presenza di microcalcificazioni senza commenti aggiuntivi sulla loro natura, dimensioni e sede può portare a false rassicurazioni. E' evidente che microcalcificazioni sia singole che in clusters più piccole di 100 microns in diametro non sono visibili radiologicamente. 11 Eccezionalmente, alcuni campioni possono essere classificati come non interpretabili per eccessivi artefatti da prelievo o perché costituiti esclusivamente da sangue. Tali casi vanno classificati come B1. 12 B2 Lesioni benigne Un frustolo viene classificato come B2 benigno per un range di lesioni che comprendono il fibroadenoma, alterazioni fibro-cistiche, adenosi sclerosante, ectasia duttale, ascessi e liponecrosi. In alcuni casi può essere difficile determinare se una specifica lesione sia presente, come per esempio nel caso di piccole alterazioni fibro-cistiche: Ancora una volta, l'approccio multidisciplinare è importante per determinare che quanto osservato istologicamente possa rientrare nel quadro clinico-radiologico. Può essere appropriato e prudente classificare la lesione come B1 se sono presenti solo minime alterazioni, poiché gli aspetti istologici sarebbero insufficienti a spiegare una ben definita massa e quindi la classificazione B2 sarebbe inappropriata. B3 Lesioni ad incerto potenziale di malignità Questa categoria comprende principalmente lesioni che hanno aspetto istologico di benignità sull'agobiopsia, ma di cui è nota l'eterogeneità intralesionale o l'aumentato rischio (seppur basso) di malignità. La categoria B3 ha un basso livello di malignità su successive biopsie chirurgiche (25%) se comparato al B4 (66%). La maggior parte delle lesioni B3 richiedono l'escissione chirurgica, ma tutti questi casi andrebbero discussi in un incontro preoperatorio multidisciplinare. Lesioni papillari Le lesioni papillari possono mostrare eterogeneità intralesionale ed il campionamento bioptico può non comprendere aree di trasformazione carcinomatosa. Quindi la maggior parte di tali lesioni devono essere diagnosticate come B3. Raramente, quando una lesione sia di piccole dimensioni e campionata con biopsia vacuum-assisted può essere classificata come B2. D'altra parte, quando un campione agobioptico presenta una lesione papillare con atipia citologica o architetturale una classificazione B4 può talora essere appropriata. Radial scar/lesione sclerosante complessa Biopsie che mostrano aspetti di elastosi, ialinizzazione, tubuli intrappolati in stroma elastotico con proliferazioni epiteliali dovrebbero essere categorizzate come B3, se esse rappresentano la causa dell'alterazione radiologica (30a). Attualmente, queste lesioni sono considerate eterogenee e talora associate ad atipia o malignità (in generale LIN o DCIS di basso grado). Neoplasia lobulare intraepiteliale (LIN) Una proliferazione epiteliale di piccole cellule regolari dentro un lobulo moderatamente disteso ( neoplasia lobulare intraepiteliale o LIN, raggruppando iperplasia lobulare atipica e carcinoma lobulare in situ) dovrebbe essere classificata come B3. Queste lesioni non hanno necessariamente lo stesso management come la diagnosi di DCIS impone; pur tuttavia, un'escissione chirurgica diagnostica è raccomandabile. La neoplasia lobulare intraepiteliale è spesso un aspetto incidentale in un agobiopsia effettuata per una lesione radiologicamente identificata e la discussione multidisciplinare è essenziale per stabilire la rappresentatività del campione agobioptico. D'altra parte, è possibile che un LIN osservato in un escissione chirurgica non ha lo stesso rischio e prognosi di un LIN diagnosticato su agobiopsia di alterazione mammografia (31). Questi casi vanno valutati con estrema attenzione. Talora, può essere impossibile classificare una proliferazione epiteliale a piccole cellule nei lobuli e/o nei dotti come LIN o DCIS: in questi casi, la E-caderina può aiutare nella diagnosi differenziale (32) e può essere opportuno assegnare una categoria superiore B4 o B5. 13 Un LIN pleomorfo può essere classificato come B5 (in situ). Al momento tuttavia non vi sono definitive informazioni sul follow-up di tali lesioni e quindi l'approccio terapeutico dovrebbe essere discusso multidisciplinarmente. Proliferazione epiteliale atipica di tipo duttale La definizione di iperplasia duttale atipica (ADH) è derivata da campioni di resezione chirurgica e risiede su una combinazione di criteri istologici morfologici e di estensione. Vi è un range di severità delle lesioni: da quelle altamente sospette per DCIS fino a quelle che mostrano un minor grado di atipia ed architettura normale che richiede ulteriori accertamenti. In alcuni casi, può essere assegnata la categoria B4 in lesioni sospette per DCIS. Queste lesioni devono essere chiaramente separate dall'iperplasia epiteliale usuale. Una diagnosi definitiva di ADH non è possibile, per definizione, su agobiopsia. E' stato osservato che agobiopsie con foci di lesione proliferativa duttale atipica di estensione insufficiente per una classificazione di DCIS, possono presentare sulla successiva resezione chirurgica un chiaro carcinoma duttale in situ con o senza associata invasione. In oltre il 50% dei casi si osserva sia un carcinoma in situ che infiltrante (33). Dovrebbe essere quindi chiaro che, per la limitatezza del prelievo, non è possibile fare una diagnosi di ADH su agobiopsia, mentre si suggerisce di usare la seguente terminologia: proliferazione epiteliale atipica di tipo duttale. Tumore filloide Lesioni fibroepiteliali sospette per tumore filloide (stroma cellulare, crescita esuberante della componente stromale ed attività mitotica) dovrebbero essere classificati come B3. La distinzione tra tumore filloide e fibroadenoma è praticamente impossibile su agobiopsia, tranne nei casi ovviamente maligni che vanno classificati come B5. B4 sospetto per malignità Campioni con problemi tecnici quali crush o biopsie fissate in maniera insufficiente con aspetti di probabile carcinoma ma su cui non è possibile effettuare una diagnosi definitiva di malignità vanno classificati come B4. Analogamente, cellule epiteliali con atipia di alto grado all'interno di coaguli di sangue dovrebbero essere classificati come sospetti (B4); cellule epiteliali con atipia lieve rientrano invece nei B3. Lesioni proliferative duttali con inequivocabile atipia di alto grado che coinvolgono un intero dotto possono essere classificate come B5. Pur tuttavia, nel caso di lesioni proliferative epiteliali con atipia di alto grado che occupino una parte di dotto, soprattutto in assenza di necrosi, è forse più prudente un B4. In particolare, molta attenzione va posta su lesioni a fenotipo apocrino che possono rappresentare proliferazioni apocrine atipiche (B3 o B4) piuttosto che DCIS (B5). Una chirurgia terapeutica definitiva non dovrebbe mai essere eseguita con diagnosi di B3 o B4 su agobiopsia: una biopsia chirurgica escissionale diagnostica o la ripetizione delle biopsie sono le indicazioni elettive in questi casi. B5 lesioni maligne Questa categoria è appropriata per casi con malignità inequivocabile. Successive categorizzazioni in situ ed invasivo dovrebbero essere effettuate quando possibile. 14 LIN (vedi B3) La neoplasia lobulare intraepiteliale è inclusa nella categoria B3 perché non ha lo stesso management della diagnosi di DCIS o invasivo. Tuttavia la variante pleomorfa viene classificata come B5. Carcinoma duttale in situ Nel 20% dei casi diagnosticati come DCIS in agobiopsia, nella successiva escissione chirurgica si osserva una forma infiltrante (21). Nel report di un DCIS bisogna riportare il grado, l'architettura e l'eventuale presenza di necrosi e/o di microcalcificazioni. Carcinoma invasivo Un vantaggio dell'agobiopsia rispetto alla FNAC risiede nella capacità di identificare forme invasive con un valore predittivo positivo del 98% (34). Come notato prima, tuttavia, il valore predittivo negativo per invasività è solo del 80% (35,36). 4.2 Limiti Molte lesioni problematiche alla FNAC presentano analoghi difficoltà all’agobiopsia. Altre lesioni possono tuttavia presentare specifici problemi. Alterazioni minori Le minime distorsioni architetturali viste mammograficamente può essere il risultato di alterazioni minime quali un modico aumento della fibrosi stremale su agobiopsia. Tali aspetti vanno classificati come B1 con un commento sulla possibile correlazione con il radiogramma. Analogamente, l’involuzione asimmetrica del tessuto mammario può condurre a queste minime alterazioni. Amartoma e lipoma Tessuto normale su agobiopsia può indicare che la lesione non sia stata campionata. Fanno eccezione i lipomi e gli amatomi Iperplasia pseudoangiomatosa Trattasi di una lesione che può presentarsi come alterazioni diffuse (reperto incidentale) o come nodulo indistinguibile radiologicamente da un fibroadenoma. Iperplasia duttale usuale (UDH) UDH ed altre forme di iperplasia benigna come il tipo ginecomastoide sono comunemente viste in agobiopsia. UDH di tipo ginecomastoide con pattern architetturale micropapillare non devono essere confusi con un DCIS micropapillare. L’immunoistochimica con citocheratina 5/6 può essere utile nella distinzione tra UDH e DCIS (37). UDH è un aspetto solitamente incidentale ed altre alterazioni debbono essere presenti per giustificare un alterazione radiologica.. UDH non è normalmente associata con microcalcificazioni; (le cisti o l’adenosi sclerosante possono invece presentarle: in particolare le prime mostrano talora microcalcificazioni di ossalato di calcio, non colorate all’ematossilina eosina). 15 Atipia epiteliale nell’unità terminale duttulo-lobulare (TDLU) L’atipia lieve dell’epitelio dell’unità terminale duttulo-lobulare è uno dei problemi più comuni riscontrati nei campioni agobioptici. Bisogna porre molta attenzione nel non enfatizzare minimi gradi di atipica che possono rappresentare UDH o metaplasia apocrina. Tale atipica deve essere classificata come B1. D’altra parte gradi severi di atipica possono rappresentare la cancerizzazione del lobulo da parte di un DCIS di alto grado. Alterazioni a cellule colonnari con o senza atipia epiteliale piana (flat atipia: WHO, 2003) Alterazioni a cellule colonnari rappresentano uno spettro di lesioni che hanno in comune la presenza di cellule epiteliali colonnari che bordano unità terminali duttulo-lobulari dilatate (38,39). Tali alterazioni sono state chiamate “lobuli cistici atipici”, “metaplasia a cellule colonnari”, “iperplasia a cellule colonnari”, “alterazioni a cellule colonnari con prominenti snouts apicali e secrezioni (CAPSS)”. Nell’edizione del 2003 della classificazione del WHO esse sono state definite come “lesioni epiteliali piane” (40). L’interesse per tali lesioni in patologia mammaria da screening è legato alla presenza di microcalcificazioni granulari o di tipo psammomatoso dentro i lobuli dilatati visibili e dubbie mammograficamente e che richiedono quindi un approfondimento diagnostico mediante agobiopsia. Infatti, lo spettro di tali lesioni varia comprendendo l’iperplasia a cellule colonnari senza atipia (B2)(assenza di atipie citologiche e di tufting), l’iperplasia a cellule colonnari con atipia (B3)(cellule atipiche con tufting focale e pluristratificazioni cellulari) fino al DCIS di basso grado (B5) che comprende forme come il cribriforme ed il micropapillare (clinging). Atipia apocrina e DCIS apocrino L’atipia apocrina soprattutto se associata a lesione sclerosante può essere di difficile interpretazione su materiale agobioptico: nuclei larghi con nucleoli vistosi possono essere interpretati come DCIS se associati anche a pleomorfismo. DCIS apocrino puro è relativamente raro: in questi casi aspetti quali la fibrosi periduttale, l'infiltrato linfocitario, le mitosi e la necrosi comedonica possono essere di supporto nella diagnosi (41). Proliferazioni apocrine con aspetti atipici in un dotto dovrebbero essere classificati come B3. La metaplasia apocrina papillare va invece considerata un B2. Alterazioni tipo allattamento Tali alterazioni possono essere presenti anche in donne non allattanti nè in gravidanza e perfino in postmenopausa. Il riconoscimento dei vacuoli citoplasmatici e l'architettura tipicamente hobnail aiutano nel corretto inquadramento nosografico. Lesioni sclerosanti/carcinoma tubulare E' la lesione più insidiosa su materiale agobiotico. Vi è un rischio di fare diagnosi di carcinoma invasivo soprattutto se il frammento agobiotico cade al centro della lesione sclero-elastotica. L'immunoistochimica per marcatori di cellule mioepiteliali (p63, calponina, citocheratina 14) può essere di aiuto nel dirimere il dubbio. Bisogna tuttavia sottolineare come talora i tubuli all'interno del centro elastotico di una radial scar possono non esprimere mioepitelio perchè in atrofia: quindi nei casi dubbi è consigliabile una classificazione B3 o B4. Adenosi microghiandolare Nell'adenosi microghiandolare, lo strato di cellule mioepiteliali è assente; i tubuli appaiono regolari, rotondi con lume aperto ma il citoplasma è chiaro ed esprimono S100, mentre sono negativi EMA ed i recettori ormonali (42). 16 Proliferazioni stromali e lesioni a cellule fusate Talora uno stroma fibroblastico può essere presente in pazienti che abbiano subito una precedente FNAC o agobiopsia ed appare difficilmente distinguibile da una fibromatosi o un miofibroblastoma. In questi casi è preferibile classificare come B3. Tumori fibroepiteliali Come già discusso la diagnosi differenziale tra un tumore filloide benigno o di basso grado ed un fibroadenoma può essere complessa: nei casi dubbi è corretta una diagnosi di B3. Modificazioni da radiazioni La radioterapia può indurre modificazioni di difficile interpretazione. Anche in questi casi si suggerisce una diagnosi di B3 (43,44). Carcinoma lobulare infiltrante Piccoli foci di carcinoma lobulare invasivo possono essere confusi con un infiltrato linfocitario perilobulare (45). L'immunoistochimica con citocheratina 5D3 è dirimente rispetto all'infiltrato linfocitario. Tuttavia per le forme tubulo-lobulari (variante tubulare del carcinoma lobulare) si suggerisce di associare un marcatore di mioepitelio. Lesioni mucocele-like E' opportuno classificarle come B3 perché possono essere associate a ADH, DCIS e perfino carcinoma invasivo. 4.3 Lesioni rare Linfoma Il linfoma di basso grado può essere di difficile inquadramento su materiale agobioptico. In questi casi si suggerisce di classificare come B4 la lesione. I linfomi ad alto grado vanno classificati come B5. Metastasi Vanno classificati come B5. Sarcomi Sono lesioni rare. Particolare attenzione bisogna porla per le lesioni di basso grado che possono essere difficilmente differenziate su agobiopsia. In tali casi si suggerisce di inquadrarle come B3 o B4. 4.4 Dati prognostici Il grading (35,36) ed i marcatori immunoistochimici prognostici (ER, PgR, Ki-67, HER2) (46, 47) possono essere eseguiti su materiale agobioptico ma andrebbero limitati ai pazienti candidati a chemioterapia neoadiuvante. Infatti è preferibile eseguire tali determinazioni su materiale chirurgico. 17 5. DIAGNOSTICA CITOLOGICA 5.1 Uso dell’esame citologico (FNAC) Lo scopo di questa metodica è quello di ottenere un campione rappresentativo di lesioni palpabili e non palpabili della mammella identificate con la mammografia o con l’ecografia. L’uso dell’FNAC contribuisce a ridurre le biopsie mammarie benigne, ovvero è capace di selezionare il 50% dei dubbi radiologici (Quality Assurance Guidelines for Radiologists del NSH Breast Screening Programme). L’approccio clinico-mammografico e citologico può raggiungere un’accuratezza diagnostica del 99% su lesioni palpabili; ma anche per lesioni non palpabili la sensibilità della metodica è più che accettabile. E’ importante ricordare che il dato citologico delle lesioni non palpabili non deve essere mai preso in considerazione da solo: l’esperienza ha confermato che i migliori risultati si hanno quando radiologia e citologia si sovrappongono. E’ inevitabile che inadeguati e falsi negativi siano più frequenti per le lesioni non palpabili. In questi casi se il sospetto radiologico permane vale la pena affidarsi ad altre metodiche bioptiche (core biopsy, core biopsy vacuum assisted, escissione chirurgica). Ed è altrettanto vero il contrario e cioè che reperti citologici sospetti per malignità con radiologia negativa necessitano di altre metodiche per definire la lesione. Vantaggi: • test semplice e sicuro che permette sovente di pianificare l’intervento chirurgico • poco costoso e rapido rispetto alla biopsia. • può essere utilizzato anche per valutare lo stato dei linfonodi ascellari. Svantaggi: • la scarsa cellularità di alcune lesioni comporta un elevato tasso di inadeguati. • la diagnosi si basa sulla valutazione delle caratteristiche morfologiche degli elementi cellulari e della modalità di aggregazione, in assenza di un dato architetturale delle lesione. Con questo presupposto è spesso difficile distinguere tra lesioni maligne ben differenziate e lesioni benigne. • La correlazione del dato citologico con quello radiografico è spesso impossibile (tranne che per cisti, linfonodi intramammari e fibroadenomi tipici) • necessità di personale addestrato e qualificato. 5.2 Modalita’ di prelievo Lesioni Palpabili: Il nodulo da aspirare va immobilizzato tra le dita per evitarne lo scivolamento e per ridurre l’afflusso ematico. Non è necessaria l’anestesia. Si utilizzano aghi da 22 o 23 Gauge con o senza aspirazione. • con aspirazione: si usa una siringa da 20 m che può essere collegata all’ago direttamente o tramite una cannula. Nel primo caso è utile utilizzare un portasiringhe. All’introduzione dell’ago il pistone della siringa deve essere abbassato e quindi senza aria. Una volta centrato il nodulo si dà inizio alla manovra di aspirazione avendo cura di muovere l’ago avanti e indietro con varie inclinazioni in modo da passare più volte attraverso la lesione. L’aspirazione può terminare quando si ha la sensazione di una risalita di materiale nel cono dell’ago. In ogni caso la manovra non deve durare più di 18 10-12 secondi.. A questo punto si rilascia il pistone e si estrae l’ago dal nodulo. La manovra va ripetuta se si ritiene che il materiale ricavato non sia idoneo. • senza aspirazione: ’ è possibile eseguire il prelievo senza aspirazione (sfruttando il principio della risalita del materiale nell’ago per capillarità) con le stesse modalità sopradescritte avendo cura di imprimere all’ago oltre che il movimento avanti indietro anche quello di rotazione. Lesioni non palpabili: Il campione viene prelevato sotto guida ecografia o stereotassica. Le modalità aspirative sono quelle summenzionate mediante siringa e portasiringa utilizzando aghi della lunghezza necessaria a coprire la distanza tra guida ecografica o stereotassica e lesione. E’ utile effettuare 2 o 3 volte la manovra aspirativa per essere certi di ottenere materiale diagnostico. Per verificare l’adeguatezza dei preparati si può procedere con una colorazione rapida del preparato citologico con il Diff-Quik (colorazione modificata di Wright)) o più semplicemente con il blu di metilene. Complicanze: ematomi nel caso si punga un piccolo vaso; pneumotorace in pazienti con seno piccolo o in caso di lesioni mediali o ascellari; svenimenti. 5.3 Allestimento Preparazione degli strisci: Preparare prima dell’inizio della manovra dei vetrini portaoggetti con il nome e cognome della paziente sulla banda smerigliata. Il materiale agoaspirato va deposto nella parte alta del vetrino e strisciato con la parte molata di un altro vetrino premendo delicatamente verso il basso con un’inclinazione di 25-30°. La tecnica di striscio mediante apposizione dei vetrini è sconsigliata perché da numerosi artefatti da schiacciamento. Fissazione: I metodi di fissazione sono in relazione al tipo di colorazione che si vorrà effettuare sul preparato. • fissazione all’aria: lo striscio deve essere particolarmente sottile e poco ematico per consentire una rapida asciugatura al fine di non creare artefatti cellulari. A questo tipo di fissazione segue la colorazione MGG. • fissazione umida: si può fare utilizzando alcool o metanolo (per immersione) o il classico spray. A questo tipo di fissazione può seguire la colorazione di Papanicolau o ematossilina-eosina. Colorazione: non ci sono colorazioni consigliate: è soprattutto una questione di abitudine. 5.4 Informazioni cliniche Una buona qualità del preparato va correlata ad adeguate notizie cliniche: • centro di prelievo, specificando il medico che ha eseguito l’indagine • sede della lesione • tipo di lesione : nodulo solido, cisti • tecnica di localizzazione e di agoaspirazione: lesione palpabile o non palpabile • caratteristiche radiografiche ed ecografiche della lesione (vedi allegato 2). 19 5.5 Criteri citologici generali di benignita’ e malignita’ CRITERIO BENIGNITÀ MALIGNITÀ cellularità scarsa o moderata di solito elevata coesione cellulare buona, con lembi digitiformi a margini netti e disposizione ordinata delle cellule in monostrato scarsa, con perdita della coesione, piccoli gruppi cellulari, disposizione disordinata delle cellule, in aggregato cellule isolate rarissime frequenti tipi cellulari elementi epiteliali, mioepiteliali e altre cellule frammiste a stroma popolazione cellulare solitamente uniforme nuclei nudi bipolari presenti, spesso numerosi rari o assenti sfondo pulito,tranne in presenza di flogosi sporco, per la presenza di detriti cellulari e calcificazioni, linfociti e macrofagi Caratteristiche nucleari taglia (in relazione alle emazie) piccola variabile, spesso grossa, dipende dal tipo di tumore pleomorfismo raro frequente membrana nucleare (colorazione PAP) liscia irregolare, indentata nucleoli (colorazione PAP) indistinti o piccoli e singoli variabili ma possono essere prominenti, grossi e multipli cromatina (colorazione fine e omogenea PAP) addensata, a zolle altre caratteristiche mucina, lumi intracitoplasmatici, calcificazioni metaplasia apocrina, istiociti schiumosi 20 5.6 Refertazione Il ruolo della diagnosi citologica è quello di distinguere tra processo benigno e maligno con la finalità di • ridurre le procedure chirurgiche sulle lesioni benigne • di ridurre le procedure chirurgiche diagnostiche e di programmare una unica sessione di chirurgia terapeutica e di stadiazione. Categorie diagnostiche: Non sempre è possibile differenziare lesioni benigne da quelle maligne. Oltre alla qualità dei preparati e alla rappresentatività della lesione, un indubbio ruolo è giocato dall’esperienza del citopatologo. Si ritiene che il laboratorio di Citodiagnostica debba confrontarsi con almeno 200 agoaspirati/anno per migliorare l’efficienza delle diagnosi. C1. Inadeguato/non rappresentativo La designazione di inadeguato è sicuramente in certa misura soggettiva e può dipendere dall’esperienza dell’aspiratore e del citopatologo. Il giudizio finale sulla rappresentatività del materiale deve comunque derivare dal confronto e dalla coerenza con il dato radiografico e citologico. Esistono tuttavia delle condizioni oggettive di inadeguatezza/non rappresentatività che sono date da: • campione privo di elementi cellulari organo-specifici o acellulare • campione paucicellulare (parametro quantitativo suggerito: meno di 5 gruppi di cellule epiteliali non atipiche) • allestimento non ottimale per artefatti da schiacciamento • essiccamento per ritardata fissazione • essiccamento troppo lento (se fissazione all’aria) • eccessivo spessore dello striscio • eccesso di sangue • eccesso di fluido edematoso In questi casi è opportuno descrivere le caratteristiche del campione, commentare sulle cause di inadeguatezza/non rappresentatività e registrare e monitorare le cause di tale inadeguatezza al fine di poter programmare manovre correttive. Aspirati da lesioni particolari quali cisti, processi infiammatori, liponecrosi e campioni di secreto del capezzolo possono non contenere elementi epiteliali ma non devono essere classificati come inadeguati. C2. Benigno • Indica un campione adeguato senza evidenza di atipia o malignità • L’aspirato in questa situazione è da poco a moderatamente cellulato e costituito prevalentemente da cellule epiteliali duttali regolari organizzate in lembi monostrato con caratteristiche citonucleari di benignità. Lo sfondo di solito presenta nuclei nudi bipolari mioepiteliali dispersi in quantità variabile. Nel caso di una componente cistica della lesione si possono osservare istiociti schiumosi e elementi duttali apocrini. Frammenti di tessuto fibroso o fibroadiposo sono frequenti. 21 • In particolari condizioni è possibile una diagnosi specifica. Il fibroadenoma, la liponecrosi, la mastite granulomatosa, l’ascesso mammario, un linfonodo intramammario sono condizioni per le quali le caratteristiche citologiche sono sufficientemente specifiche per formularne la diagnosi congiuntamente al dato radiografico e ecografico e alla clinica. C3. Atipia in lesione probabilmente benigna L’aspirato è adeguato con le caratteristiche descritte per C2 ma sono presenti una o più delle seguenti caratteristiche: • pleomorfismo dei nuclei • tendenza alla perdita di coesione • caratteristiche nucleari e citoplasmatiche dovute a modificazioni proliferative, a fenomeni di involuzione, a modificazioni cellulari in corso di gravidanza (vedi pitfalls). • elevata cellularità accompagnata dalle caratteristiche summenzionate (12). Il parametro di ipercellularità non è di per sé sufficiente a collocare una lesione in C3. Le lesioni benigne più frequentemente collocate in C3 sono: fibroadenoma, mastopatia fibrocistica, lesione scleroelastotica, papilloma. Le lesioni maligne più frequentemente collocate in C3 sono: carcinoma duttale grado 1, carcinoma tubulare, carcinoma cribriforme, carcinoma lobulare, carcinoma misto, duttale e lobulare, CDIS di basso grado. C4. Sospetto per malignità o carcinoma probabile Designa un aspirato con caratteristiche altamente atipiche suggestive ma non diagnostiche di malignità. Ci sono almeno tre condizioni che motivano questa collocazione: • il campione è ipocellulato o con artefatti da fissazione/ allestimento • il campione presenta caratteristiche di malignità non inequivocabili • cellule con caratteristiche di malignità coesistono con una componente benigna costituita da lembi coesivi e nuclei nudi nello sfondo. Alcune lesioni benigne possono presentare caratteristiche suggestive ma non diagnostiche di malignità. Si raccomanda cautela quando, oltre alle anomalie cellulare, si riconoscono caratteristiche riferibili a fibroadenoma, mastopatia fibrocistica, lesione scleroelastotica, papilloma, mastite, liponecrosi, adenosi sclerosante. Le lesioni maligne più frequentemente collocate in C4 sono il carcinoma duttale G1-G2, il carcinoma tubulare, il carcinoma lobulare, il carcinoma misto (duttale e lobulare), il carcinoma cribriforme, il CDIS G1-G2. C5. Maligno o carcinoma o altre neoplasie Designa un agoaspirato adeguato comprendente cellule con caratteristiche inequivocabili di malignità (carcinoma o altre neoplasie). • la diagnosi va posta non su un singolo criterio di malignità ma sulla combinazione di più criteri citologici 22 • in un contesto multidisciplinare, dalla coerenza tra diagnosi citologica e quadro mammografico si può con un buon grado di certezza indicare se si tratta di una lesione infiltrante. 5.6 Limiti Falsi positivi • Fibroadenoma: negli strisci da fibroadenoma ci possono essere aspetti di marcata anisonucleosi e perdita della coesione, soprattutto in lesioni in fase di crescita attiva. Il clue per la corretta diagnosi è dato dalla presenza di nuclei nudi bipolari in uno sfondo pulito. Anche strisci da lesioni maligne possono dar luogo a nuclei nudi ma questi ultimi hanno le medesime caratteristiche delle cellule maligne degli aggregati. • Papilloma: gli agoaspirati da lesioni papillomatose danno luogo a aggregati cellulari “ a corna di cervo” simili a quelli del fibroadenoma a piccolo ingrandimento; tuttavia con una più attenta osservazione si nota una certa tridimensionalità dei gruppi cellulari e talora la presenza di uno stroma connettivale centrale. Lo sfondo può essere cistico con presenza di macrofagi e i nuclei bipolari sono meno frequenti rispetto al fibroadeoma. Variazioni della morfologia cellulare sono dovute alla presenza di cellule colonnari, cuboidali o piatte e alle modificazioni apocrife associate. Il carcinoma papillare intracistico è caratterizzato da monomorfismo cellulare con elementi colonnari o plasmocitoidi ipercromici organizzati in cluster ben definiti o filiere. • Cellule apocrine: le cellule apocrine si presentano come elementi pleomorfi frequentemente dissociati e degenerati. E’ importante riconoscere le caratteristiche cistiche della lesione. Il carcinoma apocrino è una lesione solida e ha caratteristiche radiologiche di malignità. • Liponecrosi: lo striscio può essere ipercellulato e i gruppi di istiociti con attività lipofagocitaria possono essere scambiati per cellule neoplastiche. • Linfonodo intramamario: non causa problemi diagnostici qualora si riconosca la natura linfocitaria degli elementi esaminati. • Modificazioni postradioterapia: possono causare erronee diagnosi di malignità per le alterazioni morfologiche causate dalla radioterapia, quali pleomorfismo e perdita della coesione; solitamente gli strisci sono ipocellulati. • Artefatti da striscio e fissazione: un eccesso di pressione applicata durante la manovra di striscio può determinare una dissociazione forzata degli elementi cellulari che simulano discoesione. • Mastite granulomatosa: gli istiociti epitelioidi possono mimare le cellule maligne; lo striscio è generalmente ipercellulato e il riconoscimento di macrofagi multinucleati e lo sfondo infiammatorio aiutano a porre la diagnosi corretta. • Tumore a cellule granulose (mioblastoma): lo striscio è costituito da elementi altamente dissociati anche con pleomorfismo cellulare; caratteristico è l’ampio citoplasma eosinofilo e granuloso con il PAP o in EE. • Lesioni adenomioepitelali: possono mostrare caratteristiche di malignità per l’elevata dissociazione di elementi pleomorfi; la commistione di elementi chiaramente duttali, cellule apocrine e differenziazione squamosa orientano per una diagnosi corretta. • Sferulosi collagena: nello striscio si repertano globuli debolmente eosinofili circondati da cellule fusate; la diagnosi differenziale si pone con il carcinoma adenoide cistico (48, 49). E’ opportuno in questa rara condizione consigliare la biopsia. 23 • Adenosi microghiandolare: non si repertano nuclei nudi nello sfondo e la diagnosi differenziale è con il carcinoma tubulare (42). Anche per questa lesione è consigliata la biopsia. • Modificazioni legate all’allatamento: si osserva la presenza di una discreta perdita della coesione in uno striscio peraltro composto da elementi cellulari con caratteristiche di benignità. Le cellule dissociate solitamente hanno un citoplasma ampio con presenza di piccoli vacuoli lipidici. • Lesioni similmucocele (MML): la presenza di mucina extracellulare in lesioni benigne non è un reperto frequente. Oltre che nella lesione descritta Rosen (MML) (50) si osserva talora in associazione con modificazioni fibrocistiche, iperplasia duttale, adenosi, papilloma intraduttale e fibroadenoma. Il riconoscimento di una citologia francamente benigna e scarsa orienta per la corretta diagnosi. I carcinomi mucocellulari si distinguono per una cellularità francamente atipica. I considerazione dell’associazione frequente di MML con ADH e DCIS è utile consigliare la biopsia in questi casi ponendo la diagnosi nella categoria C3 o C4 (51, 52, 53). Falsi negativi La maggior parte dei falsi negativi è dovuta ad un agoaspirato non rappresentativo della lesione. Tuttavia ci sono dei carcinomi che per loro natura possono produrre una diagnosi di falsa negatività (11). • Carcinoma tubulare/carcinoma duttale G1 (54): si tratta di strisci solitamente poco cellulati , con buona coesione cellulare, monomorfismo cellulare e assenza di atipie. Il dato radiografico, unitamente all’assenza di nuclei nudi, alla presenza di piccoli cluster in atteggiamento microacinare e alle irregolarità della membrana nucleare, sono punti a favore di una diagnosi di neoplasia. La presenza di materiale calcifico proveniente da una associata componente di DCIS contribuisce a formularne la diagnosi. • Carcinoma lobulare invasivo (11, 55): gli aspirati da questa lesione sono di difficile interpretazione; i pattern osservabili sono diversi e vanno da uno striscio poco cellulato con caratteri di benignità per l’uniformità delle cellule a strisci ipercellulati non dissimili a quelli del carcinoma duttale. La marcata dissociazione cellulare e la presenza di cellule ad anello con castone con lumi intracitoplasmatici sono indicativi di carcinoma lobulare ma non specifici. Anche la presenza di irregolarità del contorno nucleare è a favore di un carcinoma lobulare. • Carcinoma con estesa fibroelastosi: da luogo ad uno striscio poco cellulato che rende difficile, se non impossibile, la diagnosi. Riconoscimento del carcinoma duttale in situ (DCIS) Il carcinoma duttale in situ e il carcinoma duttale invasivo non possono essere distinti con la sola citologia. Alcune caratteristiche citologiche possono suggerire un DCIS e possono essere utilmente segnalate nel referto citologico come indicazione della presenza di una componente DCIS. Le caratteristiche variano a seconda dei diversi tipi di DCIS. • DCIS ad alto grado (comedonico): la necrosi è l’aspetto più peculiare dello striscio con presenza di materiale granulare e di lembi coesivi di elementi con pleomorfismo nucleare e caratteristiche simil-apocrine. 24 • DCIS di grado intermedio e basso (cribriforme/micropapillare): aggregati coesi di cellule ipercromiche con calcificazioni in uno sfondo pulito con rari o assenti nuclei nudi. • Carcinoma papillare intracistico: striscio ipercellulato con aggregati, lembi e filiere di elementi ipercromici, relativamente monomorfi, in uno sfondo pulito con rari macrofagi. Lesioni rare • Granulomi da silicone, da olio di soia o paraffina: lo striscio è caratterizzato da elementi scarsamente coesivi ma il riconoscimento di cellule multinucleate e di gocce di olio o silicone intracitoplasmatiche orientano la diagnosi. Le notizie cliniche sono di aiuto. • Lesioni stromali: vengono sottoposte ad agoaspirato sulla base del riscontro mammografico o palpatorio di lesione sospetta. La fibromatosi e la fascite nodulare sono le lesioni più frequenti e citologicamente caratterizzate da scarsi lembi di elementi fusati con nuclei regolari. • Carcinoma apocrino: lo striscio è solitamente ipercellulato e la difficoltà diagnostica nasce dalle caratteristiche delle cellule neoplastiche che assomigliano alle cellule apocrine benigne. Si osservano aggregati e formazioni papillari come nei casi benigni. L’uniformità della popolazione cellulare maligna e le atipie nucleari congiuntamente alla necrosi sono criteri per la diagnosi. Va ricordato che il carcinoma apocrino si presenta come una lesione solida. • Tumore fillode: le varianti benigne sono molto simili al fibroadenoma. La presenza di cellule stremali con atipie nucleari e la presenza di frammenti di connettivo mucoide possono indirizzare la diagnosi. I fillodi maligni mostrano un pattern di aggregati epiteliali benigni frammisti a elementi fusati con caratteristiche nucleari di malignità. • Tumori metastatici (56): vanno presi in considerazione quando si osserva un pattern non usuale per il carcinoma mammario. Il melanoma e il carcinoma indifferenziato a piccole cellule sono i più frequenti. Nel melanoma sono di aiuto la presenza di pigmento e la presenza di grossolane inclusioni nucleari. Le metastasi di carcinoma ovarico hanno le caratteristiche di una lesione papillare: la presenza di corpi psammomatosi può aiutare a diagnosi. Cellule con ampio citoplasma chiaro possono suggerire la possibilità di un carcinoma renale. Il carcinoma squamoso è facilmente diagnosticabile e può essere sia primitivo che metastatico. • Linfoma: la diagnosi si pone sulla base dello spettro di elementi linfoidi presenti. Qualora si sopetti tale possibilità è utile effettuare la biopsia per tipizzare la lesione. • Tumori stromali maligni: il più comune è l’angiosarcoma, soprattutto se in un contesto di pregressa terapia radiante. Qualora si sospetti un sarcoma, sulla base delle atipie citonucleari degli elementi fusati e/o pleomorfi, è necessario effettuare la biopsia al fine di porre diagnosi tra sarcoma, carcinoma metaplastico e fillode maligno. 25 6. BIBLIOGRAFIA DIAGNOSTICA CITO-ISTOLOGICA PRE-OPERATORIA 1. Wilson ARM, Asbury D, Cooke J, Michell M and Patnick J, Clinical Guidelines For Breast Cancer Screening Assessment Sheffield NHS Breast Screening Programme April 2001 ISBN 1 871997 39 9 NHSBSP Publication No 49 2. Cytology Sub-group of the National Coordinating Group for Breast Screening Pathology. 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Ellis et al. NHSBSP Guidelines for pathology reporting in breast disease. Pub. N° 58. January 2005. 29 7. CONTROLLO DI QUALITA’ Definizione: I controlli di qualità, come di seguito illustrati, sono da intendersi non come una valutazione della qualità del laboratorio ma come valutazione clinica dell’efficacia della FNAC o della core biopsy. FNAC inadeguate (C1) e biopsie normali (B1) vengono pertanto conteggiate negli standard di qualità. Sensibilità assoluta Numero di carcinomi (C5 o B5) espresso come %ale del totale dei carcinomi verificati Sensibilità completa Numero di carcinomi non C1, C2 e B1,B2 espresso come %ale del totale dei carcinomi verificati Specificità Numero di lesioni benigne correttamente identificate(numero di C2 o B2 meno i falsi negativi) espresso come %ale del totale delle lesioni benigne campionate Valore predittivo positivo di C5/B5 Numero di carcinomi correttamente identificati (numero di C5 oB5 meno i falsi positivi) espresso come %ale del totale dei C5 oB5 Valore predittivo positivo di C4/B4 Numero di carcinomi identificati come sospetti (numero di C4 o B4 meno i falsi sospetti) espresso come %ale del totale dei C4 oB4 Valore predittivo positivo di C3/B3 Numero di carcinomi identificati come C3 o B3 meno il numero di C3 o B3 benigni espresso come %ale del totale dei C3 o B3 Falsi negativi Caso diagnosticato C2 o B2 che nell’arco di 3 anni si dimostra essere un carcinoma (qs parametro include necessariamente alcuni casi dove è stata campionata un’area diversa da quella che svilupperà in seguito il cancro che in questo caso può essere definito “cancro intervallo” Falsi positivi Caso diagnosticato come positivo (C5 o B5) che alla chirurgia risulta una lesione benigna (compresa l’iperplasia atipica) Tasso di falsi negativi Numero di fasi negativi espresso come %ale del totale dei carcinomi campionati Tasso di falsi positivi Numero di falsi positivi espresso come %ale del totale dei carcinomi campionati Tasso di inadeguati Numero di inadeguati (C1 o B1) espresso come %ale del totale dei casi campionati 30 Modalità di calcolo dei parametri di Qualità. Il calcolo dei dati può essere fatto sia per l’agoaspirato che per la biopsia (CQA e BQA). Esiste inoltre un ulteriore calcolo che combina i due parametri dando la sensibilità e la specificità non-operatorie. Si considera la diagnosi peggiore (il numero più elevato di C o B) delle due metodiche quando entrambe sono state effettuate sulla medesima paziente e si vanno a calcolare gli stessi parametri che si utilizzano per il CQA e il CQB. Ciascuna cella deve contenere il numero delle diagnosi citologiche (o bioptiche) per categoria C (o B) abbinato alla peggiore diagnosi istopatologica corrispondente. ISTOLOGIA C5/B5 C4/B4 C3/B3 C2/B2 C1/B1 Totale Tot. maligni Cella1 Cella2 Cella3 Cella4 Cella5 Cella6 Infiltranti Cella7 Cella8 Cella9 Cella10 Cella11 Cella12 Non inf. Cella13 Cella14 Cella15 Cella16 Cella17 Cella18 Tot. benigni Cella 19 Cella20 Cella21 Cella22 Cella23 Cella24 No istologia Cella25 Cella26 Cella27 Cella28 Cella29 Cella30 totale Cella31 Cella32 Cella33 Cella34 Cella35 Cella36 31 Dalla tavola summenzionata si procede al calcolo della sensibilità e specificità in %ale utilizzando le formule seguenti in cui i numeri corrispondono al numero della cella: SENSIBILITA’ ASSOLUTA: (1+25) x100 (6+25) SENSIBILITA’ COMPLETA (1+2+3+25) x100 6+25 SPECIFICITA’ (solo biopsie) 22 x100 24 SPECIFICITA’COMPLETA: (22+28) x100 24+27+28+29 VALORE POSITIVO PREDITTIVO (C5/B5) (31-19) x100 31 VALORE PREDITTIVO POSITIVO (C4/B4) 2 x100 (32-26) VALORE PREDITTIVO POSITIVO (C3/B3) 3 x100 33 VALORE PREDITTIVO NEGATIVO (C2/B2) (34-4) x100 34 TASSO DI FALSI NEGATIVI (escluso inadeguati) 4 x100 (6+25) TASSO DI FALSI POSITIVI 19 x100 (6+25) TASSO DI INADEGUATI 35 x 100 36 TASSO DI INADEGUATI con diagnosi di ca 5 x100 (6+25) TASSO DI C3/B3 33 x100 36 TASSO DI C4/B4 32 x100 36 TASSO DI SOSPETTI (C3+C4)(B3+B4) (32+33) x100 36 32 INDICATORI E MINIMI STANDARD SUGGERITI per la citologia: Minimo Desiderato Media (NHSBSP-UK) SENSIBILITA’ ASSOLUTA >60% >70% 57.1% SENSIBILITA’ COMPLETA >80% >90% 81.1% SPECIFICITA’(inclusi casi non biopsiati) >55% >65% 58.4% VALORE PREDITTIVO POSITIVO >98% >995 99.6% TASSO DI FALSI NEGATIVI <6% <4% 6,3% TASSI DI FALSI POSITIVI <1% <0.5% 0.2% TASSO DI INADEGUATI <25% <15% 23.4% TASSO DI INADEGUATI con diagnosi di ca <10% <5% 9.8% TASSO DI SOSPETTI <20% <15% 15.8% INDICATORI E MINIMI STANDARD SUGGERITI per le biopsie: minimo Desiderato Media (NHSBSP-UK) SENSIBILITA’ ASSOLUTA >70% >80% 76.4% SENSIBILITA’ COMPLETA >80% >90% 84.5% SPECIFICITA’ (inclusi casi non biopsiati) >75% >85% 81.2% VALORE PREDITTIVO POSITIVO >99% >99.5% 100% TASSO DI FALSI POSITIVI <0.5% <0.1% 0% TASSO DI PERDITA DI ca (B1+B2) <15% <10% 15.1% TASSO DI SOSPETTI <10% <5% 4.8% Tutti questi dati dipendono in larga parte dalla tecnica utilizzata per il campionamento, dall’esperienza e dalla perizia dell’aspiratore e dall’esperienza di lettura del patologo (quando le due figure sono diverse). 33 BIBLIOGRAFIA CONTROLLI DI QUALITA’ 1. 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Sinistra TIPOLOGIA DEL CAMPIONE Quadrantectomia Biopsia a cielo aperto Mastectomia Agobiopsia (n°………, dimensioni………………………….) TECNICA DI LOCALIZZAZIONE Palpazione Stereotassi RX Guidata Ecografia ASPETTO RADIOLOGICO Microcalcificazioni Distorsione/Addensamento Opacità/Nodulo CLASSIFICAZIONE MAMMOGRAFICA – ECOGRAFICA R1 R2 R3 R4 R5 U1 U2 U3 U4 U5 NOTIZIE CLINICHE E STRUMENTALI: ………………………………………………………... ………………………………………………………………………………………………………… Radiografia del campione allegata DATA…………………… MEDICO……………………………………….. 35 ALLEGATO 2, PARTE PRIMA: SCHEDA PER L’INVIO DEL MATERIALE CITOLOGICO PERCORSO CLINICO Data ……………… SCREENING MAMMOGRAFICO Cognome e nome …………………………… Data di nascita …… Sede del Prelievo ………………………………………………………………………………… Tecnica di localizzazione Palpatoria Guida ecografica Tipologia del campione Lesione solida secreto Lesione cistica scraping Dati clinici Lesione palpabile Lesione non palpabile sospetta Immagine radiologica Opacità nodulare limiti netti limiti sfumati spiculata Guida stereotassica non sospetta Microcalcificazioni aspecifiche sospette Distorsione Immagine ecografica Ipoecogena Anecogena Isoecogena limiti definiti limiti definiti limiti sfumati limiti sfumati cono d’ombra eco interne rinforzo di parete vegetazioni interne NOTE …………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………… 36 ALLEGATO 3, PARTE PRIMA: SCHEDA PATOLOGICA PER LO SCREENING MAMMOGRAFICO EUROPEO Scheda per la refertazione diagnosi istologica preoperatoria (WBN reporting form modificata) N. Es. Istologico ………………………. Data di refertazione………………………. Nome………………………. Cognome……………..…. Data di nascita……………………………. Sede Aspetto radiologico Destra Sinistra Cluster microcalcificazioni Distorsione Opacità, nodulo Tecnica di localizzazione della lesione a mano libera ecoguidata stereotassica Numero di frustoli…….. Presenza di microcalcificazioni sulla lastra Sì Presenza istologica delle microcalcificazioni Assenti Diagnosi: No Lastra non disponibile Presenti Intraluminali Intraepiteliali Stromali B1 tessuto normale B2 benigno B3 dubbio B4 sospetto B5 maligno in situ invasivo sospetta invasione Commento______________________________________________________________ ______________________________________________________________________ Patologo_______________________________________________________________________ 37 PARTE SECONDA Procedure diagnostiche del campione operatorio A cura di: Andrea Caneva (ULSS 5) Vittorio Rucco (ULSS 5) Documento elaborato e distribuito al gruppo patologi veneti per lo screening mammografico nel dicembre 2005 Revisione prevista: dicembre 2006 38 1. ESAME MACROSCOPICO E CAMPIONAMENTO DEL MATERIALE CHIRURGICO E BIOPTICO DELLA MAMMELLA In questa sezione verranno descritte le procedure ottimali, consigliate dalle linee guida internazionali, per l’esame macroscopico e il campionamento del materiale chirurgico. Come premessa, va notato che il tipo di procedura chirurgica è ovviamente influenzato dalla diagnosi pre-operatoria su biopsia o esame citologico ovvero dalla diagnosi estemporanea condotta durante l’intervento stesso (esame estemporaneo al congelatore). Se una diagnosi anatomopatologica non è ancora stata effettuata, l’intervento ha il significato di una “biopsia diagnostica a cielo aperto” e quindi la lesione dovrebbe essere rimossa con un minimo di tessuto sano circostante, per evitare inutili danni cosmetici in caso di benignità del processo patologico. Le Linee Guida Europee (LGE) in questi casi raccomandano, per motivi di ordine legale, di pesare il tessuto inviato per esame istologico. In caso di lesioni non palpabili (microcalcificazioni) e su lesioni papillari l’esame estemporaneo al congelatore è sconsigliato, in quanto nella maggior parte dei casi produrrà diagnosi non conclusive, pregiudicando la valutazione definitiva del pezzo. In sostituzione dell’esame al congelatore, è consigliata la radiografia del pezzo ancora integro, per poter effettuare un’immediato allargamento dell’intervento se la lesione si trova in prossimità dei margini. Analogamente, l’esame intraoperatorio non deve essere effettuato, se non eccezionalmente, su lesioni inferiori a cm 1 e sui margini chirurgici; in quest’ultimo caso, la valutazione macroscopica fornisce indicazioni di massima al chirurgo sulla distanza del nodulo dai margini di escissione. 2. PRINCIPI GENERALI DI PROCESSAZIONE DEL MATERIALE CHIRURGICO: DALL’ARRIVO AL LABORATORIO DI ANATOMIA PATOLOGICA AL CAMPIONAMENTO La procedura ottimale prevede l’invio del materiale a fresco, in modo da poter ottenere campioni di tessuto per la banca del materiale congelato. L’invio del materiale a fresco prevede però che il materiale venga esaminato dal Patologo entro un tempo massimo di 2030 minuti, per il quale necessitano coordinazioni ottime e logistica adeguata con le sale chirurgiche. L’esecuzione di prelievi da congelare dovrà comunque essere sempre subordinata alle primarie esigenze del campionamento routinario che è attualmente necessario per la diagnosi e stadiazione del paziente. 3. PROCESSAZIONE DI CAMPIONI CHIRURGICI PER ESAME ROUTINARIO 3.1 Fissazione in formalina e valutazione dell’adeguatezza della stessa Al momento dell’arrivo del campione chirurgico, chi lo prende in consegna deve accertarsi che questo sia posto in adeguato contenitore con quantità sufficiente di formalina tamponata (il pezzo chirurgico deve essere completamente immerso in una quantità di fissativo pari a 2 o 3 volte il volume del pezzo stesso). Pezzi di grandi dimensioni (orientativamente di dimensioni maggiori a cm 5 di asse maggiore) andranno sezionati dal Patologo affinchè la formalina possa penetrare adeguatamente. Il campione andrà sezionato senza alterarne la forma o pregiudicarne l’orientamento e la valutazione dei margini (vedi Allegato 1) 39 3.2 Foglio di accompagnamento con richiesta di esame anatomopatologico Il Patologo o il Tecnico di Laboratorio che prende in consegna il pezzo operatorio al suo arrivo dovrà accertarsi che il foglio di accompagnamento sia correttamente compilato in tutte le sue parti, e soprattutto che i dati anagrafici e la segnalazione di eventuali diagnosi o trattamenti precedenti, siano leggibili (la non corretta interpretazione dell’anagrafica potrà comportare non solo l’attribuzione del campione a un altro paziente, ma anche l’attribuzione al paziente di precedenti non suoi e pregiudicare quindi l’interpretazione dell’esame). Utile a questo scopo utilizzare una richiesta dedicata alla mammella che risulti di facile compilazione dal chirurgo, al fine di evitare gli errori di sede ed indicare correttamente il tipo di intervento chirurgico effettuato (vedi allegato di esempio di richiesta dedicata alla mammella). 3.3 Esame macroscopico del campione chirurgico dopo fissazione in formalina per 24 ore L’esame macroscopico ha come passo finale la produzione di una descrizione macroscopica che comprenda la valutazione del campione chirurgico e la descrizione delle modalità seguite nel suo campionamento. Esso costituisce un passo importante nella diagnosi anatomopatologica: un esame macroscopico non corretto o una descrizione deficitaria porteranno necessariamente a una diagnosi errata o incompleta. L’esame macroscopico si compone di varie fasi: 3.3.1 Esame “esterno” del campione Il Patologo dovrà annotarne le seguenti caratteristiche: • le tre dimensioni • il peso (soprattutto in caso di ampie biopsie pro diagnosi) • la presenza di eventuali reperi chirurgici per l’orientamento (vedi allegato 1) • la consistenza (soffice come il tessuto adiposo, elastica, duro-lignea) 3.3.2 marcatura dei margini chirurgici con inchiostro di china o tempere acriliche (vedi Allegato 1) 3.3.3 Sezionamento del pezzo e suo esame interno Il campione chirurgico andrà ulteriormente sezionato, con tagli paralleli (vedi Allegato A). Il Patologo esaminerà poi ogni sezione per valutare la presenza di lesioni e le caratteristiche del tessuto. In particolare, andranno annotate nella descrizione: • numero, dimensioni e posizione (in relazione ai margini, se indicati da reperi) delle lesioni individuate, • aspetto della/e lesione/i: consistenza, colore, margini arrotondati/sfrangiati, eventuale riscontro macroscopico di necrosi, emorragia, calcificazioni. 3.3.4 esame radiologico del pezzo macroscopico Questo è necessario in caso di intervento per lesioni non palpabili, con microcalcificazioni, o in caso di mastectomie con risparmio della cute e permetterà di campionare selettivamente le aree con lesione. 40 3.3.5 Campionamento • Campionamento e valutazione dei margini: I margini chirurgici possono essere campionati con varie modalità: cosiddetto “peeling” e con sezioni perpendicolari in blocchi ordinari (vedi allegato 1). • Il campionamento deve assicurare una accurata misura delle dimensioni della lesione e un dettagliato esame dello stato e della distanza dai margini. • Campionamento della lesione e del tessuto circostante: ogni lesione deve essere campionata. In caso di lesioni macroscopicamente multiple è buona norma campionare anche il tessuto apparentemente sano interposto per verificare istologicamente che le lesioni siano effettivamente separate. • Campionamento dei linfonodi ascellari: tutti i linfonodi devono essere prelevati e inclusi in toto per esame istologico. Il loro campionamento ottimale è descritto nell’allegato 1. 4. RACCOMANDAZIONI SPECIFICHE IN RELAZIONE AI DIFFERENTI TIPI DI CAMPIONE CHIRURGICO 4.1 Nodulectomie o Escissioni pro Diagnosi • Se il campione chirurgico è uguale o inferiore a 3 cm, la procedura ottimale è l’inclusione in toto. • Se il campione è di dimensioni superiori ai 3 cm, e si tratta di lesione non palpabile, non visibile macroscopicamente o microcalcificazioni, è consigliato eseguire una radiografia del pezzo ed eseguire così il campionamento per l’esame istologico in relazione a quanto visualizzato sulla radiografia. Tuttavia, se le dimensioni lo permettono, è auspicabile includere tutto il materiale. • In ogni caso, è opportuno ricordare che, soprattutto in caso di carcinomi in situ le dimensioni radiografiche e/o macroscopiche sono spesso inferiori a quelle istologiche e, pertanto sarà bene campionare lesione e tessuto apparentemente sano circostante (meglio se nello stesso campione) per una corretta valutazione delle dimensioni della lesione. Se vengono inviati più pezzi chirurgici separati, le dimensioni reali della/e lesione/i potranno essere ricostruite solo se i pezzi sono tra loro orientati reciprocamente. In ogni caso, è buona norma misurare la/e lesione/i in ogni pezzo giunto separato. 4.2 Ampie Escissioni Terapeutiche (Nodulectomie Allargate, Microcalcificazioni, Quadrantectomie) • Usualmente in questi casi il chirurgo asporta una parte di tessuto mammario “a tutto spessore”, cioè dal capezzolo alla fascia. E’ molto importante che il pezzo chirurgico giunga orientato almeno riguardo questi 2 piani (capezzolo-piano superficiale, fasciapiano profondo), oppure secondo i piani ortogonali nello spazio (superiore, inferiore, mediale e laterale) affinchè l’orientamento possa essere mantenuto nel campionamento, poiché il carcinoma duttale in situ , in particolare quello poco differenziato, interessa solitamente in modo continuo le diramazioni duttali di un lobulo mammario. • In caso di microcalcificazioni il pezzo andrà radiografato per poter effettuare il campionamento in relazione alle microcalcificazioni. 41 • Il campionamento potrà essere effettuato con sezioni parallele in senso cranio-caudale o medio laterale, metodo ottimale, soprattutto in caso di microcalcificazioni o di una diagnosi pre-operatoria di carcinoma duttale in situ (CDIS), anche per la misurazione della lesione, che si avrà cura di effettuare sia su vetrini che con ricostruzione tridimensionale della stessa. E’ importante che venga sempre indicato e campionato il margine areolare • In caso di mancato riscontro delle microcalcificazioni al momento dell’esame microscopico, i blocchi paraffinati potranno essere radiografati per accertarsi che microcalcificazioni non siano presenti nello spessore di tessuto incluso, non raggiunto dalla sezione esaminata microscopicamente. 4.3 Allargamenti (Ri-Escissioni) • Il pezzo chirurgico di un allargamento o riescissione per margini positivi, deve essere orientato per permette la campionatura mirata in relazione al/i margine/i riscontrato/i precedentemente positivo/i. • Nel caso si reperisca ancora lesione nel tessuto dell’allargamento la ricostruzione delle reali dimensioni della lesione è difficile. Tuttavia, a tal fine è buona norma campionare separatamente il tessuto adiacente alla cavità chirurgica dell’escissione precedente e quello a distanza dalla cavità. In tal modo sarà possibile almeno una ricostruzione parziale delle dimensioni e si potrà valutare se si tratta di lesione singola o multifocale. 4.4 Mastectomia • Se la mammella giunge separata dal cavo ascellare deve essere orientata dal chirurgo, per esempio ponendo un repere sul versante ascellare. • I pezzi chirurgici di mastectomia non devono essere posti a fissare interi, poichè la scarsa penetrazione della formalina pregiudicherà la valutazione dell’istotipo tumorale e, soprattutto, il ritardo di fissazione influisce sull’indice mitotico che andrà valutato istologicamente e sullo smascheramento antigenico in relazione alle indagini immunoistochimiche. • Per porre a fissare correttamente il pezzo chirurgico si dovrà provvedere a sezionare lo stesso lasciando integra la cute con sezioni parallele ad una distanza di circa 1 cm • Campionamento: - I campioni effettuati sul nodulo devono comprendere: il nodulo per poter fornire il diametro massimo della componente invasiva, altri la parte periferica del tumore stesso, in quanto nel carcinoma infiltrante l’indice mitotico va valutato in tale sede. Il tessuto circostante il tumore e quello degli altri quadranti vanno sezionati, esaminati e descritti. - E’ buona norma effettuare alcuni prelievi random, su ogni quadrante, anche in caso di tessuto macroscopicamente indenne. - Il capezzolo deve essere incluso in toto. - Vanno campionati il margine profondo con la fascia. E’ buona norma esaminare anche i margini superiore e inferiore, soprattutto se in vicinanza alla neoplasia. 42 43 5. ESAME MICROSCOPICO E DIAGNOSI FINALE Nell’esecuzione dell’esame istologico che conduce alla diagnosi finale si suggerisce di seguire la classificazione delle lesioni mammarie fornita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (2003). In questo paragrafo presenteremo alcuni suggerimenti alla stesura della diagnosi istologica, ai fini di standardizzare il più possibile il referto anatomopatologico di lesioni mammarie (Checlist, Allegato 3, parte seconda). 5.1 Check lists per diagnosi di routine E’ raccomandato l’uso di check lists che, soprattutto in patologia mammaria, dove spesso il Patologo si trova di fronte a varie lesioni differenti nello stesso campione chirurgico, aiutano a non tralasciare la trascrizione nel referto di qualche dato utile alla stadiazione, alla terapia o anche solo interessante ai fini di un futuro studio. 5.2. Il referto microscopico • Il referto microscopico dovrà contenere: • Diagnosi della patologia principale (comprensiva di istotipo tumorale secondo WHO 2003, grado istologico di differenziazione secondo Elston Ellis, angioinvasione, eventuale componente in situ associata e, se necessario, conferma o rettifica compiuta con misurazione su vetrino delle dimensioni valutate macroscopicamente e della eventuale estensione tumorale alla cute o altri organi vicini). • Presenza di microcalcificazioni e conformità delle stesse (numero, distribuzione) con quanto descritto nell’eventuale mammografia o radiografia del pezzo chirurgico • (Suggerito, ma non mandatorio) Descrizione delle patologie benigne associate • Valutazione immunoistochimica , se eseguita, dei recettori ormonali o altri parametri • Valutazione dei margini di resezione (in escissioni terapeutiche) con misurazione della distanza della lesione dai margini, sia per la componente in situ che per quella invasiva. • Valutazione dei linfonodi, se presenti, compreso il numero totale di linfonodi esaminati. 6. BIBLIOGRAFIA 1. Wells C.A. (E.C. Working Group on Breast Screening Pathology). 6. Quality assurance guidelines for pathology in mammographic screening: 6B Open biopsy and resection specimens. 2006. 2. Protocollo diagnostico-terapeutico dello screening per la diagnosi precoce del tumore della mammella nella regione Emilia Romagna 2° edizione novembre 2004 44 ALLEGATO 1, PARTE SECONDA: PREPARAZIONE PEZZO OPERATORIO 1. SEZIONAMENTO DEL PEZZO PER FISSAZIONE OTTIMALE E MARCATURA DEI MARGINI CHIRURGICI Il pezzo, se orientato, e di dimensioni troppo ampie per permettere una corretta fissazione, andrà sezionato con tagli paralleli dello spessore di circa 1 cm., avendo cura di mantenere inalterato l’orientamento. Si procede dopo una adeguata fissazione in formalina per 24 ore alla marcatura dei margini. A questo scopo è bene asciugare accuratamente il pezzo dall’eventuale fissativo in cui era posto con carta assorbente. Successivamente, con un pennello, si dipingono con l’inchiostro di china i margini e infine si immerge il pezzo in acido acetico al 10% per pochi secondi, al fine di fissare definitivamente l’inchiostro. Si asciuga di nuovo con carta assorbente per verificare che l’inchiostro rimanga attaccato sulla superficie del pezzo operatorio. Nella tecnica di marcatura dei margini con tempere acriliche si usano colori diversi per i vari margini. Utile una standardizzazione dei diversi colori all’interno del Laboratorio di Anatomia Patologica come indicato nella MACRO predefinita (vedi MACRO predefinita per biopsie orientate). I colori si stendono con un pennello coprendo le superfici indicate dai reperi e avendo cura di creare margini netti tra i colori adiacenti. Si lascia asciugare all’aria per alcune ore o in stufa a 60° per 1-2 ore. Si potrà infine procedere ad effettuare la campionatura per esame istologico. N.B il campionamento deve assicurare una accurata misura delle dimensioni della lesione e un dettagliato esame dello stato e della distanza dai margini. 2. METODO PER LA FISSAZIONE DI PEZZO CHIRURGICO DI MASTECTOMIA Disporre la mammella con il piano profondo rivolto verso l’alto. Effettuare sezioni parallele in senso medio-laterale e perpendicolari alla cute, in modo tale che il taglio interessi il parenchima mammario a tutto spessore, lasciando integra la cute. Con questo metodo sarà possibile metter a fissare l’intera mammella in un unico contenitore, avendo cura di inserire nei tagli tra una fetta e l’altra pochi fogli di garza che aiuteranno la formalina a penetrare, impedendo alle fette di tessuto di collabire. Lasciare in sede i reperi posti dal chirurgo. 3. CAMPIONAMENTO DEL CAPEZZOLO Il capezzolo deve essere incluso in toto in due metà secondo sezione longitudinale, perpendicolare alla cute, più il prelievo di una “rondella” del tessuto alla base del capezzolo, mediante due sezioni parallele al piano cutaneo, che consentirà di valutare la regione dei dotti galattofori 45 4. CAMPIONAMENTO DEI MARGINI CHIRURGICI I margini chirurgici possono essere prelevati con varie modalità: • Peeling: dopo aver marcato i margini con inchiostro di china, si eseguono sezioni parallele al margine e si includono dal lato del margine stesso (lato marcato con inchiostro di china). Questa modalità permette di esaminare tutta la superficie dei margini con un numero di inclusioni minore rispetto alla modalità del punto 4B, tuttavia ha in realtà lo svantaggio di non permettere una reale valutazione del margine in quanto il blocco paraffinato deve comunque essere “sgrossato” prima di ottenere una sezione valutabile e quindi parte del margine viene persa. Inoltre con questo metodo non è possibile misurare la distanza tra il margine e la lesione. • Sezioni perpendicolari in blocchi ordinari: In questo caso si elimina il problema di perdita del tessuto durante la sgrossatura e la distanza della lesione dai margini può essere misurata con precisione sulla sezione istologica. Inoltre, se sono state usate le tempere acriliche, possono essere distinti più margini su un unico vetrino. Naturalmente il numero di blocchi da allestire aumenta poichè la superficie di margine in ogni campione è minore 5. CAMPIONAMENTO DEI LINFONODI ASCELLARI Se il tessuto adiposo del cavo ascellare viene inviato con reperi per la suddivisione in livelli, questi andranno rispettati nel campionamento. E’ comunque buona norma che il chirurgo invii separatamente o chiaramente identificati da reperi i linfonodi dell’apice ascellare. Al momento dell’esame macroscopico del pezzo chirurgico, andranno ricercati tutti i linfonodi. I linfonodi, per facilitare la ricerca, vanno isolati dal grasso dopo fissazione avvenuta. E’ comunque importante cercare di eliminare il più possibile il grasso che circonda il linfonodo, al fine di facilitarne la processazione (disidratazione in alcool e successivamente all’inclusione, taglio della sezione). Ogni linfonodo deve essere esaminato in toto. Quindi, si potranno includere nel medesimo blocco linfonodi di dimensioni inferiori a 0.5 cm (da due a massimo sei linfonodi, avendo cura di mettere nello stesso blocco linfonodi di dimensioni analoghe, per facilitarne il taglio), mentre linfonodi di dimensioni superiori andranno divisi in 2 o più parti (preferibilmente con sezioni lungo l’asse minore che permettono la visualizzazione di una maggiore superficie del seno marginale, punto di arrivo delle metastasi) e inclusi separatamente. La metodica di inclusione (più linfonodi o linfonodo singolo in più parti) deve essere descritta in modo da essere ricostruibile al momento dell’esame microscopico. Dei linfonodi francamente metastatici se ne può includere anche solo metà. 46 6. MACRO PREDEFINITA PER BIOPSIA ORIENTATA Biopsia mammaria giunta fissata in formalina con l'indicazione di "mammella @, Q@" delle dimensioni di cm @ centrata da filo di repere metallico ed orientata da fili di repere colorati ad indicare rispettivamente: • • • • il margine superiore (1 filo lungo), il margine inferiore (2 fili lunghi), il margine laterale (1 filo corto), il margine mediale (2 fili blu corti). Si colorano pertanto di: • colore blu il margine inferiore e laterale, • colore verde il margine superficiale, • colore rosso il margine superiore e mediale, • colore nero il margine profondo. In sezione …... Il pezzo operatorio viene incluso in toto con n. @ prelievi seriati in senso cranio-caudale indicando con: A) il margine @, da B) a @) sezioni intere successive comprensive dei margini @, @) il margine @. 47 ALLEGATO 2, PARTE SECONDA: RICHIESTA ESAME ISTOLOGICO MAMMELLA a: UNITA' OPERATIVA DI ANATOMIA PATOLOGICA Data intervento Cognome e Nome Ricoverato SI Ospedale Sesso Reparto Data di nascita Mammella Sede NO Comune di residenza Via Codice Fiscale Tessera sanitaria Materiale da esaminare: Pezzo operatorio Criostato a fresco Radioisotopo in formalina Recettori ormonali Valutazione intraoperatoria margini chirurgici Sede mammaria: Destra TIPO DI INTERVENTO CHIRURGICO Biopsia incisionale Biopsia escissionale Biopsia con guida stereotassica Galattoforectomia Tumorectomia Tumorectomia allargata Sinistra Wide excision Quadrantectomia Mastectomia skin sparing Mastectomia nipple sparing Mastectomia radicale Muscolo pettorale piccolo grande ORIENTAMENTO MARGINI CON FILI DI REPERE Un filo lungo: margine SUPERIORE Un filo corto: margine LATERALE Due fili lunghi: margine INFERIORE Due fili corti: margine MEDIALE Tre fili lunghi: Tre fili corti: RADICALIZZAZIONE MARGINI LINFONODI DEL CAVO ASCELLARE Linfonodo sentinella con colorante vitale Linfonodo sentinella con radioisotopo L. S. con radioisotopo e colorante vitale Linfonodo/i parasentinella Sampling ascellare Linfonodi primo livello Linfonodi secondo livello Linfonodi terzo livello Cavo ascellare completo DATI CLINICI E STRUMENTALI: ………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………… N. Telefonico per comunicazioni Il medico 48 ALLEGATO 3, PARTE SECONDA: CHECK LIST Cognome …………….. Nome …………….. Data di nascita …………….. Screening n. …………….. Ospedale …………….. SINISTRO PATOLOGO …………….. Data del referto Calcificazioni istologiche Assenti Esaminata radiografia del campione? DESTRO …………….. Referto n. …………….. Benigne Si Biopsia stereotassica Mastectomia Maligne Entrambi i tipi No Alterazione mammografica presente nel campione? Tipo di campione Lato Si No Incerto Biopsia a cielo aperto Agobiopsia Peso del campione……………g mm Dimensioni Quadrantectomia mm x mm x LESIONI BENIGNE PRESENTI Lesione sclerosante complessa/cicatrice sclero-elastotica Mastite periduttale/ectasia duttale Fibroadenoma Malattia fibrocistica Altro (specificare) Papilloma solitario Papillomi multipli Adenosi sclerosante Cisti solitaria LESIONI PROLIFERATIVE INTRADUTTALI Assente Iperplasia duttale usuale Atipia epiteliale piatta (DIN 1A) Iperplasia duttale atipica (DIN B) Carcinoma duttale in situ di basso grado (DIN C) Carcinoma duttale in situ di grado intermedio (DIN 2) Carcinoma duttale in situ di alto grado (DIN 3) DIMENSIONI…………………..mm LESIONI PROLIFERATIVE INTRALOBULARI Neoplasia lobulare oppure Iperplasia lobulare atipica (LIN 1) Carcinoma lobulare in situ classico (LIN 2) Carcinoma lobulare in situ di alto grado (LIN 3) MALATTIA DI PAGET MICROINVASIONE Assente Assente Presente Presente Possibile 49 LESIONI MALIGNE INVASIVE Assente Duttale/tipo non altrimenti specificato (NAS) Carcinoma lobulare Misto (segnalare gli isotipi presenti) Altro carcinoma primitivo (specificare) Altro tumore maligno (specificare) Carcinoma mucinoso Carcinoma tubulare Carcinoma midollare Non classificabile DIMENSIONI ………………….. mm Angioinvasione Infiltrazione perineurale Componente in situ associata di tipo ………………………….. MARGINI CHIRURGICI Indenni (specificare distanza della lesione se inferiore al cm) Infiltrato (specificare quale) LINFONODI N° linfonodi metastatici su totale esaminati ………………. 50 PARTE TERZA Protocollo anatomopatologico del linfonodo sentinella A cura di: Giovanni Capitanio (ULSS 12) Stefania Dante (ULSS 6) Roberto Mencarelli (ULSS 16) Quirino Piubello (ULSS 20) Documento elaborato e distribuito al gruppo patologi veneti per lo screening mammografico nel settembre 2005 Revisione prevista: dicembre 2006 51 1. PREMESSA Il Nuovo protocollo GIVOM per l’esame anatomopatologico del linfonodo sentinella nel cancro della mammella si base fondamentalmente su quello proposto dallo European Working Group on Breast Screening Pathology nel 2004, che è attualmente in corso di pubblicazione. In accordo con la classificazione UICC TNM dei tumori maligni (1), il coinvolgimento linfonodale viene classificato in (macro)metastasi (>2 mm), micrometastasi (≤2 mm e >0,2 mm) e Cellule Tumorali Isolate (ITC) (≤0,2 mm). Il panel ha riconosciuto che lo scopo minimo assoluto dell’esame istologico del linfonodo sentinella è quello di identificare tutte le macrometastasi (scopo non raggiunto da tutti i laboratori) (2), tuttavia si è ritenuta importante anche l'identificazione delle micrometastasi, data la loro associazione con un ulteriore coinvolgimento linfonodale. In presenza di micrometastasi nel linfonodo sentinella, infatti, il rischio cumulativo di metastasi addizionali in altri linfonodi si aggira complessivamente intorno al 18 % (3); in particolare, nel caso di micrometastasi > 1 mm (tra 1 e 2 mm), sono state trovate metastasi addizionali nei linfonodi non sentinella nel 36,4 % dei pazienti (4). Le cellule tumorali isolate (ITC) sono singole cellule tumorali o piccoli gruppi di cellule la cui dimensione massima non supera 0,2 mm e che sono generalmente rilevate mediante metodi di immunoistochimica e solo raramente con la morfologia tradizionale. Le ITC in genere non mostrano attività di tipo metastatico (per esempio proliferazione o reazione stromale) o di invasione delle pareti vascolari o dei seni linfatici. Pertanto, casi con presenza di ITC nei linfonodi o a distanza devono essere classificati come N0 o M0 rispettivamente (1). Di conseguenza, il panel ritiene che la dimostrazione delle ITC non sia l’obiettivo della pratica clinica del linfonodo sentinella, bensì un effetto secondario che va adeguatamente riportato (N0) per evitare sovrastadiazioni e conseguenti sovratrattamenti. Si raccomanda quindi di utilizzare la più recente classificazione del TNM: • pN0 (sn): Con l’esame istologico non si osservano metastasi nel(i) linfonodo(i) sentinella, non valutata la presenza di cellule tumorali isolate (ITC). • PN0 (i-)(sn): Con l’esame istologico non si osservano metastasi nel linfonodo sentinella, negativa la presenza di ITC mediante metodi morfologici e di immunoistochimica. • PN0 (i+)(sn): Con l’esame istologico non si osservano metastasi nel linfonodo sentinella, positiva la presenza di ITC mediante metodi morfologici o di immunoistochimica. Un'ulteriore discussione del panel ha riguardato l'indicazione all'esame estemporaneo (vedi paragrafo 3). Si è preso atto che nella media delle realtà sanitarie/anatomopatologiche venete, un esame istologico intraoperatorio accurato e completo non è realizzabile, con conseguente alto rischio di falsi negativi. Di conseguenza, si è convenuto di limitare eventualmente tale esame ai casi in cui la probabilità di positività del sentinella, e quindi la probabilità che l'esame estemporaneo consenta al chirurgo di procedere immediatamente allo svuotamento ascellare completo, sia più elevata. Il criterio più semplice per selezionare questi casi è la dimensione del tumore primitivo, per cui si è raggiunto l'accordo di evitare l'esame estemporaneo in tutti i casi di tumore primitivo inferiore al centimetro di diametro (globalmente, rischio di N+ inferiore al 20%). Infine il panel ha riconosciuto la necessità di standardizzare il referto, in modo che il piano di trattamento delle pazienti non sia ostacolato dalla loro mobilità intraregionale e che gli scambi di informazioni, le raccolte dati e gli eventuali studi multicentrici ne siano favoriti. 52 2. ESAME E CAMPIONAMENTO MACROSCOPICO Eventuali linfonodi sentinella multipli devono essere identificati ed inclusi separatamente (per convenzione verranno esaminati come sentinella solamente i 3 linfonodi più captanti, segnalati dal chirurgo, mentre ulteriori linfonodi meno captanti verranno esaminati in modo tradizionale). Il materiale deve essere inviato al laboratorio di anatomia patologica “a fresco” nel caso di esame intraoperatorio, o fissato in formalina, in idoneo contenitore, per l’esame istologico definitivo. Vanno riportate le dimensioni del linfonodo/i (lunghezza, larghezza e spessore: in particolare, la misurazione dello spessore è indispensabile per stabilire e monitorare il numero/intervallo delle successive sezioni istologiche). Quando le dimensioni lo permettono (almeno 4-5 mm di spessore) il linfonodo va tagliato macroscopicamente in 2 parti lungo l’asse maggiore dalla capsula all’ilo; se di dimensioni superiori va tagliato, sempre lungo l’asse maggiore, ogni 2-3 mm (ad esempio, in un linfonodo di 9 mm di spessore vanno eseguiti almeno 3 prelievi di 3 mm di spessore). E’ sufficiente un solo prelievo di qualsiasi LS macroscopicamente metastatico o del LS positivo ad un eventuale esame intraoperatorio. I linfonodi macroscopicamente negativi vanno campionati in toto ed esaminati istologicamente: nei linfonodi di maggiori dimensioni ciò può comportare l’allestimento di più inclusioni, mentre quelli più piccoli potranno essere valutati in un’unica inclusione. 3. ESAME INTRAOPERATORIO Viene limitato ai casi con tumori superiori a 1 cm di diametro. L'esame può essere condotto eseguendo due sezioni in Ematossilina-Eosina con intervallo di 40 micron tra l’una e l’altra. E’ necessario che il personale tecnico sia particolarmente accurato sia nell’evitare spreco di materiale, sia nell’allestire sezioni complete, comprensive della capsula linfonodale. Nei casi di linfonodi sentinella multipli, l’esame estemporaneo intraoperatorio andrà di regola richiesto solamente sul linfonodo più captante. 4. TAGLIO SEZIONI ISTOLOGICHE (N° SEZIONI, INTERVALLI DI SEZIONE) I blocchetti di inclusione devono essere sezionati in modo da permettere, come obiettivo minimo, l’identificazione dei depositi metastatici al di sopra di 2 mm (macrometastasi). Questo richiede l’esecuzione di sezioni con intervallo di 1 mm tra ciascun livello (5): il numero di livelli/sezioni da allestire dipenderà dallo spessore del prelievo macroscopico (ad esempio, con prelievi dello spessore macro di 3 mm saranno necessari 3 livelli/sezioni per inclusione, con spessore macro di 2 mm saranno necessari 2 livelli/sezioni per inclusione). Si raccomanda tuttavia di porsi come standard il riconoscimento anche delle micrometastasi. Per identificare depositi micrometastatici (0,2 - 2 mm) sono necessarie sezioni multiple con intervalli di 150-200 micron (5): di nuovo, il numero di livelli/sezioni da allestire dipenderà dallo spessore del prelievo macroscopico (ad esempio, con spessore macro di 3 mm saranno necessari almeno 15 livelli/sezioni, con spessore macro di 2 mm saranno necessari 10 livelli/sezioni). La ricerca di ITC non è stata considerata dal panel come standard nella pratica clinica, e può essere perseguita solo dai Centri che ne abbiano la possibilità pratica o nell'ambito di protocolli di studio. 53 Per l’eventuale ricerca di ITC, si può prevedere di utilizzare la procedura per la ricerca delle micrometastasi (intervalli di sezione di 150 – 200 micron), integrata con indagini di immunoistochimica con anticorpi anticitocheratine AE1/AE3 effettuate su alcuni livelli di sezione. Esempi di schemi proponibili: Inclusione con spessore di 2 mm = 10 livelli di sezioni ad intervalli di 200 micron • Ematossilina-Eosina sui livelli 1, 2, 4, 5, 7, 8, 10 • AE1/AE3 sui livelli 3, 6, 9 Inclusione con spessore di 3 mm = 15 livelli di sezioni ad intervalli di 200 micron • Ematossilina-Eosina sui livelli 1, 2, 3, 5, 6, 7, 9, 10, 11, 13, 14 • AE1/AE3 sui livelli 4, 8, 12, 15 5. REFERTAZIONI I referti devono includere: • il numero totale di linfonodi sentinella ricevuti, • qualsiasi coinvolgimento macroscopico se visto, • il numero di linfonodi coinvolti da malattia metastatica, • l’estensione della malattia metastatica (si raccomanda l’adesione alle categorie pN della 6^ edizione della classificazione TNM dei tumori maligni) (1). Se più foci metastatici sono stati identificati in un linfonodo, deve essere riportato il più grande. Il suffisso (sn) deve essere usato quando lo stato linfonodale è stato determinato solo sulla base della biopsia del LS; • se sono state usate tecniche speciali (minore distanza tra le sezioni multiple, immunocolorazioni, analisi molecolari) e se il coinvolgimento linfonodale è ricercato solo con metodi di immunoistochimica o molecolari, questo fatto deve essere evidenziato nel referto. Poiché i metodi possono differire da laboratorio a laboratorio, si raccomanda di specificare il numero dei livelli/sezioni valutati e l’intervallo di sezione. 6. BIBLIOGRAFIA 1. Sobin LH, Wittekind Ch, eds. UICC TNM classification of malignant tumours, 6th edition. New York, John Wiley and Sons, 2002. 2. Cserni G, Amendoeira I, Apostolikas N, Bellocq JP, Bianchi S, Boecker W, et al. Discrepancies in current practice of pathological evaluation of sentinel lymph nodes in breast cancer. Result of a questionnaire-based survey by the European Working Group for Breast Screening Pathology. J Clin Pathol 2004, 57: 695-701. 3. Cserni G et al. Pathological work-up of sentinel lymph nodes in breast cancer. Review of current data to be considered for the formulation of guidelines. Eur J Cancer 2003, 39: 1654-1667. 4. Viale G, Maiorano E, Mazzarol G, et al. Histologic detection and clinical implications of micrometastases in axillary sentinel lymph nodes for patients with breast carcinoma. Cancer 2001; 92: 1378-84. 5. Cserni G. A model for determining the optimun histology of sentinel lymph nodes in breast cancer. J Clin Pathol 2004; 57: 467-471. 54 ALLEGATO 1, PARTE TERZA: Refertazione anatomopatologica del Linfonodo Sentinella N° Linfonodi Sentinella ricevuti _____ A Fresco _____ In Fissativo _____ Dimensioni: Lunghezza mm _____ Larghezza mm _____ Spessore mm _____ Esame Intraoperatorio _____ Esame istologico definitivo _____ Coinvolgimento macroscopico _____ N° tagli macroscopici _____ dello spessore di mm _____ Ottenuti n° prelievi _____ inclusi in _____ blocchetto/i. N° sezioni _____ ad intervallo di 150 –200 micron. N° sezioni di immunoistochimica _____ eseguite sui livelli ________________________________ N° linfonodi coinvolti (specificare se metastasi, micrometastasi, ITC) ________________________ pN __________ 55 PARTE QUARTA Determinazione immunoistochimica dei fattori prognostici A cura di: Tiziana Salviato (ULSS 15) Documento elaborato e distribuito al gruppo patologi veneti per lo screening mammografico nel luglio 2005 Revisione prevista: dicembre 2006 56 1. INTRODUZIONE Lo stato dei recettori steroidei ( estrogeni e progesterone) di un carcinoma della mammella viene utilizzato per vedere se una paziente possa trarre beneficio da un trattamento ormonale o se possa eseguire una terapia adiuvante. Attualmente il metodo di scelta per valutare lo stato dei recettori steroidei è l’immunoistochimica. Tale metodica ha infatti il vantaggio di poter essere utilizzata sia per le core biopsies che per le biopsie escissionali terapeutiche ed è largamente applicabile. Ogni laboratorio deve assicurare risultati altamente riproducibili e che possano essere valutati con metodo semiquantitativo. 2. FISSAZIONE Una scarsa fissazione può influenzare i risultati, soprattutto per i recettori degli estrogeni. Per ottenere una fissazione ottimale è preferibile ricevere il pezzo operatorio il più presto possibile dalla sala operatoria e fare subito un campionamento per permettere la penetrazione del fissativo.Il tempo raccomandato per la fissazione dovrebbe essere compreso tra le 6 e le 18 ore. Il fissativo più usato è la formalina neutra tamponata. Le core biopsies presentano il vantaggio di una più omogenea fissazione. 3. METODICHE E’ richiesto uno smascheramento antigenico in una soluzione 0.01 M di sodio citrato a pH 6. La durata dello smascheramento è un punto critico tanto che tempi troppo brevi possono essere la causa di scarsi e variabili risultati. Gli anticorpi anti recettori ormonali sono stati ben caratterizzati e validati diversamente da altre metodiche. Deve essere utilizzato un metodo di rivelazione sensibile. Se vengono introdotte delle variazioni sia per quanto riguarda il tempo dello smascheramento antigenico o l’uso di un sistema di rivelazione diverso è importante che il titolo anticorpale sia ottimizzato in modo da assicurare una chiara reazione nucleare senza colorazione aspecifica di fondo. Sarebbe opportuno ottimizzare un metodo di colorazione per le core biopsies diverso da quello dei pezzi operatori e di ciò se ne deve tenere conto al momento nell’organizzazione iniziale del lavoro. La colorazione di contrasto non dovrebbe mascherare la debole positività nucleare. 4. CONTROLLI Questi sono molto importanti e devono essere usati per ciascuna reazione. Nello stesso blocchetto devono esservi tessuti ad alta concentrazione di recettori, tessuti a bassa concentrazione di recettori e tessuti negativi. I tessuti da testare dovrebbero contenere sia parenchima mammario normale, sia tessuto neoplastico; il tessuto normale agisce come un buon controllo interno positivo di reazione ed è particolarmente importante se la fissazione del campione è subottimale. Un controllo negativo dovrebbe essere sempre incluso. Qualsiasi problema insorga con il controllo standard o con il tessuto interno 57 normale, la reazione deve essere ripetuta. Il tipo ed il grado del carcinoma devono essere tenuti in considerazione, dal momento che i casi meglio differenziati è molto improbabile che siano negativi. 5. SCORING Vi sono molti sistemi differenti di scoring attualmente in uso. Deve essere presa in considerazione solo la reazione nucleare e deve essere saggiata tutta la componente invasiva. Al fine di uniformare i diversi laboratori viene raccomandato l’uso del quick (Allred) score (Tabella 1). Questo è basato sull’analisi della percentuale di positività e sulla media di intensità di reazione. Per esempio un tumore eterogeneo che presenta il 30% di cellule debolmente positive, il 30% moderatamente positive ed il 30% fortemente positive avrà una intensità media moderata (score 2) Tabella 1:Quick (Allred) score Score di proporzione Score di intensità 0=assenza di reazione 0=assenza di reazione 1=<1% di reazione nucleare 1=debole reazione 2=1-10%di reazione nucleare 2= reazione moderata 3=11-33% di reazione nucleare 3=reazione intensa 4=34-66 % di reazione nucleare 5=67-100% di reazione nucleare I punteggi vengono sommati fino ad un massimo che può essere 8. Molteplici sono le implicazioni che necessitano di una corretta valutazione dello stato recettoriale della neoplasia: • La maggior parte dei dati sono connessi al trattamento delle lesioni metastatiche, poiché è stato dimostrato che maggiore è il livello di recettori, più alta è la possibilità di risposta alla terapia ormonale • Le pazienti con neoplasie che non hanno evidenza di immunoreazione, non hanno possibilità di risposta ad una terapia ormonale • La determinazione dei recettori per gli estrogeni, come quella dei recettori per il progesterone, può servire per es. a pazienti che hanno neoplasie con basso valore di recettori per gli estrogeni ed alto valore di recettori per il progesterone: in questo caso vi è indicazione per un trattamento ormonale. • Le pazienti con neoplasie mammarie che possiedono livelli molto bassi di reazione ( 2 nel quick score) beneficiano del trattamento ormonale adiuvante. Ciò dimostra come sia importante la sensibilità e la riproducibilità delle tecniche che possono rilevare livelli anche molto bassi di reazione. 58 6. CARCINOMA DUTTALE IN SITU Si stanno introducendo trials per determinare il valore della terapia endocrina nel carcinoma duttale in situ ed un requisito fondamentale sarà la conoscenza dello stato dei recettori per gli estrogeni. Attualmente non c’è un sistema di scoring come per il carcinoma duttale infilrante, ma un cut-off di > di 10% di reazione cellulare viene utilizzato per definire positiva una lesione nel trial NSABP B24. Ciò deve essere utilizzato fin quando non saranno disponibili altre prove. 7. CONTROLLI DI QUALITA’ E’ fondamentale che i laboratori partecipino a schemi di verifica di qualità sia per gli aspetti tecnici (colorazioni standard ed immunoistochimiche) sia per quanto concerne l’accuratezza diagnostica. Nelle USLL e nelle Aziende Sanitarie in cui lo screening risulti attivo, la verifica di qualità esterna per i laboratori coinvolti nello screening dovrebbe essere incluso come parte del processo di screening. 8. HER-2/neu Secondo le linee guida dell’ASCO, viene raccomandata la valutazione dell’iperespressione di HER-2 su tutti i tumori mammari, sia nelle fasi precoci che in fase metastatica, dal momento che alti livelli di espressione di tali recettori o l’amplificazione di c-erb-2 possono essere usati per identificare pazienti per le quali il Trastuzumab può essere di aiuto per il trattamento del carcinoma mammario metastatico, recidivo e/o refrattario ad altri trattamenti, ovvero non resecabile. Il gene HER-2 è un protooncogene che controlla la sintesi di una proteina superficiale di membrana chiamata proteina HER-2 dotata di attività tirosino-chinasica. Questa proteina trasmette segnali di crescita dall’ambiente extracellulare al nucleo regolando alcuni aspetti dei processi di crescita, divisione e defferenziazione cellulare. In molti tumori solidi la proteina HER-2 viene sovente sovraespressa in seguito all’amplificazione del gene HER-2, causata dall’alterazione del processo di controllo genico e non da una mutazione del gene. Le cellule normali presentano due copie del gene HER-2 e bassi livelli di espressione del recettore HER-2. La sovraespressione del gene HER-2 può verificarsi attraverso diversi meccanismi: • amplificazione genica • aumento della trascrizione • aumento della sintesi proteica L’effetto complessivo dei tre meccanismi è un aumento, a livello di membrana, del numero dei recettori HER-2 espressi, che stimolano la divisione cellulare. La sovraespressione del recettore HER-2 è stata osservata nel 30% circa dei carcinomi mammari. 59 8.1 Determinazione dello stato di HER-2 Preparazione del preparato istologico • Asportazione del campione chirurgico • Campionamento del pezzo operatorio prima della fissazione (sezioni che saranno dello spessore compreso tra 0,5 e 1 cm) • Fissazione per un periodo che varia da un minimo di 6-8 ore ad un massimo di 24-36 ore ( generalmente i campioni ottenuti da agobiopsia richiedono sempre un periodo minimo di fissazione. Attualmente non ci sono dati che confermino l’attendibilità di una fissazione rapida mediante microonde, pertanto tale metodica non è raccomandabile nella pratica quotidiana). La fissazione con formalina può dare una colorazione debole con conseguente viraggio del punteggio verso valori più bassi, soprattutto se la fissazione avviene per un periodo inferiore alle 24 ore, mentre la fissazione con alcool può dare una colorazione più forte con viraggio del punteggio verso valori più alti. • Inclusione in paraffina (i campioni fissati e inclusi possono essere conservati per lungo tempo a temperature comprese tra 20° e 25°C . E’ molto importante tagliare le sezioni da esaminare poco tempo prima della valutazione di HER-2. Anche lo spessore delle sezioni può influenzare la valutazione e l’interpretazione dei risultati. • Posizionamento della sezione sul vetrino 8.2 Principi della metodica I processi di smascheramento antigenico sono critici; devono quindi essere standardizzati e seguire protocolli ben definiti. E’ auspicabile una standardizzazione migliore attraverso l’utilizzo di kit commerciali quali Herceptest (Dako) o Pathway HER2 (CB11 Ventana). Gli anticorpi più sensibili e specifici sono allo stato attuale il CB11 (Novocastra), il TAB 250 (Zymed) e l’antisiero policlonale AO485 (Dako). La temperatura ed il tempo di incubazione devono essere standardizzati (19). 8.3 Valutazione dei risultati E’ necessario valutare soltanto la positività di membrana delle cellule neoplastiche esclusivamente nella componente infiltrante. E’ opportuno che la sezione comprenda sia tessuto neoplastico sia tessuto normale: infatti i lobuli normali fungono da controllo dello smascheramento antigenico: eventuali positività in tale sede è indice di colorazione aspecifica e, quindi, l’intera reazione deve essere ripetuta. SCORE (vedi Tabella 1): • Pazienti con score di valutazione pari a 0 e 1+ sono considerate HER-2 negative e quindi non idonee alla terapia. • Pazienti con score di valutazione pari a 3+ sono considerate HER-2 positive e quindi candidate al trattamento anti HER-2 • Le pazienti con score di valutazione pari a 2+ dovrebbero essere ritestate con una diversa metodica (ad esempio con metodica FISH) per poter definire l’eventuale possibile idoneità al trattamento anti HER-2. 60 Un accurata determinazione dello stato di HER-2 è essenziale per una selezione di pazienti in grado di trarre beneficio dalla terapia con Herceptin. L’immunoistochimica mostra una migliore correlazione se la metodica è standardizzata. Pertanto al fine di migliorare l’accuratezza della determinazione dello stato di HER-2 bisogna assolutamente validare dall’inizio la metodica nonché condurla correttamente con CdQ sia interno che esterno. Tabella 2: SCORE Score da riportare Marcatura di membrana Valutazione iperespressione HER 2 0 nessuna colorazione o colorazione in meno del 10% delle cellule Negativo 1+ Incompleta/debole marcatura di membrana in più del 10% delle cellule tumorali. Le cellule marcate solo in parte della membrana. Negativo 2+ Marcatura completa della membrana da lieve a moderata in più del 10% delle cellule tumorali Positivo 3+ Marcatura completa ed intensa della membrana in più del 10% delle cellule tumorali Positivo 8.4 CdQ L’uso di controlli richiede almeno per ogni determinazione dei controlli positivi e negativi. I controlli possono includere tessuti separati fra loro, campioni di tessuto a reattività nota e linee cellulari con livello di HER-2 sovraespresso noto. Tutti i laboratori che utilizzino la determinazione immunoistochimica per HER2 come test prognostico-predittivo devono partecipare ad appropriati programmi di qualità esterni. 61 9. BIBLIOGRAFIA 1. Plunkett TA, Miles DW. 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