Storia del testo: la genesi Esistono due avantesti della Cognizione, che anticipano esplicitamente i problemi e le tematiche del romanzo Gen. 1929: Villa in Brianza (pubblicato nel 2001), scopertamente autobiografico, in cui emergono le figure dei genitori e soprattutto della casa costruita dal padre in Brianza; Set.-ott. 1933: Viaggi di Gulliver, cioè del Gaddus (pubblicato nel 1970), un elogio ironico della Brianza in cui compaiono molti dei materiali tematici della Cognizione. Storia del testo: la genesi Aprile 1936: A Milano muore Adele Lehr, madre di Carlo Emilio Gadda. Il lutto è accompagnato da un fortissimo senso di colpa nei confronti della madre, che ritorna nei pensieri di Gadda come una sorta di spettro. Storia del testo: la genesi Cfr. alcune lettere scritte nei mesi successivi: Lettera a Lucia Rodocanachi (16 nov. 1936): «Non si liquida tutto un mondo di scarafaggi senza un certo disgusto. Non si rimane soli nel mondo, senza una irredimibile pena. L’immagine di Chi ci ha lasciato ritorna, ritorna, per dirci l’infinità della distanza. La morte di Chi viveva in noi è morte di noi stessi. / Molte complicazioni nascono anche dal dolore: che per alcuni è semplicità, per altri uno spaventoso groviglio». Lettera a Piero Gadda Conti (27 dic. 1936): «L’immagine di Lei vecchia e senza aiuti mi ritorna e oltre tutto un indescrivibile rimorso mi prende per i miei scatti, così inutili e così vili. Io ho troppo sofferto e certo non ero padrone di me, ma ciò non toglie che la mia angoscia sia ora grandissima». Storia del testo: la genesi Gadda lascia l’appartamento milanese di via S. Simpliciano 2 e trasferisce i mobili nella casa di Longone, in Brianza, una villa costruita dal padre e costata alla famiglia un dissesto finanziario (cfr. Villa in Brianza) Storia del testo: la genesi Già nell’estate 1936 cerca di vendere la villa, ma la vendita si dimostra più difficoltosa del previsto e giunge in porto soltanto verso la metà del 1937. Lettera a Piero Gadda Conti (nov. 1937): “vendita di Longone (sospiro di sollievo, e liberazione da un verme solitario”. Lettera a Lucia Rodocanachi (12 set. 1937): “Quest’anno sono riuscito a vendere il mio feudo barcollante di Longone, in Brianza, facendo un pessimo affare, ma liberandomi dall’ossessione feudale. Sono riuscito a pagare i debiti, e sono, in un certo senso, più libero di me stesso”. Lettera a Piero Gadda Conti (24 gen. 1938): “Ogni tanto assaporo la gioia di essermi liberato dal verme solitario Longone, con Resegone sullo sfondo e odor di Lucia Mondella nelle vicinanze”. Storia del testo: stesura e pubblicazione Primi mesi del 1937: Gadda (dall’ottobre 1936 si è trasferito a Roma per motivi di lavoro) incomincia a scrivere, abbozza alcuni brani del nuovo libro; Poi inizia la vicenda della pubblicazione, che passa attraverso varie fasi: 1) 1938-1941: Il romanzo viene pubblicato in sette puntate sulla rivista “Letteratura”, ed è indubbiamente un romanzo incompiuto, privo di una conclusione; Storia del testo: stesura e pubblicazione 2) Negli anni successivi, invece di concludere il romanzo, Gadda ne estrapola diversi blocchi narrativi e li pubblica all’interno di altre opere: 1943: Esce L’Adalgisa, in cui compaiono due lunghi estratti della Cognizione: Strane dicerie contristano i Bertoloni (dal I cap.), e Navi approdano al Parapagàl (VI cap.); 1953: Esce la prima raccolta di racconti, le Novelle dal ducato in fiamme, dove figura (al 12° posto) un racconto tratto dalla Cognizione, La mamma (V cap.); 1963: Esce la seconda raccolta di racconti, Accoppiamenti giudiziosi, che comprende, oltre La mamma, un altro frammento della Cognizione intitolato Una visita medica (dai capp. II e III). Storia del testo: stesura e pubblicazione 3) 1963: Il romanzo viene pubblicato in volume; esce presso Einaudi dopo una vicenda editoriale molto tormentata durata diversi anni. A parte un lavoro di revisione stilistica, l’edizione non aggiunge nulla dal punto di vista narrativo al testo pubblicato in rivista. L’unica differenza di rilievo è l’aggiunta di alcuni elementi paratestuali: All’inizio un Saggio introduttivo di Gianfranco Contini; Subito dopo uno strano testo di Gadda, scritto in forma di dialogo, L’Editore chiede venia del recupero chiamando in causa l’Autore; Alla fine una poesia, Autunno (1931). Storia del testo: stesura e pubblicazione 4) 1970: Il romanzo viene ripubblicato da Einaudi, in una nuova edizione aumentata in cui compaiono due capitoli supplementari, ancora inediti, che contengono la conclusione della vicenda. Sono preceduti da una Nota redazionale: «gli ultimi due tratti [...], con cui il romanzo giunge quasi al suo epilogo, furono scritti subito dopo i precedenti, nel 1941. Il testo che viene dato allo stampe è quello di allora: una prima redazione, che l’Autore non ha voluto o potuto correggere». 5) 1987: Presso Einaudi, esce un’edizione critica e commentata con un’Appendice di frammenti inediti, a cura di Emilio Manzotti. La conclusione Risvolto di copertina dell’edizione 1963, Einaudi: «Nella non scritta conclusione Gonzalo doveva infine separarsi dalla madre che, rimasta sola, si lasciava persuadere ad accettare la protezione del “Nistitúo”; finché una notte la villa della “signora” veniva assalita proprio dalle guardie della “vigilancia para la noche” alle quali ella aveva affidato la sua desolata solitudine. Nell’assalto la madre trovava la morte: mentre atroce le si insinuava nell’animo il sospetto che ad organizzare l’aggressione fosse stato proprio il “tristo figlio” Gonzalo». La conclusione: Il destino tragico Nella rappresentazione del temporale (cap. 5), la fonte letteraria di Gadda è Shakespeare, King Lear, Atto III, Scena 1. (Brughiera.) Temporale, con lampi e tuoni. Entrano Kent e un Gentiluomo che s'incontrano. KENT: Chi è là, oltre il cattivo tempo? GENTILUOMO: Uno che è come il tempo, inquieto. KENT: Vi conosco. Dov'è il Re? GENTILUOMO: In lotta con gli elementi scatenati: ordina al vento di soffiare la terra nel mare o di gonfiare le acque arricciolate al di sopra della terra, sì che le cose possano trasformarsi o cessare; si strappa i capelli bianchi, che le raffiche impetuose con rabbia cieca afferrano nella loro furia come fossero niente; si sforza nel suo piccolo mondo di uomo di sovrastare il vento e la pioggia in violento conflitto. In una notte come questa, in cui l'orsa spossata dai figli vorrebbe accucciarsi, e il leone e il lupo dal ventre famelico mantengono asciutto il pelo, lui a capo scoperto corre, e grida che chi vuole prenda tutto. La conclusione: Il destino tragico Guido Guglielmi, I paradossi di Gadda (1969): «la discesa della donna nelle profondità della casa adombra un altro e definitivo descensus». La conclusione: Indizi, ipotesi e alibi Cfr. gli abbozzi e le note pubblicate da Emilio Manzotti in appendice alla sua edizione della Cognizione del dolore, Einaudi 1987. In fase di elaborazione, Gadda ha vagliato varie ipotesi per identificare un aggressore della madre: 1. Il vigile notturno (cfr. risvolto di copertina ed. 1963) 2. Il contadino José: su di lui, anche nel romanzo, si concentrano alcuni sospetti, che però non trovano conferma. 3. Altra possibilità, a cui Gadda sembra pensare per un attimo, riguarda un commerciante di stoffe che era apparso nelle prime pagine del romanzo. La conclusione: Indizi, ipotesi e alibi Gian Carlo Roscioni, La conclusione della “Cognizione del dolore” (1969): «Quale funzione poteva avere, in un dialogo già chiuso, in una tragedia già consumata, il dichiarato intervento di una figura come il commerciante di stoffe, o anche come il Manganones? La designazione del diabolus ex machina avrebbe potuto solo diminuire, con l’introduzione di motivi casuali o meschini, la tensione del racconto, smorzarne l’incandescente eloquenza». La conclusione: Indizi, ipotesi e alibi Vari indizi a carico di Gonzalo, sia nel testo pubblicato che nelle annotazioni: Testimonianza della Battistina (cap. 2), secondo cui Gonzalo ha minacciato di morte la madre; Scena del litigio (cap. 8), in cui Gonzalo rimprovera la madre e minaccia di ucciderla, anche se i suoi sentimenti sono contraddittori); Scena di un frammento rifiutato in cui Gonzalo impreca contro la madre (testimone, anche in questo caso, è la Battistina, che spia dal buco della serratura): «Gridò improvvisamente “la scannerò!...”. Poi scagliò a terra il coltello che gli aveva servito da taglia libro. [...] “La scannerò!...”, urlò di nuovo» (Manzotti 570). La conclusione: Indizi, ipotesi e alibi «Meditare molto, per ragioni di gusto, se il figlio agli occhi della plebe debba essere incolpato o no, sospettato o no. Comunque preparare gli alibi» (Manzotti555). «Evitare il delitto, troppo disgustoso: ammettere il furto dei diamanti [...], ma la madre muore di morte naturale, per la nota malattia» (Manzotti554). «Il senso tragico del matricidio deve essere soltanto nel terrore degli ultimi momenti della madre, che pensa al figlio come all’esecutore: ma poi esclude lei stessa, morendo. E nell’angoscia del figlio che pensa che la madre abbia potuto sospettare di lui» (Manzotti555). La conclusione: Novella seconda Novella seconda (o Dejanira Classis): E’ un testo ispirato a un fatto di cronaca, un processo che si è svolto nel 1928 a Milano; Il processo vede imputato un certo Renzo Pettine, accusato di avere ucciso la madre due anni prima (nel febbraio 1926) e di averne occultato il cadavere per mesi; Il processo viene seguito con interesse morboso, suscita una larga eco sui giornali e impressiona molto Gadda, che incomincia a progettare e in parte a scrivere la novella (rimasta incompiuta). La conclusione: Novella seconda Gadda cerca di giustificare o di assolvere il figlio matricida: 1) Nella realtà processuale; 2) Nella finzione letteraria 1) Dagli appunti preparatori: «È noto che i giurati hanno ritenuto il giovane sano di mente, gli hanno negato persino la semi-infermità. Il matricida ha avuto 15 anni di carcere. [...] Dai resoconti dei giornali io non ho potuto farmi un’idea profonda della verità. Ma ho l’impressione che una eccessiva durezza di giudizio ha colpito lo sciagurato e che si doveva concedergli larghe attenuanti e certamente la semi-infermità mentale. Sento questo. La conclusione: Novella seconda [...] Il giovane compì azioni mostruose, quali il fatto di continuare a “faire la noce” nell’appartamento, ove la madre morta putrefaceva in un baule. Condusse in casa ragazze e se le è fottute per notti intere nel letto materno, mentre il lezzo della decomposizione appestava la casa. – Ma questa non è appunto un’orrida, atroce, mostruosa demenza? Bisogna parlare di lui come di un essere fuori dell’umanità e della ragione. Così dicasi del mutismo, della freddezza, ecc. rivelati di poi». La conclusione: Novella seconda 2) Piani per lo svolgimento della trama: «Il ragazzo sciagurato, corrotto, vittima non ha ucciso la madre, ma ha solo presenziato, nell’impossibilità di aiutarla, alla uccisione di lei». «La donna vagabonda [la madre] è uscita, perché doveva partire per andare da un amante. Gigetto [il figlio], che doveva andare in campagna, procrastina, ha profittato per tirare in casa una ragazza. Ritorna a casa l’indomani sera, la portinaia le dice che Gigetto non c’è mentre c’è. Gigetto si tiene nascosto con la ragazza. Pesautti [l’amante della madre] che ha spiato la donna, sale, credendola sola: scena, ripulsa, minaccia, uccisione. La ragazza fugge. Il giovane impazzisce. La conclusione: Novella seconda – Non è ben congegnato. – (Scena tragica della madre morente che sente il figlio di là e lo chiama: non capisce. Crede che suo figlio sia complice. Muore.) – Mi hai uccisa... (oppure al buio non ha visto il Pesautti?) Disperazione di lui, che impazzisce. [...] Lui pazzo, confessa di aver ucciso la madre... Poi si chiude in un assoluto mutismo». La conclusione: Novella seconda Nota preparatoria del finale della Cognizione: «– In una prima scena i 2 cugini del Trabatta odono qualcuno che cavalca il cancello e lo rincorrono silenziosamente, si accorgono che è passato nella casa della signora. – In una scena terribile la signora è assalita dal Manganones mentre è in letto. Ella crede il figlio. Statura eguale [...] È ferita. Sopraggiungono i due peones e la salvano. – L’altro riesce a fuggire. – In una terza scena si ha l’agonia e la morte della signora – che crede nel delirio di essere stata uccisa dal figlio. Il dolore eterno» (Manzotti563). La conclusione: Il ritratto di Alessandro VI Autoritratto del figlio (dai materiali preparatori): «Egli si fermò, guardò se stesso nello specchio. La sua fisionomia talora bamboccesca, assumeva in certi momenti un tono particolarmente calmo, e tuttavia non diremmo sereno. Una calma un po’ rubiconda, molle, come d’attesa; e qualcuno diceva di timidezza. L’occhio, un po’ velato, e gonfio come per fatica di lettura o tedio di libidini, pareva risentire d’una libagione e ignominia del giorno avanti, fattasi oggi torpore, e blandamente porcino e un po’ sinistro. […] egli guardava allora, calmo, gonfio, impercettibilmente crudele nella bonarietà sorridente, con tre pieghe di pappagorgia sotto il mento sfuggente, all’Interlocutore o alla Causa, come Rodrigo Borgia nel ritratto spaventoso di Raphael Sanzio […] La conclusione: Il ritratto di Alessandro VI Non è chiaro a quale dipinto si riferisca Gadda, forse sovrappone diverse immagini Pinturicchio, Ritratto di Alessandro VI, Appartamento Borgia, Musei Vaticani Raffaello, Leone X tra i cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de’ Rossi, Uffizi La conclusione: Il ritratto di Alessandro VI Egli sentiva che, per poter essere veramente un assassino, gli mancavano soltanto tre gradini sotto le pantofole, una matista sul dito, e due donzelli a lato, ricciolutissimi e privi di luce morale dentro le pupille, come li avesse disegnati l’Andrea Mantegna. Fare che egli, in istato d’ossessione, veda sé nello specchio secondo questa immaginaria (delirante) interpretazione. N.B. Questo autoritratto, nel giuoco drammatico, deve esprimere: a) il senso di colpa e di rimorso preventivo. b) il carattere delirante e meramente immaginario della sua vendetta» (Manzotti568-69). La conclusione: Il ritratto di Alessandro VI «Gnoseologicamente: Forse a lato della realtà fisica, meccanica, bassamente stereometrica, bassamente storica = corre una trama spaventosa e vera, uno spaventoso pensiero. E la cosa o l’atto pensato è più vero dell’accaduta o dell’eseguito. E Dio vede il pensiero, l’immaginato. E, anche non vedesse, si rifiutasse di vedere, (ché tutto può, Dio), l’immaginazione, il delirio rimarrebbero e l’anima si perde nell’immaginare, non nel compiere. Egli si sentiva perduto, vedeva che l’esser venuto tra le imagini era solo un antefatto della propria rovina. Ogni prassi è un’imagine. Ma ogni imagine è già l’attuato orrore, è il male, il termine, il limite che ci esclude da Dio. Come leggesi nel vangelo di Luca [in realtà Matteo 5,28], “chi guarda una donna ha già commesso adulterio”» (Manzotti570). La conclusione: Matricidio e sogno Gian Carlo Roscioni, La conclusione della “Cognizione del dolore”: «Era difficile, forse impossibile, che Gadda, giunto a un tale punto di identificazione con il suo personaggio, se ne allontanasse nuovamente, riacquistasse la distaccata fiducia dell’inventore di favole. Lui, che non aveva saputo fingere nemmeno l’episodio più letterario di tutto il romanzo, quello del “sogno spaventoso” di Gonzalo, si trovava ora a dover escogitare un plausibile scioglimento del nodo che continuava a soffocare la sua anima chiusa. Scioglimento che non poteva ormai essere che appositizio, poiché la vera agnizione era già avvenuta. Essa coincide infatti con l’apparizione della “figura di tenebra”, il cui transumano silenzio segna il climax del racconto, e ne fissa la conclusione irreparabile» (96). La conclusione: Matricidio e sogno Gian Carlo Ferretti, Ritratto di Gadda (1987): «Anche se Gonzalo, in sostanza, può venir scagionato del tutto da quegli alibi o colpevoli esterni, egli è di fatto e comunque colpevole nei suoi pensieri e deliri. […] Il matricidio insomma (se non attuato, immaginato e pensato) rimane la sola conclusione coerente, anzi addirittura il solo finale possibile dell’opera, l’inevitabile epilogo scaturito dalla fusione dei due piani e radicato nella fatale “verità” del delirio. Gadda lo sa bene, e arretra inorridito, ricaccia continuamente da sé quella conclusione, perché si sente interamente coinvolto nel personaggio di Gonzalo, e non può in alcun modo ammettere l’idea stessa di un tale delitto (un motivo anticipato da Novella seconda)» (103-104).