19/04/2014 Shalabayeva e figlia rifugiate politiche Furono espulse dall’Italia. Ora possono restare Happy end per la vicenda ancora piena di ombre di Alma Shalabayeva. La kazaka ha ottenuto lo status di rifugiata politica nel nostro Paese ai sensi dell'art. 1 della Convenzione di Ginevra. Raggiante l'avvocato Anton Giulio Lana che specifica «questo importante riconoscimento» vale sia per lei che per la figlia Alua. A decidere lo status di rifugiato alla Shalabayeva è stata la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale del Viminale. «Il riconoscimento - ha spiegato l'avvocato - è il più importante che una persona che nel suo Paese è perseguitata, politicamente ma non solo, possa ottenere». Il legale ha aggiunto ancora che permetterà a Shalabayeva e a sua figlia di «non essere più mandate via dall'Italia, come era già successo in passato, grazie a un permesso di soggiorno valido per almeno 5 anni». Alma Shalabayeva, è la moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov. Il 28 maggio 2013 venne fermata da alcuni agenti della questura di Roma, insieme alla figlia di 6 anni, mentre si trovava in una villa a Casalpalocco e trascinata via. Il 30 maggio 2013, la questura firmò l'espulsione di Alma e della figlia con l'accusa di essere entrata illegalmente in Italia e venne rimandata in Kazakistan. Il 24 dicembre 2013, dopo moltissime polemiche, fu possibile per lei lasciare il suo Paese. Alma Shalabayeva e la piccola Alua sono rispettivamente moglie e figlia del dissidente-ex oligarca kazako, Mukthar Ablyazov. Quest'ultimo, era l’obiettivo principale dell'azione delle forze dell'ordine perché ricercato dall'Interpol per frode ma non era in casa. A chiedere l'intervento della polizia all'allora prefetto Giuseppe Procaccini, capo di gabinetto del Ministro dell'Interno, Angelino Alfano, era stato l'ambasciatore kazako Andrian Yelemessov. La Shalabayeva era in possesso di un passaporto centroafricano intestato a lei e alla figlia. L’Interpol ribadì che era falso e la procura di Roma aprì un’inchiesta . Non solo: il segretario generale dell'Interpol, Ronald K. Noble affermò che Ablyazov era ricercato per gravi reati con mandati di cattura internazionali validi. Il 30 maggio madre e figlia furono espulse dall'Italia e il giorno dopo messe su un aereo affittato dall'ambasciata kazaka e rimpatriate ad Astana. La Farnesina affermò di aver saputo del rimpatrio solo il 31 maggio mentre il 3 giugno l'Ufficio Immigrazione inviò al Viminale una relazione sull'espulsione della Shalabayeva. Anche il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, affermò di aver saputo della deportazione solo a fatti avvenuti. Il 12 luglio l’allora premier Enrico Letta decise la revoca dell'espulsione sottolineando la gravità della «mancata informativa». Il capo della polizia, Alessandro Pansa, definì «invasivo» il comportamento dei diplomatici kazaki, stessa definizione adottata dal capo della Farnesina Emma Bonino. Quel giorno si dimise Procaccini. Il governo Letta difese il ministro dell’Interno Alfano mentre la Ue chiedeva chiarimenti a Roma. Così la procura di Roma aprì un'inchiesta su presunte omissioni nell'espulsione di Alma. Poi il 31 luglio 2013 Ablyazov venne arrestato in Francia. Il 3 agosto la Shalabayeva accusò: «Il mio passaporto è stato manomesso». A fine settembre 2013, la figlia maggiore di Alma accusò alcuni funzionari del Viminale, della questura di Roma e diplomatici kazaki di sequestro di persone e ricettazione. Il giorno dopo finirono nel registro degli indagati l'ambasciatore del Kazakistan in Italia, il consigliere per gli affari politici e l'addetto agli affari consolari. E così alla vigilia di Natale, il 24 dicembre 2013, Alma Shalabayeva riuscì ad ottenere il permesso di lasciare il Kazakistan. Il 27 dicembre 2013 Alma atterrò in Italia con la figlia più piccola, Aula accolta a braccia aperte dall’allora ministra Bonino. Da ieri è rifugiata politica. Pina Sereni