PRINCIPI DI ERGONOMIA E POSTURA
IN AMBIENTE SANITARIO
Ileana Mattei medico competente ASL Viterbo
ANATOMIA E FISIOLOGIA DELLA COLONNA
La colonna vertebrale e’divisa, per comodita’di studio, in 4 porzioni o regioni (cervicale,
toracica, lombare, e sacrococcigea), Si prenderanno in esame le sue dimensioni, la
conformazione esterna e interna.
L’altezza nell’adulto di media statura dal punto piu’elevato dell’atlante all’apice del
coccige e’di 73-75 cm nell’uomo, nella donna e’di 60-65 cm
La colonna vertebrale non e’rettilinea, ma presenta una serie di curvature: curve antero
posteriori (si producono nel piano sagittale) e curve laterali (si sviluppano nel piano
frontale). Le curve laterali sono meno pronunciate e meno costanti tuttavia esistono nella
maggioranza dei casi.
Le curve della colonna sono d’origine meccanica sono
particolarmente legate alla stazione eretta.La colonna vertebrale
presenta, nel suo insieme, i seguenti movimenti:movimenti di
FLESSIONE e di ESTENSIONE, in un piano sagittale;
movimenti di LATERALITA’,verso destra e verso sinistra in un
piano frontale;movimenti di ROTAZIONE, che si compiono
sull’asse longitudinale, questi ultimi movimenti, di rotazione, di
torsione si possono svolgere in senso orario e antiorario.tutti i
movimenti trovano il loro punto di partenza nei movimenti che
possono compiersi tra vertebra e vertebra:sono essenzialmente condizionati dalle
possibilita’ insite tra i mezzi di unione tra le singole vertebre. Questi mezzi di unione sono
di 2 ordini .
1) ARTICOLAZIONI, come i dischi intervertebrali e le connessioni articolari tra i
processi articolari.
2) LEGAMENTI, CHE UNISCONO DIRETTAMENTE LE VERTEBRE
CONTIGUE, o, con piu’ampio raggio, estendendosi a tutta la colonna
LEGAMENTILONGITUDINALI.
Una vertebra consiste tipicamente di un corpo anteriore e di un arco posteriore. I l corpo ha
forma approssimativamente cilindrica; l’arco vertebrale e’composto da due peduncoli e
due lamine, queste due unite posteriormente a formare il processo spinoso.
Su entrambi i lati inoltre l’arco fa da supporto ai processi traversi e ai processi articolari
superiori ed inferiori; questi ultimi formano le articolazioni mobili con i corrispondenti
processi delle vertebre adiacenti, mentre i processi traversi e spinosi forniscono inserzione
ai numerosi muscoli che su di essi terminano.
I peduncoli e le loro apofisi articolari formano le incisure vertebrali superiori ed inferiori,
che nel loro insieme realizzano i forami intervertebrali per i quali passano i nervi spinali e
i vasi.
Le 24 vertebre sono distinte in tre gruppi sulla base di peculiari caratteristiche regionali, le
vertebre delle zone di passaggio sono dette di transizione, presentando delle caratteristiche
delle due zone contigue, in particolare, Le VERTEBRE LOMBARI sono le piu’
massicce,distinguibili da quelle cervicali o dorsali per la mancanza di forami trasversali e
di faccette articolari costali.
Le ARTICOLAZIONI DEL RACHIDE cono rappresentate da diartrosi ( articolazioni
mobili – ad es. articolazioni interapofisarie) e da anfiartrosi; tra queste ultime si
annoverano le articolazioni dei corpi vertebrali veri e propri, con l’interposizione di un
disco cartilagineo.
I mezzi di unione del rachide sono costituiti da:
- i dischi intervertebrali,che si interpongono tra le due articolazioni vicine;
- i legamenti intersomatici, che si dispongono attorno all’articolazione formando due
lunghi nastri i quali occupano tutta l’altezza della colonna (legamento longitudinale
anteriore e legamento longitudinale posteriore);
- i legamenti gialli (che si stendono ad unire tra loro le lamine);
- i legamenti interspinosi;
- i legamenti intertrasversari.
I dischi intervertebrali fungono da potenti mezzi di connessione e da ammortizzatori
elastici.
Sono formati, schematicamente , da alcuni strati esterni concentrici di tessuto fibroso e
cellule cartilaginee (anello fibroso) e da una zona elastica centrale semifluida ad alto
contenuto idrico (nucleo polposo).
Mentre la funzione essenziale del nucleo e’quella di ridistribuire le forze complessive
all’interno del rachide, il compito piu’ importante dell’anello fibroso e’quello di opporsi
alla tensione ed alla sollecitazione in torsione.
I dischi cartilaginei sono privi di terminazione nervose e di vasi,eccetto che nella porzione
piu’periferica.
Nella regione cervicale, come in quella lombare,i dischi intervertebrali hanno forma di
cuneo in quanto piu’alti nella loro sezione anteriore,contrariamente a quanto accade nella
regione dorsale, dove i dischi hanno spessore uniforme, La forma a cuneo accentuato, del
disco lombo-sacrale aiuta a minimizzare gli effetti della marcata angolazione l/s. In un
adulto sano i dischi intervertebrali costituiscono circa il 25% della lunghezza dell’intera
colonna vertebrale.
La colonna vertebrale , nel suo complesso, assolve ad un ruolo statico di sostegno e ad una
complessa FUNZIOE STATICO- CINETICA. La colonna vertebrale puo’essere
considerata come una serie coordinata di segmenti costituiti da UNITA’ FUNZIONALI
sovrapposte a loro volta, rappresentate da due vertebre adiacenti e dai tessuti interposti;
ESSA SI CONFIGURA COME UNA STRUTTURA ELASTICA CAPACE DI
GARANTIRE, IN OPPOSIZIONE SIA ALLA GRAVITA’ SIA ALLE FORZE DI
ATTRITO COSTITUITE DA ARIA ED ACQUA, LA STAZIONE ERETTA,
L’EQUILIBRIO, LA CORRETTA POSTURA P ER OGNI ATTIVITA STATICA E
CINETICA.
E’possibile distinguere le unita’ funzionali in due sezioni: quella ANTERIORE,
costituita dai corpi vertebrali e dal disco, e quella POSTERIORE, rappresentata dalla
coppia di articolazioni che pongono in reciproca connessione le due vertebre.
LA SEZIONE ANTERIORE DELL’UNITA’FUNZIONALE svolge la funzione di
sostegno e di assorbimento meccanico.
Il liquido nucleare (gel colloidale), in quanto confinato in un contenitore chiuso (l’anello
fibroso), obbedisce alle leggi fisiche dei liquidi sotto pressione:
--LEGGE DI PASCAL Esso e’infatti incompressibile, per cui qualsiasi forza esterna
applicata su una unita’della superficie, si trasmette immodificata ad ogni unita’della
superficie interna del contenitore. La presenza del liquido nucleare impedisce che le
sollecitazioni compressive provochino un avvicinamento dei corpi vertebrali maggiore di
quello consentito dalla distensione delle fibre dell’anulus. Il movimento di una vertebra
sull’altra e’reso possibile dal fatto che il gel nucleare puo’spostarsi in avanti e all’indietro,
con la distensione delle fibre dell’anulus, rispettivamente, anteriori o posteriori e con la
detenzione di quelle del versante opposto.
La resistenza del rachide agli insulti meccanico-cinetici e’ legata anche alla presenza dei
legamenti longitudinali che proteggono i dischi centralmente e posteriormente; a livello
lombare il legamento longitudinale posteriore si presenta meno sviluppato in larghezza,
raggiungendo in corrispondenza dell’interspazio L5-S1 un’ampiezza pari alla meta’di
quella originaria. Il rischio di erniazione discale posteriore risulta pertanto piu’elevato nel
tratto lombare che nei sovrastanti, anche per un questione anatomica.
LA SEZIONE POSTERIORE DELL’UNITA’FUNZIONALE svolge le funzioni di
mantenimento della stazione eretta,di locomozione e di esecuzione di movimenti piu’
complessi. E’costituita dagli archi, dai processi traversi, dai processi spinosi, e dalle
coppie di articolazioni posteriori che pongono le vertebre in reciproca connessione. Le
faccette articolari fungono da guida per il movimento fra due vertebre adiacenti in
relazione al loro orientamento spaziale (lungo l’asse verticale ed antero-posteriore, come
nel tratto lombare,od orizzontale,come nel tratto dorsale), consentendo o limitando la
liberta’di movimento dei vari segmenti della colonna.
I MOVIMENTI DEL RACHIDE, scaturenti dai reciproci spostamenti delle diverse unita’
funzionali contigue, possono essere definiti “ CUMULATIVI” nel senso che, pur
estrinsecandosi in maniera piu’o meno apprezzabile come singoli movimenti in tutta la
colonna che e’situata al di sopra del sacro, essi si manifestano tangibilmente solo quando
un certo numero di vertebre prendono parte al movimento stesso,
Nel suo insieme il rachide puo’compiere movimenti di flessione, estensione, rotazione, ed
inclinazione. Tutti i movimenti sono eseguibili con il rachide cervicale, mentre la flessoestensione e’prevalente nel tratto dorsale, la rotazione e l’inclinazione nel tratto dorsale.
In sintesi, quindi,i movimenti della colonna vertebrale derivano da una sommatoria di
azioni dovute principalmente:
ai muscoli spinali profondi (prevalentemente per il movimento di estensione del rachide)
che prendono insersione sui processi spinosi e traverso,
agli spostamenti del nucleo polposo all’interno dell’anulus,
ai legamenti longitudinali che impediscono flesso-estensioni eccessive e proteggono
l’anello.
L’ampiezza del movimento dipende da molteplici fattori:
distensibilita’dei legamenti longitudinali,
rapporto altezza/diametro dei dischi,
elasticita’delle capsule articolari,
elasticita’dei muscoli,
mobilita’delle coste, orientamento delle apofisi spinose.
Va ricordato che sebbene la cinetica flessoria sia attribuibile in gran parte al tratto lombosacrale il meccanismo che completa l’escursione flessoria e’ il movimento di rotazione
della pelvi intorno all’asse trasversale delle coxo-femorali. Se il tronco viene flesso in
modo naturale, la rotazione pelvica e la flessione lombare avvengono simultaneamente:
mentre la pelvi inizia a ruotare, il tratto lombare subisce un iniziale appiattimento e quindi
una graduale inversione della sua lordosi fisiologica.
I FATTORI CHE DETERMINANO LA STATICA E LA DINAMICA RACHIDEA
dunque sono i seguenti:
A. LA NORMALE MORFOLOGIA DEI CORPI VERTEBRALI.
B. L’INTEGRITA’ ANATOMO-FISIOLOGICA DEI DISCHI
INTERVERTEBRALI E DEI LEGAMENTI CHE NE CONDIZIONANO
L’ELASTICITA’,
C. L’ORIENTAMENTO DELLA PELVI E DELLE ESTREMITA’ INFERIORI,
D. L’INTEGRITA’ ANATOMO-FISIOLOGICA DELLA MUSCOLATURA, LA
QUALE,MEDIANTE FINI MECCANISMI NERVOSI (riflessi propriocettivi,
vestibolari, oculari,ecc.) PERMETTE LE CORREZIONI POSTURALI
NECESSARIE AL MANTENIMENTO DELL’EQUILIBRIO.
IL METABOLISMO DEL DISCO INTERVERTEBRALE. I dischi intervertebrali
nell’adulto NON possiedono un sistema vasale di nutrizione, ma ricevono le sostanze
nutritive esclusivamente per diffusione attraverso le limitanti somatiche dei corpi vertebrali
(meccanismo predominante) ed attraverso l’anello fibroso.
Un’alterazione di queste strutture (ed in particolare delle limitanti) comporterebbe uno
stato di carenza nutrizionale responsabile della patologia degenerativa del disco.
Le strutture interdiscali che per prime risentono del deficit nutrizionale sono le cellule
fibroblastiche (con emivita di poche settimane) produttrici delle sostanze fondamentali e
delle fibre. La sintesi cellulare degli elementi extracellulari richiede l’apporto costante di
glucosio, aminoacidi, sali minerali ecc. che vengono richiamati per DIFFUSIONE dagli
adiacenti vasi sanguigni paravertebraki, cosi’come le sostanze cataboliche vengono
eliminate dallo spazio intervertebrale.
Si comprende come sia necessario un costante ricambio per garantire l’equilibrio tra
biosintesi e catabolismo delle strutture cellulari.
I meccanismi che garantiscono il ricambio metabolico nel disco sono rapresentati,
principalmente, DALLE VARIAZIONI DEL CARICO DI PRESSIONE VERTEBRALE e
dall’assorbimento di acqua nello spazio interdiscale Infatti, l’insieme dello spazio
interdiscale, dei piatti cartilaginei, dell’anello fibroso, dei tessuti paravertebrali e
della spongiosa delle vertebre adiacenti puo’essere considerato come un sistema
osmotico in equilibrio. L’interfaccia semipermeabile e’ costituita dall’anello fibroso e
dai piatti cartilaginei che separano l’interstizio intradiscale da quello extradiscale,
mentre le sostanze macromolecolari contenute nello spazio interdiscale sono
responsabili della pressione colloidale osmotica od oncotica. Applicando una forza
meccanica (pressione) sul sistema osmotico si determina la fuoriuscita di liquidi dal
disco con diminuzione del volume dello stesso ed aumento della concentrazione della
soluzione intradiscale. Nel momento in cui cessa la forza presso ria si ha un richiamo
di liquidi all’interno del disco ad opera della pressione oncotica. Il regolare alternarsi
di condizioni di carico (postura in piedi, seduta senza appoggio, sollevamento di
carico) e scarico (postura seduta con il rachide appoggiato e postura sdraiata) sulla
colonna e quindi sui dischi consente una corretta nutrizione dei dischi stessi.
SEDI TESSUTALI DI ORIGINE DEL DOLORE. Come gia’detto i dischi intervertebrali
sono privi di terminazioni nervose e quindi di sensibilita’ dolorifica; anche i legamenti
gialli ed interspinosi sono insensibili agli stimoli algogeni. Al contrario il legamento
longitudinale posteriore e la sinovia delle articolazioni posteriori presentano una ricca
innervazione. Si comprende cosi’come le alterazioni della colonna vertebrale sia di tipo
legamentoso che osteo-articolare, anche se non a carico di strutture anatomiche
direttamente innervate, possono determinare la comparsa di una sintomatologia dolorosa in
rapporto ad una azione esercitata nei confronti dei tessuti contigui sopradetti. Un’altra
importante sede di origine del dolore e’dovuta alla compressione muscolare; uno stato di
contrattura muscolare protratta puo’originarsi da spasmi riflessi locali mentre una
contrazione muscolare troppo energica puo’dare dolore anche per irritazione locale del
periostio.A livello lombo-sacrale una frequente causa di dolore (irradiato) e’ rappresentata
dalla compressione delle radici del nervo sciatico.
LA COLONNA COME STRUTTURA NOZIONI DI BIOMECCANICA
La biomeccanica e’ la scienza che si occupa degli effetti delle forze interne ed esterne
sull’organismo dell’uomo e degli animali sia in movimento che a riposo.
Le forze interne sono quelle che si generano dai muscoli e si trasmettono mediante le
strutture scheletriche alle membra. Forze interne si origInano anche da altri processi vitali:
ad esempio la pressione nel sistema circolatorio, Le forze esterne sono invece l’inerzia, la
gravita’, la resistenza dell’acqua, dell’aria, l’attrito e le reazioni all’azione di varie forze.
Per i sui fini la b. si avvale del contributo di molte altre discipline quali la meccanica
teorica, l’anatomia dinamica, la fisiologia, la psicologia motoria ect.
Tutti i movimenti che eseguiamo,
anche i più piccoli, e le posizioni che assumiamo sono comandati e controllati dal Sistema
Nervoso.
IL CORPO UMANO CONSIDERATO COME DISPOSITIVO MECCANICO.
In b. il corpo umano viene considerato come una macchina, una combinazione di strutture
e di meccanismi.
Una struttura consiste di un complesso di componenti di materiale resistente, che
sostengono carichi o trasmettono forze, ma tra le quali non esistono rapporti di movimento.
Un meccanismo e’pur esso costituito di un certo numero di componenti di materiale
resistente (elementi), tra le cui parti pero’esistono determinati rapporti obbligati di
movimento.
Una macchina e’capace di trasformare energia da una forma in un’altra e quindi in un
determinato tipo di lavoro.
.
Tra la macchina e l’organismo vivente, sia pure considerato come macchina, esistono
alcune differenze. In una macchina le parti che si muovono si sovrappongono e sono unite
mediante perni agli assi di rotazione.
Per poter compire un lavoro gli elementi di una macchina devono essere disposti a catena
a formare un sistema chiuso, nel quale il movimento di uno degli elementi determina il
movimento del sistema completo senza l’interferenza di altre variabili.
Nella macchina vivente gli elementi raramente si sovrappongono e non sono in realta’
centrati mediante perni agli assi di rotazione.
Sono possibili liberi movimenti rotatori in direzioni specifiche e le articolazioni sono
stabilizzate dall’azione dei muscoli.
Nella maggior parte delle situazioni il corpo e’un sistema aperto di elementi a catena.
La possibilita’di movimento a livello di ciascuna articolazione e il grado di liberta’sono
determinati dalla conformazione anatomica.
Nel corpo umano i gradi di liberta’sono 3 a livello del collo; 6 al complesso articolare
omero-cintura scapolare, 1 al gomito, 1 per il complesso radio-ulna; 2 al polso; 3 all’anca;
2 al ginocchio e 3 alla caviglia.
E’chiaro per cio’che la macchina umana puo’compiere un numero assai grande di
movimenti complessi.
Le articolazione inoltre hanno superfici dure e a basso attrito, lubrificate dal liquido
sinoviale,il che riduce ancora la frizione e abbassa il costo energetico del movimento.
Le cartilagini articolari e quelle interpose tra i dischi vertebrali tendono inoltre ad agire da
sistemi ammortizzatori per ridurre gli effetti di improvvisi dei carichi.
Allo stesso modo agiscono le inserzioni dei muscoli alle ossa.
La macchina umana e’effettivamente complessa e difficile da imitare.
L’interesse della b. e’rivolto allo studio della relazione spazio-tempo di un movimento,
alle forze che lo generano e che da esso risultano.
Per la determinazione quantitativa di queste grandezze si dispone di una varieta’enorme di
tecniche e strumenti, che sarebbe impossibile descrivere in modo esaustivo in questa sede.
Per la registrazione ottica si dispone di alcuni metodi fondamentali:
1) fotografia di immagini in movimento (cinematografia) utile per analizzare movimenti
ripetitivi..
2) la fotografia a luce interrotta e’utile per registrare un attivita’che non abbia un carattere
ripetitivo,o che se lo ha che progredisca linearmente nello spazio come avviene per l’atto
del camminare.
Un recente studio di valutazione fisiologica e biomeccanica sul personale sanitario,
condotto dal laboratorio di fisiologia ed ergonomia del dipartimento di medicina del
lavoro, ISPESL, con l’obiettivo di valutare gli effetti in termini di impegno
cardiocircolatorio e sovraccarico della colonna vertebrale in soggetti sani, e’stato condotto
attraverso valutazioni di tipo fisiologico e biomeccanico, in particolare:
1) valutazione di parametri funzionali durante l’attivita’di movimentazione. Durante le
prove di laboratorio vengono registrati, tramite un sistema spirometrico i seguenti
parametri cardiorespiratori:
ventilazione minuto (ve) espressa in litri/minuto.
Frequenza respiratoria (rf) espressa in atti minuto.
Frequenza cardiaca (hr) espressa in battiti/minuto.
Consumo di ossigeno (vo2) espresso in litri/minuto.
Le registrazioni vengono trasferite su PC ed analizzate mediante appositi software.
2) valutazione degli aspetti biomeccanici delle attivita’.
La valutazione viene effettuata mediante riprese video delle attivita’che implicano un
maggior impegno dal punto di vista biomeccanico statico e dinamico. Successivamente le
immagini acquisite mediante video camera digitale, sono analizzate da un software per
l’analisi tridimensionale biomeccanica del movimento. Tale analisi consente tra l’altro la
predizione del carico biomeccanico per unita’di superficie in corrispondenza della
giunzione lombo-sacrale.
Agli autori e’servito a proporre l’uso di un valido sistema di valutazione funzionale
durante lo svolgimento di vari compiti lavorativi.
I RISCHI LAVORATIVI Le affezioni cronico-degenerative della colonna vertebrale sono
di frequente riscontro presso le piu’disparate collettivita’ lavorative dell’industria,
dell’agricoltura e del terziario.
Se e’vero che le affezioni in questione hanno una genesi tipicamente multifattoriale nella
quale ricorrono fattori costituzionali, anagrafici,metabolici,endocrini,sociali, e’del pari
vero
che in molteplici occasioni sono stati rilevati fattori meccanici e traumatici, fra cui quelli di
natura professionale possono svolgere un importante ruolo.
Al fine di valutare l’entita’degli insulti meccanici (in termini di sovraccarico biomeccanico
da trauma cumulativo) per il rachide durante il lavoro, si e’proceduto da tempo ad una
schematizzazione del complesso sistema osteo-muscolo-legamentoso che interviene a
bilanciare il momento meccanico esterno.
Cio’ha presentato notevoli difficolta’, dovendo prendere necessariamente n
considerazione numerose variabili: azione dei muscoli dei legamenti, delle faccette
articolari, della contrazione addominale e di altre variabili biomeccaniche.
I carichi agenti sui dischi intervertebrali e l’impegno dei muscoli paravertebrali sono stati
studiati da numerosi autori mediante modelli matematici basati sui principi e sulle
conoscenze della bimeccanica.
Tali studi hanno permesso la quantificazione dei carichi articolari e, in seconda istanza,
delle tensioni sviluppate dalle altre strutture periarticolari a partire da una sofisticata
schematizzazione degli atteggiamenti posturali, dalla quantificazione delle forze esterne
applicate, dall’apprezzamento di alcuni parametri antropometrici del soggetto esaminato.
Detti studi sono stati basati sul principio della leva “in equilibrio” in cui i diversi segmenti
corporei e le forze esterne agiscono come potenze, i muscoli e gli altri tessuti molli come
resistenze e gli snodi articolari come fulcri.
Data la relativa complessita’del corpo umano come “complesso di leve”, che per altro
possono agire secondo svariate direzioni nello spazio e sotto la sollecitazione di forze sia
statiche che dinamiche, sono stati definiti diversi modello di studio la cui accuratezza
e’inversamente proporzionale alla semplicita’e praticita’applicativa.
I modelli biomeccanici piu’studiati sono stati, in ordine crescente di complessita’, quello
statico monodimensionale, quello statico tridimensionale,e tridimensionale dinamico.
I modelli citati sono stati in gran parte sviluppati per la quantificazione dei carichi agenti
sui corpi e sui dischi vertebrali a vari livelli del rachide.
Nella tabella che segue vengono riportati alcuni valori approssimativi del carico agente sul
disco L3-L4, calcolato per alcune principali posizioni del rachide in un soggetto di 70kg di
peso che assume certe posture e che svolge alcune azioni. Va ricordato che tali livelli di
carico sono sostenibili grazie all’azione combinata di alleggerimento esercitata dalla
pressione intraaddominale e dalle articolazioni vertebrali.
POSTURA
CARICO LOMBARE (IN KG)
Supina
Eretta
Seduta senza supporto
Flessione del tronco di 20°
120
Flessione del tronco di 20° con 10 kg in mano
Sollevamento di 20 kg con schiena dritta e ginocchia flesse
Sollevamento di 20 kg con schiena dritta e ginocchia estese
30
70
100
185
210
340
Con altri studi condotti con i test di forza e’stato poi possibile individuare altri parametri:
a) la massima forza muscolare (mcv) svilippata da uno o da piu’gruppi muscolari
(estensori del tronco, addominali, flessori del braccio) in condizioni isometriche
(contrazione statica) o isocinetiche (contrazione con spostamento) a velocita’
costante;
b) la massima capacita’di sollevamento dinamico (dml) di un peso con caratteristiche
controllate in funzione della tecnica di sollevamento, dell’entita’del dislocamento
del tipo di dislocamento orizzontale e verticale nonche’della dimensione
dell’oggetto sollevato.
c)
Un ulteriore metodo di studio molto interessante e’rappresentato dalla determinazione
della pressione endoaddominale (iap) consistente nella registrazione degli incrementi di
pressione nella cavita’addominale durante i cambiamenti di postura il sollevamento carichi
ecc.
La pressione endoaddomonale (registrata in mmhg) si e’dimostrata, in condizioni statiche
controllate, correlata linearmente con la pressione intradiscale registrata in vivo.
I fattori di rischio lavorativo per la colonna vertebrale attualmente conosciuti ed evidenziati
dagli studi sperimentali e statistico-epidemiologoci sono rappresentati da:
1) movimentazione manuale di carichi
2) wbv vibrazioni trasmesse a tutto il corpo
3) posture incongrue (fesse/protratte)
4) movimenti e torsioni (abnormi/ripetuti)del tronco
5) movimenti ripetitivi degli arti superiori.
Per i rischi da posture incongrue e da movimenti abnormi ripetuti del tronco non son
disponibili specifiche norme, tuttavia vengono considerati come parametri di rischio nella
valutazione della movimentazione manuale dei cariche e sull’effetto delle vibrazioni
trasmesse a tutto il corpo.
Riguardo al carico lombare sostenibile il NIOSH ha individuato due limiti.
A) “action limit” (al) corrispondente a 350 kg di carico lombare al disottodel quale non
son da prevedersi particolari misure cautelative;
B) “maximum permissibile limit” (mpl) corrispondente a 650 kg di carico lombare,
limite da non superare mai.
C)
Per valori di carico lombare fra 350-650 kg sono previste varie misure come la
riprogettazione ergonomica del compito lavorativo,il controllo clinico dei lavoratori.
LE POSTURE
Gli studi dell’attivita’ muscolare e dei carichi articolari quali si sviluppano nelle posture di
lavoro, genericamente intese, sono stati finora mirati essenzialmente a verificare la
tollerabilita’ della postura stessa nelle concrete condizioni spazio-temporali in cui essa
viene adottata.
Una postura viene definita tollerabile quando.
a) non induce sensazione di disagio, fatica o dolore a breve termine;
b) non causa patologia morfo-funzionale dell’apparato locomotore a lungo termine.
c)
Nella pratica si valuta non tanto la singola postura quanto la sequela di posture, che si
determina nell’espletamento di compiti lavorativi da parte di singoli lavoratori o gruppi di
addetti durante un intero turno di lavoro in diversi contesti operativi.
Sotto questo aspetto lo studio delle caratteristiche di entita’dell’attivita’ muscolare e del
carico articolare dovrebbe essere effettuato in parallelo con lo studio delle caratteristiche di
durata degli stessi, in modo da valutare non solamente l’accettabilita’dei singoli gesti o
atteggiamenti corporei ma piuttosto la loro iterativita’.
In base alle caratteristiche di entita’ e di durata, si possono delineare contesti lavorativi
in cui le prime sono preponderanti rispetto alle seconde (generalmente caratterizzati da uno
spostamento manuale di pesi: carico e scarico merci, alcuni reparti ospedalieri ecc) o al
contrario, situazioni in cui le caratteristiche di durata divengono preponderanti rispetto a
quelle di entita’(generalmente caratterizzate da posture fisse prolungate :ferrite di S.O.
chirurghi, VDT, guida di automezzi, orchestrali ecc.).
I metodi biomeccanici di studio nelle posture fisse comprendono l’analisi con modelli
statici monodimensionali che sono generalmente adeguati e sufficienti. Sovente pero’si
presenta, specie nelle posture assise, la necessita’di quantificare alcune forze esterne
specie in termini di reazioni di appoggio (vincoli) per il tronco.
Come gia’detto va fatto riferimento ai ricordati meccanismi di nutrizione del disco
intervertebrale.
A questo proposito e’ stata ribadita da piu’parti l’esistenza di un valore soglia pari a
80 kg di pressione intradiscale lombare come elemento discriminante fra condizioni di
sovraccarico e condizioni di sottocarico.
Da tali cognizioni ne deriva che l’optimum del processo nutritivo del disco (e pertanto
della postura) e’ determinato dal costante alternarsi attorno al valore soglia di
condizioni di carico e scarico dello stesso.
Per contro, condizioni prolungate di sovraccarico o sottocarico discale, come quelle che
possono realizzarsi nelle posture fisse prolungate, ostacolano il ricambio nutritivo e
possono, a lungo termine favorire i processi di degenerazione discale, con tutte le note
conseguenze che tale fenomeno comporta.
Va anche ricordato che per le posture fisse prolungate le contrazioni isometriche
superiori al 20% della massima forza muscolare (mcv) diminuiscono l’apporto di
sangue con precoce comparsa di fatica muscolare.
Nell’analisi delle posture statiche la valutazione di tollerabilita’ deve avvenire non
gia’ sulla base della semplice quantificazione dei carichi articolari e dell’impegno
muscolare ma anche sulla loro distribuzione nel tempo. I metodi di valutazione
soggettiva ,pratici e sintetici, presentano alcuni svantaggi:
il giudizio soggettivo non e’ sempre in grado di distinguere “gli elementi di criticita’”
( strutturali, posturali, organizzativi) di una determinata postura protratta nel tempo
e anche se correttamente raccolto non da’ indicazioni sulla potenziale dannosita’,
il giudizio soggettivo puo’essere influenzato da altre variabili ambientali, individuali
scarsamente controllabili e/o quantificabili.
Anche livelli elevati di stress possono indurre contrazioni statiche prolungate della
muscolatura.
Il compito di guida rappresenta infine un esempio di associazione di piu’ fattori di rischio
(da postura e da wbc), presupponendo il mantenimento della postura seduta fissa con
contemporanea esposizione a vibrazioni e scuotimenti in relazione alle caratteristiche
tecniche del mezzo, alle qualita’ergonomiche del posto di guida e alle condizioni del
fondo stradale.
Quando restiamo a lungo in posizioni scomposte, la nostra mente cambia
l'esatta immagine che ha della colonna e, dopo un certo tempo,
considera normale la posizione sbagliata.
Per evitare questo danno dobbiamo alternare la vita sedentaria a quella di
movimento,
Se siamo costretti a stare seduti per lungo tempo è importante appoggiare
totalmente il dorso allo schienale;
per scrivere dobbiamo inclinare il busto in avanti, a livello delle anche,
posando bene i gomiti sul piano di lavoro.
QUI DI SEGUITO E’RIPORTATO UN METODO ABBASTANZA SEMPLIFICATO DI
ANALISI DELLE POSTURE .
Quanto "pesa" il lavoro sedentario?
Non sostituisce il lavoro dell’
ergonomo, ma può essere un valido strumento orientativo
il test “Valutazione del carico posturale nel lavoro sedentario”, realizzato da Suva,
Istituto svizzero di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.
Il lavoro sedentario può essere infatti all’
origine di vari disturbi, soprattutto se il posto
di lavoro è concepito secondo criteri non ergonomici o se le attrezzature di lavoro non
sono disposte in maniera funzionale.
In questi casi il lavoratore è costretto ad assumere una postura innaturale e scomoda.
Ne consegue in molti casi non solo l’
insorgenza di disturbi muscolo-schelettrici, ma
anche affaticamento precoce, calo del rendimento e difficoltà di concentrazione,
maggior rischio di errori.
Il test realizzato da Suva intende fornire un primo aiuto per valutare se si ha un carico
posturale elevato durante un’
attività sedentaria, individuando gli scostamenti rispetto
ad una postura corretta. Il metodo si applica a tutte le attività che implicano almeno
un’
ora di lavoro sedentario senza cambiamento significativo della postura.
La valutazione prende in esame la postura assunta dalle seguenti parti del corpo:
testa, tronco, spalle, braccia, gambe e piedi. Ogni parte del corpo è analizzata secondo
una serie di parametri posturali.
Un’
analisi più precisa del carico posturale richiede tuttavia conoscenze approfondite in
materia di ergonomia.
Test di ergonomia
Valutazione del carico posturale nel lavoro sedentario
Il lavoro sedentario può essere all’origine di vari disturbi, soprattutto se il posto di lavoro è
concepito secondo criteri non ergonomici o se le attrezzature di lavoro non sono disposte in
maniera funzionale. In questi casi siamo costretti ad assumere una postura innaturale e
scomoda con dolorose contrazioni muscolari, affaticamento precoce, calo del rendimento e
difficoltà di concentrazione, per non parlare del maggior rischio di commettere errori. Il test
presentato in questo opuscolo consente di valutare se si ha un carico posturale elevato
durante un’attività sedentaria e quali misure bisogna adottare in questi casi. Il metodo si
applica a tutte le attività che implicano almeno un’ora di lavoro sedentario senza cambiamento
significativo della postura.
La finalità di questo metodo è individuare gli scostamenti rispetto ad una postura corretta,
intendendo con ciò una postura non forzata e naturale, e assegnare a tali scostamenti un
determinato punteggio. La valutazione si basa sull’assunto che il carico posturale dipende in larga
parte dal grado di variazione rispetto alla postura accettabile, che è più forte con l’aumentare del
tempo di esposizione, in caso di limitazione dei movimenti e di attività statica muscolare.
Oggetto della valutazione è la situazione riscontrata al momento. Chi si sottopone alla valutazione
deve essere a conoscenza dei motivi e degli obiettivi della stessa e durante l’analisi deve
assumere la sua normale postura. Se durante un’attività cosiddetta prevalente il soggetto
sottoposto a valutazione è chiamato a svolgere altre attività cosiddette secondarie che prevedono
posture molto differenti tra loro (ad esempio in caso di rotazione delle mansioni), ogni attività
secondaria deve essere analizzata e valutata separatamente.
Requisiti di legge
infortuni e delle malattie professionali (OPI), art. 32a
Utilizzazione delle attrezzature di lavoro (estratto)
Ordinanza sulla
prevenzione degli
Ordinanza 3
concernente la
legge sul
lavoro
(OLL 3), art. 24
Esigenze
particolari
(estratto)
Nei posti di
lavoro deve
essere
assicurato
spazio libero
sufficiente
affinché non
sia ostacolata
la possibilità di
movimento dei
lavoratori
nell’esercizio
della loro
attività. I posti
Le attrezzature di lavoro devono essere collocate e integrate nell’ambiente di lavoro in modo da
garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori. In merito vanno soddisfatte le esigenze relative alla
tutela della salute conformemente all’OLL 3, segnatamente per quanto concerne l’ergonomia.
di lavoro permanenti devono essere possibilmente apprestati in modo
che il lavoro possa essere svolto in una posizione naturale del corpo.
Metodo di valutazione
La valutazione prenderà in esame la postura assunta dalle seguenti parti del corpo:
testa, tronco, spalle, braccia, gambe e piedi. Ogni parte del corpo sarà analizzata
secondo una serie di parametri posturali. Tali parametri sono ripartiti in tre livelli:
Livello 1: la postura della parte del corpo in esame differisce sempre o
ripetutamente da quella che è considerata la postura corretta, ossia rilassata e
naturale?
Livello 2: la variazione riscontrata al livello 1 è estrema?
Livello 3: entrano in gioco ulteriori fattori?
Alla fine verrà individuato il fattore tempo relativo alla postura assunta dal
soggetto.
Al termine della valutazione si dovrà moltiplicare il punteggio ottenuto con il fattore
tempo. In caso di posture forzate bisognerà considerare anche i coefficienti di
correzione. Il totale indicherà in che misura bisognerà intervenire per far fronte alle
anomalie posturali.
sicurezza sul lavoro
intendendo con ciò la postura assunta da un soggetto con lo sguardo diritto e con la
testa leggermente inclinata in avanti. Mettete una crocetta ogniqualvolta riscontrate
un’alterazione posturale (in ciascuna delle seguenti tabelle è possibile dare più di una
risposta).
Posizione della
testa
L’immagine a lato
mostra una
persona che
assume una
postura corretta e
rilassata. Si può
ritenere che il
soggetto non
andrà incontro a
disturbi o ad
affaticamento
legati alla postura.
La testa è
leggermente
inclinata in avanti e
il tronco è parallelo
al bordo del piano
di lavoro.
Le spalle
non sono sollevate.
I gomiti e le
braccia sono
appoggiati sul
tavolo, la schiena è
diritta e sostenuta
in modo ottimale
dallo schienale.
Le gambe
possono muoversi
liberamente in alto,
in avanti e
lateralmente.
La pianta
dei piedi è ben
appoggiata sul
poggiapiedi e il
bordo della sedia
non
comprime le cosce.
In questo caso si
valuterà la
variazione rispetto
alla postura
corretta,
Totale (da riportare nella tabella «Valutazione» a pag. 5)
Mettete a destra una crocetta se il posto di lavoro non consente di assumere una postura
migliore.
Posizione In questo caso si valuterà la variazione rispetto alla
postura seduta corretta, ossia con del tronco il tronco diritto oppure
leggermente reclinato. Mettete una crocetta ogniqualvolta riscontrate
un’alterazione posturale.
Totale (da riportare nella tabella «Valutazione» a pag. 5)
Mettete a destra una crocetta se il posto di lavoro non consente di assumere una postura
migliore.
Posizione delle spalle
spalle. Mettete una crocetta ogniqualvolta riscontrate un’alterazione posturale.
Oggetto di questa
valutazione sono le
spalle e ogni
alterazione
posturale che le
riguardano.
Esempio: quando si
è alla guida di
un’auto le mani
devono afferrare il
volante tenendo le
braccia
leggermente
piegate (125° tra
l’avambraccio e il
braccio). I comandi
nella loro posizione
centrale devono
poter essere
azionati senza
dover sollevare o
tendere in avanti le
Nota
Si tende a sollevare le spalle quando il piano di lavoro è troppo alto. Le spalle sono
protese in avanti soprattutto quando abbiamo poco spazio per muovere le gambe,
quando siamo troppo distanti dal piano di lavoro o quando lavoriamo al videoterminale
con dei documenti davanti alla tastiera.
Posizione delle braccia
Totale (da riportare
nella
tabella
«Valutazione» a pag.
5)
di piccoli pezzi o se è richiesto un particolare sforzo visivo. Nei lavori di precisione le
braccia e i gomiti devono essere appoggiati su una superficie smussata o imbottita. I
bordi acuminati o le superficie fredde come il metallo, la pietra o il vetro non sono
indicati. Mettete una crocetta ogniqualvolta riscontrate un’alterazione posturale.
Mettete a destra una
crocetta se il posto di
lavoro non consente
di assumere una
postura migliore.
In questo caso si
valuterà qualsiasi
variazione rispetto
ad una postura
corretta, ossia
quando le braccia,
in posizione
rilassata, formano
con l’avambraccio
come minimo un
angolo di 90°. Le
mani si trovano
quasi all’altezza dei
gomiti o
leggermente al di
sopra dei gomiti in
caso di montaggio
Totale (da riportare nella tabella «Valutazione» a pag. 5)
Mettete a destra una crocetta se il posto di lavoro non consente di assumere una postura
migliore.
Posizione delle gambe
Le gambe
assumono una
postura corretta
quando le cosce
sono orizzontali
oppure
leggermente
piegate in avanti
sotto il piano di
lavoro. L’angolo
formato dalla
coscia e dalla
gamba deve essere
di 90° circa. Le
cosce e le
ginocchia devono
disporre di spazio
sufficiente per
muoversi in alto,
avanti e di lato.
Inoltre, deve essere
possibile distendere
le gambe senza
alcun problema. Il
bordo della sedia
non deve
comprimere i
muscoli della
coscia o l’incavo
del ginocchio.
Adesso si tratta di
valutare gli
eventuali
scostamenti
rispetto alla postura
corretta. Mettete
una crocetta
ogniqualvolta
riscontrate
un’alterazione
posturale.
Totale (da riportare nella tabella «Valutazione» a pag. 5)
Mettete a destra una crocetta se il posto di lavoro non consente di assumere una postura
migliore.
Posizione Per i piedi si parla di postura corretta quando questi poggiano
dei piedi
perfettamente con tutta
la pianta sul pavimento o sul poggiapiedi. I piedi devono
potersi muovere liberamente in avanti, di lato e indietro.
Mettete una crocetta ogniqualvolta riscontrate
un’alterazione rispetto alla postura appena descritta.
Totale (da riportare nella tabella «Valutazione» a pag. 5)
Mettete a destra una crocetta se il posto di lavoro non consente di assumere una postura
migliore.
Fattore tempo
Valutazione
Per determinare il
fattore tempo è fondamentale sapere se la postura si riferisce ad un’attività prevalente
senza il passaggio ad altre attività o ad un’attività secondaria intervallata da altre
attività. Se si tratta di un’attività prevalente, conta il tempo effettivo di lavoro (colonna
posizione.
di sinistra). Se si
tratta di un’attività
secondaria, conta
la somma dei tempi
durante i quali è
stata assunta la
postura presa in
esame (colonna di
destra).
3 – 5 h/giorno
Nota
6 – 8 h/giorno
Il fattore tempo è
uguale per tutte le
parti del corpo e
dovrà essere
riportato nella
tabella sottostante
«Valutazione».
Attività
prevalente Il
soggetto svolge
sempre la stessa
attività nella
stessa posizione
Parte del corpo
1 – 2 h/giorno
1
2 – 3 h/giorno
2
3 – 4 h/giorno
3
4 – 5 h/giorno
4
5 – 6 h/giorno
5
6
Totale (livello 1
– 3)
x Tempo
(uguale per ogni
parte del corpo)
= Punteggio P
* Pcorr = P + 15
(coefficiente di
correzione)
Testa
Tronco
Spalle
Braccia
Attività GambeFattore
secondaria Il
tempo
Piedi
soggetto cambia
attività e posizione.
Somma della
stessa attività e* Se nella valutazione avete indicato che il posto di lavoro non consente una postura migliore (postura
forzata),
il
punteggio
deve
essere
aumentato
di
15
unità.
Pcorr
=
P+15
Valutazione delle singole parti del corpo
correttamente le attrezzature di lavoro e sulle conseguenze di un simile comportamento. Se invece si
tratta di carenze tecniche, bisogna capire se è possibile ottimizzare l’ergonomia del posto di lavoro
mediante una semplice regolazione o adattamento oppure se è necessario acquistare nuovi arredi o
attrezzature. Le attrezzature e gli arredi danneggiati o inadeguati devono essere sostituiti.
La presente valutazione vuole essere semplicemente uno strumento orientativo. In
linea di principio ci si basa sull’assunto che più il punteggio è elevato più aumenta il
carico posturale. Le misure destinate a migliorare l’architettura del posto di lavoro non
eliminano necessariamente i disturbi. Un posto di lavoro attrezzato e disposto secondo
i principi ergonomici non garantisce l’immunità dai disturbi. La soluzione migliore
sarebbe alternare la postura seduta con quella eretta. Per un’analisi più precisa è
necessario possedere conoscenze approfondite in materia di ergonomia.
1)
Con «persone con una
resistenza fisica
ridotta» si intendono
solitamente le persone
di costituzione debole
o con problemi
all’apparato
locomotore.
2)
Per trovare le misure
adeguate bisogna fare
riferimento al
punteggio delle
tabelle. In linea di
massima, quando il
punteggio è elevato
bisogna eliminare le
cause del problema.
Per prima cosa,
bisogna chiarire se si
tratta di
comportamenti errati o
di carenze tecniche.
Se è il soggetto ad
adottare un
comportamento errato
spetta all’ufficio del
personale informarlo
su come utilizzare
Ulteriori problemiPrima di formulare qualsiasi tipo di provvedimento è necessario chiedere alla persona
se ha riscontrato ulteriori problemi durante l'attività sedentaria, ad esempio, se
le attrezzature sono difettose, se il piano di seduta è scivoloso o inadeguato,
se ci sono correnti d’aria, fattori di abbagliamento ecc. Prendete nota di
eventuali problemi e suggerite le misure più adeguate al caso.
Misure consigliate
Da attuare entro il:
1.)
2.)
3.)
Dati relativi
all'attività e alla
valutazione
Divisione/settore: Macchina/posto di lavoro/processo:
Descrizione sintetica del posto di lavoro:
Descrizione sintetica dell’attività:
Nome della persona oggetto della valutazione:
Valutatore (nome/funzione):
Data:
Ulteriori supporti
informativi Suva
? Postura corretta durante il lavoro. Lista di controllo, 4 pagine, codice 67090.i
? Ergonomia. Un fattore di successo per ogni impresa. Opuscolo, 27 pagine, codice
44061.i
? L’ergonomia al microscopio. Pieghevole, 12 pagine, codice 84026.i
? Il lavoro al videoterminale. Informazioni dettagliate per specialisti e non. Opuscolo, 120
pagine, codice 40022
? L’uso del videoterminale. Informazioni utili per il vostro benessere (per i
videoterminalisti). Opuscolo, 32 pagine, codice 44034.i
? Lavorare correttamente al videoterminale. Lista di controllo, 4 pagine, codice 67052.i
? Lavoro al videoterminale. 10 consigli utili per tutelare la salute e il benessere dei
lavoratori. Pieghevole, 12 pagine, codice 84021.i
Suva Istituto nazionale svizzero di assicurazione contro gli infortuni Tutela della salute Casella postale,
6002 Lucerna Per informazioni: Tel. 041 419 51 11
Per ordinazioni: www.suva.ch/waswo-i Fax 041 419 59 17 Tel. 041 419 58 51
Test di ergonomia. Valutazione del carico posturale nel lavoro sedentario
Autore: Dieter Schmitter, Settore principi generali
Riproduzione autorizzata con citazione della fonte 1a edizione – aprile – 1000 copie
Codice: 88212.i
Se si analizzano le fasce d'età, la MDC (categoria medica maggior e) che
rappresenta le “malattie del sistema muscolo scheletrico e del tessuto connettivo”,
definisce il 14% dei ricoveri tra i 15 e 44 anni, il 13,5% di quelli tra i 45 e i 64 anni
ed il 10,2 di quelli oltre 65 anni. Del resto questi dati non fanno che confermare la
tendenza ad un incremento dei costi della sanità che interessa l'intero mondo
occidentale sia per il progressivo deterioramento dell'ambiente, sia per
l'invecchiamento della popolazione, sia per l'inesorabile incremento delle risorse
assorbite dall'adozione delle nuove tecnologie mediche.
DEFINIZIONI
ERGONOMIA: applicazioni delle informazioni scientifiche che riguardano l’essere umano, al
disegno di oggetti, sistemi ed ambienti destinati all’uso da parte di persone, ovvero disciplina che
studia e delinea l’interfaccia tra uomo e macchina, allo scopo di prevenire malattie e infortuni e di
migliorare la prestazione lavorativa.
Essa ha l’obiettivo di garantire che postazioni di lavoro e attività lavorativa siano concepiti per
essere compatibili con le capacità proprie dei lavoratori(ACGIH, 2002).
AZIONE(TECNICA): insieme dei movimenti di uno o più distretti corporei che consentono di
compiere una operazione elementare.
FREQUENZA: numero di azioni tecniche nell’unità di tempo(minuto primo).
CICLO: sequenza di azioni tecniche di breve durata(minuti, secondi) che si ripete uguale a se
stessa.
RIPETITIVITà: ripetizione nel tempo con le stesse modalità e cadenza di cicli lavorativi.
COMPITO LAVORATIVO: insieme di operazioni(attività, cicli) lavorative finalizzate al
raggiungimento di un risultato operativo(prodotto).
FORZA: carico fisico richiesto per l’esecuzione dell’azione tecnica.
POSTURA: posizione assunta dalle articolazioni degli arti o di segmenti corporei in conseguenza o
per svolgere un’attività (o compito) lavorativa.
TEMPO DI RECUPERO: periodo di tempo nel turno di lavoro nel quale non sono effettuate
azioni(tecniche/meccaniche degli arti e/o di segmenti corporei).
FATTORI DI RISCHIO PRINCIPALI: sono i fattori, lavorativi (ripetitività, forza, postura, mancato
recupero) e non lavorativi (esiti di traumi, patologie sistemiche, caratteristiche antropometriche) in
grado di causare da soli o in associazione i disturbi e/o le malattie muscolo scheletriche.
FATTORI DI RISCHIO COMPLEMENTARI: fattori di per se non sufficienti a determinare i
disturbi o malattie muscolo scheletriche, ma possono concorrere con quelli principali a causarle,
quali fattori psico-sociali, bassa temperatura ect.
FASTIDIO(DISCOMFORT): fenomeno percettivo sgradevole da sovrastimolo, tale da spingere il
soggetto a cercare di cambiare le condizioni in cui si trova; esso può essere una frequente(normale)
conseguenza del lavoro fisico, ma se persiste giorno dopo giornoo arriva ad interferire con le attività
della vita quotidiana non può più essere considerato un’accetabile conseguenza dell’attività
lavorativa.
FATICA: incapacità di fare o condurre come prima un lavoro. è un segnale importane, di per sé
fisiologico, che può diventare, se non interviene un adeguato riposo, potenziale precursore di altri
disordini, per cui ne è utile la registrazione e valutazione.
DOLORE: sensazione spiacevole generalmente avvertita con preoccupazione ed accompagnata da
limitazione o danno funzionale-organico.
DISORDER(DISTURBO O DISORDINE): entità in cui si dimostra una funzione disturbata,
anormale; è da intendere come un processo che, persistendo o combinandosi alcuni fattori causali,
può esitare in una entità patologica più o meno definita.
MALATTIA: processo anomalo che comporta perdita temporanea o permanente delle condizioni di
salute. Può essere definita anche come un processo in evoluzione estrinsecatesi in un disturbo
funzionale obiettivamente apprezzabile, capace di modificarsi in meglio o in peggio.
Lo stato di malattia è caratterizzato, secondo la concezione comune a tutte le discipline biologiche,
da un’alterazione di una o più funzioni.
La dottrina medico-legale invece individua come caratteristica fondamentale della malattia la
esistenza di un processo evolutivo con produzione di apprezzabile perturbamento dell’organismo
per modificazioni anatomiche o funzionali.
La difficoltà di definire esattamente la malattia, così come è stata in precedenza richiamata, appare
particolarmente evidende per le patologie, come quelle ad eziologia professionale per le quali è
possibile identificare alterazioni in fase pre -clinica precoci tali da permettere di cogliere il momento
nel quale vengono superate le capacità di compenso dell’organismo.
Il concetto di malattia, fermo restando il principio che deve trattarsi di un’alterazione funzionale
apprezzabile evolutiva, deve potersi modificare nel tempo parallelamente all’affinamento delle
tecnologie diagnostiche, che consentono di formulare la diagnosi prima di giungere a conclamate
manifestazioni cliniche.
La sola esistenza di disturbi(reazioni) funzionali di carattere dinamico(modificabili in senso
positivo nel tempo) può non essere sufficiente a definire una condizione di “malattia”.
In inglese vengono usati termini “disease”(danno a natomico o funzionale osservabile) ed “illnesssickness”(condizione di mancanza di salute con sensazione di sentirsi ammalati). In italiano i due
termini sono spesso usati come sinonimi.
DISTURBI E PATOLOGIE MUSCOLO-SCHELETRICHE DELL’ARTO SUPERIORE
CORRELATI CON IL LAVORO(UPPER EXTREMITIY WORKRELATED
MUSCOLOSKELETAL DISORDERS-UE WMSDs)
Sono da un punto di vista eziologico e fisiopatogenico un complesso gruppo di disturbi e patologie,
a carico dei sistemi ed apparati osteoarticolari, muscolotendinei, nervoso e vascolare che possono
essere causatie/o aggravati da sovraccarico biomeccanico lavorativo dell’arto superiore.
UE WMSDS al pari di altri acronimi quali CTD (cumulative trauma disorders), RSI(ripetitive strani
injury), OOS(occupational overuse sindrome) è un “umbrella term”, cioè definizioni che
comprendono spesso in modo non organico più concetti(termini) anche singolarmente esprimibili.
Alcuni disordini -patologie rispondono a criteri diagnostici ben definiti(ad es. sindrome del tunnel
carpale, tendinite), mentre altri possono invece manifestarsi con quadri sintomi patologici ed
obiettivi del tutto aspecifici.
WORK RELATED DISEASES: Malattie per le quali i fattori di rischio di origine lavorativa
giocano un ruolo causale parziale.
EPIDEMIOLOGIA: Studio dell’occorrenza- prevalenza e incidenza- di malattie o disturbi in una
popolazione. In ambito occupazionale l’epidemiologia indaga la relazione tra l’esposizione a fattori
di rischio lavorativi e possibili danni alla salute dei lavoratori.
PATOLOGIE MUSCOLO-SCHELETRICHE CONGENITE: Patologie su base costituzionale,
metabolica o genetica di tipo prevalentemente malformativo, non etimologicamente correlabili con
l’attività di lavoro, ma che sono influenzate negativamente dal sovraccarico biomeccanico e che
pertanto rappresentano una condizione di ipersuscettibilità.
PATOLOGIE MUSCOLO-SCHELETRICHE DEGENERATIVE: patologie a etiologia
multifattoriale nelle quali, tuttavia, condizioni di sovraccarico biomeccanico lavorativo possono
agire come cause primarie o con cause rilevanti. Tali sono le forme che si incentrano su processi di
degenerazione del disco intervertebrale nonché le forme generiche acute.
SOVRACCARICO BIOMECCANICO : Singola o ripetuta sollecitazione meccanica di strutture
tissutali superiore a livell i critici e tale da causare alterazioni degenerative.
MOVIMENTAZIONE MANUALE CARICHI: Azioni di movimentazione(sollevamento, tiro,
spinta, trasporto) di carichi di peso superiore a 3 kg, che vengono svolte in via non occasionale(ad
es. con frequenze medie di 1 volta ogni ora nella giornata lavorativa tipo)
INDICATORE DI RISCHIO: Variabile quantitativa presa come misura della presenza od assenza di
un fattore capace di causare modifiche dello stato di salute.
POSTURA: complesso di meccanismi neuromuscolari per cui i muscoli striati
ricevono sempre un’innervazione subliminale atta a mantenere gli atteggiamenti
corporei caratteristici della specie, nonché a facilitare la contrazione muscolare
di tipo fasico quando stimolazioni riflesse o intenzionali modifichino la preesistente
condizione di attività di riposo. Il fattore di RISCHIO é determinato dalla
presenza di posture incongrue e/o da una stereotipia di movimenti.
POSTURA DINAMICA: movimento degli arti o di altre parti del corpo umano,
sia in relazione una all’altra (ad es. accavallare le gambe), sia relativamente ad un
oggetto fisso (ad es. scrivania).
POSTURA STANDARD: POSTURA di riferimento utilizzata per la progettazione
del LUOGO DI L AVORO, grazie alla quale è possibile determinarne posizioni e
dimensioni.
POSTURA STATICA: posizione fissa del corpo che si protrae nel tempo, nella
quale si riscontra una contrazione senza movimento.
NORMATIVE
Le norme recentemente varate (D.Lgs. 626/94 art. 21) in tema di prevenzione e sicurezza
sul lavoro, riprese e concretamente applicate dall’INAIL (D.Lgs. 38/2000 art.
23) con interventi di sostegno alle piccole e medie imprese per garantire l’igiene e la
sicurezza del lavoro richiedono conoscenze sempre più approfondite che superano i tradizionali
confini delle “lavorazioni”per entrare nel contesto più ampio della organizzazione
e delle strutture produttive.
La tutela delle malattie da lavoro non tabellate ha portato all’attenzione dell’Istituto
assicuratore un numero sempre crescente di patologie dell’apparato muscolo scheletrico
(colonna vertebrale, arto superiore, arto inferiore) correlate con le modalità di svolgimento
del lavoro se non proprio con la conformazione del “posto di lavoro”.
Ileana Mattei medico competente ASL Viterbo
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PRINCIPI DI ERGONOMIA E POSTURA IN AMBIENTE