Giorgio La Pira nacque a Pozzallo, una cittadina di mare presso Ragusa, il 9 gennaio 1904 da Gaetano e Angela Occhipinti, primogenito di sei figli. Nel 1914, per poter proseguire gli studi, si trasferì a Messina presso lo zio Luigi Occhipinti, titolare di un’azienda commerciale nella quale si impiegò dopo aver ottenuto, nel 1921, il diploma di ragioniere; intanto, sotto la guida del prof. Federico Rampolla del Tindaro, preparava l’esame per la maturità classica, che conseguì nel 1922. Nel novembre 1922 La Pira si era iscritto alla facoltà di giurisprudenza di Messina, dove insegnava il prof. E. Betti che, trasferitosi a Firenze, nel 1925 lo invitò a seguirlo nella città toscana; con lui, nel 1926, si laureò in diritto romano con una tesi su La successione ereditaria intestata e contro il testamento in diritto romano (poi pubblicata, Firenze 1930, e dedicata "a Contardo Ferrini che per tutte le vie mi ricondusse nella Casa del Padre"). Intanto il suo impegno religioso si era approfondito e già nel 1925, a Messina, era divenuto terziario domenicano con il nome di fra Raimondo, nel primo nucleo di terziari fondato dal padre Enrico de Vita. Nell’anno accademico 1926-27 La Pira era stato nominato assistente di diritto romano presso la facoltà di giurisprudenza fiorentina e nel successivo 1928-29 ottenne l’incarico di istituzioni di diritto romano; vinse quindi una borsa di studio presso le Università di Vienna e di Monaco di Baviera. Dal 1929-30 ricoprì anche l’incarico di storia del diritto greco - romano. Nel 1930 ottenne la libera docenza in diritto romano. Contemporaneamente, nel 1927, aveva confermato la sua vocazione, vestendo l’abito di terziario domenicano anche in S. Marco a Firenze, sempre con il nome di fra Raimondo. Nel 1928 divenne membro dell’Istituto secolare dei missionari della Regalità di Cristo, inserito nel movimento spirituale del Terz’ Ordine francescano; pronunciò quindi i voti di povertà, castità, obbedienza. A questi anni datano i legami con padre Agostino Gemelli e con don Luigi Moresco. Nei primi anni Trenta a Firenze la vita di La Pira si caratterizzò come impegno scientifico-accademico e religioso-ecclesiale. Fu incaricato di istituzioni di diritto romano nell’Università di Siena dal 1931 al 1933; in quell’anno vinse il concorso in diritto romano, e venne chiamato, nel dicembre, come straordinario, presso la seconda cattedra dell’Università di Firenze. Fu incaricato di elementi di storia del diritto romano a Firenze dal 1933 al 1935 e anche di istituzioni e di pandette a Pisa sempre nel 1935. Promosso ordinario, nel 1936 fu chiamato alla cattedra di istituzioni di diritto romano presso l’ateneo fiorentino. Nella vita religiosa si impegnò nell’Azione Cattolica fiorentina, strinse amicizia con don Giulio Facibeni, fondatore dell’Opera della Divina Provvidenza "Madonnina del Grappa" e animatore di un’innovativa esperienza pastorale nella parrocchia operaia di Rifredi. Nel 1934 La Pira dette vita, prima a S. Procolo poi alla Badia, alla "messa del povero" in cui, dopo la celebrazione, La Pira si rivolgeva ai fedeli con una predicazione laica e dove praticava un’assistenza caritativa, coinvolgendo anche giovani della città. Nel 1937 fondò la Conferenza di S. Vincenzo "Beato Angelico". Nel 1936 fu accolto nella comunità domenicana di S. Marco, dove abitava nella cella VI, e dove approfondì lo studio delle opere di S. Tommaso. In questi anni e in questi ambienti si affermò una presa di distanza di La Pira dalle iniziative del regime, che si accentuò dopo l’emanazione delle leggi razziali. Nel gennaio 1939 La Pira iniziava a curare la pubblicazione di Principî, supplemento di Vita cristiana, la rivista di ascetica e mistica edita dai domenicani di S. Marco. In esso la condanna del razzismo si univa a una forte riaffermazione dell’uguaglianza di tutti gli uomini; le ampie citazioni di brani dei padri e dei dottori della Chiesa miravano a denunciare, senza incorrere immediatamente nella censura, gli errori e le deviazioni della politica nazista e fascista. Proponeva valori alternativi a quelli del regime, imperniati su concetti tematici oggetto dei singoli fascicoli della rivista: gerarchia, mistica, guerra, crociata; il tema della libertà, affrontato nell’ultimo numero (gennaio-febbraio 1940, n. 12), provocò l’intervento repressivo del regime. Alla fine di settembre del 1943, in seguito a una perquisizione nazifascista del convento durante la quale risultò che era tra i ricercati, si ritirò a Fonterutoli, presso Siena; poi, in novembre, in presenza di un mandato di cattura nei suoi confronti, si diresse a Roma, dove ottenne una tessera di riconoscimento della Città del Vaticano come collaboratore de L’Osservatore romano. Nel settembre 1944, dopo la liberazione di Firenze, rientrò in città e venne nominato presidente dell’Ente comunale di assistenza, sviluppando una vasta attività in cui fu coadiuvato da don Bensi. Legato a Giuseppe Dossetti, Giuseppe Lazzati, Amintore Fanfani, nel gruppo denominato dei "professorini", che aveva una sua posizione autonoma all’interno della Democrazia Cristiana (DC), nel 1946 fu eletto alla Costituente. Membro della Commissione dei settantacinque, relatore nella prima sottocommissione sui Diritti e doveri dei cittadini, contribuì significativamente alla stesura del testo costituzionale intervenendo su molti temi e, in assemblea generale, nel dibattito che precedette la votazione finale, propose di porre all’inizio della Costituzione il riferimento al "nome di Dio". Eletto alla Camera dei deputati il 18 aprile 1948 e nominato, nel V governo De Gasperi, sottosegretario al ministero del Lavoro e della Previdenza sociale, si impegnò in appoggio alle lotte sindacali . Dopo due anni, per dissensi su alcuni aspetti della politica economica e sociale del governo, si dimise insieme con altri esponenti della corrente dossettiana, poi disciolta. Nel 1951 La Pira, candidatosi anche su sollecitazione delle autorità ecclesiastiche e in particolare dell’arcivescovo Elia Dalla Costa, venne eletto sindaco di Firenze nella lista della DC; rieletto a tale carica nel 1956 vi rimase un anno ancora. Durante la sua amministrazione La Pira iniziò la costruzione del nuovo ampio quartiere dell’Isolotto, che si proponeva di dare una soluzione organica al problema dell’emergenza abitativa, mentre la crisi degli alloggi, sia per le distruzioni della guerra sia per l’arrivo degli alluvionati dal Polesine, lo indusse a cercare anche soluzioni tampone come la costruzione di "case minime" o la requisizione di ville disabitate per gli sfrattati . Altro filone centrale delle iniziative di La Pira, in questo primo mandato come sindaco, fu quello della pace. I convegni internazionali "Per la pace e la civiltà cristiana" (il primo fu del 1952) crearono fervore di dibattiti e di proposte. Il tema della pace, connesso al pericolo costituito dalle armi nucleari, fu al centro del suo intervento, Il valore delle città, tenuto il 12 aprile 1954, al comitato internazionale della Croce rossa di Ginevra, dove sottolineò il ruolo delle città quali protagoniste nella costruzione della pace. Fu ancora questa la prospettiva del Convegno dei sindaci delle capitali del mondo, convocato dal 2 al 6 ottobre 1955 a Firenze, dove si incontrarono per la prima volta sindaci del mondo occidentale e comunista, che firmarono insieme un appello contro la guerra nucleare. Nel 1962, nel suo secondo mandato da sindaco, la sua azione si caratterizzò per alcuni elementi nuovi: l’abbandono del modello della civiltà cristiana e una forte connessione con i temi della libertà religiosa e della libertà di coscienza, momenti centrali di un rinnovato rapporto della Chiesa con la società e con la storia, sulla base delle novità che stavano affiorando nel pontificato di Giovanni XXIII e nel Concilio. Concretamente, durante la sua amministrazione fu varato un nuovo piano regolatore e, nel 1961, La Pira si impegnò in un’azione diplomatica per evitare la prima esplosione nucleare sovietica. Nel novembre 1964 La Pira fu eletto come capolista nelle elezioni comunali, ma le divisioni interne al suo partito lo costrinsero a ritirare la candidatura a sindaco e a lasciare questa carica definitivamente. Ciò nonostante, in collaborazione con Fanfani, allora ministro degli Esteri, si fece promotore di una vasta azione diplomatica per una soluzione politica della guerra del Vietnam. Nell’aprile 1965 si tenne a Firenze un simposio internazionale per la pace in Vietnam, con presenze internazionali autorevoli, fra cui parlamentari inglesi, francesi, sovietici. Dal convegno ebbe origine il viaggio ad Hanoi di La Pira, che vi incontrò Ho Chi Minh e Pham Van Dong, e la successiva proposta di pace trasmessa al governo americano tramite Fanfani, in quel momento presidente dell'Assemblea generale dell’ONU. L’iniziativa fallì, forse anche a causa di anticipazioni e rivelazioni su quotidiani e periodici statunitensi, mentre attacchi giornalistici violenti venivano rivolti a La Pira in Italia; di fatto, quando più tardi si giunse alla pace, gli accordi presentavano sostanziali punti di contatto con i suggerimenti di La Pira. Nel 1976 dette il suo sostegno all’opera di Benigno Zaccagnini come segretario della DC, accettando di candidarsi come capolista alla Camera dei deputati, dove fu eletto con un alto numero di preferenze. La Pira morì a Firenze il 5 novembre 1977. Nel gennaio 1986 l’arcivescovo di Firenze, cardinale Silvano Piovanelli, aprì il processo diocesano per la causa di beatificazione. Perché intitolare la scuola primaria di Santonuovo proprio a Giorgio La Pira ? Riteniamo sia un bel esempio di persona, sul piano dell’impegno civile, del contributo culturale e della coerenza etico-religiosa. La vita di La Pira offre aspetti di grande fascino: è un uomo che ha saputo parlare con i “grandi” della terra ma al contempo ha dato ascolto anche ai “piccoli”; ha dato un contributo determinante alla stesura della Costituzione italiana, ed è stato il primo politico occidentale a varcare la “cortina di ferro”, in piena guerra fredda, invitato dal sindaco di Mosca. Ma non ha mai dimenticato, nel suo impegno di amministratore, le esigenze e i bisogni della città e dei suoi cittadini. Si è speso in ogni modo per i poveri, i senzatetto, i disoccupati. Il suo stile di vita sobrio, quasi ascetico, unito a una carica dirompente di simpatia, ne fanno una figura di grande attualità. Giovanni Paolo II lo ha definito una “figura esemplare di laico cristiano”, additandolo a esempio per tutti i sindaci d’Italia. RELAZIONE PRESENTATA DALLA CLASSE 4^A DELLA S.P. DI SANTONUOVO