IL
MESSAGGERO
SARDO
Parliamo della Sardegna
27
a cura di Manlio Brigaglia
PERSONAGGI
Miali de Crapinu, naschitu
ottant’annos fachet, in Bitzi
Riflessione su Michelangelo Pira scrittore profetico del globale e del locale
di Natalino Piras
ttant’annos fachet, chimbe de triulas de su mille
novichentos vinti otto, in sa Bikokka de
Piatzedda de ses dinaris, est naschitu Michelangelo Pira,
izzu de Taresa Raspa e de Crapinu».
Inizia così la storia di Mialinu, scrittore profetico del
locale e globale, morto a Cagliari il 3 giugno del 1980. Il
primo Convegno nel nome di Michelangelo Pira fu nel
paese natale, a Bitti, dicembre del 1981, organizzato
dall’Amministrazione comunale, la prima di sinistra
nella storia dei Bittesi. Fu una cosa impegnativa e ci si
accorse a lavori iniziati che “intellettuale” riferito a Pira
l’avevamo
incollato in uno
striscione con una
sola “t”:
“intelletuale”. Si
corse ai ripari ma
restò la memoria
di quell’errare
linguistico.
L’errare –
sintomatico che
la forma italiana
del verbo coincida
con il significato
sardo di ferrare –
è nel segno di
Pira, nella
conflittualità dei
codici, nel contrasto tra scuola ufficiale e scuola
impropria. Classico il pezzo del primo giorno di scuola.
Chiede il maestro: “E tu chi sei? Figlio di chi sei?”
“Miali de Crapinu”. “Rispondi bene! Dove ti credi
di essere? all’ovile?”. Su questa opposizione
di domanda e risposta si svilupperà molto del pensare
di Michelangelo, l’uso dei segni del comunicare,
quelli parlati e scritti, i gesti e le immagini.
Tutta la vita di Michelangelo Pira è sarditudine
come prospettiva, all’incontrario del chiuso.
Scrivevamo dieci anni dopo il 1981, in un quaderno
per una giornata di studi, a Bitti il 6 settembre 1990,
ripetuta a Oschiri il 9 dicembre: “Pira smaschera
il senso e i plurisensi delle parole”.
La vita breve di Miali ‘e Crapinu è un piccolo classico.
«O
Emigrata la famiglia ad Oschiri, Michelangelo sostenne
la licenza ginnasiale a Nuoro e fece il liceo all’Azuni
di Sassari. Si laureò in Lettere a Cagliari con una tesi
sul “dialetto bittese”. A 20 anni esordì da giornalista
e a 21 fu direttore del “Solco”, organo del Partito Sardo
d’Azione. È stato tra i fondatori della rivista “Il Bogino”.
Altre riviste importanti saranno per lui “Ichnusa”,
“Sardegna Oggi”, “Cronache Provinciali”, “La Nuova
Città”, “Tempi Nuovi”, “Rinascita Sarda”, “Ulisse”,
“La grotta della vipera”. Ma ha scritto anche
per “La Nuova Sardegna”, “L’Unione Sarda”,
“L’Unità” e “Paese Sera”. Nel 1958 ottenne un premio
nazionale per un articolo sulla Costituzione italiana.
È stato funzionario del Consiglio Regionale,
ha diretto l’Ufficio studi e documentazione
dell’Assemblea. Andato in pensione ha insegnato
antropologia culturale all’ Università di Cagliari.
Nel 1975 fu eletto come indipendente nelle liste
del Pci al Consiglio comunale di Cagliari.
Molti ricordano le sue trasmissioni a “Radio Sardegna”
poi raccolte nel volume Sardegna tra due lingue,
libro fortemente voluto da Manlio Brigaglia, corale
amico di Pira. Altra gente con cui fu in amicizia
ed empatia di pensiero e scrittura sono stati Antonio
Pigliaru, Peppino Fiori, Umberto Cardia, Michele
Columbu, Maurice Le Lannou, Pietro Soddu.
E altri ancora. Racconta Bachisio Bandinu
che Michelangelo era capace di intervenire su qualsiasi
tema del locale-globale, navigando nella leggerezza
della superficie e nell’abissalità del cuore di tenebra.
Anche nel segno della contraddizione di duas limbas duas
animas. Pira fu tra i più accaniti critici di Padre padrone
di Gavino Ledda e poi del film dei Taviani.
Ma forse si sbagliava. Non lesse e non vide Padre
padrone con i sentidos della distanza. Sbagliò pure
con Grazia Deledda quando della ragazza nuorese
che vinse il Nobel disse che era “scrivente”
e non “scrittrice”. Ma fu capace di capire il genio
narrativo del Giorno del giudizio di Salvatore Satta.
Ne scrisse quando il romanzo era ancora misconosciuto.
Uno degli appuntamenti per Pira fu ancora a Bitti
un altro 9 dicembre, nel 2001, una giornata dedicata
alla profezia che Mialinu fece del villaggio elettronico,
poi raccolta in un libretto pubblicato anche
questo postumo, nel 1997, da AM&D. Abbiamo scritto
per quel Convegno che Miali “si rendeva conto
ROMA
Ricordato Gavino Gabriel alla Discoteca di Stato
Per iniziativa del Gremio dei sardi – Presentato un volume sul carteggio tra il compositore gallurese e Prezzolini
La Discoteca di Stato
(che festeggia quest’anno
i suoi ottant’anni)
e l’Associazione Culturale
dei Sardi a Roma
“Il Gremio” hanno
ricordato l’intellettuale
sardo Gavino Gabriel:
chitarrista, compositore,
pioniere
dell’etnomusicologia
europea ed africana,
ideatore e fondatore della
Discoteca di Stato.
Per l’occasione giovedì 3
aprile nell’Auditorium
della Discoteca di Stato di
via Caetani, è stato
presentato dal prof.
Sandro Ruju, studioso di
storia della Sardegna
contemporanea, il volume
“Gavino Gabriel-Giuseppe
Prezzolini. Carteggio19081977”, prefazione di
Fiamma Nicolodi, Lucca,
Akademos-LIM, curato da
Lara Sonja Uras.
Sono intervenuti:
Massimo Pistacchi,
Direttore dell’Istituto
Centrale per i beni sonori
ed audiovisivi;
Maria Carla Cavagnis
Sotgiu, esperta
di audiovisivi, Maria
Gemma Azuni, presidente
della Commissione Affari
Sociali del Comune
di Roma; Maria Vittoria
Migaleddu, vicepresidente
de “Il Gremio”.
La serata, coordinata da
Simonetta Ruju, è stata
accompagnata
dall’esibizione del Coro di
Aglientu dell’Accademia
popolare gallurese
“Gavino Gabriel”
che ha eseguito musiche
tradizionali galluresi,
e si è conclusa
con un buffet a base
di prodotti sardi e di vini
offerti dalla Cantina
del Vermentino di Monti.
di come l’omologazione alla modernità fosse spesso
una maschera di cera”. Al Convegno del villaggio
elettronico hanno preso parte Vincenzo D’Angelo
allora commissario prefettizio, Manlio Brigaglia,
Pietro Soddu, Titino Burrai, Bachisio Bandinu
e Renato Soru. L’invenzione di Tiscali, sostenne Soru,
molto doveva come idea a Michelangelo Pira.
Il villaggio elettronico è scritto in italiano strutturato
di sardo così come l’altro romanzo postumo Isalle
che quando partecipò al premio Deledda,
negli anni Sessanta, si chiamava La legna cattiva.
Ma idda elettronica si può dire anche in sardo,
paese-padre e soprattutto paese-madre: “E sa vrigura
de mama chi mi piccaio intro no’ it cussa chi solu
a barant’annos ipo resessitu a ocare a campu
in d’una fotografia chin meta zente, pustis
de l’aere chircata e sichita a chircare”.
L’anno scorso, 15-16 marzo, alla Biblioteca Satta di
Nuoro, abbiamo fatto un Convegno su Michelangelo
Pira e i nostri sinnos contemporanei.
Hanno relazionato Felice Tiragallo, Marco Manotta,
Nino Bandinu, Giulio Angioni, Priamo Siotto,
Tonino Cugusi, chi scrive e Bachisio Bandinu. Hanno
interpretato Sos sinnos Giovanni Carroni e Gavino
Murgia mentre Gavino Poddighe e la sua compagnia
hanno messo in scena Le notti di Nurai.
Al Convegno hanno partecipato col canto i tenores bittesi
“Michelangelo Pira” ed erano presenti pure Iria Piroddi
e Matteo, la moglie e uno dei figli di Miali.
Cosa interessante è stata la riproposta di un pezzo
di Pira pubblicato la prima volta su “Cronache
provinciali” di Cesare Pirisi con il titolo
La perla i porci e la modestia.
Un certo Mario D. scrive a Michelangelo Pira da un
“piccolo Comune della Provincia di Nuoro”. Mario è
parente “de intratura” di Miali, “uno dei nostri” lo
chiama Michelangelo, come uno di quei paesani che
quando gli capita di andare a Cagliari, “quando il vigile
fischia, perché hanno iniziato l’attraversamento col
rosso delle strisce pedonali, portano fulmineamente la
mano al berretto perché non voli via, spiccano due salti e
sono dall’altra parte”. Scrive Mario D.: “Carissimo
Cognatto, da tanto tempo che siamo lontani in
parlamento e in corrispondenza, è giunta lora di darti
nottizie di noi tutti”. E così si viene a sapere che “tua
Cugina Rucchitta dopo essere arrivata una bambina al
mondo che risulta la quinta 4 maschieti e una donneta
chiamata Rosanna, si sviluppò una malattia sulla gamba
la cosiddetta flebite…il resto della famiglia stiamo bene”.
Mario D. esplicita il perché del cercare il parente
altolocato. “Caro Cognatto oggi vengo a chiederti un
favore se tie possibile farlo a O. è stato concesso le case
poppolari vengono costruite dall’impresario A.D. di Bitti
che incomincia ai primi di Marzo”. In pratica, Mario D.
chiede a Michelangelo Pira “se puoi farmi fare ingaggio
sul lavoro come manovale”. La richiesta è ancora più
pressante:“abbiamo Costruito le case nuove dal 58 fuori
paese” e c’è pure l’intenzione di “fare un progetto, di un
fienile a camerone di 8, o 10 metri e la ricerca dell’acqua
che tanto mi urge”. A conclusione, Miali articola una
serie di riflessioni e non per farsi beffe dell’italiano
porcheddino di Mario D. La lettera è invece “un
capolavoro di immediatezza”. Dice Pira: “Che lettera
terribile è questa. C’è tutto: la nascita, le malattie,
la famiglia, la religione; c’è il lavoro e la disoccupazione,
la casa e il paese, la campagna e l’acqua, i casi della vita
e piccoli imbrogli”. Davanti a questa lettera sarebbe stato
paradossale mostrare indifferenza oppure far credere
a Mario D. di potergli risolvere la situazione.
C’è dell’altro.“Come non sentirsi colpevoli di fronte
a questa non disperata ma certamente disperante
lettera?” Sostiene Pira che “Mario, senza accorgersene,
mi convince che noi abbiamo prostituito il nostro modo
di parlare e di scrivere, forse il nostro modo di vivere
e di essere uomini”.
Michelangelo Pira non ha perso il sensi della coscienza
inquieta del paese. A partire da una cosa che altri
considererebbe solo barzelletta, come Antonio Gramsci,
autore da lui studiato e proposto, anche Miali de Crapinu
valuta la possibilità di costruire nuovi segni per
l’affermazione della dignità dell’uomo. Per fare ancora
insieme un cammino di speranza.
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