Gli approcci morbidi (soft) allo studio delle
organizzazioni
1. Approccio culturalista - oggettivista (Edgar Shein)
Le organizzazioni possiedono una propria cultura intesa come un giacimento che si è accumulato nel
tempo. Il suo studio è fondamentale per comprendere sia il funzionamento dell’organizzazione sia il
comportamento dei soggetti
2. Approccio cognitivista – soggettista (Karl Weick)
Le organizzazioni sono costruzioni sociali che derivano dal conferimento di senso da parte dei soggetti nel
corso della loro esperienza
Le origini:
si sviluppano a partire dalla metà degli anni ’70
per effetto di due fattori concomitanti..
Le origini
1. la tendenza delle grandi imprese a sostituire gli strumenti di
“controllo” burocratico-disciplinari ( incentivi e sanzioni) con
strumenti più sofisticati (e sottili) di tipo normativo, basati
sull’interiorizzazione da parte dei dipendenti dei valori e
degli obiettivi dell’impresa per cui lavorano.
2. L’attenzione ai soli aspetti strutturali (hard) delle
organizzazioni non è più sufficiente, occorre andare oltre..
Le critiche all’approccio contingentista
Le critiche mosse agli approcci contingentisti nascevano da
due ordini di fattori:
1.
Le scelte strategiche delle imprese non potevano essere spiegate in base alle
loro caratteristiche strutturali, ma dipendevamo soprattutto dai
comportamenti dei soggetti che prendevano le decisioni
2.
Imprese operanti nello stesso settore, della stessa dimensione e con strutture
organizzative comparabili, presentavano un’atmosfera interna (clima
organizzativo), motivazioni a partecipare, e performance profondamente
diverse
Tali differenze erano particolarmente evidenti nei confronti delle imprese giapponesi e del
Sud-Est asiatico che si stavano affacciando nei paesi occidentali in quegli anni
Due logiche distinte
ORGANIZZAZIONE (organization): enfasi sulle
strutture (imprese, scuole, istituzioni)
Learning organizations (approccio manageriale)
ORGANIZZARE (organizing): enfasi sui processi
Organizational learning (approccio accademico)
Learning organization
E’ l’organizzazione ad apprendere
Il processo di apprendimento si basa sul feed-back
che una determinata azione richiama (il termostato)
Apprendimento sarebbe pertanto la capacità di
un’organizzazione di monitorare nell’ambiente le
conseguenze delle azioni intraprese per poi
correggerle in base alle risposte che provengono
da’ambiente stesso (adattamento e conservazione in Selznick)
Organizational lerning
Sono gli individui ad apprendere nelle
organizzazioni e poi tale apprendimento (a
volte) viene trasferito - istituzionalizzato nelle
organizzazioni, cioè incorporato nelle pratiche
e nelle routine operative standard
Le
organizzazioni
imparano
“codificando”
l’esperienza in routine, regole, procedure, strategie,
trasmesse nei processi di socializzazione, educazione
e imitazione ai membri del gruppo
E. Schein: il concetto di cultura organizzativa
- Il presupposto fondamentale:
Studiare un’organizzazione equivale a studiare la
sua cultura organizzativa
- Per Schein (1985 ed. it. 1990):
“La cultura organizzativa è l’insieme coerente di assunti fondamentali che un
dato gruppo ha inventato, scoperto o sviluppato imparando ad affrontare i
suoi problemi di adattamento esterno e di integrazione interna
(apprendimento organizzativo), e che hanno funzionato abbastanza bene da
poter essere considerati validi e perciò tali da poter essere insegnati
(trasmessi) ai nuovi membri come il modo corretto di percepire, pensare e
sentire in relazione a quei problemi”
Centralità del concetto di cultura
La cultura è una variabile organizzativa forte
Modello giapponese (sistema Toyota)
Anche se i principi della lean production sono stati
implementati nelle organizzazioni occidentali, le
caratteristiche fondamentali del modello ideato da
Ohno, e valide nel contesto giapponese, sono distinte
e difficilmente imitabili in altre realtà e culture
Gli assunti fondamentali della cultura
organizzativa
La conoscenza di una cultura organizzativa procede attraverso un’analisi che si sviluppa a differenti livelli di
profondità:
1. Gli artefatti
(ovvero ciò che è immediatamente osservabile (ma da decifrare) di una data
organizzazione: gli oggetti, l’arredamento, la tecnologia, l’abbigliamento, il
linguaggio, i rituali, il comportamento dei soggetti).
Decifrare il senso degli artefatti ci permette di analizzare e comprendere le logiche e
gli obiettivi di un’organizzazione. Ad esempio, quali considerazioni possiamo trarre
dall’analisi dei seguenti artefatti:
- abbigliamento utilizzato
- architettura e spazi di lavoro
- rituali di comportamento
L’analisi organizzativa
(gli artefatti)
1) Si raccolgono le prime
impressioni
2) Si formulano alcune
ipotesi di lavoro
3) Si prepara il terreno per
gli approfondimenti
successivi
Il passo successivo
2. I valori espliciti
In questo secondo livello troviamo i discorsi manifesti e accettati
che vengono appositamente creati e fatti circolare dai leader
con l’obiettivo di rafforzare il senso di appartenenza
all’organizzazione, sviluppare il consenso, stimolare la
solidarietà tra i lavoratori, ma anche per chiarire e legittimare
le scelte strategiche dell’organizzazione
L’analisi organizzativa prevede una valutazione accurata dei discorsi (interviste,
colloqui, ecc.) e loro corrispondenza con gli artefatti
Il livello più profondo
• 3. Gli assunti di base
sono convinzioni profonde e inespresse, date talmente per scontate da non
attrarre l’attenzione e sulle quali spesso i membri non hanno nemmeno una chiara
consapevolezza, ma ne vengono imbevuti e intrisi. E’ proprio questo il livello più
importante per capire l’anima dell’organizzazione, le motivazioni profonde delle
azioni dei suoi membri e il modo in cui questi sono selezionati e plasmati.
Gli assunti di base riguardano i campi universali dell’esperienza umana, come:
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–
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il rapporto con la natura, di dominanza e sfruttamento oppure di rispetto e di armonia;
la percezione del tempo, concezione ciclica (tradizione) oppure lineare (progresso/innovazione);
la natura dell’uomo, pessimistica o ottimistica;
le attività umane, accuratezza e precisione o discrezionalità e creatività;
le relazioni tra le persone, concezione democratica o autoritaria; individualista o di gruppo;
competitiva o collaborativa; maschilista o paritaria tra i sessi.
Gli assunti d base si posso combinare tra loro in vario modo influenzando il modo di lavorare, di
comunicare, di valutare il proprio operato
Come si formano gli assunti fondamentali di
un’organizzazione?
Secondo Schein:
“La cultura organizzativa si forma
sempre in un gruppo, formato da
persone che sono rimaste
insieme il tempo sufficiente per
aver
condiviso
problemi
significativi, averli affrontati, aver
affrontato gli effetti delle
soluzioni sperimentatre ed aver
trasmesso quelle soluzioni ai neo
arrivati”
Quanto più il gruppo è omogeneo e stabile con
esperienze lunghe e intense, tanto più la sua
cultura è forte e articolata e viceversa.
La cultura e le tipologie organizzative
Una cultura, dunque, non è fatta d’idee astratte, ma di risposte a problemi concreti
che occorre risolvere, inventando e scoprendo soluzioni che poi diventano oggetto
di apprendimento da parte dei nuovi membri del gruppo. La validità delle risposte
è data anche dal grado in cui riduce l’ansia dei membri. L’ansia nasce in ambienti
sconosciuti o ostili, quando non si riesce a percepire un ordine o una coerenza
interna: ciò spiega gli aspetti ritualistici e simbolici sempre presenti in una cultura
organizzativa.
Sulla base del concetto di cultura organizzativa, si possono individuare cinque
tipologie di organizzazioni:
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–
–
–
le organizzazioni ideologiche
le organizzazioni burocratiche
le organizzazioni tecnocratiche
le organizzazioni professionali
Le organizzazioni ideologiche
Tali organizzazioni (la Chiesa, le organizzazioni militari, i partiti politici, i movimenti
sindacali) fanno leva sull’aspetto valoriale che acquista una connotazione
inderogabile.
La condizione necessaria per l’adesione alle organizzazioni ideologiche è la
condivisione dei principi e dei valori alla base delle stesse, pena l’esclusione. Per
evitare il rischio della disaggregazione, questo tipo di realtà organizzativa
presuppone inoltre la previsione di norme a tutela di quel sistema culturale e
valoriale alla base della loro ragion d’essere. Coloro che fanno parte di tali
organizzazioni non vivono, peraltro, come coercitiva l’appartenenza poiché ne
condividono i valori assiomatici fondativi. In caso contrario, non potranno far parte
della comunità: dovranno scegliere di andarsene o ne saranno espulsi.
Le organizzazioni burocratiche
La burocrazia (Weber) è da intendersi come l’insieme funzionale delle norme,
impersonali ed astratte, e delle procedure mirate a governare le azioni degli attori
organizzativi. Tre sono le critiche fondamentali che si muovono all’organizzazione
burocratica:
•
•
•
è eccessivamente rigida;
reprime e soffoca la componente umana e le sue potenzialità;
è più attenta al compito che al risultato, tant’è che il rischio che molto spesso si
profila è il mancato funzionamento sostanziale in quanto viene privilegiato quello
formale.
L’esempio più evidente di organizzazioni di natura burocratica sono le Pubbliche
Amministrazioni, anche se con grandi differenze secondo la specifica storia e
l’allocazione geografica.
Le organizzazioni tecnocratiche
Le organizzazioni tecnocratiche sono essenzialmente imperniate sul
concetto di efficacia e razionalizzazione, sulla valorizzazione delle
conoscenze tecniche, sull’estrema ottimizzazione del processo produttivo
e sui criteri di standardizzazione del lavoro.
Il lavoro nelle organizzazioni tecnocratiche poggia su un unico concetto
fondamentale: quello della meritocrazia specialistica, legittimata proprio
dal ruolo degli esperti, ossia dalla competenza e dalla capacità di saper
fare le cose giuste. Ciò non senza l’imprescindibile orientamento ai compiti
e alle procedure (“è meglio farlo così”).
Possono essere indicate come esempio, le multinazionali o le software
house.
Le organizzazioni professionali
Le organizzazioni professionali puntano sulle professionalità (know how: reticolo di
conoscenze, competenze e capacità possedute dal personale operante presso un
determinato contesto organizzativo) in linea con il sistema valoriale liberamente condiviso,
finalizzato al raggiungimento degli obiettivi (fissati dal vertice organizzativo o derivanti dalle
aspettative degli interlocutori esterni); indipendentemente da quella schiera di norme, prassi
e procedure che, invece, caratterizzano le realtà burocratiche, l’importante è realizzare i
compiti necessari mantenendo sempre un alto livello di attenzione rispetto ai valori di
riferimento, allo scopo di rafforzare l’identità organizzativa.
Si richiede, cioè, un processo d’introiezione del modo giusto e corretto di esercitare il
mestiere (deontologia professionale), con ampi margini di discrezionalità. Esempi di tale
tipologia di organizzazioni possono essere ravvisati negli studi professionali, nelle imprese di
consulenza e in molte organizzazioni del settore non profit (soprattutto nelle cooperative o
imprese sociali).
Aspetti problematici
Nella formazione della dimensione culturale si evidenziano due principali categorie di
problemi, relative a:
•
l’adattamento del gruppo all’ambiente esterno: riguardano gli obiettivi, le strategie
e i mezzi per realizzarli (man mano che l’organizzazione li affronta con successo,
passa a una nuova fase della sua vita);
•
i livelli d’integrazione interna: frutto della capacità di funzionare come gruppo,
gestendo in modo evolutivo le dinamiche conflittuali. Riguardano il linguaggio e le
categorie mentali comuni, i criteri d’inclusione e esclusione dei membri, il sistema
premiante, il tipo di reazione di fronte ad eventi traumatici, ecc.
La cultura, in definitiva, è sempre il risultato finale di un processo basato sulla
ripetizione del successo e ciò porta a dare certe cose per scontate (assunti di
base); gli assunti non garantiscono mai un funzionamento perfetto e definitivo, ma
ricordano piuttosto la razionalità limitata di Simon: sono perfettibili e si evolvono
continuamente, sia perché mutano i problemi e sia perché si escogitano delle
soluzioni che risultano più efficaci di quelle precedenti.
Segue:
La cultura è continuamente in formazione (in evoluzione) perché è sempre in atto
qualche tipo di apprendimento circa il modo di porsi in rapporto con l’ambiente e
il modo di gestire gli affari interni;
Si crea così una tensione tra conservazione e innovazione, rispetto a cui emerge il
ruolo strategico e fondamentale della leadership (ad esempio, Marchionne e la
FIAT) che ha il compito di favorire la trasformazione sostenibile di una cultura
organizzativa, senza cioè accelerare troppo gli ambiti di mutamento che altrimenti
sarebbero rigettati.
La natura pervasiva della cultura, che permea ogni aspetto dei rapporti umani,
rende particolarmente difficile lo studio della dimensione culturale.
Per l’elaborato:
In generale, l’analisi della cultura, oltre alle interviste ai fondatori e ai leader
dell’organizzazione (livello manifesto) dovrebbe essere integrata da un approccio che
metta a fuoco i seguenti aspetti:
1. i processi di socializzazione dei nuovi membri, cioè come la cultura organizzativa
viene trasmessa, recepita e adattata;
2. le risposte date ad eventi critici nella storia dell’organizzazione (Selznick), in quanto
quelle risposte formano un patrimonio di ricordi che concorrono a formare l’identità
collettiva dell’organizzazione;
3. le anomalie o i tratti sorprendenti osservati o scoperti man mano che la ricerca
procede. Una cultura organizzativa può essere messa meglio a fuoco se si esaminano
le irregolarità, le devianze e le tensioni latenti che in essa si producono;
4. analisi dello stile di leadership. Leadership e cultura sono due aspetti della medesima
realtà: studiando l’una si comprende anche l’altra.
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Gli approcci morbidi - Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali