ANNO 3, NUMERO 19, MARZO 2012
PERCORSO FORMATIVO NEFRO 14 2012
Newsletter per l’aggiornamento e la formazione professionale
continua in nefrologia
ANNO TERZO, NUMERO 19, MARZO 2012
AMILOIDOSI CARDIACA
E RENALE:
RECENTI ACQUISIZIONI
PER UN VECCHIO
PROBLEMA
Percorso Formativo nefro14
Corso accreditato presso
il Ministero della Salute
con il codice N. 5-27022
Responsabile Scientifico
Dr. Pietro Mario Allaria
1
ANNO 3, NUMERO 19, MARZO 2012
AMILOIDOSI CARDIACA E RENALE:
RECENTI ACQUISIZIONI
PER UN VECCHIO PROBLEMA
diagnostiche adeguate e a terapie efficaci. Infatti, soltanto
presso centri di riferimento nazionali si possono raccogliere
un numero sufficiente di casi per addestrare medici esperti,
rendere economicamente giustificata la presenza delle
costose e complesse tecnologie necessarie per la diagnosi e
condurre la ricerca clinica sui nuovi farmaci. Il centro di
riferimento di Pavia è attivo dal 1986, i medici del centro si
dedicano esclusivamente alla cura dei pazienti con
amiloidosi e alla ricerca in questo campo (www.
amiloidosi.it). Per venire incontro alle esigenze dei pazienti
con amiloidosi, dal 1996 il centro di Pavia coordina una rete
nazionale di istituzioni che forniscono cure facilmente
accessibili ai pazienti affetti da amiloidosi sistemica. Un
approccio di questo tipo, basato sull’interazione tra un
centro di coordinamento clinico nazionale e istituzioni
periferiche, può migliorare la prognosi dei pazienti affetti da
amiloidosi.4
Dr. Giovanni Palladini - Centro per lo Studio e la Cura
delle Amiloidosi Sistemiche – Fondazione Istituto di
Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS)
Policlinico San Matteo e Dipartimento di Medicina
Molecolare – Università di Pavia, Pavia, Italia
L
e amiloidosi sono patologie in cui proteine
autologhe diverse e tra loro non correlate vanno
in contro ad alterazioni conformazionali che le
portano ad aggregare e a depositarsi nei tessuti
sotto forma di fibrille insolubili.1 Questo
processo, nelle forme sistemiche di amiloidosi, porta a un
danno degli organi coinvolti, che, se non è arrestato da una
terapia efficace, ha esito fatale. Si conoscono circa trenta
tipi diversi di amiloidosi, classificati sulla base della
proteina che forma le fibrille.2 Le più comuni forme di
amiloidosi sistemica sono riportate nella Tabella 1.
Le amiloidosi sistemiche sono malattie rare, con
un’incidenza stimata di circa 9 casi per milione di persone
anno.3 Questo significa che i pazienti con amiloidosi si
trovano ad affrontare i problemi comuni ai soggetti affetti
da malattie rare: ritardi nella diagnosi, difficoltà
nell’ottenere informazioni adeguate, necessità di viaggiare
fino a centri di riferimento per accedere a procedure
Presentazione clinica
I sintomi, segni clinici e i dati strumentali che dovrebbero
indurre a sospettare il più precocemente possibile una forma
sistemica di amiloidosi sono poco specifici e richiedono un
alto grado di attenzione da parte del clinico. Sono
comunemente riferiti astenia, inappetenza, disgeusia e calo
ponderale. Inoltre, può fare parte della storia clinica,
precedendo la diagnosi anche di mesi o anni, il riscontro di
una sindrome del tunnel carpale, più frequentemente
Tabella 1 - Tipi più comuni di amiloidosi sistemica
Precursore
(sede di sintesi)
Prevalenza
relativa in
Italia
Cuore
Rene
Fegato
SNP
SNA
TM
Da catene leggere
immunoglobuliniche (AL)
midollo osseo
70%
+++
+++
++
++
++
++
Ereditaria da transtiretina
mutata (ATTR)
fegato
10%
+++
±
-
+++
++
±
fegato, intestino
10%
+++
++
+++
±
-
-
Reattiva a flogosi cronica
(AA)
fegato
7%
+
+++
+
-
+
-
Senile da transtiretina wild
type (SSA, ATTRwt)
fegato
3%
+++
-
-
-
-
-
Ereditaria da fibrinogeno
(AFib)
fegato
<1%
-
+++
-
-
-
-
Ereditaria da apolipoproteina AI mutata (AapoAI)
2
Interessamento d’organo
Da catene leggere
immunoglobuliniche (AL)
SNP, sistema nervoso periferico; SNA, sistema nervoso autonomo; TM, tessuti molli.
ANNO 3, NUMERO 19, MARZO 2012
bilaterale. L’amiloidosi deve sempre essere considerata
nella diagnosi differenziale di una neuropatia periferica
sensitivo-motoria, in particolare se associata a neuropatia
autonomica in pazienti non diabetici, o in presenza di
epatomegalia senza lesioni focali. Il riscontro di proteinuria
glomerulare (>0.5 g/24 ore) in un paziente non diabetico, di
una cardiomiopatia ipertrofica all’esame ecocardiografico,
di un’elevata concentrazione di peptide natriuretico di tipo
B (BNP) o della porzione N-terminale del suo propeptide
(NT-proBNP) dovrebbero indurre prontamente il sospetto
di amiloidosi. La prognosi di tutte le forme sistemiche di
amiloidosi dipende in modo sostanziale dalla precocità della
diagnosi e, pertanto, la presenza di uno o più dei segni
clinici menzionati è sempre meritevole di un
approfondimento diagnostico.
Amiloidosi AL: presentazione clinica e prognosi
3
Nell’amiloidosi AL, la formazione dei depositi di amiloide
può interessare, se pure con diversa frequenza, praticamente
tutti gli organi con l’eccezione del sistema nervoso centrale
(Tabella 1). Per questo motivo, le manifestazioni della
malattia sono eterogenee e si possono presentare in diverse
combinazioni, rendendo in alcuni casi difficile formulare il
sospetto diagnostico. Tuttavia, in circa il 15% dei pazienti,
la deposizione di amiloide nei tessuti molli dà luogo a segni
che si possono considerare patognomonici di amiloidosi
AL, come la macroglossia, con frequente coinvolgimento
dei tessuti molli sottomandibolari, e la porpora periorbitale.
Gli organi più frequentemente coinvolti nell’amiloidosi AL
sono il cuore e il rene. L’interessamento renale si manifesta
nel 93% dei casi con proteinuria. Più della metà dei pazienti
con amiloidosi AL si presenta con sindrome nefrosica
all’esordio. L’insufficienza renale, al contrario, è meno
frequente al momento della diagnosi, anche se circa il 20%
dei pazienti va incontro nel corso della malattia a
insufficienza renale terminale. La progressione del danno
renale dipende dalla funzione renale residua e dall’entità
della proteinuria, ma può essere arrestata da una terapia
efficace.5 Questo sottolinea l’importanza della diagnosi
precoce. La possibilità di sopperire con la dialisi alla perdita
della funzione renale fa sì che l’interessamento del rene non
condizioni la sopravvivenza. Infatti, la maggioranza dei
pazienti con coinvolgimento renale muore per cause legate
all’interessamento del cuore da parte della malattia.
L’interessamento
cardiaco
si
rende
evidente
all’ecocardiografia con ispessimento del setto e delle pareti
ventricolari. I ventricoli non sono dilatati, anzi, le camere
ventricolari possono essere di volume inferiore alla norma in
un quadro di cardiomiopatia restrittiva. L’infiltrazione da
parte
dell’amiloide
conferisce
al
miocardio
un’iperecogenicità granulare “a vetro smerigliato”. Fino a
stadi avanzati della malattia, la funzione sistolica globale,
espressa dalla frazione d’eiezione, si mantiene normale.
All’ispessimento delle pareti ventricolari si accompagnano
caratteristicamente bassi voltaggi elettrocardiografici nelle
derivazioni periferiche. Questa discrepanza spesso aiuta a
distinguere l’amiloidosi dalle altre condizioni in cui si ha un
ispessimento delle pareti ventricolari, ad esempio la
cardiopatia ipertensiva. Il quadro clinico è d’insufficienza
cardiaca destra, evidente nel 40% dei pazienti alla diagnosi.
L’amiloidosi cardiaca rappresenta la causa di morte più
comune nell’amiloidosi AL: circa la metà dei pazienti giunge
a morte per scompenso cardiaco e in un quarto dei casi la
morte avviene improvvisamente a causa di aritmie cardiache.
Le aritmie ventricolari ripetitive (coppie di battiti ectopici
ventricolari o episodi di tachicardia ventricolare non
sostenuta) rilevate al monitoraggio elettrocardiografico delle
24 ore secondo Holter, si associano alla morte cardiaca
improvvisa.6
La sopravvivenza mediana dei pazienti con amiloidosi AL è
in lento progressivo aumento grazie ai progressi nella terapia
e si avvicina ora ai quattro anni. Nell’amiloidosi AL, la
prognosi dipende dal coinvolgimento cardiaco. L’entità del
danno cardiaco può essere determinata misurando la
concentrazione di marcatori biochimici di disfunzione
cardiaca: l’NT-proBNP e le troponine.7,8 Il NT-proBNP è un
marcatore molto sensibile di interessamento cardiaco e,
nell’amiloidosi AL, tutti i pazienti con coinvolgimento del
cuore hanno un’elevata concentrazione di NT-proBNP.7 Il
NT-proBNP e le troponine cardiache sono i più importanti
indicatori prognostici. È stato sviluppato un accurato sistema
di stadiazione basato su questi due marcatori, che permette di
dividere i soggetti con amiloidosi AL in tre gruppi con
prognosi molto diversa.9 I pazienti che alla diagnosi si
presentano con una concentrazione elevata sia di NT-proBNP
sia di troponina hanno una sopravvivenza di pochi mesi
soltanto. Più recentemente, nostri studi hanno evidenziato che
la troponina misurata con metodi ad alta sensibilità permette
di identificare il danno miocardico molto precocemente, e la
sua concentrazione è un marcatore prognostico molto
potente.10 La proadrenomedullina si è recentemente
dimostrata un nuovo marcatore di disfunzione cardiaca
nell’amiloidosi AL.11
Circa un quarto dei pazienti con amiloidosi AL si presenta
con coinvolgimento del fegato, che si manifesta con
epatomegalia, anche marcata, ed elevati indici di colestasi.
Inizialmente sono superiori al limite di riferimento la GT e
la fosfatasi alcalina, quindi, nel progredire della malattia, può
aumentare la bilirubina e svilupparsi ittero. Le transaminasi
sono per lo più normali all’esordio, ma possono aumentare
nelle fasi avanzate della malattia, anche se,
caratteristicamente, il loro incremento è minore di quello
degli indici di colestasi. L’insufficienza epatica è rara anche
in presenza di epatomegalia massiva. I tre quarti dei pazienti
con amiloidosi epatica muoiono a causa dell’interessamento
del cuore da parte della malattia, mentre solo l’8% di questi
pazienti giunge a morte per progressione del danno epatico.
L’amiloidosi AL interessa il sistema nervoso periferico in
circa un quinto dei pazienti e dà luogo a una neuropatia
assonale, progressiva, inizialmente sensitiva, caratterizzata da
parestesie e perdita della sensibilità superficiale. L’ipoestesia
tende a interessare in modo più marcato la sensibilità termica
e dolorifica, piuttosto che quella tattile. I sintomi compaiono
prima agli arti inferiori e tendono a estendersi in senso
prossimale. Le manifestazioni motorie insorgono più tardi nel
corso della malattia e cominciano distalmente a livello degli
arti inferiori, spesso con “piede cadente”. La neuropatia
periferica si accompagna in molti casi a disautonomia.
Complessivamente, il 16% dei pazienti si presenta con
interessamento del sistema nervoso autonomo, che può
manifestarsi con ipotensione ortostatica, disidrosi,
incontinenza o ritenzione urinaria e impotenza. Vi possono
essere inoltre manifestazioni gastrointestinali (diarrea, talora
scatenata dal riflesso gastro-colico, stipsi, gastroparesi con
precoce ripienezza post-prandiale), che possono essere in
parte dovute al sovrapporsi del coinvolgimento del tratto
gastroenterico, presente nell’8% dei pazienti.
Soltanto un terzo dei pazienti ha un solo organo o sistema
coinvolto dalla malattia alla diagnosi ed il quadro clinico
complessivo è dato dalle varie combinazioni delle
manifestazioni descritte. La presenza in associazione del
danno di due o più degli organi che possono essere interessati
dall’amiloidosi AL è un indizio importante per formulare il
sospetto diagnostico.
Vi sono poi sintomi generali, che sono molto frequenti nei
pazienti con amiloidosi AL e che non sono causati
dall’interessamento di un organo in particolare. Il più comune
è l’astenia, che si presenta nei due terzi dei pazienti e che può
essere molto profonda. Altre importanti manifestazioni
generali dell’amiloidosi AL sono legate all’alterazione dello
stato nutrizionale.12,13 In più della metà dei pazienti si
verifica una perdita di peso, che può arrivare fino ad un
ANNO 3, NUMERO 19, MARZO 2012
terzo del peso usuale prima dell’esordio della malattia e che
talora è mascherata dalla ritenzione idrica.
Amiloidosi AA
L’amiloidosi AA (o reattiva) si sviluppa come complicanza
di uno stato di flogosi cronica, caratterizzato dal persistente
aumento della concentrazione plasmatica del precursore
amiloidogenico siero amiloide A (SAA). La SAA, come la
proteina C reattiva, è una proteina di fase acuta secreta dal
fegato. In presenza di uno stimolo infiammatorio, la SAA,
in particolare la SAA1, può aumentare fino a 100-1000
volte la propria concentrazione plasmatica, che è
normalmente pari a 4-6 mg/L. Il rischio che la proteina si
depositi nei tessuti in forma di fibrille di amiloide dipende
non solo dall’entità dell’incremento della concentrazione
plasmatica ma anche, e soprattutto, dalla persistenza di
questo incremento nel tempo. Di conseguenza, le patologie
infiammatorie croniche in cui maggiore è il rischio di
insorgenza di amiloidosi AA sono le artriti infiammatorie
croniche, le malattie infiammatorie intestinali, infezioni
croniche severe come la tubercolosi o infezioni ricorrenti in
corso di fibrosi cistica e bronchiectasie, alcune neoplasie e,
sebbene molto più rare, le sindromi autoinfiammatorie
ereditarie.
Il sospetto clinico deve essere posto in presenza di un danno
renale glomerulare che si manifesta con proteinuria. Nei
pazienti con malattie infiammatorie croniche è
indispensabile mantenere una particolare attenzione al
rischio di insorgenza di amiloidosi AA quando il controllo
dello stato di flogosi non è completo nonostante la
remissione dei sintomi. A questo scopo, è raccomandato
monitorare ogni 4-6 mesi la proteinuria delle 24 ore, che è il
primo segno della malattia in più del 90% dei casi.
Se non trattata adeguatamente, l’amiloidosi AA è
progressiva, con deterioramento, talvolta anche repentino,
della funzione renale fino all’inevitabile evoluzione
all’insufficienza renale terminale e alla dialisi. Spesso la
progressione del quadro renale si associa ad epatomegalia
con fosfatasi alcalina elevata, ad episodi di sanguinamento a
livello della mucosa intestinale o delle vie urinarie e
all’instaurarsi di un’ipotensione ortostatica talvolta
invalidante.
L’amiloidosi da apolipoproteina A-I in Italia, e in
particolare in Lombardia, ha una prevalenza
significativamente elevata, in conseguenza della diffusione
di una specifica mutazione, Leu75Pro, associata ad un
fenotipo relativamente benigno della malattia, che ne ha
favorito la trasmissione nelle generazioni. Si tratta di una
forma di amiloidosi sistemica lentamente evolutiva, a
prevalente coinvolgimento epatico, renale e testicolare che
si esprime con una modesta colestasi, insufficienza renale
cronica raramente evolutiva, e infertilità maschile che si
sviluppa dopo i 30 anni.15
Amiloidosi senile sistemica
Nota anche come amiloidosi senile cardiaca per l’esclusivo
interessamento del cuore, è una forma di amiloidosi che si
riscontra prevalentemente oltre la VI decade di vita e
interessa quasi unicamente, per ragioni ancora sconosciute,
i maschi. Nell’amiloidosi cardiaca senile i depositi di
amiloide sono formati da transtiretina wild type e la malattia
non è quindi ereditaria. La transtiretina è una proteina
intrinsecamente amiloidogenica che, con l’invecchiamento,
forma minimi depositi di amiloide, clinicamente silenti, nel
cuore e nei vasi della maggior parte delle persone. In alcuni
individui, tuttavia, questi depositi sono cospicui e sono
responsabili dell’insorgenza di cardiopatia restrittiva e
scompenso cardiaco. a differenza delle altre forme di
amiloidosi cardiaca, di solito l’ECG mostra voltaggi
normali.
Diagnosi di amiloidosi
La diagnosi di amiloidosi richiede la documentazione
istologica dei depositi di amiloide nei tessuti.16,17 In circa
l’80% dei casi, depositi di amiloide si possono rilevare per
mezzo di agoaspirato di grasso periombelicale (Figura 1),
una procedura semplice e poco invasiva, che permette di
risparmiare la biopsia d’organo, che nell’amiloidosi è
gravata da complicanze emorragiche più frequentemente
che in altre malattie, alla maggior parte dei pazienti. La
sensibilità dell’agoaspirato di grasso periombelicale è
maggiore nell’amiloidosi AL e nell’amiloidosi AA e
minore nelle altre forme. Se nel grasso periombelicale non
Amiloidosi ereditarie
4
Le amiloidosi ereditarie sono malattie a trasmissione
autosomica dominante e pertanto la storia familiare può
suggerire la diagnosi. D’altra parte, l’esordio avviene
sempre in età adulta, generalmente a partire dalla V-VI
decade di vita o anche più tardi, e l’anamnesi familiare può
non essere informativa in quasi la metà dei casi,
mascherando l’ereditarietà del quadro. Pertanto l’assenza di
una chiara familiarità non permette di escludere l’ipotesi di
una forma ereditaria di amiloidosi.
Accanto a quadri di rarissima osservazione nella nostra
popolazione, come l’amiloidosi da fibrinogeno, da lisozima
e da gelsolina, vi sono due forme relativamente frequenti,
che pongono seri problemi di diagnosi differenziale con
l’amiloidosi AL: l’amiloidosi da transtiretina e l’amiloidosi
da apolipoproteina A-I.
L’amiloidosi da transtiretina, nella maggior parte dei casi,
esordisce con una neuropatia periferica sensitiva,
caratterizzata da parestesie persistenti alle estremità degli
arti, cui possono associarsi disestesie urenti. L’evoluzione
clinica si caratterizza per la progressiva compromissione
della sensibilità termica, dolorifica e tattile, cui si associa
nel tempo ipostenia ingravescente agli arti inferiori e
ipotrofia muscolare. È inoltre frequente l’insorgenza di
cardiomiopatia restrittiva, indistinguibile sul piano
ecocardiografico dall’amiloidosi AL, rispetto alla quale
tuttavia appare meno aggressiva.14
Figura 1 - Agoaspirato di grasso periombelicale
in un paziente con amiloidosi AL (colorazione
con rosso Congo, osservazione in luce
polarizzata, 400x)
ANNO 3, NUMERO 19, MARZO 2012
s’individuano depositi di amiloide, ma il sospetto clinico
persiste, si può far ricorso alla biopsia delle ghiandole salivari
minori labiali, che ha una sensibilità del 58% nei casi in cui il
grasso periombelicale è negativo.18 Se anche nelle ghiandole
salivari minori labiali non si individuano depositi di amiloide,
in presenza d’un forte sospetto clinico, si può ricorrere alla
biopsia dell’organo interessato, con ogni precauzione per
minimizzare il rischio emorragico.
L’individuazione dei depositi di amiloide è soltanto il primo
passo per la diagnosi. Per procedere alla terapia, è
assolutamente indispensabile caratterizzare in modo
inequivocabile i depositi di amiloide, cioè individuare la
proteina che forma le fibrille. Una caratterizzazione sbagliata
dei depositi di amiloide può portare a errori terapeutici
catastrofici, come trapiantare il midollo osseo invece del
fegato.19-22 L’analisi immunoistochimica in microscopia
ottica è utile,23 ma è sufficientemente affidabile soltanto per
riconoscere l’amiloidosi AA, mentre può indurre in errore
nell’amiloidosi AL (questo è vero anche per
l’immunofluorescenza su biopsia renale).24,25 L’analisi
immunoistochimica in microscopia elettronica è molto più
affidabile, perché permette di co-localizzare gli anticorpi
diretti contro la proteina precursore e le fibrille; inoltre si può
eseguire su agoaspirato di grasso periombelicale (Figura 2).26
Recentemente, sono state messe a punto tecniche di
proteomica basate sulla spettrometria di massa, che sono ora
considerate il “gold standard” per la caratterizzazione delle
amiloidosi.27-29 L’analisi del DNA è necessaria per
individuare le mutazioni nei geni delle proteine
amiloidogeniche nelle forme ereditarie. La necessità di
tecniche così costose e complesse per la diagnosi di
amiloidosi, impone il ricorso a centri di riferimento nazionali,
riferendo i pazienti direttamente o attraverso le reti.
Nell’amiloidosi AL, una volta che è stato dimostrato che le
fibrille di amiloide sono costituite da catene leggere
immunoglobuliniche, è necessario individuare il clone
Figura 2 - Agoaspirato di grasso periombelicale
in un paziente con amiloidosi AL (anticorpi anti
- , 22000x)
plasmacellulare responsabile della loro produzione, per
verificare la tipizzazione dell’amiloidosi e, soprattutto, per
avere i dati basali necessari a valutare in seguito la risposta
alla terapia. Il clone plasmacellulare alla base dell’amiloidosi
AL è generalmente di piccole dimensioni e può essere
difficile da individuare.30 Per ottenere la massima sensibilità,
oltre al mieloaspirato e/o alla biopsia osteomidollare, è
necessaria la combinazione di elettroforesi con
immunofissazione del siero e delle urine e la quantificazione
nefelometrica delle catene leggere libere circolanti (FLC).31
La Tabella 2 indica gli esami necessari per la valutazione di
un paziente con amiloidosi AL alla diagnosi.
Tabella 2 - Esami necessari per la valutazione dei pazienti con amiloidosi AL alla diagnosi
5
Obiettivo
Esami
Caratterizzazione dei depositi
dimostrazione che le fibrille di amiloide sono formate da catene leggere per
mezzo di analisi proteomica o immunoistochimica in microscopia elettronica*
Clone amiloidogenico
mieloaspirato e/o biopsia osteomidollare
elettroforesi con immunofissazione di siero e urine
quantificazione delle catene leggere libere circolanti
Interessamento cardiaco
quantificazione di NT-proBNP (o BNP)
quantificazione di cTnI, cTnT, o hs-cTnT
ecocardiografia
(risonanza magnetica nucleare cardiaca)
Interessamento renale
proteinuria
creatininemia e stima della velocità di filtrazione glomerulare
Interessamento epatico
esami biochimici di funzione epatica
misurazione delle dimensioni del fegato con tecniche di imaging riproducibili
Interessamento del sistema nervoso
periferico
visita neurologica
(elettromiografia)
Interessamento del sistema nervoso
autonomo
visita neurologica con accurata anamnesi
(test disautonomici)
*Richiesto da AIFA per la prescrizione dei nuovi farmaci.
BNP, peptide natriuretico di tipo B; cTn, troponina cardiaca; hs, alta sensibilità; NT-proBNP, porzione N-terminale del pro-BNP.
ANNO 3, NUMERO 19, MARZO 2012
Terapia
Il principio generale alla base della terapia delle amiloidosi
sistemiche è la riduzione e, quando possibile, l’eliminazione
della produzione del precursore amiloidogenico circolante.
Questo si ottiene con la chemioterapia diretta contro il clone
plasmacellulare amiloidogenico nell’amiloidosi AL, con il
controllo della malattia causa di flogosi nell’amiloidosi AA,
con il trapianto di fegato (che elimina la produzione della
proteina mutata) nell’amiloidosi ATTR. Nell’amiloidosi
AL, la riduzione della concentrazione delle catene leggere
libere amiloidogeniche circolanti si associa a un
miglioramento del danno cardiaco e della sopravvivenza.7,32
Questo effetto si osserva anche se la quantità di amiloide
depositata nel cuore, valutata sulla base dello spessore di
parete all’ecocardiografia, non si riduce, indicando che
nell’amiloidosi AL il danno cardiaco non è causato tanto
dai depositi quanto da un’azione tossica diretta delle catene
leggere amiloidogeniche.7,32 Anche nell’amiloidosi AA, il
mantenimento di una bassa concentrazione di SAA migliora
la prognosi e può prevenire la progressione del danno
d’organo.33 Per questi motivi, è indispensabile monitorare
strettamente la concentrazione delle catene leggere libere
circolanti nell’amiloidosi AL e della SAA nell’amiloidosi
AA, per potere valutare l’efficacia della terapia e intervenire
tempestivamente ed appropriatamente in caso di inefficacia.
Recentemente, nell’amiloidosi ATTR sono state
sviluppate nuove strategie terapeutiche, basate su una nuova
classe di molecole capaci di legare la proteina patologica
circolante, aumentando la sua stabilità strutturale e
prevenendone la deposizione. Questi farmaci sono
impiegati in Italia all’interno di sperimentazioni cliniche
attive presso il centro per l’amiloidosi di Pavia.
Principi di terapia nell’amiloidosi AL
Lo scopo della terapia nell’amiloidosi AL è ridurre la
concentrazione delle catene leggere libere amiloidogeniche
circolanti al di sotto della concentrazione capace di causare
la progressione del danno cardiaco e, se possibile, a un
livello tale da promuovere il miglioramento della
disfunzione cardiaca.10 L’andamento del danno cardiaco si
può valutare molto accuratamente studiando le variazioni
della concentrazione del NT-proBNP, che sono il principale
fattore di prognosi dopo la terapia. I criteri di risposta
ematologica e cardiaca alla terapia nell’amiloidosi AL sono
riportati nella Tabella 3. Poiché l’amiloidosi AL è
rapidamente progressiva e il coinvolgimento cardiaco è la
principale causa di morte, ma la risposta alla terapia può
cambiare radicalmente la storia naturale della malattia,
assicurando una lunga sopravvivenza anche ai pazienti con
interessamento del cuore, è indispensabile uno stretto
monitoraggio dell’efficacia del trattamento con misurazioni
dei peptidi natriuretici e delle catene leggere libere
circolanti. La frequenza raccomandata per i controlli della
risposta alla terapia è ogni due cicli per la chemioterapia
convenzionale e tre mesi dopo la procedura nei pazienti
sottoposti ad autotrapianto di cellule staminali del sangue
periferico.34
Nell’amiloidosi AL sono stati finora impiegati schemi di
chemioterapia che derivano da quelli sviluppati nel mieloma
multiplo. Tuttavia, i pazienti con amiloidosi AL non hanno
soltanto una neoplasia ematologica, ma presentano una
disfunzione di uno o più organi, che li rende particolarmente
fragili e suscettibili alla tossicità della chemioterapia.
L’approccio di cura deve essere adattato alle condizioni di
ciascun paziente, basandosi sulla funzione d’organo residua e
in particolare sull’entità del danno cardiaco e la terapia deve
avvenire sotto la supervisione di un centro con esperienza nel
trattamento dell’amiloidosi AL.35
Il primo schema di chemioterapia che ha dimostrato di
prolungare la sopravvivenza dei pazienti con amiloidosi AL
è stato l’associazione di melphalan e prednisone (MP).36,37
Questo schema è ben tollerato anche nei soggetti con
malattia avanzata, ma ha lo svantaggio di dare una bassa
percentuale di risposta ematologica (circa il 30%), di
indurre solo raramente la risposta completa (CR) e di
richiedere molto tempo (fino a un anno) per esercitare la
propria azione.37
Un passo avanti molto importante è stato fatto con
l’autotrapianto di cellule staminali (ASCT).38,39
Recentemente è stata pubblicata la più ampia esperienza
sull’ASCT nell’amiloidosi AL.40 Quando il trapianto è
praticato con alte dosi di melphalan (200 mg/m2) induce
una risposta ematologica in circa i tre quarti dei pazienti41 e
una CR nel 43% dei casi.40 Tuttavia, la fragilità dei pazienti
con amiloidosi dovuta al coinvolgimento d’organo e in
particolare all’interessamento cardiaco rende molto alta la
mortalità legata al trattamento (TRM).42 Una TRM
particolarmente elevata (20-40%) si osserva in centri di
ematologia generale che hanno una scarsa esperienza nella
terapia dell’amiloidosi AL.43 In centri di riferimento la
TRM si situa tra il 10 e il 15%,41,44,45 ma l’esperienza
accumulata negli ultimi anni, insieme ad una più accurata
selezione dei pazienti, ha portato a ridurre la TRM fino al 46%.40,46-48 Anche nella valutazione della praticabilità
dell’ASCT, i marcatori cardiaci hanno un ruolo molto
Tabella 3 - Criteri di risposta ematologica e cardiaca nell’amiloidosi AL
6
Risposta
Criteri
Risposta ematologica*
Risposta completa (CR): immunofissazione di siero e urine
negativa e rapporto / delle catene leggere libere
circolanti normale.
Risposta parziale molto buona (VGPR): dFLC <40 mg/L.
Risposta parziale (PR): dFLC <50% della concentrazione
basale.
Non risposta (NR): tutti gli altri casi.
Risposta cardiaca
Riduzione del NT-proBNP >30% e >300 ng/L rispetto alla
concentrazione basale (in pazienti che prima della terapia
hanno una concentrazione di NT-proBNP ≥650 ng/L).°
*La risposta si deve valutare tre mesi dopo l’autotrapianto di cellule staminali o dopo due cicli di chemioterapia.
°La progressione cardiaca è definita come un aumento della concentrazione del NT-proBNP >30% e >300 ng/L. Si deve usare cautela
nella valutazione delle variazioni del NT-proBNP in presenza di fattori confondenti come modificazioni del filtrato glomerulare (>25%)
e l’impiego di farmaci immunomodulatori (thalidomide, lenalidomide, pomalidomide).
dFLC, differenza tra la concentrazione delle catene leggere libere circolanti amiloidogeniche e non amiloidogeniche.
ANNO 3, NUMERO 19, MARZO 2012
importante: i soggetti con troponina elevata dovrebbero
essere esclusi da questa procedura.34,49 Nel tentativo di
ridurre la TRM, si è tentato di abbassare la dose di
melphalan usata nel trapianto a 100-a40 mg/m2. Questo,
però, non ha ridotto la mortalità (intorno al 15%), mentre ha
diminuito la percentuale di risposta ematologica (53%, CR
24%).40,41
Nei pazienti non eligibili per ASCT, il desametasone ad alte
dosi è in grado di indurre la risposta più velocemente di
MP, ma alte dosi di steroidi sono mal tollerate nei
soggetti con amiloidosi AL (TRM 7%).50 Il nostro
gruppo ha messo a punto uno schema attenuato di
desametasone, che è risultato più tollerabile.51
Nel 1999 il nostro gruppo ha iniziato a usare uno schema
a base di melphalan e desametasone (MDex) nei soggetti
non candidabili al melphalan ad alte dosi, ottenendo una
percentuale di risposta del 67% (CR 33%), con buona
tollerabilità (TRM 4%) e risposte complete di lunga
durata.52,53 Uno studio multicentrico francese non ha
potuto dimostrare una superiorità di ASCT rispetto a
MDex in termini di percentuale di risposta e di
sopravvivenza.54 Tuttavia, MDex non è uno schema
adatto per i pazienti che non possono sopportare alte dosi
di steroidi, come quelli con amiloidosi cardiaca
avanzata.55-57
Come nel mieloma multiplo, così nell’amiloidosi AL,
l’avvento dei cosiddetti “nuovi farmaci”, gli
immunomodulatori (IMiDs, thalidomide, lenalidomide e
pomalidomide) e gli inibitori del proteasoma ha
arricchito considerevolmente l’arsenale terapeutico.
La thalidomide è attiva in associazione al desametasone
(TDex), ma è mal tollerata (effetti collaterali gravi nei
due terzi dei pazienti, tra cui bradicardia sintomatica in
circa il 20% dei casi).58 L’aggiunta della ciclofosfamide
(CTD) aumenta la percentuale di risposta ematologica ad
oltre il 70% (CR 15%).59 Il nostro gruppo ha
sperimentato la combinazione di melphalan, thalidomide
e desametasone (MTD) nei pazienti con amiloidosi
cardiaca avanzata, ma neanche questo schema è riuscito
a modificare la pessima prognosi di questo
sottogruppo.60 L’associazione TDex è utile come terapia
adiuvante dopo ASCT, per aumentare la qualità della
risposta.48 La lenalidomide è stata sperimentata in due
studi paralleli, in cui la risposta ematologica è stata
ottenuta nel 40-50% dei casi.61,62 L’aggiunta della
lenalidomide a MDex ha indotto una risposta
ematologica nel 58% dei pazienti (CR 23%).63 In tutti
questi studi la dose massima tollerata di lenalidomide è
stata 15 mg al dì, nei pazienti con funzione renale
conservata. Associazioni di ciclofosfamide, lenalidomide
e desametasone hanno dato risposte variabili (40-60%)
secondo la presenza o meno nelle popolazioni studiate di
pazienti già trattati.64-66 Il nostro gruppo ha dimostrato
che l’associazione di lenalidomide e desametasone è un
efficace trattamento di salvataggio nei pazienti refrattari
ad agenti alchilanti, bortezomib e thalidomide.67 Anche il
più recente degli IMiDs si è dimostrato particolarmente
efficace nei soggetti sottoposti a diverse linee di
terapia.68 La lenalidomide si associa ad un significativo
rischio di progressione dell’insufficienza renale, in
particolare nei soggetti con elevata proteinuria.69 Inoltre,
gli IMiDs inducono un aumento dei marcatori di danno
cardiaco, il cui meccanismo non è noto, che interferisce
con la valutazione della risposta alla terapia.64,70-72
L’inibitore del proteasoma bortezomib si è dimostrato
particolarmente efficace nell’amiloidosi AL, sia in studi
retrospettivi73
sia
in
sperimentazioni
cliniche
prospettiche.74-76 Dopo ASCT, l’associazione di
bortezomib e desametasone (BDex) aumenta la qualità
della risposta e il numero di CR.77 In associazione ad
agenti alchilanti questo farmaco ha dato una frequenza di
risposta ematologica vicina al 100%, con CR fino
all’85% dei casi.78,79 È stato suggerito che le
plasmacellule amiloidogeniche usino il proteasoma per
gestire la produzione di una proteina con alterazioni
conformazionali tossiche e per questo siano più sensibili
all’azione degli inibitori del proteasoma.80,81 Sono in
corso studi di fase III per paragonare MDex a BMDex
come terapia standard di prima linea per l’amiloidosi
AL. In attesa della conclusione di questi studi, si
possono dare suggerimenti sulla strategia terapeutica
basati sul rischio cardiaco e riportati nella Figura 3, per i
pazienti che non possono essere arruolati nelle
sperimentazioni cliniche.
Figura 3 - Algoritmo terapeutico per i pazienti non arruolabili nelle sperimentazioni cliniche
7
Stadio I: NT-proBNP ≤332 ng/L e cTnI
≤0.1 ng/L (o cTnT ≤0.035 ng/L)
Stadio II: NT-proBNP >332 ng/L o cTnI
>0.1 ng/L (o cTnT >0.035 ng/L)
Stadio III: NT-proBNP >332 ng/L e cTnI
>0.1 ng/L (o cTnT >0.035 ng/L)
Riduzione di NT-proBNP: diminuzione di
NT-proBNP >300 ng/L e >30% in
pazienti in cui la concentrazione di NTproBNP prima della terapia era almeno
650 ng/L.
Nei pazienti di età <65 anni e con
controindicazioni potenzialmente
reversibili all’autotrapianto di cellule
staminali si consiglia di evitare terapie
basate sul melphalan per non impedire
una futura raccolta delle cellule
staminali.
ASCT, autotrapianto di cellule staminali
del sangue periferico; BDex, bortezomib
+ desametasone; BMDex, bortezomib +
melphalan + desametasone; CR,
risposta completa; CTD, ciclofosfamide
+ thalidomide + desametasone;
CyBorD, ciclofosfamide + bortezomib +
desametasone; MDex, melphalan +
desametasone; NR, non responsivi.
ANNO 3, NUMERO 19, MARZO 2012
Conclusioni
La gestione clinica dei pazienti con amiloidosi si basa su
alcuni principi fondamentali.
Diagnosi precoce. I medici devono conoscere e sospettare
l’amiloidosi in modo da evitare ritardi diagnostici che si
traducono in un danno d’organo irreversibile già prima di
iniziare la terapia.
Diagnosi corretta. L’individuazione inequivocabile del tipo di
amiloidosi in causa è indispensabile in tutti i pazienti con
amiloidosi sistemica, per evitare errori terapeutici catastrofici.
La tipizzazione dell’amiloidosi si ottiene con l’analisi
immunoistochimica in microscopia elettronica o con l’analisi
proteomica dei tessuti in cui sono stati individuati i depositi di
amiloide. L’immunoistochimica in microscopia ottica è
affidabile solo nella diagnosi di amiloidosi AA.
Stratificazione del rischio cardiaco. Nell’amiloidosi AL la
prognosi e la possibilità di impiegare alcuni tipi di terapia
dipendono dalla stratificazione del rischio basata sui
marcatori di disfunzione cardiaca.
Terapia efficace. Fino a che non vi saranno terapie standard,
a tutti i pazienti con amiloidosi sistemica dovrebbe essere
offerta la possibilità di accedere alle sperimentazioni
cliniche presso i centri di riferimento.
Stretto monitoraggio durante la terapia. Nell’amiloidosi AL
è possibile individuare rapidamente l’efficacia della terapia
misurando frequentemente la concentrazione delle catene
leggere libere circolanti e dei marcatori cardiaci, allo scopo
di interrompere tempestivamente un trattamento inefficace
e passare a un nuovo approccio.
Questi accorgimenti permettono di garantire la miglior cura
possibile ai pazienti affetti da queste malattie rare. Anche se
negli ultimi venti anni sono stati fatti grandi progressi, che,
ad esempio hanno portato la percentuale dei pazienti con
amiloidosi AL che sopravvive più di cinque anni dal 30 al
60%, molto resta ancora da fare, in particolare per
aumentare la sopravvivenza dei soggetti che si presentano
con grave danno cardiaco, per aiutare i quali siamo ancora
troppo spesso impotenti.
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ANNO 3, NUMERO 19, MARZO 2012
QUESTIONARIO DI AGGIORNAMENTO
Completare il questionario on-line nella sezione “Percorso didattico“
del sito Internet www.nefro14.it
1. Nella diagnosi differenziale di
un’amiloidosi con proteinuria si
devono considerare:
 a. Amiloidosi AL
 b. Amiloidosi AA
 c. Amiloidosi AFib
 d. Tutte le precedenti
2. Nell’amiloidosi AL l’interessamento
cardiaco è definito da:
 a. Aspetto caratteristico alla RMN
 b. Spessore medio della parete del
ventricolo sinistro >12 mm in
assenza di altre cause
 c. Spessore medio della parete del
ventricolo sinistro >12 mm o NTproBNP >332 ng/L in assenza di
altre cause
 d. Elevata ecoriflettenza ventricolare
all’ecocardiografia e bassi voltaggi
all’ECG
3. Nell’amiloidosi AL i principali
fattori prognostici alla diagnosi sono:
 a. L’insufficienza renale e l’età
 b. L’insufficienza renale e la frazione
d’eiezione all’ecocardiografia
 c. NT-proBNP e troponine
 d. NT-proBNP, troponine e creatinina
4. In un paziente con proteinuria,
componente monoclonale IgG
e
depositi
di
amiloide
con
immunfluorescenza positiva per catene
leggere
e
su biopsia renale è
consigliabile:
 a. Verificare la caratterizzazione
dell’amiloidosi come AL mediante
analisi immunoistochimica in
microscopia elettronica
 b. Iniziare una terapia per
amiloidosi AL
 c. Escludere un’amiloidosi AL e
ricercare cause di flogosi alla base
di una possibile amiloidosi AA
 d. Programmare un controllo
clinico a breve termine
12
5. Le amiloidosi ereditarie:
 a. Possono dare interessamento
renale che può manifestarsi sia con
proteinuria che con insufficienza
renale
 b. Non danno interessamento
renale
 c. Possono dare interessamento
renale che può manifestarsi solo
con insufficienza renale
 d. Possono dare interessamento
renale, ma solo tardivamente
6. L’amiloidosi ereditaria da
apolipoproteina AI Leu75Pro:
 a. Si manifesta con macroglossia e
proteinuria
 b. Si manifesta con colestasi e
insufficienza renale ed è molto
comune nella Lombardia orientale
 c. Si manifesta con azoospermia e
insufficienza renale, ma non ne
sono ancora stati osservati casi in
Italia
 d. Non esiste
7. L’amiloidosi senile sistemica:
 a. Si manifesta con interessamento
del sistema nervoso periferico e
interessa quasi esclusivamente i
maschi
 b. Si manifesta con interessamento
cardiaco,
interessa
quasi
esclusivamente i maschi e non si
associa
a
bassi
voltaggi
elettrocardiografici
 c. Interessa solo le femmine dopo
la sesta decade
 d. Si manifesta solo in pazienti con
mutazioni della TTR
8. In un paziente con amiloidosi renale
e cardiaca che è costituita da catene
leggere all’analisi proteo mica:
 a. Si devono misurare le catene
leggere libere circolanti, NTproBNP e troponina prima di
iniziare la chemioterapia
 b. Si deve iniziare una terapia
immunosoppressiva
 c. Si deve impostare uno
strettissimo monitoraggio per
cogliere
tempestivamente
il
momento in cui è necessario
iniziare la terapia
 d. Si deve impostare uno
strettissimo monitoraggio per
cogliere
tempestivamente
il
momento in cui è necessario
iniziare la terapia a meno che non
sia già presente un mieloma
multiplo
9. Un paziente con amiloidosi AA
reattiva ad artrite reumatoide con
sindrome
nefrosica
e
lieve
insufficienza
renale
ha
una
concentrazione di SAA stabilmente
elevata intorno a 100 mg/L
(riferimento: <6.4 mg/L) e l’artrite è
in remissione clinica:
 a. L’artrite è in remissione, si deve
attendere un miglioramento del
danno renale
 b. L’artrite è in remissione, si deve
attendere un miglioramento del
danno renale a meno che non sia già
presente interessamento cardiaco
 c. È indispensabile la valutazione
del rischio cardiaco con NTproBNP e troponine prima di
iniziare la chemioterapia
 d. Bisogna potenziare la terapia
dell’artrite reumatoide, anche se è in
remissione clinica, allo scopo di
abbassare la concentrazione di SAA
10. Nell’amiloidosi AL la risposta
cardiaca alla terapia si definisce
come:
 a. Riduzione di almeno il 30% e
300 ng/L del NT-proBNP
 b. Riduzione di almeno il 50% di
dFLC
 c. Normalizzazione della RMN
cardiaca
 c. Riduzione di almeno 3 mm dello
spessore del setto interventricolare
all’ecocardiografia
ANNO 3, NUMERO 19, MARZO 2012
11. Un paziente con amiloidosi AL
in stadio cardiaco III:
 a. È un candidato all’autotrapianto
di cellule staminali
 b. È un soggetto a prognosi molto
severa
 c. Necessita di dialisi
 d. È un candidato all’autotrapianto
di cellule staminali solo se non si
associa insufficienza renale e l’età
è <60 anni
12. Nell’amiloidosi AL i farmaci
immunomodulatori:
 a. Causano un aumento dei
marcatori cardiaci che può
interferire con la valutazione della
risposta d’organo alla terapia
 b. Sono controindicati nei pazienti
già trattati
 c. Sono prescrivibili solo in
presenza di mieloma multiplo
 d. Causano una colestasi che può
interferire con la valutazione della
risposta d’organo alla terapia
13. Un soggetto di 39 anni ha una
componente monoclonale IgG ,
scompenso cardiaco e sindrome
nefrosica, NT-proBNP e troponina
elevati, una biopsia endomiocardica
positiva per amiloidosi:
 a. La diagnosi è di amiloidosi AL ed
è un candidato all’autotrapianto di
cellule staminali data la giovane età
 b. La diagnosi è di amiloidosi AL,
ma non è un candidato
all’autotrapianto di cellule staminali
a causa del grave danno cardiaco
 c. È necessario caratterizzare i
depositi di amiloide prima di
iniziare la terapia
 d. È necessario eseguire una
biopsia renale per verificare che
anche la sindrome nefrosica sia
causata dall’amiloidosi AL
14. In un paziente con amiloidosi AL
renale, dopo due cicli di chemioterapia
si osservano una riduzione di dFLC
(500 100 mg/L) e stabilità della
proteinuria (7 8 g/24h):
 a. Non c’è stata risposta, si deve
modificare al più presto la terapia
 b. Non c’è stata risposta, si deve
potenziare la terapia
 c. C’è stata una risposta
ematologica
parziale
senza
risposta renale, si deve modificare
al più presto la terapia
 d. C’è stata una risposta
ematologica
parziale
senza
risposta renale, si può continuare
la terapia, la risposta renale può
essere tardiva
15. In un paziente con amiloidosi AL
cardiaca, dopo nove cicli di
chemioterapia con melphalan e
desametasone si osservano una
riduzione di dFLC (1100 100 mg/L) e
stabilità del NT-proBNP (7000 6300
ng/L):
 a. C’è stata una risposta ematologica
parziale senza risposta cardiaca, si
deve modificare la terapia
 b. C’è stata una risposta
ematologica
parziale
senza
risposta cardiaca, si può continuare
la terapia, la risposta cardiaca può
essere tardiva
 c. C’è stata una risposta
ematologica
parziale
senza
risposta cardiaca, si può continuare
la terapia, la mancata risposta
cardiaca può essere spiegata da un
effetto tossico della terapia
 d. La risposta è soddisfacente, si
può sospendere la terapia
Edizione italiana di
Anno 3, Numero 19, Marzo
2012. Periodico mensile.
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