ANNO 3, NUMERO 19, MARZO 2012 PERCORSO FORMATIVO NEFRO 14 2012 Newsletter per l’aggiornamento e la formazione professionale continua in nefrologia ANNO TERZO, NUMERO 19, MARZO 2012 AMILOIDOSI CARDIACA E RENALE: RECENTI ACQUISIZIONI PER UN VECCHIO PROBLEMA Percorso Formativo nefro14 Corso accreditato presso il Ministero della Salute con il codice N. 5-27022 Responsabile Scientifico Dr. Pietro Mario Allaria 1 ANNO 3, NUMERO 19, MARZO 2012 AMILOIDOSI CARDIACA E RENALE: RECENTI ACQUISIZIONI PER UN VECCHIO PROBLEMA diagnostiche adeguate e a terapie efficaci. Infatti, soltanto presso centri di riferimento nazionali si possono raccogliere un numero sufficiente di casi per addestrare medici esperti, rendere economicamente giustificata la presenza delle costose e complesse tecnologie necessarie per la diagnosi e condurre la ricerca clinica sui nuovi farmaci. Il centro di riferimento di Pavia è attivo dal 1986, i medici del centro si dedicano esclusivamente alla cura dei pazienti con amiloidosi e alla ricerca in questo campo (www. amiloidosi.it). Per venire incontro alle esigenze dei pazienti con amiloidosi, dal 1996 il centro di Pavia coordina una rete nazionale di istituzioni che forniscono cure facilmente accessibili ai pazienti affetti da amiloidosi sistemica. Un approccio di questo tipo, basato sull’interazione tra un centro di coordinamento clinico nazionale e istituzioni periferiche, può migliorare la prognosi dei pazienti affetti da amiloidosi.4 Dr. Giovanni Palladini - Centro per lo Studio e la Cura delle Amiloidosi Sistemiche – Fondazione Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) Policlinico San Matteo e Dipartimento di Medicina Molecolare – Università di Pavia, Pavia, Italia L e amiloidosi sono patologie in cui proteine autologhe diverse e tra loro non correlate vanno in contro ad alterazioni conformazionali che le portano ad aggregare e a depositarsi nei tessuti sotto forma di fibrille insolubili.1 Questo processo, nelle forme sistemiche di amiloidosi, porta a un danno degli organi coinvolti, che, se non è arrestato da una terapia efficace, ha esito fatale. Si conoscono circa trenta tipi diversi di amiloidosi, classificati sulla base della proteina che forma le fibrille.2 Le più comuni forme di amiloidosi sistemica sono riportate nella Tabella 1. Le amiloidosi sistemiche sono malattie rare, con un’incidenza stimata di circa 9 casi per milione di persone anno.3 Questo significa che i pazienti con amiloidosi si trovano ad affrontare i problemi comuni ai soggetti affetti da malattie rare: ritardi nella diagnosi, difficoltà nell’ottenere informazioni adeguate, necessità di viaggiare fino a centri di riferimento per accedere a procedure Presentazione clinica I sintomi, segni clinici e i dati strumentali che dovrebbero indurre a sospettare il più precocemente possibile una forma sistemica di amiloidosi sono poco specifici e richiedono un alto grado di attenzione da parte del clinico. Sono comunemente riferiti astenia, inappetenza, disgeusia e calo ponderale. Inoltre, può fare parte della storia clinica, precedendo la diagnosi anche di mesi o anni, il riscontro di una sindrome del tunnel carpale, più frequentemente Tabella 1 - Tipi più comuni di amiloidosi sistemica Precursore (sede di sintesi) Prevalenza relativa in Italia Cuore Rene Fegato SNP SNA TM Da catene leggere immunoglobuliniche (AL) midollo osseo 70% +++ +++ ++ ++ ++ ++ Ereditaria da transtiretina mutata (ATTR) fegato 10% +++ ± - +++ ++ ± fegato, intestino 10% +++ ++ +++ ± - - Reattiva a flogosi cronica (AA) fegato 7% + +++ + - + - Senile da transtiretina wild type (SSA, ATTRwt) fegato 3% +++ - - - - - Ereditaria da fibrinogeno (AFib) fegato <1% - +++ - - - - Ereditaria da apolipoproteina AI mutata (AapoAI) 2 Interessamento d’organo Da catene leggere immunoglobuliniche (AL) SNP, sistema nervoso periferico; SNA, sistema nervoso autonomo; TM, tessuti molli. ANNO 3, NUMERO 19, MARZO 2012 bilaterale. L’amiloidosi deve sempre essere considerata nella diagnosi differenziale di una neuropatia periferica sensitivo-motoria, in particolare se associata a neuropatia autonomica in pazienti non diabetici, o in presenza di epatomegalia senza lesioni focali. Il riscontro di proteinuria glomerulare (>0.5 g/24 ore) in un paziente non diabetico, di una cardiomiopatia ipertrofica all’esame ecocardiografico, di un’elevata concentrazione di peptide natriuretico di tipo B (BNP) o della porzione N-terminale del suo propeptide (NT-proBNP) dovrebbero indurre prontamente il sospetto di amiloidosi. La prognosi di tutte le forme sistemiche di amiloidosi dipende in modo sostanziale dalla precocità della diagnosi e, pertanto, la presenza di uno o più dei segni clinici menzionati è sempre meritevole di un approfondimento diagnostico. Amiloidosi AL: presentazione clinica e prognosi 3 Nell’amiloidosi AL, la formazione dei depositi di amiloide può interessare, se pure con diversa frequenza, praticamente tutti gli organi con l’eccezione del sistema nervoso centrale (Tabella 1). Per questo motivo, le manifestazioni della malattia sono eterogenee e si possono presentare in diverse combinazioni, rendendo in alcuni casi difficile formulare il sospetto diagnostico. Tuttavia, in circa il 15% dei pazienti, la deposizione di amiloide nei tessuti molli dà luogo a segni che si possono considerare patognomonici di amiloidosi AL, come la macroglossia, con frequente coinvolgimento dei tessuti molli sottomandibolari, e la porpora periorbitale. Gli organi più frequentemente coinvolti nell’amiloidosi AL sono il cuore e il rene. L’interessamento renale si manifesta nel 93% dei casi con proteinuria. Più della metà dei pazienti con amiloidosi AL si presenta con sindrome nefrosica all’esordio. L’insufficienza renale, al contrario, è meno frequente al momento della diagnosi, anche se circa il 20% dei pazienti va incontro nel corso della malattia a insufficienza renale terminale. La progressione del danno renale dipende dalla funzione renale residua e dall’entità della proteinuria, ma può essere arrestata da una terapia efficace.5 Questo sottolinea l’importanza della diagnosi precoce. La possibilità di sopperire con la dialisi alla perdita della funzione renale fa sì che l’interessamento del rene non condizioni la sopravvivenza. Infatti, la maggioranza dei pazienti con coinvolgimento renale muore per cause legate all’interessamento del cuore da parte della malattia. L’interessamento cardiaco si rende evidente all’ecocardiografia con ispessimento del setto e delle pareti ventricolari. I ventricoli non sono dilatati, anzi, le camere ventricolari possono essere di volume inferiore alla norma in un quadro di cardiomiopatia restrittiva. L’infiltrazione da parte dell’amiloide conferisce al miocardio un’iperecogenicità granulare “a vetro smerigliato”. Fino a stadi avanzati della malattia, la funzione sistolica globale, espressa dalla frazione d’eiezione, si mantiene normale. All’ispessimento delle pareti ventricolari si accompagnano caratteristicamente bassi voltaggi elettrocardiografici nelle derivazioni periferiche. Questa discrepanza spesso aiuta a distinguere l’amiloidosi dalle altre condizioni in cui si ha un ispessimento delle pareti ventricolari, ad esempio la cardiopatia ipertensiva. Il quadro clinico è d’insufficienza cardiaca destra, evidente nel 40% dei pazienti alla diagnosi. L’amiloidosi cardiaca rappresenta la causa di morte più comune nell’amiloidosi AL: circa la metà dei pazienti giunge a morte per scompenso cardiaco e in un quarto dei casi la morte avviene improvvisamente a causa di aritmie cardiache. Le aritmie ventricolari ripetitive (coppie di battiti ectopici ventricolari o episodi di tachicardia ventricolare non sostenuta) rilevate al monitoraggio elettrocardiografico delle 24 ore secondo Holter, si associano alla morte cardiaca improvvisa.6 La sopravvivenza mediana dei pazienti con amiloidosi AL è in lento progressivo aumento grazie ai progressi nella terapia e si avvicina ora ai quattro anni. Nell’amiloidosi AL, la prognosi dipende dal coinvolgimento cardiaco. L’entità del danno cardiaco può essere determinata misurando la concentrazione di marcatori biochimici di disfunzione cardiaca: l’NT-proBNP e le troponine.7,8 Il NT-proBNP è un marcatore molto sensibile di interessamento cardiaco e, nell’amiloidosi AL, tutti i pazienti con coinvolgimento del cuore hanno un’elevata concentrazione di NT-proBNP.7 Il NT-proBNP e le troponine cardiache sono i più importanti indicatori prognostici. È stato sviluppato un accurato sistema di stadiazione basato su questi due marcatori, che permette di dividere i soggetti con amiloidosi AL in tre gruppi con prognosi molto diversa.9 I pazienti che alla diagnosi si presentano con una concentrazione elevata sia di NT-proBNP sia di troponina hanno una sopravvivenza di pochi mesi soltanto. Più recentemente, nostri studi hanno evidenziato che la troponina misurata con metodi ad alta sensibilità permette di identificare il danno miocardico molto precocemente, e la sua concentrazione è un marcatore prognostico molto potente.10 La proadrenomedullina si è recentemente dimostrata un nuovo marcatore di disfunzione cardiaca nell’amiloidosi AL.11 Circa un quarto dei pazienti con amiloidosi AL si presenta con coinvolgimento del fegato, che si manifesta con epatomegalia, anche marcata, ed elevati indici di colestasi. Inizialmente sono superiori al limite di riferimento la GT e la fosfatasi alcalina, quindi, nel progredire della malattia, può aumentare la bilirubina e svilupparsi ittero. Le transaminasi sono per lo più normali all’esordio, ma possono aumentare nelle fasi avanzate della malattia, anche se, caratteristicamente, il loro incremento è minore di quello degli indici di colestasi. L’insufficienza epatica è rara anche in presenza di epatomegalia massiva. I tre quarti dei pazienti con amiloidosi epatica muoiono a causa dell’interessamento del cuore da parte della malattia, mentre solo l’8% di questi pazienti giunge a morte per progressione del danno epatico. L’amiloidosi AL interessa il sistema nervoso periferico in circa un quinto dei pazienti e dà luogo a una neuropatia assonale, progressiva, inizialmente sensitiva, caratterizzata da parestesie e perdita della sensibilità superficiale. L’ipoestesia tende a interessare in modo più marcato la sensibilità termica e dolorifica, piuttosto che quella tattile. I sintomi compaiono prima agli arti inferiori e tendono a estendersi in senso prossimale. Le manifestazioni motorie insorgono più tardi nel corso della malattia e cominciano distalmente a livello degli arti inferiori, spesso con “piede cadente”. La neuropatia periferica si accompagna in molti casi a disautonomia. Complessivamente, il 16% dei pazienti si presenta con interessamento del sistema nervoso autonomo, che può manifestarsi con ipotensione ortostatica, disidrosi, incontinenza o ritenzione urinaria e impotenza. Vi possono essere inoltre manifestazioni gastrointestinali (diarrea, talora scatenata dal riflesso gastro-colico, stipsi, gastroparesi con precoce ripienezza post-prandiale), che possono essere in parte dovute al sovrapporsi del coinvolgimento del tratto gastroenterico, presente nell’8% dei pazienti. Soltanto un terzo dei pazienti ha un solo organo o sistema coinvolto dalla malattia alla diagnosi ed il quadro clinico complessivo è dato dalle varie combinazioni delle manifestazioni descritte. La presenza in associazione del danno di due o più degli organi che possono essere interessati dall’amiloidosi AL è un indizio importante per formulare il sospetto diagnostico. Vi sono poi sintomi generali, che sono molto frequenti nei pazienti con amiloidosi AL e che non sono causati dall’interessamento di un organo in particolare. Il più comune è l’astenia, che si presenta nei due terzi dei pazienti e che può essere molto profonda. Altre importanti manifestazioni generali dell’amiloidosi AL sono legate all’alterazione dello stato nutrizionale.12,13 In più della metà dei pazienti si verifica una perdita di peso, che può arrivare fino ad un ANNO 3, NUMERO 19, MARZO 2012 terzo del peso usuale prima dell’esordio della malattia e che talora è mascherata dalla ritenzione idrica. Amiloidosi AA L’amiloidosi AA (o reattiva) si sviluppa come complicanza di uno stato di flogosi cronica, caratterizzato dal persistente aumento della concentrazione plasmatica del precursore amiloidogenico siero amiloide A (SAA). La SAA, come la proteina C reattiva, è una proteina di fase acuta secreta dal fegato. In presenza di uno stimolo infiammatorio, la SAA, in particolare la SAA1, può aumentare fino a 100-1000 volte la propria concentrazione plasmatica, che è normalmente pari a 4-6 mg/L. Il rischio che la proteina si depositi nei tessuti in forma di fibrille di amiloide dipende non solo dall’entità dell’incremento della concentrazione plasmatica ma anche, e soprattutto, dalla persistenza di questo incremento nel tempo. Di conseguenza, le patologie infiammatorie croniche in cui maggiore è il rischio di insorgenza di amiloidosi AA sono le artriti infiammatorie croniche, le malattie infiammatorie intestinali, infezioni croniche severe come la tubercolosi o infezioni ricorrenti in corso di fibrosi cistica e bronchiectasie, alcune neoplasie e, sebbene molto più rare, le sindromi autoinfiammatorie ereditarie. Il sospetto clinico deve essere posto in presenza di un danno renale glomerulare che si manifesta con proteinuria. Nei pazienti con malattie infiammatorie croniche è indispensabile mantenere una particolare attenzione al rischio di insorgenza di amiloidosi AA quando il controllo dello stato di flogosi non è completo nonostante la remissione dei sintomi. A questo scopo, è raccomandato monitorare ogni 4-6 mesi la proteinuria delle 24 ore, che è il primo segno della malattia in più del 90% dei casi. Se non trattata adeguatamente, l’amiloidosi AA è progressiva, con deterioramento, talvolta anche repentino, della funzione renale fino all’inevitabile evoluzione all’insufficienza renale terminale e alla dialisi. Spesso la progressione del quadro renale si associa ad epatomegalia con fosfatasi alcalina elevata, ad episodi di sanguinamento a livello della mucosa intestinale o delle vie urinarie e all’instaurarsi di un’ipotensione ortostatica talvolta invalidante. L’amiloidosi da apolipoproteina A-I in Italia, e in particolare in Lombardia, ha una prevalenza significativamente elevata, in conseguenza della diffusione di una specifica mutazione, Leu75Pro, associata ad un fenotipo relativamente benigno della malattia, che ne ha favorito la trasmissione nelle generazioni. Si tratta di una forma di amiloidosi sistemica lentamente evolutiva, a prevalente coinvolgimento epatico, renale e testicolare che si esprime con una modesta colestasi, insufficienza renale cronica raramente evolutiva, e infertilità maschile che si sviluppa dopo i 30 anni.15 Amiloidosi senile sistemica Nota anche come amiloidosi senile cardiaca per l’esclusivo interessamento del cuore, è una forma di amiloidosi che si riscontra prevalentemente oltre la VI decade di vita e interessa quasi unicamente, per ragioni ancora sconosciute, i maschi. Nell’amiloidosi cardiaca senile i depositi di amiloide sono formati da transtiretina wild type e la malattia non è quindi ereditaria. La transtiretina è una proteina intrinsecamente amiloidogenica che, con l’invecchiamento, forma minimi depositi di amiloide, clinicamente silenti, nel cuore e nei vasi della maggior parte delle persone. In alcuni individui, tuttavia, questi depositi sono cospicui e sono responsabili dell’insorgenza di cardiopatia restrittiva e scompenso cardiaco. a differenza delle altre forme di amiloidosi cardiaca, di solito l’ECG mostra voltaggi normali. Diagnosi di amiloidosi La diagnosi di amiloidosi richiede la documentazione istologica dei depositi di amiloide nei tessuti.16,17 In circa l’80% dei casi, depositi di amiloide si possono rilevare per mezzo di agoaspirato di grasso periombelicale (Figura 1), una procedura semplice e poco invasiva, che permette di risparmiare la biopsia d’organo, che nell’amiloidosi è gravata da complicanze emorragiche più frequentemente che in altre malattie, alla maggior parte dei pazienti. La sensibilità dell’agoaspirato di grasso periombelicale è maggiore nell’amiloidosi AL e nell’amiloidosi AA e minore nelle altre forme. Se nel grasso periombelicale non Amiloidosi ereditarie 4 Le amiloidosi ereditarie sono malattie a trasmissione autosomica dominante e pertanto la storia familiare può suggerire la diagnosi. D’altra parte, l’esordio avviene sempre in età adulta, generalmente a partire dalla V-VI decade di vita o anche più tardi, e l’anamnesi familiare può non essere informativa in quasi la metà dei casi, mascherando l’ereditarietà del quadro. Pertanto l’assenza di una chiara familiarità non permette di escludere l’ipotesi di una forma ereditaria di amiloidosi. Accanto a quadri di rarissima osservazione nella nostra popolazione, come l’amiloidosi da fibrinogeno, da lisozima e da gelsolina, vi sono due forme relativamente frequenti, che pongono seri problemi di diagnosi differenziale con l’amiloidosi AL: l’amiloidosi da transtiretina e l’amiloidosi da apolipoproteina A-I. L’amiloidosi da transtiretina, nella maggior parte dei casi, esordisce con una neuropatia periferica sensitiva, caratterizzata da parestesie persistenti alle estremità degli arti, cui possono associarsi disestesie urenti. L’evoluzione clinica si caratterizza per la progressiva compromissione della sensibilità termica, dolorifica e tattile, cui si associa nel tempo ipostenia ingravescente agli arti inferiori e ipotrofia muscolare. È inoltre frequente l’insorgenza di cardiomiopatia restrittiva, indistinguibile sul piano ecocardiografico dall’amiloidosi AL, rispetto alla quale tuttavia appare meno aggressiva.14 Figura 1 - Agoaspirato di grasso periombelicale in un paziente con amiloidosi AL (colorazione con rosso Congo, osservazione in luce polarizzata, 400x) ANNO 3, NUMERO 19, MARZO 2012 s’individuano depositi di amiloide, ma il sospetto clinico persiste, si può far ricorso alla biopsia delle ghiandole salivari minori labiali, che ha una sensibilità del 58% nei casi in cui il grasso periombelicale è negativo.18 Se anche nelle ghiandole salivari minori labiali non si individuano depositi di amiloide, in presenza d’un forte sospetto clinico, si può ricorrere alla biopsia dell’organo interessato, con ogni precauzione per minimizzare il rischio emorragico. L’individuazione dei depositi di amiloide è soltanto il primo passo per la diagnosi. Per procedere alla terapia, è assolutamente indispensabile caratterizzare in modo inequivocabile i depositi di amiloide, cioè individuare la proteina che forma le fibrille. Una caratterizzazione sbagliata dei depositi di amiloide può portare a errori terapeutici catastrofici, come trapiantare il midollo osseo invece del fegato.19-22 L’analisi immunoistochimica in microscopia ottica è utile,23 ma è sufficientemente affidabile soltanto per riconoscere l’amiloidosi AA, mentre può indurre in errore nell’amiloidosi AL (questo è vero anche per l’immunofluorescenza su biopsia renale).24,25 L’analisi immunoistochimica in microscopia elettronica è molto più affidabile, perché permette di co-localizzare gli anticorpi diretti contro la proteina precursore e le fibrille; inoltre si può eseguire su agoaspirato di grasso periombelicale (Figura 2).26 Recentemente, sono state messe a punto tecniche di proteomica basate sulla spettrometria di massa, che sono ora considerate il “gold standard” per la caratterizzazione delle amiloidosi.27-29 L’analisi del DNA è necessaria per individuare le mutazioni nei geni delle proteine amiloidogeniche nelle forme ereditarie. La necessità di tecniche così costose e complesse per la diagnosi di amiloidosi, impone il ricorso a centri di riferimento nazionali, riferendo i pazienti direttamente o attraverso le reti. Nell’amiloidosi AL, una volta che è stato dimostrato che le fibrille di amiloide sono costituite da catene leggere immunoglobuliniche, è necessario individuare il clone Figura 2 - Agoaspirato di grasso periombelicale in un paziente con amiloidosi AL (anticorpi anti - , 22000x) plasmacellulare responsabile della loro produzione, per verificare la tipizzazione dell’amiloidosi e, soprattutto, per avere i dati basali necessari a valutare in seguito la risposta alla terapia. Il clone plasmacellulare alla base dell’amiloidosi AL è generalmente di piccole dimensioni e può essere difficile da individuare.30 Per ottenere la massima sensibilità, oltre al mieloaspirato e/o alla biopsia osteomidollare, è necessaria la combinazione di elettroforesi con immunofissazione del siero e delle urine e la quantificazione nefelometrica delle catene leggere libere circolanti (FLC).31 La Tabella 2 indica gli esami necessari per la valutazione di un paziente con amiloidosi AL alla diagnosi. Tabella 2 - Esami necessari per la valutazione dei pazienti con amiloidosi AL alla diagnosi 5 Obiettivo Esami Caratterizzazione dei depositi dimostrazione che le fibrille di amiloide sono formate da catene leggere per mezzo di analisi proteomica o immunoistochimica in microscopia elettronica* Clone amiloidogenico mieloaspirato e/o biopsia osteomidollare elettroforesi con immunofissazione di siero e urine quantificazione delle catene leggere libere circolanti Interessamento cardiaco quantificazione di NT-proBNP (o BNP) quantificazione di cTnI, cTnT, o hs-cTnT ecocardiografia (risonanza magnetica nucleare cardiaca) Interessamento renale proteinuria creatininemia e stima della velocità di filtrazione glomerulare Interessamento epatico esami biochimici di funzione epatica misurazione delle dimensioni del fegato con tecniche di imaging riproducibili Interessamento del sistema nervoso periferico visita neurologica (elettromiografia) Interessamento del sistema nervoso autonomo visita neurologica con accurata anamnesi (test disautonomici) *Richiesto da AIFA per la prescrizione dei nuovi farmaci. BNP, peptide natriuretico di tipo B; cTn, troponina cardiaca; hs, alta sensibilità; NT-proBNP, porzione N-terminale del pro-BNP. ANNO 3, NUMERO 19, MARZO 2012 Terapia Il principio generale alla base della terapia delle amiloidosi sistemiche è la riduzione e, quando possibile, l’eliminazione della produzione del precursore amiloidogenico circolante. Questo si ottiene con la chemioterapia diretta contro il clone plasmacellulare amiloidogenico nell’amiloidosi AL, con il controllo della malattia causa di flogosi nell’amiloidosi AA, con il trapianto di fegato (che elimina la produzione della proteina mutata) nell’amiloidosi ATTR. Nell’amiloidosi AL, la riduzione della concentrazione delle catene leggere libere amiloidogeniche circolanti si associa a un miglioramento del danno cardiaco e della sopravvivenza.7,32 Questo effetto si osserva anche se la quantità di amiloide depositata nel cuore, valutata sulla base dello spessore di parete all’ecocardiografia, non si riduce, indicando che nell’amiloidosi AL il danno cardiaco non è causato tanto dai depositi quanto da un’azione tossica diretta delle catene leggere amiloidogeniche.7,32 Anche nell’amiloidosi AA, il mantenimento di una bassa concentrazione di SAA migliora la prognosi e può prevenire la progressione del danno d’organo.33 Per questi motivi, è indispensabile monitorare strettamente la concentrazione delle catene leggere libere circolanti nell’amiloidosi AL e della SAA nell’amiloidosi AA, per potere valutare l’efficacia della terapia e intervenire tempestivamente ed appropriatamente in caso di inefficacia. Recentemente, nell’amiloidosi ATTR sono state sviluppate nuove strategie terapeutiche, basate su una nuova classe di molecole capaci di legare la proteina patologica circolante, aumentando la sua stabilità strutturale e prevenendone la deposizione. Questi farmaci sono impiegati in Italia all’interno di sperimentazioni cliniche attive presso il centro per l’amiloidosi di Pavia. Principi di terapia nell’amiloidosi AL Lo scopo della terapia nell’amiloidosi AL è ridurre la concentrazione delle catene leggere libere amiloidogeniche circolanti al di sotto della concentrazione capace di causare la progressione del danno cardiaco e, se possibile, a un livello tale da promuovere il miglioramento della disfunzione cardiaca.10 L’andamento del danno cardiaco si può valutare molto accuratamente studiando le variazioni della concentrazione del NT-proBNP, che sono il principale fattore di prognosi dopo la terapia. I criteri di risposta ematologica e cardiaca alla terapia nell’amiloidosi AL sono riportati nella Tabella 3. Poiché l’amiloidosi AL è rapidamente progressiva e il coinvolgimento cardiaco è la principale causa di morte, ma la risposta alla terapia può cambiare radicalmente la storia naturale della malattia, assicurando una lunga sopravvivenza anche ai pazienti con interessamento del cuore, è indispensabile uno stretto monitoraggio dell’efficacia del trattamento con misurazioni dei peptidi natriuretici e delle catene leggere libere circolanti. La frequenza raccomandata per i controlli della risposta alla terapia è ogni due cicli per la chemioterapia convenzionale e tre mesi dopo la procedura nei pazienti sottoposti ad autotrapianto di cellule staminali del sangue periferico.34 Nell’amiloidosi AL sono stati finora impiegati schemi di chemioterapia che derivano da quelli sviluppati nel mieloma multiplo. Tuttavia, i pazienti con amiloidosi AL non hanno soltanto una neoplasia ematologica, ma presentano una disfunzione di uno o più organi, che li rende particolarmente fragili e suscettibili alla tossicità della chemioterapia. L’approccio di cura deve essere adattato alle condizioni di ciascun paziente, basandosi sulla funzione d’organo residua e in particolare sull’entità del danno cardiaco e la terapia deve avvenire sotto la supervisione di un centro con esperienza nel trattamento dell’amiloidosi AL.35 Il primo schema di chemioterapia che ha dimostrato di prolungare la sopravvivenza dei pazienti con amiloidosi AL è stato l’associazione di melphalan e prednisone (MP).36,37 Questo schema è ben tollerato anche nei soggetti con malattia avanzata, ma ha lo svantaggio di dare una bassa percentuale di risposta ematologica (circa il 30%), di indurre solo raramente la risposta completa (CR) e di richiedere molto tempo (fino a un anno) per esercitare la propria azione.37 Un passo avanti molto importante è stato fatto con l’autotrapianto di cellule staminali (ASCT).38,39 Recentemente è stata pubblicata la più ampia esperienza sull’ASCT nell’amiloidosi AL.40 Quando il trapianto è praticato con alte dosi di melphalan (200 mg/m2) induce una risposta ematologica in circa i tre quarti dei pazienti41 e una CR nel 43% dei casi.40 Tuttavia, la fragilità dei pazienti con amiloidosi dovuta al coinvolgimento d’organo e in particolare all’interessamento cardiaco rende molto alta la mortalità legata al trattamento (TRM).42 Una TRM particolarmente elevata (20-40%) si osserva in centri di ematologia generale che hanno una scarsa esperienza nella terapia dell’amiloidosi AL.43 In centri di riferimento la TRM si situa tra il 10 e il 15%,41,44,45 ma l’esperienza accumulata negli ultimi anni, insieme ad una più accurata selezione dei pazienti, ha portato a ridurre la TRM fino al 46%.40,46-48 Anche nella valutazione della praticabilità dell’ASCT, i marcatori cardiaci hanno un ruolo molto Tabella 3 - Criteri di risposta ematologica e cardiaca nell’amiloidosi AL 6 Risposta Criteri Risposta ematologica* Risposta completa (CR): immunofissazione di siero e urine negativa e rapporto / delle catene leggere libere circolanti normale. Risposta parziale molto buona (VGPR): dFLC <40 mg/L. Risposta parziale (PR): dFLC <50% della concentrazione basale. Non risposta (NR): tutti gli altri casi. Risposta cardiaca Riduzione del NT-proBNP >30% e >300 ng/L rispetto alla concentrazione basale (in pazienti che prima della terapia hanno una concentrazione di NT-proBNP ≥650 ng/L).° *La risposta si deve valutare tre mesi dopo l’autotrapianto di cellule staminali o dopo due cicli di chemioterapia. °La progressione cardiaca è definita come un aumento della concentrazione del NT-proBNP >30% e >300 ng/L. Si deve usare cautela nella valutazione delle variazioni del NT-proBNP in presenza di fattori confondenti come modificazioni del filtrato glomerulare (>25%) e l’impiego di farmaci immunomodulatori (thalidomide, lenalidomide, pomalidomide). dFLC, differenza tra la concentrazione delle catene leggere libere circolanti amiloidogeniche e non amiloidogeniche. ANNO 3, NUMERO 19, MARZO 2012 importante: i soggetti con troponina elevata dovrebbero essere esclusi da questa procedura.34,49 Nel tentativo di ridurre la TRM, si è tentato di abbassare la dose di melphalan usata nel trapianto a 100-a40 mg/m2. Questo, però, non ha ridotto la mortalità (intorno al 15%), mentre ha diminuito la percentuale di risposta ematologica (53%, CR 24%).40,41 Nei pazienti non eligibili per ASCT, il desametasone ad alte dosi è in grado di indurre la risposta più velocemente di MP, ma alte dosi di steroidi sono mal tollerate nei soggetti con amiloidosi AL (TRM 7%).50 Il nostro gruppo ha messo a punto uno schema attenuato di desametasone, che è risultato più tollerabile.51 Nel 1999 il nostro gruppo ha iniziato a usare uno schema a base di melphalan e desametasone (MDex) nei soggetti non candidabili al melphalan ad alte dosi, ottenendo una percentuale di risposta del 67% (CR 33%), con buona tollerabilità (TRM 4%) e risposte complete di lunga durata.52,53 Uno studio multicentrico francese non ha potuto dimostrare una superiorità di ASCT rispetto a MDex in termini di percentuale di risposta e di sopravvivenza.54 Tuttavia, MDex non è uno schema adatto per i pazienti che non possono sopportare alte dosi di steroidi, come quelli con amiloidosi cardiaca avanzata.55-57 Come nel mieloma multiplo, così nell’amiloidosi AL, l’avvento dei cosiddetti “nuovi farmaci”, gli immunomodulatori (IMiDs, thalidomide, lenalidomide e pomalidomide) e gli inibitori del proteasoma ha arricchito considerevolmente l’arsenale terapeutico. La thalidomide è attiva in associazione al desametasone (TDex), ma è mal tollerata (effetti collaterali gravi nei due terzi dei pazienti, tra cui bradicardia sintomatica in circa il 20% dei casi).58 L’aggiunta della ciclofosfamide (CTD) aumenta la percentuale di risposta ematologica ad oltre il 70% (CR 15%).59 Il nostro gruppo ha sperimentato la combinazione di melphalan, thalidomide e desametasone (MTD) nei pazienti con amiloidosi cardiaca avanzata, ma neanche questo schema è riuscito a modificare la pessima prognosi di questo sottogruppo.60 L’associazione TDex è utile come terapia adiuvante dopo ASCT, per aumentare la qualità della risposta.48 La lenalidomide è stata sperimentata in due studi paralleli, in cui la risposta ematologica è stata ottenuta nel 40-50% dei casi.61,62 L’aggiunta della lenalidomide a MDex ha indotto una risposta ematologica nel 58% dei pazienti (CR 23%).63 In tutti questi studi la dose massima tollerata di lenalidomide è stata 15 mg al dì, nei pazienti con funzione renale conservata. Associazioni di ciclofosfamide, lenalidomide e desametasone hanno dato risposte variabili (40-60%) secondo la presenza o meno nelle popolazioni studiate di pazienti già trattati.64-66 Il nostro gruppo ha dimostrato che l’associazione di lenalidomide e desametasone è un efficace trattamento di salvataggio nei pazienti refrattari ad agenti alchilanti, bortezomib e thalidomide.67 Anche il più recente degli IMiDs si è dimostrato particolarmente efficace nei soggetti sottoposti a diverse linee di terapia.68 La lenalidomide si associa ad un significativo rischio di progressione dell’insufficienza renale, in particolare nei soggetti con elevata proteinuria.69 Inoltre, gli IMiDs inducono un aumento dei marcatori di danno cardiaco, il cui meccanismo non è noto, che interferisce con la valutazione della risposta alla terapia.64,70-72 L’inibitore del proteasoma bortezomib si è dimostrato particolarmente efficace nell’amiloidosi AL, sia in studi retrospettivi73 sia in sperimentazioni cliniche prospettiche.74-76 Dopo ASCT, l’associazione di bortezomib e desametasone (BDex) aumenta la qualità della risposta e il numero di CR.77 In associazione ad agenti alchilanti questo farmaco ha dato una frequenza di risposta ematologica vicina al 100%, con CR fino all’85% dei casi.78,79 È stato suggerito che le plasmacellule amiloidogeniche usino il proteasoma per gestire la produzione di una proteina con alterazioni conformazionali tossiche e per questo siano più sensibili all’azione degli inibitori del proteasoma.80,81 Sono in corso studi di fase III per paragonare MDex a BMDex come terapia standard di prima linea per l’amiloidosi AL. In attesa della conclusione di questi studi, si possono dare suggerimenti sulla strategia terapeutica basati sul rischio cardiaco e riportati nella Figura 3, per i pazienti che non possono essere arruolati nelle sperimentazioni cliniche. Figura 3 - Algoritmo terapeutico per i pazienti non arruolabili nelle sperimentazioni cliniche 7 Stadio I: NT-proBNP ≤332 ng/L e cTnI ≤0.1 ng/L (o cTnT ≤0.035 ng/L) Stadio II: NT-proBNP >332 ng/L o cTnI >0.1 ng/L (o cTnT >0.035 ng/L) Stadio III: NT-proBNP >332 ng/L e cTnI >0.1 ng/L (o cTnT >0.035 ng/L) Riduzione di NT-proBNP: diminuzione di NT-proBNP >300 ng/L e >30% in pazienti in cui la concentrazione di NTproBNP prima della terapia era almeno 650 ng/L. Nei pazienti di età <65 anni e con controindicazioni potenzialmente reversibili all’autotrapianto di cellule staminali si consiglia di evitare terapie basate sul melphalan per non impedire una futura raccolta delle cellule staminali. ASCT, autotrapianto di cellule staminali del sangue periferico; BDex, bortezomib + desametasone; BMDex, bortezomib + melphalan + desametasone; CR, risposta completa; CTD, ciclofosfamide + thalidomide + desametasone; CyBorD, ciclofosfamide + bortezomib + desametasone; MDex, melphalan + desametasone; NR, non responsivi. ANNO 3, NUMERO 19, MARZO 2012 Conclusioni La gestione clinica dei pazienti con amiloidosi si basa su alcuni principi fondamentali. Diagnosi precoce. I medici devono conoscere e sospettare l’amiloidosi in modo da evitare ritardi diagnostici che si traducono in un danno d’organo irreversibile già prima di iniziare la terapia. Diagnosi corretta. L’individuazione inequivocabile del tipo di amiloidosi in causa è indispensabile in tutti i pazienti con amiloidosi sistemica, per evitare errori terapeutici catastrofici. La tipizzazione dell’amiloidosi si ottiene con l’analisi immunoistochimica in microscopia elettronica o con l’analisi proteomica dei tessuti in cui sono stati individuati i depositi di amiloide. L’immunoistochimica in microscopia ottica è affidabile solo nella diagnosi di amiloidosi AA. Stratificazione del rischio cardiaco. Nell’amiloidosi AL la prognosi e la possibilità di impiegare alcuni tipi di terapia dipendono dalla stratificazione del rischio basata sui marcatori di disfunzione cardiaca. Terapia efficace. Fino a che non vi saranno terapie standard, a tutti i pazienti con amiloidosi sistemica dovrebbe essere offerta la possibilità di accedere alle sperimentazioni cliniche presso i centri di riferimento. Stretto monitoraggio durante la terapia. Nell’amiloidosi AL è possibile individuare rapidamente l’efficacia della terapia misurando frequentemente la concentrazione delle catene leggere libere circolanti e dei marcatori cardiaci, allo scopo di interrompere tempestivamente un trattamento inefficace e passare a un nuovo approccio. Questi accorgimenti permettono di garantire la miglior cura possibile ai pazienti affetti da queste malattie rare. Anche se negli ultimi venti anni sono stati fatti grandi progressi, che, ad esempio hanno portato la percentuale dei pazienti con amiloidosi AL che sopravvive più di cinque anni dal 30 al 60%, molto resta ancora da fare, in particolare per aumentare la sopravvivenza dei soggetti che si presentano con grave danno cardiaco, per aiutare i quali siamo ancora troppo spesso impotenti. BIBLIOGRAFIA 1. Merlini G, Bellotti V. Molecular mechanisms of amyloidosis. N Engl J Med 2003;349:583-96. 2. Sipe JD, Benson MD, Buxbaum JN, et al. 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ANNO 3, NUMERO 19, MARZO 2012 QUESTIONARIO DI AGGIORNAMENTO Completare il questionario on-line nella sezione “Percorso didattico“ del sito Internet www.nefro14.it 1. Nella diagnosi differenziale di un’amiloidosi con proteinuria si devono considerare: a. Amiloidosi AL b. Amiloidosi AA c. Amiloidosi AFib d. Tutte le precedenti 2. Nell’amiloidosi AL l’interessamento cardiaco è definito da: a. Aspetto caratteristico alla RMN b. Spessore medio della parete del ventricolo sinistro >12 mm in assenza di altre cause c. Spessore medio della parete del ventricolo sinistro >12 mm o NTproBNP >332 ng/L in assenza di altre cause d. Elevata ecoriflettenza ventricolare all’ecocardiografia e bassi voltaggi all’ECG 3. Nell’amiloidosi AL i principali fattori prognostici alla diagnosi sono: a. L’insufficienza renale e l’età b. L’insufficienza renale e la frazione d’eiezione all’ecocardiografia c. NT-proBNP e troponine d. NT-proBNP, troponine e creatinina 4. In un paziente con proteinuria, componente monoclonale IgG e depositi di amiloide con immunfluorescenza positiva per catene leggere e su biopsia renale è consigliabile: a. Verificare la caratterizzazione dell’amiloidosi come AL mediante analisi immunoistochimica in microscopia elettronica b. Iniziare una terapia per amiloidosi AL c. Escludere un’amiloidosi AL e ricercare cause di flogosi alla base di una possibile amiloidosi AA d. Programmare un controllo clinico a breve termine 12 5. Le amiloidosi ereditarie: a. Possono dare interessamento renale che può manifestarsi sia con proteinuria che con insufficienza renale b. Non danno interessamento renale c. Possono dare interessamento renale che può manifestarsi solo con insufficienza renale d. Possono dare interessamento renale, ma solo tardivamente 6. L’amiloidosi ereditaria da apolipoproteina AI Leu75Pro: a. Si manifesta con macroglossia e proteinuria b. Si manifesta con colestasi e insufficienza renale ed è molto comune nella Lombardia orientale c. Si manifesta con azoospermia e insufficienza renale, ma non ne sono ancora stati osservati casi in Italia d. Non esiste 7. L’amiloidosi senile sistemica: a. Si manifesta con interessamento del sistema nervoso periferico e interessa quasi esclusivamente i maschi b. Si manifesta con interessamento cardiaco, interessa quasi esclusivamente i maschi e non si associa a bassi voltaggi elettrocardiografici c. Interessa solo le femmine dopo la sesta decade d. Si manifesta solo in pazienti con mutazioni della TTR 8. In un paziente con amiloidosi renale e cardiaca che è costituita da catene leggere all’analisi proteo mica: a. Si devono misurare le catene leggere libere circolanti, NTproBNP e troponina prima di iniziare la chemioterapia b. Si deve iniziare una terapia immunosoppressiva c. Si deve impostare uno strettissimo monitoraggio per cogliere tempestivamente il momento in cui è necessario iniziare la terapia d. Si deve impostare uno strettissimo monitoraggio per cogliere tempestivamente il momento in cui è necessario iniziare la terapia a meno che non sia già presente un mieloma multiplo 9. Un paziente con amiloidosi AA reattiva ad artrite reumatoide con sindrome nefrosica e lieve insufficienza renale ha una concentrazione di SAA stabilmente elevata intorno a 100 mg/L (riferimento: <6.4 mg/L) e l’artrite è in remissione clinica: a. L’artrite è in remissione, si deve attendere un miglioramento del danno renale b. L’artrite è in remissione, si deve attendere un miglioramento del danno renale a meno che non sia già presente interessamento cardiaco c. È indispensabile la valutazione del rischio cardiaco con NTproBNP e troponine prima di iniziare la chemioterapia d. Bisogna potenziare la terapia dell’artrite reumatoide, anche se è in remissione clinica, allo scopo di abbassare la concentrazione di SAA 10. Nell’amiloidosi AL la risposta cardiaca alla terapia si definisce come: a. Riduzione di almeno il 30% e 300 ng/L del NT-proBNP b. Riduzione di almeno il 50% di dFLC c. Normalizzazione della RMN cardiaca c. Riduzione di almeno 3 mm dello spessore del setto interventricolare all’ecocardiografia ANNO 3, NUMERO 19, MARZO 2012 11. Un paziente con amiloidosi AL in stadio cardiaco III: a. È un candidato all’autotrapianto di cellule staminali b. È un soggetto a prognosi molto severa c. Necessita di dialisi d. È un candidato all’autotrapianto di cellule staminali solo se non si associa insufficienza renale e l’età è <60 anni 12. Nell’amiloidosi AL i farmaci immunomodulatori: a. Causano un aumento dei marcatori cardiaci che può interferire con la valutazione della risposta d’organo alla terapia b. Sono controindicati nei pazienti già trattati c. Sono prescrivibili solo in presenza di mieloma multiplo d. Causano una colestasi che può interferire con la valutazione della risposta d’organo alla terapia 13. Un soggetto di 39 anni ha una componente monoclonale IgG , scompenso cardiaco e sindrome nefrosica, NT-proBNP e troponina elevati, una biopsia endomiocardica positiva per amiloidosi: a. La diagnosi è di amiloidosi AL ed è un candidato all’autotrapianto di cellule staminali data la giovane età b. La diagnosi è di amiloidosi AL, ma non è un candidato all’autotrapianto di cellule staminali a causa del grave danno cardiaco c. È necessario caratterizzare i depositi di amiloide prima di iniziare la terapia d. È necessario eseguire una biopsia renale per verificare che anche la sindrome nefrosica sia causata dall’amiloidosi AL 14. In un paziente con amiloidosi AL renale, dopo due cicli di chemioterapia si osservano una riduzione di dFLC (500 100 mg/L) e stabilità della proteinuria (7 8 g/24h): a. Non c’è stata risposta, si deve modificare al più presto la terapia b. Non c’è stata risposta, si deve potenziare la terapia c. C’è stata una risposta ematologica parziale senza risposta renale, si deve modificare al più presto la terapia d. C’è stata una risposta ematologica parziale senza risposta renale, si può continuare la terapia, la risposta renale può essere tardiva 15. In un paziente con amiloidosi AL cardiaca, dopo nove cicli di chemioterapia con melphalan e desametasone si osservano una riduzione di dFLC (1100 100 mg/L) e stabilità del NT-proBNP (7000 6300 ng/L): a. C’è stata una risposta ematologica parziale senza risposta cardiaca, si deve modificare la terapia b. C’è stata una risposta ematologica parziale senza risposta cardiaca, si può continuare la terapia, la risposta cardiaca può essere tardiva c. C’è stata una risposta ematologica parziale senza risposta cardiaca, si può continuare la terapia, la mancata risposta cardiaca può essere spiegata da un effetto tossico della terapia d. La risposta è soddisfacente, si può sospendere la terapia Edizione italiana di Anno 3, Numero 19, Marzo 2012. Periodico mensile. Editore Medical Evidence Div. M&T. Strada della Moia, 1 – 20020 Arese (MI). N° verde 800 198 966, Fax 02 38 073 208 e-mail: 13 [email protected] Sito web www.nefro14.it Direttore responsabile S t e f a n o Macario. Redazione Mary De Meo. Realizzazione grafica Stefania Marchetto Registrazione del Tribunale di Milano n. 446 del 19/07/2010. La riproduzione totale o parziale, anche a scopo promozionale o pubblicitario, di articoli, note, tabelle, dati, o altro, pubblicati su NEFRO14 Aggiornamento in Nefrologia, deve essere preventivamente autorizzata dall’Editore. All rights reserverd. 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