CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA *** RASSEGNA STAMPA 26 febbraio 2007 Titoli dei quotidiani Italia Oggi Professionisti e Irap Rischio praticante per il mini-studio Strumenti e lavoro spartiacque fiscale Le deduzioni provano l'eccedenza Fa scuola la tesi della Consulta I criteri distintivi del surplus che genera tassazione Per l'esclusione dell'imposta, l'interpretazione segue tre vie Il condono cancella il rimborso Antiriciclaggio Registro clientela per professionisti Semplificazioni per i non professionisti Operazioni sospette per l'antiterrorismo A rischio il rapporto di fiducia tra cliente e professionista legale Modello Unico 2007 Fisco sulle tracce del contribuente Le regole per i soggetti esclusi dalla compilazione ------Un legale a difesa dei consumatori FLASH *** Rischio praticante per il mini-studio Scudo anti-Irap ancora debole per i mini-studi professionali. Che eviteranno l'imposta operando fra le mura domestiche, senza collaboratori fissi e con il minimo indispensabile, come auto, pc, fax e telefono. Ma saranno a rischio, invece, con praticanti, segretarie o soggetti tuttofare operativi in modo più o meno continuativo. Sono alcune delle indicazioni che emergono dalle 11 sentenze depositate venerdì 16 febbraio dalla Cassazione. Principi solo in parte condivisi dalle categorie interessate: secondo avvocati, dottori commercialisti, consulenti del lavoro, ragionieri, la presenza di pochi ausiliari non giustifica l'Irap. E soprattutto non deve abbracciare i praticanti, che sono presenti accanto al dominus, secondo loro, solo ´per imparare' e per semplice ´deontologia professionale'. Aspetto controverso che, si desume dalle pronunce della Cassazione, come gli altri elementi strutturali dovrà essere valutato caso per caso. La mini-bussola della Cassazione La Suprema corte, venerdì 16 febbraio, con 11 sentenze sull'Irap ha messo i paletti per dire chi, fra i professionisti, deve o non deve versare l'imposta nata per le imprese. Nelle pronunce è stata recepita la cosiddetta ´tesi intermedia', a metà fra le istanze del fisco e le contestazioni dei professionisti. Per il primo, l'auto-organizzazione personale, tipica del lavoro autonomo abituale (stabilità dell'attività, programmazione del tempo e delle energie ecc.), allarga le maglie dell'imposizione in modo molto ampio, così da far rientrare fra i soggetti obbligati tutti i titolari di partita Iva, esclusi co.co.co. e occasionali. Per i secondi, l'intuitus personae, l'essenzialità della figura del professionista e del suo valore intellettuale produce un risultato finale che poco ha a che fare con la dotazione anche lavorativa dello studio: senza il dominus lo studio non va avanti, e l'Irap, che tassa la presenza di un'organizzazione autonoma, non va versata. La scelta dei giudici di legittimità ha fatto allineare i due piatti della bilancia, sulla base di una valutazione ´socio-economica' che, spiegano le pronunce, dovrà essere effettuata caso per caso. Lo studio è in casa e il professionista lavora da solo? Niente Irap. Lo studio è in cantina e periodicamente ripulito da una colf? Quasi certamente niente Irap (non necessariamente si tratta di una dipendente e comunque poco ha a che fare con il risultato ‘professionale' finale). Lo studio è nell'appartamento di fronte e c'è anche un praticante? Le cose si complicano. Ancor di più, se l'avvocato o il commercialista che ritiene di far tutto da sé ha una segretaria che risponde al telefono, smista i fax, fissa gli appuntamenti dei clienti. Peggio se il praticante, per esempio di uno studio legale, dopo vari mesi di gavetta è diventato ben di più che un peso da gestire o un allievo da istruire: magari ascolta da solo i clienti, fa ricerche che prima faceva l'avvocato, e questi guadagna più tempo, riuscendo a seguire qualche pratica in più (con entrate in più). Ebbene, dalle sentenze, e in particolare dalla n. 3678/07 (relatore Massimo Scuffi), emerge una prima risposta: le spese per prestazioni di lavoro dipendente, per collaborazioni e compensi a terzi, che devono figurare dal quadro RE della dichiarazione dei redditi, sono un elemento di prova che c'è organizzazione. Il principio alla base è quello per cui la presenza di un dipendente, anche il praticante, e certamente la segretaria, sono parte di una struttura organizzata che agevola economicamente il lavoro del professionista. Il parere dei professionisti Critico il giudizio degli avvocati. Secondo Giuseppe Bassu, segretario del Cnf e vicepresidente del Cup (Comitato unitario delle professioni) che comunque riconosce ´una certa apertura' riscontrabile nelle sentenze, ´l'essenzialità del professionista, anche per l'Irap, non può essere dimenticata né trascurata: ci possono anche essere degli impiegati, ma la struttura è incentrata sull'avvocato. La maggior parte degli studi in Italia non è strutturata all'americana'. Dei 180 mila legali, ricorda Bassu, la ´stragrande maggioranza' opera nelle condizioni del piccolo studio professionale. L'Irap ´rappresenta un balzello ingiustificato', prosegue, ´sul cui futuro sarebbe auspicabile maggiore concertazione anche con i professionisti'. ´La ridotta presenza di forza lavoro non giustifica l'imposizione dell'Irap', sostiene anche Marina Calderone, presidente dei consulenti del lavoro, ´con una segretaria o qualche praticante non si può certo parlare di struttura organizzata. Nel caso dei praticanti, in particolare, si tratta di futuri professionisti lì per osservare e imparare. In ogni caso il legislatore deve intervenire. La Cassazione ha mandato un segnale molto forte per dire che un adeguamento è necessario e opportuno, perché il professionista non è un'impresa, ma un operatore dell'intelletto'. Sulla stessa linea anche Mario Damiani, vicepresidente del consiglio dei dottori commercialisti, secondo cui ´un solo praticante non rileva per l'organizzazione: è un dovere deontologico, peraltro, accogliere la figura in studio. Più difficile il caso in presenza della segretaria. In ogni caso', prosegue, ´occorre fissare paletti ancora più definiti sull'Irap; anche per questo, la categoria chiederà la convocazione di un tavolo istituzionale'. Secondo Paolo Moretti, consigliere nazionale dei ragionieri, ´le decisioni sono in linea con i precedenti. La speranza è ora che l'odiato tributo, che ha dato vita a un enorme contenzioso, scompaia'. Per Moretti ´le richieste di rimborso, dopo le pronunce della Cassazione, ci saranno, ma è ancora troppo presto per prevedere in quale misura, certo è che i ministudi professionali rappresentano almeno un quarto della categoria'. Anche i geometri sottolineano l'opportunità di non considerare la presenza di tirocinanti ai fini Irap: ´Non si tratta di lavoratori subordinati veri e propri', ricorda Enrico Rispoli, consigliere nazionale dei geometri, ´la stessa Cassazione ha recentemente posto l'accento sulla funzione formativa e perciò negato la necessarietà della retribuzione'. La categoria ribadisce il no all'imposta, ´che dovrebbe gravare', precisa Rispoli, ´su un concetto di produttività che poco ha a che vedere con l'attività del ministudio professionale'. Silvana Saturno, Italia Oggi pag. 8 Strumenti e lavoro spartiacque fiscale È esclusa da Irap l'attività professionale non connotata da una autonoma organizzazione. Lo ha precisato la Corte di cassazione con le 11 sentenze depositate lo scorso 16 febbraio 2007 (pronunce dal n. 3672 al n. 3682). L'iter logico-giuridico Per comprendere con esattezza i termini della contesa, è indispensabile ripercorrere lo svolgimento di uno dei processi. Assumiamo dunque la sentenza n. 3674, relativa a un medico-pediatra, la quale ha impugnato il silenzio rifiuto opposto da un ufficio delle entrate alla sua richiesta di rimborso per Irap relativa agli anni dal 1998 al 2002, asseritamene non dovuta per non avere ella esercitato abitualmente una attività autonomamente organizzata. La commissione tributaria provinciale adita accoglieva il ricorso ritenendo non sussistente il presupposto nel caso del prestatore d'opera intellettuale, ´il cui personale apporto prevarrebbe sempre sull'organizzazione dei fattori produttivi'. Tale pronuncia veniva però impugnata dall'ufficio, che nella sostanza sosteneva l'applicabilità dell'Irap a tutti gli esercenti una attività professionale autonoma; peraltro, soggiungeva l'ufficio, nel caso di specie era stato riscontrato l'utilizzo di beni strumentali. Anche i giudici della commissione regionale escludevano però l'applicazione dell'Irap, non sussistendo il relativo presupposto impositivo, ´É allorché l'opera del professionista risulti, come nel caso, prevalente sul valore degli altri fattori produttivi impiegati'. La tesi dell'amministrazione finanziaria L'Agenzia delle entrate ricorre per Cassazione sostenendo che nella sentenza sarebbero stati violati gli artt. 3, c. 144, della legge 23 dicembre 1996 n. 662, nonché 2, 3, 8, 27 e 36 del dlgs 15 dicembre 1997 n. 446, nonché per omessa, illogica e incoerente motivazione della sentenza, in quanto essa avrebbe ritenuto soggetti a Irap solo gli esercenti arti e professioni che si avvalgono di strutture organizzative costituite mediante il ´rilevante' impiego di capitali e di risorse umane, rispetto ai quali l'apporto personale del titolare non risulti prevalente. In particolare, l'Agenzia delle entrate rileva come una simile lettura della norma sarebbe solo formalmente ispirata alla sentenza n. 156/2001 della Corte costituzionale, ma in realtà essa si porrebbe in contrasto con le caratteristiche e l'evoluzione del tributo, oltre che con la stessa interpretazione fornita dal giudice delle leggi, il quale, nella citata sentenza, ma anche nella successiva ordinanza di rigetto n. 426/2002, sostiene che l'Irap è una imposta reale, che non grava sul reddito, bensì sul valore aggiunto prodotto, e che tale imposta colpisce sia le attività di impresa e sia anche quelle professionali. Con specifico riguardo poi alle attività artistiche e professionali, sostiene inoltre che il requisito della autonoma organizzazione costituirebbe una comune attitudine, e quindi in fin dei conti sussisterebbe sempre e comunque. In altri termini, la locuzione ´autonomamente organizzata' sarebbe nella sostanza ininfluente, e tenderebbe a escludere dall'incidenza dell'Irap solo l'attività del dipendente o del collaboratore. La tesi della Suprema corte La Corte premette che la locuzione ´autonoma organizzazione' non era ricompresa nella versione originaria dell'art. 2 del dlgs istitutivo dell'Irap, essendo stata aggiunta dall'art. 1, comma 1, del dlgs n. 137/1998. Tale aggiunta non può essere ritenuta ininfluente, perché ciò porterebbe ad affermare che l'autonoma organizzazione sussisterebbe per il solo fatto dell'esistenza di una attività artistica o professionale. Per contro, osservano i giudici, ciò che occorre valutare è l'eventuale esistenza di un apparato esterno alla persona del professionista e distinto da lui, connotata dall'essere stati organizzati beni strumentali e/o lavoro altrui. Per la Cassazione, la sentenza della commissione regionale erra quando afferma che l'elemento organizzativo viene meno quando l'opera del professionista sia prevalente su capitali e lavoro altrui. Perché questa impostazione comporta che l'Irap sarebbe dovuta solo quando l'apparato organizzativo raggiunga un grado di autonomia tale da far passare in secondo piano la figura e l'opera dell'esercente arti o professioni. Ma si tratta di una ipotesi quasi impossibile, date le caratteristiche intrinseche del lavoro professionale o artigianale, e peraltro non autorizzata dalla lettera della legge. Resta comunque ferma la necessità di verificare, sul piano oggettivo, se sussista o meno l'autonoma organizzazione, nei termini suesposti. E tale accertamento, secondo la tesi esposta dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 156/2001, non può che avvenire in fatto: una indagine riservata al giudice di merito, e sulla quale il giudice di legittimità non può sindacare se non in relazione alla presenza di eventuali vizi logici nella motivazione della sentenza. Conclusioni Nel caso di specie la sentenza della commissione tributaria regionale ha ritenuto non assoggettabile a Irap l'attività professionale della contribuente, in quanto condotta ´senza l'ausilio di un dipendente e mediante l'impiego di beni strumentali limitati'. Tale statuizione non è stata criticata nel merito dall'amministrazione ricorrente, la quale invece si è limitata a confutare genericamente la tesi della commissione regionale ritenendo in ogni caso assoggettabili a Irap le attività svolte da artisti e professionisti. Dal che consegue l'infondatezza del ricorso dell'Agenzia delle entrate. Massimiliano Tasini, Italia Oggi pag. 9 Le deduzioni provano l'eccedenza Per cogliere in modo più puntuale la sintesi del dibattito, possiamo trarre la massima della sentenza n. 3673 che, partendo dal presupposto della mancanza di norme esplicite sull'argomento, detta, sulla base delle disposizioni generali Irap, un ´criterio orientativo dell'indagine che il giudice di merito deve condurre al fine di risolvere il caso'. Ecco la regola: ´Il rimborso dell'Irap non spetta agli esercenti arti e professioni, indicati nell'art. 49, c. 1, lett a), del dpr n. 917/1986, responsabili in qualsiasi forma dell'organizzazione, quando essi si avvalgano, in modo non occasionale, di lavoro altrui, o impieghino nell'organizzazione beni strumentali eccedenti, per quantità o valore, il minimo comunemente ritenuto indispensabile per l'esercizio dell'attività. Al fine di valutare tale eccedenza, costituisce criterio discretivo l'avvenuta deduzione del costo ai fini dell'Irpef e dell'Iva. Il contribuente che agisce per il rimborso dell'Irap sostenendo di averla versata indebitamente ha l'onere di provare le suddette condizioni'. Determinante l'impatto del dlgs n. 137/1998 La sentenza n. 3675/2007 si sofferma sulla modifica normativa apportata all'art. 2 del decreto legislativo istitutivo dell'Irap dal dlgs n. 137/1998. Per la Corte, la modifica introdotta ha posto in rilievo la necessità che l'attività del professionista, per essere ritenuta imponibile agli effetti dell'Irap, sia ´autonomamente organizzata (inciso inizialmente non presente nella norma), cioè presenti un contesto organizzativo esterno anche minimo, derivante dall'impiego di capitali e/o di lavoro altrui, che potenzi l'attività intellettuale del singolo. Detto supporto esterno si traduce nella combinazione di fattori produttivi funzionale all'attività del titolare'. Massimiliano Tasini, Italia Oggi pag. 9 Fa scuola la tesi della Consulta Nelle sentenze depositate lo scorso 16 febbraio 2007 dalla Corte di cassazione in materia di Irap si citano più volte due ordinanze della Consulta, precisamente le pronunce n. 286 del 2001 e n. 103 del 2002. Dall'esame complessivo di tali ordinanze emerge in sostanza la conferma della cosiddetta ´tesi intermedia' rispetto alle due estreme citate in questa pagina. È allora importante chiarire quali effetti esse abbiano sul piano giuridico. La questione è puntualmente affrontata nella sentenza n. 3680, ove si osserva che l'interpretazione data a una norma dalla Consulta (nell'occasione in cui essa è sottoposta al vaglio costituzionale) non costituisce un vincolo giuridico per il giudice successivamente chiamato ad applicare quella norma: purtuttavia, quella interpretazione, ´se non altro per l'autorevolezza della fonte da cui proviene, rappresenta un fondamentale contributo ermeneutica che non può essere disconosciuto senza l'esistenza di una valida ragione'. Invero, qualora una determinata materia sia sottoposta al vaglio sia della Corte costituzionale sia della Corte di cassazione, ´il fondamento comune delle due distinte attività, finalisticamente diverse, esige che, al fine dell'utile risultato della certezza del diritto oggettivo, le interpretazioni non vengano a divergere se non quando sussistano elementi sicuri per attribuire prevalenza alla tesi contraria a quella in precedenza affermata'. Massimiliano Tasini, Italia Oggi pag. 9 I criteri distintivi del surplus che genera tassazione Importanti puntualizzazioni vengono dalla sentenza n. 3678/2007, che si sofferma sulla nozione di ´surplus' nei termini accennati. Nella sentenza si riprende e valorizza la tesi intermedia tra le due estreme (autonomi sempre tassabili/autonomi mai tassabili), rilevando che la tassazione postula la sussistenza di una struttura organizzativa ´esterna' del lavoro autonomo e cioè quel complesso di fattori dei quali il professionista si avvale e che per numero e importanza sono suscettibili di creare valore aggiunto rispetto alla mera attività intellettuale supportata dagli strumenti indispensabili di corredo al suo know how. Sul punto la Corte osserva come ´É è il surplus di attività agevolata dalla struttura organizzativa che coadiuva e integra il professionista nelle incombenze ordinarie a essere interessato dall'imposizione che colpisce l'incremento potenziale, o quid pluris, realizzabile rispetto alla produttività auto-organizzata del solo lavoro personale'. Ed è del tutto irrilevante che questa organizzazione, di capitali o lavoro altrui, sia sostituibile o meno, solo occorrendo verificare se il reddito complessivo ´É scaturisca anche dalla parte aggiuntiva di profitti che deriva dal lavoro dei collaboratori e dipendenti, dal numero e grado di sofisticazione dei supporti tecnici e logistici, dalle prestazioni di terzi, da forme di finanziamento diretto e indiretto ecc.'. La sentenza fornisce poi importanti indicazioni per il giudice di merito, il quale dovrà soffermarsi sul dettaglio riportato nelle pertinenti sezioni del quadro RE (riguardante la determinazione del reddito di lavoro autonomo ai fini Irpef) che specifica la composizione dei costi (righi da 6 a 18) riportando, tra gli altri, le quote di ammortamento dei beni strumentali (con tipologia ricavabile dal libro cespiti ammortizzabili o dal registro dei pagamenti), i canoni di locazione finanziaria e non, le spese relative agli immobili, le spese per prestazioni di lavoro dipendente, per le collaborazioni e i compensi comunque elargiti a terzi, gli interessi passivi. Da quanto sopra emerge che laddove non sia segnalata la presenza di dipendenti e/o collaboratori o l'impiego di beni strumentali al di là di quelli indispensabili alla professione e di normale corredo del lavoratore autonomo potrà essere ricavato dalla commissione adita un quadro affidabile di esercizio della professione che, secondo una valutazione di natura non soltanto logica ma anche socioeconomica, induca a riscontrare l'assenza di una organizzazione produttiva tassabile ai fini Irap. Italia Oggi pag. 10 Per l'esclusione dell'imposta, l'interpretazione segue tre vie Particolarmente interessante è l'excursus svolto con la sentenza n. 3676/2007 dalla Corte di cassazione, nella quale è stata fornita una ricostruzione esaustiva delle tre tesi sul tappeto in merito al campo di esclusione dall'Irap. Secondo un primo estremo orientamento, gli esercenti arti e professioni esulano per definizione dal novero dei soggetti passivi dell'imposta, data l'assoluta prevalenza dell'aspetto professionale su quello organizzativo. A tale tesi se ne contrappone un'altra, egualmente radicale, secondo la quale coloro che svolgono un'arte o una professione ai sensi dell'art. 49, primo comma lett a) del Testo unico delle imposte sui redditi n. 917/1986, rientrano sempre e comunque fra i debitori dell'imposta, in quanto, nell'inserire la locuzione ´autonomamente organizzata' nel corpo dell'art. del dlgs n. 446/1997, il legislatore non avrebbe inteso introdurre un ulteriore requisito, bensì solo confermare quanto già era comunque desumibile dal testo della legge, e cioè che deve trattarsi di un'attività gestita in proprio e non sotto la direzione o all'interno di una struttura altrui. Una linea intermedia, che è poi la tesi accolta dalla Corte di cassazione con la serie di pronunce in commento, sostiene invece che la risposta al quesito non può essere data in astratto, ma in concreto, accertando se il professionista si giovi o meno di un supporto organizzativo, sulla consistenza del quale, tuttavia, non sussiste unanimità di vedute. La prima tesi è giudicata erronea per due distinti motivi. Da un lato, essa non trova fondamento nella legge, in quanto la disciplina del dlgs n. 446/1997 non contrappone alcune professioni ad altre, ma si limita soltanto a distinguere fra chi si serve di una organizzazione e che ne fa invece a meno. Ma essa è pure contraria al comune sentire, in quanto è un dato di esperienza quello secondo cui l'esistenza di una struttura organizzata costituisce un fattore importante anche per un medico, per esempio, o per un ingegnere o un avvocato, per i quali non è certo indifferente poter contare sulla disponibilità di locali, collaboratori o altro. Ma, osservano i giudici, parimenti inaccettabile è l'altra tesi, pure estremistica, tendente ad assoggettare a Irap nella sostanza tutti i titolari di partita Iva per il solo fatto che tale partita Iva detengano. Tale prospettazione non coglie nel segno, in quanto prescinde totalmente dal dato normativo, che con l'espressione ´autonomamente organizzata' arriva a identificare il presupposto stesso per l'assoggettamento all'imposta. Dunque, è la tesi intermedia che deve prevalere. Ma pure essa abbisogna di una specificazione. E la sentenza n. 3676 ne dà contezza. Nel senso che l'esclusione non si fonda sulla verifica della prevalenza della ´struttura' rispetto al lavoro del titolare: ai fini dell'assoggettamento al tributo, infatti, la norma impone solo che vi sia ´un insieme tale da porre il professionista in una condizione più favorevole di quella in cui si sarebbe trovato senza di esso. La maggiore o minore consistenza di tale insieme non è dunque importante purché, ben s'intende, si tratti di fattori che non siano tutto sommato trascurabili, bensì capaci di fornire un effettivo qualcosa in più al lavoratore autonomo'. Come si accennava sopra, si tratta di un mero accertamento di fatto, che compete esclusivamente al giudice di merito, come tale da compiersi caso per caso. E, poiché è necessario individuare criteri univoci, il giudice precisa che ´per far sorgere l'obbligo di pagamento del tributo basta, infatti, l'esistenza di un apparato che non sia sostanzialmente ininfluente, ossia di un quid pluris secondo il comune sentire É che sia in grado di fornire un apprezzabile contributo al professionista'. Italia Oggi pag. 10 Il condono cancella il rimborso La sentenza n. 3682 risolve una ulteriore e annosa vicenda in senso favorevole al fisco. Essa infatti, rispolverando la giurisprudenza maturata in relazione alle precedenti norme di condono, afferma che ´il condono pone il contribuente di fronte a una libera scelta fra trattamenti distinti e che non si intersecano fra loro: o coltivare la controversia nei modi ordinari, conseguendo, ove nel caso, i rimborsi di somme indebitamente pagate, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata ma senza possibilità di riflessi o interferenze con quanto eventualmente già corrisposto sulla linea del procedimento ordinario'. In questi termini si era pronunciata la Suprema corte con le sentenze n. 15635 del 2004 e n. 3276 del 1996. Dunque, per la Cassazione il condono ha la funzione di definire transattivamente la controversia insorta tra le parti. Ancora, la sentenza specifica pure che è del tutto irrilevante la circostanza che la domanda di definizione automatica sia stata presentata prima o solo dopo all'instaurazione del contenzioso attinente al rimborso. In ogni caso, il contribuente non può più coltivare il rimborso per le imposte che ritiene di avere indebitamente corrisposto. Italia Oggi pag. 10 Registro clientela per professionisti Registro della clientela e software contabile ai fini antiriciclaggio, in alternativa all'archivio unico per i professionisti, che non saranno chiamati a effettuare segnalazioni di operazioni sospette per consulenze prive di effetti patrimoniali. I sospetti da segnalare dovranno riguardare anche le operazioni finalizzate al finanziamento del terrorismo internazionale. Depenalizzazione per la mancata attivazione dell'archivio e sanzioni ridotte per mancata segnalazione di operazioni sospette. Assegni bancari e circolari di norma non trasferibili. Nessun obbligo antiriciclaggio per gioiellieri e antiquari. Sono alcune delle novità che, dovrebbero essere introdotte, attraverso il decreto legislativo di recepimento della direttiva 2005/60/Ce, meglio conosciuta come terza direttiva antiriciclaggio, la cui delega al governo è contemplata dall'art. 22 della legge 25 gennaio 2006 n. 29 (comunitaria per il 2005). Il decreto dovrebbe peraltro abrogare tout court l'intera normativa previgente, andando, quindi, nella direzione di un Testo unico antiriciclaggio. Il testo in commento è solo un primo schema, il quale, dopo le osservazioni informali di tutti i soggetti in causa (previste entro il 27 febbraio), sarà di nuovo modificato in alcuni aspetti prima di essere inviato, in prima lettura, per il previsto parere alle commissioni parlamentari e seguire poi tutto l'iter legislativo che ne porterà ulteriori modificazioni. Da segnalare che, come si legge nell'ultimo articolo del decreto, le disposizioni emanate in attuazione di norme abrogate o sostituite continueranno a essere vigenti, in quanto compatibili, fino alla data di entrata in vigore dei provvedimenti attuativi del decreto stesso. Ne deriva che l'attuale normativa (e in particolare il dm 141/06) resterà in vigore ancora per il 2007 e, presumibilmente, per parte del 2008. Limiti all'uso del contante e dei titoli al portatore: Nel riconfermare il divieto di trasferimento di denaro contante o di libretti o titoli bancari o postali al portatore, tra soggetti diversi, quando il valore dell'operazione supera i 12.500, il legislatore precisa che tale soglia scatta anche nei confronti di operazione frazionata. Rilevante novità interessa la disciplina degli assegni, sia bancari o postali o circolari, sia i vaglia, che vengono direttamente emessi e rilasciati già muniti della clausola di non trasferibilità. Sarà il cliente che dovrà espressamente richiedere per iscritto il rilascio di moduli di assegno in forma libera da poter utilizzare, ovviamente, per pagamenti di importo inferiore alla soglia generale di 12.500 euro, oltre la quale occorre comunque indicare il beneficiario e apporre la clausola di non trasferibilità. Inoltre, per ciò che concerne gli assegni bancari o postali emessi all'ordine del traente (i tradizionali assegni a me medesimo), essi potranno essere girati unicamente per l'incasso a una banca o a Poste italiane, indipendentemente dall'importo indicatovi, quindi viene sostanzialmente meno la libera possibilità di trasferimento di fondi mediante il mezzo dell'assegno. Doppia soglia per la circolazione dei contanti:Mentre per i professionisti legali (come meglio si dirà in seguito) l'obbligo di verifica della clientela scatta al superamento della nuova soglia dei 15.000 euro, sia per gli intermediari finanziari che per gli ´altri soggetti' scattano obblighi di verifica dei clienti (argomento anche in questo caso meglio precisato avanti) quando essi eseguono operazioni occasionali (al di fuori del rapporto di affari) che comportino la trasmissione o la movimentazione di mezzi di pagamento di importo pari o superiore a 12.500 euro, indipendentemente dal fatto che si tratti di operazione unica o frazionata. Inoltre, come puntualizzato sopra, la soglia dei 12.500 euro rimane come limite massimo per i trasferimenti di contante, libretti e titoli al portatore Luciano De Angelis e Christina Feriozzi, Italia Oggi pag. 11 Semplificazioni per i non professionisti L'art. 14 della bozza di decreto prevede obblighi antiriciclaggio, per soggetti diversi, dagli intermediari finanziari e dai professionisti. Si tratta della maggior parte dei soggetti a oggi contemplati dall'art. 2 del dm. 143/06 conosciuti come operatori non finanziari. Si tratta, in particolare, degli operatori che svolgono attività il cui esercizio resta subordinato al possesso di licenze, autorizzazioni, iscrizioni in albi o registri, ovvero alla preventiva dichiarazione di inizio attività, specificatamente richiesti dalle norme di ciascuna categoria, fra cui si annoverano: a) il recupero crediti per conto terzi (in presenza della licenza di cui all'art. 115 del Tulps); b) custodia e trasporto di denaro contante e di titoli o valori a mezzo di guardie particolari giurate (con licenza di cui all'art. 134 del Tulps); c) trasporto di denaro contante e di titoli o valori senza l'impiego di guardie particolari giurate (con l'iscrizione all'albo delle persone fisiche e giuridiche che esercitano l'autotrasporto di cose per conto di terzi, di cui alla legge 6/6/74, n. 298); d) gestione di case da gioco (in presenza delle autorizzazioni concesse dalla legge in vigore, nonché al requisito di cui all'art. 5 co. 3 del dlgs 457/97, conv. con modificazioni da legge 27/2/98, n. 30); e) offerta attraverso internet e le altre reti telematiche o di telecomunicazione di giochi, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro, in presenza delle autorizzazioni concesse dal ministero dell'economia e finanze - amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato ai sensi dell'art. 1 co. 535 della legge 23/12/05, n. 266); f) agenzie di affari in mediazione immobiliare (in presenza dell'iscrizione nell'apposita sezione del ruolo istituito presso la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura ai sensi della legge 3/2/89, n. 39). Da evidenziare, che l'attuale bozza di decreto consentirebbe l'esclusione da ogni obbligo antiriciclaggio molte categorie che oggi a tali obblighi sono assoggettati. In particolare, sarebbero esentanti da ogni obbligo i commercianti di cose antiche, i gestori di case d'asta e gallerie d'arte, coloro che esercitano commercio, compresa l'esportazione e l'importazione di oro per finalità industriali e di investimento, nonché le imprese dedite alla fabbricazione, mediazione e commercio, comprese l'esportazione e l'importazione di oggetti preziosi. Luciano De Angelis e Christina Feriozzi, Italia Oggi pag. 11 Operazioni sospette per l'antiterrorismo I professionisti economico contabili e giuridici nello schema di decreto vengono accomunati, nell'ambito del nuovo articolo 12, sotto l'unica rubrica di ´professionisti legali'. Sotto tale dizione rientrerebbero ragionieri, dottori commercialisti, consulenti del lavoro e (per le operazioni già oggi contemplate dall'art. 2 del dm 141/06) avvocati e notai. A questi soggetti, si legge ancora nell'art. 12, vanno equiparati coloro che rendano ´i servizi forniti da periti, consulenti e altri soggetti che svolgano in maniera professionale attività in materia di contabilità e tributi', in pratica tributaristi e centri elaborazione dati. Vengono escluse, in ogni caso, le attività attinenti alla redazione e trasmissione di dichiarazioni dei redditi, esclusione peraltro a breve in vigore attraverso il decreto correttivo al regolamento di cui al dm 141/06. Da rilevare, rispetto alle attuali previsioni dell'art. 2 del dlgs 141/06 come, fra i ´professionisti legali', non siano più ricompresi i revisori contabili iscritti nel registro dei revisori, i quali, secondo questa prima bozza di decreto, verrebbero del tutto equiparati alle società iscritte all'albo Consob e a ogni altro soggetto che eserciti attività di revisione . L'obbligo di ´verifica della clientela': I professionisti saranno chiamati a verificare la propria clientela. Ciò avverrà quando eseguiranno prestazioni occasionali, al di fuori del rapporto di affari, il cui importo sia pari o superiore a 15.000 euro, indipendentemente che si tratti di una operazione unitaria o frazionata. Tali obblighi scattano, inoltre, per ogni rapporto di affari e tutte le volte che l'operazione sia di valore indeterminato o indeterminabile. A riguardo sarà obbligatorio provvedere alla identificazione del cliente utilizzando documenti validi d'identità o di riconoscimento, o ottenendo dati e informazioni conseguite da una fonte autorevole e indipendente. Nel caso di attività svolte per conto altrui da terzi soggetti dovrà essere identificato l'eventuale titolare effettivo verificandone l'identità. Il professionista sarà chiamato, altresì, a ottenere informazioni sullo scopo e sulla natura del rapporto di affari, monitorando il comportamento del cliente durante l'intero rapporto. La verifica della clientela avverrà anche in relazione al rischio associato al rapporto di affari o della transazione. Sarà a riguardo richiesto che il professionista e gli altri soggetti chiamati in causa siano in grado di dimostrare alle autorità competenti di essersi dotati di un sistema di valutazione di gestione del rischio ai fini dell'assolvimento degli obblighi di segnalazione, e che la portata delle misure sia adeguata all'entità del rischio di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo. Da segnalare che con decreto del ministero delle finanze è prevista una procedura semplificata per la verifica di clientela che presenta un basso rischio di riciclaggio dei proventi di attività criminose o di finanziamento del terrorismo (per esempio se il cliente è un ente creditizio o finanziario, od organismi pubblici ecc.). Di contro, obblighi rafforzati di verifica sono proposti nel caso di clienti con un rischio più elevato come nel caso in cui il cliente non sia fisicamente presente ai fini della identificazione o quando le operazioni o i rapporti di affari riguardano persone politicamente esposte residenti in altro stato membro o in un terzo paese. Da evidenziare che nel caso in cui non sia possibile la verifica della clientela il professionista dovrà astenersi dall'instaurare un rapporto di affari, dall'eseguire operazioni, prestazioni professionali o porre fine ai rapporti di affare già instaurati, prendendo in considerazione la possibilità di effettuare la segnalazione del soggetto in questione all'Uif. Il registro della clientela: In alternativa all'archivio unico informatico, ai professionisti sarà consentito di assolvere gli obblighi di registrazione attraverso l'istituzione di un registro della clientela ai fini antiriciclaggio, nel quale conservare i dati identificativi del cliente. Tale registro, numerato e siglato in ogni pagina a cura del soggetto obbligato, è previsto in forma cartacea. Rispetto alle attuali norme che disciplinano la tenuta dell'archivio unico, tuttavia, nel nuovo registro non sembra richiesto di dover trascrivere né l'attività lavorativa svolta dal cliente, né il valore della prestazione. Ai fini della registrazione l'art. 36 prevede infatti che sia indicato: a) con riferimento ai rapporti di affari: la data di instaurazione, i dati identificativi del titolare unitamente alle generalità dei delegati a operare per conto del titolare del rapporto e il codice del rapporto; b) con riferimento alle operazioni: la data, la causale, l'importo e i dati identificativi del soggetto che effettua l'operazione in proprio o per conto terzi, e i dati identificativi del soggetto per conto del quale l'operazione viene eseguita. Le informazioni di cui sopra dovranno essere registrate entro 30 giorni dal loro compimento. Di contro, la documentazione, nonché gli ulteriori dati e informazioni, dovranno essere conservati nel fascicolo relativo a ciascun cliente. Detti dati e informazioni devono essere rese disponibili entro tre giorni dalla richiesta. Si tratterebbe, quindi, di una semplificazione non da poco rispetto alle attuali previsioni, considerando che il registro cartaceo potrebbe anche essere sostituito, oltre che dall'archivio informatico, anche da programmi software di cui i professionisti sono dotati per lo svolgimento della propria attività, elaborando mensilmente le informazioni ivi contenute (si può pensare per esempio ai programmi per la tenuta di contabilità per gli operatori contabili). La segnalazione delle operazioni sospette: Si amplia, di contro, l'alveo delle operazioni sospette che i professionisti economico-contabili dovranno segnalare alle nuove autorità preposte al ricevimento delle segnalazioni. Oltre a ogni operazione che per caratteristiche, entità, natura, o per qualsivoglia altra circostanza conosciuta in ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto anche della capacità economica e dell'attività svolta dal soggetto a cui è riferita, induca a ritenere che il denaro, i beni o le utilità oggetto delle operazioni possano provenire dai delitti di riciclaggio o da impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648-bis e ter del codice penale), infatti, dovranno essere segnalate tutte le situazioni in cui il professionista sospetta la creazione di fondi che possano essere utilizzati per attività terroristiche. In particolare, per attività illecite di cui agli artt. 270-bis (associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico), 270-ter (assistenza agli associati), 270-quater (arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale) e 270-quinquies (addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale) del codice penale. I professionisti iscritti in albi effettueranno la segnalazione delle operazioni sospette agli Ordini professionali che verranno individuati con apposito decreto ministeriale. Gli Ordini dovranno provvedere senza ritardo a trasmettere integralmente la segnalazione all'Uif (Unità di informazione finanziaria) che verrà istituita presso l'Ufficio italiano dei cambi, epurando la segnalazione del nominativo del segnalante. Oggetto della segnalazione continuerà a essere ogni operazione che per caratteristiche, entità, natura, o per qualsivoglia altra circostanza conosciuta in ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto anche della capacità economica e dell'attività svolta dal soggetto a cui è riferita, induca a ritenere che il denaro, i beni o le utilità oggetto delle operazioni possano provenire dai delitti di riciclaggio o da impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648-bis e ter del codice penale). Italia Oggi pag. 12 A rischio il rapporto di fiducia tra cliente e professionista legale L'applicazione alle professioni legali della direttiva comunitaria 91/308/Cee relativa alla prevenzione del riciclaggio di denaro non ha dato i risultati sperati. La diversa tempistica con cui i paesi di Eurolandia hanno recepito le direttive di Bruxelles all'interno dei propri sistemi nazionali, unita alle difficoltà di applicazione dei dettami stessi imposti dalla Commissione allo svolgimento delle normali attività professionali, hanno impedito di fatto la creazione di quello scudo al riciclaggio di denaro sporco ideato dai vertici europei. Il mea culpa è arrivato dalla stessa Commissione Ue che a distanza di 16 anni dalla pubblicazione della prima direttiva in materia di riciclaggio di denaro sporco ha commissionato un'inchiesta tra i professionisti legali di Eurolandia per verificare lo stato dell'arte dell'applicazione delle regole stabilite da Bruxelles. ´È indubbio che allo stato attuale si deve implementare il sistema di controllo sul riciclaggio di denaro sporco affinando il ruolo giocato dai professionisti legali in questa partita', si legge nel documento presentato dalla Commissione. ´In base a quanto mostrato dall'inchiesta, i nostri sforzi futuri si dovranno concentrare su tre aspetti: migliorare la qualità del sistema di implementazione nazionale delle norme antiriciclaggio approvate a livello comunitario, aumentare gli sforzi per l'identificazione e la lotta al riciclaggio e verificare l'esistenza di ulteriori strumenti per facilitare l'osservanza delle regole da parte dei professionisti legali'. In questo contesto, la terza direttiva antiriciclaggio, cui gli stati membri dovranno dare attuazione entro il 15 dicembre 2007, rappresenta un'importante finestra per cercare di porre rimedio ai problemi incontrati fino a questo momento. Ma quali sono state le maggiori difficoltà segnalate dai professionisti legali di Eurolandia in materia di applicazione delle direttive europee in materia di antiriciclaggio? ´Nel caso delle professioni legali (con particolare riguardo per gli avvocati), l'entrata in vigore della direttiva europea si è tradotta in cambiamenti rilevanti nell'organizzazione delle loro attività professionali', si legge nel documento redatto a conclusione dell'indagine condotta tra le associazioni professionali di avvocati, notai e consulenti del lavoro attivi in 19 paesi del Vecchio continente. ´L'impatto più consistente, in base a quanto riscontrato dalla Commissione, risulta connesso con tre macro classi: la creazione di un rapporto professionale tra legale e cliente; la capacità di identificare transazioni sospette e di riportarle alle autorità competenti; la necessità di adattare l'organizzazione interna in maniera tale da poter agire in conformità con i dettami della direttiva europea'. Se l'identificazione del cliente non sembra variare la pratica già in atto tra i notai del Vecchio continente, le cose si fanno più complicate quando la direttiva viene applicata alla categoria degli avvocati. In questo caso, infatti, alcune problematiche possono insorgere sia nei rapporti professionali all'interno di un paese sia in quelli che contrappongono soggetti residenti in paesi diversi. In cima alla lista delle complicazioni figura la tempistica di accertamento dell'identità del proprio cliente da parte del legale. Ancora più complicato appare il caso in cui il potenziale cliente dell'avvocato viene presentato al legale da parte di un altro professionista, come per esempio il consulente fiscale. In questo caso, la direttiva europea non stabilisce il percorso attraverso cui il legale è chiamato a farsi carico dell'accertamento dell'identità del proprio cliente. Nella prassi questo cavillo viene risolto chiamando in causa i legami di fiducia che uniscono i due professionisti al comune cliente. Non solo. In molti paesi appare sempre più complicato (questa volta anche per i notai) l'ottenimento della documentazione sull'effettiva provenienza dei capitali che vengono a costituire l'oggetto della prestazione di lavoro dei professionisti legali. Soprattutto nel caso in cui il cliente è rappresentato da una società con sede in un paese diverso da quello di residenza dei legali. A questo si aggiunga che i problemi di identificazione dei soggetti e della provenienza del denaro è stato spesso acuito dalla differente tempistica di trasposizione della direttiva antiriciclaggio all'interno dei membri di Eurolandia. In base a quanto stabilito da Bruxelles, la seconda direttiva europea sarebbe dovuta entrare in vigore all'interno dei 15 paesi Ue entro la scadenza ultima del 15 giugno 2003. Soltanto quattro paesi (Danimarca, Finlandia, Germania e Olanda), tuttavia, hanno rispettato la volontà della Commissione. I restanti 11, invece, hanno acconsentito a uniformarsi ai dettami di Bruxelles soltanto in una fase successiva. Tra gli ultimi della classe figura l'Italia, che ha recepito la direttiva europea soltanto all'inizio del 2006, quasi a tre anni di distanza dallo scadere del termine ultimo indicato dalla Commissione. L'identificazione della reale identità dei soggetti coinvolti non rappresenta tuttavia il terreno più impervio della direttiva Ue. Al centro del contendere tra Bruxelles e i professionisti legali si è imposto infatti il delicatissimo tema dell'obbligatorietà della denuncia da parte dell'avvocato, del notaio o del consulente del lavoro entrato a conoscenza della natura illecita dei fondi utilizzati per le transazioni condotte dai propri clienti. ´La direttiva antiriciclaggio fa sì che i professionisti legali perdano la loro caratteristica di ”porti sicuri” a cui affidare i propri segreti', si legge nel documento redatto da Bruxelles. ´Si tratta di un cambiamento radicale nel principio di confidenzialità osservato per tradizione da queste categorie di professionisti'. E questo si è tradotto in un deterioramento dei rapporti di fiducia tra cliente e professionista legale. Gabriele Frontoni, Italia Oggi pag. 13 Fisco sulle tracce del contribuente Sospetta presenza di personale non in regola, marcate incongruenze tra ammortamenti, canoni di locazione, interessi passivi e altri oneri finanziari, valore storico dei beni strumentali (beni mobili) e valore storico relativi a beni mobili strumentali, irregolarità nella gestione del magazzino, anomalie legate ai beni strumentali e alla loro redditività. Sono queste le ´tracce' che potrebbero contraddistinguere i futuri indicatori di normalità economica e che si evincono dai dati contabili ed extracontabili contenuti nei righi degli appositi ´allegati' predisposti dall'Agenzia delle entrate nell'ambito dei modelli Unico 2007, disponibili in bozza sul proprio sito internet. Allo scopo di orientare le attività di controllo nei confronti dei contribuenti titolari di reddito d'impresa o di lavoro autonomo, cui non sono applicabili gli studi di settore, l'articolo 1, comma 19, primo periodo, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), ha previsto l'individuazione di specifici indicatori di normalità economica, idonei a rilevare la presenza: - di ricavi o compensi non dichiarati; - di rapporti di lavoro irregolare. In questo modo l'attività dell'amministrazione finanziaria, in particolar modo sulla base delle informazioni che saranno desunte dai nuovi indicatori, potrà essere orientata verso quelle situazioni che presentano maggiori rischi di evasione e, conseguentemente, l'azione potrà rivelarsi maggiormente efficace e produttiva. Ai medesimi fini, nelle ipotesi di cessazione dell'attività, di liquidazione ordinaria ovvero di non normale svolgimento dell'attività (che costituiscono ordinariamente cause di esclusione dell'applicabilità degli studi), è stata stabilita, sempre dal comma 19 della legge finanziaria per il 2007, la compilazione del modello degli studi di settore, da allegare alla dichiarazione dei redditi. È del tutto evidente che trattandosi di contribuenti esclusi dagli studi di settore non rilevi il nuovo limite di ricavi o compensi di euro 7.500.000,00 previsto per i soggetti ai quali invece si applicano gli studi stessi, per rientrare o meno nell'obbligo di compilazione dei modelli per gli indicatori di normalità economica 2007 Unico PF, Unico SP, Unico SC. I modelli degli ´Indicatori di normalità economica' Unico 2007 persone fisiche, società di persone e società di capitali, sono pertanto finalizzati a raccogliere gli elementi necessari per l'elaborazione dei nuovi indicatori. I dati contenuti nelle risposte sono, infatti, indispensabili per costituire la base informativa necessaria a una corretta elaborazione degli indicatori stessi e saranno utilizzati per valutare la capacità di produrre ricavi o conseguire compensi delle singole attività economiche, realizzato tramite la raccolta sistematica non solo di dati di carattere fiscale ma anche di numerosi altri elementi che caratterizzano le attività e il loro contesto economico. Occorre inoltre osservare che i dati contabili ed extra-contabili indicati dall'Agenzia delle entrate nelle bozze di Unico 2007 potrebbero funzionare da battistrada per gli indicatori di normalità economica non ancora formalizzati che riguardano però direttamente i soggetti ai quali si applicano gli studi di settore e che dovranno misurarsi con essi direttamente in virtù dei risultati, in termini di congruità ai ricavi o compensi, stimati da Gerico 2007. Leonardo Baglioni, Italia Oggi pag. 14 Le regole per i soggetti esclusi dalla compilazione I soggetti esclusi dalla compilazione: • coloro che esercitano un'attività compresa negli studi di settore con un periodo d'imposta diverso da 12 mesi, se tale periodo d'imposta è in corso alla data dell'1/1/2007, sono tenuti all'applicazione degli studi di settore in base alle disposizioni di cui all'art. 1, comma 23, della legge n. 296 del 27/12/2006 e pertanto non devono compilare il quadro • coloro che determinano il reddito forfetariamente • le amministrazioni ed enti pubblici, di cui all'art. 1, comma 2, del dlgs 30 marzo 2001, n. 165 • le banche • le assicurazioni • le società d'intermediazione mobiliare • le società d'intermediazione a capitale variabile • le società fiduciarie • gli altri intermediari finanziari compresi nel dlgs 27/01/1992 n. 87. Gli esclusi che però devono compilare il modello degli studi di settore: Sono esclusi dalla compilazione dell'allegato Indicatori di normalità economica di Unico 2007, ma sono comunque tenuti a compilare il modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, i soggetti che esercitano un'attività compresa negli studi stessi e si trovano nel periodo d'imposta 2006 in una delle seguenti situazioni: - dichiarano ricavi di cui all'articolo 85, comma 1, esclusi quelli di cui alle lettere c), d) ed e) del Tuir, approvato con dpr n. 917 del 1986, ovvero compensi di cui all'art. 54, comma 1, del Tuir, di ammontare superiore a euro 5.164.569 e fino a euro 7.500.000; - dichiarano di rientrare in una delle cause di esclusione previste nelle ipotesi di cessazione dell'attività, liquidazione ordinaria ovvero di non normale svolgimento dell'attività. Le modalità di compilazione: Frontespizio/Tipo di dichiarazione: I soggetti nei confronti dei quali si applicano gli indicatori di normalità economica dovranno: - barrare la casella corrispondente - compilare e allegare gli appositi modelli. Le sanzioni per l'omesso invio In caso di omessa presentazione dell'allegato, si applica la sanzione amministrativa da euro 258,00 a euro 2.065,00, ridotta a un quinto del minimo se la presentazione avviene entro il termine fissato per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale è commessa la violazione. Come verranno applicati gli indicatori di normalità economica: Per l'applicazione dei futuri indicatori di normalità economica, i contribuenti saranno tenuti, al momento della dichiarazione dei redditi, a comunicare due tipi di informazioni necessarie all'elaborazione degli indicatori: - i dati contabili - i dati extracontabili (per esempio, i dati relativi al personale addetto all'attività). Inserendo i valori contabili ed extracontabili richiesti, sarà possibile per l'Agenzia delle entrate costruire gli specifici indicatori che dovranno verificare la posizione del contribuente in ordine: - alla coerenza degli indicatori che saranno individuati, rispetto ai valori minimi e massimi assumibili con riferimento a comportamenti normali degli operatori del settore che svolgono l'attività con analoghe caratteristiche. I contribuenti non coerenti potranno essere selezionati per l'attività di verifica: Le anomalie che potranno essere riscontrate nell'applicazione degli indicatori di normalità economica saranno utilizzate per la selezione delle posizioni da sottoporre a controllo. Con riferimento a tal genere di anomalia l'ufficio dovrà comunque verificare se la mancata coerenza derivi: - da comportamenti fiscalmente irregolari; - da specifiche situazioni economico-aziendali che potrebbero giustificarne l'incoerenza; - da insufficienze produttive dell'azienda o del lavoratore autonomo. Con tutta probabilità, la coerenza può essere analizzata solo su base documentale, presso gli uffici dell'amministrazione o con accesso in azienda, in quanto legata ai comportamenti diretti del soggetto. Va infine osservato che l'applicazione di indicatori di normalità economica non riveste alcun valore di presunzione legale ai fini dell'accertamento Italia Oggi pag. 14 Un legale a difesa dei consumatori I consumatori sono diventati la nuova frontiera degli avvocati: chiusi sul versante imprenditoriale dall'ingombrante presenza di grandi studi associati, e su quello delle controversie private dalla presenza di principi del foro con una vasta rete di contatti sui rispettivi territori, molti giovani legali stanno battendo una strada ancora poco esplorata in Italia: la tutela dei diritti dei consumatori. Un mercato con buone prospettive di crescita, soprattutto se a breve sarà approvata una legge italiana sulle class action, sull'esempio dell'istituto da tempo presente negli Stati Uniti. Prima regola aggiornarsi: Più che in qualsiasi altro segmento del diritto, il settore consumeristico premia professionisti che abbiano voglia di aggiornarsi continuamente. ´Si tratta di un segmento in continua evoluzione, che richiede legali capaci di coniugare la conoscenza dei principi civilistici, con le norme di settore', spiega Francesco Camilletti, legale e docente di Diritto privato alla Statale di Milano. Le conoscenze basilari devono dunque riguardare: il diritto civile, la responsabilità extracontrattuale, il Codice del consumo, il Testo unico bancario e il Testo unico dell'intermediazione finanziaria. Al di là delle conoscenze teoriche, poi, è fondamentale una certa dimestichezza con gli Adr, vale a dire gli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie. Gli strumenti stragiudiziali, infatti, spesso consentono al consumatore di ottenere il risultato sperato senza dover spendere somme eccessive e senza dover attendere i tempi lunghi del giudizio ordinario. Oltre alle conoscenze tecniche svolgono un ruolo fondamentale le abilità personali: un buon avvocato, a prescindere dal settore di competenza, deve saper costruire una propria rete di contatti e conoscenze, puntando a far circolare il proprio nome il più possibile tra i potenziali clienti. I canali d'ingresso al mercato: Il consumer law negli ultimi anni è diventato materia di studio in numerosi corsi di specializzazione a livello internazionale. Frequentare un master a tema dopo la laurea in giurisprudenza può dunque aprire la strada alla professione. Un'alternativa è rappresentata dal contatto diretto con associazioni dei consumatori, come spiega il presidente di Altroconsumo Paolo Martinello: ´Organizzazioni come la nostra consentono non solo di entrare a contatto con altri legali che già si occupano di diritto dei consumatori, ma anche di confrontarsi con altri professionisti che operano in queste realtà, come economisti, alimentaristi e analisti finanziari, in modo da acquisire una più ampia conoscenza della materia consumeristica'. L'esperienza in un'associazione di consumatori può essere fatta, per esempio, nel corso del biennio di tirocinio: un modo per apprendere le tecniche del diritto e saggiare la propria propensione verso il settore. Una professione che si può svolgere in provincia: Diversamente da molte altre professioni, l'avvocato dei consumatori non deve necessariamente spostarsi dal proprio luogo di nascita per trovare lavoro. Le grandi città del Nord offrono maggiori possibilità di lavoro, ma anche nel Centrosud il settore si sta facendo strada grazie all'accresciuta sensibilità dei consumatori stessi. Inoltre, la presenza di network su tutto il territorio nazionale consente di usufruire dei vantaggi della rete e del brand anche in provincia. Difficile quantificare i possibili guadagni: trattandosi di un'attività autonoma, i compensi sono legati alla capacità di tessere relazioni, all'abilità professionale e all'andamento del mercato. Ovviamente è difficile immaginare di realizzare guadagni simili ai legali d'impresa: il differente valore delle cause, la limitata disponibilità economica di molti clienti e il frequente ricorso a strumenti stragiudiziali di soluzione delle controversie incidono sui possibili compensi. ´La liberalizzazione del patto di quota lite', precisa Camilletti, ´apre però la strada a possibili accordi con il consumatore, in base ai quali all'avvocato può essere riconosciuta una percentuale di quanto il consumatore ottiene con la sentenza'. Ulteriori spazi per la professione potrebbero aprirsi in caso di introduzione di una legge sulle azioni collettive, che consentono a un gruppo di consumatori di agire in gruppo per la medesima violazione del diritto. ´L'introduzione della class action consentirebbe di garantire meglio i consumatori', conclude Martinello, ´e renderebbe più conveniente per gli stessi legali specializzarsi nel settore'. Luigi dell’Olio pag. 28 FLASH Italia Oggi pag. 2-3 Giurisprudenza tributaria irap e autonomi Irap. Avvocato che operi con mezzi minimi e senza dipendenti (sentenza della Corte di cassazione n. 3678 del 16 febbraio 2007) La Suprema Corte ha stabilito che, essendo indispensabile, ai fini della soggezione all'Irap, esaminare le concrete modalità di esercizio dell'attività professionale del contribuente, l'attività dell'avvocato privo di dipendenti, che utilizzi una porzione della propria abitazione come studio professionale utilizzando beni di struttura semplice di uso comune, non è assoggettabile all'imposta sull'astratto rilevo che una pluralità di atti economici coordinati e finalizzati ad uno scopo economico basti a realizzare attività autonomamente organizzate. professionisti Irap. Requisito dell'autonoma organizzazione ai fini della soggettività Irap dei professionisti (sentenza della Corte di cassazione n. 3672 del 16 febbraio 2007) La Suprema corte ha stabilito che si ha esercizio di attività autonomamente organizzata e pertanto soggetta a Irap (art. 2, dlgs 446 del 1997) quando l'attività abituale ed autonoma del contribuente dia luogo ad un'organizzazione dotata di un minimo di autonomia che potenzi ed accresca la capacità produttiva del contribuente stesso. Pertanto l'imposta non sarà applicabile ove in concreto i mezzi personali e materiali di cui si è avvalso il contribuente costituiscono un mero ausilio della sua attività personale: non è pertanto soggetto a Irap il professionista che svolga l'attività professionale senza dipendenti, con attrezzature consistenti in telefono, automezzo, Personal computer e mobili d'ufficio. Il Sole 24 Ore pag. 7 In Tribunale un freno al 41 bis Prima l’allarme del Procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso che aveva detto: “l’istituto del 41 bis vive un sostanziale processo di esaurimento”, poi pochi giorni dopo, la notizia dell’uscita dal 41 bis di cinque boss. Così sulla legge (279/2002) che disciplina “il regime carcerario di rigore” è allarme. Cala infatti il numero dei detenuti sottoposti a questo regime (dai 766 del 2003 agli attuali 521) e soprattutto sono sempre più numerose le mancate proroghe di questo tipo di regime carcerario da parte dei vari Tribunali di sorveglianza. La Commissione antimafia ha annunciato l’avvio di un monitoraggio sulla sua applicazione e sul suo funzionamento. Il presidente della Commissione, Francesco Forgiane chiarisce: “E’ chiaro che il 41 bis è un istituto che al momento presenta diversi problemi, bisogna verificare quanto sia ancora efficace questo strumento rispetto al fine che si propone”. Che è quello di interrompere i canali di comunicazione tra il boss in carcere e l’organizzazione all’esterno. ( a cura di Daniele Memola ) - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 - ( a cura di Daniele Memola ) - via del Governo Vecchio, 3 - 00186 Roma - tel. 0039.06.977488 - fax. 0039.06.97748829 -