La fiscalità
dei soggetti
IAS ADOPTER
Aspetti generali
Studi preliminari
del gruppo di lavoro congiunto
Agenzia delle Entrate/DRE Campania – Univ. di Salerno/Dipartimento
Diritto, Impresa e Lavoro
diretto dal
Prof. Stefano Fiorentino
Quaderni di “Innovazione e diritto”
“LA FISCALITA’ DEI SOGGETTI IAS ADOPTER”: ASPETTI GENERALI
STUDI PRELIMINARI DEL GRUPPO DI LAVORO CONGIUNTO AGENZIA DELLE ENTRATE/DRE
CAMPANIA – UNIVERSITA’ DI SALERNO/ DIPARTIMENTO DIRITTO, IMPRESA E LAVORO”,
DIRETTO DAL PROF. STEFANO FIORENTINO
1
SOMMARIO
-
C a p . 1 : I n t r o d u z i o n e e l i n e e g u i d a d e l l a v o r o s v o l t o d a l g r u p p o d i s t u d i o (di Stefano
Fiorentino)
-
P a r . 2 : I n d i v i d u a z i o n e e d e l i m i t a z i o n e d e i s o g g e t t i I a s a d o p t e r (di Antonio Visconti):
Sommario: 2.1. Le ragioni del processo di adozione degli IAS; 2.2. Il regolamento CE n. 1606 del
2002 e la sua attuazione interna; 2.3. Delimitazione dei soggetti IAS adopter e ambito temporale di
applicazione; 2.3.1. Società obbligate all'adozione degli IAS/IFRS; 2.3.1.1 Società emittenti strumenti
finanziari quotati in mercati regolamentati dell'UE: individuazione e ambito temporale di applicazione
degli IAS; 2.3.1.2 Società aventi strumenti finanziari diffusi presso il pubblico ai sensi dell’art. 116,
D.Lgs. 58/98: individuazione e ambito temporale di applicazione degli IAS; 2.3.1.3 Banche e altri
intermediari finanziari sottoposti a vigilanza da parte della Banca d'Italia: individuazione e ambito
temporale di applicazione degli IAS; 2.3.1.4 Società assicurative: individuazione e ambito temporale
di applicazione degli IAS; 2.3.2 Soggetti che hanno la facoltà di adottare gli IAS/IFRS; 2.3.2.1
Società consolidate; 2.3.2.2. Società che redigono il bilancio consolidato; 2.3.2.3 Altre società; 2.3.3
Soggetti esclusi dall'adozione degli IAS/IFRS; 2.4. Irrevocabilità della scelta.
-
Par. 3: I principi generali del sistema contabile I A S (di Gabriella Forte): Sommario: Premessa;
3.1 Gli schemi contabili nella nuova versione dello IAS 1 (cenni); 3.2 I principi generali nello schema
concettuale del Framework; 3.3 Recognition e derecognition degli elementi patrimoniali e reddituali
secondo la nuova accezione di competenza economica; 3.4 Il principio della substance over form da
principio generale a criterio di valutazione specifico: il leasing finanziario; 3.5 Il fair value come
principio di raccordo tra i principi generali e i criteri di valutazione particolari; 3.5.1 Definizione e
classificazione delle attività e delle passività finanziarie; 3.5.2 Recognition, valutazioni successive e
derecognition degli strumenti finanziari; 3.5.3 La riclassificazione degli strumenti finanziari
-
P a r . 4 : I p r i n c i p i d e l l a r i f o r m a o p e r a t a c o n l a L e g g e n . 2 4 4 d e l 2 0 0 7 ( di Pasquale
Fabbrocini): Sommario: 4.1 Cenni al previgente regime della neutralità; 4.1.1: aspetti relativi alle
imposte sul reddito; 4.1.2: aspetti relativi all’irap; 4.2: la finanziaria per il 2008 ed il passaggio dalla
neutralità alla derivazione rafforzata; 4.2.1: aspetti relativi alle imposte sul reddito; 4.2.2: aspetti
relativi all’irap; 4.3: La c.d. “deroga generale” di c u i a l n o v e l l a t o a r t . 8 3 d e l T U I R ; 4 . 3 . 1 :
Considerazioni generali; 4.3.2: La nozione di qualificazione nel sistema contabile I.A.S.; 4.3.3: le
classificazioni nel sistema contabile I.A.S.; 4.3.4: i rapporti tra qualificazione e classificazione in
bilancio e la loro influenza sulle qualificazioni fiscali: la nuova nozione di immobilizzazione finanziaria;
4.3.5: il riferimento ai criteri di imputazione temporale contenuto nella c.d. “deroga generale”:
differenze tra la competenza interna ed esterna – l’esclusione delle valutazioni/quantificazioni; 4.3.6:
i riflessi del principio di derivazione rafforzata sulle norme di valutazione/quantificazione; 4.4: Le c.d.
“deroghe speciali”: loro funzione tributaria in un quadro di sistema.
-
P a r . 5 . I l r e g o l a m e n t o d i a t t u a z i o n e (di Mario Tenore): Sommario: 5.1. Aspetti generali; 5.2 i
principi generali enunciati dal regolamento; 5.3: l’art. 2: il principio della prevalenza della sostanza
2
sulla forma ed i criteri di rappresentazione in bilancio; 5.3.1 il comma 1: il modo di operare del
principio della prevalenza della sostanza sulla forma; 5.3.2. Il comma 3: il coordinamento con l’art.
106 del tuir (valutazione dei crediti); 5.3.3. Il comma 4: il coordinamento con l’art. 105 tuir (fondi di
previdenza e quiescenza); 5.4: l’art. 3: operazioni tra soggetti che applicano gli ias e soggetti che
non li applicano; 5.4.1 il comma 3 ed il concetto di “natura giuridica” dell’operazione; 5.4.2
operazioni tra soggetti che applicano differenti criteri di rilevazione in bilancio; 5.5: l’art. 4: la
disciplina delle operazioni di aggregazione aziendale; 5.6: l’art. 5: la neutralita’ fiscale in sede di first
time adoption; 5.7: l’art. 6: i comportamenti adottati nel triennio 2005-2007.
-
P a r . 6 . - Ricognizione in merito all’applicazione integr a t a d e l l e n o r m e d e l T U I R e d e l l e
r e g o l e I A S (di Pasquale Fabbrocini): Sommario: 6.1 Considerazioni generali; 6.2 Ricognizione
analitica dell’integrazione delle norme ias nel sistema del tuir.
3
Introduzione e linee guida del lavoro svolto dal gruppo di stu dio – ( di Stefano Fiorentino)
La ricerca in esame trae origine da un accordo stipulato il 22 febbraio 2009 dalla DRE Campania e il
Dipartimento di Diritto, Impresa, Lavoro dell’Università degli studi di Salerno, facoltà di Economia.
E’ bene chiarire sin dalle premesse che la presente ricerca, pur rappresentando il risultato di studi preliminari
del gruppo di studio, assume interesse immediato sul piano della pubblicazione, in virtù di due fondamentali
ragioni.
La prima risiede nel livello di organicità e di approfondimento sufficienti che la ricerca ha già raggiunto, al
fine della fruibilità dei risultati stessi.
La seconda ragione è correlata all’interesse immediato alla divulgazione di tali risultati, dal momento che da
più parti (anche istituzionali) è stata evidenziata la necessità e l’urgenza di un ampio confronto sulle
tematiche oggetto della presente ricerca, anche in vista degli imminenti pronunciamenti, in chiave
interpretativa, da parte dell’Agenzia delle Entrate. Quanto detto è confermato anche dai diversi seminari e
incontri che hanno coinvolto il gruppo di studio, sia presso l’Agenzia delle entrate – DRE Campania in data
31 marzo 2009, sia in sede ABI (Associazione Bancaria Italiana) in data 11 giugno 2009 e 23 febbraio 2010,
o l t r e c h e p r e s s o l’Università di Salerno, anche con risvolti ed implicazioni di tipo comunitario, (“La
determinazione della base imponibile nel reddito d’impresa – considerazioni scelte in tema di IAS e CCCTB –
seminario del 2 dicembre 2010).
Detto ciò, è evidente che il gruppo di studio, nel proseguire la propria attività di approfondimento del tema,
che per ora è stato analizzato nei suoi risvolti più generali, potrà ampliare l’analisi degli argomenti coinvolti,
così come ritornare su argomenti già trattati per apportare specificazioni e/o ulteriori approfondimenti.
Dopo tale doverosa premessa, è utile delineare gli argomenti trattati nel lavoro e le modalità con le quali il
lavoro stesso è stato svolto.
In primo luogo preme sottolineare che in qualità di direttore della ricerca ho ritenuto di esplicare il mio ruolo
in chiave essenzialmente di coordinamento e di coerenza sistematica: ho contribuito cioè in modo decisivo
all’individuazione degli argomenti da trattare ed all’attribuzione ai singoli autori. Nell’ambito di tale funzione
ho indicato (e condiviso preliminarmente) in questa fase un’unica direttiva generale di ricerca, che implicasse
la valorizzazione delle norme del Tuir quale sistema di riferimento, anche in presenza del nuovo principio
della derivazione rafforzata sancito dall’art. 83 per i soggetti Ias adopter. In altre parole, salvo ogni specifico
approfondimento normativo, si è ritenuto in via generale che ogni soluzione applicativa, sovente da ricercare
nell’ambito delle regole IAS in ragione del principio di derivazione rafforzata, dovesse comunque apparire
coerente e compatibile con un sistema di riferimento, che rimane quello del Tuir anche dopo la riforma
introdotta con la L. n. 244/2007. Da ciò discende, a contrariis che nell’ambito del percorso interpret ativo
orientato dalla derivazione rafforzata all’interno delle regole IAS, sono precluse quelle soluzioni esegetiche,
anche se di per sé compatibili con le regole IAS, che non siano accettabili sul piano sistematico, e cioè
nell’ambito dei principi generali emergenti dal vigente Tuir.
4
Una volta delineata la cornice di fondo dei temi di ricerca, il contributo dei singoli autori si è sviluppato in
autonomia, ed il mio contributo è stato espresso essenzialmente in termini di confronto sulle singole
soluzioni prospettate, lasciando in ogni caso, ed in via ultimativa, libertà al pensiero degli stessi.
Per ciò che concerne il contenuto della ricerca, in particolare, il secondo paragrafo, redatto dal Dott. Visconti,
prevede un’analisi delle implicazioni soggettive della disciplina, in esame, con la valutazione di tempi,
condizioni e limiti.
Il terzo paragrafo, realizzato dalla Dott.ssa Forte, fornisce un contributo di tipo generale, alle regole ed ai
principi emergenti in sede IAS, con specifica attenzione ai principi del substance over form e fair value.
Il quarto paragrafo, del Dott. Fabbrocini, esamina le linee generali della riforma introdotta con la Legge n.
244/2007, entrando nel merito dei nuovi profili, anche istituzionali e classificatori, originati in ambito Tuir in
seguito all’entrata in vigore della recente disciplina introdotta con la Finanziaria 2008.
Il quinto paragrafo, opera del Dott. Tenore, analizza l’atteso regolamento di attuazione, che se
indubbiamente ha contribuito a risolvere alcuni dubbi e problematiche applicative, non è esente da
incertezze e questioni interpretative tuttora aperte.
Il sesto paragrafo, come il quarto opera del Dott. Fabbrocini, nell’ambito delle premesse generali già
complessivamente affrontate nella ricerca, propone una prima ricognizione analitica degli effetti della
derivazione rafforzata sulla disciplina del Tuir, fornendo una prima verifica di compatibilità delle regole
tecniche IAS con la singola normativa tributaria di riferimento.
Nel concludere questa breve introduzione, va detto che lo studio della tematica inerente le implicazioni tra la
nuova disciplina fiscale dei soggetti IAS adopter e l’abuso/elusione fiscale, pur implicante aspetti generali, è
stata rinviata in ragione della ritenuta necessità di uno specifico ed adeguato approfondimento di tutti gli
aspetti coinvolti.
5
Par. 2. Individuazione e delimitazione dei soggetti I a s a d o p t e r - ( di Antonio Visconti)
S o m m a r i o : 2.1. Le ragioni del processo di adozione degli IAS; 2.2. Il regolamento CE n. 1606 del 2002 e la
sua attuazione interna; 2.3. Delimitazione dei soggetti IAS adopter e ambito temporale di applicazione;
2.3.1. Società obbligate all'adozione degli IAS/IFRS; 2.3.1.1 Società emittenti strumenti finanziari quotati in
mercati regolamentati dell'UE: individuazione e ambito temporale di applicazione degli IAS; 2.3.1.2 Società
aventi strumenti finanziari diffusi presso il pubblico ai sensi dell’art. 116, D.Lgs. 58/98: individuazione e
ambito temporale di applicazione degli IAS; 2.3.1.3 Banche e altri intermediari finanziari sottoposti a
vigilanza da parte della Banca d'Italia: individuazione e ambito temporale di applicazione degli IAS; 2.3.1.4
Società assicurative: individuazione e ambito temporale di applicazione degli IAS; 2.3.2 Soggetti che hanno
la facoltà di adottare gli IAS/IFRS; 2.3.2.1 Società consolidate; 2.3.2.2. Società che redigono il bilancio
consolidato; 2.3.2.3 Altre società; 2.3.3 Soggetti esclusi dall'adozione degli IAS/IFRS; 2.4. Irrevocabilità della
scelta.
2.1. Le ragioni del proce sso di adozione degli IAS.
La concreta introduzione nell’ordinamento europeo della previsione di utilizzo da parte delle imprese di
sistemi contabili basati su principi internazionali (c.d. IAS, International accounting standards), avviene per
effetto dell’emanazione del regolamento CE 19 luglio 2002, n. 1606, e dunque, stante l’efficacia immediata
nei singoli ordinamenti statali delle previsioni contenute nei provvedimenti regolamentari comunitari, tali
previsioni dalla medesima data acquisiscono effetti anche nel nostro sistema giuridico.
Tale scelta del Legislatore comunitario, in realtà, si inserisce in una precisa strategia volta a migliorare
l'efficienza dei mercati finanziari europei 1 .
In particolare, durante il Consiglio di Lisbona nel marzo 2000, in virtù della manifesta esigenza di accelerare
il completamento del mercato comune dei servizi finanziari, si pensano una serie di misure finalizzate alla
comparabilità dell'informativa sociale, e ciò soprattutto per quei soggetti i cui titoli sono, o vo gliano essere,
negoziati in mercati regolamentati 2 .
Nel giugno 2000, la Commissione emana un documento 3 nel quale si dice che entro il 2005, le società
comunitarie con titoli negoziati in mercati regolamentati o appartenenti a settori sensibili per l’econ omica
continentale 4 , sono obbligate a preparare i loro conti in un insieme unico di principi contabili, ossia,
attraverso l’utilizzo degli IAS.
La scelta di tali particolari principi contabili fu in parte dovuta alla ragionevole constatazione che, data la
perfetta integrazione dell’economia europea in quella intercontinentale, la convergenza dei principi seguiti in
Europa per redigere i bilanci, non potesse prescindere dall’utilizzo di un sistema che fosse riconoscibile su
1
http://europa.eu/legislation_summaries/internal_market/businesses/company_law/l26035_it.htm.
Moretti, L'applicazione dei principi IAS nell'ordinamento italiano, in Corriere Tributario, n. 30/2004, pag. 2355.
3
Comunicazione della Commissione, del 13 giugno 2000, al Consiglio e al Parlamento europeo - La strategia dell'Unione europea in
materia di informativa finanziaria: la via da seguire [COM(2000)359 def. - Non pubblicata sulla Gazzetta ufficiale].
4
Ndr: Intermediari Finanziari, Assicurazioni, grossi gruppi.
2
6
scala mondiale, e ciò al fine di agevolare la possibilità per le imprese di realizzare operazioni transfrontaliere
e/o di ottenere l’ammissione alla quotazione su qualsivoglia piazza europea.
In altri termini, le vigenti disposizioni in materia di informativa di bilancio all’epoca in esse re 5 , non furono
ritenuti sufficienti a garantire la completa trasparenza e comparabilità delle informazioni in un mercato che
puntava ad essere unico ed perfettamente integrato 6 .
2.2.2. Il regolamento CE n. 1606 del 2002 e la sua attuazione interna.
I l regolamento n. 1606/2002/CE conferma l'obbiettivo, innanzi enucleato, del legislatore comunitario di
rendere uniformi e compatibili i bilanci delle imprese europee. In particolare, al comma 1 dell’art. 1, è
espressamente sancito che: “la diffusione e l'utilizzazione dei principi contabili internazionali sono finalizzate
all'obbiettivo di armonizzare l'informazione finanziaria relativa alle società tenute a redigere il bilancio
consolidato e quotate in un mercato CE”.
Passando ad analizzare il contenuto dispositivo della citata norma, ai sensi dell'art. 4, la stessa dispone che:
a partire dagli esercizi aventi inizio il 1 gennaio 2005 (ovvero in data successiva), tutte le società dell'Unione
europea aventi strumenti finanziari quotati nei mercati regolamenta ti europei devono redigere i bilanci
consolidati conformemente ai principi contabili internazionali.
Il successivo art. 5 consente, poi, ai singoli Stati membri di permettere o prescrivere l'adozione degli
IAS/IFRS per la redazione dei bilanci d'esercizio delle società quotate e dei bilanci consolidati e/o d'esercizio
delle società non quotate.
Per quanto attiene il nostro Paese, l'art. 25 della Legge 31 ottobre 2003 n. 306 7 introduce i principi che il
Governo doveva attuare per l'esercizio della predetta facoltà, andando altresì a specificare l’ambito
soggettivo di applicazione della novella normativa, le fattispecie opzionali e quelle escluse.
In particolare, l'art. 25 della Legge 306/2003, stabiliva che, ad eccezione delle imprese assicurative,
l'applicazione degli IAS/IFRS avvenga:
-
obbligatoriamente: per i bilanci d'esercizio delle società quotate, nonché per i bilanci d'esercizio e
consolidati delle società aventi strumenti finanziari diffusi, delle banche e degli altri intermediari
finanziari;
-
in via facoltativa: per i bilanci d'esercizio e consolidati delle altre società.
Successivamente poi, a conclusione di tutto il suo iter legislativo8 , la delega innanzi descritta trova attuazione
nel D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 38.
5
Direttive contabili europee IV del 28 luglio 1978 e VII direttiva del 13 giugno 1983 .
Tuttavia, già prima dell’introduzione del regolamento 1606/2002, un primo passo normativo verso i principi contabili internazionali è
stato comunque fatto dalla UE con la Direttiva 65/2001/CE, con la quale è stata introdotta nelle direttive contabili e uropee, di cui alla
nota precedente, la possibilità di valutare gli strumenti finanziari secondo il criterio del fair value, come definito dallo IAS 39.
6
7
Legge Comunitaria 2003.
A ridosso della scadenza del termine per esercitare le deleghe di cui all'art. 25 della Legge n. 306/2003, fissato al 30 novembre 2004
(un anno dal 30 novembre 2003, data di entrata in vigore della medesima Legge n. 306/2003), il Governo ha approvato, nel corso del
Consiglio dei Ministri tenutosi il 26 novembre 2004, il relativo schema di DLgs. attuativo (d'ora in avanti, per semplicità, schema di
DLgs.). Tale circostanza ha comportato la proroga del termine per l'esercizio della delega di 90 giorni. Così, acquisito il parere consultivo
delle competenti Commissioni parlamentari, in data 25 febbraio 2005 è intervenuta l'approvazione definitiva del suddetto DLgs. e la
successiva pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 66 del 21 marzo 2005 del D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 38. I veda: Fornero, Soggetti
interessati dall’applicazione degli IAS/IFRS, in Pratica Fiscale e professionale, n. 14/2005, p. 10.
8
7
Il provvedimento, in particolare individua l'ambito temporale e soggettivo di applicazione degli IAS/IFRS e
contiene le modifiche alla normativa fiscale in materia di reddito d'impresa al fine di armonizzarla con le
innovazioni derivanti dall'applicazione dei predetti principi 9 .
Preliminarmente si fa presente che, come indicato con rimando dall’art. 1 del predetto decreto attuativo 10 ,
con il termine “principi contabili internazionali” vengono designati:
-
gli International Accounting Standards (IAS);
-
gli International Financial Reporting Standards (IFRS - in tal modo vengono denominati i nuovi
principi contabili internazionali);
-
le relative Interpretazioni (interpretazioni SIC/IFRIC);
-
le successive modifiche di tali principi e le relative Interpretazioni;
-
i principi e le relative interpretazioni che saranno emessi o adottati in futuro dall'International
Accounting Standards Board (IASB).
Come si analizzerà meglio nelle pagine seguenti, ai sensi dell’art. 2 del predetto D.Lgs. attuativo,
l’applicazione degli IAS è stata prevista a favore delle seguenti tipologie di soggetti:
-
obbligatoriamente: per i bilanci delle società quotate, nonché per i bilanci d'esercizio e consolidati
delle società aventi strumenti finanziari diffusi, delle banche, degli altri intermediari finanziari e delle
assicurazioni;
-
in via facoltativa: per i bilanci d'esercizio e consolidati delle altre società;
-
restano in ogni caso escluse: le società che possono redigere il bilancio in forma abbreviata ex art.
2435-bis c.c..
Per quanto attiene la tempistica attuativa da parte dei soggetti obbligati, gli artt. 3 e 4 del suddetto Decreto
prevedono un obbligo di adozione differenziato e/o opzionale, tra l’esercizio che si conclude o è in corso al
31 dicembre 2005 e quello che si conclude o è in corso al 31 dicembre 2006.
In particolare, come si vedrà meglio in seguito, per quanto attiene i soggetti obbligati tenuti alla redazione
del consolidato, questi sono tenuti a redigere il suddetto bilancio comune secondo gli IAS già a partire
dall’esercizio chiuso o in corso al 31 dicembre 2005.
Per quanto attiene i soggetti con possibilità facoltativa di adozione degli IAS tenuti al consolidato, questi
hanno la facoltà di redigere il suddetto bilancio secondo gli schemi internazionali, già a partire dall’esercizio
chiuso o in corso al 31 dicembre 2005.
Relativamente invece al bilancio del singolo ente rientrante tra i soggetti obbligati, ai sensi dell’art. 4, questi
può redigerlo secondo gli IAS a partire dall’esercizio 2005, mentre è obbligato a farlo dal 2006.
Fanno eccezione a tale scelta opzionale solo le società che svolgono attività di Assicurazione, per le quali, ai
sensi dell’art. 4, co. 3, non vi è la possibilità di adottare i nuovi principi contabili dal 2005, ma solo l’obbligo
dal 2006.
9
Tali disposizioni sono state altresì modificate, con efficacia dal periodo d’imposta successivo a quello chiuso al 31 dicembre 2007, dalla
L. 244/2007, art. 1, co. 33 e 58, la quale mo dificando l’art. 83 del D.p.r. 917/86 (c.d. TUIR), nel senso che ai fini della determinazione
del reddito complessivo dei soggetti che redigono il bilancio in base agli IAS, valgono, anche in deroga alle ordinarie disposizioni in
materia di IRES, i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti dai predetti IAS, ha introdotto nel
nostro sistema fiscale il c.d. principio della derivazione rafforzata. Si veda in tal senso: Lupi, Nuove prospettive di raccordo tra
valutazioni civilistiche e reddito fiscale , in Corriere tributario, n. 14 /2008, p. 1095.
10
Si veda in tal senso: Assonime, circolare 1 dicembre 2004, n. 48.
8
Per quanto riguarda, invece, le società che redigono il bilancio consolidato in forma ordinaria e le società
consolidate da società per le quali vige l'obbligo di adozione degli IAS, ad esclusione delle società minori di
cui all'art. 2435-bis Codice Civile, l'utilizzo dei principi contabili internazionali è facoltativo, a partire dal 2005,
sia con riferimento al bilancio consolidato che al bilancio d'esercizio.
Per tutte le altre società che redigono il bilancio in forma ordinaria, il termine per l’esercizio della facoltà di
redigere lo stesso secondo gli IAS, come recita la legge, è disposto con Decreto Ministeriale.
2.3. Delimitazione dei soggetti IAS adopter e ambito temporale di applicazione.
Come innanzi accennato, per effetto dell’introduzione del D.Lgs. n. 38 del 2005, con gli artt. 2, 3 e 4, i
soggetti interessati dall'applicazione degli IAS/IFRS sono stati individuati e definiti in tre categorie:
-
società obbligate all'adozione degli IAS/IFRS;
-
società per le quali l'adozione degli IAS/IFRS è facoltativa;
-
società escluse dall'applicazione degli IAS/IFRS.
Si procede, di seguito, a descriverne con maggiore dettaglio i requisiti, le caratteristiche e le specifiche
modalità applicative, anche con riferimento alle tempistiche di adozione dei suddetti principi.
2.3.1. Società obbligate all'adozione deg li IAS/IFRS.
In particolare, ai sensi dell’art. 2 del predetto decreto, sono tenute ad applicare i principi contabili
internazionali: 11
-
le società emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati dell'UE;
-
le società aventi strumenti finanziari diffusi presso il pubblico ai sensi dell'art. 116 del DLgs. 24
febbraio 1998 n. 58 (cd. T.U.F.);
-
le banche e gli altri intermediari finanziari (es. SIM, SGR, istituti di moneta elettronica) sottoposti a
vigilanza da parte della Banca d'Italia;
-
le società assicurative.
2.3.1.1 Società emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati dell'UE:
individuazione e ambito temporale di applicazione degli IAS.
Ai sensi dell’art. 2325-bis c.c., per società facenti ricorso al mercato del capitale di rischio devono intendersi:
“le società emittenti di azioni quotate in mercati regolamentati o diffuse tra il pubblico in misura rilevante”.
In particolare, si considerano società quotate quelle di cui alla lettera w) dell'articolo 1 del D.Lgs. 24 febbraio
1 9 9 8 , n . 5 8 , o s s i a : “ i soggetti italiani o esteri che emettono strumenti finanziari quotati nei mercati
regolamentati italiani”.12
Pertanto, ai fini della norma in esame, si può di massima affermare che le società emittenti strumenti
finanziari quotati, sono società di capitali soggette alla stessa disciplina generale ed alle altre norme previste
11
Artina R. e V., Le società tenute all’adozione degli IAS, in Pratica Fiscale e Professionale, n. 12/2005, p. 11; Di Lascio, Fornero,
L’adozione degli IAS/IFRS in Italia, schema di D.Lgs. attuativo della L. 306/2003, in Pratica Fiscale e Professionale, n. 1/2005, p. 12;
Grigoli – Studio Pirola, Prima applicazione degli IAS/IFRS: gli aspetti più significativi, in Azienda&Fisco, n. 8/2004, p. 7.
12
Zabban, Consiglio Notarile di Milano, L’incidenza della riforma del diritto societario sulle società quotate,
http://www.notarlex.it/news/RIFORMA_SOCIETA'_QUOTATE_-_ZABBAN.pdf.
9
dal codice civile per le società per azioni (o in accomandita per azioni) non quotate, salvo l’applicazione di
norme specifiche che derogano o integrano la loro specifica disciplina.13
L’insieme delle norme speciali che, derogando alla disciplina codicistica, regolamentano l’insieme degli
obblighi e delle previsioni proprie delle società quotate, è contenuta nel D.Lgs. 24 febbraio 1998 n. 58 (c.d.
TUF – testo unico della finanza, o Legge Draghi).
Infine, si fa presente che le disposizioni dettate dal c.c. per le società con azioni quotate in Borsa, si
applicano a tutte le società con azioni quotate in mercati regolamentati italiani o di altri Paesi dell’Unione
Europea. 14
Per i soggetti in esame, gli IAS/IFRS devono essere applicati:
-
a decorrere dall'esercizio chiuso o in corso al 31 dicembre 2005, per la redazione del bilancio
consolidato;
-
a decorrere dall'esercizio chiuso o in corso al 31 dicembre 2006, per la redazion e del bilancio
d'esercizio.
Per il bilancio dell'esercizio chiuso o in corso al 31 dicembre 2005, relativamente a questi soggetti,
l'applicazione degli IAS/IFRS è facoltativa.
2.3.1.2 Società aventi strumenti finanziari diffusi presso il pubblico ai sensi dell’art. 116, D.Lgs.
58/98: individuazione e ambito temporale di applicazione degli IAS.
Al fine di individuare precipuamente i soggetti facenti parte di tale specifica categoria, occorre fare
riferimento all’art. 116 del D.Lgs. n. 58/1998, il quale, a sua volta, demanda ad un regolamento CONSOB i
criteri per l’individuazione dei soggetti emittenti strumenti finanziari che, anche se non quotati in mercati
regolamentati italiani, sono diffusi tra il pubblico in misura rilevante.
In particolare, l’art. 2-bis del Regolamento adottato con la delibera CONSOB 14 maggio 1999 n. 11971,
definisce come tali i soggetti che:
-
abbiano azionisti diversi dai soci di controllo in numero superiore a 200 e che detengano
complessivamente una percentuale di capitale sociale almeno pari al 5%;
-
non abbiano la possibilità di redigere il bilancio in forma abbreviata ai sensi dell'art. 2435-bis comma
1 c.c. 15
Ai sensi del predetto art. 2-bis, i limiti innanzi individuati si considerano superati, e dunque è possibile per
tali soggetti qualificarsi come intermediari qualificati, se gli stessi alternativamente:
-
abbiano costituito oggetto di una sollecitazione all’investimento o corrispettivo di un’offerta pubblica
di scambio;
-
abbiano costituito oggetto di un collocamento, in qualsiasi fo rma realizzato, anche rivolto a soli
investitori professionali;
-
siano negoziate su sistemi di scambi organizzati con il consenso dell'emittente o del socio di
controllo;
-
siano emesse da banche e siano acquistate o sottoscritte presso le loro sedi o dipende nze.
13
D’Andrea, Manuale delle Società, IlSole24ore, 2008, p. 1024.
Cfr.: art. 206, D.Lgs. 24.2.1998 n. 58.
15
Per la puntuale individuazione di tali soggetti, si veda oltre.
14
10
Sono poi emittenti obbligazioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante, e dunque inclusi nell’ambito
applicativo della predetta normativa, gli emittenti italiani:
-
dotati di un patrimonio netto non inferiore a € 5.000.000,00 (milioni);
-
con un numero di obbligazionisti superiore a 200.
Non si considerano invece emittenti diffusi coloro:
-
le cui azioni sono soggette a limiti legali alla circolazione riguardanti anche l'esercizio dei diritti aventi
contenuto patrimoniale;
-
ovvero il cui oggetto sociale prevede esclusivamente lo svolgimento di attività non lucrative di utilità
sociale o volte al godimento da parte dei soci di un bene o di un servizio.
Per i soggetti in esame, gli IAS/IFRS devono essere applicati:
-
a decorrere dall'esercizio chiuso o in cor so al 31 dicembre 2005, per la redazione del bilancio
consolidato;
-
a decorrere dall'esercizio chiuso o in corso al 31 dicembre 2006, per la redazione del bilancio
d'esercizio.
Per il bilancio dell'esercizio chiuso o in corso al 31 dicembre 2005, relativamente a questi soggetti,
l’applicazione degli IAS/IFRS è facoltativa.
2.3.1.3 Banche e altri intermediari finanziari sottoposti a vigilanza da parte della Banca d'Italia:
individuazione e ambito temporale di applicazione degli IAS.
Come innanzi accennato, ai sensi dell’art. 2, co. 1, lett. c) del D.lgs. 38/2005, gli IAS si applicano a: “ le
banche italiane di cui all'articolo 1 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto
legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni; le società finanziarie capogruppo dei
gruppi bancari iscritti nell'albo di cui all'articolo 64 del decreto legislativo n. 385 del 1993; le società di
intermediazione mobiliare di cui all'articolo 1, comma 1, lettera e), del decreto legislativo n. 58 del 1998; le
società di gestione del risparmio di cui all'articolo 1, lettera o), del decreto legislativo n. 58 del 1998; le
società finanziarie iscritte nell'albo di cui all'articolo 107 del decreto legislativo n. 385 del 1993; gli istituti di
m oneta elettronica di cui al titolo V-bis del decreto legislativo n. 385 del 1993”.
In particolare, ai sensi del comma 2, dell’art. 1 del D.Lgs. n. 385/1993, si intendono Banche, i soggetti
abilitati allo svolgimento delle seguenti attività:
-
raccolta di depositi o di altri fondi con obbligo di restituzione;
-
operazioni di prestito (compreso in particolare il credito al consumo, il credito con garanzia
ipotecaria, il factoring, le cessioni di credito pro soluto e pro solvendo, il credito commerciale incluso
il «forfaiting»);
-
leasing finanziario;
-
servizi di pagamento;
-
emissione e gestione di mezzi di pagamento (carte di credito, «travellers cheques», lettere di
credito);
11
-
rilascio di garanzie e di impegni di firma;
-
operazioni per proprio conto o per conto della clientela in: strumenti di mercato monetario (assegni,
cambiali, certificati di deposito, ecc.), cambi, strumenti finanziari a termine e opzioni, contratti su
tassi di cambio e tassi d'interesse, valori mobiliari;
-
partecipazione alle emissioni di titoli e prestazioni di servizi connessi;
-
consulenza alle imprese in materia di struttura finanziaria, di strategia industriale e di questioni
connesse, nonché consulenza e servizi nel campo delle concentrazioni e del rilievo di imprese;
-
servizi di intermediazione finanziaria del tipo «money broking»;
-
gestione o consulenza nella gestione di patrimoni;
-
custodia e amministrazione di valori mobiliari;
-
servizi di informazione commerciale;
-
locazione di cassette di sicurezza;
-
altre attività che, in virtù delle misure di ada ttamento assunte dalle autorità comunitarie, sono
aggiunte all'elenco allegato alla seconda direttiva in materia creditizia del Consiglio delle Comunità
europee n. 89/646/CEE del 15 dicembre 1989.
Per quanto attiene le società finanziarie Capogruppo dei gruppi bancari, le stesse, ex art. 64 D.Lgs. 385/93,
sono tali a seguito di comunicazione e rappresentazione del Gruppo di società bancarie alla Banca d’Italia e
l’indicazione della società Capogruppo di queste. La Banca d’Italia ha istituito un apposito alb o p e r
l’individuazione di queste e vigila sulla sussistenza dei requisiti di appartenenza a tale albo.
Ai sensi della lett. e) dell’art. 1 del D.Lgs. n. 58 del 1998, sono poi società di intermediazione mobiliare (c.d.
SIM): “le imprese, diverse dalle banche e dagli intermediari finanziari iscritti nell' elenco previsto dall'articolo
107 del T.U. bancario, autorizzate a svolgere servizi o attività di investimento, avente sede legale e direzione
generale in Italia”.
Sono invece società di gestione del risparmio (c.d. SGR): “le società per azioni con sede legale e direzione
generale in Italia, autorizzate (dalla Banca d’Italia) a prestare il servizio di gestione collettiva del risparmio”.
Per quanto attiene i soggetti iscritti nell’albo speciale di cui all’art. 107 del D.Lgs. n. 385 del 1993, questi
possono essere individuati in tutti gli intermediari finanziari, come innanzi visti, con specifici vincoli in termini
di patrimonio di vigilanza.
In particolare, sussiste l’obbligo di iscrizione nell’albo speciale a carico degli:
-
intermediari esercenti attività di finanziamento che abbiano un volume di attività finanziaria pari o
superiore a Lit. 200 miliardi, ovvero mezzi patrimoniali pari o superiori a Lit. 10 miliardi;
-
intermediari esercenti l’attività di assunzione di partecipazioni con un volume d’attività finanziaria
pari o superiore a Lit. 100 miliardi ovvero mezzi patrimoniali pari o superiori a Lit. 50 miliardi;
-
intermediari esercenti l’attività di intermediazione in cambi con assunzione di rischi in proprio;
-
intermediari esercenti l’attività di emissione e gestione di carte di credito e debito;
-
intermediari per i quali ricorrono le condizioni stabilite dalla Banca d’Italia in armonia con le
disposizioni comunitarie relative al mutuo riconoscimento ex art. 18 T.U.
12
Sono, infine, istituti di moneta elettronica, come indicato nell’ultimo periodo della norma in commento, le
banche e taluni altri specifici istituti, i quali possono svolgere esclusivamente l’attività di emissione di moneta
elettronica, mediante trasformazione immediata dei fondi ricevuti. Entro specifici limiti stabiliti dalla Banca
d'Italia, tali soggetti possono svolgere altresì attività connesse e strumentali (transazioni, prenotazioni, etc.),
nonché prestare servizi di pagamento. Agli stessi è comunque preclusa la concessione di crediti in qualunque
forma. La Banca d'Italia provvede ad iscrivere iscrive in un apposito albo gli istituti di moneta elettronica
italiani e le succursali in Italia di quelli con sede legale in uno Stato comunitario o e xtracomunitario.
Per i soggetti in esame, gli IAS/IFRS devono essere applicati:
-
a decorrere dall'esercizio chiuso o in corso al 31 dicembre 2005, per la redazione del bilancio
consolidato;
-
a decorrere dall'esercizio chiuso o in corso al 31 dicembre 2006, p er la redazione del bilancio
d'esercizio.
Per il bilancio dell'esercizio chiuso o in corso al 31 dicembre 2005, relativamente a questi soggetti,
l’applicazione degli IAS/IFRS è facoltativa.
2.3.1.4 Società assicurative: individuazione e ambito temporale d i applicazione degli IAS.
Come innanzi visto, ai sensi del D.Lgs. 38/2005, art. 2, co. 1, lett. d), le disposizioni in materia di obbligo di
applicazione degli IAS, si applicano altresì nei confronti delle “società che esercitano le imprese incluse
nell’ambito di applicazione del D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 173”.
In particolare, ai sensi dell’art. 1 del predetto Decreto, sono tali le imprese aventi sede legale nel territorio
italiano autorizzate ad esercitare 16 :
-
le assicurazioni e le operazioni nei rami indicati nel punto A) della tabella di cui all'allegato I al D.Lgs.
17 marzo 1995, n. 174 17 ;
-
le assicurazioni nei rami indicati nel punto A) dell'allegato al D.Lgs. 17 marzo 1995 n. 175 18 ;
-
la riassicurazione.
Inoltre, il provvedimento in questione si applica alle sedi secondarie di imprese aventi sede legale in:
-
uno Stato terzo rispetto all'Unione Europea, autorizzate ad esercitare nel territorio della Repubblica
italiana le assicurazioni nei predetti rami e la riassicurazione;
-
uno Stato membro dell'Unione Europea, autorizzate ad esercitare nel territorio della Repubblica la
sola riassicurazione.
Tali disposizioni invece non trovano applicazione, e quindi le relative leggi di richiamo non si applicano, nei
confronti dei suddetti soggetti:
-
alle Amministrazioni pubbliche, agli enti di previdenza amministrati per legge dal Ministero del
tesoro, agli istituti, agli enti, alle casse e ai fondi comunque denominati che gestiscono, in favore dei
16
Per le fonti si rinvia alla nota 11.
Per tali intendendosi: le assicurazioni sulla durata della vita umana, le operazioni di gestione di fondi collettivi costituiti per
l'erogazione di prestazioni in caso di morte, di vita o di cessazione o riduzione dell'attività lavorativa, etc.
18
Per tali intendendosi: le assicurazioni sugli infortuni, malattia, incendi ed elementi naturali, etc.
17
13
-
lavoratori o di singole categorie professionali, forme di previdenza e di ass istenza comprese in un
regime legale obbligatorio; 19
-
agli enti che garantiscono unicamente prestazioni in caso di decesso; 20
-
alle associazioni agrarie di mutua assicurazione; 21
-
alla Cassa di previdenza per l'assicurazione degli sportivi riconosciuta con R.D. 16 ottobre 1934, n.
2047; 22
-
alle imprese che esercitano unicamente l'attività di assistenza di cui al n. 18 del punto A) della
tabella allegata al D.Lgs. n. 175/95; 23
-
alle assicurazioni dei crediti relativi all'esportazione di merci e servizi nonché ai prodotti nazionali
costituiti in deposito all'estero ed all'esecuzione di lavoro all'estero, assunte e gestite dalla SACE 24 .
Le società in oggetto applicano i principi contabili internazionali:
-
a decorrere dall'esercizio chiuso o in corso al 31 dicembre 2005, per la redazione del bilancio
consolidato;
-
a decorrere dall'esercizio chiuso o in corso al 31 dicembre 2006, per la redazione del bilancio
d'esercizio, ma soltanto nel caso in cui siano quotate e non redigano il bilancio consolidato.
Al di fuori di questi casi, l'applicazione degli IAS/IFRS da parte di tali soggetti è in ogni caso esclusa.
2.3.2 Soggetti che hanno la facoltà di adottare gli IAS/IFRS.
Tali società possono essere suddivise in tre gruppi:
-
le società tenute alla redazione del bilancio di esercizio25 incluse nel bilancio consolidato delle società
obbligate a redigerlo in conformità agli IAS/IFRS, escluse quelle che hanno la possibilità di redigere il
bilancio in forma abbreviata, ex art. 2435-bis c.c.;
19
Si vedano al riguardo, gli artt. 3 comma 2 lett. a) del D.Lgs. n. 174/95 e 4 comma 2 lett. a) del D.Lgs. n. 175/95.
Art. 3 co. 2, lett. c), D.Lgs. n. 174/95.
21
Art. 4, co. 2, lett. b), D.Lgs. n. 175/95.
22
Art. 4 co. 2, lett. e), D.Lgs. n. 175/95.
23
Art. 4, co. 2, lett. f), D.Lgs. n. 175/95.
24
Art. 6, co. 2, D.Lgs. n. 175/95. In particolare, la SACE è una Agenzia di Credito all'Esportazione controllata al 100% d al MEF. La
stessa assume in assicurazione e/o in riassicurazione i rischi a cui sono esposte le aziende italiane nelle loro transazioni internazionali e
negli investimenti all'estero.
25
In particolare sono tenuti alla redazione del bilancio di esercizio i seguenti enti collettivi:
- le società per azioni (art. 2423 c.c.);
- le società in accomandita per azioni (art. 2454 c.c.);
- le società a responsabilità limitata (art. 2478-bis c.c.);
- le società cooperative (art. 2519 c.c.) e loro con sorzi;
- le mutue assicuratrici (art. 2547 c.c.);
- i Gruppi Europei di Interesse Economico (GEIE) (D. Lgs. n. 240/1991);
- i consorzi con attività esterna (art. 2615-bis c.c.);
- le società consortili per azioni e a responsabilità limitata (art. 2615-ter c.c.);
- le società estere che hanno una sede secondaria in Italia (art. 2508, 2509; art. 101.ter disp. Att. c.c.; D.Lgs. n. 87/1992);
- le società di persone (Snc e Sas) nel caso abbiano come soci illimitatamente responsabili Spa, Sapa o Srl (art. 2361 c. c. e 111 duidecies, d.a.t.);
- gli enti autonomi lirici, le istituzioni concertistiche e tutti gli altri enti operanti nel settore della musica, del teatro e della danza, che si
sono trasformati in fondazioni di diritto privato (art. 16, comma 5, D. Lgs. n. 367/1996, così come modificato dall'art. 6 del D. Lgs. n.
134/1998). Si veda: Venturi, Bilancio d’esercizio: redazione, approvazione e pubblicazione nel registro delle imprese , in Azienda & Fisco
n. 9 /2008, p. 3.
20
14
-
le società tenute alla redazione del bilancio di esercizio, diverse da quelle di cui al punto precedente,
che redigono il bilancio consolidato, escluse quelle che hanno la possibilità di redigere il bilancio in
forma abbreviata, ex art. 2435-bis c.c.;
-
le società rimanenti, escluse quelle che hanno la possibilità di redigere il bilancio in forma abbreviata,
ex art. 2435-bis c.c.
2.3.2.1 Società consolidate.
Le società in esame, come anticipato, sono tutte facenti parte di un gruppo di società la cui capogruppo è
tenuta all’Adozione degli IAS, obbligate alla redazione del bilancio purché, come detto, di dimensioni
eccedenti i limiti previsti per la redazione del bilancio abbreviato, possono adottare gli IAS/IFRS già
dall'esercizio chiuso o in corso al 31 dicembre 2005 per la redazione:
- sia del bilancio consolidato;
- sia del bilancio d'esercizio.
Come evidenziato dalla relazione ministeriale di accompagnamento al D.Lgs. attuativo, si vuole in tale modo
evitare che i soggetti in esame siano costretti a tenere una doppia contabilità:
- una, per la redazione del proprio bilancio d'esercizio;
- l'altra, per trasmettere alla capogruppo le informazioni contabili necessarie per la redazione del bilancio
consolidato.
2.3.2.2. Società che redigono il bilancio consolidato.
Ai sensi dell’art. 25, del D.Lgs. 9 aprile 1991, n. 127, sono obbligate a redigere il bilancio consolidato: “Le
società per azioni, in accomandita per azioni, e a responsabilità limitata che controllano un’impresa. Lo
stesso obbligo, hanno gli enti di cui all'art. 2201 c.c. (enti pubblici esercenti attività commerciale), le società
cooperative e le mutue assicuratrici che controllano una società per azioni, in accomandita per azioni o a
responsabilità limitata.”
In particolare, ai sensi del successivo art. 26, sono imprese controllate: “quelle indicate nei numeri 1) e 2)
del primo comma dell'art. 2359 del codice civile2 6. Agli stessi effetti sono in ogni caso considerate controllate:
a) le imprese su cui un'altra ha il diritto, in virtù di un contratto o di una clausola statutaria, di esercitare
un'influenza dominante, quando la legge applicabile consenta tali contratti o clausole;
b) le imprese in cui un'altra, in base ad accordi con altri soci, controlla da sola la maggioranza dei diritti di
voto.
Ai fini dell'applicazione del comma precedente si considerano anche i diritti spettanti a società controllate, a
società fiduciarie e a persone interposte; non si considerano quelli spettanti per conto di terzi”.
L’art. 27 del D.Lgs. n. 127/1991, come modificato dall’art. 2 del D.Lgs. n. 285/2006, che ha recepito la
direttiva 2003/38/CE del 13 maggio 2003, dispone che le predette norme in materia di obbligo da parte delle
società di redazione del bilancio consolidato, possano essere derogate qualora i soggetti passivi non
superino, per due esercizi consecutivi, due dei seguenti tre limiti dimensionali:
26
In particolare, ai sensi dell’art. 2359 c.c.: “Sono considerate società controllate: 1) le società in cui un'altra società dispone della
maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria; 2) le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare
un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria”.
15
-
totale dell’attivo o dello stato patrimoniale: € 14.600.000;
-
ricavi delle vendite e delle prestazioni (fatturato): € 29.200.000;
-
dipendenti occupati in media durante l'esercizio: 250 unità.
L’esonero, tuttavia non trova applicazione se la controllante o una delle controllate hanno emesso titoli
quotati in Borsa.
I soggetti in questione, sempre a condizione che le loro dimensioni superino i limiti previsti per la redazione
del bilancio abbreviato (come di seguito meglio descritti), possono applicare gli IAS/IFRS già dall'esercizio
chiuso o in corso al 31 dicembre 2005, con riferimento sia al bilancio consolidato, che al bilancio d'esercizio.
Peraltro, l’applicazione dei principi contabili internazionali pe r la redazione del bilancio d’esercizio è
consentita solo se anche il bilancio consolidato è predisposto in conformità agli IAS/IFRS.
La facoltà di applicazione dei principi contabili internazionali in capo a tali soggetti è motivata dall’esigenza di
evitare una “disparità normativa eccessiva” tra queste società, solitamente di dimensioni medio grandi, e le
società quotate, in modo da non disincentivare l'eventuale futura quotazione delle prime. 27
2.3.2.3 Altre società
Tutte le altre società tenute alla redazione del bilancio diverse dalle precedenti, e sempre eccedenti i limiti
previsti per la redazione di quello abbreviato – ex art. 2435-bis, possono predisporre il bilancio d'esercizio in
conformità agli IAS/IFRS, secondo quando previsto dal D.Lgs. n. 38 citato, a partire dall’esercizio individuato
con decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze e del Ministero della Giustizia. Tale decreto, tuttavia,
ad oggi non è stato ancora emanato; pertanto, tali soggetti sono sostanzialmente ancora esclusi da ll’ambito
di applicazione degli IAS/IFRS.
Solamente nel caso in cui queste società siano incluse nel bilancio consolidato delle società di cui al
precedente paragrafo che redigono il consolidato medesimo in base ai principi contabili internazionali, gli
IAS/IFRS risultano applicabili per la redazione del bilancio d'esercizio già dall'esercizio chiuso o in corso al 31
dicembre 2005.
2.3.3 Soggetti esclusi dall'adozione degli IAS/IFRS
Come più volte innanzi accennato, sono escluse dalla possibilità di unifo rmarsi agli IAS/IFRS e continuano,
quindi, ad applicare i principi contabili interni le società che possono redigere il bilancio in forma abbreviata
ex art. 2435-bis c.c.
Si ricorda che l’art. 2435-bis del Codice civile stabilisce che le società hanno la facoltà (e non l'obbligo) di
redigere il bilancio in forma abbreviata quando, nel primo esercizio o, successivamente, per due esercizi
consecutivi, non abbiano superato determinati limiti fissati da direttive europee recepite dal nostro
legislatore.
La redazione del bilancio abbreviato è un’agevolazione concessa alle società che non abbiano emesso titoli
negoziati in mercati regolamentati.
27
In tal senso, si veda la relazione ministeriale al D.Lgs. n. 38 del 2005.
16
In particolare, per effetto di tale norma è concesso alle imprese minori di semplificare le procedure
amministrative di compilazione e redazione del bilancio, attraverso la possibilità di inserire meno informazioni
all’interno dello stato patrimoniale, del conto economico, della nota integrativa e non redigere la redazione
della relazione sulla gestione 28 .
Attualmente 29 i limiti che non devono essere superati ai fini della fruizione delle predette agevolazioni, sono i
seguenti:
-
totale dell'attivo o dello stato patrimoniale: 4.400.000 euro;
-
ricavi delle vendite e delle prestazioni (fatturato): 8.800.000 euro; 30
-
dipendenti occupati in media durante l'esercizio: 50 unità.
2.4. Irrevocabilità della scelta
Infine, si fa presente che, come indicato a margine degli artt. 3 e 4 del D.Lgs. innanzi commentato, la scelta
di adottare i principi contabili internazionali per la redazione d el bilancio d'esercizio e/o consolidato è
irrevocabile, salvo il ricorrere di circostanze eccezionali, quale potrebbe essere, ad esempio, la cessione di
una società, da parte di un gruppo che redige il bilancio consolidato secondo i principi contabili
internazionali, ad un gruppo che adotta, invece, la prassi contabile interna.
Come chiarito dalla relazione ministeriale, infatti, in questo caso il mantenimento, in capo alla società ceduta,
di un sistema informativo contabile non compatibile con quello del g ruppo acquirente imporrebbe costi
amministrativi non ragionevoli.
Le circostanze eccezionali devono essere adeguatamente illustrate nella nota integrativa (del bilancio
d'esercizio e/o consolidato), unitamente all'indicazione degli effetti sulla rappresent azione della situazione
patrimoniale e finanziaria e del risultato economico (della società e/o consolidato).
28
Ai sensi dell’art 2435-bis del c.c.: “Nel bilancio in forma abbreviata lo stato patrimoniale comprende solo le voci contrassegnate
nell'art. 2424 con lettere maiuscole e con numeri romani; le voci A e D dell'attivo possono essere comprese nella voce CII; dalle voci BI
e BII dell'attivo devono essere detratti in forma esplicita gli ammortamenti e le svalutazioni; la voce E del passivo può ess ere compresa
nella voce D; nelle voci CII dell'attivo e D del passivo devono essere separatamente indicati i crediti e i debiti esigibili oltre l'esercizio
successivo.
Nel conto economico del bilancio in forma abbreviata le seguenti voci previste dall'art. 2425 possono essere tra loro raggruppate:
voci A2 e A3
voci B9(c), B9(d), B9(e)
voci B10(a), B10(b),B10(c)
voci C16(b) e C16(c)
voci D18(a), D18(b), D18(c)
voci D19(a), D19(b), D19(c)
Nel conto economico del bilancio in forma abbreviata nella voce E20 non è richiesta la separata indicazione delle plusvalenze e nella
voce E21 non è richiesta la separata indicazione delle minusvalenze e delle imposte relative a esercizi precedenti.
Nella nota integrativa sono omesse le indicazioni richieste dal n. 10 dell'art. 2426 e dai nn. 2, 3, 7, 9, 10, 12, 13, 14, 15, 16 e 17
dell'art. 2427 e dal n. 1 del comma 1 dell'art. 2427-bis; le indicazioni richieste dal n. 6) dell'art. 2427 sono riferite all'importo globale dei
debiti iscritti in bilancio.
Le società possono limitare l'informativa richiesta ai sensi dell'articolo 2427, primo comma, numero 22-bis, alle operazioni realizzate
direttamente o indirettamente con i loro maggiori azionisti ed a quelle con i membri degli organi di amministrazione e controllo, nonchè
limitare alla natura e all'obiettivo economico le informazioni richieste ai sensi dell'articolo 2427, primo comma, numero 22-ter".
Qualora le società indicate nel primo comma forniscano nella nota integrativa le informazioni richieste dai nn. 3) e 4) dell'art. 2428, esse
sono esonerate dalla redazione della relazione sulla gestione.
Le società che a norma del presente articolo redigono il bilancio in forma abbreviata devono redigerlo in forma ordinaria quando per il
secondo esercizio consecutivo abbiano superato due dei limiti indicati nel primo comma”.
29
Limiti modificati dal decreto legislativo n. 173 del 3 novembre 2008 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 260 del 06 novembre 2008.
Si chiarisce che per totale dell’attivo, si intende: il totale dell'attiv o dello stato patrimoniale risultante dalla somma delle voci A, B, C e
D dello schema previsto dall'art. 2424 c.c. Mentre, per totale delle vendite e delle prestazioni (fatturato), si intende: il totale dei ricavi
esposto nella voce A1 del conto economico, al netto dei resi, sconti, abbuoni e premi in base all'art. 2425-bis c.c.
30
17
In ogni caso, il bilancio (sia esso d'esercizio o consolidato) relativo all'esercizio nel corso del quale è
deliberata la revoca della scelta è redatto in conformità ai principi contabili internazionali.
18
Par. 3: I principi generali del sistema contabile IAS - (di Gabriella Forte)
Sommario: Premessa; 3.1 Gli schemi contabili nella nuova versione dello IAS 1 (cenni); 3.2 I principi generali
nello schema concettuale del Framework; 3.3 Recognition e derecognition degli elementi patrimoniali e
reddituali secondo la nuova accezione di competenza economica; 3.4 Il principio della substance over form
da principio generale a criterio di valutazione specifico: il leasing finanziario; 3.5 Il fair value come principio
di raccordo tra i principi generali e i criteri di valutazione particolari; 3.5.1 Definizione e classificazione delle
attività e delle passività finanziarie; 3.5.2 Recognition, valutazioni successive e derecognition degli strumenti
finanziari; 3.5.3 La riclassificazione degli strumenti finanziari.
Premessa
Negli ultimi anni si è assistito al processo di armonizzazione contabile internazionale, le cui ragioni sono da
ricercarsi nella natura stessa del bilancio. Esso, infatti, oltre a dover rispecchiare l’andamento passato della
gestione, lo stato di salute attuale dell’azienda e l’orientamento futuro dei flussi finanziari e dei cicli
economici della sua attività, è soprattutto uno strumento inter pretativo non sostituibile nel processo
decisionale di tipo economico.
La crescente globalizzazione del mondo occidentale, inoltre, ha profondamente modificato il contesto
ambientale e competitivo in cui le imprese si trovano ad operare, comportando da un lato un ampliamento
del numero e delle tipologie di attori interessati a conoscere la performance complessiva delle aziende,
dall’altro imponendo progressivamente l'esigenza di adottare un linguaggio economico comune.
Le imprese devono oramai adattarsi alla trasversalità dei mercati finanziari e affrontare la concorrenza
internazionale. Di conseguenza, compito centrale delle istituzioni e delle autorità è quello di sviluppare
compromessi fra le diverse concezioni settoriali del diritto, per non rallentare i processi produttivi, ed
assicurare la massima trasparenza delle informazioni necessarie agli investitori per intraprendere decisioni
economiche.
Ora, la tutela degli investitori passa, anche, dall’effettiva comparabilità dei dati forniti dalle aziende, che
implica necessariamente l’applicazione di principi giuridico-contabili omogenei. Senza contare che la
comparabilità dei bilanci costituisce un fattore positivo, specie per i grandi Gruppi multinazionali. In queste
realtà, infatti, l’incompatibilità fra i diversi sistemi giuridici in tema di bilancio, intesi come complesso di
regole dettate per la rappresentazione delle realtà aziendali, oltre a rendere incomunicabili fra di loro i
risultati aziendali infragruppo, comportano anche un ulteriore incremento di costi.
Il processo di armonizzazione contabile internazionale, nonché comunitaria, mira senza dubbio, alla
convergenza e alla trasparenza dell’informativa finanziaria, ma è ben lontano dal potersi dire compiuto.
Difatti, se è vero che il Regolamento CE n. 1606/2002 (recepito in Italia mediante il D.lgs. 28 febbraio 2005,
n. 38.) ha reso obbligatoria l’adozione dei principi IAS/IFRS per le imprese operanti all’interno del mercato
unico, è altresì evidente come, all’interno dello stesso IASB, vi siano mol teplici tendenze evolutive in atto, e
perciò di difficile interpretazione.
In Italia, così come negli altri Paesi tradizionalmente civil law, l’introduzione dei principi contabili
internazionali non è risultata scevra di punti critici e problematiche teoriche ed applicative.
19
Nella tradizione contabile italiana, fondata sul sistema del reddito, il bilancio d’esercizio ha sempre
rappresentato lo strumento finalizzato a fornire una rappresentazione consuntiva dei risultati della gestione
aziendale. Per tale ragione, esso risulta essere ancorato, fondamentalmente, ai principi di prudenza e di
continuità dell’attività d’impresa (art. 2423 c.c.), i quali si concretizzano, il più delle volte, nell’utilizzo del
criterio del costo storico per la valutazione delle attività e delle passività dell’impresa. Solo in alcuni casi31,
infatti, è concesso effettuare valutazioni al valore corrente, il quale può essere utilizzato in alternativa al
costo storico, soltanto qualora risulti inferiore allo stesso. Di conseguenza, l’e ntità del reddito e del
patrimonio netto, scaturenti dal bilancio redatto secondo i principi civilistici, risulta maggiormente compressa
e, sicuramente, più stabile.
Al contrario, come si vedrà più avanti, il bilancio redatto in conformità dei principi contabili internazionali è
strutturato in modo tale da rappresentare l’attuale valore economico dell’impresa ed informare sulla futura
capacità della stessa di produrre reddito. Tuttavia, si caratterizza per l’estrema mutevolezza dei valori di
bilancio, inevitabilmente esposti alle fluttuazioni del mercato.
I l m o d e l l o c o n t a b i l e i t a l i a n o s i b a s a s u l c d . p a r a d i g m a d i n a m i c o -numerario, nel quale le attività
rappresentano dei costi in attesa di correlati ricavi e le passività dei ricavi in attesa dei correlati costi
riconducibili a cicli di gestione non ancora conclusi. Pertanto alle attività, ad esclusione di quelle numerarie,
corrispondono costi sospesi e non indicatori di potenziali benefici economici futuri.
Il bilancio IAS/IFRS si fonda, invece, sul cd. paradigma prospettico-finanziario, in cui le attività e le passività
sono rispettivamente considerate come potenziali benefici e sacrifici economici futuri.
Si tratta di una differenza fondamentale dalla quale derivano ulteriori difformità riguardanti:
9
il principio della competenza economica: nella logica internazionale ha una portata più ampia
fondata sull’anticipazione di ricavi, piuttosto che sul rinvio dei costi;
9
il principio della prudenza: l’introduzione del fair value ha progressivamente svuotato il principio
della prudenza della sua connotazione giuridica e amministrativa, privilegiando un’accezione
economica di conservazione del capitale;
9
una diversa accezione della conservazione del capitale: esso si configura, ora come Physical Capital
Maintenance, o ra come Financial Capital Maintenance, a seconda che le variazioni del fair value
vadano imputate direttamente a patrimonio netto oppure direttamente al reddito.
Anche la configurazione di reddito non è più la stessa: si passa, infatti, dal concetto di reddito prodotto,
quindi teoricamente suscettibile di distribuzione in capo ai soci, al concetto di reddito potenziale3 2 che,
certamente, risulta meno idoneo ad essere separato dall’impresa che l’ha generato, per essere distribuito ai
soci.
Non bisogna dimenticare, infatti, che gli IAS/IFRS nascono in un contesto economico dominato dalle cd.
public companies, per cui la funzione informativa del bilancio è prioritariamente rivolta agli investitori,
potenziali ed attuali.
31
Si tratta, ad esempio, delle attività e passività in valuta che devono essere valutate in base al cambio corrente alla data di chiusura
del bilancio (art. 2426, punto 8-bis).
32
Dal punto di vista aziendale, si tratta di un reddito prodotto “economicamente”, ma non ancora integralmente realizzato in forma
monetaria.
20
La nostra, invece, è una realtà in cui «le imprese, per i propri bisogni finanziari, ricorrono
prevalentemente alle banche» quindi «fondamentale è la tutela dei creditori sociali, che passa, in primis,
attraverso una valutazione prudenziale delle poste di bilancio» 33 .
La tendenza evolutiva in atto più rilevante risiede, dunque, nella dilatazione dei concetti di reddito e
capitale dovuta all’introduzione in bilancio di nuove configurazioni di costi e di ricavi, sia in termini di valori
correnti in entrata e in uscita, sia in termini di attualizzazione dei flussi futuri in entrata e in uscita.
Il presente lavoro, pertanto, si propone di analizzare le implicazioni tecniche legate ai diversi principi
g e n e r a l i d e l p a r a d i g m a c o n t a b i l e i n t e r n a z i o n a l e : l a r a p p r e s e n t a z i o n e d e l comprehensive i n c o m e,
l’imputazione temporale dei ricavi secondo il principio di competenza economica, i risvolti operativi della
prevalenza della sostanza sulla forma, la valutazione al fair value di attività e passività finanziarie. Il tutto
nella convinzione che il problema centrale del passaggio dal modello contabile nazionale a quello
internazionale risieda, per l’appunto, nel superamento del criterio del costo storico e del principio della
prudenza e nell’apertura, necessaria ed oramai obbligata, alle innovazioni apportate dall’introduzione del fair
value e del principio della substance over form.
3.1 Gli schemi contabili nella nuova versione dello IAS 1 (cenni)
La nuova versione dello IAS 1 34 , emanata nel settembre del 2007 è frutto del progetto denominato Financial
Statement Presentation Project, intrapreso nel 2004 in collaborazione con il FASB.
Lo IAS 1 stabilisce che l’informativa di bilancio35 può dirsi completa quando è composta da:
x
Stato patrimoniale (Statement of Financial Position)
x
Conto Economico (Statement of Comprehensive Income)
x
Prospetto delle variazioni del patrimonio netto (Statement of changes in equity)
x
Rendiconto finanziario (Statement of cash flow)
x
Note (notes)
Una delle principali novità introdotte nella versione 2007 dello IAS 1 riguarda l a modifica dei titoli degli
schemi di bilancio 36 . L’abbandono delle denominazioni tradizionali ha scatenato un acceso dibattito, con la
conseguenza che lo IASB ha deciso di renderle facoltative, accentuando, di fatto, il rischio di confusione da
parte dei destinatari finali del bilancio.
Statement of Financial Position (ex B a l a n c e s h e e t)
33
Cfr. MICCINESI M., L’impatto degli IAS nell’ordinamento tributario italiano alla luce della riforma del TUIR: fiscalità corrente e
differita, in Giurisprudenza delle Imposte n. 6/2004, p. 1439.
34
La versione precedente era stata già rivisitata nel 2003 e omologata con Regolamento CE del 29 dicembre 2004, n. 2238/2004.
35
Sebbene siano considerati (per il momento) al di fuori dell’informativa di bilancio, è possibile allegare ai documenti obbligatori in base
allo IAS 1 anche altri documenti, i cd. Financial reporting, come la relazione degli amministratori, i bilanci socio -ambientali, i prospetti di
ripartizione del valore aggiunto ed altri rendiconti.
36
Si è passati dalla classica denominazione balance sheet a quella di statement of financial position, per lo stato patrimoniale, mentre
per quanto riguarda il conto economico, la denominazione di income statement è s t a t a s o stituita con quella di statement of
comprehensive income.
21
Lo stato patrimoniale è deputato a fornire informazioni sulla situazione patrimoniale e finanziaria
dell’impresa, informazioni rappresentate, in particolare, dalle attività, dalle passività e dal patrimonio netto
dell’impresa37 .
La forma di presentazione di tale prospetto è rimessa alle scelte discrezionali degli amministratori, purché
sia rispettato il requisito della comprensibilità. Ne deriva che lo stato patrimoniale potrà essere presentato sia
in forma scalare, sia in forma di schema a sezioni divise e contrapposte, così come si potrà liberamente
stabilire l’ordine e la denominazioni delle voci, nonché il loro grado di dettaglio.
Lo IAS 1 stabilisce, in definitiva, soltanto due vincoli da rispettare che riguardano rispettivamente la
distinzione tra elementi correnti e non correnti e il contenuto minimo di voci.
La distinzione tra elementi correnti e non correnti fornisce informazioni particolarmente utili agli u sers del
bilancio in quanto, in presenza di un ciclo operativo identificabile, consente di dare distinta evidenza al
capitale circolante netto, rispetto al capitale utilizzato dall’impresa per le operazioni a lungo termine.
Chiaramente il cd. criterio del ciclo operativo38 può essere applicato solo se l’impresa è caratterizzata da un
circuito di acquisto-trasformazione-vendita chiaramente identificabile e solo con riferimento agli elementi che
da esso derivano.
Qualora non sia possibile identificare con chiarezza la durata del ciclo operativo 39 , ovvero nel caso si tratti
di elementi legati al circuito dei finanziamenti, si utilizza il cd. criterio del periodo amministrativo annuale (o
criterio della liquidità), in base al quale la distinzione tra elementi correnti e non correnti avviene a seconda
che essi divengano disponibili (esigibili) entro oppure oltre i dodici mesi.
E’, infine, prevista la possibilità di predisporre una rappresentazione mista, utilizzando per alcune
attività/passività il criterio del ciclo operativo, per altre quello della liquidità, particolarmente appropriato per
le aziende che operano in più settori economici, molto diversi fra loro.
Lo IAS 1 stabilisce solo le condizioni necessarie all’iscrizione di attività/ passività tra gli elementi correnti,
per cui gli elementi non correnti son individuati in via residuale.
Un attività deve essere classificata come corrente quando soddisfa una delle seguenti condizioni 40 :
9
si prevede che venga realizzata oppure posseduta per la vendita o il consumo, nel normale ciclo
operativo dell’impresa 41 ;
9
è posseduta principalmente con lo scopo di essere negoziata 42 ;
9
si prevede che si realizzi entro dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio;
9
si tratta di disponibilità liquide o mezzi equivalenti, a meno che non sia preclusa dall’essere
scambiata o utilizzata per estinguere una passività per almeno dodici mesi dalla data di riferimento
del bilancio.
37
Le condizioni ed i criteri d’iscrizione delle attività e delle passività nello stato patrimoniale verranno approfonditi in un paragrafo
successivo. In questa sede basti ricordare che le attività sono risorse controllate dall’impresa da cui sono attesi futuri benefici
economici; le passività sono generate da obbligazioni dell’impresa la cui estinzione richiederà l’impiego di risorse atte a generare futuri
benefici economici; il patrimonio netto è ciò che residua dal valore delle attività dopo aver dedotto l’ammontare totale delle passività.
38
Per ciclo operativo si intende il tempo che intercorre tra l’acquisizione dei materiali e la loro realizzazione come disponibilità liquide o
mezzi equivalenti.
39
Si pensi alle aziende di credito, a quelle assicurative e più in generale a tute le aziende non industriali, per le quali una presentazione
basata sul criterio della liquidità risulta sicuramente più appropriata e capace di garantire la comparabilità dei bilanci.
40
IASB, IAS 1, par.66.
41
Tali attività sono costituite, principalmente, da crediti commerciali e rimanenze.
42
Si tratta, ad esempio, dei titoli appartenenti alla categoria Held for trading.
22
Tutte le altre attività devono essere classificate come non correnti 43 .
Una passività deve essere classificata come corrente quando soddisfa una delle seguenti condizioni 44 :
9
si prevede che verrà estinta nel normale ciclo operativo dell’impresa 45 ;
9
è posseduta principalmente con lo scopo di essere negoziata 46 ;
9
deve essere estinta entro dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio;
9
l’impresa non ha un diritto incondizionato a differire il regolamento della passività per almeno dodici
mesi dalla data di riferimento del bilancio.
Tutte le altre passività devono essere classificate come non correnti. Generalmente, i finanziamenti a mediolungo termine sono classificati come passività non correnti. Qualora però la passività finanziaria preveda i cd.
covenants47 , la cui violazione può rendere l’obbligazione pagabile a vista, il rispetto del principio d ella
prevalenza della sostanza sulla forma, impone la classificazione della passività finanziaria tra le passività
correnti, a meno che il finanziatore non abbia concesso un periodo di tolleranza di almeno dodici mesi dopo
la data di riferimento del bilancio stesso, nel corso del quale la violazione può essere sanata.
Lo IAS 1 si limita, poi, a stabilire un contenuto minimo di voci che presentino i seguenti valori 48 :
a.
immobili, impianti e macchinari;
b. investimenti immobiliari;
c.
attività immateriali;
d. attività finanziarie (esclusi i valori esposti in e., h., i.)
e.
partecipazioni contabilizzate con il metodo del patrimonio netto;
f.
attività biologiche;
g. rimanenze;
h. crediti commerciali ed altri crediti;
i.
disponibilità liquide e mezzi equivalenti;
j.
il totale delle attività classificate come possedute per la vendita e le attività incluse nei gruppi in
dismissione classificati come posseduti per la vendita, in conformità all’IFRS 5;
k.
debiti commerciali e altri debiti;
l.
accantonamenti;
m. passività finanziarie (esclusi i valori esposti in k. ed l.);
n. passività e attività per imposte correnti, come definito nello IAS 12;
o. passività incluse nei gruppi in dismissione classificati come posseduti per la vendita, in conformità
all’IFRS 5;
p. passività e attività per imposte differite, come definito nello IAS 12;
43
Si tratta, in particolare, di attività materiali, attività immateriali e finanziarie di lungo termine.
IASB, IAS 1, par. 69.
45
Tali passività sono costituite, principalmente, da debiti commerciali e accantonamenti per costi operativi.
46
Si tratta, ad esempio, delle passività finanziarie classificate come possedute per essere negoziate in base allo IAS 39, degli scoperti
bancari, della quota corrente di debiti finanziari di medio -lungo termine, dei dividendi da pagare, delle imposte sul reddito ed degli altri
debiti non commerciali.
47
I covenants sono clausole di garanzia stipulate, per lo più, su finanziamenti legati ad indici di bilancio oppure a risultati aziendali. La
violazione degli impegni contrattuali stabiliti rende, solitamente, il debito immediatamente esigibile.
48
IASB, IAS 1, par. 54.
44
23
q. quote di pertinenza di terzi, presentate nel patrimonio netto; e
r.
capitale emesso e riserve attribuibili ai possessori di capitale proprio della controllante.
Infine, per consentire la comparabilità dei bilanci, lo IAS 1 richiede la presentazione dei valori riferiti ad
almeno due esercizi consecutivi 49 , nonché l’evidenziazione nel prospetto stesso o nelle note, di eventuali
ulteriori sottoclassificazioni in merito alle immobilizzazioni materiali, immateriali, finanziarie, alle rimanenz e,
ai crediti, ai debiti e al patrimonio netto.
Tavola n.1 Prospetto di stato patrimoniale (schema orizzontale)
ATTIVITA’
n+1
n
Attività non correnti
PATRIMONIO NETTO E PASSIVITA’
n+1
n
Patrimonio netto attribuibile ai soci
Immobili, impianti e macchinari
…
…
Capitale sociale
…
…
Avviamento
…
…
Utili non ripartiti
…
…
Altre attività immateriali
…
…
Altre riserve
…
…
Partecipazioni
….
…
Totale
…
…
Attività finanziarie disponibili per la
…
…
Patrimonio netto di terzi
…
…
…
…
Totale
…
…
vendita
Totale
Attività correnti
Passività non correnti
Rimanenze
…
…
Finanziamenti a lungo termine
…
…
Crediti verso clienti
…
…
Fondo imposte differite
…
…
Altre attività correnti
…
…
Fondo rischi ed oneri a lungo termine
…
…
Disponibilità liquide e mezzi equivalenti
…
…
Totale
…
…
Passività correnti
…
…
Debiti verso fornitori
…
…
Finanziamenti a breve termine
…
…
Quote a breve di finanziamenti a lungo
termine
…
…
Debiti tributari
…
…
Fondi rischi ed oneri a breve termine
Totale
…
…
Totale
…
…
Totale attività
…
…
Totale patrimonio netto e passività
…
…
S t a t e m e n t o f C o m p r e h e n s i v e I n c o m e (ex I n c o m e S t a t e m e n t )
49
Nel caso in cui l’impresa abbia applicato retroattivamente un principio contabile, oppure abbia determinato retroattivamente alcuni
valori in base allo IAS 8, e nei casi in cui le voci del prospetto siano state riclassificate, è richiesta la presentazione dei valo ri di tre
esercizi consecutivi.
24
Il progressivo utilizzo del fair value come criterio di valutazione delle poste patrimoniali in luogo del costo
storico ha comportato inevitabilmente un’evoluzione della configurazione del reddito d’esercizio, che nella
nuova versione dello IAS 1 viene accolta nel conto economico.
Come si è già avuto modo di sottolineare, il principio della competenza economica, secondo gli standards
internazionali, si basa sul concetto della maturazione economica e non necessariamente sul concetto della
realizzazione mediante lo scambio. Ne consegue che il conto economico è deputato ad accogliere non
soltanto valori certi, maturati e realizzati, ma anche valori incerti soltanto maturati, costituiti, per lo più, dai
plusvalori e minusvalori da fair value, derivanti da rivalutazioni e svalutazioni degli elementi patrimoniali 50 .
Si passa , dunque, dalla configurazione di reddito prodotto, tipica della tradizione contabile europea, alla
configurazione di reddito potenziale, che esprime la ricchezza prodotta dalla gestione nell’arco dell’esercizio
anche in funzione delle variazioni di valore delle poste patrimoniali.
Non tutti i valori di competenza non realizzati hanno, però, la medesima forza reddituale. Infatti, essi si
distinguono in valori con forza di reddito, che vanno a determinare il cd. net income51, e i c d . other
comprehensive income che, invece, sino alla revisione del 2007, andavano a diretta rettifica delle riserve del
patrimonio netto 52 , senza concorrere alla formazione del reddito d’esercizio.
Nell’ultima versione dello IAS 1 53 , si è optato per una struttura di conto economico deputata ad accogliere
tutti i valori attribuibili all’esercizio, siano essi con o senza forza di reddito, in modo tale da esprimere una
configurazione di reddito allargato o total comprehensive income. Secondo gran parte della dottrina
contabile internazionale, questa configurazione di reddito costituisce un indicatore della performance
complessiva dell’impresa, in quanto può essere impiegata nei processi di valutazione delle aziende ed
esprime il legame concettuale tra book value e market value, risultando, pertanto, la più idonea a soddisfare
le esigenze informative degli investitori 54 .
Fatta questa premessa, possiamo ora analizzare il contenuto minimo e le modalità di rappresentazione
previste dallo IAS 1 per il conto economico.
Così come per lo stato patrimoniale, lo IASB non indica una struttura rigida, ma si limita ad elencare le voci, i
cui valori devono essere obbligatoriamente esposti 55 :
a.
ricavi di vendita;
b. oneri finanziari;
50
Questa impostazione appare pienamente coerente con la natura patrimonialista del bilancio IASB. Difatti, ricavi e costi non
rappresentano altri che le variazioni di valore delle attività e delle passività.
51
Si tratta, in particolare, di:
9
variazioni da fair value su: investimenti immobiliari, partecipazioni in imprese controllate, attività biologiche, attività e
passività finanziarie detenute per la negoziazione, strumenti finanziari di copertura da fair value hedge;
e in alcuni casi di:
9
differenze di cambio;
9
utili e perdite attuariali da fair value su piani pensionistici a benefici definiti.
52
Si tratta, in particolare, di:
9
variazioni da fair value su: immobilizzazioni materiali e immateriali, attività finanziarie dispon ibili per la vendita,strumenti
finanziari di copertura cash flow hedge;
e in alcuni casi di:
9
differenze di cambio;
9
utili e perdite attuariali da fair value su piani pensionistici a benefici definiti.
Tali valori, prima della revisione dello IAS 1, dovevano trovare evidenza nel prospetto delle variazione del patrimonio netto.
53
Nel revisionare lo IAS 1, con riferimento al conto economico, lo IASB si è ispirato apertamente allo SFAS n. 130, emanato dal FASB
nel 1997.
54
Per un approfondimento del concetto di comprehensive income, in ambito IASB, si rinvia a CATUOGNO S., Il Comprehensive income
nei progetti contabili internazionali, in Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia Aziendale, n. 3/4, 2007, p. 195 -201.
55
IASB, IAS 1, par. 82.
25
c.
quota dell’utile o della perdita di imprese collegate e joint ventures, contabilizzate con il metodo del
patrimonio netto;
d. oneri tributari;
e.
un singolo importo comprendente il totale di: i) plusvalenza o minusvalenza, al netto degli effetti
fiscali, delle attività operative cessate e ii) plusvalenza o minusvalenza, al netto degli effetti fiscali,
rilevata a seguito della valutazione al fair value al netto dei costi di vendita o della dismissione delle
attività o del gruppo/i di dismissioni che costituiscono l’attività operativa cessata;
f.
l’utile o la perdita;
g. tutti i componenti di other comprehensive income classificati per natura;
h. quota di other comprehensive income di imprese collegate e joint ventures contabilizzate con il
metodo del patrimonio netto;
i.
total comprehensive income.
E’ possibile notare come, dal contenuto minimale, siano escluse sia l’area straordinaria, sia le informazioni
dettagliate sui costi operativi.
In realtà l’area straordinaria è stata eliminata, sia dal conto economico che dalle note, con la revisione
2003 dello IAS 1, con lo scopo di contrastare comportamenti opportunistici dei redattori di bilancio, volti a
ridurre il reddito operativo mediante l’iscrizione di costi straordinari dal contenuto non ben definito. Tuttavia,
qualora i proventi e gli oneri straordinari non si atteggino come parte del normale rischio d’impresa, bensì
trovino origine nello svolgimento di un’attività eccezionale ovvero di un’operazione rilevante, per natura o
per ammontare 56 , devono essere indicati separatamente nel conto economico o nelle note di bilancio.
Per quanto riguarda, invece, le regole sulla rappresenta zione dei costi operativi, lo IAS 1 permette di
optare tra due tipi di classificazione alternativi: per natura e per destinazione. Con il primo tipo, i costi
vengono aggregati in base alle caratteristiche fisiche e tecniche del fattore produttivo utilizza to (ad esempio,
ammortamenti, acquisti di materiali, costi di trasporto, benefici per i dipendenti e costi di pubblicità). La
classificazione di costi per destinazione, invece, raggruppa i costi in base alla funzione economica a cui il
fattore produttivo rilascia la propria utilità (ad esempio, costo del venduto, costi di distribuzione, costi
amministrativi, spese di ricerca e sviluppo, ecc.). Questa modalità di classificazione è legata ai criteri di
rilevazione dei costi ai fini del controllo gestionale e, pertanto, rende più agevole il raccordo tra la contabilità
analitica e quella generale; la classificazione dei costi per natura, invece, è più utile per la previsione dei
flussi finanziari (si pensi all’EBITDA).
La scelta tra le due alternative dipen de da fattori storici e industriali dell’impresa e deve ricadere sul
metodo che fornisce le informazioni più attendibili e significative. Ciò nonostante, qualora si decida di optare
per la classificazione per destinazione, sarà necessario fornire informazi oni aggiuntive sulla natura dei costi
nelle note o, preferibilmente, nello statement of comprehensive income.
Anche per quanto concerne la struttura del prospetto di conto economico, lo IAS 1 offre la possibilità di
scegliere tra due approcci alternativi per la sua costruzione:
56
Le operazioni che p ossono giustificare l’iscrizione separata di proventi e oneri straordinari sono, ad esempio, le ristrutturazioni
aziendali, le dismissioni di immobili, impianti e macchinari, le cessioni di investimenti partecipativi, la cessazione di attività operative, l a
definizione di contenziosi, ecc.
26
9
il cd. single-statement approach: prevede un unico prospetto, intitolato statement of comprehensive
income, che deve evidenziare il reddito allargato (total comprehensive income) come la somma
algebrica del reddito netto 57 con l’other comprehensive income.
Tavola n. 2 Il c o m p r e h e n s i v e i n c o m e: single-s t a t e m e n t a p p r o a c h
n+1
N
Ricavi
…
…
Costo del venduto
…
…
Utile lordo industriale
…
…
Altri ricavi
…
…
Costi di vendita
…
…
Costi amministrativi
…
…
Altre spese
…
…
Oneri finanziari
…
…
Utili da società collegate
…
…
R e d d i t o a n t e -i m p o s t e
…
…
Imposte sul reddito
…
…
Reddito netto
…
…
Differenze di cambio da traduzione
…
…
Variazione valore di attività finanziarie disponibili per la vendita
…
…
Cash Flow Hedges
…
…
Plusvalenze da rivalutazione immobili
…
…
Utili (perdite) attuariali su piani a benefici definiti
…
…
Quota di other comprehensive income di società collegate
…
…
Other comprehensive income, al netto delle imposte
…
…
Total comprehensive income
…
…
9
il cd. two-statement approach: prevede due prospetti, il primo, denominato income statement,
evidenzia solo il reddito netto; il secondo, denominato statement of comprehensive income,
partendo dal reddito netto espone gli altri componenti del reddito allargato.
Tavola n. 3 Il c o m p r e h e n s i v e i n c o m e: t w o -s t a t e m e n t a p p r o a c h
n+1
57
N
Il reddito netto (profit for the year ) è dato dalla differenza tra tutti i componenti positivi e negativi di reddito.
27
Ricavi
…
…
Costo del venduto
…
…
Utile lordo industriale
…
…
Altri ricavi
…
…
Costi di vendita
…
…
Costi amministrativi
…
…
Altre spese
…
…
Oneri finanziari
…
…
Utili da società collegate
…
…
R e d d i t o a n t e -i m p o s t e
…
…
Imposte sul reddito
…
…
Reddito netto
…
…
n+1
N
Reddito netto
…
…
Differenze da cambio di traduzione
…
…
Variazione valore attività finanziarie disponibili per la vendita
…
…
Cash Flow hedges
…
…
Plusvalenze da rivalutazione immobili
…
…
Utili (perdite) attuariali su piani a benefici definiti
…
…
Quota di other comprehensive income di società collegate
…
…
Other comprehensive income, al netto delle imposte
…
…
Total comprehensive income
…
…
Tutte le componenti dell’other comprehensive income possono essere espresse al lordo o al netto delle
relative imposte. Queste ultime possono essere iscritte nel prospetto di conto economico oppure nelle note.
Un ultimo aspetto da analizzare riguarda il momento in cui avviene il realizzo, mediante vendita o
ammortamento, delle componenti classificate precedentemente come other comprehensive income. Ebbene,
a seconda che il realizzo sia considerato un momento critico o meno, il valore realizzato viene inscritto tra gli
elementi del reddito netto oppure non viene evidenziato affatto.
Nel primo caso il valore realizzato viene sottoposto alla cd. procedura di reclassification adjustment (o
anche recycling) che, sostanzialmente, comporta la rappresentazione del valore in due momenti:
28
9
nell’esercizio in cui matura, per cui concorre alla formazione del reddito allargato e viene iscritto tra
le componenti dell’ other comprehensive income;
9
nell’esercizio in cui si realizza, per cui concorre alla formazione del reddito allargato e viene iscritto
tra le componenti del profit or loss.
Tale procedura è prescritta dallo IAS 1, in particolare, per il realizzo delle differenze di cambio, delle attività
finanziarie disponibili per la vendita e degli strumenti finanziari di copertura cash flow hedge.
Quando, invece, la realizzazione del valore non viene reputata un momento rilevante, o comunque meno
rilevante rispetto a quello della maturazione, il valore realizzato non viene evidenziato affatto. In altre parole,
il valore viene rappresentato una volta soltanto nel momento in cui matura, partecipando così solo alla
formazione del reddito allargato, e solo nel momento in cui tale valore viene riconosciuto e iscritto nel conto
economico. Lo IASB prescrive che la procedura di recycling non è ammessa nel caso di realizzo dei valori
riconosciuti sulle immobilizzazioni materiali e immateriali e per gli/le utili/perdite attuariali da fair value sui
piani pensionistici a benefici definiti.
Vale la pena di fare alcune considerazioni. Il nuovo prospetto di conto economico accoglie una nozione di
reddito più ampia perché consente di comprendere le variazioni di valore degli elementi patrimoniali e questo
risulta pienamente coerente con la logica del Financial Capital Maintenance. Sicuramente le novità apportate
consentono agli users di apprezzare un’informativa più efficace e completa sulla performance attuale e
f u t u r a d e l l ’ a z i e n d a . T u t t a v i a , è v e r o a n c h e c h e i l comprehensive income, o l t r e a s a c r i f i c a r e l a
rappresentazione del reddito contabile tradizionale e il principio della realizzazione, non è neanche
riconducibile ad una cornice concettuale di riferimento nell’ambito degli stessi principi contabili internazionali.
Sarebbe opportuno, innanzitutto, definire in maniera univoca il concetto di performance (aziendale,
manageriale, o entrambe?) a cui orientare l’informativa di bilancio. Bisognerebbe, poi, stabilire i criteri che
consentano di distinguere esattamente la configurazione del reddito netto da quella dell’ other comprehensive
income e, infine, delineare chiaramente il meccanismo di recycling, in modo tale da evitare duplicazioni dei
valori e specificare in base a quale principio i valori non realizzati vadano ricompresi nel net income.
S t a t e m e n t o f c h a n g e s i n e q u i t y ( p r o s p etto delle variazioni del patrimonio netto)
Diretta conseguenza della nuova modalità di rappresentazione della performance periodica dell’impresa è
data dalle modifiche apportate, dalla revisione del 2007 dello standard n. 1, al prospetto delle variazioni del
patrimonio netto. Tale prospetto ha lo scopo di evidenziare le variazioni che il patrimonio netto subisce in un
periodo e le cause da cui sono originate.
Ora, le movimentazioni degli elementi del netto possono derivare da due tipologie di operazioni:
9
le operazioni effettuate con i soci, cd. owner changes in equity (per esempio, aumenti e diminuzioni
9
di capitale sociale, pagamento dei dividendi)
le operazioni di natura reddituale, cd. non owner changes in equity, che a loro volta possono
risultare da transazioni e, quindi, confluire nel profit or loss, oppure possono risultare dalle variazioni
di fair value degli elementi del netto, e, quindi, confluire nell’other comprehensive income.
29
Come visto in precedenza, nella nuova versione dello IAS 1, i non owner changes in equity corrispondono
sostanzialmente al total comprensive income che trova evidenza nel prospetto di conto economico. Ne deriva
che, nello Statement of changes in equity, a partire dal 2007, trovano collocazione unicamente gli effetti
delle operazioni effettuate direttamente con i possessori di capitale proprio che agiscono in tale veste.
Per quanto riguarda il contenuto, il prospetto deve rappresentare 58 :
a.
il total comprehensive income, distinguendo, nel bilancio consolidato, gli importi totali attribuibili ai
soci della controllante e alle minoranze;
b. per ciascuna voce del netto, gli effetti dei cambiamenti nei principi contabili e delle correzioni di
errori rilevati in base allo IAS 8;
c.
gli importi delle operazioni concluse con i soci, mostrando separatamente le contribuzioni da e le
distribuzioni a gli stessi;
d. per ogni componente del patrimonio netto, una riconciliazione tra il saldo all’inizio e alla fine del
periodo, evidenziando distintamente ogni variazione.
Per quanto riguarda la forma, non è prescritto alcuno schema obbligatorio. Nella prassi si utilizza una
tabella a doppia entrata, in cui le colonne riportano gli elementi del patrimonio netto e le righe espongono le
cause delle loro variazioni.
Tavola n.4 P r o s p e t t o d e l l e v ariazioni del patrimonio netto
A
B
C
D
E
F
G
H
I
Capitale
Utili
Riserva da
Riserva
Riserva
Riserva
Totale
Minoranze
Totale
sociale
non
conversione
di fair
di
rival.ne
attribuibile
azionarie
patrimonio
value
copertura
ripartiti
ai soci della
netto
capogruppo
Saldo al 1°
…
…
…
…
…
…
…
…
…
gennaio n
Variazioni
del
patrimonio
netto
dell’anno n:
Dividendi
(…)
(…)
(…)
Comprehensive
…
…
…
(…)
…
…
…
…
…
…
….
(…)
…
…
…
…
income
Saldo al 31
…
dicembre n
Variazioni
del
58
Cfr. OIC, Guida applicativa dello IAS 1, p. 148-149.
30
patrimonio
netto
dell’anno
n+1:
Aumento di
…
…
…
(…)
(…)
capitale
Dividendi
(…)
Comprehensive
…
…
…
…
…
…
…
...
…
…
…
incombe
Trasferimento
…
(…)
a utili
non ripartiti
Saldo al 31
…
…
…
…
(…)
…
dicembre n+1
St a t e m e n t o f C a s h F l o w s ( R e n d i c o n t o finanziario)
Coerentemente con la finalità del bilancio IAS, uno dei documenti obbligatori più importanti è costituito
dal rendiconto finanziario, la cui funzione principale è quella di rappresentare la performance finanziaria
dell’impresa ovvero quello di evidenziare gli impieghi e le fonti di risorse in relazione alle operazioni di
gestione che le hanno determinate. Lo IAS 1 non affronta la metodologia contabile per la redazione del
rendiconto finanziario, ma ne rinvia la trattazione allo IAS 7 “S tatement of cash flow”, emanato nel 1977 59 e
revisionato nel 1992.
Le operazioni di gestione generano variazioni nei valori degli elementi patrimoniali e reddituali, che sotto il
profilo finanziario si distinguono in due categorie:
9
variazioni finanziarie, che determinano un cambiamento nell’ammontare complessivo della
grandezza di riferimento;
9
variazioni non finanziarie, che non determinano alcun cambiamento nell’entità totale della
risorsa di rifermento.
La risorsa finanziaria di riferimento è costituita dalle disponibilità liquide e i mezzi equivalenti (cash and
cash equivalent). Si tratta, in particolare di cassa e depositi a vista (cash) e di investimenti finanziari a breve
termine e ad alta liquidità, prontamente convertibili in denaro e soggetti a un rischio irrilevante di variazione
di valore (cash equivalent)60 .
I flussi finanziari relativi alla risorsa di riferimento avvenuti nell’esercizio devono essere classificati tra le
attività operative, le attività di investimento e le attività finanziarie.
59
Nella prima versione dello IAS 7 “ Statement of changes in financial position” la risorsa di riferimento, prescelta dall’allora IASC, era
costituita dal capitale circolante netto, ottenuto come differenza tra attivo e passivo corrente.
60
Generalmente, si classificano come cash equivalent gli investimenti a breve scadenza, ovvero a tre mesi dalla data di acquisto e gli
scoperti di conto corrente bancario rimborsabili a vista, purché presentino un’alternanza fisiologica di saldi negativi e positivi. Sono,
invece, esclusi gli investimenti azionari, a c ausa della loro volatilità, nonché i conto correnti perennemente in rosso, in quanto si
considerano alla stregua di veri e propri finanziamenti.
31
I flussi derivanti dall’attività operativa costituiscono, sostanzialmente, l’equivalente monetario dei costi e
ricavi d’esercizio, imputati al conto economico e possono essere rappresentati alternativamente:
9
con il metodo diretto, che evidenzia i r isultati indicando direttamente le principali categorie di
incassi e pagamenti lordi:
9
con il metodo indiretto, che giunge al medesimo risultato partendo, però, dal risultato netto
d’esercizio che viene opportunamente rettificato, escludendo i costi e i ric avi non monetari, cioè
quelli che non hanno inciso sulla risorsa finanziaria di riferimento 61 .
Lo IASB raccomanda il metodo diretto, perché in grado di indicare direttamente i risultati derivanti dalle
movimentazioni finanziarie. D’altro canto, il metodo indiretto fornisce maggiori informazioni sulle modalità di
formazione del flusso della gestione reddituale, permettendone una valutazione più approfondita, in termini
di qualità e ripetibilità dello stesso.
I flussi derivanti dalle attività d’investimen t o c o m p r e n d o n o l e e n t r a t e e l e u s c i t e r e l a t i v e
all’acquisto/vendita delle immobilizzazioni tecniche e finanziarie, all’acquisizione/cessione di titoli di
partecipazione o di debito di altre imprese e all’erogazione /rimborso di prestiti concessi a terzi.
I flussi derivanti dalle attività finanziarie, infine, includono le entrate e le uscite connesse
all’accensione/rimborso di finanziamenti, sia a titolo di capitale proprio, che di credito.
I flussi dell’area d’investimento e dell’area finanziaria van n o i n d i c a t i a l l o r d o , c i o è e s p o n e n d o
distintamente le principali categorie di incassi e pagamenti, e se rilevante, distinguendo i flussi finanziari per
settori, quelli che rappresentano incrementi della capacità operativa e quelli richiesti per mantenerla .
Infine, lo IAS 7 si occupa del trattamento di alcune voci particolarmente significative, precisando che:
9
gli interessi pagati, quelli riscossi e i dividendi ricevuti possono essere classificati come flussi
finanziari operativi, poiché rientrano nella determinazione dell’utile o della perdita d’esercizio; in
alternativa, gli oneri finanziari pagati possono essere collocati nell’area finanziaria, in quanto
sostenuti per l’ottenimento di finanziamenti, mentre gli interessi e i dividendi corrisposti posso no
essere inseriti nell’area d’investimento, in quanto rappresentano proventi derivanti dall’impiego di
risorse di quell’area;
9
i dividendi pagati possono essere classificati come flussi dell’attività operativa oppure come flussi
dell’attività finanziaria;
9
le imposte sul reddito vanno inserite nell’area operativa, a meno che non sia possibile distinguere
chiaramente i flussi in uscita per imposte correlati a ciascuna area;
9
i flussi finanziaria in valuta estera devono essere convertiti applicando il tasso di cambio del giorno
in cui il flusso finanziario si manifesta;
9
i flussi derivanti dall’acquisizione/dismissione di società controllate o di rami d’azienda devono
essere classificati distintamente nell’area d’investimento;
61
In particolare, l’utile o la perdita di esercizio vanno rettificati escludendo:
gli elementi non monetari (ammortamenti, accantonamenti, imposte differite, utili/perdite su cambi non realizzati, utili di
società collegate non distribuiti, e le quote di pertinenza dei terzi, rivalutazioni, svalutazioni, ecc.);
9
le variazioni delle rimanenze, nonché dei crediti e dei debiti operativi, avvenute nel corso dell’esercizio;
9
tutti gli altri elementi i cui effetti monetari si manifestano nell’area dell’attività d’investimento (per esempio, plusvalenze e
minusvalenze).
9
32
9
nel caso di partecipazioni in società controllate o collegate devono essere classificati soltanto i flussi
intervenuti con la partecipata.
Tavola 5: Rendiconto finanziario: metodo diretto
Flussi finanziari dell’attività operativa
Valori
Totali
Valori
Totali
Entrate di disponibilità liquide da clienti
Uscite di disponibilità liquide a fornitori e dipendenti
Disponibilità liquide generate dalle operazioni
Interessi corrisposti
Imposte sul reddito corrisposte
Disponibilità liquide derivanti dall’attività operativa (A)
Flussi finanziari dell’attività d’investimento
Acquisizioni della controllata Y
Acquisto di immobili impianti e macchinari
Corrispettivi dalla vendita di macchinari
Interessi attivi
Dividendi ricevuti
Disponibilità liquide derivanti dall’attività d’investimento (B)
Flussi finanziari dell’attività finanziaria
Incassi dall’emissione di capitale azionario
Incassi da finanziamento a lungo termine
Pagamenti per leasing finanziari
Dividendi corrisposti
Disponibilità liquide impegnate nell’attività finanziaria (C)
Flusso finanziario dell’esercizio (A ± B ± C )
Disponibilità liquide e mezzi equivalenti all’inizio dell’esercizio
Disponibilità liquide e mezzi equivalenti alla fine dell’esercizio
Tavola n. 6: Rendiconto finanziario: metod o indiretto
Flussi finanziari dell’attività operativa
Total comprehensive income ante-imposte
Rettifiche per:
Ammortamenti
Accantonamenti
Rettifiche di valore da fair value
33
Variazione del capitale circolante netto
Disponibilità liquide generate dalle operazioni
Interessi corrisposti
Imposte sul reddito corrisposte
Disponibilità liquide derivanti dall’attività operativa (A)
Flussi finanziari dell’attività d’investimento
Acquisizioni della controllata Y
Acquisto di immobili impianti e macchinari
Corrispettivi dalla vendita di macchinari
Interessi attivi
Dividendi ricevuti
Disponibilità liquide derivanti dall’attività d’investimento (B)
Flussi finanziari dell’attività finanziaria
Incassi dall’emissione di capitale azionario
Incassi da finanziamento a lungo termine
Pagamenti per leasing finanziari
Dividendi corrisposti
Disponibilità liquide impegnate nell’attività finanziaria (C)
Flusso finanziario dell’esercizio (A ± B ± C )
Disponibilità liquide e mezzi equivalenti all’inizio dell’esercizio
Disponibilità liquide e mezzi equivalenti alla fine dell’esercizio
3.2 Il nuovo paradigma contabile nello schema concettuale del F r a m e w o r k
Il Framework o Quadro sistematico raccoglie una serie di proposizioni di carattere generale pubblicate nel
1989 nel documento emanato dallo IASB, dal titolo Framework for the Preparation and Presentation of
Financial Statements. Tali proposizioni costituiscono da un lato il sostrato concet tuale a cui lo stesso
standard setter deve attenersi per l’elaborazione dei principi contabili relativi alla recognition, valutazione, e
rappresentazione in bilancio delle singole operazioni, dall’altro il punto di riferimento per il preparer del
bilancio nella circostanza in cui l’applicazione di un principio contabile susciti dubbi interpretativi.
Fino al 1989, lo IASB aveva privilegiato un approccio pragmatico di stampo prettamente induttivo che,
tuttavia, ha favorito un‘elasticità e una flessibilità nell’interpretazione e nell’applicazione dei medesimi
principi contabili, tale da minare in molti casi la comparabilità dei bilanci.
Questa circostanza, unitamente alla necessità di diffondere in maniera più incisiva il proprio corpus di
principi, ha spinto lo IASB a ridefinire tutti i principi fino ad allora emessi, ridurre le alternative contabili
prima consentite e a dar vita ad un Quadro concettuale, appunto il Framework, capace di fungere da filo
34
conduttore nel processo di formazione ed interpret azione dei principi contabili, coniugando in modo
opportuno le metodologie induttive con quelle deduttive. 62
Va ricordato, inoltre, che il Framework è oggetto nel corso degli ultimi anni di approfondite riflessioni
nell’ambito di un progetto comune di riconciliazione63 portato avanti dallo IASB e dal FASB 64 .
In un contesto economico fortemente globalizzato e sempre più internazionalizzato, è esigenza oramai
diffusa quella di uniformare il linguaggio contabile a livello mondiale. Lo scopo del progetto d i riconciliazione
è proprio quello di ridurre il più possibile le innumerevoli differenze che, allo stato attuale, sussistono tra i
rispettivi Frameworks, in modo tale da farne derivare principi di valutazione convergenti, se non addirittura
comuni 65 .
Pertanto, nell’analizzare l’attuale contenuto del Framework emanato dallo IASB bisogna tener presente il
suddetto processo di convergenza e la possibilità che in futuro il quadro concettuale possa discostarsi in
maniera vistosa da quello attuale.
Si è detto che il Framework costituisce, innanzitutto, la piattaforma scientifica comune, alla quale lo IASB è
idealmente vincolato nell’elaborazione dei principi contabili che non possono presentare profili di incoerenza
con le posizioni generali. Si è detto, poi, che il Framework è utile per i redattori del bilancio, che ad esso
devono attenersi qualora non esista un principio contabile che regoli una determinata fattispecie ovvero nel
caso in cui il principio contabile esista, ma sussistano dubbi circa la sua interpretazione. In entrambe le
situazioni, i redattori del bilancio devono ricorrere al Framework e applicare il trattamento contabile più
coerente con le posizioni generali ivi contenute, al fine di garantire la sostanza e l’attendibilità informativa del
bilancio.
Difatti, la circostanza per cui lo stesso IASB, in molteplici occasioni, abbia preferito disattendere le
indicazioni generali del quadro concettuale non contribuisce a creare un chiaro rapporto di dipendenza tra il
Framework e g l i s p e c i f i c i c riteri di valutazione, generando le condizioni favorevoli per l’adozione di
comportamenti contabili «opportunistici», potenzialmente lesivi della capacità informativa dei bilanci redatti.
A tal proposito, i recenti scandali societari (Parmalat, Worldcom, Enron, ecc.) hanno ridato vigore all’antico
dibattito sulla scelta tra l’approccio rules based (rinvenibile nell’attività del FASB) e l’approccio principle
62
E’ stato da più parti evidenziato come, nonostante l’emanazione del Framework abbia costituito un passo decisivo verso l’utilizzo
congiunto dell’approccio induttivo, tipico dei sistemi di common law, e dell’approccio deduttivo, tipico dei sistemi di civil law, l’uso di
quest’ultimo ha ancora una portata molto limitata nell’ambito del processo di statuizione dei principi contabili. In tal senso SANNINO G.,
il quale sottolinea che “se è vero che l’approccio deduttivo, opportunamente combinato con quello induttivo, permette di giungere a
costruzioni teoriche che si presentano al contempo non avulse dalla realtà e più garantiste per le categorie di soggetti esterni al bilancio,
il suo circoscritto impiego ad opera dello IASB finisce col gettare non poche ombre sulla reale capacità di questo organismo di garantire
la redazione di bilanci neutrali”. Cfr. SANNINO G., Framework, in Il bilancio secondo i principi contabili internazionali IAS/IFRS –
Regole e applicazioni, in AA.VV., Torino, 2008, p. 38.
63
Per un approfondimento si rinvia a ELAINE H., STEPHEN L., YA WEN Y., The European – U.S. “GAAP Gap”: IFRS to U.S. GAAP Form
2 0-F Reconciliations, in Accounting Horizons, vol. 23, No. 2, 2009, p. 121- 150.
64
I l F A S B ( Financial Accounting Standard Board) è l’organismo nordamericano deputato all’elaborazione dei principi c ontabili
generalmente accettati negli Stati Uniti, i cd. US GAAP.
65
Il processo di convergenza tra IFRS e US GAAP inizia ufficialmente con l’accordo di Norwalk (Connecticut), sottoscritto nel 2002, che
individua due obiettivi principali: da un lato diminui re le differenze esistenti tra IFRS e US GAAP, al fine di elaborare un corpus di principi
contabili condiviso e di elevata qualità; dall’altro avviare un coordinamento programmatico per garantire il perdurare della comparabilità
tra bilanci IFRS e bilanci US GAAP.
Nel 2004 i due organismi hanno intrapreso il cd. progetto Conceptual Framework per la rivisitazione sistematica dei rispettivi quadri
concettuali e la predisposizione di un Framework condiviso e completo. Il 6 luglio 2006, lo IASB e il FASB hanno approvato una
Preliminary View relativa ai primi due capitoli di un nuovo e futuro joint conceptual framework, attinenti rispettivamente, alla finalità di
comunicazione economico-finanziaria d’impresa e alle caratteristiche qualitative (significatività, true and fair view, comparabilità e
comprensibilità) che l’informativa di bilancio dovrebbe presentare per essere utile agli users del bilancio nell’ambito delle proprie
decisioni d’investimento.
35
based (perseguito, anche se non sempre con successo, dallo IASB). Il primo si fonda sulla definiz ione di
regole di comportamento contabile precise e puntuali, imponendo, altresì, soglie numeriche prefissate, il che
da un lato attribuisce chiarezza e certezza alle regole del gioco, dall’altro rischia di peccare di estrema
analiticità e spingere i preparers al loro aggiramento.
Il secondo approccio, invece, si limita ad enunciare principi di comportamento generali, ha il merito della
sinteticità, ma pone difficoltà applicative ai soggetti chiamati ad implementare tali principi generali e a coloro
cui spetta l’onere del controllo del bilancio.
A parere di chi scrive l’approccio principle based è sicuramente preferibile rispetto a quello rules based, più
oneroso e facilmente aggirabile, a patto che i principi enunciati, seppur nella loro generalità, abbiano il
pregio della chiarezza e della completezza, in modo tale da semplificare l’opera di interpretazione e di
applicazione degli stessi alle specifiche situazioni contrattuali e ai peculiari istituti giuridici della nazione in cui
ha sede la società che redige il bilancio. A tale scopo, sembra condivisibile l’opinione 66 secondo la quale le
eventuali difficoltà poste dall’applicazione degli IFRS in un determinato contesto normativo nazionale
possano essere risolte dallo standard setter nazionale del Paese in questione.
Un’ultima questione, preliminare all’analisi più dettagliata del Framework, riguarda la nozione di bilancio
accolta. In altre parole, va chiarito se il Quadro concettuale debba riferirsi soltanto ai tradizionali schemi
contabili (con relative note integrative) oppure possa assurgere a punto di riferimento anche delle cd.
voluntary disclosure, cioè tutte le altre forme di comunicazione esterna di impresa di carattere volontario.
Tradizionalmente, infatti, l’informativa di impresa è costituita dai Financial Statements, cioè i prospetti che
descrivono le variazioni delle grandezze quantitativo-monetarie evidenziate dal sistema contabile adottato e
che, quindi, possono essere oggettivamente quantificate e fornire informazioni economico -finanziarie
tendenzialmente verificabili. Negli ultimi anni, tuttavia, si riscontra una crescente tendenza ad integrare i
prospetti tradizionali con prospetti e relazioni, di stampo per lo più descrittivo-qualitativo, riguardanti il
capitale intellettuale, le politiche socio-ambientali perseguite, le previsioni del management, ecc.
Il bilancio così “confezionato” è noto con il nome di Financial Reporting e mira a “rendicontare” non più
soltanto i risultati della gestione aziendale, ma anche le politiche a dottate, nonché le performance
economiche e finanziarie previste dal management. In tal senso, sebbene il Framework non faccia alcun
riferimento ai cd. non financial indicators (vista anche l’epoca in cui è stato elaborato), si ritiene che la sua
rivisitazione debba tener conto della nuova nozione di bilancio accolta nell’ambito dell’informativa esterna
d’impresa67 .
SCHEDA DI APPROFONDIMENTO:
La nascita degli IAS/IFRS
Lo IASB (International Accounting Standard Board) nasce nel 1973, sotto la denominaz ione di IASC (
International Accounting Standard Committee ), al quale viene affidato il compito di elaborare e promulgare
66
Si rimanda al contributo di CASO’ M., Gli IFRS e gli istituti giuridici nazionali: le difficoltà applicative e gli ostacoli istituzionali, in Rivista
dei Dottori Commercialisti, n. 6/2006, p. 1351 e ss.
67
Tale convinzione sembra, peraltro, supportata dalla sostituzione del termine accounting con il termine reportin g nella denominazione
dei principi contabili internazionali.
36
dei principi contabili per la redazione dei bilanci societari, applicabili in vari Paesi e protesi a migliorare la
qualità dell’informazione aziendale, in termini di trasparenza e comparabilità.
Inizialmente, i principi, denominati IAS (International Accounting Standard), furono prodotti in ordine
sparso, in maniera disarticolata, attingendo risoluzioni prettamente tecniche dall’osserv azione della prassi. I
primi standards ammettevano, pertanto, numerose variazioni tecniche e venivano utilizzati, specialmente,
dalle società anglosassoni.
Successivamente, grazie anche agli accordi conclusi con gli organismi di controllo dei mercati mobi liari
mondiali (IOSCO) ed europei (FESCO), lo IASC divenne, progressivamente, il principale interlocutore dei
governi e delle istituzioni sovranazionali, fino a costituirsi, nel 2000, sotto la nuova denominazione di IASB,
come un’organizzazione indipendente, amministrata da 19 Trustee, provenienti da diverse aree geografiche,
al fine di individuare principi contabili validi su scala mondiale. Alla svolta organizzativa si accompagna il
rinnovamento della conformazione dei principi contabili stessi: si passa dalla denominazione IAS a quella di
IFRS (International Financial Reporting Standards), con lo scopo di superare gli approcci squisitamente
contabili, integrandoli con forme di comunicazione qualitative e/o descrittive, in linea con le nuove logiche
del financial reporting.
Lo IASB è attualmente suddiviso in tre organi: il Board, deputato all’emanazione degli standards; il SAC
(Standards Advisory Council), che si occupa di monitorare il mercato, veicolare i suggerimenti delle
organizzazioni pubbliche e private e curare l’agenda e il programma di lavoro dell’ente; e, dal 1997, l’IFRIC
(International Financial Reporting Interpretation Committee), che fornisce interpretazioni dei principi già
emanati e si occupa della regolamentazione temporanea delle aree non ancora disciplinate dagli standards.
Il primo, sicuramente il più importante, stabilisce le linee di sviluppo dei nuovi progetti e le revisioni di quelli
già esistenti ed, inoltre, approva gli IAS/IFRS e le relative bozze d’interpretazione.
Svolte le necessarie premesse, è ora possibile passare ad un’analisi più approfondita dei principi generali
espressi nel Framework, secondo il seguente schema:
CLAUSOLA GENERALE
Utilità delle informazioni contabili ai fini decisionali
Competenza economica
37
A
S
S
U
N
T
I
Continuità
D
I
BASE
Comprensibilità
Significatività
Rilevanza
Attendibilità
Comparabilità
Rappresentazione
Fedele
Prevalenza della
sostanza sulla forma
CARATTERISTICHE
QUALITATIVE
DI I LIVELLO
E
DI II LIVELLO
Prudenza
Neutralità
Completezza
Utilità
La “missione” idealmente affidata al bilancio redatto secondo i principi contabili internazionali è
sostanzialmente quella di ridurre le asimmetrie informative tra impresa e mercati finanziari, nel tentativo di
agevolare gli investitori nel loro processo decisionale.
Tale finalità viene sottolineata anche dal Framework mediante un ragionamento di tipo induttivo-deduttivo,
secondo il quale:
¾
il fine del bilancio è quello di fornire informazioni sull’impresa che siano utili ad un’ ampia serie di
utilizzatori;
¾
non tutte le esigenze informative degli utilizzatori possono trovare risposte esaustive nel bilancio;
¾
il bilancio deve proporsi di soddisfare le esigenze conoscitive comuni alla maggior parte degli
utilizzatori;
¾
queste ultime possono essere ravvisate nelle informazioni richieste dalla categoria degli investitori,
per cui soddisfare le esigenze conoscitive degli investitori significa soddisfare anche quelle di tutti gli
altri soggetti.
La tendenza dello IASB a privilegiare le informazioni utili agli investitori, attuali e potenziali dell’impresa,
risiede sicuramente nella maggiore diffusione che il fenomeno delle public companies h a n e i p a e s i
anglosassoni, ma non solo. Bisogna, infatti, sottolineare che la capacità prospettica dell’azienda di generare
flussi di cassa, desumibile dalla lettura congiunta dei prospetti del bilancio IASB, costituisce altresì un
indicatore tendenzialmente attendibile delle condizioni di solidità, solvibilità e liquidità dell’impresa, nonché
della qualità del management.
38
Gli as s u n t i d i b a s e : c o n t i n u i t à a z i e n d a l e e c o m p e t e n z a e c o n o m i c a
Il postulato della continuità aziendale si pone in una posizione sovraordinata rispetto a tutti gli altri:
l’azienda si configura, infatti, come un istituto economico atto perdurare nel tempo. Per tale ragione, la
mancanza di continuità fa perdere di significato ogni altro principio.
La continuità aziendale è, dunque, il presupposto dal quale muovono tutti gli altri principi di redazione del
bilancio, specie quello della comparabilità nel tempo e della costanza dei criteri di valutazione. Pertanto, il
bilancio deve essere redatto con riferimento a imprese che non si trovano in situazioni di gestione
straordinaria, bensì di normale svolgimento dell’attività economica. Non solo, durante la fase di redazione, gli
amministratori sono tenuti a valutare la capacità dell’impresa di poter continuare a svolgere la propria attività
in maniera regolare anche in futuro 68 .
Le problematiche principali di questo criterio riguardano l’individuazione dei presupposti necessari a
garantire che un complesso aziendale sia in grado di perpetuare la gestione 69 .
Compito di verificare le condizioni di funzionamento dell’impresa spetta all’alta direzione e il controllo non
può avvenire su basi discrezionali ma deve avvalersi degli strumenti tipici dell’analisi di bilancio, avvalendosi
anche delle numerose tecniche di matrice stocastica elaborate dalla dottrina che analizzano i fattori interni
e d e s t e r n i c h e p o s s o n o c o m p r o m e t t e r e l ’ e q u i l i b r i o e c o n o m i c o -finanziario dell’azienda in maniera
irreparabile 70 .
Il principio della competenza economica, a differenza di quello della continuità, non si configura alla
stregua di un proto postulato, ma dipende strettamente dalla finalità assegnata al bilancio.
In generale, secondo tale criterio, gli effetti contabili di un’operazione aziendale devono essere rilevati al
momento della loro maturazione economica e non nel momento della loro manifestazione monetaria. I costi
sono imputati a conto economico sulla base della correlazione tra i costi sostenuti e la maturazione
economica degli specifici ricavi, per cui la determinazione del reddito d’esercizio e del capitale di
funzionamento deve essere fondata su una stretta correlazione tra componenti negative e positive del
reddito d’esercizio.
Esistono, tra l’altro, svariate accezioni di competenza, ciascuna frutto dello specifico ambiente economico
in cui il bilancio è chiamato a svolgere la sua funzione informativa. In Italia, ad esempio, la funzione
preminente del bilancio è quella di informare i creditori sociali circa la capacità dell’azienda di soddisfare gli
impegni assunti nei loro confronti, alle scadenze prestabilite. Di conseguenza la nozione di competenza
accolta è limitata (e non poco) dall’applicazione del principio della prudenza: i ricavi possono essere iscritti
68
In merito al grado di analisi che il management deve approntare per verificare la sussistenza della continuità, lo IAS 1, par. 24,
specifica che: «Quando l’entità ha una storia di redditività e di facile accesso alle risorse finanziarie, la conclusione che il presupposto
della continuità aziendale sia appropriato può essere raggiunta senza dettagliate analisi. In altri casi la direzione aziendale può aver
bisogno di considerare una vasta gamma di fattori, relativi alla redditività attuale ed attesa, ai piani di rimborso dei debiti e alle
potenziali fonti di finanziamento alternative, prima di ritenere che sussista il presupposto della continuità aziendale ».
69
Cfr. PIZZO M., Finalità e principi del bilancio d’esercizio, in S. AZZALI, M. ALLEGRINI, A. GAETANO, M. PIZZO, A. QUAGLI, Principi
contabili internazionali, Torino , 2006, p. 3, secondo il quale indici di continuità aziendale sono una buona redditività attuale e
prospettica e una solida posizione finanziaria, i piani di rimborso dei prestiti e le possibili fonti di finanziamento alternative.
70
Si tratta della sensitivity analysis, del metodo MonteCarlo, della scenario analysis, e dell’analisi discriminante.
39
solo al momento del loro realizzo tramite la cessione del bene o la prestazione dei servizi; i costi, invece,
possono essere iscritti anche nel caso siano soltanto presunti.
Il bilancio IASB è costruito sulla base dell’approccio patrimoniale ed è rivolto alla categoria degli investitori,
i quali sono interessati a conoscere la capacità dell’impresa di offrire rendimenti maggiori rispetto ai rischi ai
quali hanno assoggettato i propri investimenti. Simili informazioni possono essere fornite solo attraverso una
diversa nozione di competenza: i ricavi si concretano in incrementi di benefici economici futuri e possono
essere iscritti tutte le volte che tali incrementi possono essere quantificati in maniera attendibile. Di rimando,
i costi si sostanziano in decrementi di benefici economici futuri e possono essere iscritti in bilancio ogni qual
volta sono suscettibili di essere misurati in maniera attendibile.
Per meglio comprendere la portata di una simile accezione di competenza bisogna necessariamente riferirsi
al trattamento specifico (IAS 18) che lo IASB riserva ai ricavi. Essi sono definiti come incrementi di benefici
economici che si manifestano nel corso dell’ordinaria attività dell’impresa, in relazione a determinati eventi e
sotto forma di flusso lordo in entrata, o accrescimenti di attività o diminuzioni di passività e che determinano
incrementi di patrimonio netto, diversi dagli incrementi derivanti dagli apporti degli azionisti. Rientrano in
questa definizione71 tutti i ricavi derivanti da:
9
cessioni di beni
9
prestazioni di servizi e contratti pluriennali;
9
utilizzo, da parte di terzi, di beni dell’impresa che generano interessi, royalties e dividendi.
Le caratteristiche qualitative di primo livello e secondo livello
Le caratteristiche qualitative servono a specificare in maniera più chiara i contorni della finalità assegnata
al bilancio. Si tratta di particolari requisiti specifici che l’informativa di bilancio deve possedere per risultare
utile agli investitori nel loro processo decisionale.
Lo IASB distingue tra caratteristiche qualitative di primo e secondo livello. Queste ultime sono ravvisate
solo in rapporto alla significatività (rilevanza) e all’attendibilità (rappresentazione fedele, prevalenza della
sostanza sulla forma, prudenza neutralità e completezza). Di seguito le si esaminano brevemente.
C o m p r e n s i b i l i t à: è una qualità essenziale delle informazioni di bilancio che consente agli utilizzatori di
leggerle in modo chiaro e intellegibile. Tale qualità deve essere apprezzata con riferimento a utilizzatori che
possiedano un adeguato livello di conoscenza dell’economia d’azienda e della ragioneria e con un’adeguata
capacità di analizzare le informazioni di bilancio. E’ palese come il requisito della comprensibilità presenti
oggettive analogie con il principio della chiarezza. Quest’ultima attiene, soprattutto, alle caratteristiche
71
Risultano, invece, esclusi per espressa previsione dello IAS 18:
(a) contratti di locazione (vedere IAS 17, Leasing);
(b) dividendi derivanti da partecipazioni che sono contabilizzate con il metodo del patrimonio netto (vedere IAS 28, Contabilizzazione
delle partecipazioni in collegate);
(c) contratti di assicurazione delle imprese assicurative;
(d) cambiamenti del fair value (valore equo) di attività e passività finanziarie o la loro dismissione (vedere IAS 39, Strumenti finanziari:
Rilevazione e valutazione;
(e) modificazioni del valore di altre attività correnti;
(f) rilevazione iniziale e cambiamenti di fair value (valore equo) di attività biologiche connesse all'attività agricola (vedere IAS 41,
Agricoltura);
(g) rilevazione iniziale dei prodotti agricoli (vedere IAS 41, Agricoltura); e
(h) estrazione di minerali.
40
formali e strutturali del bilancio (cioè alla forma dello stato patrimoniale, del conto economico e della nota
integrativa), nonché alle modalità di rappresentazione e classificazione delle informazioni in tali documenti e
alla loro analiticità.
Significatività: è la capacità dell’informazione di bilancio di influenzare efficacemente le de cisioni
economiche degli utilizzatori nell’ambito del loro processo decisionale, vale a dire di incidere direttamente
nella specie e sulle caratteristiche della decisione economica. In questo contesto, le informazioni di bilancio
possono fare la differenza aiutando gli users a formulare previsioni relative a eventi passati, presenti e futuri,
ovvero per confermare o correggere le decisioni assunte in passato. Di conseguenza, l’informazione soddisfa
il requisito della significatività solo se è rilevante. La prima caratteristica di secondo livello è, dunque, la
x
Rilevanza, che consiste nella soglia quantitativa oltre la quale l’informazione è considerata
significativa. In mancanza di una precisa indicazione quantitativa nel Framework, la scelta della
soglia minima richiesta affinché l’informazione possa considerarsi rilevante, è rimessa alla
discrezionalità del redattore del bilancio.
E’ bene precisare, tuttavia, che la significatività dipende sia dalla rilevanza sia dalla natura dell’informazione:
in talune circostanze, è la sola qualità dell’informazione a renderla particolarmente significativa 72 , in altre,
invece, è necessario valutare anche la dimensione quantitativa del fenomeno 73 .
Attendibilità: consiste nell’assenza di errori rilevanti o di pregiudizi ed è una caratteristica indispensabile
per fornire ai lettori del bilancio una rappresentazione fedele dell’operazione considerata 74 . Mentre da tempo,
la dottrina italiana 75 pone in relazione l’attendibilità dell’informativa di bilancio con le condizioni di verid icità
delle quantità oggettive di bilancio e di credibilità delle quantità soggettivamente determinate, lo IASB ritiene
che affinché il requisito dell’attendibilità risulti pienamente soddisfatto, basta verificare che le valutazioni di
bilancio siano effettuate, applicando correttamente i principi contabili. Inoltre, al fine di evitare che, in taluni
casi, l’attendibilità possa entrare in conflitto con la significatività, ha individuato cinque caratteristiche di
secondo livello che l’informazione deve presentare per essere considerata attendibile:
x
Rappresentazione fedele: l’informazione deve rappresentare in modo fedele gli effetti delle
operazioni aziendali, applicando quanto disposto dai criteri di definizione e rilevazione presenti nel
Quadro sistematico. E’ possibile, inoltre, disattendere le disposizioni dei principi contabili
internazionali soltanto qualora la conformità ad esse risulti evidentemente in conflitto con le finalità
del bilancio.
x
Prevalenza della sostanza sulla forma: richiede al redattore del bilancio di rappresentare in bilancio
le operazioni considerate privilegiando la loro sostanza economica, piuttosto che la forma giuridica.
Tale principio viene esteso, inoltre, all’iscrizione di tutte le attività e passività, laddove si prescrive
che «un’impresa può cedere un’attività a terzi in maniera tale che dagli atti appaia che la proprietà
del bene sia stata trasferita alla controparte, nonostante ciò, possono essersi verificati fatti che
72
Si pensi all’informazione su un nuovo settore di attività che presenta un elevato grado di rischiosità. Tale informazione sarà
sicuramente significativa indipendentemente dal peso quantitativo del settore rispetto al totale delle attività svolte dall’impresa.
73
Si pensi all’informazione sul valore del magazzino suddiviso nelle principali categorie di materie prime o prodotti finiti.
74
Più precisamente, un’informazione è attendibile se si presenta “ scevra da errori e distorsioni rilevanti e quando gli utilizzatori possono
fare affidamento su di essa come presentazione attendibile di ciò che intende rappresentare e di ciò che si può ragionevolmente
ritenere che essa rappresenti”. Cit. IASB, Framework, par. 31.
75
Tra gli altri, si rinvia a FERRERO G., I complementari principi della “chiarezza”, della “verità” e della “correttezza” nella redazione del
bilancio d’esercizio, in Ricordo di Giovanni Ferrero, Milano, 1998, p. 31 e ss.
41
assicurano all’impresa di poter continuare a godere i benefici economici futuri connessi a tali attività.
In tali situazioni, la rilevazione di una vendita non rappresenterebbe fedelmente l’operazione
avvenuta» 76 . Tale principio, una volta esplicitato in linea generale nel Quadro sistematico, viene
richiamato da vari principi contabili che regolano la valutazione di specifiche operazioni 77 .
x
Neutralità: implica l’assenza di pregiudizi da parte di chi redige il bilancio. La neutralità è perseguita
tramite una rappresentazione fedele e sostanziale delle operazioni e vieta politiche di bilancio che
tendono alla determinazione di risultati di impresa in linea con obiettivi predefiniti, ovvero non
neutrali, in grado di condizionare le decisioni economiche degli utilizzatori.
x
Prudenza: è connessa all’incertezza che connota molti valori delle sintesi d’esercizio, come ad
esempio la riscossione dei crediti, la durata economica delle immobilizzazioni materiali, ecc. Il
principio della prudenza impone di effettuare le valutazioni di bilancio con un certo grado di cautela
nelle circostanze incerte, al fine di non sopravvalutare attività e ricavi, ovvero sottovalutare passività
e costi.
x
Completezza: l’informazione contabile non può essere considerata completa qualora una qualsiasi
omissione sia in grado di renderla falsa o comunque fuorviante e quindi inattendibile e priva della
qualità della significatività.
C o m p a r a b i l i t à: l’utilità dell’informativa di bilancio dipende dalla possibilità di comparare i bilanci nel tempo
e nello spazio in modo tale da giudicare l’andamento spazio -temporale della situazione reddituale,
patrimoniale e finanziaria delle imprese da confrontare. Un presupposto fondamentale per realizzare la
comparabilità è l’omogeneità dei criteri di valutazione e di rappresentazione. La comparabilità non deve
essere interpretata come rigidità dei principi contabili da adottare nel tempo e nello spazio; tale
interpretazione, infatti, impedirebbe eventuali miglioramenti dei principi contabili stessi.
3.3 Recognition e derecognition degli elementi patrimoniali e reddituali secondo la nuova
accezione di competenza economica
Come si evince dalla definizione generale contenuta nel Framework, il postulato della competenza
economica definisce le condizioni necessarie al riconoscimento della ricchezza prodotta dalla gestione
all’interno del sistema dei valori patrimoniali e reddituali di bilancio. Nell’impostazione patrimonialista del
sistema contabile IAS/IFRS, il capitale aziendale costituisce la grandezza di riferimento, mentre il reddito
viene concepito come la conseguenza delle variazioni intervenute sulle attività e passività patrimoniali. Ne
consegue che, poiché il concetto di componente reddituale scaturisce direttamente da quello di attività e
passività, la competenza economica è volta, innanzitutto, ad identificare quali incrementi/decrementi di
valore generati dalla gestione possono “cristallizzarsi” nelle grandezze delle singole attività e passività, e
contestualmente, ad individuare quali incrementi/decrementi dei valori patrimoniali trovano sintesi nei singoli
componenti positivi e negativi del reddito d’esercizio.
76
Cfr. IASB, Framework, par. 35.
IAS 8 (Criteri c ontabili, cambiamenti di stime ed errori); IAS 17 ( Leasing); IAS 27 (Bilancio consolidato e separato); IAS 31
(Partecipazioni in Joint Venture); IFRS 3 (Aggregazioni aziendali).
77
42
In altre parole, occorre prima definire le condizioni per l’iscrivibilità in bilancio degli elementi patrimoniali, e
solo in seguito, quelle delle relative componenti reddituali.
Ora, le attività sono definite come risorse controllate dall’impresa, derivanti da operazioni passate e da cui si
attendono benefici economici futuri. Il controllo non necessariamente coincide con la proprietà giuridica della
stessa. Piuttosto, esso è inteso come possibilità di fruire in via esclusiva dei benefici economici ritraibili dalla
risorsa, laddove per beneficio economico futuro si intende il “potenziale contributo, diretto o indiretto, ai
flussi finanziari e mezzi equivalenti che affluiranno all’impresa” 78 . Per esempio, un gruppo di dipendenti con
particolari competenze non può essere qualificato come asset (in tal caso immateriale) perché l’impresa non
possiede un controllo sostanziale sugli attesi benefici economici che potrebbero derivarne.
Una volta identificata, un’attività può essere iscritta in bilancio (recognition) solo se si verificano due
ulteriori condizioni:
9
è probabile che da essa affluiranno in futuro all’impresa benefici economici;
9
presenta un costo o valore misurabile attendibilmente.
Specularmente, una passività è tale se scaturisce da un’obbligazione attuale, derivante da eventi o
operazioni passate, la cui estinzione comporterà per l’impresa la rinuncia a risorse incorporanti benefici
economici.
L’iscrizione (recognition) in bilancio delle passività è subordinata al verificarsi di due ulteriori condizioni:
9
deve essere probabile che all’atto dell’estinzione si originerà un flusso in uscita di risorse incorporanti
benefici economici;
9
il deflusso futuro di risorse deve essere quantificabile in maniera attendibile.
Sia le attività che le passività, chiaramente, dovranno essere cancellate dal bilancio (derecognition), qualora
dovesse verificarsi la perdita di uno qualsiasi dei suddetti requisiti.
Una volta identificati gli elementi a cui dare ev idenza nella situazione patrimoniale, è necessario
individuare, da un lato le variazioni patrimoniali attive che determinano un accrescimento del capitale
misurato da un componente reddituale positivo (in base al principio di realizzazione) e, dall’altro le variazioni
patrimoniali passive e i corrispondenti componenti negativi di reddito, in base al principio di correlazione.
Secondo l’impostazione internazionale, tuttavia, la realizzazione dei ricavi non necessariamente coincide
col momento dello scambio del bene o della prestazione del servizio, bensì può avere luogo in diversi
momenti del ciclo di scambio (ad esempio, durante il processo di produzione, alla conclusione del processo
produttivo, al momento della vendita, all’atto dell’incasso, al termine del periodo di garanzia), purché i ricavi
siano espressione di incrementi di benefici economici futuri, derivanti dall’acquisizione di nuove attività
avvero da accrescimenti di valore di attività già esistenti o diminuzioni di passività.
Nello specifico, lo IAS 18 qualifica come ricavi i componenti positivi di reddito derivanti dalla cessione di
beni, dalla prestazione di servizi e dall’utilizzo da parte di terzi, di beni dell’impresa che generano interessi,
royalty e dividendi 79 . Si tratta, dunque, di flussi lordi di benefici economici scaturenti dallo svolgimento
78
IASB, Framework, par. 53.
Lo IASB, durante la conferenza internazionale (Milano, 24 e 25 giugno 2009), ha annunciato la pubblicazione di un nuovo standard
che sostituirà sia le previsioni dello IAS 18, sia quelle dello IAS 11. Il nuovo criterio di rilevazione dei ricavi sarà fondato sul
trasferimento effettivo dei beni e servizi all’acquirente, che non necessariamente coincide con le attività previste contrattualmente. Il
79
43
dell’attività ordinaria dell’impresa, che determinano incrementi del patrimonio netto diversi dagli incrementi
derivanti dagli apporti degli azionisti.
La loro valutazione deve essere effettuata al fair value del valore monetario spettante o ricevuto, al netto di
eventuali sconti e riduzioni (par. 11 dello IAS 18). In altre parole, il valore dei ricavi corrisponde a quanto
l’impresa si aspetta di incassare, in denaro o in mezzi equivalenti. Tuttavia, quando la corresponsione di un
corrispettivo supera i normali tempi di contrattazione ed è quindi differita 80 , il fair value può essere minore
dell’ammontare nominale dei mezzi monetari, ricevuti o spettanti 81 . In questo caso, l’accordo costituisce di
fatto un’operazione finanziaria, per cui il fair value va determinato calcolandone il valore attuale, cioè
scontando tutte le future entrate ad un tasso di interesse figurativo implicito, che corrisponde al tasso meglio
identificabile tra:
9
il tasso prevalente per uno strumento simile di un emittente con pari merito creditizio; oppure
9
un tasso di interesse che sconti il valore nominale del credito al prezzo di vendita corrente di beni e
servizi trasferiti in ipotesi di pagamento in contanti 82 .
Sostanzialmente, il ricavo sarà composto da due elementi: un ricavo in senso stretto e un interesse attivo.
Tendenzialmente, i ricavi possono essere contabilizzati solo se sussiste la probabilità che i benefici
economici associati alla transazione affluiscano all’impresa e se tali benefici, nonché i costi sostenuti, o da
sostenere, relativi all’operazione, possano essere quantificati in maniera attendibile 83 .
In particolare, per la vendita dei beni è necessario che vi sia stato anche il trasferimento effettivo in capo
all’acquirente dei rischi e dei vantaggi significativi legati alla proprietà del bene, nonché la gestione e il
controllo del bene ceduto.
La cessione dei beni può avvenire in svariate modalità, ognuna delle quali influisce sul momento
d’imputazione temporale del relativo ricavo e che possono essere così schematizzate:
trasferimento del bene, infatti, si verificherà con il passaggio del controllo, mentre con riferimento ai servizi, rileverà il momento del
ricevimento dello stesso da parte dell’acquirente.
80
Secondo l’interpretazione prevalente l’interesse implicito va rilevato solo qualora tra la data di pagamento indicata nella fattura e
quella comunemente prevista nella normale contrattazione sia intercorso un anno.
81
E’ il caso, ad esempio, di un accordo tra impresa e acquirente in base al quale l’impresa concede al cliente un credito senza interessi
ovvero accetta come corrispettivo un titolo di credito con interesse inferiore rispetto a quello di mercato.
82
Quanto affermato vale nel caso in cui il corrispettivo sia costituito da disponibilità liquide o mezzi equivalenti. Nell’ipotesi di permuta di
beni di diversa natura, invece, costituirà ricavo il fair value delle merci o dei servizi ricevuti, rettificato dell’importo d i eventuali
pagamenti in contanti o equivalenti.
83
I criteri di valutazione previsti dallo IAS 18 sono generalmente applicati distintamente a ciascuna operazione. Allo scopo di riflettere il
contenuto economico di un’unica operazione, però, può risultare o pportuno applicare i criteri di rilevazione alle parti separatamente
individuabili della stessa. Viceversa, i criteri di rilevazione sono applicati a una o più operazione nel loro complesso, quando esse sono
così strettamente legate che il risultato commerciale non può essere valutato senza fare riferimento alle operazioni come ad un unico
insieme.
44
VENDITA DI BENI
Momento di rilevazione
Condizioni/vincoli
1) Vendita con consegna
Al momento del passaggio di
- è probabile che la consegna
differita a richiesta
proprietà
sarà effettuata
dell’acquirente
- il bene è disponibile,
identificato e pronto per la
consegna
- l’acquirente conosce le
condizioni per la consegna
differita
- si applicano le consuete
condizioni di pagamento
2) Forniture di beni soggette
a condizioni :
- quando l’acquirente accetta
- installazione e collaudo
l a
c o n s e g n a
e
s i a
l’installazione, sia il collaudo
sono ultimati
- diritto alla restituzione in
capo all’acquirente
- quando l’acquirente accetta
formalmente la spedizione o
la consegna è avvenuta
- consegne in conto vendite
45
- quando l’acquirente vende i
beni a terzi
- vendite con pagamento alla
consegna
- quando la consegna è
avvenuta e il pagamento è
stato ricevuto dal venditore o
dal suo agente
3) Vendita con consegna
Al momento della consegna
differita al termine del
dei beni
pagamento rateale
I ricavi vanno rilevati quando:
- si è ricevuto un acconto
significativo
- si sia certi del buon esito
dell’operazione
- per esperienza acquisita se il
bene
è
disponibile,
identificato e pronto per la
consegna
4) Ordini per i quali i
Al momento della consegna
pagamenti sono ricevuti in
dei beni
anticipo rispetto alla
consegna dei beni, non
disponibili in magazzino
5) Accordi di vendita e di
Al momento del trasferimento
- analisi dei termini
46
riacquisto in cui vi è:
in capo all’acquirente dei
dell’accordo
rischi e dei benefici relativi
- l’impegno del venditore a
alla proprietà
- qualora, nonostante il
riacqu i s t a r e g l i s t e s s i b e n i a
trasferimento della titolarità,
una data successiva
non vi sia trasferimento dei
rischi e benefici, l’operazione
è qualificabile come accordo
- l’opzione di acquisto del
finanziario e non genera
venditore per il riacquisto
ricavi
- l’opzione di vendita
dell’acquirente per richiedere
il riacquisto dei beni dal
venditore
6) V e n d i t e a d i n t e r m e d i a r i
Quando i rischi e i benefici
Quando l’acquirente agisce di
(distributori, dettaglianti
della proprietà sono trasferiti
fatto come un agente la
ecc.) per la rivendita
vendita deve essere trattata
come le consegne in conto
vendite
7)
A b b o n a m e n t i
pubblicazioni o beni simili
a
In proporzione al periodo in
Quando il valore dei beni
cui i numeri sono distribuiti
varia da esercizio a esercizio i
qualora il valore dei beni sia
ricavi devono essere rilevati
simile in ciascun periodo di
sulla base del valore di
tempo
vendita dei beni distribuiti
ovvero in relazione al valore
di vendita stimato sul totale
di tutti i numeri inclusi
nell’abbonamento
Esaminiamo ora alcuni casi concreti.
¾
In caso di m a n d a t o s e n z a r a p p r e s e n t a n z a, l’impresa acquista beni o servizi in nome proprio ma
per conto di un’altra impresa. In base al principio della substance over form, l’operazione consiste in
un’attività di intermediazione il cui corrispettivo va rilevato a conto economico, senza tenere conto
né del costo di acquisto dei beni, né del ricavo lordo derivante dalla successiva rivendita degli stessi.
Gli importi relativi ai valori lordi vanno, infatti, rilevati tra i crediti e debiti dello stato patrimoniale.
47
¾
In caso di contratti di vendita con clausola di res t i t u z i o n e, relativi a beni strumentali, spesso il
cedente non ha trasferito i rischi e benefici connessi alla proprietà del bene in capo all’acquirente. Il
che accade di solito quando le clausole contrattuali prevedono la facoltà dell’acquirente di restit uire i
beni dopo due anni e il cedente e obbligato ad accettarla e il prezzo di riacquisto è prefissato. In
questo caso l’operazione va qualificata come affitto/noleggio di beni 84 .
¾
Nel caso in cui il prezzo di vendita di un prodotto comprende anche un valo re identificabile per
servizi da prestare successivamente (cd. r i c a v i m i s t i), l’ammontare relativo alla prestazione del
servizio deve essere differito e rilevato come ricavo nell’esercizio in cui il servizio è prestato 85 .
¾
In caso di premi riconosciuti alla c l i e n t e l a, dal ricavo complessivo va scorporata e differita la
parte riferita ai punti premio (senza anticipare i costi relativi ai premi, mediante accantonamento a
fondo come previsto, invece, dalla prassi nazionale).
I ricavi relativi alle prestazioni di servizi devono essere rilevati con riferimento allo stato di completamento
della transazione alla data di chiusura del bilancio, se attendibilmente determinabile (cd. metodo della
percentuale di completamento) 86 . Quando la prestazione include un numero indeterminato di azioni in un
certo periodo di tempo, i ricavi vanno rilevati man mano che si realizzano, a meno che vi sia una particolare
azione rilevante a tal punto da giustificarne la posticipazione.
Anche in questo caso, le previsioni contrattuali influiscono sull’imputazione temporale dei ricavi relativi alla
prestazione di servizi effettuata:
84
Ad esempio, l’impresa cede un macchinario al prezzo di 1000 e allo scadere del secondo anno è prevista una clausola di restituzione
con prezzo di riacquisto pari a 200. L’impresa, dunque, dovrà rilevare un ricavo pari a 800 (1000 -200) per competenza nei due esercizi.
Il bene rimarrà iscritto nello suo stato patrimoniale, continuando a contabilizzare le quote di ammortamento.
85
Ad esempio, quando il ricavo pari a 1000 incorpora un servizio di manutenzione per 20 da effettuare nell’anno successivo, l’importo di
20 deve essere differito e rilevato come ricavo nell’esercizio seguente. Tuttavia, qualora la prestazione del servizio sia solo eventuale
(nel caso in cui l’impresa cedente si sia assunta un obbligo di garanzia), l’impresa non deve differire il ricavo bensì accantonare un
costo, in apposito fondo nel passivo dello stato patrimoniale.
86
Questo si verifica quando: a) l’ammontare dei ricavi può essere attendibil mente valutato; b) è probabile che i benefici economici futuri
saranno fruiti dall’entità; c) i costi dell’operazione possono essere attendibilmente calcolati; d) lo stadio di completamento alla data di
chiusura dell’esercizio può essere attendibilmente de terminato.
48
PRESTAZIONI DI SERVIZI
Momento di rilevazione
Condizioni/vincoli
8 )
Con riferimento allo stadio di
Quando i b e n i s o n o v e n d u t i s e
completamento
l’installazione è strumentale
C o m p e n s i
p e r
l’installazione
alla vendita del prodotto
9) Compensi per servizi
Nell’esercizio in cui il servizio
successivi inclusi nel prezzo
è reso
del prodotto
10) Servizi di pubblicità
Quando i relativi annunci
pubblicitari s o n o t r a s m e s s i a l
pubblico
11)Commissioni per le
Alla data di decorrenza o di
Quando l’agente dovrà
agenzie di assicurazione
rinnovo della polizza
prestare ulteriori servizi nel
periodo di durata della
polizza, la commissione deve
e s s e r e d i f f e r i t a e r i l e v ata
come ricavo nell’esercizio in
cui la polizza è in vigore
12)Commissioni per servizi
In genere sono considerate
finanziari
rettifiche del rendimento
effettivo
13) Quote di iscrizione
Quando le manifestazioni
Qualora l’abbonamento
hanno luogo
includa p i ù m a n i f e s t a z i o n i , i l
compenso deve essere
ripartito nella misura in cui i
servizi sono resi in ciascuna di
esse
49
14) Compensi di istruzione
Imputati al periodo di
istruzione
15) Quote di iscrizione,
I r i c a v i d e v o n o e s s e r e r i l e v a ti
ingresso e associative
immediatamente pro rata
temporis i n f u n z i o n e d e l l a
natura dei servizi forniti
16) Compensi per lo sviluppo
Con riferimento allo stadio di
di software personalizzato
completamento dello sviluppo
compreso il completamento
dei servizi forniti per
l’assist e n z a s u c c e s s i v a a l l a
consegna
Esaminiamo, ora, alcuni casi concreti:
¾
I ricavi relativi alle c o m m i s s i o n i b a n c a r i e d i p e r f o r m a n c e, che vengono addebitate ai fondi
comuni gestiti dalla SGR, possono essere rilevati solo dopo l’effettiva chiusura del periodo cui si
riferiscono, e soltanto nel caso in cui la performance realizzata dal fondo risulti superiore al
benchmark di mercato. In altre parole, anche se la commissione matura prima dell’effettiva chiusura
dell’esercizio cui la performance si riferisce, essa può essere contabilizzata solo in presenza di
evidenze documentate e attendibili che attestino il diritto di percepire le commissioni di performance.
¾
In caso di v e n d i t e t r a m i t e i n t e r m e d i a r i, in cui il contratto preveda da un lato l’assunzione della
proprietà dei beni da parte dell’intermediario e il diritto di restituzione dopo un certo periodo,
dall’altro il differimento del pagamento del corrispettivo al momento di cessione dei beni ai terzi, il
ricavo potrà essere iscritto a conto economico solo quando i beni saranno venduti a terzi oppure allo
scadere del periodo concesso all’intermediario per la restituzione.
Infine, gli interessi attivi, le royalty e i dividendi generati dall’utilizzo dei beni dell’impresa da parte di terzi,
devono essere contabilizzati come ricavi e in particolare:
9
gli interessi attivi devono essere contabilizzati in base a un criterio temporale che tenga conto del
rendimento effettivo dell’attività a cui si riferiscono, cioè del tasso di interesse richiesto per scontare
il flusso di disponibilità liquide attese durante la vita del bene per uguagliare il valore iniziale iscritto
9
per lo stesso;
le royalty devono essere rilevate in base al principio di competenza, secondo quanto previsto dal
contenuto del relativo contratto, a meno che sia più appropriato rilevare i ricavi adottando un altro
criterio sistematico e razionale;
50
9
i dividendi vanno contabilizzati quando è certo il diritto degli azionisti a ricevere il pagamento.
INTERESSI, ROYALTIES E
Momento di rilevazio n e
Condizioni/vincoli
Devono essere normalmente
Quando il compenso è relativo
rilevati secondo quanto
a un contratto, il ricavo deve
previsto dal contenuto
essere immediatamente
dell’accordo, ma per praticità
rilevato in quanto in sostanza
frequentemente vengono
si tratta di una vendita (es.
ripartiti p r o r a t a t e m p o r i s
accordo di licenza per
DIVIDENDI
17) Licenze e royalty
l’utilizzo di un software)
I costi e i ricavi devono essere rilevati simultaneamente. Tuttavia, qualora i costi relativi ad un certo
ricavo non possano essere attendibilmente determinati, l’eventuale corrispettivo già ricevuto per la vendita,
deve essere rilevato come una passività. Allo stesso modo, quando sussiste incertezza sulla recuperabilità di
un valore già compreso nei ricavi, tale valore deve essere immediatamente rilevato come costo, anziché
come rettifica del ricavo originariamente rilevato. Infine, la recognition dei ricavi deve essere rinviata tutte le
volte che sussiste incertezza sulla loro determinazione.
Le disposizioni contabili internazionali sulla rilevazione dei ricavi spiegano i propri effetti, non solo
relativamente al bilancio, ma anche e soprattutto a livello fiscale. In particolare, i nuovi criteri di imputazione
temporale avranno importanti ripercussioni sulla de terminazione del reddito imponibile dei soggetti IAS
adopter.
3.4 Il principio della substance over form da principio generale a criterio di valutazione
specifico: il leasing finanziario
La prevalenza della sostanza sulla forma è uno dei principi cardine su cui si basa la disciplina del bilancio
IAS, tant’è vero che esso è richiamato, innanzitutto, dal Framework che in maniera esplicita sottolinea che in
tutti quei casi in cui «non esiste una perfetta coincidenza tra l’aspetto sostanziale e quello giuridico-formale
di un’operazione, la sostanza economica, piuttosto che la forma giuridica dell’operazione, rappresenta
l’elemento prevalente per la contabilizzazione, valutazione ed esposizione in bilancio».
Il principio in parola è stato parzialmente accolto nel nostro ordinamento giuridico, mediante il D. lgs. n.
6/2003 che, nel modificare l’art. 2423 bis, comma 1, stabilisce che la valutazione delle voci di bilancio, oltre a
dover essere effettuata secondo prudenza e nella prospettiva di continuazione dell’attività, deve anche tener
conto della funzione economica dell’elemento dell’attivo o del passivo considerato 87 . Tuttavia, la formula
87
Tuttavia, già nel 1994, il principio della substance over form, era stato formalizzato nel documento n. 11 elaborato dal CNDC-CNR,
sulla scorta di quanto prescritto al riguardo dal Framework dello IASB (par. 35).
51
utilizzata dal legislatore nell’art. 2423 bis, così come sostenuto da vari autori, sembra essere, alquanto, ibrida
e oscura 88 .
Difatti, il semplice richiamo alla “funzione economica del bene”, non sembra rispecchiare il principio in
questione nella sua forma più ampia. Tant’è vero che, è la legge stessa a prevedere i casi specifici 89 in cui
deve prevalere la sostanza economica dell’operazione. Qualora vi sia incompatibilità con le norme civilistiche
e/o fiscali90 , la contabilizzazione deve, necessariamente, fondarsi sugli aspetti formali, con l’obbligo, però, di
fornire un’informazione complementare relativa agli aspetti sostanziali. In altri casi, invece, la norma, pur
imponendo la rilevazione secondo la forma giuridica, non impedisce che la sostanza economica
dell’operazione possa essere, altrimenti, riflessa contabilmente 91 .
Lo IASB, al contrario, eleva la substance over form al rango di criterio guida per la redazione del bilancio
in generale, che quindi esplica i propri effetti in relazione, non solo alla qualificazione, ma anche al momento
dell’imputazione temporale di tutte le attività e le passività scaturenti dalle operazioni poste in essere
dall’azienda.
Come si è già avuto modo di evidenziare, infatti, il trasferimento della proprietà formale di un bene, ad
esempio, da solo non è una condizione sufficiente a che il ricavo venga imputato per competenza: la vendita,
per riflettere la sostanza dell’operazione, deve essersi concretizzata nella perdita di tutti i rischi e i benefici
connessi al bene, da parte dell’impresa cedente.
La portata generale del principio in parola trova poi svariate specificazioni nei singoli principi contabili, che
di volta in volta affrontano operazioni particolari: il leasing finanziario (IAS 17), il bilancio consolidato (IAS
27), le business combinations (IFRS 3), le joint ventures (IAS 31), i ricavi (IAS 18), ecc.
Lo IAS 17, in particolare, si occupa di disciplinare la contabilizzazione del leasing finanziario 92 , uno schema
contrattuale di derivazione anglosassone largamente diffuso nel nostro Paese, nonostante l’assenza di
un’organica disciplina giuridica in materia.
Si tratta di un contratto atipico, attraverso il quale un’impresa concede in locazione, ad un’altra, un
determinato bene strumentale (mobile o immobile) a fronte di un corrispettivo, detto canone.
Sulla base della sostanza economica dell’operazione, possono distinguersi due tipologie di leasing: il
leasing operativo (o di mero godimento) e il leasing finanziario (o traslativo).
Secondo lo IAS 17, si è in presenza di leasing finanziario qualora il contratto trasferisca, di fatto, tutti i
rischi e i benefici derivanti dalla proprietà del bene al lessee, configurandosi, quindi come una particolare
forma di finanziamento garantito, per l’acquisto di un bene, a prescindere dalla forma giuridica del contratto.
Tale situazione si concretizza in presenza di svariate condizioni, e in particolar modo quando:
9
è previsto il trasferimento della proprietà dal locatore al locatario al termine del contratto;
88
Cfr. CACCIAMANI U., Bilanci, la sostanza in primo piano. Ma la prevalenza sulla forma è indicato in modo poco chiaro, in Italia Oggi,
30 ottobre 2002.
89
E’ il caso delle operazioni di riporto dei titoli e del pronti contro termine (art. 2424 -bis, 5° c).
90
Un esempio, di cui si parlerà più approfonditamente nel prosieguo, è costituito dal leasing, riguardo al quale il legislatore ha preferito
lasciare invariata la rappresentazione in bilancio secondo il metodo patrimoniale.
91
Un esempio è costituito dal sale and leaseback , di cui è prevista la contabilizzazione della vendita e il risconto della plusvalenza.
92
Sul tema si vedano CACCIAPAGLIA L., PROTANI R., ROSSI RAGAZZI F., Il leasing finanziario: aspetti civilistici, contrattuali, contabili e
fiscali, in fasc. allegato a Il Fisco, n. 16/2005, p. 10 e ss.; DE ANGELIS L., La contabilizzazione del leasing, in Rivista dei Dottori
Commercialisti, n. 1/2009, p. 73 e ss; PISONI P., BAVA F., BUSSO D., Leasing finanziario. Passaggio agli IAS/IFRS e modifiche al Tuir, in
Il Fisco, 2/2005, p. 167 e ss. ; PIANA E., Il leasing finanziario e il leasing operativo: IAS 17, in Atti del Convegno Cesifin, del 2 aprile
2004; BAUER R., Contabilizzare il leasing dando forza allo IAS 17, in Amministrazione e finanza, 17/2002, p. 13 e ss.
52
9
è presente, per il lessee, un’opzione di acquisto del bene a un prezzo sufficientemente inferiore al
suo fair valu e
93
;
9
la durata del contratto copre la maggior parte della vita economica del bene;
9
all’inizio del leasing , il valore attuale dei pagamenti minimi dovuti equivale almeno al fair value del
bene locato;
9
utili e perdite derivanti dalle variazioni del fair value ricadono sul locatario;
9
il locatario ha la facoltà di prorogare il contratto, corrispondendo un canone inferiore a quello di
mercato.
Tendenzialmente, questa tipologia di leasing viene praticata da una banca o da una società di leasing che
acquista il bene concedendolo in locazione finanziaria all’impresa che, oltre a pagare i canoni periodici,
solitamente, si obbliga, altresì, a riscattarlo ad un prezzo commisurato al suo valore residuo. L’operazione
ripropone, difatti, il paradigma negoziale del mu tuo: la banca/società di leasing mette a disposizione
dell’impresa-cliente i mezzi necessari per entrare in possesso del bene e viene gradualmente rimborsata sulla
base di un piano di ammortamento del prestito, articolato in un certo numero di rate, idealm ente composte
da una quota capitale e da una quota interessi. La particolarità sta nel fatto che invece di concedere un
finanziamento, è la banca stessa ad acquistare il bene, per cui l’utilizzatore non risulta parte contrattuale
della compravendita conclusa con il produttore.
La rappresentazione in bilancio del leasing finanziario deve essere effettuata utilizzando il metodo
finanziario. Pertanto, per quanto riguarda il bilancio del lessee, il bene locato deve essere iscritto, tra le
immobilizzazioni, nello stato patrimoniale, al minor valore tra il fair value e il valore attuale di pagamenti
minimi, aumentato dei costi iniziali (istruttoria, pratica, ecc.).
Dal conto economico deve, inoltre, risultare l’ammortamento del bene, coerente con il criteri o d i
ammortamento degli altri beni ammortizzabili posseduti.
Specularmente, il lessor deve registrare, nello stato patrimoniale, un credito iniziale, pari al valore
attualizzato dei canoni previsti (i quali rappresentano quote di rimborso del credito, maggiorate degli
interessi) e, a conto economico, la quota di interessi attivi, di competenza dell’esercizio.
Il leasing operativo è riscontrabile, in via residuale, tutte le volte che un bene strumentale viene concesso
in locazione per un periodo di tempo relativamente breve, in genere inferiore alla durata della vita tecnicoeconomica del bene stesso. Inoltre, i rischi legati all’investimento sono a carico del concedente, che riceve in
contropartita, una remunerazione idonea a compensare anche tutti i servizi contrattualmente forniti al
locatario.
I contratti, rientranti nella categoria in oggetto, devono essere contabilizzati attraverso il metodo
patrimoniale, in virtù del quale il bene concesso in leasing rimane iscritto al costo storico, nell’attivo dello
stato patrimoniale del lessor.
Il concedente è, infatti, il reale proprietario del bene e, quindi, ne procede, periodicamente,
all’ammortamento a conto economico, registrando, contemporaneamente, fra i ricavi d’esercizio, i canoni
93
La normativa italiana, invece, affida il ruolo di clausola discriminante, fra le due tipologie di negozio, alla sola presenza dell’opzione di
riscatto, da esercitare al termine del contratto.
53
corrisposti dall’utilizzatore. Quest’ultimo, invece, non deve far altro che iscrivere i canoni dovuti al locatore
fra i costi d’esercizio, nel rispetto del principio della competenza economica.
3 . 5 I l fair value come principio di raccordo tra i principi generali e i criteri di valutazione
particolari
Il fair value viene definito dallo IASB come «il corrispettivo al quale un’attività può essere scambiata, o
una passività estinta, in una libera transazione tra parti consapevoli e disponibili» 94 .
Nonostante rappresenti la soluzione preminente, adottata in ambito internazionale, per superare i
tradizionali limiti di attendibilità e significatività del bilancio ancorato al criterio del costo storico, è singolare
osservare come, allo stato attuale, non esista ancora nel Framework un’analisi sistematica di questo criterio
di valutazione, la cui elaborazione concettuale è cristallizzata in diversi IAS/IFRS 95 . Una siffatta lacuna rende
ancor più complessa, non solo la questione definitoria, ma anche e soprattutto la deter minazione empirica
del fair value.
In prima battuta, sembra scontato identificare il fair value c o n i l mark to market, ossia con il valore
corrente di mercato. E ciò è plausibile, e tendenzialmente corretto quando l’elemento patrimoniale da
valutare gode di un mercato attivo di riferimento. Tuttavia, in alcune ipotesi peculiari questa coincidenza non
è sempre così netta e, in tal senso, la stessa locuzione impiegata «fair value» si manifesta «suscettibile di
interpretazioni e traduzioni discordanti, le cui implicazioni non si limitano al piano teorico, ma investono
anche la sfera operativa» 96 .
Il termine fair è stato, infatti, variamente inteso quale sinonimo di “corretto”, “non fuorviante”, “neutrale”,
“equo”, senza che si riuscisse a darne una definizione chiara ed esaustiva. E questo, forse, proprio in ragione
del fatto che il criterio in esame comprende una pluralità di attributi ed aspetti eterogenei, tali da poterlo
configurare come il «valore adeguato, capace cioè di esprimere, senza privilegiare particolari classi di
stakeholders ed in maniera tendenzialmente oggettiva e verificabile, il potenziale valore di un componente
del patrimonio, tenendo conto sia delle condizioni del mercato, sia delle caratteristiche specifiche del singolo
bene, nel momento e nelle condizioni assunte a riferimento per la sua valutazione» 97 .
Il fair value costituisce, perciò, un parametro “astratto”, il valore potenziale di scambio che riflette gli
specifici fattori spazio-temporali del mercato e che prescinde dalle precipue posizioni soggettive delle parti
coinvolte. In tale prospettiva, escludendo la presenza di asimmetrie informative e presupponendo che sia
verificato il requisito del regolare e continuo funzionamento gestionale, si qualifica come valore “ideale” cui
mirano le potenziali controparti che, per soddisfare le rispettive attese economiche, «agiscano in completa
autonomia…perfezionando lo scambio in condizioni normali» 98 .
94
IASB, IAS 16, par. 6.
Il fair value è, innanzitutto, utilizzato per la valutazione degli strumenti finanziari (IAS 39), nelle aggregazioni aziendali (IFRS 3), nei
pagamenti basati su azioni (IFRS 2), nell’agricoltura (IAS 41), nell’impairment test (IAS 36) e in misura minore nella contabilizzazione
delle attività materiali (IAS 16) ed immateriali (IAS 38).
96
Cfr. PIZZO M., Il fair value nel bilancio d’esercizio, Padova, 2000, p. 9.
97
Cfr PIZZO M., Fair value, op. cit., p. 10.
98
Cfr. MARCHINI P.L., Il fair value. Prospettive di applicazione, Rirea, Roma, 2004, p. 24.
95
54
Può, dunque, essere considerato come un valore “neutrale” sotto il profilo informativo, perché capace di
comunicare con l’intera platea degli interlocutori di impresa, evitando situazioni preferenziali.
Poste simili premesse, appare immediata l’incongruenza che intercorre tra il la nozione di fair value e
quella di market value, a n c h e p e rché, in varie ipotesi, esso può essere determinato con tecniche di
valutazione che prescindono dai valori di mercato.
A tal proposito, lo stesso IASB fornisce una sorta di gerarchia delle molteplici configurazioni che il fair
value può assumere: in primo luogo, coincide con il prezzo quotato, se si tratta di un'attività scambiata su
mercati organizzati (purché sufficientemente liquidi); secondariamente, si identifica con i prezzi praticati su
mercati attivi, anche non regolamentati (quando si tratta di beni fra loro comparabili); in terzo luogo,
coincide con il valore intrinseco (come nel caso degli intangibili e delle partecipazioni). E’ evidente che, in
assenza di un mercato attivo di riferimento, il ricorso a tecniche di valutazione, che comprendono non solo
l’utilizzo di recenti e ordinarie operazioni di mercato similari ma anche analisi di flussi finanziari attualizzati e
modelli di prezzamento delle opzioni, conduce ad una determinazione del fair value ben diversa dal valore
corrente di mercato. Pertanto, la sua applicazione, pur aumentando la significatività del bilancio, specie in
periodi di forte dinamismo finanziario, «accresce la soggettività dei valori dello stato patrimoniale, nonché la
volatilità dei risultati economici delle società» 99 .
Tali difficoltà e perplessità si ripropongono in maniera ancor più evidente quando si affronta la valutazione
degli strumenti finanziari, per i quali lo IASB prescrive in misura preponderante l’utilizzo del fair value.
3.5.1 Definizione e classificazione dell e attività e delle passività finanziarie
Ciò che distingue le attività e le passività finanziarie da altri assets e liabilities è proprio la loro natura
finanziaria. Più precisamente la peculiarità risiede nella loro attitudine a generare flussi finanziari
positivi/negativi in forza di un diritto/obbligo contrattuale a ricevere/consegnare denaro.
Si tratta di una categoria piuttosto ampia: vi rientrano, innanzitutto, denaro e valori cash equivalent
(disponibilità bancarie), crediti e debiti di funzionamento e, infine, tutti i componenti patrimoniali che
sottintendono la formazione immediata o differita di flussi monetari derivanti da rapporti bilaterali di tipo
contrattuale.
Lo IAS 32 definisce, difatti, come s t r u m e n t o f i n a n z i a r i o «qualsiasi contratto che dia origine a un’attività
finanziaria per una entità e a una passività finanziaria o a uno strumento rappresentativo di capitale per
un’altra entità» 100 .
Per a t t i v i t à f i n a n z i a r i a si intende qualunque attività che consista in disponibilità liquide, rappresent i uno
strumento rappresentativo di capitale di un’altra entità e preveda un diritto contrattuale a :
9
ricevere disponibilità liquide o altre attività finanziarie;
9
scambiare strumenti finanziari a condizioni potenzialmente favorevoli, indipendentemente dalla
natura del corrispettivo 101 .
99
Cfr. DEZZANI F., Gli Ias e la loro applicazione in Italia, in Atti del Convegno di Paestum su “Le rivoluzioni contabili di inizio millennio”
del 14 maggio 2005, p. 109. Sulla stessa linea di pensiero si pone il CNDC -CNR secondo il quale “in relazione alla variabilità del fair
value, il risultato economico e il valore nel suo complesso del patrimonio aziendale, assumono una volatilità che prima non si riscontrava
nei bilanci redatti con i criteri tradizionali, basati sul costo storico ”, in Le informazioni sul fair value degli strumenti finanziari e sulla
gestione dei rischi finanziari, febbraio 2005, consultabile sul sito www.cndc.it/CMS/home/jsp/cndc.jsp.
100
IASB, IAS 32, par. 11.
55
P e r p a s s i v i t à f i n a n z i a r i a, invece, si intende una qualsiasi passività che preveda un’obbligazione
contrattuale a:
9
consegnare disponibilità liquide o altre attività finanziarie;
9
scambiare strumenti finanziari a condizioni potenzialmente sfavorevoli;
e che identifichi un contratto estinguibile mediante la consegna di strumenti rappresentativi del capitale
dell’impresa stessa 102 .
P e r s t r u m e n t o r a p p r e s e n t a t i v o d i c a p i t a l e, infine, si considera qualunque contratto che comporti
l’assegnazione pro quota di ciò che residua delle attività dell’impresa, una volta estinte tutte le passività.
Emerge, dunque, una definizione assai ampia di strumento finanziario idonea ad includere crediti, debiti di
funzionamento e di finanziamento, titoli obbligazionari, azioni ed altre tipologie di obbligazioni emesse,
contratti derivati creditizi e finanziari. Sono espressamente escluse, invece, le partecipazioni di controllo e di
collegamento, che rientrano rispettivamente nel campo di applicazione dello IAS 27 (Partecipazioni di
controllo), IAS 28 (Partecipazioni di collegamento) e IAS 31 (Joint venture e partecipazioni a controllo
congiunto).
La classificazione degli strumenti finanziari, invece, è contenuta nello IAS 39 che sostanzialmente distingue
le attività finanziarie in:
9
f a i r v a l u e t h r o u g h p r o f i t o r l o s s (FVTPL:strumenti finanziari al fair value rilevato a conto
economico). Si tratta, in larga parte, degli investimenti detenuti a scopo di negoziazione (cd. held for
trading-HFT)103 , nonché degli strumenti per i quali l’impresa decide di esercitare la fair value
option1 0 4;
9
held to maturity (HTM: investimenti detenuti sino a scadenza). Si tratta delle attività finanziarie
con pagamenti determinati o determinabili nell’ammontare e nella data di realizzo, per le quali
l’azienda possa dimostrare effettivamente l’intenzione e la capacità a mantenerle nel patrimonio
aziendale sino a scadenza105 ;
101
Oltre alle disponibilità di denaro e cash equivalent e ai crediti commerciali vi rientrano anche gli interessi attivi, le partecipazioni
societarie, i titoli obbligazionari sottoscritti, i finanziamenti concessi, nonché gli strumenti derivati attivi.
102
Rientrano, dunque, fra le passività finanziarie i debiti commerciali, gli interessi passivi, i finanziamenti ottenuti, gli strumenti derivati
passivi, le azioni privilegiate redimibili e le obbligazioni convertibili in via diretta.
103
E’ utile ricordare che un ’attività è considerata detenuta a scopo di negoziazione sia quando essa sia acquistata con l’evidente
intenzione di un suo imminente smobilizzo, sia quando rientra in un portafoglio di gestione congiunta, caratterizzato da una strategia
transattiva di breve periodo.
104
Per esercitare la fair value option l’impresa deve dimostrare alternativamente:
9
che la valutazione al fair value di alcune attività/passività finanziarie migliora l’informativa di bilancio, eliminando o riducendo
in modo significativo la cd. asimmetria contabile (accounting mismatch);
9
che le attività/passività finanziarie appartengono a un gruppo di strumenti finanziari gestiti in maniera omogenea e le cui
performance sono valutate al fair value;
9
che si è in presenza di uno strumento, contenente un derivato implicito, che non modifica significativamente i relativi flussi di
cassa e per il quale la separazione del derivato incorporato è chiaramente non consentita.
105
L’intenzione e la capacità di mantenimento sino a scadenza di un’attività finanz iaria è individuata dallo IAS 39 solo in via residuale
quando:
9
l’impresa vuole detenere lo strumento finanziario per un periodo di tempo non definito;
9
l’impresa prevede di dismettere lo strumento finanziario al verificarsi di certi eventi (variazioni nei t assi d’interesse o nei rischi
di mercato, variazioni nel rischio di cambio, opportunità alternative d’investimento, necessità di liquidità, variazioni nelle fonti e nelle
condizioni di finanziamento);
9
l’emittente ha diritto ad estinguere anticipatamente lo strumento per un importo anche significativamente inferiore al suo
valore contabile.
56
9
l o a n s a n d r e c e i v a b l e s (L&R: finanziamenti e crediti). Si tratta delle attività finanziarie
caratterizzate da pagamenti fissi o determinabili, non quotate in un mercato di riferimento attivo, e
che non siano state classificate, in sede di prima rilevazione, in un’altra categoria;
9
available for sale (AFS: attività finanziarie disponibili per la vendita). Si tratta di una categoria
residuale, in cui devono essere incluse tutte le attività finanziarie che non presentano i requisiti
richiesti dalle altre classi come, ad esempio, gli strumenti finanziari atipici ovvero gli investimenti
durevoli in strumenti di capitale di altre società.
Le passività finanziarie sono distinte in due categorie:
9
passività finanziarie al fair value rilevato a conto economico (FVTPL). Si tratta per lo più
delle passività detenute a scopo di negoziazione, tipiche degli intermediari finanziari, e degli
strumenti derivati con valore negativo106 ;
9
altre passività. Vi rientrano tutte le altre obbligazioni finanziarie e cioè debiti commerciali e debiti
di finanziamento.
Sono espressamente escluse dall’ambito di applicazione dello IAS 39 le operazioni di leasing finanziario
(IAS 17) e le attività/passività fiscali (IAS 12).
3.5.2 Recognition, valutazioni di periodo e derecognition degli strumenti finanziari
La rilevazione iniziale deve avvenire quando l’impresa diviene parte nelle condizioni contrattuali che regolano
lo strumento finanziario. In generale, per gli strumenti quotati cd. regular way107 la rilevazione iniziale
coincide con la data della stipulazione del contratto (trade date) oppure successivamente con la data del
regolamento (settlement date).
Indipendentemente dalla categoria di classificazione, tutte le attività e passività finanziarie devono essere
iscritte al fair value, comprensivo degli oneri e dei proventi direttamente attribuibili alla transazione. L’unica
eccezione a tale regola è costituita dagli strumenti finanziari valutati al fair value con iscrizione delle relative
variazioni a CE: in questo caso, infatti, i costi di transazione non possono essere inclusi nel valore
d’iscrizione, per cui non si computano nel valore iniziale degli strumenti derivati108 .
Generalmente il fair value iniziale coincide con il corrispettivo pagato o ricevuto. Tuttavia, possono esserci
situazioni in cui la transazione si conclude a condizioni diverse da quelle di mercato ovvero strumenti per i
quali non esiste un mercato sufficientemente liquido. In questi casi, il fair value deve essere stimato
attualizzando i flussi finanziari futuri che si presume possano scaturire dallo strumento stesso, utilizzando un
tasso corrente riscontrabile sul mercato per strumenti finanziari similari. L’eventuale differenza tra il prezzo
106
I contratti derivati (forward, swaps, future, opzioni, ecc.), quindi, devono sempre essere iscritti in bilancio. Si tratta di strumenti
finanziari che presentano tre caratteristiche peculiari:
1.
il loro valore cambia con riferimento alle variazioni di valore di un “sottostante” (tasso di interesse, indice di borsa, prezzo di
un titolo, tasso di cambio);
2.
richiedono un investimento iniziale nullo, o comunque molto basso;
3.
si regolano sempre a data fattura.
107
Si tratta degli strumenti finanziari scambiati nei mercati regolamentati e per i quali i regolamenti di borsa prevedono la consegna
delle attività/passività oggetto di negoziazione entro un periodo di tempo prestabilito dalla normativa o dalla prassi di mercato.
108
Cfr., IAS 39, par. 43.
57
pagato/ricevuto e il fair value così determinato, darà origine a un utile/perdita da rilevare a conto economico
(day one losses e day one profits).
La valutazione successiva degli strumenti finanziari utilizza il criterio del fair value oppure il criterio del costo
ammortizzato, a seconda della categoria di classificazione. In particolare:
CATEGORIA
CRITERIO DI VALUTAZIONE
FVTPL (attività)
f a i r v a l u e con imputazione delle variazioni a CE
AFS
f a ir v a l u e con imputazione delle variazioni a PN
HTM
costo ammortizzato
L&R
costo ammortizzato/costo storico (per i titoli di capitale il cui f a i r v a l u e non
è determinabile)
FVTPL
f a i r v a l u e con imputazione delle variazioni a CE
(passività)
Altre passività
costo ammortizzato
Attività/passività finanziarie valutate al fair value
Per gli strumenti FVTPL (attività e passività) le differenze valutative devono essere rilevate a CE,
influenzando la formazione del reddito di periodo. Si tratta di componenti reddituali non realizzati derivanti
dalla fluttuazione di periodo del valore dello strumento finanziario.
Per le attività AFS le differenze valutative devono essere rilevate in un’apposita riserva del netto e
pertanto, tendenzialmente, influenzeranno la dinamica reddituale solo in caso dei cancellazione dello
strumento, momento in cui la riserva eventualmente costituita parteciperà alla formazione del reddito
d’esercizio. Tuttavia, qualora “sussistano evidenze obiettive che l’attività abbia subito una riduzione di valore,
la perdita cumulativa che è stata rilevata direttamente nel patrimonio netto deve essere stornata e rilevata a
conto economico anche se l’attività finanziaria non è stata ceduta o eliminata”109 . Ciò significa che, qualora in
109
Cfr. IAS 39, par. 67. Si rammenta, inoltre, che questa eventualità è prevista specificatamente nel caso di riduzione significativa o
prolungata del fair value di un investimento in uno str umento rappresentativo di capitale al di sotto del suo costo. L’espressione
“riduzione significativa o prolungata del fair value” ha creato numerose incertezze interpretative, specie con riguardo alla individuazione
di soglie quantitative idonee a sostanziare i concetti di “significatività” e di “durevolezza” della perdita di valore. A tal proposito nel luglio
2009, l’IFRIC (International Financial Reporting Interpretations Commitee) è intervenuto per chiarire che:
58
sede di impairment, il fair value dell’attività AFS risulti inferiore al suo valore contabile, l’impresa dovrà
necessariamente imputare integralmente a conto economico la riserva negativa del patrimonio netto.
In ogni caso, sia per gli strumenti FTPVL, sia per le attività AFS, il fair value deve essere calcolato senza
dedurre i costi direttamente riconducibili alla cessione o dismissione, per tale ragione il valore di fine
esercizio non corrisponde al corrispettivo netto che l’impresa prevede di realizzare mediante la cessione dello
strumento finanziario.
Come accennato in precedenza, lo IAS 39 stabilisce che, per tutti gli strumenti finanziari quotati in mercati
attivi, il fair value coincide tendenzialmente con il prezzo quotato, mentre in tutti gli altri si rende necessario
il ricorso a tecniche valutative. Tuttavia, è bene precisare che non necessariamente un mercato
regolamentato presenta tutte le caratteristiche che il concetto di mercato attivo presuppone (ad esempio, un
elevato volume di scambi 110 , il numero degli operatori, la frequenza di aggiornamento dei prezzi, ecc) , così
come esistono mercati non regolamentati che, invece, sono ampi e sufficientemente liquidi da poter essere
considerati a pieno titolo mercati attivi.
Per quanto riguarda, poi, le tecniche valutative prescritte per la determinazione del fair value di strumenti
per i quali non esiste un mercato attivo, lo IAS 39 fa riferimento al ricorso a transazioni recenti relative a
strumenti similari, se disponibili, oppure a modelli quantitativi 111 ampiamente diffusi.
Attività/passività finanziarie valutate al costo ammortizzato
Gli strumenti classificati nelle categorie HTM, L&R e altre passività vanno invece valutati al costo
a m m o r t i z z a t o. Esso è definito come il valore a cui lo strumento è stato rilevato in sede di iscrizione iniziale,
al netto di eventuali rimborsi di capitale, aumentato o diminuito dell’ammortamento di qualsiasi differenza tra
il valore iniziale e il valore a scadenza, nonché al netto di qualsiasi svalutazione effettuata per u n
deterioramento di valore o per inesigibilità.
La costruzione del piano di ammortamento si basa sul metodo dell’interesse effettivo che,
sostanzialmente permette la ripartizione degli interessi attivi/passivi e dei costi/ricavi di transazione lungo
tutto il periodo di durata dello strumento finanziario. L’interesse effettivo, infatti, corrisponde al tasso che
consente di eguagliare il valore attuale di tutti i flussi finanziari positivi e negativi connessi al possesso dello
strumento, al valore di iscrizione iniziale dello stesso.
¾
lo IAS 39 non richiede la contemporanea presenza di entrambi i criteri., per cui è sufficiente il verificarsi di una perdita di
valore significativa o prolungata per procedere alla svalutazione dell’attività finanziaria;
¾
lo IAS 39 afferma che una diminuzione significativa o prolungata di fair valu e d i u n i n v e s t i m e n t o i n u n o s t r u m e n t o
rappresentativo di capitale inferiore al suo costo costituisce un'evidenza obiettiva di riduzione di valore, per cui sussiste l’obbligo di
registrare una svalutazione nel conto economico;
¾
la circostanza che la riduzion e di valore di uno strumento di capitale AFS sia in linea con la riduzione delle quotazioni
osservate sul mercato di riferimento non consente alla società di concludere che l’investimento non è deteriorato;
¾
l’esistenza di un “significativo o prolungato cal o nei prezzi di mercato” non può essere superata dall’attesa di un recupero dei
valori di mercato, indipendentemente dal tempo necessario. L'IFRIC ha concluso che in questi casi la previsione di una possibile ripresa
non è rilevante ai fini della valutazione della “significatività” e della “durevolezza”.
110
Si pensi alla Borsa del Lussemburgo, nella quale i prezzi quotati dei titoli vengono riproposti anche in assenza di scambi.
111
Per gli strumenti di capitale, di solito, si procede all’attualizzazione dei flussi di cassa attesi (dividendi e valore finale delle azioni) sulla
base del costo medio ponderato del capitale (W) che, a sua volta, viene determinato ricorrendo al modello del Capital Asset Pricing
Model (CAPM). In alternativa, si utilizzano modelli di stima basati sui multipli di mercato, che però scontano un maggiore grado di
soggettività. Per i crediti a medio/lungo termine, la prassi consolidata è quella di ricorrere all’attualizzazione dei flussi di cassa attesi,
che tenga conto del rischio di tasso e del rischio di credito. Infine, per gli strumenti derivati, le tecniche di valutazione maggiormente
diffuse sono costituite dal modello Black & Scholes e dal metodo Montecarlo.
59
Nel caso di attività finanziarie, esso viene anche detto t a s s o i n t e r n o d i r e n d i m e n t o e misura il
rendimento netto dei capitali investiti con lo strumento finanziario. Nel caso di passività finanziarie, invece,
viene detto t a s s o i n t e r n o d i c o s t o e misura il costo complessivo dei capitali acquisiti con lo strumento
finanziario.
Il calcolo del tasso di interesse effettivo deve comprendere tutte le componenti economiche pagate o
ricevute che sono parte integrante dello stesso, i costi di transazione, e tutti gli altri premi o sconti.
La determinazione del costo ammortizzato, inoltre, varia a seconda che gli strumenti finanziari considerati
siano a tasso fisso ovvero a tasso variabile. In questo ultimo caso, si distingue a ncora a seconda che la
variabilità del tasso sia nota (tasso fisso per fasce temporali) o meno, a priori.
Per gli strumenti finanziari a tasso fisso o a tasso fisso per fasce temporali (con il tasso che varia dopo un
certo periodo in modo fisso), i flussi futuri di cassa devono essere quantificati in base al tasso di interesse
noto (unico o variabile) durante la vita dello strumento 112 .
Per gli strumenti a tasso variabile, la cui variabilità non è nota a priori (ad esempio perché legata ad un
indice), è necessario procedere alla rideterminazione del tasso effettivo ad ogni data di riprezzamento del
tasso.
Tavola n. 7: Calcolo del tasso di interesse effettivo per strumenti finanziari a tasso fisso
La banca X eroga un prestito di 40000 euro nel corso dell’esercizio 2005. Il prestito ha una durata di 10 anni
e prevede:
- tasso di interesse fisso: 11%
- commissioni passive: 2000
Il tasso di interesse effettivo si calcola:
42000 = [4400 × (1 + i)ˉ ¹ ] + [4400 × (1 + i)ˉ ² ] + … + [44400 × (1 + i)ˉ ¹º]
ANNO
FLUSSI DI CASSA
con i = 10,18%
VALORE ATTUALE
10, 18%
2005
- 40.000
-
2006
4.400
3.994
2007
4.400
3.625
2008
4.400
3.290
2009
4.400
2.986
112
Lo IAS 39 prevede, inoltre, che uno strumento finanziario a tasso fisso pe r intervalli temporali noti a priori, richiede il calcolo del costo
ammortizzato anche in assenza di costi e proventi di transazione, in quanto il relativo tasso effettivo è pari ad una media finanziaria di
quelli applicabili negli intervalli temporali ed è, quindi, diverso dal tasso nominale.
Affinché ciò sia possibile, ovviamente, sarà necessario conoscere, a priori, i valori che il tasso di interesse assumerà nel corso degli
intervalli temporali.
60
2010
4.400
2.710
2011
4.400
2.460
2012
4.400
2.232
2013
4.400
2.026
2014
4.400
1.839
2015
44.400
16.842
Totale
42.000
Tavola n. 8: Calcolo del tasso di interesse effettivo per strumenti finanziari a tasso variabile
La banca X eroga un prestito di 40000 euro nel corso dell’esercizio 2005. Il prestito ha una durata di 10 anni
e prevede:
- tasso di interesse variabile: EURIBOR 3 mesi + 3%
- commissioni passive: 2000
Il valore corrente anno 2006 dell’EURIBOR 3 mesi è del 2%
Il valore corrente anno 2007 dell’EURIBOR 3 mesi è del 2,5%
Anno 2006
I flussi di cassa si calcolano:
40.000 × (2% × 7%) = 3.600
Il tasso di interesse effettivo si calcola:
42000 = [3.600 × (1 + i)ˉ ¹ ] + [3.600 × (1 + i)ˉ ² ] + … + [43.600 × (1 + i)ˉ ¹º]
ANNO
FLUSSI DI CASSA
con i = 8,24%
VALORE ATTUALE
8,24%
2005
- 40.000
-
2006
3.600
3.326
2007
3.600
3.073
2008
3.600
3.839
2009
3.600
2.623
2010
3.600
2.423
61
2011
3.600
2.239
2012
3.600
2.068
2013
3.600
1.911
2014
3.600
1.765
2015
43.600
19.752
Totale
42.000
Anno 2007
I flussi di cassa si calcolano:
40.000 × (2,5% × 7%) = 3.600
Il tasso di interesse effettivo si calcola:
42000 = [3.800 × (1 + i)ˉ ¹ ] + [3.800 × (1 + i)ˉ ² ] + … + [43.800 × (1 + i)ˉ ¹º]
ANNO
FLUSSI DI CASSA
con i = 8,24%
VALORE ATTUALE
8,24%
2005
- 40.000
-
2006
-
-
2007
3.800
3.497
2008
3.800
3.217
2009
3.800
2.961
2010
3.800
2.724
2011
3.800
2.507
2012
3.800
2.307
2013
3.800
2.122
2014
3.800
1.953
2015
43.800
20.713
Totale
42.000
La valutazione di uno strumento finanziario al costo ammortizzato attiene solo alla sua valorizzazione
contabile e, ovviamente, non alla gestione del rapporto con la controparte che, invece, conti n u a a
ricevere/pagare gli interessi sulla base del tasso nominale e deve comunque ricevere/rimborsare, anche in
caso di rimborso anticipato, il valore nominale dello strumento.
62
Alla data di chiusura di bilancio, l’impresa deve verificare l’esistenza di eventuali perdite di valore per
ciascuna posta valutata al costo ammortizzato e in caso positivo deve svalutare la relativa attività/passività
finanziaria, imputando un costo a CE.
Infine, la cancellazione (derecognition) di uno strumento finanziario deve avvenire quando:
9
sono scaduti o vengono trasferiti i diritti contrattuali a ricevere/pagare i flussi finanziari derivanti
dallo strumento;
9
viene trasferito lo strumento, non solo in base ad un atto formale di cessione ma in base all’effettivo
trasferimento dei rischi e dei benefici relativi allo strumento finanziario 113 .
Lo strumento finanziario può anche essere cancellato parzialmente, purché siano individuabili i flussi
finanziari autonomi che vengono separatamente negoziati. Un esempio può essere costi tuito dalla cessione
dei soli flussi di interesse generati dai titoli posseduti: in questo caso l’impresa mantiene il diritto a ricevere il
valore di rimborso a scadenza che rappresenta altresì il valore del titolo da evidenziare in bilancio.
E ancora, le cessioni di crediti mediante operazioni di cartolarizzazione o di factoring che non realizzano il
pieno e sostanziale trasferimento dei rischi dal cedente al cessionario (perché, ad esempio, il cedente rimane
esposto alle variazioni di valore degli strumenti ceduti anche dopo la vendita), obbligano l’impresa a iscrivere
tra le attività dello stato patrimoniale il controvalore degli strumenti ceduti che vanno valutati secondo le
regole della categoria di appartenenza, e ad iscrivere nel passivo i debiti verso le controparti per gli importi
dei corrispettivi incassati.
3.5.3 La riclassificazione delle attività finanziarie
Lo scorso anno è stato un periodo di profonda crisi per i mercati finanziari di tutto il mondo: la cd.
emergenza credit crunch h a m e sso in ginocchio l’economia globale, non soltanto il sistema bancario.
Nonostante le Banche Centrali siano intervenute mediante la riduzione dei tassi interbancari, al fine di
concedere temporanea liquidità al sistema bancario, il mantenimento dell’obbligo della valutazione al fair
value di alcune tipologie di attività finanziarie avrebbe comportato un notevole, per non dire catastrofico,
abbattimento del valore del portafoglio titoli delle società tutte, ma specialmente delle banche e degli
intermediari finanziari.
Per comprendere la portata del problema è utile fare un passo indietro per ricordare sinteticamente che,
nella previgente impostazione dello IAS 39, era categoricamente vietato il transito delle attività classificate
come FVTPL (tra cui i titoli held for trading - HFT) in altre categorie, successivamente al momento della
rilevazione iniziale. L’unico passaggio consentito era (ed è consentito tuttora) quello dalla categoria HTM a
quella AFS, in applicazione del principio della cd. tainting rule1 1 4, sempre che ne ricorressero le condizioni.
In altre parole, gli strumenti held for trading, in sede di recognition, entravano a far parte di una classe
sostanzialmente chiusa, non modificabile in momenti successivi, il cui valore andava periodicamen te
113
Secondo lo IAS 39 è necessario verificare che l’impresa non sia più soggetta in maniera significativa alla variabilità dei flussi
finanziari, in caso contrario la cessione formale dello strumento non è sufficiente a soddisfare il principio della substance over form.
114
La riclassificazione era consentita solo nel caso in cui le attività finanziarie appartenenti alla categoria HTM fossero alternativamente
prossime alla scadenza, siano fuori dal controllo dell’impresa e rappresentino un caso isolato, le riclassifichi si verificano
successivamente al sostanziale recupero dell’investimento iniziale.
63
rideterminato al fair value, con imputazione dei relativi plus/minusvalori a conto economico. L’osservanza di
questa regola connessa alla crisi dei mercati finanziari avrebbe causato, dunque, l’obbligo di iscrivere a conto
economico mere perdite contabili, seppur non ancora realizzate.
Pertanto, sulla scia delle forti pressioni del sistema bancario e degli organi istituzionali, lo IASB ha
revisionato il contenuto dello IAS 39 115 , concedendo la possibilità di riclassificare alcune attività finanziarie,
normalmente valutate al fair value con rilevazione a CE, in altre categorie che prevedono la valutazione al
costo ammortizzato.
Le modifiche apportate allo standard internazionale sono state omologate con una “procedura lampo” 116 : a
partire dal 1° luglio 2008, le imprese hanno la facoltà di far transitare le attività detenute a scopo di
negoziazione (HFT) dalla classe FVTPL, alternativamente, nelle categorie di Finanziamenti e crediti (L&R)
ovvero nelle attività detenute fino a scadenza (HTM) 117 . Condizione necessaria affinché si possa effettuare la
riclassificazione è la “presenza di rare circostanze”.
Appare, dunque, chiaro il riferimento alle turbolenze dei mercati che in brevissimo tempo hanno trasformato
mercati sino ad allora attivi in mercati totalmente illiquidi o in grave difficoltà 118 .
Un caso particolare, poi, è quello relativo a quelle attività finanziarie che, pur presentando fin dall’inizio le
caratteristiche previste per l’inserimento nella classe L&R, sono state comunque classificate come H TF.
Infatti, anche quest’ultima tipologia di strumenti finanziari potrà essere riqualificata come L&R, a patto che
l’impresa dimostri l’intenzione e la capacità di possederle nel prevedibile futuro o fino alla relativa
scadenza 119 .
L’attività finanziaria riclassificata deve essere iscritta nella nuova categoria al suo fair value alla data della
riclassificazione stessa che viene, dunque, a rappresentare il nuovo costo ammortizzato dello strumento.
Le nuove regole non si applicano né agli strumenti derivati, né agli strumenti per i quali è stata esercitata
la fair value option in sede di prima iscrizione e possono essere così sintetizzate:
115
Per un disamina organica della revisione dello IAS 39 si rinvia a CORONELLA S., La recente revisione dello IAS 39 e dell’IFRS 7 ad
opera del Regolamento europeo n. 1004/2008. Considerazioni e critiche, in Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia Aziendale,
novembre-dicembre 2008, p. 695-708; VIGANO’ E., La “sospensione” del fair value. Minata l’autonomia della Ragioneria o strumento
macroeconomico?, in Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia Aziendale, maggio-giugno, 2009, p. 267-277.
116
Il 10 ottobre 2008 a Parigi si è svolto il G8 e il giorno successivo i rappresentanti dei 15 Paesi aderenti alla zona euro si sono riuniti
per delineare le linee guida comuni per permettere la sopravvivenza del settore bancario alla crisi finanziaria che ha messo in ginocchio
il mercato globale mondiale. A distanza di soli due giorni, lo IASB ha emanato il documento di revisione dello IAS 39 e dell’IFRS 7,
approvato dalla Commissione Europea con Reg. (CE) n. 1004/2008, il 15 otto bre 2008.
117
Si tratta, pertanto, dei soli titoli obbligazionari, in quanto le azioni non presentano i requisiti per essere iscritti nelle categorie L&R e
HTM.
118
A parere di chi scrive appare, peraltro, condivisibile l’autorevole opinione secondo la quale “ introdurre il fair value e poi
“sospenderlo”, perché le circostanze esterne non son più convenienti, “mina alla base” il carattere scientifico dell’accounting e lo pone a
rango di una semplice disciplina senza difesa” e aggiunge “vorrebbe dire che quando i valori di mercato salgono, il mercato è liquido e
quindi si adotta il Fair Value. Quando scendono il mercato diventa illiquido e quindi il criterio di valutazione va cambiato adattandolo al
nuovo andamento…assoluta incoerenza di ragionamenti e comportamen ti pratici”. Cfr. VIGANO’ E., “Sospensione” del fair value, op. cit.,
p. 272-273.
119
IASB, IAS 39, par. 50D.
64
DA
A
CONDIZIONI
EFFETTI
HFT
HTM
- rare circostanze
- l’attività viene iscritta al fair value alla data di
riclassificazione. Questo valore diviene il nuovo
costo ammortizzato e gli utili/perdite già rilevati a
CE non devono essere ripristinati
- rispetto dei requisiti della
classe HTM
HFT
L&R
- rare circostanze
- l’attivit à v i e n e i s c r i t t a a l f a i r v a l u e a l l a d a t a d i
riclassificazione. Questo valore diviene il nuovo
costo ammortizzato e gli utili/perdite già rilevati a
CE non devono essere ripristinati
- rispetto dei requisiti della
classe L&R
HFT
L&R
- anche in sede di prima
- l’attività viene iscritta al fair value alla data di
iscrizione l’attività finanziaria
riclassificazione. Questo valore diviene il nuovo
soddisfaceva i requisiti della
c o s t o a m m o rtizzato e gli utili/perdite già rilevati a
classe L&R
CE non devono essere ripristinati
- intenzione e capacità di
detenere l’attività finanziaria
nel prevedibile futuro o sino
alla scadenza
AFS
L&R
- anche in sede di prima
- l’attività viene iscritta al fair value alla data di
iscrizione l’attività finanziaria
riclassificazione. Questo valore diviene il nuovo
soddisfaceva i requisiti della
costo ammortizzato
classe L&R
65
- gli eventuali utili/perdite precedentemente
sospesi nella riserva AFS relativi a strumenti con
- intenzione e capacità di
detenere l’attività finanziaria
scadenza prefissata sono ammortizzati per tutta la
durata dell’investimento
nel prevedibile futuro o sino
alla scadenza
- gli eventuali utili/perdite precedentemente
sospesi nella riserva AFS relativi a strumenti senza
scadenza prefissata restano sospesi nella riserva
fino al momento della vendi ta o dell’estinzione
dell’attività finanziaria
AFS
HTM
- principio della cd. tainting
era già consentito
rule
In ogni caso, una volta iscritti gli strumenti finanziari nelle categorie che prevedono la valutazione al costo
ammortizzato, gli stessi andranno periodicamente soggetti alla procedura di impairment, con la evidente
conseguenza che, nell’ipotesi in cui le condizioni dei mercati non dovessero migliorare, si renderà comunque
necessario evidenziare in bilancio delle svalutazioni che andranno ad incidere negativamente sul risultato di
periodo.
66
Par. 4: I principi della riforma operata con la legge n. 244 del 2007 - (di Pasquale Fabbrocini)
Sommario: 4.1 Cenni al previgente regime della neutralità; 4.1.1: aspetti relativi alle imposte sul reddito ;
4.1.2: aspetti relativi all’irap; 4.2: la finanziaria per il 2008 ed il passaggio dalla neutralità alla derivazione
rafforzata; 4.2.1: aspetti relativi alle imposte sul reddito; 4.2.2: aspetti relativi all’irap; 4.3: La c.d. “deroga
generale” di cui al n ovellato art. 83 del TUIR; 4.3.1: Considerazioni generali; 4.3.2: La nozione di
qualificazione nel sistema contabile I.A.S.; 4.3.3: le classificazioni nel sistema contabile I.A.S.; 4.3.4: i
rapporti tra qualificazione e classificazione in bilancio e la lor o influenza sulle qualificazioni fiscali: la nuova
nozione di immobilizzazione finanziaria; 4.3.5: il riferimento ai criteri di imputazione temporale contenuto
n e l l a c . d . “ d e r o g a g e n e r a l e ” : d i f f e r e n z e t r a l a c o m p e t e n z a i n t e r n a e d e s t e r n a – l’esclusione delle
valutazioni/quantificazioni; 4.3.6: i riflessi del principio di derivazione rafforzata sulle norme di
valutazione/quantificazione; 4.4: Le c.d. “deroghe speciali”: loro funzione tributaria in un quadro di sistema.
4.1 Cenni al previgente regime della n e u t r a l i t à
4.1.1 aspetti relativi alle imposte sul reddito
Il Dlgs. n. 38/2005, nel coordinare i nuovi criteri di redazione del bilancio previsti dagli IAS con le disposizioni
del TUIR, aveva inteso preservare il principio della derivazione dell’utile fiscale dalle risultanze del bilancio
d’esercizio.
All’interno di tale prospettiva (che, come si dirà, è rimasta immutata), il legislatore aveva ritenuto, in una
prima fase, di assicurare la neutralità del regime contabile adottato rispetto alla determinazione del reddito
di impresa: infatti, come è stato rilevato, la preoccupazione del legislatore, prima facie, è stata quella di
evitare che il passaggio agli IAS potesse, di per sé, determinare vantaggi o svantaggi sul piano fiscale.
Più precisamente, nell’ottica del Dlgs. n. 38/2005, la neutralità fiscale si appalesava sotto due profili 120 :
1. sotto un primo profilo, essa era correlata alla neutralità fiscale della first time adoption e quindi era
relativa al momento del passaggio di un’impresa dai principi co ntabili nazionali a quelli
internazionali: questa preoccupazione rimane viva anche nella disciplina attuale, in quanto l’art.
15, c. 8, lett. b) del D.L. n. 185/2008, nel disciplinare il riallineamento fiscale delle differenze da
FTA, ne prevede l’applicazione anche per le imprese che hanno il loro FTA successivamente al
1/01/2008, ovvero, per le imprese già IAS adopter, è prevista l’applicazione delle disposizioni sul
riallineamento anche ai disallineamenti generati da variazioni dei principi IAS successivamente
all’1/01/2008 (cfr., citato art. 15, lett. a) 121 ;
2. Sotto un secondo profilo, essa si configurava come neutralità fiscale “a regime” tra due imprese
che hanno risultati economici sostanzialmente analoghi ma che adottano differenti regimi contabili
120
Per una più ampia e puntuale trattazione dei profili concernenti l’impatto degli IAS sulla neutralità fiscale nell’esercizio dell’attività
d’impresa, cfr., S. Fiorentino, in Riv. Dir. Trib., n. 2/2009 di settembre 2009.
121
In relazione alle concrete modalità di attuazione degli affrancamenti dei disallineamenti da FTA e da modifiche successive degli IAS
medesimi, si veda il decreto non regolamentare , approvato con D.M. del 30/07/2009 e la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 33 del
10/07/2009.
67
di redazione del bilancio: come si vedrà, tale profilo della neutralità è superato, con alcune
eccezioni, dal passaggio al regime della derivazione rafforzata.(si veda amplius, parag. 6) 122
I due sopradetti profili della neutralità emergono dall’esame sistemati co delle disposizioni contenute agli
articoli da 11 a 13 del Dlgs. n. 38/2005, che di seguito brevemente si analizzano, in quanto, in parte, esse
concorrono anche alla disciplina attualmente vigente.
Con riferimento al profilo della neutralità relativo alla prima adozione degli IAS, il Dlgs. n. 38/2005 ha
stabilito che il ripristino e l'eliminazione nell'attivo patrimoniale di costi già imputati al conto economico di
precedenti esercizi e di quelli iscritti e non più capitalizzabili secondo i principi co ntabili internazionali non
rilevano ai fini della determinazione del reddito d’impresa.
Ancora, sempre in sede di prima applicazione dei principi contabili internazionali, è stato previsto che
l'eliminazione nel passivo dello Stato Patrimoniale di fondi di accantonamento considerati dedotti ai sensi
degli artt. 115, comma 11, 128 e 141 del TUIR, non rileva ai fini della determinazione del reddito imponibile
(art. 13, commi 5 e 6, del Dlgs. n. 38/2005).
Riguardo al secondo dei sopradetti profili della neutralità, occorre, innanzitutto, evidenziare, che per effetto
delle suddette disposizioni sono state integrate e modificate le seguenti norme del TUIR:
- art. 83 - Determinazione del reddito complessivo;
- art. 102 - Ammortamento dei beni materiali;
- art. 108 - Spese relative a più esercizi;
- art. 109 - Norme generali componenti del reddito d'impresa;
- art. 110 - Norme generali sulle valutazioni;
- art. 112 - Operazioni fuori bilancio.
Da tale mutato quadro normativo emerge che il fulcro del previgente regime della neutralità era costituito
dalle integrazioni inserite agli artt. 83 e 109, c. 4 del TUIR,
In particolare, l’art. 11, c. 1, lett. a) del Dlgs. n. 38/2005, aveva modificato l’art. 83,comma 1, del Tuir nel
senso che la determinazione del reddito imponibile dovesse essere effettuata apportando le variazioni in
aumento o diminuzione, previste dalle disposizioni vigenti, “all’utile o alla perdita risultante dal conto
economico aumentato o diminuito dei componenti che per effetto dei princ ipi contabili internazionali sono
imputati direttamente a patrimonio”.
La successiva lettera d) della medesima disposizione ha modificato, inoltre, l’art. 109, comma 4, del Tuir
stabilendo che: “Si considerano imputati a conto economico i componenti imputati direttamente a
patrimonio per effetto dei principi contabili internazionali”.
Come detto, partendo da una prevalente finalità di neutralizzazione dell’adozione degli IAS rispetto ad un
sistema di regole di determinazione del reddito che rimaneva sostanzialmente invariato, il legislatore del
122
Si ritiene utile anticipare che l’art. 3, c. 1 del D.M. n. 48 dell’1/04/2009, stabilisce che l’adozione degli IAS non può comportare
doppie imposizioni o nessuna tassazione; il comma 2 di detto articolo stabilisce che in caso di o perazioni intercorrenti tra un soggetto
IAS ed un soggetto no IAS, ciascuno applica il proprio regime fiscale; infine, il comma 3, in deroga ai precedenti, prevede che, con
riferimento ad alcune operazioni tassativamente indicate, il regime fiscale applicabile è sempre quello derivante dalla natura giuridica
dell’operazione (su tali profili, v.di amplius, parag. 6).
68
2005 ha inteso quindi mantenere, per i soggetti tenuti all’applicazione dei principi contabili internazionali, la
derivazione dell’imponibile da un parametro economico omogeneo, in termini di natura dei suoi
componenti, con quello che sarebbe scaturito secondo i principi contabili nazionali 123 .
Con la successiva previsione di equiparazione dell’imputazione a patrimonio all’imputazione a conto
economico introdotta nel comma 4 dell’art. 109, il legislatore ha semplicemente ribadito, nella specifica
disposizione ove è sancita la regola della previa imputazione dei costi e le sue deroghe, la deducibilità dei
componenti negativi imputati a patrimonio in applicazione degli IAS, ancorché non imputati a cont o
economico. Ad analogo risultato applicativo, peraltro, si poteva giungere già argomentando ai sensi della già
esaminata modifica apportata all’art. 83.
Proseguendo in questa breve disamina delle modifiche apportate al TUIR dall’art. 11 del Dlgs. n. 38/2005,
occorre evidenziare che la novella dell’art. 108, c. 3, ha avuto la funzione di coordinare gli effetti che
l'adozione dei principi contabili internazionali avrebbe potuto indurre sulla determinazione del reddito
d'impresa relativamente alle spese pluriennali capitalizzabili secondo i principi contabili nazionali ma non
secondo i principi contabili internazionali, prevedendo che tali spese, laddove non fossero capitalizzabili
secondo gli IAS/IFRS, potessero essere dedotte in quote costanti nell'esercizi o di sostenimento e nei quattro
successivi.
Con le modifiche apportate all’art. 110, comma 3, del TUIR, il legislatore del 2005 ha voluto raccordare le
risultanze del bilancio civilistico con il trattamento tributario delle operazioni in valuta. Si tratta d i u n a
modifica che va interpretata alla luce delle modificazioni apportate alla disciplina codicistica del bilancio di
esercizio di cui al D.Lgs. n. 6/2003 e del successivo decreto correttivo D.Lgs. 28 dicembre 2004, n. 310, che
ha previsto che «I ricavi e i proventi, i costi e gli oneri relativi ad operazioni in valuta devono essere
determinati al cambio corrente alla data nella quale la relativa operazione è compiuta» (art. 2425 bis c.c.) e
che «Le attività e le passività in valuta, ad eccezione delle immobilizzazioni, devono essere iscritte al tasso di
cambio a pronti alla data di chiusura dell'esercizio ed i relativi utili e perdite su cambi devono essere imputati
al conto economico e l'eventuale utile netto deve essere accantonato in apposita riserva non distribuibile fino
al realizzo (art. 2426, c. 8bis c.c.).
Orbene, tale disciplina codicistica di indistribuibilità non si estende ai soggetti IAS adopter, in quanto l’art. 6,
c. 1, lett. a) del Dlgs. n. 38/2005, esclude, per i soggetti IAS adopter, il divieto di distribuizione degli utili
corrispondenti ai plusvalori emergenti dalla operatività dei cambi, degli strumenti di copertura e dalla
valutazione al fair value degli strumenti finanziari detenuti per la negoziazione.
E’ utile rilevare che, in base al citato art. 2426, c. 8-bis c.c., Le immobilizzazioni materiali, immateriali e
quelle finanziarie, costituite da partecipazioni,
rilevate al costo in valuta devono essere iscritte al tasso di cambio al momento del loro acquisto o a quello
inferiore alla data di chiusura dell'esercizio se la riduzione debba giudicarsi durevole». c.c.).
Infine, l’art. 13, commi 2 e 3, del Dlgs. n. 38/2005, ha previsto la disciplina fiscale relativa al cambiamento di
criterio di valutazione delle rimanenze di magazzino.
123
Per una più ampia trattazione degli aspetti richiamati nel test o, cfr., D. Muratori, “Profili tributari dei componenti imputati
direttamente a patrimonio netto secondo gli IAS/IFRS”, in Ras. Trib. N. 5 di settembre -ottobre 2008, pagg. 1353 e ss..
69
Infatti, l’art. 92, commi 2 e 3 del TUIR prevede, quali criteri per la valutazione fiscale delle rimanenze di
magazzino, i metodi del lifo (a scatti annuali e varianti dello stesso), del FIFO e del costo medio ponderato.
Diversamente, lo IAS 2, Inventories, prevede anzitutto che il valore delle rimanenze debba essere
determinato al minore tra il costo e il valore netto realizzabile, ed inoltre che:
- il costo delle rimanenze debba comprendere tutti i costi di acquisto, i costi di trasformazione e gli altr i costi
sostenuti per portare le rimanenze nel luogo
e nelle condizioni attuali;
- il costo delle rimanenze debba essere determinato adottando il metodo FIFO
(first-in, first-out) o i metodi del costo medio ponderato.
Il legislatore nazionale ha previsto (art. 2426, n. 10) che il costo dei beni fungibili può essere calcolato con il
metodo della media ponderata o con quelli «primo entrato, primo uscito» o «ultimo entrato, primo uscito»
mentre, come detto, i principi contabili internazionali prendono in con siderazione come criteri di
valorizzazione solo il metodo FIFO e il metodo del costo medio ponderato.
Il passaggio dal metodo LIFO (last -in, last-out) ad uno dei metodi previsti dai principi contabili
internazionali, implicando, in un contesto di prezzi crescenti, una rivalutazione del magazzino) potrebbe
determinare l'emersione di componenti di reddito imponibili (c.d. «riserva LIFO»): al fine di evitare
l’emersione di tali plusvalori, l’art. 13, c. 2, consente alle imprese in fase di FTA (previa opzione irrevocabile
da esercitarsi in dichiarazione) di continuare ad utilizzare i vecchi criteri di valutazione, a condizione che
l’impresa abbia adottato detti criteri nei tre periodi d'imposta precedenti a quello di FTA o dal minor periodo
che intercorre dalla costituzione dell'impresa medesima.
4.1.2 Aspetti relativi all’irap
Con riferimento all’Irap, si evidenzia che l’art. 12, comma 2, del D.Lgs. n. 38/2005 aveva modificato l’art.
11-bis del D.Lgs. n.446/1997, stabilendo che i componenti positivi e negativi che concorrono alla
determinazione del valore della produzione dovessero essere “aumentati o diminuiti dei componenti che
per effetto dei
principi
contabili internazionali sono imputati direttamente a patrimonio”, con una
coerente riproposizione in ambito Irap del medesimo criterio introdotto ai fini delle imposte sul reddito.
Tuttavia, tale disposizione non era stata riprodotta in occasione della riformulazione dell’art. 11 -bis
recata dal D.Lgs. n. 247 del 18 novembre 2005 (decreto correttivo Ires), e l’ABI (cfr. circ. n. 3/2006)
aveva ritenuto tale mancanza un “evidente errore di coordinamento legislativo”; l’Associazione bancaria
concludeva comunque che, nelle more di
un
auspicato ripristino della formulazione previgente,
“quanto previsto dal predetto D.Lgs. n. 38 del 2005 sia, comunque, da considerare valido, tenuto anche
conto che la rilevanza dei componenti imputati a patrimonio trova la sua giustificazione nel meccanismo
applicativo dei nuovi principi contabili, cui il legislatore fiscale ha manifestato pieno riconoscimento e,
inoltre, nel rinvio, ai fini Irap, ai criteri di determinazione dell’Ires (nel caso di specie all’art. 109, comma
4, del Tuir)”.
In realtà, l’omissione del legislatore del decreto correttivo Ires nasceva probabilmente dalla
constatazione che, in concreto, l’esplicita affermazione della rilevanza dei componenti imputati
direttamente a patrimonio nella determinazione del valore della produzi one era superflua; ciò, non solo
70
sul presupposto della derivazione dall’Ires, i cui principi applicativi prevedevano comunque l’assimilazione a
componenti reddituali di quelli imputati a patrimonio, ma anche perché, in ambito Irap, tale rilevan za
avrebbe avuto senso solo se fossero stati adottati criteri di determinazione della base imponibile adeguati
agli schemi di bilancio IAS, criteri la cui approvazione era prevista dall’art. 12, comma 1, del D.Lgs.n. 38,
ma rimessa ad un apposito regolamento ministeriale mai emanato. In difetto di tale emanazione, i soggetti
IAS hanno dovuto determinare la base imponibile Irap “assumendo i componenti positivi e negativi facendo
riferimento agli schemi di bilancio adottati in assenza dei princip i internazionali”, secondo il criterio
alternativo previsto dal comma 1 dell’art. 12, e quindi riclassificando i componenti imputati a
patrimonio nelle appropriate voci di conto economico. È evidente come tale criterio rendesse del tutto
superflua una espressa inclusione degli anzidetti componenti nel valore della produzione.
4.2 La finanziaria per il 2008 ed il passaggio dalla neutralita’ alla derivazione rafforzata
4.2.1 Aspetti relativi alle imposte sul reddito
Sostanziali variazioni al quadro normativo sopra delineato sono state apportate dalla L. n. 244 del
24/12/2007 (“legge finanziaria 2008”).
In particolare, con l’art. 1, comma 58, lettera a), è stato nuovamente modificato l’art. 83 del Tuir.
Un primo
intervento ha riguardato l’eliminazione dell’inciso secondo il quale l’utile di esercizio
doveva essere “aumentato o diminuito dei componenti che per effetto dei principi contabili internazionali
sono imputati direttamente a patrimonio”.
Ma il profilo più qualificante della riforma (su cui ci si soffermerà più diffusamente nel parag. 4.3) si
sostanzia nell’aggiunta di un periodo che stabilisce che, per i soggetti che redigono il bilancio in base
agli IAS:“valgono, anche in deroga alle disposizioni dei successivi articoli della presente sezione, i criteri
di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti da detti principi contabili”.
Occorre evidenziare che non è stata modificata l’altra disposizione che costituiva il secondo pilastro del
regime della neutralità e cioè la previsione, di cui all’art. 109, comma 4, secondo periodo, del Tuir, di cui si è
detto al parag. 5.1.1, e, pertanto, ai fini della deducibilità delle spese e degl i altri componenti negativi,
anche all’attualità, “si considerano imputati a conto economico i componenti imputati direttamente a
patrimonio per effetto dei
principi
contabili internazionali”.
Le due suddette modifiche, apportate all’a rt. 83, determinano il concreto passaggio dal regime della
neutralità a quello della derivazione rafforzata: infatti, esse si collocano in un contesto di interventi diretti
ad attribuire maggiore rilevanza ai bilanci IAS ai fini della determinazione dell’imponibile, accentuando la
derivazione di quest’ultimo dal conto economico.
In tale contesto, l’eliminazione del riferimento ai componenti imputati a patrimonio netto non comporta
la loro
irrilevanza
ai
fini
della determinazione del l’imponibile. Gli effetti della soppressione
71
sembrano infatti collocarsi sul mero piano procedimentale, risolvendosi in una semplificazione nella
redazione della dichiarazione, in quanto i suddetti componenti, anziché essere sommati all’utile di periodo
ed eventualmente essere oggetto di variazioni in aumento o in diminuzione in applicazione della
disciplina tributaria, concorreranno direttamente all’imponibile, se, e secondo le modalità ed i termini
in cui, tale concorso sia previsto dalle specifiche disposizioni tributarie applicabili alle diverse fattispecie
del reddito d’impresa (si veda amplius parag. 6).
Questa interpretazione sembra essere stata avallata anche dalla relazione di accompagnamento allo schema
di Regolamento attuativo (vedi amplius parag. 6), la quale ha chiarito che l’eliminazione del riferimento ai
componenti reddituali imputati a patrimonio non ha una portata sostanziale, ma è frutto
semplicemente di una semplificazione espositiva.
Infatti, la previsione di una generalizzata prevalenza delle qualificazioni, classificazioni e imputazioni
temporali IAS-compliant è idonea a far concorrere al reddito i componenti economici che mantengano
tale natura secondo i principi contabili internazionali, ancorché imputati a patrimonio (cfr., in senso
conforme, Assonime, circ. 22 settembre 2008, pagg. 90 e seguenti).
D’altro canto, è opinione condivisa quella secondo cui la rilevanza reddituale dei componenti positivi non
sembra richiedere specificazioni per il caso di diretta imputazione a patrimonio, non essendo tale
rilevanza condizionata nemmeno dalla imputazione a conto economico, ai sensi dell’art. 109, comma 3,
del Tuir124 .
Un ultimo argomento favorevole è di tipo indiretto: ritenere comunque irrilevanti i componenti imputati a
patrimonio netto renderebbe superfluo l’inciso, contenuto nel nuovo art. 110, comma 1-bis, lettera a),
secondo il quale, per i titoli immobilizzati diversi dalle partecipazioni, i maggiori o minori valori iscritti
rilevano solo se imputati a conto economico: ciò in quanto, evidentemente, il legislatore ha voluto escludere
dal riconoscimento fiscale le plus/minusvalenze scaturenti da valutazioni di strumenti finanziari non
effettuate al fair value, come le valutazioni degli strumenti disponibili per la vendita e quelli detenuti fino a
scadenza, i quali sono classificati tra le attività non correnti e le cui variazioni di valore determinano
variazioni del patrimonio netto 125 .
Tutte queste argomentazioni sono state recepite dall’estensore del Regolamento attuativo, il quale, all’art. 2,
c. 2, secondo periodo, prevede il riconoscimento fiscale dei componenti positivi e negativi imputati a
patrimonio in base alla corretta applicazione degli standards internazionali.
4.2.2 Aspetti relativi all’irap
La nuova disciplina Irap recata dall’art. 1, comma 50, della Finanziaria 2008 è improntata al pieno
riconoscimento delle risultanze contabili ai fini della determinazione della base impon ibile, con la
conseguenza che i componenti positivi e negativi si assumono ora così come risultanti dal conto
economico, senza tenere conto delle variazioni stabilite per l’Ires. Tale disposizione, infatti, ha abrogato
l’art. 11-bis del D.Lgs. n.446/1997, in base al quale i componenti positivi e negativi della base
imponibile Irap andavano assunti apportando le variazioni in aumento e in diminuzione previste ai fini delle
124
125
Sul punto, cfr., S. Fiorentino, op. cit., pag. …
Sul punto, cfr., D. Muratori, op. cit., pag. 1358.
72
imposte sul reddito.
In tema di derivazione, tuttavia, va rilevato che, per una parte dei soggetti IAS,
sopravvive la necessità di riclassificare il conto economico redatto secondo i principi contabili internazionali
sulla base degli schemi che sarebbero stati adottati in assenza di tali principi, in analogia con quanto
precedentemente previsto in via generale dall’art. 12, comma 1, del D.Lgs. n. 38/2005. Infatti, per le
imprese industriali che adottano gli IAS, il comma 2 del “nuovo” art. 5 stabilisce che la base imponibile deve
essere determinata “assumendo le voci del valore e dei costi della produzione corrispondenti a quelle
indicate nel comma 1”, ossia a quelle desumibili dallo schema di conto economico ex art. 2425 del codice
civile.
Per quanto riguarda l’ambito delle banche e degli altri enti finanziari, invece, essendo l’adozione
degli IAS generalizzata, il “nuovo” art. 6 disciplina la determinazione del valore della produzione con
riferimento a poste del conto economico redatto in conformità agli schemi risultanti dai provvedimenti
della Banca d’Italia, adottati ai sensi dell’art. 9 del D.Lgs.n. 38/2005, con sostanziale recezione dei criteri
di classificazione e qualificazione IAS ai fini dell’Irap.
Quanto precede dovrebbe comportare che i
componenti economici imputati a patrimonio debbano (se del caso) essere inclusi nel valore della
produzione (imponibile IRAP) solo da parte dei soggetti IAS tenuti a riclassificare le poste di natura
economica sulla base dello schema di conto economico previsto dall’art. 2425 del codice civile ma non
anche da parte delle banche e degli enti finanziari, per i quali è prevista la sola rilevanza di specifiche voci
del conto economico afferenti alla gestione caratteristica.
In definitiva, si può affermare che la differenza sostanziale tra i profili IRES e quelli IRAP della riforma del
2007 consiste nella circostanza per la quale, mentre ai fini IRES la scelta applicativa in favore dei principi
IAS, per potere produrre, in concreto, effetti sul piano fiscale, necessita della mediazione di un articolato
regime di deroghe alle norme del TUIR, che rappresentano comunque il sistema concettuale di riferimento,
ai fini IRAP, avvicinandosi ormai in modo estremo la determinazione del valore della produzione netta alle
risultanze del bilancio, varranno non solo i principi di “qualificazione, imputazione e classificazione”
previsti dagli IAS, ma anche i criteri di “quantificazione”, previsti dagli standards internazionali.
In sostanza, differentemente da ciò che risulta ai fini Ires, oggi per la definizione della base imponibile Irap,
sembra ipotizzabile un rinvio pressoché generalizzato alle regole Ias anche come sistema concettuale di
riferimento.
Tuttavia, tale profilo desta perplessità per la nota e profonda differenza degli obiettivi perseguiti in sede Ias
rispetto a quelli fiscali, che relativamente all’Irap, diversamente dall’Ires, appaiono oggi completamente privi
di contemperamento normativo (si pensi alla gestione della discrezionalità nelle rilevazio ni contabili in sede
tributaria, al sindacato sull’abuso e sull’elusione fiscale, ecc.).
Invero, tale problematicità sembra emergere anche nei confronti dei soggetti non Ias adopter, anche se per
questi ultimi vale la tradizionale “mediazione” giuridica che discende dall’applicazione del codice civile
Si ritiene che, sintomatiche di tali perplessità siano anche le incertezze della recente prassi dell’Agenzia delle
Entrate, che inizialmente sembrava aver riaffermato il perdurante rilievo ai fini Irap delle disposizioni Ires,
per poi correggere il tiro, affermando che, però, l’utilizzazione (volontaria) di quei criteri poteva risolvere
questioni applicative 126 .
126
Si vedano le Circolari dell’Agenzia delle Entrate n. 36/E del 16/07/2009 e n. 39/E del 22/07/2009. Sotto ilprofilo richiamato nel testo,
è utile evidenziare che, mentre con la citata Circolare n. 36/2009, l’Agenzia d elle Entrate, allo scopo di individuare criteri oggettivi per
73
In conclusione, i principali aspetti problematici concernono l’impatto dei principi IAS sulla determinazione
della base imponibile IRES: orbene,la chiave di volta per comprendere gli effetti sulla determinazione della
base imponibile IRES del riconoscimento fiscale dei principi IAS, passa attraverso la definizione dell’articolato
sistema di deroghe alle norme del TUIR, introdotte dalla riforma del 2007.
4.3 La c.d. “deroga generale” di cui al novellato art. 83 del tuir.
4.3.1 Considerazioni generali
Come si è accennato al parag. 5.2.1, l’aspetto più qualificante della riforma del 2007 è rapprese ntato
dall’introduzione, all’art. 83 del TUIR, di una c.d. “deroga generale”, ossia della previsione della idoneità dei
criteri di qualificazione, classificazione ed imputazione temporale, previsti dagli IAS, a sostituirsi, in via
generale, agli omologhi criteri che, tradizionalmente, rilevano ai fini della determinazione della base
imponibile IRES.
In buona sostanza, si può affermare che l’art. 83 del TUIR, già prima della novella recata dalla Finanziaria
per il 2008, conteneva (e tuttora contiene, per i soggetti no IAS) un principio di derivazione dell’imponibile
fiscale dal bilancio redatto secondo i criteri codicistici; poi, per effetto della Finanziaria per il 2008, accanto al
principio di derivazione “tradizionale”, nella suddetta norma, è stato incluso anche un principio di derivazione
c.d. “rafforzata”, relativo ai soggetti IAS adopter.
Pertanto, si può affermare che l’art. 83 del TUIR contiene una scelta generale tra due sistemi di riferimento
da prendere a presupposto per l’applicazione delle fattispecie fiscali, ovvero, il sistema “tradizionale” del
codice civile e quello “nuovo”, costituito dal sistema contabile IAS.
Da quanto precede, appare evidente la ratio della previsione di cui al terzo periodo dell’art. 83 del TUIR,
introdotta dalla locuzione “in deroga”: posto che le fattispecie fiscali, contenute nel TUIR, presuppongono i
criteri di qualificazione, di classificazione e di imputazione temporale, derivanti dal codice civile, al fine di
attribuire effettività alla scelta di prendere a riferimento, per la determinazione dell’imponibile fiscale, il
sistema contabile IAS, il legislatore ha dovuto introdurre, all’art. 83, una disposizione che consente, in via
generale, ai criteri di qualificazione, classificazione ed imputazione temporali previsti dagli IAS, di sostituirsi
agli omologhi criteri di matrice codicistica, tradizionalmente recepiti come presupposti delle norme del TUIR,
laddove i secondi siano incompatibili con la scelta in favore del sistema contabile IAS.
valutare l’inerenza di determinati costi al valore della produzione, fa riferimento ai limiti quantitativi di deduzione ed alle forfetizzazioni
previste dal TUIR (ad esempio, in tale circolare si indica, quali criteri per valutare l’inerenza degli oneri di utilità sociale, i limiti massimi
di deducibilità, previsti dall’art.
100 del TUIR), con la successiva circolare n. 39/2009, la medesima Agenzia si è affrettata a precisare che non era sua int enzione
ripristinare una derivazione della base imponibile IRAP da quella IRES, bensì, il citato riferimento ai limiti di deducibilità previsti dal
TUIR, costituiscono semplicemente “un’area di sicurezza”, entro la quale i contribuenti possono operare senza il rischio di contestazioni
da parte dell’Agenzia stessa.
Inoltre, nella medesima circolare n. 39/2009, l’Agenzia precisa che il mancato rispetto, da parte dei contribuenti, dei limiti di
deducibilità, previsti dal TUIR, non determina alcuna presunzione a favore dell’Amministrazione Finanziaria riguardo alla non inerenza
delle deduzioni operate in eccedenza rispetto ai suddetti limiti.
In relazione a tale orientamento della prassi dell’Amministrazione Finanziaria, si ritiene di condividere la preoccupazi one di fondo,
consistente nell’evitare che il controllo fiscale si risolva in un controllo sul bilancio tout court, ma non si ritiene di condividere la
soluzione adottata dall’Amministrazione stessa, consistente in un rinvio (seppur indicativo) ai limiti d i deducibilità previsti dal TUIR.
Infatti, anche ai fini IRAP, il problema di fondo connesso alla rilevanza fiscale attribuita alle risultanze del bilancio IAS, consiste nella
individuazione di un meccanismo di raccordo tra bilancio IAS e disposizioni fiscali: lo scopo di questo lavoro sarà, appunto, quello di
delineare i contorni del nuovo sistema di riferimento da sussumere a presupposto dell’applicazione delle fattispecie tributarie.
74
In effetti, come sarà più chiaro al parag. 6, l’esigenza di prevedere, in via generale all’art. 83 del TUIR, un
principio di “cedevolezza” dei criteri di qualificazione, classificazione ed imputazione temporali di matrice
codicistica in favore di quelli di matrice IAS, deriva dalla circostanza per la quale, ai fini della determinazione
dell’imponibile IRES, il sistema concettuale di riferimento rimane quello del TUIR, ossia, le fattispecie
disciplinanti i componenti positivi e negativi di reddito costituiscono, anche per i soggetti IAS adopter, i
parametri per la determinazione dell’imponibile.
Pertanto, la scelta del legislatore di conservare il sistema del TUIR, quale intelaiatura logico-sistematica per
la determinazione dell’imponibile anche per i soggetti IAS adopter, pone in evidenza che la previsione di cui
all’art. 83 del TUIR, pur utilizzando la locuzione “in deroga”, non è una deroga in senso tecnico alle
successive disposizioni del TUIR, ma essa ha una valenza più pregnante, ossia, consente di stabilire il
rapporto di derivazione dell’imponibile anche a partire dal bilancio redatto secondo i criteri IAS.
Tale constatazione non è meramente accademica, ma ci consente (come sarà più chiaro al parag. 6), di
esplicare compiutamente le differenti modalità di integrazione dei principi IAS nel sistema del TUIR127 .
Riguardo alla derivazione dell’imponibile dal bilancio IAS, si rileva che essa non è “mediata” dalle norme
giuridiche del codice civile e, pertanto, è stata definita derivazione “rafforzata” od “accentuata”.
Pertanto, come sarà più chiaro al parag. 6, le problematiche nascenti dal rilievo fiscale attribuito ai criteri
IAS, ad opera dell’art. 83 del TUIR, devono essere affrontate in termini di integrazione dei criteri IAS
all’interno delle fattispecie fiscali disciplinate dal TUIR.
Occorre, ancora, evidenziare che la L. n. 244/2007 ha introdotto, in norme successive all’art. 83 disposizioni
che sono state definite” deroghe speciali”.
La coesistenza di una deroga generale accanto a deroghe speciali è caratterizzante il siste ma: invero, anche
queste ultime non sono deroghe in senso tecnico, in quanto (come si dirà al parag. 5.4) la ratio di una parte
di tali disposizioni è quella di coordinare i criteri di iscrizione di poste nel bilancio IAS con i criteri di
rilevazione in bilancio presupposti dal TUIR, (artt. 85, c. 3bis; 89, c. 3bis; 103, c. 3bis), mentre, un altro
gruppo di disposizioni ha la funzione di attribuire rilievo fiscale alle valutazioni IAS, le quali, come sarà
illustrato al parag. 5.3.4,, non sono in grado di integrarsi nel sistema del TUIR per effetto del solo principio
di derivazione dell’imponibile dal bilancio IAS, stabilito dall’art. 83 del TUIR (si tratta delle disposizioni di cui
agli artt. 94, 4bis, 101, c. 2bis, 110, commi 1bis e 1ter, 112 c. 3bis).
Tutto quanto rappresentato, con precipuo riferimento al contenuto del novellato art. 83 del TUIR, si ritiene
necessario operare alcune precisazioni, le quali costituiscono le premesse dogmatiche su cui si svilupperà il
presente lavoro.
Il novellato art. 83 del TUIR prevede un principio di derivazione rafforzata, il cui necessario corollario è un
principio di cedevolezza dei criteri di matrice codicistica, originariamente assunti a presupposto delle
fattispecie fiscali, in favore dei criteri di matrice IAS:
127
Ad esempio, un primo profilo applicativo che si riconduce alla rilevata non configurabilità della disposizione di cui all’art. 83, terzo
periodo, del TUIR, quale deroga in senso tecnico, si sostanzia negli effetti che il sistema contabile IAS è idoneo ad esercitare, “a
monte”, anche sull’applicazione di disposizioni ave nti una funzione di mera quantificazione di elementi reddituali, come gli
ammortamenti e gli accantonamenti (artt. Da 102 a 108 del TUIR), non riconducibili alle nozioni di qualificazione, imputazione
temporale e classificazione espressamente richiamate dall’art. 83 del TUIR ed escluse dalla c.d. “deroga generale”, dall’art. 2, c. 2, del
Regolamento attuativo, approvato con D.M. dell’1/04/2009 n. 48 (si veda, amplius, parag. 4.3.6).
75
Tanto considerato, al fine di delimitare gli spazi di integrazione dei criteri IAS all’interno del sistema del
TUIR, occorre verificare la sussistenza e l’intensità con la quale il rapporto di derivazione dell’imponibile
fiscale dalle risultanze contabili si appalesa all’interno di ciascuna disposizione del TUIR, successiva all’art.
83.
In concreto, la “cedevolezza” dei criteri di qualificazione, classificazione ed imputazione temporale di matrice
codicistica in favore di quelli di matrice IAS, deve essere verificata in funzione dell’operatività del principio di
derivazione: ossia, laddove la norma tributaria fa derivare la fattispecie fiscale dalle risultanze contabili, il
sistema contabile preso a riferimento produrrà una influenza massima nel determinare la fattispecie fiscale;
laddove, la norma tributaria subisce esclusivamente una dipendenza applicativa dal bilancio (ad es.,
ammortamenti ed accantonamenti), il sistema contabile adottato influenzerà la fattispecie fiscale “a monte”,
ossia, esclusivamente riguardo all’”an” dell’applicazione della fattispecie medesima, senza interagire, tuttavia,
con le modalità attraverso cui il componente reddituale contribuisce alla formazione dell’imponibile; laddove,
infine, la norma tributaria gode di una piena autonomia applicativa nei confronti delle risultanze di bilancio,
la stessa è assolutamente neutrale rispetto al sistema contabile di riferimento (ad es., norme che prevedono
forfettizzazioni, tassazione/deduzione per cassa, rinvio di tassazione/deduzione di componenti reddituali)
) 128.
Ciò posto, al fine di indagare sul modo in cui il principio di derivazione si appalesa all’interno delle diverse
fattispecie fiscali, occorre, come sarà più chiaro ai paragg. 5.3.2 e 5.3.3, definire i rapporti tra qualificazioni
di natura contabile (sia derivanti dal sistema del codice civile che dagli IAS, rilevanti ai soli fini della
redazione del bilancio) e le qualificazioni fiscali, rilevanti ai fini della determinazione dell’imponibile.
Tanto considerato in ordine al contenuto del novellato art. 83 del TUIR, occorre evidenziare, inoltre, che la
riforma del 2007 ha abrogato la disposizione, contenuta nell’art. 109, c. 4, lett. b), ult. periodo, che
consentiva le c.d. “deduzioni extracontabili”: ciò implica che i componenti negativi di reddito devono
necessariamente transitare per il bilancio, o attraverso il conto economico o, per i soggetti IAS adopter, in
forza del disposto dell’art. 109, c. 4, secondo periodo, attraverso lo stato patrimoniale.
Questa modifica completa il sistema delineato dalla riforma, in quanto, sia per i soggetti IAS adopter che per
i soggetti no IAS, la possibilità di dare rilievo fiscale a componenti negative passa attraverso la possibilità di
attribuire alle stesse evidenza in bilancio (al di là ovviamente delle deroghe già previste nell’art. 109, di
quelle sancite espressamente per legge, e di quelle relative ai criteri di imputazione previsti nello stesso
Tuir): come si dirà al parag. 5.4, alcune deroghe speciali (si pensi a quella di cui all’art. 103, c. 3 bis del
TUIR) hanno la funzione di derogare a questa limitazione, consentendo ai soggetti IAS adopter la deduzione
di componenti reddituali che non possono transitare per il bilancio in base alla corretta applicazione degli
standards internazionali.
128
In questa prospettiva il regime di derivazione rafforzata è, in primo luogo, una scelta non una deroga, rispetto al regime di
derivazione tradizionale.
D’altronde, dalla stessa locuzione letterale dell’art. 83 del TUIR, si comprende che la scelta di sistema opera “anche in deroga” alle
successive disposizioni, evidentemente incompatibili con tale scelta, (ad es., art. 109, commi 1 e 2 – si veda amplius parag. 4.3.5).
Da queste disposizioni vanno ulteriormente distinte quelle specifiche (ad es. tutte quelle sulla competenza interna, che possono
rappresentare in vario modo d eroghe: tali disposizioni possono essere deroghe rispetto alla rilevazione ritraibile dalla stessa scelta
generale di derivazione, cioè deroghe rispetto alla rilevazione contabile (sia da codice civile che da Ias – si veda amplius parag. 4.3.5)
76
Riguardo ai componenti positivi di reddito, come detto al parag. 5.1.2, l’abrogazione della previsione,
contenuta all’art. 83 del TUIR, concernente il rilievo fiscale attribuito ai componenti imputati direttamente a
patrimonio, ha carattere meramente pleonastico: infatti, l’art. 2, c. 2, secondo periodo, del Regolamento
attuativo, riconosce rilevanza fiscale sia ai componenti reddituali positivi che a quelli negativi, imputati a
patrimonio in base alla corretta applicazione degli IAS.
Dopo questa breve introduzione ai contenuti dell’art. 83, seguendo il percorso metodologico sopra delineato,
ci si soffermerà sulle nozioni di qualificazioni, classificazioni, imputazioni temporali, richiamate dalla “deroga
generale” di cui all’art. 83 del TUIR, nonché sull’esclusione delle valutazioni/quantificazioni dall’ambito di
detta previsione, alla luce anche della relazione del Consiglio di Stato allo schema di regolamento attuativo.
4.3.2 La nozione di qualificazione nel sistema contabile ias
Come detto il novellato art. 83 del TUIR attribuisce rilievo fiscale alle qualificazioni previste dagli standards
internazionali.
Si tratta evidentemente di criteri qualificatori previsti per la redazione del bilancio in base agli IAS/IFRS:
pertanto, esse vanno tenu te distinte dalle qualificazioni fiscali, cioè dalle disposizioni disciplinanti le
fattispecie rilevanti ai fini della determinazione dell’imponibile fiscale, previste dal TUIR, sulle quali ci si
soffermerà al paragrafo 7.
Pertanto, come sarà compiutamente illustrato al paragrafo 7, l’integrazione dei principi IAS con le
disposizioni del TUIR passa attraverso la corretta definizione dei rapporti tra qualificazioni rilevanti ai fini
della redazione del bilancio e qualificazioni rilevanti ai fini della determinazione dell’imponibile fiscale.
Per giungere a tale definizione, si ritiene necessario, dapprima enucleare dal sistema contabile IAS una
nozione generale di qualificazione, per poi verificare l’influenza che le qualificazioni contabili determinano
sulla corretta classificazione delle poste di bilancio (si veda amplius parag. 5.3.4), al fine di verificare se ed
attraverso quali modalità i criteri di qualificazione e di classificazione in bilancio influenzano le qualificazioni
fiscali (parag. 6).
La sopra evidenziata natura di principi contabili dei criteri di qualificazione previsti dagli IAS implica che gli
stessi si sostanziano in criteri di individuazione e selezione dei profili delle vicende gestionali da prendere in
considerazione ai fini della rappresentazione in bilancio delle vicende stesse: cioè trattasi di categorie
finalizzate a stigmatizzare le vicende gestionali all’interno dei documenti che formano il bilancio d’esercizio.
E’ opportuno sottolineare che, come è evidente, le qualificazioni, previste dagli IAS, non sono limitate alla
qualificazione delle operazioni economiche (come, ad esempio, le operazioni di leasing – IAS 17), ma si
estendono anche alla qualificazione di componenti reddituali (ad esempio i ricavi – IAS 18): a ciò si deve
aggiungere che la qualificazione di un’operazione economica, inevitabilmente, determina la qualificazione
dell’elemento reddituale derivato, cioè connesso all’operazione medesima (questo aspetto sarà trattato più
diffusamente al parag. 6).
Ciò posto, occorre evidenziare che la rappresentazione delle vicende gestionali secondo gli IAS avviene
avendo come criterio guida quello della prevalenza della sostanza sulla forma, cioè i fatti gestionali, sono
77
rilevati nel sistema contabile IAS, secondo la sostanza economica delle operazioni, piuttosto che secondo la
forma giuridica delle stesse (si veda amplius parag. 4).
Tanto si evince anche dalla norma positiva (sebbene di rango secondario), cioè dall’art. 2 del Regolamento
attuativo della riforma in commento, approvato con D.M. n. 48 dell’1/04/2009.
Pertanto, la relazione di accompagnamento al suddetto regolamento attuativo ha chiarito che le rilevazioni
delle operazioni in cui si estrinseca la gestione aziendale non avviene facendo riferimento alle risultanze
strettamente contrattuali, così come disciplinate dal codice civile, ma avendo riguardo alla natura dell’utilità
economicamente valutabile che forma oggetto dell’operazione, ovvero, dell’effettivo sacrificio,
economicamente valutabile, sopportato dall’azienda per acquisire una data utilità.
In buona sostanza, le qualificazioni delle operazioni gestionali, operate in base agli IAS, si concretizzano
nella individuazione dell’utilità economicamente valutabile che, attraverso l’operazione medesima, l’azienda
acquista o trasferisce a terzi, ovvero, nell’individuare l’effettivo sacrificio sopportato.
Un esempio di scuola è fornito dalle operazioni di leasing, che, in base alla disciplina civilistica sono
qualificate come operazioni di locazione (finanziaria), mentre, secondo lo IAS 17, trattasi di operazioni di
finanziamento: ciò in quanto l’utilità economica che il concedente attribuisce all’utilizzatore non è costituita
tanto dal bene oggetto del leasing, quanto piuttosto dalla concessione di un finanziamento.
Ancora, per esempio, un’operazione qualificabile, in base al codice civile, come una compravendita di beni
può, in base agli IAS, essere rappresentata in bilancio come una locazione o come un’operazione di
finanziamento, laddove, ad esempio, nonostante il passaggio del diritto di proprietà dei beni, non ne sono
stati trasferiti sostanzialmente i rischi e i benefici.
Un ulteriore esempio teso ad evidenziare le concrete modalità secondo le quali il principio della prevalenza
della sostanza sulla forma opera nelle qualificazioni delle operazioni nel sistema IAS, è fornito dall’acquisto di
azioni proprie, il quale, sul presupposto di una sua assimilazione sostanziale ad una modalità alternativa al
rimborso del capitale agli azionisti (così come l’eventuale successiva rivendita è, per conseguenza, assimilata
ad una nuova emissione di titoli azionari), l’operazione non ha alcun effetto sul conto economico ma solo
sul patrimonio netto.
Infine, (ma la lista degli esempi potrebbe continuare a lungo) si evidenziano i criteri, previsti dallo IAS 13,
per la qualificazione del carattere unitario di un’opera di durata ultrannuale (criteri del “combining” o del
“segmenting”), che fanno riferimento alla individuazione della concreta utilità economica oggetto
dell’operazione piuttosto che all’oggetto del contratto.
In base alle suddette considerazioni, la relazione al Regolamento attuativo conclude che “tutte le volte che la
sostanza economica di un’operazione dovesse divergere dalla qualificazione giuridica del l’operazione
medesima, così come rilevabile dal relativo contratto, è la sostanza a prevalere.”
Tale conclusione è il naturale portato della sopraevidenziata connotazione del principio di derivazione
dell’imponibile dal bilancio IAS, quale derivazione c.d. “rafforzata”, ossia non mediata dalle norme del codice
civile.
Tuttavia, si ritiene doveroso evidenziare anche i rischi connessi ad una indiscriminata primazia della sostanza
economica sulla forma giuridica di un’operazione, in quanto, la individuazione della sostanza economica è
rimessa all’interpretazione soggettiva.
78
Ciò posto, al fine di evitare di collocare il principio di prevalenza della sostanza sulla forma in una
prospettiva di generale contrapposizione alle risultanze contrattuali, secondo una impostazione alquanto
rigida e difficilmente sostenibile in sede contenziosa, si ritiene che esso debba essere concepito come un
obbligo di rappresentare in bilancio le operazioni economiche facendo riferimento non al nomen iuris del
relativo contratto, bensì, alla “causa giuridica in concreto” attribuibile al medesimo, ovvero, al concreto
assetto di interessi voluto dalle parti, desumibile dall’applicazione delle norme sulla interpretazione dei
contratti, di cui agli artt. 1362 e ss. C.c..
All’uopo si rappresenta che un tale obbligo di rappresentazione in base alla causa giuridica concreta è nei
fatti, all’attualità, vigente anche in sede codicistica: ciò è ravvisabile, ad esempio, dal microsistema di norme
concernenti l’interpretazione dei contratti (artt. 1362 e ss. C.c.).
Pertanto, si ritiene auspicabile una adeguata attenzione alla causa concreta dei contratti, in quanto essa
sarebbe idonea ad attenuare le divergenze di qualificazione tra l’impostazione codicistica e quella IAS.
D’altra parte, occorre tenere in debito conto il fatto che le norme sulla interpretazione dei contratti non sono
meri consigli, ma norme di legge aventi carattere cogente.
In base a tale impostazione, ad esempio, nel verificare se un contratto di compravendita di un asset ha in
concreto realizzato il trasferimento di tutti i rischi ed i benefici connessi al bene oggetto del contratto,
occorrerà verificare se le parti, anche in atti distinti, abbiano stipulato, accanto alla compravendita, anche
contratti di opzione (put o call) per la retrocessione del medesimo bene: in tal modo, secondo tale
impostazione, si concilierebbero le previsioni degli IAS con quelle codicistiche concernenti l’individuazione
della reale volontà delle parti.
Ancora, prendendo ad esempio il contratto di leasing, secondo l’impostazione in commento, è possibile
giungere alla medesima qualificazione che lo IAS 17 attribuisce a tale operazione, assegnando il giusto peso
al fatto che la funzione economica riferibile ad un contratto di locazione finanziaria è q u e l l a d i u n a
operazione di finanziamento e non quella di attribuire all’utilizzatore il godimento temporaneo di un bene,
così come in una locazione di beni.
Tale impostazione, tuttavia, seppur condivisibile sotto il profilo della preoccupazione di fond o , t e s a a d
arginare la discrezionalità sia di chi redige che di chi controlla il bilancio, era valida nella prospettiva
delineata dal Dlgs. n. 38/2005, che si caratterizzava, come detto al parag. 5.1.1, per la neutralità sostanziale
(assoluta indifferenza del sistema contabile preso a riferimento rispetto alla determinazione dell’imponibile),
ma può dare adito a qualche perplessità nel sistema attuale, connotato dalla derivazione rafforzata
dell’imponibile dal bilancio IAS e, pertanto, caratterizzato da una neutralità meramente procedurale (ossia,
dalla conservazione del sistema del TUIR come sistema concettuale di riferimento per la determinazione
dell’imponibile) sia per i soggetti IAS che no IAS adopter.
4.3.3 Le classificazioni nel sistema contabile IA S
I criteri che sono posti a fondamento delle classificazioni nel sistema contabile IAS sono finalizzati alla
corretta individuazione delle poste di bilancio a cui ricondurre gli elementi reddituali e patrimoniali oggetto di
79
rilevazione (si veda quanto ampiamente illustrato al parag. 4.2 circa la struttura dei documenti del bilancio
IAS).
Appare evidente che l’inserimento di un elemento patrimoniale o reddituale in una data posta di bilancio è
conseguenza della qualificazione dell’elemento medesimo.
Pertanto, si può affermare che le qualificazioni contabili degli elementi patrimoniali e reddituali condizionano
la relativa classificazione in bilancio.
Ad esempio, le qualificazioni degli strumenti finanziari, previste dallo IAS 32, determinano quale debba
essere la relativa classificazione in bilancio, sulla base dei criteri di classificazione previsti dallo IAS 39, da cui
consegue l’individuazione dei criteri di valutazione (ad es., la qualificazione di uno strumento finanziario
come attività o passività finanziaria, ovvero, come strumento rappresentativo del capitale dell’emittente,
operata sulla base dello IAS 32, influenza la classificazione dello strumento finanziario medesimo all’interno
di una delle 4 categorie previste dallo IAS 39, a cui corrispondono differenti criteri di valutazione, ad
esempio, fair value o costo ammortizzato) – si veda amplius parag. 4.4.).
La qualificazione dell’operazione può influenzare anche l’an della rilevazione in bilancio di un elemento
patrimoniale: ad es., la qualificazione delle operazioni di leasing come operazioni di finanziamento (IAS 17)
implica la possibilità, per l’utilizzatore, di rilevare il bene oggetto di leasing tra le proprie immobilizzazioni.
Infine, si evidenzia che, come sarà diffusamente illustrato al paragrafo 7, la classificazione in bilancio di un
elemento patrimoniale o reddituale influenza la qualificazione fiscale del medesimo, cioè determina
l’individuazione delle fattispecie fiscali che si rendono applicabili al medesimo elemento patrimoniale o
reddituale.
L’esempio più evidente di quanto appena affermato ci è dato dalla nuova nozione fiscale di immobilizzazione
finanziaria, scaturente dal disposto dell’art. 85, c. 3-bis del TUIR, (su cui ci si soffermerà brevemente nel
paragrafo seguente), da cui dipende l’individuazione (e la rilevanza fiscale) dei criteri di valutazione, cioè, se
si renda applicabile l’art. 94, c. 4bis del TUIR (su tali ultime implicazioni ci si soffermerà al paragrafo 7).
4.3.4 L’influenza delle qualificazioni e delle classificazioni in bilancio sulle qualificazioni fiscali:
la nuova nozione di immobilizzazione finanziaria
Per ragioni di sistematicità si ritiene opportuno trattare in questo paragrafo della funzione sistematica della
prima (in ordine numerico) tra le deroghe speciali, ovvero, la previsione di cui all’art. 85, c. 3bis del TUIR.
Per definire l’esatta funzione tributaria di tale disposizione, occorre ricordare, come si è diffusamente
illustrato al parag. 4.3, che la struttura dello stato patrimoniale del bilancio IAS non contempla la categoria
delle immobilizzazioni finanziarie.
Tanto evidenziato, occorre, inoltre, premettere che la suddetta deroga speciale è stata collocata dal
legislatore in successione alla disposizione di cui al precedente comma 3 del medesimo art. 85, la quale, al
fine di individuare la categoria delle immobilizzazioni finanziarie rilevante ai fini fiscali, rinvia alla corretta
classificazione in bilancio.
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Pertanto, già questa disposizione, tradizionalmente inserita nel TUIR, faceva dipende re sia la qualificazione
dell’elemento patrimoniale (immobilizzazione finanziaria) che la qualificazione dei conseguenti elementi
reddituali derivati (plusvalenze piuttosto che ricavi), nonché, l’individuazione dei criteri di valutazione, l’art.
94, commi da 1 a 4, trova applicazione esclusivamente per le partecipazioni non costituenti immobilizzazioni
finanziarie, dalla corretta classificazione in bilancio, operata sulla base delle disposizioni del codice civile e dei
principi contabili nazionali.
Il citato comma 3bis, prevede, in coerenza con il sistema, che, per i soggetti IAS adopter, “si considerano
immobilizzazioni finanziarie gli strumenti finanziari diversi da quelli detenuti per la negoziazione”.
Tale disposizione, quindi, recepisce la nozione di strumento finanziario e le qualificazioni delle fattispecie
rientranti in tale nozione, secondo quanto previsto dallo IAS 32, nonché, attribuisce rilevanza fiscale alle
conseguenti classificazioni degli strumenti finanziari, secondo le 4 categorie previste dallo IAS 39, al fine di
consentire l’individuazione delle fattispecie fiscali applicabili.
Come si dirà più diffusamente al paragrafo 7, la suesposta consecuzione logico -giuridica è alla base di una
delle modalità attraverso cui le qualificazioni e le classificazioni previste dagli IAS si integrano nel sistema
del TUIR, ossia, attraverso l’influenza che esse esercitano, “a monte”, sulla individuazione della fattispecie
fiscale applicabile.
C’è da domandarsi: perché il legislatore ha avvertito l’esigenza di inserire all’art. 85 il succitato comma 3bis?
Ovvero, il rilievo fiscale attribuito alle classificazioni, contenute negli IAS, ad opera della disposizione
generale, di cui all’art. 83 del TUIR, non era di per sè sufficiente? 129
Invero, è plausibile ritenere che, mancando nel bilancio IAS il riferimento alla categoria delle immobilizzazioni
finanziarie, al fine di evitare dubbi interpretativi circa l’individuazione, nello IAS 39, di categorie omologhe a
quella delle immobilizzazioni finanziarie, il legislatore abbia voluto (sebbene per esclusione) individuare
quelle, tra le categorie previste dallo IAS 39, che sostituiscono, per i soggetti IAS adopter, la categoria delle
immobilizzazioni finanziarie.
Inoltre, occorre evidenziare che la disposizione di cui al citato comma 3bis dell’art. 85, fa riferimento alla
nozione di strumento finanziario, dando rilievo a tale qualificazione, prevista dallo IAS 32, ai fini
dell’individuazione della categoria fiscale delle immobilizzazioni finanziarie: in tal modo si risolve in radice
ogni eventuale problema interpretativo connesso al fatto che il sistema del TUIR accoglieva, prima della
novella in commento, le sole nozioni codicistiche di “titolo”, di “partecipazioni non rappresentate da titoli”, od
anche di “obbligazioni e titoli similari”.
Tuttavia, come sarà più chiaro quando si tratterà delle deroghe speciali (parag. 5.4), tutte le volte che il
legislatore fa rinvio alla disposizione di cui all’art. 85, c. 3bis, al fine di attribuire rilevanza fiscale ai criteri
valutativi previsti dagli IAS, si preoccupa di limitare tale riconoscimento alle valutazioni che hanno ad oggetto
129
Nella sostanza si condivide la scelta legislativa, in quanto, nel sistema del TUIR, vi è una pluralità di disposizioni che fanno
riferimento, esplicito od implicito, alle categorie dei titoli/partecipazioni da qualificare fiscalmente come immobilizzazioni finanzi arie,
ovvero, da qualificare ai fini fiscali come facenti parte dell’”attivo circolante” (si pensi, ad es., alla disciplina Pex – art. 87 del TUIR), le
disposizioni concernenti la valutazione dei titoli, artt. 94, c. 4-bis, 110, commi 1-bis e 1-ter), di guisa che l’alternativa al comma 3-bis
dell’art. 85 era riscrivere tutta una serie di norme, introducendo, per i soggetti Ias adopter, specifiche ipotesi di assimilazione.
81
specifico i “beni” indicati all’art. 85, c. 1, lett. c), d) ed e) (si vedano gli artt. 94, c. 4bis, 110, c. 1bis del
TUIR.
Pertanto, si può concludere che, nella sostanza, la nozione di strumento finanziario ricavabile in sede IAS
non abbia un ingresso generalizzato nel sistema del TUIR.
4.3.5 Il riferimento ai criteri di imputazione temporale contenuto nella c.d. “deroga generale”:
differenze tra l a c o m p e t e n z a i n t e r n a e l a c o m p e t e n z a e s t e r n a - l’esclusione delle
valutazioni/quantificazioni
Come si è visto al parag. 3.1, la nozione di competenza, emergente dal sistema IAS, assume i connotati di
vera e propria competenza economica, in quanto, prevedendo la rilevazione dei componenti reddituali in
base alla loro maturazione economica, con riferimento al momento in cui gli stessi siano “misurabili
attendibilmente”, finisce per abbracciare anche i componenti reddituali attesi o sperati, sia quelli po sitivi che
negativi (in merito al rilievo fiscale dei ricavi attesi, si veda il parag. 6.2, sub. Art. 85).
Differentemente, la nozione di competenza che si delinea nel sistema del TUIR è quella di competenza
fiscale, la quale anch’essa si basa su di un concetto di “maturazione” dei componenti reddituali, ma, la
nozione di maturazione sottostante non è di natura strettamente economica, in quanto è calibrata da
limitazioni e da presunzioni legali, di derivazione codicistica.
Ciò è la naturale conseguenza del fatto che, per i soggetti no IAS, il principio di derivazione dell’imponibile
fiscale dall’utile di bilancio, passa attraverso la “mediazione giuridica” delle norme del codice civile: pertanto,
con riferimento all’individuazione dei criteri di imputazione temporale, di cui all’art. 109, commi 1 e 2, la
competenza economica è filtrata alla luce delle norme codicistiche disciplinanti, ad es., il trasferimento della
proprietà dei beni mobili ed immobili.
La principale delle cennate limitazioni è costituita da una specifica determinazione del principio di certezza 130 ,
cioè dalla fissazione, come condizione per la rilevabilità dei componenti reddituali, del requisito di oggettiva
determinabilità (art. 109, c. 1, secondo periodo, del TUIR), che non consente di co mprendere, all’interno
della nozione di competenza fiscale, ad esempio, i ricavi attesi o sperati; altre limitazioni derivano dalle
disposizioni che prevedono la forfetizzazione di oneri, oppure, il rinvio della deduzione di costi, od anche la
loro deduzione per cassa piuttosto che per competenza.
In tale sistema, la deducibilità di costi/perdite presunti si pone come una eccezione rispetto al sistema e,
come tale, ammessa solo nei casi (e secondo i limiti quantitativi) tassativamente previsti dalle norme d el
TUIR, concernenti la disciplina degli accantonamenti.
Riguardo alle cennate presunzioni legali, che allontanano parzialmente il concetto di “maturazione”, che è
alla base della competenza fiscale, rispetto all’analogo concetto che è alla base della competenza
130
Tale principio corrisponde ad una esigenza tutta fiscale di limitare la discrez ionalità dei soggetti passivi nella determinazione
dell’imponibile IRES: pertanto, in base a tale principio non solo è inibita l’imputazione di utili sperati (in quanto si lascerebbe eccessiva
discrezionalità nel modulare gli imponibili tra più esercizi), ma anche il divieto di imputare costi solo attesi (al fine, ovviamente, di non
deprimere, ad mutuum, l’imponibile fiscale).
E’ utile evidenziare che, diversamente, il principio di prudenza ex codice civile, corrisponde alla preoccupazione tradizionale de l codice
di evitare l’indicazione in bilancio di utili fittizi: pertanto, tale principio determina una differenziazione tra componenti positivi e negativi,
ed, in particolare, implica il divieto di imputazione degli utili sperati, ma non il divieto di imp utazione dei costi solo potenziali.
82
economica, occorre evidenziare che l’art. 109, c. 2 del TUIR, prevede una serie di presunzioni assolute,
verificandosi le quali le distinte categorie di operazioni economiche si considerano effettuate (ed i relativi
componenti reddituali derivati si considerano “maturati”), le quali presunzioni hanno a fondamento le
categorie giuridiche del codice civile (si pensi, ad es., che la cessione di un immobile si intende effettuata al
momento della stipula del rogito, ovvero, se successiva alla data di trasferimento del diritto di proprietà).
Diversamente, come si è illustrato al parag. 4, nel sistema contabile IAS, anche i criteri di imputazione
temporale costituiscono una declinazione del principio della prevalenza della sostanza sulla forma, per cui, ad
esempio, il trasferimento di un asset si considera effettuato quando sono trasferiti tutti i rischi ed i benefici
connessi allo stesso, a prescindere dalle forme giuridiche.
Per tale ragione, l’art. 2, c. 1 del Regolamento attuativo pone, come più imm ediata conseguenza della
derivazione dell’imponibile dal bilancio IAS, l’inapplicabilità delle disposizioni di cui all’art. 109, commi 1 e 2
del TUIR ai soggetti IAS adopter.
Tanto evidenziato, al fine di definire la portata della sostituzione dei “criteri di imputazione temporali”
contenuti nel TUIR (e non solo all’art. 109), con quelli contenuti negli IAS, è necessario distinguere,
all’interno della nozione di competenza fiscale, la nozione di competenza esterna da quella di competenza
interna.
La prima concerne il complesso di disposizioni attinenti all’individuazione del periodo nel quale devono
essere rilevati i proventi e gli oneri derivanti da rapporti con terzi, e che nel Tuir sono contenute
prevalentemente nell’art. 109, commi 1 e 2 131 .
Per quanto riguarda la competenza interna, va, innanzitutto, evidenziato che essa scaturisce dall’insieme
delle regole di imputazione specifica, di matrice strettamente fiscale, le quali non discendono dal cennato
principio di derivazione (né “tradizionale” né “rafforzata”) di cui all’art. 83 del TUIR (si veda il parag. 5.3.1).
In sostanza, la nozione di competenza interna attiene al complesso di norme che riguardano le valutazioni
di fine esercizio degli elementi del patrimonio (plusvalenze e minusvalenze iscritte, ammortamenti
ed altre rettifiche di valore) e quelle che riguardano gli accantonamenti.
Tanto considerato, si evidenzia che l’art. 2 del regolamento attuativo, ha accolto tale impostazione
sistematica, prevedendo che il riferimento, contenuto all’art. 83, ai “criteri di imputazione temporale”, opera,
esclusivamente, nei confronti del gruppo di disposizioni che delineano la c.d. “competenza esterna”, di cui
all’art. 109, commi 1 e 2, del TUIR.
Infatti, tali disposizioni sono quelle che, come detto, risentono in modo diretto della scelta in favore del
sistema contabile IAS.
Come chiarito dalla relazione di accompagnamento al succitato regolamento, la previsione della suddetta
limitazione è stata il frutto delle seguenti considerazioni sistematiche.
131
Più precisamente, come già accennato al parag. 4.3.1, la competenza esterna discende, in primo luogo, dallo stesso principio di
derivazione, ex art. 83 del TUIR (anche quello non rafforzato), ed, in un momento logic amente successivo, discende dalle regole
specifiche, di cui all’art. 109, c. 2: tant’è che l’individuazione delle fattispecie di cui al suddetto comma 2 dell’art. 109 ad es., (mutuo,
corrispettivi a maturazione periodica ecc.) discende dalla loro valorizzazione ai fini della determinazione dell’utile di bilancio secondo il
codice civile, regola che ricade in ambito fiscale in virtù, appunto, del principio di derivazione del reddito dall’utile (art. 83).
E’ evidente che per i soggetti Ias adopter, venuto meno il rinvio al codice civile, tali regole non si applicano più, operando in tal senso
un rinvio alle regole Ias non più mediato dal codice civile.
83
Innanzitutto, va evidenziato il tenore letterale dell’art. 83 del TUIR che fa riferimento, appunto, ai soli
criteri di imputazione temporale.
I n o l t r e , l a r e l a z i o n e d i a c c o m p a g n a m e n t o a l l a l e g g e f i n a n z i a r i a p e r i l 2 0 0 8 , c o n r i f e r i m ento
all’emendamento che ha introdotto la c.d. “deroga generale” in commento, ha chiarito che la stessa è
inidonea a pregiudicare gli interessi dell’Erario, poiché questi “si manifestano essenzialmente sulle
variazioni fiscali che attengono ai profili delle valutazioni e degli accantonamenti per fondi rischi”.
Inoltre, occorre considerare che, come si illustrerà più diffusamente a proposito delle c.d. “deroghe speciali”
(parag. 5.4), la legge finanziaria per il 2008 ha contestualmente modificato una serie di disposizioni in
materia di valutazione di strumenti finanziari (in particolare, degli strumenti finanziari che non
si
considerano immobilizzazioni finanziarie e delle obbligazioni e titoli similari che si consi derano
immobilizzazioni finanziarie), in virtù della quale concorrono alla formazione dell’imponibile anche i maggiori
o i minori valori di questi cespiti, quando imputati a conto economico in base ad una corretta applicazione
dei principi contabili internazionali (cioè, quando sono valutati al fair value).
Come si dirà al parag. 5.4, tale deroga speciale si giustifica alla luce del fatto che le valutazioni compiute
secondo i principi IAS, in forza del principio di derivazione rafforzata, non sono idonee ad incidere in via
automatica sull’imponibile fiscale.
Ancora, occorre tenere presente che le regole in materia di valutazioni e di accantonamenti siano
formulate prevalentemente come regole di misurazione, anziché di imputazione temporale; come
regole, cioè, riguardanti il profilo del quanto e non del quando, destinate a stabilire se, e in quali limiti,
l’importo delle componenti valutative e degli accantonamenti è trasferibile dal calcolo del risultato d’esercizio
a quello dell’imponibile.
Riguardo a tale gruppo di disposizioni, come si dirà al parag. 6.2, il rapporto di derivazione dalle risultanze
bilancistiche risulta attenuato o del tutto interrotto: pertanto, l’art. 2, c. 2 del Regolamento attuativo ne
prevede l’applicabilità anche ai soggetti IAS adopter132 .
In buona sostanza, il legislatore nazionale non ha ritenuto opportuno rinunciare alla propria potestà sulle
norme di valutazione, in quanto si tratta di regole legate strettamente ad interessi specifici della disciplina
del prelievo, e cioè: l’esigenza di assicurare la certezza del rapporto tributario, quella di evitare
inquinamenti dei bilanci, quella di proteggere la base imponibile da manovre elusive o evasive, quella
di contrastare la doppia imposizione, quella di promuovere l’efficienza, il rafforzamento e la
razionalizzazione degli apparati produttivi, quella (anche soltanto, a prescindere dalla sua giustificazione)
di incrementare il gettito del tributo.
Le suddette regole, dunque, seguono logiche valide tanto nei confronti di voci di bilancio formate secondo
i principi contabili nazionali quanto nei confronti di voci di bilancio formate secondo i principi internazionali.
132
Come si è accennato al parag. 4.3.1, l’art. 83 del TUIR, ancorchè contenere una deroga generale, contiene una scelta generale di
sistema: in buona sostanza, come sarà ampiamente illustrato al parag. 6, per i soggetti IAS adopter, il istema delle qualificazioni,
classificazioni ed imputazioni temporali, da assumere quale presupposto per l’applicazione delle fattispecie tributarie, è quello desumibile
dagliIAS.
Orbene, come sarà chiarito al parag. 4.3.6, le qualificazioni contenute negli IAS, per le ragioni appena dette, influenzano sia il valore di
prima iscrizione degli elementi patrimoniali che l’individuazione delle norme fiscali di valutazione del medesimo cespite negli esercizi
successivi, nonché, influenzano l’individuazione delle norme di quantificazione degli elementi reddituali derivati.
84
Si ritiene utile sottolineare che le considerazioni testè riportate con fermano che il “sistema concettuale di
riferimento” nel reddito d’impresa (sia per i soggetti IAS che no IAS) rimane strettamente fiscale: come si
illustrerà al parag. 6, tale conclusione non rappresenta un enunciato meramente teorico, ma serve per
risolve r e , i n c h i a v e i n t e r p r e t a t i v a , i d u b b i d i a p p l i c a z i o n e r e l a t i v i a d i p o t e s i c o n c r e t e , q u a n d o l a
regolamentazione si presta a soluzioni non univoche, ipotesi più che frequente nel caso Ias, soprattutto alla
luce dell’ampia discrezionalità che tali principi attribuiscono all’estensore del bilancio.
A questo punto del discorso, nell’ambito delle disposizioni di valutazione/quantificazione, occorre,
ulteriormente, distinguere le disposizioni che, comunque, risentono “a monte” della scelta di adottare gli IAS
(artt. da 102 a 108), da quelle disposizioni che sono totalmente impermeabili al sistema IAS, prevedendo
deduzioni/tassazione per cassa o a forfait (artt. 88, c. 3, lett. b), 99 e 100 del TUIR, si veda parag. 6.2).
Tale ulteriore distinzione è diretta conseguenza del principio di derivazione dell’utile fiscale dall’utile di
bilancio, ai sensi dell’art. 83 del TUIR.
Infatti, come si è detto al parag. 5.3.1, l’art. 83 del TUIR contiene due scelte di sistema, l’una costituita
dalla derivazione tradizionale e l’altra costituita dalla derivazione rafforzata.
Orbene, i criteri di imputazione temporale, di cui all’art. 109, commi 1 e 2, sono il necessario corollario della
derivazione c.d. “tradizionale” dell’utile fiscale dalle risultanze contabili del bilancio, redatto secondo i principi
contabili nazionali, mediate dalle norme giuridiche del codice civile.
Pertanto, per i soggetti IAS adopter, essendo mutato il sistema di riferimento da prendere a presupposto per
la determinazione dell’utile fiscale, non si rendono applicabili le regole di imputazione temporale, previste
all’art. 109, commi 1 e 2 del TUIR.
Questo legame tra principio di derivazione tradizionale e regole di imputazione temporale, di cui all’art. 109,
commi 1 e 2, spiega anche la ragione per cui la scelta di adottare come sistema di riferimento gli standards
internazionali richiede esclusivamente la deroga ai suddetti criteri (in quanto incompatibili con il nuovo
sistema), mentre non implica alcuna deroga a quei criteri, che pur attengono all’imputazione a periodo di
componenti reddituali, che hanno una matrice strettamente fiscale la cui dipendenza dal principio di
derivazione appare attenuata o del tutto inesistente 133 .
In definitiva, tali ultimi criteri rimangono fermi perché tutte le esigenze che li sorreggono sono immutate per
i soggetti IAS adopter, e confermano la permanenza del sistema giuridico tributario di riferimento nel senso
innanzi chiarito.
In definitiva, mentre, con riferimento alle disposizioni di cui agli artt. da 102 a 108, il sistema IAS, attraverso
le sue qualificazioni, è in grado di incidere sull’an dell’applicabilità delle stesse disposizioni, diversamente,
così come anche illustrato dalla relazione di accompagnamento al regolamento attuativo,
le numerose
regole che richiamano il criterio di cassa per l’imputazione all’imponibile di certi componenti positivi e
negativi (dividendi, contributi costituenti sopravvenienze attive, compensi agli amministratori, oneri fiscali
e contributivi, interessi moratori 134 – ad esempio, sono completamente impermeabili ai principi IAS.
133
Ad esempio, con riferimento agli ammortamenti fiscali (art. 1 02 e 103), le rilevazioni di bilancio (ossia l’avvenuta iscrizione,
classificazione e prima valutazione in bilancio degli elementi patrimoniali) condiziona l’an dell’applicazione di dette disposizione (ad
esempio, attraverso la classificazione tra le immob ilizzazioni di un dato asset); diversamente, con riferimento, ad es., alle deduzioni
forfetarie di oneri (art. 100) la derivazione dal bilancio è recisa totalmente.
134
Si evidenzia che gli interessi moratori sono deducibili per cassa anche nel sistema IAS.
85
Infine, riguardo all’inapplicabilità, ai soggetti IAS adopter, dei criteri di imputazione temporali di natura
“giuridico-formale”, di cui all’art. 109, c. 2, del TUIR, la relazione di accompagnamento al regolamento
attuativo sottolinea che: “vada fatto riferimento agli IAS anche nell’ipotesi in cui la natura
dell’operazione non diverga da quella contrattuale/giuridica e ciò non di meno gli IAS prevedono criteri
temporali di imputazione diversi da quelli indicati dall’articolo 109, commi 1 e 2, del TUIR. Si pensi, ad
esempio,
alla realizzazione di prestazioni di risultato il cui ricavo, secondo i principi tradizionali, va rilevato al
compimento del servizio (momento ch e segna anche la maturazione contrattuale del diritto al
corrispettivo), mentre secondo lo IAS18, se la prestazione è in corso di svolgimento a fine esercizio, esso va
ripartito in base alla parte di servizio eseguita.”
Ciò significa, in sostanza, che i criteri di imputazione temporale, contenuti negli IAS, hanno una autonomia
applicativa rispetto ai criteri di qualificazione e classificazione in bilancio: invece, come si è illustrato al
parag. 5.3.4, i criteri di classificazione si collocano in un a dipendenza logico-applicativa rispetto a quelli di
qualificazione.
A conclusione di questa breve disamina dei profili e delle implicazioni del principio di derivazione rafforzata,
di cui all’art. 83 del TUIR, si ritiene di rilevare quanto segue:
i criteri di qualificazione, previsti dagli IAS, hanno ad oggetto l’an della rilevazione dell’elemento
reddituale/patrimoniale e condizionano la sua classificazione in bilancio; i criteri di imputazione temporale
h a n n o a d o g g e t t o i l q u a n d o d e l l a r i l e v a z i o n e e g o dono di un’autonomia applicativa, cioè, possono
prescindere dai criteri di qualificazione e di classificazione adottati; le norme di valutazione/quantificazione
disciplinano il quantum dell’elemento rilevato, e su tale profilo, come già accennato, incidon o sia le scelte in
tema di qualificazione/classificazione, sia le perduranti esigenze di tipo strettamente fiscale.
Occorre evidenziare, ancora, che la qualificazione di una operazione o di un elemento patrimoniale incide
anche sul valore di prima iscrizione in bilancio, oltrechè, come si è detto, condiziona “a monte” l’applicazione
delle norme di valutazione/quantificazione.
Pertanto, nel paragrafo che segue ci si soffermerà brevemente sui riflessi del principio di derivazione
rafforzata sulle norme di valutazione/quantificazione.
4.3.6: I riflessi del principio di derivazione rafforzata sulle norme di
valutazione/quantificazione.
Come evidenziato ai paragrafi precedenti, l’art. 83 del TUIR pone la locuzione “in deroga” in rapporto,
esclusivamente, ai criteri di qualificazione, di classificazione e di imputazione temporale, assunti a riferimento
dalle successive disposizioni del TUIR.
Pertanto, laddove la succitata locuzione introducesse una deroga in senso tecnico, si dovrebbe concludere
per la totale inefficacia dei criteri IAS rispetto alle disposizioni di valutazione/quantificazione contenute nel
TUIR.
86
Invero, come evidenziato al parag. 5.3.1, la disposizione di cui al terzo periodo dell’art. 83, ancorché
contenere una deroga in senso tecnico, contiene la possibilità di scegliere tra due sistemi contabili da
assumere come presupposto per l’applicazione delle fattispecie fiscali, ossia, contiene un nuovo modello di
derivazione dell’imponibile fiscale dal bilancio redatto in base agli standards internazionali.
In sostanza, il nuovo principio di derivazione rafforzata implica un’ampia influenza dei criteri di rilevazione in
bilancio rispetto alla determinazione dell’imponibile.
Una prima modalità (in ordine logico-sistematico) attraverso cui i criteri di qualificazione previsti dagli IAS
influenzano “a monte” la quantificazione degli elementi patrimoniali e reddituali, si sostanzia negli effetti
delle qualificazioni sulla determinazione del costo di prima iscrizione in bilancio dell’asset oggetto di
qualificazione.
Infatti, come rilevato dalla relazione di accompagnamento al regolamento attuativo: “la classificazione e la
qualificazione rilevante ai fini IAS assume rilevanza fiscale anche laddove si viene a determinare una
diversa nozione del costo di iscrizione dei beni. In particolare, in presenza di acquisto con previsione di
pagamento dilazionato oltre i normali termini di dilazione previsti dal mercato per quel bene, il valore
iniziale di iscrizione dell’attività non è costituito dal prezzo contrattualmente pattuito, bensì dal prezzo
equivalente per pagamento in contanti, che costituirà la base ammortizzabile fiscalmente. Il differenziale
sarà rilevato per competenza come interessi passivi, con conseguente rilevanza fiscale.”.
Tale impostazione sistematica sembra evincersi anche dall’art. 2, c. 3, del regolamento attuativo, il quale
prevede che non possa applicarsi alla prima rilevazione dei crediti in bilancio la disciplina dell’art. 106 del
TUIR che attiene, invece, alla valutazione dei crediti; disciplina che, viceversa, si rende applicabile alle
successive valutazioni in quanto le stesse sono direttamente collegate al rischio di insolvenza del
debitore (materia disciplinata dall’art. 106 del TUIR).
Pertanto, la relazione di accompagnamento al suddetto regolamento ha correttamente concluso che: “la
prima iscrizione dei crediti ad un valore divergente da quello nominale (più alto o più basso) nel sistema
degli IAS non è l’espressione di un criterio di valutazione, ma una rappresentazione di tipo qualitativo,
un’esposizione, cioè, che tiene conto della attualizzazione dei flussi finanziari sulla base del tasso di
interesse effettivo (ovvero di mercato, se divergente) e, pertanto, deve essere accettata come tale –
come qualificazione – anche ai fini fiscali. (…) Va, peraltro, rilevato che l’attualizzazione dei crediti in sede di
loro prima iscrizione esprime una regola di portata generale del sistema IAS che vale sia per gli strumenti
finanziari in genere, quale che sia la fonte da cui derivano (IAS39), sia per i crediti correlati alla produzione
di ricavi (IAS18), sia infine per i debiti contratti a fronte dell’acquisizione di beni (IAS16), sicché si
tratta di una regola che reagisce anche nell’identificazione e quantificazione dei fenomeni economici
(ricavi e costi) sottostanti all’iscrizione di tali poste finanziarie. (…) Relativamente alle banche e alle
imprese di assicurazioni, si è ritenuto, contrariamente a quanto stabilito per le imprese industriali, di
consentire, per motivi di semplificazione gestionale, e in coerenza con il criterio direttivo dell’articolo 1,
comma 58, della finanziaria 2008 che stabilisce di tenere conto delle specificità del settore bancario
e finanziario, l’applicazione dell’articolo 106, comma 3, del TUIR, anche alle differenze di valore di prima
iscrizione. In particolare, secondo le istruzioni per la redazione del bilancio emanate dalla Banca d’Ital ia,
nella valutazione dei crediti delle banche è compresa anche l’attualizzazione dei crediti stessi, il cui
87
successivo riversamento a conto economico è, di conseguenza, considerato ripresa di valore (e non
imputazione di interessi attivi).”.
Ancora, le qualificazioni, influenzando l’an della iscrizione in bilancio, come si è avuto modo di evidenziare,
influenzano “a monte”, l’applicazione delle disposizioni fiscali in materia di ammortamenti e di
accantonamenti.
Ad esempio, con riferimento alle spese di manutenzione ciclica, poiché in base agli IAS le stesse devono
essere patrimonializzate, tali spese concorrono alla formazione del reddito di impresa necessariamente
mediante il processo di ammortamento (il quale, tuttavia, resta disciplinato dall’art. 102 del TUIR) e non
possono beneficiare della diretta imputazione a conto economico e quindi del correlato regime di deduzione
previsto dall’art. 102, c. 6 in alternativa alla patrimonializzazione.
Q u a n t o t e s t è i l l u s t r a t o è e m b l e m a t i c o d i c o m e l e d i s posizioni del TUIR, contenenti di
valutazione/quantificazione (nella specie gli artt. 102 e 107), nella loro concreta applicazione, risentono
dell’influenza dei criteri di qualificazione previsti dagli IAS.
In merito a quanto appena considerato, la citata relazione di accompagnamento al regolamento attuativo,
afferma che: “analogo ragionamento può riguardare la collocazione dei fondi di ripristino e di bonifica che
gli IAS impongono di contabilizzare in contropartita di un costo integrativo dell’investime nto che concorre,
come tale, a formare il valore ammortizzabile del bene. Tale rappresentazione, infatti, si ritiene esprima una
regola di qualificazione che deve rilevare anche ai fini fiscali.”.
Infine, un altro esempio di come le qualificazioni IAS incidono sulla individuazione dei criteri di valutazione
da applicare alla specifica fattispecie, concerne i criteri IAS per la qualificazione di un’opera come di durata
ultrannuale.
Infatti, come chiarito dalla suddetta relazione di accompagnamento: “se per la valutazione delle commesse
di lunga durata gli IAS impongono di operare il “combining” di contratti separatamente stipulati ma
aventi ad oggetto opere funzionalmente o economicamente connesse ovvero il “segmenting” di opere di
natura autonoma ma dedotte nel medesimo contratto, le rappresentazioni IAS devono prevalere
riferimento
sul
contenuto nell’articolo 93 del TUIR all’oggetto unitario (inteso in senso giuridico) del
contratto.”.
Differentemente, non hanno rilievo fiscale, tutte quelle disposizioni, contenute negli IAS, che prevedono
criteri di valutazione che si connotano per una autonomia applicativa rispetto ai criteri di qualificazione
previsti dagli IAS stessi: come si illustrerà al parag. 5.4, tali criteri valutativi h anno accesso nel sistema del
TUIR esclusivamente se sono richiamati da deroghe speciali (si veda, ad es. il disposto degli artt. 94, c. 4bis
e 110, commi 1bis e 1ter).
Per la ragione testè esposta, la più volte richiamata relazione di accompagnamento al Re golamento
attuativo, precisa che: “nessuna rilevanza va attribuita ai plus/minusvalori nascenti dalla “rivalutation
model” (IAS16), nonché dall’adozione del fair value per i beni d’investimento (IAS40) né alle perdite
derivanti da impairment test: si tratta, infatti, di componenti valutative per le
quale
restano
applicabili le regole dell’IRES che disconoscono la rilevanza delle valutazioni di tali beni.”.
4.4 Le c.d. “deroghe speciali”: loro funzione tributaria in un quadro di si s t e m a
88
Al parag. 5.3.1, si è anticipato che il “sottosistema” di regole attraverso le quali i criteri di qualificazione,
classificazione ed imputazione temporale, previsti dagli standards internazionali, si integrano nel sistema del
TUIR, si caratterizza per la coesistenza di un principio di derivazione rafforzata, previsto al terzo periodo
dell’art. 83 del TUIR, accanto a numerose disposizioni, aventi un ambito applicativo particolare, definite
“deroghe speciali”, contenute negli articoli successivi all’art. 83.
Pertanto, al fine di esplicare compiutamente la funzione tributaria di ciascuna delle c.d. “deroghe speciali”, si
ritiene necessario, innanzitutto, definire i rapporti tra l’insieme di tali disposizioni e il suddetto principio di
derivazione rafforzata.
Si ritiene opportuno (in quanto sul punto vi è discordanza di opinioni) prendere posizione in merito al fatto
che i rapporti tra l’insieme delle c.d. “deroghe speciali” e la previsione di cui al terzo periodo dell’art. 83 (c.d.
“deroga generale”) non possono ricondursi al modello relazionale che si configura tra “norme di specie” e
norme di genere”.
Infatti, il suddetto modello di rapporti si manifesta quando: 1) con riferimento ad una medesima materia, vi
è una disposizione che ha un ambito applicat ivo più ampio accanto a disposizioni aventi un ambito
applicativo più ristretto; 2) le norme del secondo gruppo sottraggono alla norma generale parte del suo
ambito applicativo, per assoggettare la materia ivi ricadente ad un regime parzialmente differente da quello
previsto dalla norma di genere.
Tanto considerato, si ritiene che nessuna delle suddette caratteristiche si verifichi con riferimento al caso in
esame, cioè le deroghe speciali, non solo, non sono deroghe in senso tecnico, ma, neppure, sono “deroghe
della deroga” generale.
Infatti, come si evidenzierà nel corso di questo paragrafo, le c.d. “deroghe speciali” hanno un ambito
applicativo differente da quello della previsione generale, di cui all’art. 83, in quanto la maggior parte di esse
t r a e l a p ropria funzione proprio dai sopraevidenziati limiti della portata della derivazione rafforzata,
soprattutto per quel che concerne l’inefficacia di tale derivazione rispetto alle norme di
valutazione/quantificazione che godono di un’autonomia applicativa rispetto alle qualificazioni di bilancio (si
pensi agli artt. 94, c. 4bis, 108, c. 3, 110 commi 1bis e 1ter).
In buona sostanza, le deroghe speciali hanno, in alcuni casi, la funzione di attribuire rilevanza fiscale alle
valutazioni/quantificazioni, operate in base agli IAS, che non avrebbero rilievo in base al principio di
derivazione rafforzata, altre volte, hanno la funzione di coordinare le classificazioni contenute negli IAS con
le classificazioni presupposte dalla disciplina fiscale, cioè le classificaz ioni previste dal codice civile e dai
principi contabili nazionali, al fine di rendere effettiva la prevalenza di quelle previste dagli standards
internazionali (artt. 85, c. 3bis, 89, c. 2bis)
Qui di seguitoci si soffermerà brevemente su ciascuna deroga speciale.
Art. 85, c. 3bis (nuova nozione di immobilizzazione finanziaria).
Si rinvia a quanto già esposto al parag. 5.3.4.
89
Art. 89, c. 2bis (esclusione da tassazione dei dividendi).
Tale disposizione deve essere letta in combinato disposto con il precedente comma 2 del medesimo art. 89,
che esclude da tassazione il 95% degli utili distribuiti da un soggetto IRES ad un altro soggetto IRES,
nonché, con il citato art. 85, c. 3bis, che, con riferimento ai soggetti IAS adopter, individua (“a contrario”) le
partecipazioni che costituiscono immobilizzazioni finanziarie con riferimento a quelle classificate in categorie
diverse da quella degli strumenti finanziari detenuti per la negoziazione.
In buona sostanza, l’art. 89 c. 2bis va a subordinare, per i soli s oggetti IAS adopter, l’esclusione da
tassazione del dividendo alla circostanza che le partecipazioni siano fiscalmente qualificabili come
immobilizzazioni finanziarie.
Ciò in quanto, con riferimento alle partecipazioni che fiscalmente non costituiscono imm obilizzazioni
finanziarie (ai sensi dell’art. 85, c. 3bis) l’art. 94, c. 4bis, attribuisce rilievo fiscale alle relative variazioni del
fair value: come evidenziato al parag. 4, le componenti reddituali derivanti dalle valutazioni al fair value degli
strumenti finanziari sono imputate a conto economico (IAS 39), rappresentando tali componenti perdite od
utili attesi.
Pertanto, si ritiene che la disposizione di cui all’art. 89, c. 2bis corrisponda ad una logica di simmetria, in
quanto, attraverso il riconoscimento fiscale delle valutazioni delle partecipazioni non immobilizzate, in base al
criterio del fair value, si fanno concorrere (per il loro intero ammontare) alla formazione dell’imponibile sia le
perdite che gli utili attesi: di conseguenza, anche agli utili effettivi è stato riservato il medesimo trattamento.
Art. 94, c. 4bis.
Della funzione sistematica di tale disposizione si è già accennato sub. Art. 89, c. 2bis e si dirà sub. Art. 110,
c. 2-bis.
Art. 101, c. 2-bis.
Tale disposizione prevede, per i soggetti IAS adopter, i criteri di valutazione applicabili agli strumenti
finanziari costituenti immobilizzazioni finanziarie, ai fini della determinazione del valore fiscalmente
riconosciuto, da prendere come parametro in sede di determinazione dell e minusvalenze realizzate: tali
criteri sono individuati con rinvio all’art. 110, c. 1-bis.
Art. 103, c. 3bis (ammortamento dell’avviamento)
La funzione di tale disposizione si pone in correlazione al fatto che lo IAS 38 non prevede per le
immobilizzazioni immateriali un processo di ammortamento, ma prevede una procedura di revisione
periodica del valore residuo dell’immobilizzazione immateriale (c.d. “impairment test”): pertanto, per i
90
soggetti IAS adopter, relativamente alle immobilizzazioni immateri a l i , n o n s i d e t e r m i n a n o q u o t e d i
ammortamento imputate a conto economico.
Inoltre, occorre considerare che in assenza di una deroga speciale che attribuisca rilievo fiscale ai
componenti reddituali derivanti dalla procedura dell’”impairment test”, per le ragioni sopra esposte (si veda
parag. 5.3.5), le medesime componenti non possono considerarsi fiscalmente rilevanti.
Di conseguenza, il legislatore ha previsto, al comma 3bis del citato art. 103, che, per i soggetti IAS adopter,
è consentita la deduzione (extracontabile) delle quote di ammortamento dell’avviamento, ancorchè non
imputate a conto economico.
La ratio di tale deroga speciale, si ritiene, scaturisce dal fatto che il legislatore, da un lato, non ha voluto
attribuire rilievo fiscale ai componenti reddituali derivanti dall’”impairment test”, mentre, dall’altro, non ha
voluto penalizzare i soggetti IAS adopter inibendo qualsivoglia riconoscimento fiscale all’avviamento acquisito
a titolo oneroso.
Art. 108, c. 3, secondo periodo (spese relative a più esercizi).
Si ritiene utile riportare la lettera della norma: “Le medesime spese, non capitalizzabili per effetto dei principi
contabili internazionali, sono deducibili in quote costanti nell'esercizio
in cui sono state sostenute e nei quattro successivi.”.
Tale disposizione segue quella di cui al precedente periodo che prevede: “Le altre spese relative a più
esercizi, diverse da quelle considerate nei commi 1 e 2 sono deducibili nel limite della quota imputabile a
ciascun esercizio.”.
Orbene, la lettera della norma fa riferimento, per i soggetti IAS adopter, ad una deducibilità quinquennale,
mentre, per i soggetti no IAS, rimanda ad un generale criterio di competenza (interna).
Si ritiene che, attraverso la disposizione in commento, il legislatore non abbia voluto dare accesso nel
sistema del TUIR ai criteri IAS di competenza interna, neppure in una materia in cui la disciplina domestica
non prevede precisi criteri di riparto degli oneri tra più esercizi: pertanto, si deve ritenere, sia in base ad una
interpretazione letterale che sistematica della norma in commento, che le spese relative a più esercizi, per i
soggetti IAS adopter, laddove non patrimonializzate in applicazione degli IAS medesimi, vadano distribuite
in 5 esercizi per quote costanti.
Art. 110, commi 1bis e 1ter, (norme generali sulle valutazioni).
Per chiarezza espositiva si ritiene utile riportare il testo delle norme in commento.
1-bis. “In deroga alle disposizioni delle lettere c), d) ed e) del comma 1, per i soggetti che redigono il
bilancio in base ai principi contabili internazionali di cui al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002:
91
a) i maggiori o i minori valori dei beni indicati nell'articolo 85, comma 1, lettera e), che si
considerano immobilizzazioni finanziarie ai sensi del comma 3-bis dello stesso articolo, imputati a conto
economico in base alla corretta applicazione di tali principi, assumono rilievo anche ai fini fiscali;
b) la lettera d) del comma 1 si applica solo per le azioni, le quote e gli strumenti finanziari similari
alle azioni che si considerano immobilizzazioni finanziarie ai sensi dell'articolo 85, comma 3-bis;
c) per le azioni, le quote e gli strumenti finanziari similari alle azioni, posseduti per un periodo
inferiore a quello indicato nell'articolo 87, comma 1, lettera a), aventi gli altri requisiti previsti al comma 1 del
medesimo articolo 87, il costo e' ridotto dei relativi utili percepiti durante il periodo di possesso per la quota
esclusa dalla formazione del reddito.”.
1-ter. “Per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali di cui al citato
regolamento (CE) n. 1606/2002, i componenti positivi e negativi che derivano dalla valutazione, operata in
base alla corretta applicazione di tali principi, delle passivita' assumono rilievo anche ai fini fiscali.”.
Tutte le disposizioni sopra riportate hanno l’evidente funzione di attribuire rilievo fiscale alle
valutazioni/quantificazioni operate in base agli IAS.
In particolare, la lett. a) del comma 1bis, svolge una funzione di perequazione nell’ambito del sottosistema di
deroghe speciali volte ad attribuire rilievo fiscale alle valutazioni degli strumenti finanziari valutati al fair
value, le cui variazioni (positive e negative) sono imputate a conto economico, in base allo IAS 39.
Occorre ancora considerare che, in base al suddetto IAS 39, il criterio di valutazione del fair value si rende
applicabile, a determinate condizioni, anche agli strumenti finanziari classificati in categorie differenti da
quella degli strumenti finanziari detenuti per la negoziazione 135 , i quali ultimi soltanto, in base alla deroga
speciale di cui all’art. 85, c. 3bis, sono fiscalmente qualificati come non appartenenti alla categoria delle
immobilizzazioni finanziarie.
Pertanto, la lett. a) del comma 1bis, facendo riferimento ai “maggiori o minori valori … imputati a conto
economico …”, si ritiene faccia riferimento alle sopra cennate ipotesi nelle quali lo IAS 39 prevede la
valutazione al fair value di strumenti finanziari diversi da quelli detenuti per la negoziazione (come, ad es.,
nell’ipotesi della c.d. “fair value option”, di cui allo IAS 39, parag. 9, lett. b): ciò, naturalmente, nelle ipotesi
in cui gli strumenti finanziari designati al fair value si riconducono ai “beni”, di cui all’art. 85, c. 1, lett. e)
(obbligazioni ed altri titoli similari, emessi in serie o di massa).
Relativamente alla f.v.o., è da ritenersi che l’art. 110, c. 1-bis, lett. a) operi con riguardo alle variazioni di
fair value successive alla prima rilevazione in bilancio: infatti, il rilievo fiscale della f.v.o., in sede di prima
rilevazione, è diretta conseguenza del sopraccennato rilievo fiscale delle qualificazioni nel bilancio IAS (si
veda, amplius, parag. 6.2, sub. Art. 110).
135
In linea generale, lo IAS 39 non prevede la rilevazione al conto economico delle variazioni di fair value degli strumenti finanziari che
ai fini fiscali debbono considerarsi immobilizzazioni finanziarie.
Vi sono, tuttavia, talune ipotesi particolari previste dallo IAS 39 in cui le variazioni di valore degli strumenti finanziari in parola
interessano il conto economico. Ad esempio, si pensi alla
rilevazione delle rettifiche di valore derivanti dall’impairment (IAS 39, par. 63), ovvero alla rilevazione delle movimentazioni del fair
value in presenza di un derivato designato di copertura (IAS 39, par. 89 -94) o dell’esercizio dell’opzione per la FVO - Fair value option
(IAS 39, par. 9, lett. b).
92
In definitiva, la succitata lett. a) del comma 1bis, con esclusivo riferimento ai soli “beni” di cui all’art. 85, c.
1, lett. e) (ossia, obbligazioni ed altri titoli similari emessi in serie o di massa), attribuisce rilievo fiscale ai
relativi “maggiori o minori” valori, laddove questi ultimi siano il frutto di valutazioni al fair value.
Pertanto, si ritiene, che la disposizione in commento vada letta in combinato disposto con quella recata
all’art. 94, c. 4bis, che come si è detto, (relativamente ai “beni” non solo indicati alla lett. e), ma anche a
quelli indicati alle lett. c) e d) del c. 1 dell’art. 85, non costituenti immobilizzazioni finanziarie) attribuisce
rilievo fiscale alle variazioni di valore determinate in applicazione degli IAS e, in concreto trattandosi di
strumenti finanziari detenuti per la negoziazione, valutati al fair value, secondo quanto previsto dallo IAS 39.
Per questa via, si viene a determinare una parità di trattamento fiscale tra tutti i “beni” di cui all’art. 85, c. 1 ,
lett. e), valutati al fair value, a prescindere dal fatto che fiscalmente siano qualificabili come immobilizzazioni
finanziarie.
L’esclusione, invece, da tale equiparazione dei “beni” di cui alle lett. c) e d) dell’art. 85, quando gli stessi
siano qualificabili come immobilizzazioni finanziarie, si ritiene, si spiega alla luce del fatto che, trattandosi di
strumenti partecipativi al capitale o di strumenti ad essi assimilati, si rende operante la generale esclusione,
introdotta dalla riforma del TUIR del 2004, di ogni riconoscimento fiscale alle valutazioni delle partecipazioni
costituenti immobilizzazioni finanziarie (pex o no pex), in quanto non è consentito il trasferimento di
utili/perdite da un soggetto IRES all’altro se non attraverso gli istituti della trasparenza fiscale e del
consolidato (in tal senso, si veda Circolare Agenzia Entrate n. 36 del 2004).
La lett. b) del comma 1bis in commento, si pone in rapporto sia alla lett. d) del comma 1 dello stesso art.
110 che alla più volte citata disposizione recata al comma 4bis dell’art. 94 del TUIR.
La succitata lett. d) del comma 1 dell’art. 110 dà applicazione al suddetto principio di irrilevanza fiscale
delle valutazioni delle partecipazioni immobilizzate.
Tanto considerato, la lett. b) del comma 1bis in commento, si pone come norma di raccordo tra le altre due
norme appena richiamate, in quanto stabilisce che l’irrilevanza fiscale delle valutazioni dei titoli partecipativi è
limitata al caso in cui gli stessi costituiscono fiscalmente partecipazio ni immobilizzate, in modo da non
lasciare dubbi circa l’ambito di operatività del comma 4bis dell’art. 94, il quale comprende esclusivamente i
“beni” indicati all’art. 85, c. 1, lett. c), d) ed e), non costituenti immobilizzazioni finanziarie.
La lett. c) del comma 1bis dell’art. 110 del TUIR, si ritiene, costituisca una norma antielusiva, in quanto, in
caso di cessione, prima del decorso del holder period minimo, di una partecipazione avente tutti (tranne
uno) i requisiti pex, prevede che il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione stessa vada ridotto
degli utili, eventualmente percepiti medio tempore, per la parte esclusa da tassazione in forza dell’art. 89 del
TUIR.
Occorre evidenziare che, ai sensi dell’art. 87 del TUIR, per i soggetti IAS ad opter, il requisito dell’iscrizione
della partecipazione tra le immobilizzazioni finanziarie, si sostanzia alla luce di quanto previsto dall’art. 85, c.
3bis.
93
Inoltre, si deve tenere presente che, come sopra illustrato, l’art. 89, c. 2bis, relativamente ai soggetti IAS
adopter, subordina l’esclusione da tassazione dei dividendi al fatto che le partecipazioni cui ineriscono siano
fiscalmente qualificabili come immobilizzazioni finanziarie.
Pertanto, la lett. c) del comma 1bis dell’art. 110 prevede, in sede di cessione della partecipazione classificata
come non detenuta per la negoziazione in base allo IAS 39, il “recupero” a tassazione degli utili, medio
tempore percepiti, ed esclusi da tassazione in forza dell’art. 89, c. 2bis del TUIR.
Art. 110, comma 1 ter
tale disposizione attribuisce rilevanza fiscale alle valutazioni relative alle passività, operate in base agli IAS.
E’ opinione condivisa quella secondo cui la suddetta previsione è limitata alle sole passività finanziarie (in tal
senso sembra essere orientata anche l’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 33 del 10/07/2009), oltrechè,
la più volte citata relazione di accompagnamento al regolamento attuativo.
Riguardo alla concreta individuazione delle fattispecie riconducibili alla categoria de lle passività finanziarie, in
coerenza a quanto sin qui esposto, si ritiene che occorra fare riferimento alle qualificazioni delle passività
finanziarie contenute allo IAS 32.
Art. 112, c. 3bis (operazioni fuori bilancio).
Com’è noto, l’art. 112 del TUIR disciplina quelle operazioni che, in ragione delle qualificazioni delle stesse
basate sul codice civile e sui principi contabili nazionali, fondate su criteri eminentemente formalistici, non
possono essere rilevate in bilancio.
Le medesime operazioni, invece, per i soggetti IAS adopter, transitano per il bilancio, in quanto la gran parte
dei contratti menzionati nell’art. 112 del TUIR corrispondono alla definizione di strumento finanziario di cui
allo IAS 32.
Il comma 3bis dell’art. 112 attribuisce, quindi, rilievo fiscale alle valutazioni delle operazioni indicate al
comma 1 del medesimo art. 112, valutazioni operate sulla base dei criteri fissati dagli stessi IAS (soprattutto
lo IAS 39).
Il comma 6 dell’art. 112, nel qualificare le operazioni di copertura, contiene una clausola di salvezza
concernente le omologhe qualificazioni operate in base agli IAS.
Si ritiene che trattasi di una clausola “pleonastica”, in quanto la deroga generale di cui all’art. 83 sarebbe
stata idonea a derogare alle qualificazioni di cui al comma 6 in commento.
94
Par. 5. Il regolamento di attuazione - (di Mario Tenore)
Sommario: 5.1. Aspetti generali; 5.2 i principi generali enunciati dal regolamento; 5.3: l’art. 2: il principio
della prevalenza della sostanza sulla forma ed i criteri di rappresentazione in bilancio; 5.3.1 il comma 1: il
modo di operare del principio della prevalenza della sostanza sulla forma; 5.3.2. Il comma 3: il
coordinamento con l’art. 106 del tuir (valutazione dei crediti); 5.3.3. Il comma 4: il coordinamento con l’art.
105 tuir (fondi di previdenza e quiescenza); 5.4: l’art. 3: operazioni tra soggetti che applicano gli ias e
soggetti che non li applicano; 5.4.1 il comma 3 ed il concetto di “natura giuridica” dell’operazione; 5.4.2
operazioni tra soggetti che applicano differenti criteri di rilevazione in bilancio; 5.5: l’art. 4: la disciplina delle
operazioni di aggregazione aziendale; 5.6: l’art. 5: la neutralita’ fiscale in sede di first time adoption; 5.7:
l’art. 6: i comportamenti adottati nel triennio 2005-2007.
5.1 ASPETTI GENERALI.
Come evidenziato al parag. 4.3.1, con la L. 24 Dicembre 2007, n. 244 (Finanziaria per il 2008), il legislatore
ha modificato l’art. 83 del TUIR (Determinazione del Reddito Complessivo), introducendo la possibilità di
adottare il bilancio IAS come parametro dal quale fare derivare l’imponibile IRES (c.d. “principio di
derivazione rafforzata”).
La suddetta riforma legislativa, commentata al paragrafo 5, ha richiesto l’introduzione di norme secondarie di
attuazione, al fine di un migliore coordinamento tra le modifiche legislative ed il preesistente impianto del
TUIR, il quale, come detto al parag. 5, rimane, anche per i soggetti IAS adopter, il sistema concettuale di
riferimento per la determinazione dell’imponibile IRES.
Pertanto, la finanziaria per il 2008 ha previsto, al comma 60, criteri direttivi per l’emanazione di uno specifico
Regolamento attuativo, che è stato approvato con il D.M. n. 48 dell’1/04/2009 (in seguito: Regolamento
IAS).
Prima di procedere ad un’analisi dettagliata delle singole disposizioni del regolamento IAS, ci soffermeremo
sui principi generali in esso enunciati.
5.2 I principi generali enunciati dal regolamento
Il primo principio enunciato dal regolamento ias è il principio della prevalenza della sostanza sulla forma,
quale criterio di rappresentazione in bilancio degli elementi reddituali e patrimoniali, ai fini della
determinazione del reddito imponibile.
L’enunciazione di tale principio è contenuta in una disposizione di apertura, l’art. 2, rubricata “Criteri di
qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti dagli IAS”.
E’ utile osservare che la enunciazione del suddetto principio si colloca nell’ambito di una disposizione
rubricata con riferimento ai criteri di rappresentazione in bilancio: ciò è esplicativo del fatto che, sul piano
sistematico, il principio della prevalenza della sostanza sulla forma ha accesso nel sistema del TUIR
95
attraverso il principio di derivazione rafforzata dell’imponibile fiscale d al bilancio redatto secondo i principi
IAS.
Infatti, è proprio dai criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio che
discendono “le regole di rappresentazione” dei componenti reddituali e patrimoniali, richiamate al comma 1
del citato art. 2 del regolamento, conformi alla tecnica contabile propria dei principi contabili internazionali.
Per tale ragione, come si è già avuto modo di dire al parag. 5, per i soggetti tenuti all’applicazione dei
principi contabili internazionali nella redazione dei bilanci annuali, il principio del substance over form ha
innovato radicalmente il sistema contabile di riferimento per l’applicazione delle fattispecie reddituali, in
precedenza costituito dal bilancio redatto secondo i criteri codicis tici, i quali prediligono la prevalenza della
forma giuridica rispetto alla sostanza economica delle operazioni.
Pertanto, venendo meno, per i soggetti IAS adopter, la mediazione giuridica delle norme codicistiche, le
fattispecie reddituali, disciplinate dal TUIR, assumono come riferimento non più un sistema contabile nel
quale la rappresentazione delle operazioni in bilancio avviene in base al diritto di proprietà, ma un sistema in
cui l’iscrizione delle operazioni è effettuata secondo la “sostanza economico-finanziaria dell’operazione”
considerata 136 .
Un secondo capisaldo, sancito dall’art. 3, c. 1, del Regolamento attuativo, è costituito dal principio secondo
cui la rilevanza degli IAS ai fini fiscali non può determinare, in capo al medesimo soggetto passivo di
imposta, doppia deduzione ovvero nessuna deduzione di componenti negativi né doppia tassazione ovvero
nessuna tassazione di componenti positivi.
Un terzo principio si ricava dall’art. 5 del regolamento ias (criteri di neutralità fiscale e first time adoption): si
tratta del principio di neutralità in sede di prima applicazione dei principi contabili internazionali, già previsto
all’art. 13 del d.lgs. N. 38 del 28 febbraio 2005, ed accolto in pieno dalla citata disposizione.
Invece, come si illustrerà più diffusamente al parag. 6.5, con riferimento alle operazioni di riorganizzazione
aziendale, il principio di neutralità è stato recepito solo parzialmente (si veda art. 4 del regolamento).
Senza entrare, per ora, nel dettaglio delle due ultime dispos izioni appena richiamate (artt. 4 e 5 del
Regolamento), occorre osservare che, verosimilmente, il diverso modo di attagliarsi del principio di
neutralità, nelle due suddette disposizioni, risiede nella differente finalità delle disposizioni considerate: l’art.
4 è teso a disciplinare l’applicazione delle norme del TUIR con riferimento alle operazioni di riorganizzazione
aziendale, mentre, l’art. 5 disciplina gli aspetti transitori connessi al passaggio al sistema IAS. L’art. 4, si
ritiene, va collegato all’operare del principio di derivazione rafforzata: tale norma non fa altro che affermare,
ancorché non in via assoluta, la rilevanza delle regole di qualificazione, imputazione temporale e
classificazione in bilancio ai fini fiscali anche RELATIVAMENTE ALLE operazioni di riorganizzazione aziendale.
Orbene, delineato, seppur succintamente, l’impianto concettuale del Regolamento IAS, ci si soffermerà sulle
singole disposizioni che lo compongono.
136
Si veda Dezzani, F., Gli Ias e la loro applicazione in Italia, in Le rivoluzioni contabili di inizio millennio, Franco Angeli, 2006: Milano, p.
111.
96
5.3. L’art. 2: le regole di rappresentazione del bilancio ed il principio della prevalenza della
sostanza sulla forma
Con l’articolo quivi esaminato il legislatore ha precisato la portata applicativa dell’art. 83 del TUIR, nella parte
in cui sancisce la rilevanza ai fini della determinazione dell’imponibile IRES , dei criteri di “qualificazione,
imputazione temporale e classificazione in bilancio”, previsti dai principi contabili internazionali.
L’art. 2 del regolamento consta di 4 commi, che, potrebbero riassumersi in due soli principi: il principio della
prevalenza della sostanza sulla forma, sancita dal comma 1, ed il principio secondo cui resta ferma
l’applicazione delle disposizioni relative alla competenza interna, sancito dai commi DA 2 a 4.
Proprio i commi da 2 a 4 hanno limitato la portata del sistema di derivazione DELL’IMPONIBILE FISCALE DAL
BILANCIO IAS, risultante dalla riforma, CHE da taluni è stato definito di derivazione accentuata (si veda,
amplius, parag. 5.3.1).
In particolare, il comma 2 fa salva l’applicazione delle norme di c.d. “competenza interna” che incidono in
misura diretta sulla determinazione del reddito imponibile (si veda parag. 5.3.5).
Nei commi 3 e 4 dell’art. 2, invece, il regolamento disciplina aspetti più specifici, relativi al coordinamento del
nuovo principio di derivazione rafforzata con disposizioni che rientrano tra quelle relative alla competenza
interna; si tratta dell’art. 106, commi 1 e 3 del TUIR, disciplinante la svalutazione dei crediti e dell’art. 105,
commi 1 e 2 del TUIR, avente ad oggetto l’accantonamento ai fondi di quiescenza e previdenza.
Procedendo con ordine, qui di seguito, si inizierà ad analizzare il comma 1 dell’art. 2 del regolamento.
5.3.1 Il comma 1: il modo di operare del principio della prevalenza della sostanza sulla forma
Tale disposizione statuisce la rilevanza fiscale dei criteri di qualificazione, classificazione e di imputazione
temporale, utilizzati per le rilevazioni bilancistiche, operate in base al principio della prevalenza della
sostanza sulla forma.
Come evidenziato al parag. 4.3.2, i criteri di “qualificazione”, “imputazione temporale” e “classificazione in
bilancio” di cui all’art. 83 del TUIR hanno una natura prettamente contabile, e, pertanto, essi devono essere
ricavati dal sistema contabile IAS.
Per tale ragione, come si è evidenziato (parag. 4.3.2) la derivazione dell’imponibile IRES dal bilancio IAS
passa attraverso il corretto coordinamento delle qualificazioni contabili, previste dagli IAS, con le
qualificazioni fiscali dei componenti reddituali, operate dal TUIR.
Orbene, l’art. 2, comma 1, si preoccupa, appunto, di coordinare le qualificazioni IAS con quelle fiscali.
Pertanto, la disposizione in commento, nell’affermare la rilevanza fiscale del principio della prevalenza della
sostanza sulla forma, sancisce conseguentemente la non applicabilità ai soggetti IAS dell’art. 109, commi 1 e
2, nonché di ogni altra disposizione che assuma i componenti reddituali e patrimoniali in base a regole di
rappresentazione non conformi al criterio appena richiamato.
Infatti, come evidenziato al parag. 4.3.5, i principi, di matrice codicistica, di certezza ed oggettiva
determinabilità, che, in base al disposto dell’art. 109, c. 1, costituiscono il fondamento applicativo dei criteri
97
di imputazione temporale tradizionali, sono del tutto incompatibili con i criteri di rilevazione in bilancio basati
sul principio della prevalenza della sostanza sulla forma.
Infatti, secondo la relazione di accompagnamento al regolamento, il superamento del comma 1 dell’art. 109
si è reso necessario in quanto gli IAS fanno anch’essi riferimento, ancorché in misura meno rigida, a criteri di
certezza e determinabilità, specificandone in vario modo il contenuto; la sovrapposizione applicativa della
norma fiscale avrebbe potuto generare incertezza. Ne deriva, quindi, che assumono rilevanza fiscale anche i
componenti rilevati in bilancio ma privi dei requisiti di certezza ed oggettiva determinabilità. Tale
impostazione supera le incertezze applicative, confermate dall’ambiguità della giurisprudenza di Cassazione,
relative all’imputazione a periodo di componenti reddituali di competenza di un esercizio, ma divenute certe
e determinabili nell’esercizio successivo entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi.
Una importante conseguenza dell’inapplicabilità ai soggetti IAS adopter, dei criteri di rilevazione tradizionali,
è costituito dalla possibilità di attribuire rilievo fiscale anche ai c.d. “ricavi attesi” di matrice IAS.
Inoltre, l’inapplicabilità ai soggetti IAS adopter dei criteri di rilevazione, basati sui principi codicistici di
certezza ed oggettiva determinabilità, produce anche un’altra conseguenza assai pregnante, ossia,
l’inapplicabilità a detti soggetti del presupposto, richiesto dall’art. 101, c. 5, per la deducibilità delle perdite
su crediti, agganciato anch’esso al criterio civilistico della certezza.
Infatti, secondo i principi contabili internazionali, i crediti rimangono iscritti in bilancio fino a quando esistono
validi diritti a esigerli nei confronti dei clienti ovvero dei terzi (Ias 39, paragrafo 17); fino a tale momento,
dovranno essere soggetti a valutazione alla fine di ciascun esercizio (Ias 39, paragrafi 45 e seguenti).
In buona sostanza, si ritiene che, nella fattispecie sopra delineata, per effetto del principio di derivazione, la
“derocognition” del credito, operata ai fini IAS, deve essere accettata come tale anche ai fini fiscali.
Relativamente alle conseguenze applicative dell’inapplicabilità ai soggetti IAS adopter delle disposizioni di cui
all’art. 109, c. 2, la relazione di accompagnamento al decreto richiama, a titolo esemplificativo, le seguenti
fattispecie:
Ricavi da prestazioni di risultato in corso di svolgimento, che, ai sensi dello IAS 18, devono essere ripartiti a
fine esercizio in base alla prestazione eseguita;
Ricavi misti o congiunti, cioè pattuiti a fronte della cessione di beni e della promessa di servizi o future
prestazioni di servizi, che ai sensi dello IAS 18, devono essere ridotti riscontando la parte di tali ricavi
ricollegabile alle prestazioni o servizi non ancora resi;
L’acquisto o la rivendita di azioni proprie che ai fini IAS non produce effetti sul piano reddituale ma opera
solo sul patrimonio netto. Dal punto di vista contabile, l’acquisto è assimilabile nella sostanza ad una
modalità alternativa di rimborso del capitale, mentre, per converso, la successiva rivendita è assimilata ad
una nuova emissione di titoli azionari; non rileverebbe quindi il differenziale positivo ovvero negativo tra il
prezzo di rivendita e il relativo costo di acquisto delle azioni proprie, che è imputato rispettivamente ad
incremento ovvero riduzione del patrimonio netto a titolo di sovrapprezzo.
Costi relativi ad acquisti di beni strumentali con previsione di pagamento oltre i normali termini di dilazione
previsti dal mercato, che, ai sensi dello IAS 18, andranno commisurati al prezzo equivalente per pagamento
in contanti; tale valore sarà considerato il valore iniziale di ammortamento, mentre la differenza, qualificata
come interessi passivi, sarà imputata ai relativi periodi secondo il principio di competenza;
98
Spese di manutenzione ciclica, per le quali gli IAS dispongono la capitalizzazione al costo dei beni oggetto
della manutenzione (si veda, amplius, parag. 6.2, sub. Art. 107);
Fondi di ripristino e di bonifica che gli IAS impongono di contabilizzare in contropartita di un costo integrativo
dell’investimento che concorre, come tale, a formare il valore ammortizzabile del bene;
Tanto rappresentato, prima di passare in rassegna i commi successivi dell’art. 2 del Regolamento IAS, che
formeranno oggetto dei successivi paragrafi, si ritiene utile richiamare l’elencazione delle norme considerate
di competenza interna dallo stesso Regolamento IAS.
All’uopo, il comma 2 dell’art. 2 richiama le disposizioni che prevedono:
- limiti quantitativi alla deduzione di componenti negativi; la loro esclusione ovvero la ripartizione in più
periodi di imposta;
- l’esenzione ovvero l’esclusione, parziale o totale, dalla formazione del reddito imponibile di componenti
positivi, o la ripartizione in più periodi di imposta;
- la rilevanza di componenti positivi o negativi nell’esercizio, rispettivamente, della loro percezione o del loro
pagamento.
Si tratta, in buona sostanza, di tutte le norme che pongono limiti quantitativi al riconoscimento fiscale degli
ammortamenti, delle valutazioni e degli accantonamenti ovvero che non consentono la deduzione dei costi,
in quanto non inerenti.
5.3.2. Il comma 3: il coordinamento con l’art. 106 del tuir (valutazione dei crediti).
Con riferimento al comma 3 dell’articolo 2, si evidenzia che esso esclude l’applicazione dei limiti di cui all’art.
106 TUIR alle differenze emergenti dalla prima iscrizione dei crediti ivi previsti, derogando quindi al principio
più generale che salvaguarda l’applicazione delle norme di competenza interna. Il riferimento alla prima
iscrizione dei crediti in bilancio non pregiudica però l’applicazione dei suddetti limiti alle valutazioni
successive.
Al fine di meglio esplicare la portata del comma 3 dell’art. 2 del re golamento si ritiene utile accennare
all’inquadramento dei crediti nel sistema contabile IAS.
In base allo IAS 32, i crediti, siano essi commerciali o finanziari, rientrano nella più ampia categoria degli
strumenti finanziari, ed in sede di prima iscrizione sono classificati in una delle quattro categorie, previste
dallo Ias 39, ossia strumenti finanziari al fair value (FVPTL); investimenti posseduti sino alla scadenza
(HTM); finanziamenti e crediti (Loans and Receivables); attività finanziarie disponibili p e r l a v e n d i t a
(Available for sale).
In virtù delle caratteristiche della categoria Loans and Receivables, che include attività finanziarie non
derivate con pagamenti fissi o determinabili, è assai verosimile che essa includa gran parte dei crediti
dell’impresa. In tale categoria i crediti vengono valutati, in fase di rilevazione iniziale, al fair value,
aumentato ovvero diminuito dei proventi o dei costi di transazione; a tal fine, se il credito fosse erogato ad
un tasso inferiore a quello di mercato la d ifferenza tra il valore attualizzato al tasso di mercato e quello
erogato è iscritta come componente negativo di reddito al conto economico.
99
La rilevazione dei costi/ricavi di transazione è quindi necessaria in quanto funzionale alla determinazione del
tasso di interesse effettivo dell’intera operazione di finanziamento. Solo l’individuazione del tasso effettivo
renderà possibile una rappresentazione del provento effettivo che periodicamente andrà riversato al conto
economico. Ne discende un duplice effetto: da un lato si realizzerà una redistribuzione lungo gli anni di
durata del finanziamento dei proventi effettivi ricollegabili all’operazione, dall’altro si avrà contezza, in fase di
rilevazione iniziale, del valore netto rappresentativo dell’esborso sostenuto dalla parte acquirente.
Per le valutazioni successive, lo IAS 39 distingue tra crediti a breve e crediti a lungo termine: solo per questi
ultimi si applica il metodo del costo ammortizzato utilizzando il criterio dell’interesse effettivo. Per i cred iti a
breve, invece, occorre rilevare che lo IAS 32 consente la rinuncia all’applicazione del criterio del costo
ammortizzato e quindi al processo di attualizzazione, considerato che questo realizza effetti trascurabili: il
valore contabile sarebbe già di per sé una ragionevole approssimazione del fair value.
Altro aspetto rilevante ai fini che qui ci interessano è rappresentato dalla valutazione periodica dei crediti al
termine di ciascun esercizio fiscale: si tratta della procedura di impairment test che implica una riduzione del
valore del credito qualora si ritenga, in virtù di eventi noti o accaduti successivamente alla rilevazione
iniziale, che il valore iscritto non sia interamente recuperabile. La riduzione di valore andrà operata solo se
non sia dovuta ad eventi futuri (expected loss); viceversa, sarà esclusa quando l’attività finanziaria non sia
singolarmente significativa.
Contabilmente la riduzione di valore può essere operata tramite una diretta diminuzione del valore contabile
del credito ovvero tramite l’accantonamento ad un apposita riserva. Qualora vengano successivamente meno
le ragioni della perdita sarà necessario ripristinare il valore del credito sia direttamente ovvero attraverso lo
storno dell’accantonamento. In tutti i casi, la ripresa di valore non potrà determinare un valore del credito
eccedente il costo ammortizzato del credito alla data di ripristino, che lo stesso avrebbe assunto qualora la
perdita di valore non fosse mai stata realizzata.
Un ulteriore aspetto meritevole di attenzione, in quanto incidendo sulla rilevazione/cancellazione dei crediti in
bilancio ha ripercussioni - per il tramite del principio di derivazione rafforzata - sulla determinazione
dell’imponibile, è rappresentato dalla derecognition, cioè dalla cancellazion e dell’attività dal bilancio,
ammessa solo nella misura in cui dalla cessione del credito vengano trasferiti tutti i rischi e i benefici ad esso
connessi. È questa chiaramente una delle maggiori differenze rispetto al sistema dei principi contabili
nazionali che discende direttamente dalla rilevanza del principio della sostanza sulla forma. La derecognition
e la sua valenza ai fini fiscali è stata peraltro oggetto di un pronunciamento dell’Agenzia delle Entrate
(risoluzione n. 100/E del 16 maggio 2007) espresso però in momento anteriore rispetto alle modifiche del
TUIR operate con la Finanziaria 2008. In quell’occasione, l’amministrazione si esprimeva nel senso di non
riconoscere alcuna valenza fiscale al ripristino in bilancio di crediti ceduti a terzi, in virtù del fatto che il
cedente non avesse trasferito tutti i rischi ed i benefici connessi agli stessi. Dal mancato riconoscimento
fiscale del ripristino in bilancio dei crediti scaturiva il disconoscimento della svalutazione dei crediti ai sensi
dell’art. 106 del TUIR.
Occorre rimarcare che l’ambito di applicazione dell’art. 2 comma 3 è circoscritto alla fase di rilevazione
iniziale in bilancio dei crediti, ossia alla rilevanza fiscale del valore attuale del finanziamento calcolato in
considerazione del tasso di interesse effettivo.
100
Tanto considerato, la norma esclude l’applicazione dei limiti quantitativi previsti all’art. 106 del TUIR, commi
1 e 3: l’assenza di una previsione normativa avrebbe generato incertezze nel caso in cui il credito fosse stato
iscritto ad un valore contabile inferiore rispetto a quello nominale. La stessa relazione di accompagnamento
al regolamento afferma che “la prima iscrizione dei crediti ad un valore divergente da quello nominale (più
alto o più basso) nel sistema IAS non è l’espressione di un criterio di valutazione ma una rappresentazione di
tipo qualitativo, un’esposizione cioè che tenga conto dell’attualizzazione dei flussi finanziari sulla base del
tasso di interesse effettivo (ovvero di mercato se divergente) e pertanto deve essere accettata come tale –
come qualificazione – anche ai fini fiscali.”.
I processi di attualizzazione del credito e di rilascio dei proventi effettivi durante l’arco temporale di durata
del finanziamento, calcolati in base al tasso di interesse effettivo (anche di misura maggiore rispetto agli
interessi commisurati al tasso nominale), non hanno natura valutativa; le componenti reddituali da essi
derivanti, ossia la perdita dovuta all’attualizzazione dei flussi futuri a un tasso di mercato, andrà im putata a
conto economico ed avrà rilevanza fiscale.
Si rammenta, tuttavia, che l’art. 2 comma 3 ha previsto che “…I soggetti cui si applica il comma 3 del citato
articolo 106 possono, tuttavia, assoggettare anche le predette differenze di prima iscrizione ai limiti ivi
indicati.”. La ragione di una tale deroga risiede nella più semplice gestione amministrativa relativa al
passaggio dall’utile di bilancio a quello fiscale, considerato che, le istruzioni della banca d’Italia abbiano
incluso nelle valutazioni anche il processo di attualizzazione/reversal dei proventi effettivi 137 .
I limiti di cui all’art. 106, comma 1 e comma 3, restano validi invece con riferimento alle valutazioni
successive alla prima iscrizione in bilancio, cioè alle svalutazioni da impairme nt test. Ciò nonostante, i
successivi ripristini di valore rilevati a conto economico sarebbero invece sempre tassabili. La procedura di
derecognition, infine, interesserà solo indirettamente l’applicazione dell’art. 106 del TUIR: la svalutazione
opererà anche per i crediti già oggetto di cessione nella misura in cui questi verranno ripristinati in bilancio,
per effetto della rilevanza del principio di prevalenza della sostanza sulla forma.
Pertanto, si ritiene superata la posizione espressa dall’amministrazione finanziaria con la risoluzione n. 100/E
del 2007, sopra richiamata.
In tema di prima designazione dei crediti in bilancio, appare molto discutibile la posizione assunta
dall’amministrazione finanziaria con la risoluzione 189/E del 20 luglio 2009, avente ad oggetto l’opzione al
fair value. Con riferimento ad una società di intermediazione finanziaria, la cui attività era volta all’acquisto
pro-soluto di crediti di difficile esigibilità e di crediti fiscali, l’agenzia delle entrate rigettava la tesi d ella
società istante secondo cui tali crediti erano riconducibili tra le immobilizzazioni finanziarie ai sensi dell’art.
110, comma 1, lett. c) del TUIR e le relative plusvalenze iscritte non potevano ritenersi escluse dal concorso
alla formazione del reddito imponibile. Secondo l’Agenzia, per i soggetti che operano nel settore creditizio e
che quindi redigono il bilancio secondo il decreto legislativo n. 87 del 1992, l’art. 106, comma 3 del TUIR
“…attribuisce rilevanza al valore dei crediti risultanti in bilancio” a prescindere dalla categoria di strumenti
finanziari in cui i crediti sono classificati.”.
137
Si veda anche la Circolare ABI, serie tributaria n. 14/2009.
101
Immediata è stata la critica della dottrina contabile, secondo cui la fair value option è un’operazione di
designazione, appunto, al fair value, di strumenti finanziari in funzione di copertura dei rischi, che prescinde
dal fatto che lo strumento designato sia detenuto per la negoziazione.
Pertanto, uno strumento finanziario, per il solo effetto della fair value option, non può qualificarsi come
un’attività o una passività posseduta per la negoziazione. Secondo tale dottrina, le variazioni a fair value da
essa derivanti e riflesse nel conto economico avrebbero rilevanza fiscale quali componenti positivi ovvero
negativi del reddito imponibile, per effetto della derivazione dell’imponibile dalle qualificazioni bilancistiche
IAS.
Tuttavia, la stessa dottrina rilevava come nel caso di specie la fair value option non poteva essere applicata,
in quanto non veniva indicato il rischio comune alle attività e passività finanziarie coperto mediante l’opzione.
Tanto rappresentato in ordine al comma 3 dell’art. 2 del Regolamento IAS, qui di seguito ci si soffermerà sul
comma 4 dello stesso art. 2, relativo al trattamento fiscale degli accantonamenti a fondi di quiescen za e
previdenza.
5.3.4 Il comma 4: il coordinamento con l’art. 105 tuir (fondi di previdenza e quiescenza).
Il comma 4 prevede che gli accantonamenti di cui all’art. 105, comma 1, relativi ai fondi di indennità di fine
rapporto e ai fondi di previdenza, e comma 2, relativi agli adeguamenti dei fondi in virtù di modificazioni
normative e retributive, siano deducibili entro certi limiti quantitativi.
Tali limiti sono rappresentati dalla differenza fra l’importo complessivo dei fondi calcolati al termine
dell’esercizio in conformità delle disposizioni legislative e contrattuali che regolano il rapporto di lavoro dei
dipendenti, e l’importo di tali fondi fiscalmente riconosciuto al termine dell’esercizio precedente al netto degli
utilizzi dell’esercizio. Secondo la norma, concorrono a determinare gli accantonamenti tutte le componenti
reddituali, positive e negative, iscritte a conto economico o a patrimonio netto in contropartita di detti fondi.
Prima di addentrarci nell’analisi della disposizione richiamata è opportuna una breve digressione sul sistema
di previdenza complementare, riformato per effetto del D.Lgs. 5 dicembre 2006, n. 252, successivamente
integrata per effetto di norme aggiuntive, contenute nella Legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria
2007). Per effetto della riforma, le imprese con un numero di addetti superiore a 50 unità mantengono in
azienda le quote TFR accantonate fino al 31 dicembre 2006, e, a seguito di scelta del dipendente, dovranno
destinare le quote maturate a partire dal 1° gennaio 2007, a forma di previdenza complementare ovvero
all’apposito Fondo di tesoreria istituito presso l’INPS. A fronte del trasferimento, l’impresa dovrà alimentare
mensilmente un conto acceso ai costi per gli accantonamenti TFR rilevati nel mese in corso accreditando in
contropartita un conto che registri l’uscita finanziaria in favore dell’INPS della quota di TFR maturata, che
dovrà effettuarsi entro il 16 del mese successivo a quello di maturazione.
Nelle imprese con un numero di dipendenti inferiore a 50, il lavoratore potrà scegliere la forma di previdenza
complementare ovvero mantenere il TFR nell’impresa. In tale ultimo caso, il fondo TFR subirà
movimentazioni annuali per effetto dell’uscita di alcuni lavoratori e per la rilevazione degli accantoname nti
dell’esercizio.
Tanto premesso, occorre evidenziare che lo IAS di riferimento è lo IAS 19, il quale, nel disciplinare i “Benefici
per i dipendenti”, stabilisce regole assolutamente differenti rispetto ai principi contabili nazionali, in particolar
102
modo per le quote di TFR destinate a rimanere in azienda; in tutti gli altri casi, non ci sono sensibili
differenze tra i criteri IAS 19 e la disciplina nazionale, considerato che le forme pensionistiche complementari
sono programmi a contribuzione definita, insuscettibili di apprezzabili variazioni di valore.
Per comprendere appieno la portata della disposizione di coordinamento tra IAS 19 e disciplina interna (art.
2, c. 4 del Regolamento IAS), è opportuno fare alcune considerazioni relative allo IAS 19.
Lo IAS 19 non prevede regole specifiche per i trattamenti di quiescenza: infatti, il trattamento di fine
rapporto è una peculiarità del sistema pensionistico italiano, che, come chiarito dalla risoluzione dell’Agenzia
delle Entrate n. 133 del 16 novembre 2006, è da considerarsi fra i benefici successivi al rapporto di lavoro e
in particolare fra i programmi a benefici definiti.
Secondo lo IAS 19, l’accantonamento al fondo TFR risulta dalla sommatoria algebrica di talune componenti
che, da un lato, saranno proiettate nel futuro attraverso opportune tecniche attuariali e, dall’altro, saranno
attualizzate attraverso il metodo della “proiezione unitaria del credito” dell’importo della passività e del costo
da imputare a conto economico.
Per quanto detto, si comprende perchè è frequente che gli accantonamenti a fondo TFR calcolato secondo lo
IAS 19 sia inferiore rispetto a quello fiscalmente ammesso ai sensi dell’art. 105 del TUIR, parametrato a
quello civilistico previsto all’art. 2120 c.c..
La minor quota accantonata risulterebbe fiscalmente deducibile solo nel periodo di imposta in cui il
dipendente lascia l’azienda. Ciò risulterebbe estremamente complesso ove si consideri che la disciplina
prevista dallo IAS 19 presuppone una gestione del fondo TFR per “masse” e non invece per singolo
dipendente.
Le imprese IAS, infatti, procedono a rilevare la quota carente nell’esercizio attraverso una rettifica
dell’accantonamento IAS complessivo rilevato a fine esercizio. La differenza tra quanto accantonato
contabilmente al fondo per i dipendenti fuorisciti e quanto prelevato in fase di utilizzo influirà come revisione
delle stime attuariali, relative all’accantonamento dell’anno nel corso del quale avviene l’uscita del
dipendente. Solo in tale momento vi sarà un riavvicinamento tra il fondo TFR calcolato secondo gli IAS ed il
fondo TFR calcolato secondo il codice civile; tale riavvicinamento sarà però completo solo al momento
dell’uscita di tutti i dipendenti.
Proprio la gestione per “masse” ha indotto l’estensore del rego lamento ad introdurre un limite alla
deducibilità non più a carattere analitico bensì calcolato ponendo a confronto il fondo TFR, determinato ai
sensi del codice civile, accantonato alla fine dell’esercizio precedente con quello accantonato alla fine
dell’esercizio successivo.
Dalla lettura dell’art. 2, comma 4 del Regolamento IAS può evincersi la sussistenza di un doppio binario che
obbliga l’impresa a calcolare non solo il TFR alla luce dello IAS 19 ma anche l’accantonamento che si sarebbe
determinato ai sensi dell’art. 2120 del c.c..
x
Ciò in quanto la deduzione dell’accantonamento calcolato ai sensi dello IAS 19 è consentita nei limiti
della differenza tra l’importo maturato ex art. 2120 cc e il valore fiscalmente riconosciuto risultante
al termine dell’esercizio precedente, al netto degli utilizzi nel frattempo intervenuti.
103
L’eventuale eccedenza di segno negativo non è fiscalmente deducibile in ragione della mancata imputazione
a conto economico, ma, secondo quanto chiarito dalla relazione illustrativa, viene “recuperata in un esercizio
successivo, ove in tale esercizio si verifichi la situazione inversa.”.
Per ragioni di completezza, occorre anche sottolineare un ulteriore aspetto: l’art. 2, comma 4, secondo
periodo, afferma che “concorrono a determinare gli accantonamenti tutte le componenti positive e negative
iscritte a conto economico o a patrimonio netto in contropartita di detti fondi.”. Ove si consideri che il
meccanismo di determinazione dell’accantonamento secondo lo IAS 19 preveda una somma algebrica di
componenti positivi e negativi non può escludersi che dallo stesso risulti un accantonamento negativo, cioè
con saldo avere. La disposizione appena richiamata induce quindi a ritenere che tale componente reddituale
positiva concorra alla formazione del reddito imponibile.
Più in generale, il secondo periodo dell’art. 2, comma 4 del regolamento è da ricollegare all’eliminazione
dall’art. 83 del TUIR, nella versione previgente alla Finanziaria 2008, dell’inciso secondo cui l’utile di esercizio
dovesse essere “aumentato o diminuito dei componenti che per effetto dei principi contabili internazionali
sono imputati direttamente a patrimonio netto”. La relazione di accompagnamento al decreto conferma che
tale eliminazione non ha carattere sostanziale, atteso che il riferimento alle qualificazioni, imputazioni
temporali e classificazioni in bilancio di per sé sarebbe idonea a ricomprendere anche l’imputazione di
vicende reddituali operate in base agli IAS direttamente nello stato patrimoniale. Come sottoli neato dalla
stessa relazione di accompagnamento, una posizione contraria risulterebbe asistematica, in virtù del
mantenimento del riferimento ai componenti negativi imputati a patrimonio netto in seno all’art. 109, c. 4 del
TUIR: se così fosse la rilevanza fiscale dei componenti imputati a patrimonio netto opererebbe solo per i
componenti negativi (si veda, amplius, parag. 5.3.1).
Infine, relativamente all’eventuale eccedenza positiva dell’accantonamento, calcolato ai sensi dello IAS 19,
rispetto al limite fiscalmente deducibile, ove non riassorbita dalle suddette differenze di segno negativo,
determinerà, in sede di dichiarazione, una variazione in aumento dell’imponibile fiscale.
5.4: L’art. 3: operazioni tra soggetti che applicano gli ias e soggetti che non li applicano.
L’art. 3 del regolamento IAS attua il principio direttivo, di cui all’art. 1, comma 60, lett. a) della finanziaria
per il 2008, secondo cui il Regolamento attuativo deve fissare “i criteri per evitare che la valenza ai fini fiscali
delle qualificazioni, imputazioni temporali e classificazioni previste dagli IAS, determini doppia deduzione o
nessuna deduzione di componenti negativi ovvero doppia tassazione o nessuna tassazione di componenti
positivi”.
Il comma 1 dell’art. 3 in commento riafferma tale principio, chiarendo però che il divieto di doppia deduzione
o di doppia tassazione debba riferirsi al medesimo soggetto passivo di imposta.
La scelta di limitare al medesimo soggetto i divieti di duplicazioni, sopra indicati, si appalesa obbligata, ove si
considerino le diversità di rappresentazioni in bilancio di una stessa fattispecie negoziale, non soltanto
quando la fattispecie considerata interessi soggetti che applicano principi contabili differenti, ma anche
quando la medesima fattispecie coinvolga due soggetti IAS adopter: ciò è possibile in virtù delle diverse
104
rappresentazioni contabili ammesse dai principi contabili internazionali anche con riferimento ad una
medesima fattispecie negoziale, come nel caso dello IAS 17 per il leasing fi nanziario.
Tanto premesso, il comma 2 dell’art. 3 afferma che la rilevazione ed il trattamento ai fini fiscali delle
suddette operazioni debbano essere individuati sulla base della corretta applicazione dei principi contabili
adottati da ciascun soggetto coinvolto.
Questo principio trova però una deroga nel comma 3 dell’art. 3 del regolamento, che individua talune
operazioni per le quali la rappresentazione operata in base ai principi contabili internazionali, secondo il
generale principio di prevalenza della sostanza sulla forma, eccezionalmente, non ha rilievo fiscale, in
quanto,ai fini dell’individuazione della fattispecie fiscale applicabile, si deve fare riferimento alla natura
giuridica delle operazioni, facendo salvi i criteri di imputazione temporale previsti dagli IAS, i quali, come
detto al parag. 5.3.4, godono di un’autonomia applicativa rispetto ai criteri di qualificazione e classificazione
previsti dagli stessi standards internazionali.
La suddetta deroga opera, in primo luogo, per le operazioni aventi ad oggetto i titoli partecipativi e gli
strumenti finanziari assimilati alle azioni, anche costituenti immobilizzazioni finanziarie, con esclusione delle
azioni proprie e degli altri strumenti rappresentativi del patrimonio netto, ed in secondo l u o g o , p e r
l’individuazione del soggetto cui spetta l’attribuzione di ritenute o di crediti di imposta.
Prima di passare ad analizzare dettagliatamente le due fattispecie sopra richiamate, si ritiene opportuno
svolgere alcune considerazioni in merito AL RIFERIMENTO alla “natura giuridica”, operato al comma 3
dell’art. 3 del regolamento.
5.4.1 Il comma 3 ed il concetto di “natura giuridica” dell’operazione.
Com’è noto, un richiamo alla “natura giuridica” è contenuto all’art. 20 del D.P.R. n. 131/1986, in base al
quale, in tema di imposta di registro, “L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici
degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente”.
La funzione di quest’ultima norma è quella di permettere all’amministrazione finanziaria di riqualificare
l’operazione posta in essere in base all’effettiva sostanza economica dell’operazione, a prescindere dalla
forma giuridica della stessa.
Al pari dell’art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973, la norma si pone l’obiettivo ultimo di combattere l’elusione,
ossia l’aggiramento di obblighi o divieti dell’ordinamento tributario, conseguito attraverso operazioni la cui
forma giuridica nasconde il reale risultato economico perseguito. Sulla base di queste considerazioni occorre
chiedersi se l’art. 3, comma 3 del regolamento abbia la stessa finalità o se, invece, il riferimento alla natura
giuridica abbia una diversa ratio.
Si ritiene che debba preferirsi la seconda tra le due possibili conclusioni.
Infatti, nell’ottica dell’art. 3, c. 3 del Regolamento IAS, la natura giuridica è richiamata con riferimento ad
una serie tassativa di operazioni per le quali non opererebbero la qualificazione, l’imputazione temporale e la
classificazione del bilancio IAS, le quali, come detto, sono il frutto dell’applicazione del principio della
prevalenza della sostanza sulla forma, ma tali operazioni assumono rilievo fiscale in ragione della “natura
giuridica” delle stesse.
105
All’uopo, occorre rilevare che la suddetta deroga è inserita in una disposizione che si pone una finalità ben
diversa rispetto a quella antielusiva: come noto, infatti, l’art. 3 del regolamento si pone l’obiettivo di evitare il
sorgere di doppie tassazioni ovvero doppie deduzioni.
La finalità non antielusiva del richiamo alla natura giuridica è corroborata dal comma 5 dell’art. 3, inserito
nella prima versione del regolamento e poi espunto su indicazione del Consiglio di Stato. Tale disposizione
faceva salva l’applicazione dell’art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973 alle fattispecie previste dall’art. 3, commi 3
e 4, ma secondo il Consiglio di Stato “…se pur adottata in relazione a soggetti IAS, ha in realtà una valenza
generale essendo applicabile a tutti i soggetti a prescindere dalla contabilità ad ottata. Tale norma deve
pertanto essere espunta, trovando se ritenuta opportuna, idonea collocazione in apposito veicolo normativo
primario”.
Da quanto testè esposto, si ritiene di potere evincere che, nelle intenzioni degli estensori del regolamento, la
disposizione con finalità antielusiva sarebbe dovuta essere il comma 5, poi espunto, e non invece il comma
3.
Pertanto, si può concludere che il richiamo alla “natura giuridica”, contenuto al comma 3 suddetto,non ha la
medesima finalità dell’analogo riferimento alla “natura ed agli effetti giuridici” contenuto nell’art. 20 del
D.P.R. n. 131/1986.
La prima disposizione tende infatti ad evitare il sorgere di doppie tassazione o doppie deduzioni con
riferimento alle operazioni indicate nel comma 2 dell’art. 3 del regolamento.
Ciò posto, data la finalità non antielusiva del comma 3 in commento, la ratio di tale disposizione, si ritiene,
vada ricercata all’interno della finalità dell’intero Regolamento IAS, ossia quella di delineare il procedimento
logico-giuridico di integrazione dei criteri di qualificazione e classificazione previsti dagli IAS nel sistema del
TUIR, che costituisce, anche per i soggetti IAS adopter, il sistema concettuale di riferimento per la
determinazione dell’imponibile IRES.
Tale processo di integrazione ha come fattore di innesco il principio di derivazione rafforzata, i cui effetti sul
TUIR sono modulati dalle disposizioni del Regolamento attuativo.
Tanto considerato, si ritiene che la ratio del comma 3 in commento, abbia la funzione di rendere non
efficace, limitatamente alle operazioni menzionate, il principio di derivazione dal bilancio IAS, prevedendo,
relativamente alle operazioni indicate, che le fattispecie fiscali applicabili devono essere individuate,
assumendo come presupposto delle stesse non già le qualificazioni del bilancio IAS (come richiederebbe il
principio di derivazione), bensì, le qualificazioni che “tradizionalmente” fanno da presupposto alle norme del
TUIR, ossia quelle del codice civile, basate, per definizione, sulla natura giuridica delle operazioni.
D’altra parte, l’art. 83 del TUIR, come evidenziato al parag. 5.3.1, contiene due scelte generali di sistema
alternative, ma che non danno spazio ad alcun tertium genus: pertanto, il principio di derivazione opera o
con riferimento al bilancio IAS o con riferimento al bilancio redatto in base al codice civile.
In definitiva, si ritiene che il richiamo alla “natura giuridica”, operato dall’art. 3, c. 3 del Regolamento,
implichi che, limitatamente alle operazioni indicate, le fattispecie fiscali applicabili vanno individuate
assumendo le qualificazioni delle medesime operazioni che si sarebbero avute nel bilancio redatto in base al
codice civile.
106
Tuttavia, occorre tenere presente che, in base alla sopra richiamata clausola di salvezza dei criteri di
imputazione temporale, di cui al comma 3 in commento, ad es., per gli strumenti finanziari, restano validi i
criteri di recognition e di derecognition, previsti dallo IAS 39.
Tanto considerato in ordine alla locuzione “natura giuridica”, utilizzata dall’art. 3, c. 3 del Regolamento IAS,
si ritiene utile soffermarsi brevemente sulle singole fattispecie a cui tale locuzione si riferisce.
Per quanto concerne la prima fattispecie, l’art. 3, comma 3, lett. a) richiama l’art. 85, comma 1, lett. c) e d),
del TUIR, riguardante le azioni o quote di partecipazione, anche non rappresentati da titoli, al capitale delle
società di cui all’art. 73 del TUIR, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, diverse da quelle cui si
applica il regime di participation exemption ex art. 87, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è
diretta l’attività dell’impresa 138 .
Ai fini che qui interessano, il riferimento all’art. 85, comma 1, lett. d) deve essere inteso nel senso di
escludere la seconda parte della norma riferita alla locuzione “che non costituiscono immobilizzazioni
finanziarie, diverse da quelle cui si applica il regime di participation exemption ex art. 87, anche se non
rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa”.
L’art. 3, comma 3 lett. a) contiene l’inciso “anche costituenti immobilizzazioni finanziarie”. Inoltre, lo stesso
comma 3 lett. a) esclude dal proprio ambito di applicazione le azioni proprie e gli altri strumenti
rappresentativi del patrimonio proprio, per i quali continueranno ad operare, anche fiscalmente, gli ordinari
criteri di recognition/derecognition previsti dai principi contabili internazionali.
La ratio della esclusione dall’ambito applicativo della deroga delle operazioni su azioni p roprie e strumenti di
partecipazioni al patrimonio proprio, si ritiene, risiede nel fatto che l’art. 3 del regolamento riguarda
operazioni intersoggettive: l’intersoggettività difetterebbe invece nelle operazioni sulle azioni proprie ovvero
sugli strumenti rappresentativi del patrimonio netto proprio dell’entità.
La seconda fattispecie, di cui all’art. 3, comma 3 lett. b) interessa invece l’individuazione del soggetto cui
spetta l’attribuzione di ritenute o di crediti di imposta. Il riferimento alla natura giuridica poteva generare
dubbi nei casi in cui all’attribuzione delle ritenute non facesse seguito l’attribuzione del reddito: la relazione
di accompagnamento afferma però l’irrilevanza della seconda ai fini dell’individuazione delle ritenute e dei
crediti di imposta.
Tuttavia, occorre rilevare che, le modalità applicative delle ritenute e dello scomputo di crediti tributari
presuppone necessariamente l’imputazione del reddito al medesimo soggetto al quale le ritenute ed i crediti
sono riferiti.
Relativamente alla previsione di cui al comma 4 dell’art. 3 del regolamento IAS, secondo cui si applica, in
ogni caso, l’art. 89, comma 6 del TUIR agli interessi, dividendi o altri proventi derivanti da titoli acquisiti,
sotto il profilo giuridico, in base a rapporti di pronti contro termine ovvero a mutuo garantito di titoli. Vale la
pena rilevare un collegamento imperfetto tra la norma in esame ed il richiamo all’art. 89, comma 6 del TUIR
che, come noto, non riguarda il trattamento fiscale dei dividendi relativi a partecipazioni oggetto dei rapporti
sopra mezionati.
138
Per le partecipazioni in società non residenti, lo stesso art. 85, comma 1, lett. d) del TUIR dispone un richiamo all’art. 44, comma 2..
107
Si ritiene, che l’art. 89, c. 6 del TUIR, fa riferimento esclusivamente agli interessi, sul presupposto,
probabilmente, che i contratti di pronti contro termine abbiano ad oggetto esclusivamente tito li a reddito
fisso.
Come si dirà al parag. 6.2, sub. Art. 89, al fine di coordinare la previsione di cui all’art. 3, c. 4 del
Regolamento IAS, con quella di cui all’art. 89, c. 6 del TUIR, la prima di dette disposizioni deve essere intesa
nel senso che, riguardo alle operazioni di pronti contro termine, si rende applicabile la disciplina fiscale
individuabile in base alla natura giuridica dell’operazione, ossia, presupponendo una disciplina di tipo
realizzativo, che è, appunto, quella presupposta dall’art. 89, c. 6 del TUIR.
5.4.2 Le operazioni tra soggetti che adottano differenti criteri di rilevazione
Relativamente alle ipotesi di operazioni tra soggetti IAS e soggetti non IAS il trattamento ai fini fiscali è
determinato, per ciascuna delle parti dell’operazione, sulla base della corretta applicazione dei principi
contabili da essi adottati.
Il medesimo criterio si applica quando le operazioni intervengono tra soggetti IAS che applicano differenti
criteri di iscrizione e di cancellazione dal bilancio di attività e passività (ad es., per una delle parti di un
contratto di leasing, lo stesso viene qualificato come leasing operativo, mentre, per l’altra parte è qualificato
come leasing finanziario).
Tanto evidenziato, si ritiene condivisibile la scelta, operata dal Regolamento, di riferire i divieti di
duplicazione di tassazione e di deduzione al singolo soggetto, in quanto una scelta che avrebbe abbracciato
tutte le parti di una medesima operazione, sarebbe stata di difficile attuazione pratica.
5.5 L’art. 4: la disciplina delle operazioni di aggregazione aziendale
L’art. 4 del regolamento IAS si occupa di coordinare i principi IAS con la disciplina fiscale di diritto interno,
relativa alle operazioni di aggregazione aziendale.
L’introduzione di una disposizione ad hoc si è resa necessaria per confermare la neutralità fiscale delle
operazioni di fusione, scissione e conferimento che ai sensi dell’IFRS3 139 sono configurate come realizzative.
Il comma 1 dell’art. 4 del regolamento dispone che i costi accessori a tali operazioni (es. due diligence)
costituiscono in tutti i casi costi fiscalmente deducibili. L’inciso “in ogni caso” intende assicurare la
deducibilità anche a fronte della capitalizzazione degli stessi nei valori dell’azienda ricevuta, così co me
previsto dai principi contabili internazionali. Come precisato dalla stessa relazione di accompagnamento al
regolamento, tale soluzione è opportuna sia per evitare di creare discriminazioni rispetto alle analoghe
operazioni realizzate dalle imprese che non adottano gli IAS e che imputano tali costi a conto economico,
con piena rilevanza fiscale, sia perché la capitalizzazione prevista dallo IFRS3, già sopra richiamato, è stata
da ultimo sostituita con un criterio, attualmente in corso di omologazione, ch e è invece basato sulla
139
Si vedano i parag. 3 e 19 rispettivamente per la definizione di acquirente e controllo.
108
imputazione di tali costi a conto economico. Restano tuttavia incerte le modalità relative alla deducibilità, ivi
compresa la stessa individuazione dell’esercizio di competenza.
Occorre evidenziare che l’IFRS3 si applica alle aggregazioni aziendali per le quali è possibile individuare un
acquirente, ossia l’entità aggregante o il soggetto che ottiene il controllo su una o più entità o attività
aziendali distinte (acquisito). Il caso tipico è quello di una fusione tra soggetti privi d i legami partecipativi che
per il soggetto acquirente sarà contabilizzata con il metodo dell’acquisto. Tale metodo richiede che le attività
e le passività (anche potenziali) del soggetto acquisito siano rilevate al fair value mentre i propri elementi
patrimoniali rimangono iscritti al costo storico.
Senza entrare nel dettaglio delle tecniche contabili giova ricordare che lo IFRS3, al parag. 16, prevede tre
fasi distinte: l’identificazione dell’acquirente, la determinazione del costo di acquisizione ed infine,
l’allocazione, alla data di acquisizione 140 del costo dell’aggregazione aziendale sulle attività 141 e passività
(anche potenziali) acquisite ed identificabili. Ove il costo dell’acquisizione risulti superiore al fair value delle
attività e passività identificabili dall’acquisita si provvederà ad iscrivere un avviamento; viceversa la
differenza costituirà un negative goodwill o utile straordinario.
L’art. 4 del regolamento dispone, in buona sostanza, il principio della neutralità fiscale anche per le
operazioni di riorganizzazione contabilizzate con il metodo dell’acquisto ai sensi dello IFRS3: ne deriva, da un
lato, la continuità dei valori e l’irrilevanza delle plusvalenze e minusvalenze soltanto iscritte e dall’altro, un
doppio binario che impone la gestione della fiscalità differita.
In base al comma 2 dell’art. 4, in luogo del disavanzo da fusione o scissione, si fa riferimento alla differenza
positiva tra il valore complessivo del patrimonio aziendale acquisito, come iscritto nel bilancio della società
acquirente ed il patrimonio netto della società acquisita. Lo stesso comma dispone che le disposizioni dell’art.
172, commi 5 e 6, si applicano con riferimento all’aumento di patrimonio netto della società acquirente. Si
avrà pertanto l’obbligo di ricostituzione in capo alla società risultante dalla fusione delle riserve in
sospensione di imposta previste nel bilancio ante fusione della società acquisita.
Infine, il comma 3 dell’articolo in commento prescrive che il regime fiscale disposto dal testo unico si applichi
alle operazioni di cessione di azienda ovvero di partecipazioni anche quando dalla rappresentazione in
bilancio non emergano i relativi componenti positivi o negativi e passività fiscalmente rilevanti. La
disposizione riguarda le cessioni di azienda tra soggetti sottoposti al comune controllo, per le quali la norma
ha precisato, ai fini fiscali, la rilevanza dei principi ordinari secondo i quali i valori fiscali corrispondono al
costo sostenuto. Rimane incerto il trattamento fiscale delle medesime operazioni che intervengano tra
soggetti non sottoposti al comune controllo, sottoposte al regime dello IFRS3 già richiamato.
5.6: L’art. 5: criteri di neutralita’ e first time adoption.
Comma 1
140
141
Si veda il para. 25 dello IFRS3.
SI veda il para. 24 dello IFRS3.
109
I criteri di neutralità previsti dall’art. 13 del D.LGS. 38/2005 rilevano anche in sede di prima applicazione
degli IAS effettuata successivamente al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2008 assumendo:
- i commi da 2 a 6 del già richiamato art. 13 per quelle fattispecie ivi ricomprese;
- le disposizioni dell’art. 83 del TUIR nella formulazione vigente sino al periodo di imposta in corso al 31
dicembre 2007;
Comma 2
Le disposizioni del comma 1 si applicano anche in caso di cambiamento di IAS già adottati, rispetto ai valori
e alle qualificazioni fiscalmente assunte in precedenza.
5.7: L’art. 6: i comportamenti adottati nel triennio 2005 -2 0 0 7 .
Con riferimento alle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi di imposta 2005 -2007, la conformità e la
coerenza di cui all’art. 61, secondo periodo dell’art. 1 della finanziaria 2008, deve riferirsi alla singola
fattispecie. Il trattamento deve essere stato applicato in modo coerente per tutti i periodi di imposta in cui si
è manifestata la medesima fattispecie e per i quali siano stati applicati gli IAS. La coerenza non è richiesta
dove vi sia stata una pronuncia dell’amministrazione contraria al riconoscimento fiscale dell’impostazione
contabile IAS.
110
PARAG. 6. - R i c o g n i z i o n e i n m e r i t o a l l ’ a p p l i c a z i o n e i n t e g r a t a d e l l e n o r m e d e l T U I R e d e l l e
regole IAS - (di Pasquale Fabbrocini)
Sommario: 6.1 Considerazioni generali; 6.2 Ricognizione analitica dell’integrazione delle norme ias nel
sistema del tuir.
6.1 CONSIDERAZIONI GENERALI
Come si è già avuto modo di dire al paragrafo 5.3.1, l’art. 83 del TUIR, già prima della novella recata dalla
Finanziaria per il 2008, conteneva (e tuttora contiene, per i soggetti no IAS) un principio di derivazione
dell’imponibile fiscale dal bilancio redatto secondo i criteri codicistici; poi, per effetto della Finanziaria per i l
2008, accanto al principio di derivazione “tradizionale”, nella suddetta norma, è stato incluso anche un
principio di derivazione c.d. “rafforzata”, relativo ai soggetti IAS adopter.
Pertanto, si è detto che l’art. 83 del TUIR contiene una scelta genera le tra due sistemi di riferimento da
prendere a presupposto per l’applicazione delle fattispecie fiscali, ovvero, il sistema “tradizionale” del codice
civile e quello “nuovo”, costituito dal sistema contabile IAS.
Tanto considerato, posto che le fattispecie fiscali, contenute nel TUIR, presuppongono i criteri di
qualificazione, di classificazione e di imputazione temporale, derivanti dal codice civile, al fine di attribuire
effettività alla scelta di prendere a riferimento, per la determinazione dell’imponi bile fiscale, il sistema
contabile IAS, il legislatore ha dovuto introdurre, all’art. 83, una disposizione che consente, in via generale,
ai criteri di qualificazione, classificazione ed imputazione temporali previsti dagli IAS, di sostituirsi agli
omologhi criteri di matrice codicistica, tradizionalmente
Recepiti come presupposti delle norme del TUIR, laddove i secondi siano incompatibili con la scelta in favore
del sistema contabile IAS.
Inoltre, si è evidenziato che, ai fini della determinazione dell’imponibile IRES, il sistema concettuale di
riferimento rimane quello del TUIR, ossia, le fattispecie disciplinanti i componenti positivi e negativi di reddito
costituiscono, anche per i soggetti IAS adopter, i parametri per la determinazione dell’imponibile.
In buona sostanza, per delimitare gli spazi di integrazione dei criteri IAS all’interno del sistema del TUIR,
occorre verificare la sussistenza e l’intensità con la quale il rapporto di derivazione dell’imponibile fiscale dalle
risultanze contabili si appalesa all’interno di ciascuna disposizione del TUIR, successiva all’art. 83.
In concreto, la “cedevolezza” dei criteri di qualificazione, classificazione ed imputazione temporale di matrice
codicistica in favore di quelli di matrice IAS, deve essere verificata in funzione dell’operatività del principio di
derivazione: ossia, laddove la norma tributaria fa derivare la fattispecie fiscale dalle risultanze contabili, il
sistema contabile preso a riferimento produrrà una influenza massima nel determinare la fat tispecie fiscale;
laddove, la norma tributaria subisce esclusivamente una dipendenza applicativa dal bilancio (ad es.,
ammortamenti ed accantonamenti), il sistema contabile adottato influenzerà la fattispecie fiscale “a monte”,
ossia, esclusivamente riguardo all’”an” dell’applicazione della fattispecie medesima, senza interagire, tuttavia,
con le modalità attraverso cui il componente reddituale contribuisce alla formazione dell’imponibile; laddove,
infine, la norma tributaria gode di una piena autonomia app licativa nei confronti delle risultanze di bilancio,
111
la stessa è assolutamente neutrale rispetto al sistema contabile di riferimento (ad es., norme che prevedono
forfettizzazioni, tassazione/deduzione per cassa, rinvio di tassazione/deduzione di componenti reddituali).
Tanto considerato, al fine di indagare sul modo in cui il principio di derivazione si appalesa all’interno delle
diverse fattispecie fiscali, occorre, come detto al parag. 5.3.1, definire i rapporti tra qualificazioni di natura
contabile (sia derivanti dal sistema del codice civile che dagli IAS, rilevanti ai soli fini della redazione del
bilancio) e le qualificazioni fiscali, rilevanti ai fini della determinazione dell’imponibile.
In buona sostanza, si è evidenziato (parag. 5.3.4) che la qualificazione contabile di una operazione influenza
la qualificazione fiscale dell’operazione medesima e degli elementi reddituali derivati.
A questo punto occorre ulteriormente evidenziare che il TUIR nell’effettuare la qualificazione fiscale di un
componente reddituale/patrimoniale, in alcuni casi, opera un’autonoma qualificazione, andando a plasmare
fattispecie derivate dal codice civile, ampliandole o restringendole (come nel caso della qualificazione di
ricavo, plusvalenza patrimoniale o di sopravvenienza attiva): in tali ipotesi si realizza una vera e propria
integrazione tra il sistema del codice civile e quello del TUIR, in quanto le qualificazioni codicistiche
diventano una componente della qualificazione fiscale.
In altri casi, invece, il TUIR presuppone semplicemente la qualificazione civilistica di un componente (come
nel caso dei dividendi, degli interessi, degli ammortamenti, degli accantonamenti ecc.): in tali ipotesi, i due
suddetti sistemi (quello del codice e quello del TUIR) rimangono para lleli.
In tali fattispecie, nelle quali il TUIR presuppone semplicemente la qualificazione codicistica di un elemento
patrimoniale/reddituale, andando a disciplinare soltanto il contributo che tale elemento rilascia alla
formazione dell’imponibile,la norma fiscale assume la funzione di norma di pura quantificazione/valutazione,
quali sono, ad esempio, le norme relative all’ammortamento delle immobilizzazioni, ovvero, relative agli
accantonamenti ai fondi del passivo dello stato patrimoniale, o che prevedono esclusioni od esenzioni.
Infatti, tali norme, richiamate all’art. 2, c. 2 del Regolamento attuativo, presuppongono le qualificazioni
codicistiche di ammortamento, di accantonamento, di fondo rischi, di dividendo ecc., disciplinando
semplicemente la misura del contributo di tali componenti alla formazione del reddito.
Ancora, è utile evidenziare che, a volte, la norma tributaria fa dipendere la qualificazione fiscale dalla
classificazione in bilancio, operata in base ai corretti principi contabili nazionali od internazionali, come nel
caso dei proventi correlati alle cessioni di partecipazioni costituenti immobilizzazioni finanziarie (infatti, anche
per i soggetti no IAS, la qualificazione come ricavo del provento ottenuto dalla cessione dipende dalla
mancata classificazione delle partecipazioni in bilancio tra le immobilizzazioni finanziarie – art. 85, commi 3 e
3bis).
In base a tutto quanto sopra considerato, si ritiene di potere trarre le seguenti conclusioni di carattere
generale.
Si ritiene che una prima modalità attraverso cui le qualificazioni contabili, contenute negli IAS, siano in
grado di influenzare la qualificazione fiscale, concerne le soprarichiamate ipotesi in cui la norma fiscale
presuppone la qualificazione civilistico/contabile: ad es., la qualificazione, contenuta allo IAS 17, di una
operazione di leasing quale operazione di finanziamento, consentirà di qualificare il bene oggetto del
contratto come immobilizzazione ammortizzabile, sulla base delle qualificazioni contenute allo IAS 16, le quali
ultime incideranno sull’applicabilità, “a monte”, dell’art. 102 del TUIR.
112
Nell’ambito delle disposizioni di quantificazione/valutazione, richiamate all’art. 2, c. 2 del Regolamento
attuativo, occorre distinguere ulteriormente quelle che, dando l uogo ad una totale soluzione di continuità al
rapporto di derivazione, godono, come detto, di una piena autonomia applicativa rispetto al sistema
contabile di riferimento e, pertanto, prescindono totalmente da quest’ultimo: si tratta di disposizioni che
prevedono la tassazione/deduzione per cassa (art. 88, c. 3, lett. b), art. 99), ovvero, che prevedono
forfetizzazioni di oneri (art. 95, c. 3 e ss., art. 100), oppure, che danno accesso nel sistema della tassazione
IRES a meccanismi di determinazione dei proventi basati sul criterio del reddito medio-ordinario (art. 90,
relativamente agli immobili c.d. “patrimoniali”), oppure, infine, disposizioni che prevedono il riparto di
plusvalenze in più esercizi (art. 86, c. 4).
Pertanto, è da ritenersi che tali disposizioni sono completamente impermeabili al sistema IAS.
La seconda modalità attraverso cui le qualificazioni IAS incidono sulla concreta applicazione delle fattispecie
fiscali, si sostanzia nell’idoneità dei principi contabili di condizionare la classificazione in bilancio dell’elemento
patrimoniale o reddituale, essendo tale classificazione idonea a determinarne la qualificazione fiscale,
attraverso il richiamo (implicito od esplicito), operato dalla norma fiscale, alla corretta classificazione in
bilancio.
La terza modalità di integrazione è quella più pregnante e si riferisce al gruppo di norme del TUIR che,
realizzando una piena compenetrazione tra sistema del codice civile e norme di determinazione del reddito,
risente più fortemente della scelta di sistema, contenuta all’art. 83 del TUIR.
In tali ipotesi, le qualificazioni IAS, laddove incompatibili con le qualificazioni codicistiche prese a riferimento
dalla norma tributaria, si sostituiscono a queste ultime nel determinare la stessa qualificazione fiscale.
Ad esempio, l’art. 85, comma 1, lett. f) del TUIR, come si dirà tra breve, presuppone la definizione
codicistica di contratto di assicurazione: orbene, l’IFRS 4 (“contratti assicurativi”) contiene una autonoma
qualificazione delle operazioni di assicurazione e, pertanto, le qualificazioni contenute nell’IFRS 4 si
sostituiscono alla definizione codicistica quale componente della fattispecie reddituale, di cui alla prefata
lett. f) del c. 1 dell’art. 85.
6.2 Ricognizione analitica dell’integrazi one delle norme ias nel sistema del tuir.
ART. 85 (RICAVI).
L’art. 85 contiene, al comma 1, una serie di disposizioni di qualificazione fiscale, tendenti ad una
individuazione qualitativa dei proventi che si considerano ricavi.
Infatti, l’incipit di tale comma è fornito dalla locuzione: “sono considerati ricavi”.
A tale incipit segue una elencazione (si ritiene esaustiva) delle fattispecie che costituiscono ricavi, rilevanti ai
fini della determinazione della base imponibile IRES.
Il comma 2 estende la qualificazione fiscale di ricavo al valore normale dei beni, di cui al comma 1, assegnati
ai soci o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa.
113
Il comma 3, contiene una norma di qualificazione della categoria delle immobilizzazioni finanziari e rilevante
ai fini fiscali, la quale fa rinvio alla corretta classificazione in bilancio
Il comma 3-bis, contiene una deroga speciale, relativa ai soggetti IAS adopter, con la quale si individua la
qualificazione fiscale di immobilizzazione finanziaria, facendo riferimento sia alla qualificazione di strumento
finanziario (prevista dalloIAS 32) che alla classificazione degli stessi in categorie differenti da quella degli
strumenti detenuti per la negoziazione (operata in base allo IAS 39 – si veda amplius, parag. 5.3.4).
Sulla funzione di tale deroga speciale si è gia avuto modo di dire (parag. 5.3.4): in questa sede va
evidenziato che essa mostra come le classificazioni, contenute negli IAS, influenzano la qualificazione fiscale
(di immobilizzazione finanziaria), nonché, la qualificazione dell’elemento reddituale derivato (come
plusvalenza piuttosto che ricavo).
A questo punto occorre ulteriormente rilevare che la qualificazione di un provento come ricavo piuttosto che
come plusvalenza incide (“a monte”) anche sui criteri di quantificazione del provento, in quanto se trattasi di
plusvalenza si applicano il criterio differenziale tra corrispettivo e costo fiscalmente riconosciuto
dell’immobilizzazione (art. 86, c. 2), nonché, sussistendone i presupposti, si rende applicabile la regola del
riparto dell’imponibile in 5 esercizi (art. 86, c. 4).
Orbene, riguardo all’integrazione delle qualificazioni/classificazioni IAS con le qualificazioni fiscali di cui al
comma 1 dell’art. 85, si può rilevare quanto segue.
Relativamente alle fattispecie di cui alle lett. c), d) ed e), gli IAS, incidono sulla qualificazione fiscale delle
fattispecie richiamate attraverso due passaggi logici: 1) l’inquadramento dei “beni”, di cui alle citate lett. c),
d) ed e), all’interno delle categorie riconducibili alla qualificazione di strumento finanziario, di cui allo IAS 32;
2) mediante la classificazione in bilancio in base ai criteri di classificazione degli strumenti finanziari, di cui
allo IAS 39.
In concreto, poiché, i “beni” in questione sono perfettamente riconducibili alla qualificazione di strumento
finanziario, l’elemento che condiziona la qualificazione di ricavo dei corrispettivi derivanti dalla cessione dei
detti beni, è esclusivamente la loro classificazione in bilancio, operata in base agli IAS.
La lett. a), del citato comma 1, presuppone sia la qualificazione codicistica di cessione di beni che quella di
prestazione di servizi: pertanto, si ritiene ininfluente ogni eventuale diversa qualificazione di una operazione,
ad opera degli IAS, come di prestazione di servizio piuttosto che come di cessione di beni (riguardo ai c.d.
“ricavi misti”, previsti dallo IAS 18, si veda infra).
La lett. b) presuppone una distinzione tra materie prime, sussidiarie, semilavorati, da un lato , e b e n i
strumentali (ossia a fecondità ripetuta), dall’altro: è evidente che, laddove gli IAS prevedano criteri di
classificazione peculiari di detti beni, tali classificazioni influenzeranno anche la qualificazione fiscale.
E’ utile evidenziare che, in linea di massima, non vi dovrebbero essere differenze tra le qualificazioni IAS dei
beni produttivi di ricavi e le qualificazioni tradizionali: infatti, lo IAS 18, parag. 4, nell’esplicare le categorie di
beni produttive di ricavi, nella sostanza, riproduce la nozione tradizionale di “bene merce”, la quale, inoltre, è
sostanzialmente riconducibile alle qualificazioni di “attività non correnti possedute per la vendita”, di cui
all’IFRS 5.
114
La lett. f) del comma 1 dell’art. 85 presuppone la qualificazione codicistica di indennità in forma assicurativa:
orbene, l’IFRS 4 prevede una qualificazione di “contratti assicurativi”, che, deve ritenersi, sostituisce, per i
soggetti IAS adopter, la definizione codicistica di contratto di assicurazione.
La successiva lett. g) prevede una equiparazione ai ricavi di ogni forma di indennità o contributo che il
cessionario/committente riconosce al cedente/prestatore in base al contratto: si ritiene trattarsi di una norma
di carattere strettamente fiscale, in quanto volta ad evitare facili elusioni: pertanto, si ritiene che essa trovi
applicazione a prescindere dal sistema contabile di riferimento.
Infine, la lett. h) presuppone la distinzione dei contributi erogati in forza di legge, propria dei principi
contabili nazionali, tra contributi in conto esercizio, in conto impianti ed in conto capitale. Tale disposizione
deve essere letta in combinato disposto con quella di cui all’art. 88, c. 3, lett. b) che, come si dirà, qualifica
come sopravvenienze attive i c.d. “contributi in conto capitale puri”, prevedendo per questi ultimi la
tassazione per cassa anziché per competenza.
Orbene, lo IAS 20 contiene una differente qualificazione dei contributi erogati dal settore pubblico.
Tanto evidenziato, si ritiene che, al fine di stabilire se tali qualificazioni prevalgono su quelle dei principi
nazionali, occorre stabilire, come detto al parag. 6.1, quale sia la finalità tributaria delle norme fiscali, che
richiamano le sopradette qualificazioni di contributi pubblici.
Si ritiene che la finalità tributaria della disposizione, di cui all’art. 85, c. 1, lett. h), sia quella di individuare
qualitativamente il provento “contributo”, al fine di includerlo nel novero dei ricavi fiscalmente rilevanti,
senza stabilire per tali proventi specifici criteri di quantificazione o di imputazione a periodo, diversamente da
quanto operato dall’art. 88, c. 3, lett. b), il quale fa riferimento alla nozione di contributi in conto capitale al
fine di stabilirne la tassazione per cassa.
Pertanto, è da ritenersi che, riguardo alla fattispecie, di cui all’art. 85, c. 1, lett. h), le qualificazioni dello IAS
20 prevalgono t o u t c o u r t su quelle dei principi nazionali.
Diversamente, come si dirà tra breve, la disposizione di cui all’art. 88, c. 3, lett. b) non ha soltanto una
finalità di individuazione qualitativa di un provento come sopravvenienza attiva, ma ha anche una finalità di
competenza interna (andando a prevedere la tassazione per cassa) e, pertanto, la qualificazione di
contributo in conto capitale, enunciata dalla suddetta disposizione, deve essere ricavata in stretta coerenza
con le esigenze di competenza interna.
Il comma 2 dell’art. 85, assimila alle operazioni generatrici di ricavi l’assegnazione ai soci od a finalità
estranee all’esercizio dell’impresa dei beni produttivi di ricavi, di cui al comma 1 del medesimo art. 85: tale
disposizione si ritiene avere una finalità strettamente fiscale, volta ad evitare che beni, la cui
acquisizione/fabbricazione ha generato costi deducibili, escano dalla sfera d ei beni relativi all’impresa senza
avere rilasciato il proprio contributo alla formazione del reddito imponibile. Pertanto, si ritiene che tale
disposizione (così come la regola di quantificazione in essa contenuta, che fa riferimento al valore normale)
trovi applicazione anche nei confronti dei soggetti IAS adopter.
In margine a questa breve disamina della qualificazione fiscale di ricavo, occorre evidenziare che lo IAS 18
(ricavi) contempla le categorie dei c.d. “ricavi misti” e dei c.d. “ricavi attesi”.
Tanto evidenziato, si ritiene che tali fattispecie si integrino nel sistema del Tuir, non per effetto di una
deroga all’art. 85, bensì, per effetto della sopra evidenziata incompatibilità, con i criteri di imputazione
115
temporale previsti dagli IAS, dei criteri di imputazione temporale, derivanti dal sistema del codice civile, di
cui all’art. 109, commi 1 e 2 del TUIR.
Riguardo ai c.d. “ricavi misti”, ossia a quei ricavi che si riferiscono unitariamente ad una cessione di beni ed
ad una prestazione di servizi, come evidenziato al parag. 3, lo IAS 18 prevede che, qualora la prestazione sia
strumentale alla cessione (ad es., installazione del bene), il ricavo va imputato unitariamente all’esercizio di
competenza economica della cessione; negli altri casi, come ad es., con riferimento a prestazioni di servizio
connesse ad operazioni a punti collegate all’acquisto di un dato quantitativo di merce, occorre scindere tra la
porzione di ricavo relativo alla prestazione futura (ad es., un viaggio), che va imput ato all’esercizio di
erogazione della prestazione, e la porzione di ricavo riferita alla cessione del bene, che va imputata
all’esercizio nel quale la stessa si intende effettuata in base agli IAS 142 .
Per quanto riguarda il rilievo fiscale dei ricavi attesi, si ritiene che esso sia la conseguenza del superamento
del criterio prudenziale e, quindi, dell’inapplicabilità, ai soggetti IAS adopter, dei criteri di imputazione
temporale basati sui principi di certezza ed oggettiva determinabilità, di cui all’art. 109, c. 1 del TUIR.
Infine, si ritiene utile evidenziare che, con riferimento a tutte le fattispecie di ricavo, gli IAS influiscono sulla
fattispecie fiscale mediante i criteri di quantificazione dei corrispettivi in sede di loro prima rilevazione: si
pensi, ad es., allo IAS 18, il quale al parag. 9, prevede la rilevazione dei ricavi al fair value, ovvero,al parag.
11, contiene differenti criteri di quantificazione del corrispettivo a seconda che il pagamento sia per contanti
o differito.
Riguardo a tale ultima distinzione, operata dagli IAS, si è già avuto modo di dire (paragg. 3.6 e 4.4), in
questa sede si ritiene utile evidenziare che la relazione di accompagnamento al regolamento attuativo ha
evidenziato che: “l’attualizzazione dei crediti in sede di loro prima iscrizione esprime una regola di portata
generale del sistema IAS che vale sia per gli strumenti finanziari in genere, quale che sia la fonte da cui
derivano (IAS39), sia per i crediti correlati alla produzione di ricavi (IAS18), sia infine per i debiti contratti a
fronte dell’acquisizione di beni (IAS16), sicché si tratta di una regola che reagisce anche
nell’identificazione e quantificazione dei fenomeni economici (ricavi e costi) sottostanti all’iscrizione di tali
poste finanziarie.”.
In conclusione, come si è già avuto modo di rilevare (parag. 6.1),le qualificazioni di ricavo, di cui allo IAS 18,
acquistano rilievo fiscale non attraverso una “deroga in senso tecnico” all’art. 85 del TUIR, nel senso di una
sostituzione dello IAS 18 all’art. 85 citato, bensì, mediante una sostituzione delle categorie civilistiche,
tradizionalmente prese a base di riferimento dall’art. 85, con le qualificazioni contenute negli IAS
(prevalentemente negli IAS 18 e 32).
142
Si ritiene opportuno quanto chiarito dalla relazione al Regolamento attuativo: “ricavi misti, i ricavi, cioè, pattuiti a fronte della
cessione di beni e della promessa di servizi o prestazioni futuri (come, ad esempio, servizi promozionali collegati alla raccolta di
figurine, servizi di manutenzione, riconoscimenti di crediti o premi ai clienti, ecc.): in questi casi lo IAS18 consente di ridurre
proporzionalmente l’imputazione dei ricavi, rinviando la rilevazione della parte di essi collegabile alle prestazioni o servizi non ancora
resi. Tale criterio assume rilevanza anche ai fini fiscali in virtù dell’anzidetta deroga che l’articolo 83 del TUIR pone alle disposizioni
dell’articolo 109, commi 1 e 2, dello stesso TUIR.”.
116
ART. 86 (PLUSVALENZE PATRIMONIALI).
L’art. 86, comma 1, contiene una norma di qualificazione fiscale, tendente ad identificare qualitativamente i
proventi che si considerano plusvalenze patrimoniali, ossia, individua i presupposti di fatto, verificandosi i
quali, una plusvalenza patrimoniale acquista rilievo ai fini della determinazione della base imponibile IRES.
Infatti, l’incipit di tale norma è il seguente: “Le plusvalenze dei beni relativi all'impresa, diversi da quelli
indicati nel comma 1 dell'articolo 85, concorrono a formare il reddito: …”.
Tale incipit presuppone almeno due altre qualificazioni fiscali: 1) la nozione di “beni relativi all’impresa”, di
cui all’art. 65 TUIR; 2) la nozione di beni produttivi di ricavi, ossia dei beni indicati al comma 1 dell’art. 85 del
TUIR.
Orbene, essendo i soggetti IAS adopter soggetti IRES, per gli stessi i beni relativi all’impresa sono quelli che
risultano dallo Stato Patrimoniale: pertanto, i criteri di rilevazione, qualificazione e classificazione in bilancio
di un asset incidono in modo determinante sul perfezionamento della fattispecie fiscale.
Riguardo all’influenza degli IAS sulle qualificazioni di ricavo, invece, si è già detto.
La lett. a) del comma 1 dell’art. 86, nell’individuare il primo dei tre presupposti, in presenza dei quali la
plusvalenza patrimoniale acquista rilievo fiscale, fa riferimento alla nozione civilistica di cessione a titolo
oneroso, ossia, fa riferimento alle ipotesi di cessione del diritto di proprietà (o di altro diritto reale) sul bene
verso il pagamento di un corrispettivo: in buona sostanza, la fattispecie fiscale contempla la nozione di
contratto di compravendita (art. 1470 c.c.).
Orbene, gli IAS contemplano anch’essi la nozione di cessione a titolo oneroso, ma nel determinare gli effetti
della cessione, ai fini dell’iscrizione o cancellazione dal bilancio dell’asset oggetto di trasferimento, fanno
riferimento a criteri peculiari, quale, ad esempio, il verificarsi del concreto trasferimento dei rischi e benefici
derivanti dall’asset oggetto dell’operazione (si veda ad es., lo IAS 18, parag. 14).
Pertanto, si ritiene che gli IAS influenzino il concretizzarsi del presupposto, di cui alla suddetta lett. a,
attraverso i criteri, in essi contenuti, riguardanti la qualificazione dell’operazione d i trasferimento come
idonea ai fini della cancellazione del bene dal bilancio (si vedano, ad es., i criteri di recognition e
derecognition, contenuti allo IAS 39) 143 .
La lett. b) del comma 1 dell’art. 86, così come la prefata lett. f) del comma 1 dell’art. 85, richiama la nozione
codicistica di contratto di assicurazione: pertanto, si rinvia alle considerazioni già svolte.
La lett. c) del comma 1 dell’art. 86 si ritiene essere una norma di carattere strettamente fiscale, in quanto
tale disposizione ha la funzione di evitare che plusvalori maturati all’interno del sistema del reddito di
impresa, ma rimasti latenti (e, quindi, che non hanno concorso alla formazione dell’imponibile fiscale)
fuoriescano da tale sistema senza essere assoggettati a tassazione.
Pertanto, si ritiene che l’applicazione di tale disposizione sia indipendente dal sistema contabile adottato.
D’altra parte, l’art. 1, c. 60, lett. a) della L. n. 244/2007, nel fissare i criteri direttivi per l’emanazione del
regolamento di attuazione, si è preoccupato di prevedere che la scelta per il sistema contabile IAS, in nessun
caso, vada a determinare doppie imposizioni o nessuna tassazione.
143
Come evidenziato al parag. 6.4, tali criteri non trovano applicazione p er i trasferimenti di partecipazioni (ad eccezione che per le
azioni proprie e gli altri titoli partecipativi al patrimonio) ed alle operazioni di pronti contro termine.
117
Il comma 2 dell’art. 86, al primo periodo prevede una disposizione di quantificazione delle plusvalenze
derivanti da operazioni riconducibili alle ipotesi di cui alle lett. a) e b) del comma 1: tale disposizione è,
evidentemente, indipendente dal sistema contabile di riferimento.
Tuttavia, i criteri, (contenuti allo IAS 16 – parag. 23 e ss. – relativi all’equivalente prezzo per contanti),
attinenti alla valutazione del corrispettivo ed alla valutazione del costo delle immobilizzazioni, in sede di loro
prima iscrizione in bilancio, influenzando il valore delle grandezze da mettere a confronto, influenzano, “a
monte”, il risultato differenziale, scaturente dall’applicazione della norma di quantificazione fiscale sopra
menzionata.
Il secondo periodo del comma 2 contiene una disposizione di qualificazione fiscale, che aggiunge, alle
fattispecie di cui al comma 1, una ulteriore fattispecie, relativa alle cessioni a titolo oneroso di aziende (si
veda amplius, parag. 5.5).
Il terzo periodo del comma 2 contiene una disposizione agevolativa, ossia, derogatoria rispetto a quella del
periodo precedente, e cioè, derogatoria del carattere realizzativo delle cessioni di aziende, stabilendo che,
laddove il corrispettivo della cessione siano beni strumentali (anche un intero ramo d’azienda), e tali beni
siano iscritti allo stesso valore complessivo al quale erano iscritti i cespiti dell’azienda ceduta, l’operazione è
fiscalmente neutra, concorrendo alla formazione del reddito solo l’eventuale conguaglio in danaro.
Orbene, l’art. 4, c. 3, del Regolamento IAS prevede che alle cessioni di azienda si renda applicabile il regime
fiscale disposto dal Testo Unico, anche ove dalla rappresentazione in bilancio non emergano i relativi
componenti positivi o negativi o attività o passività fiscalmente rilevanti.
Di conseguenza, è da ritenere che, con tale disposizione, si è voluto recidere ogni d erivazione della
fattispecie fiscale dalla corrispondente rappresentazione in bilancio dell’operazione.
Pertanto, si ritiene che, a prescindere dal fatto che gli IAS qualifichino la cessione d’azienda, a seconda delle
circostanze indicate al parag. 5.5, come realizzativa o non realizzativa 144 , si renda, in ogni caso, applicabile il
disposto del comma 2 in commento, sia con riferimento alla regola generale, sancita al secondo periodo, che
la deroga alla stessa, sancita al terzo periodo.
Il regime contabile adottato, al massimo, influenzerà il valore delle grandezze da mettere a confronto.
Il comma 3 dell’art. 86, contiene una disposizione di quantificazione della plusvalenza del tutto analoga a
quella di cui al primo periodo del comma 2 del medesimo artic olo 86: pertanto, si ritiene che tale
disposizione valga anche per i soggetti IAS adopter.
Il comma 4 dell’art. 86 contiene una serie di disposizioni di carattere quantitativo, aventi natura di norme di
competenza interna, nel senso chiarito al parag. 4.3.5, poiché afferiscono al riparto della plusvalenza in più
144
occorre evidenziare che, secondo gli IAS, le cessioni di aziende hanno carattere non realizzativo solo quando intercorrono tra
soggetti facenti parte di un medesimo gruppo, cioè, controllati dal medesimo soggetto (si veda, parag. 6.5).
Con riferimento a tale ipotesi, si ritiene utile richiamare quanto chiarito dalla relazione allo schema di Regolamento attuativo, con
riferimento all’art. 4, c. 3 del Regolamento: “ Il comma 3 si occupa delle cessioni di azienda che intervengono tra soggetti
sottoposti al comune controllo. Allo stato attuale, non sono del tutto chiari i criter i di contabilizzazione da adottare per queste
operazioni. Alcune posizioni dottrinali propendono per l’adozione di una
contabilizzazione secondo il criterio della continuità dei valori che, pertanto, non consentirebbe all’impresa benef iciaria
dell’acquisto di attribuire ai beni il valore corrispondente al prezzo pagato.
Si è ritenuto opportuno, a prescindere dalla validità o meno delle suddette posizioni, ribadire che ai fini fiscali valgono i
principi ordinari, giusta i quali i valori fiscali dei beni dell’azienda ricevuta corrispondono al costo sostenuto.”.
118
esercizi: si tratta di norme che, come chiarito dalla relazione di accompagnamento al Regolamento attuativo,
derogando al bilancio redatto secondo i principi tradizionali, derogano anche al bilancio IAS.
Il comma 5 dell’art. 86 contiene una disposizione di qualificazione fiscale, avente una specifica finalità
agevolativa, in quanto tendente a non aggravare gli oneri di una procedura concorsuale, qual è il concordato
preventivo: pertanto, si ritiene che tale disposizione, poiché corrisponde alla scelta del legislatore a
rinunciare al gettito derivante da tali operazioni, sia indipendente dal sistema contabile preso a riferimento.
Infatti, come evidenziato al parag. 5.3.5, l’esclusione dall’ambito de lla deroga generale, di cui all’art. 83
TUIR, delle norme di competenza interna, corrisponde alla volontà del legislatore a non abdicare alla propria
potestà sulla modulazione degli imponibili tra più esercizi.
Il comma 5-bis dell’art. 86 contiene una disposizione di qualificazione fiscale che definisce plusvalenze
imponibili le differenze tra le somme od i valori assegnati ai soci a titolo di distribuzione di capitale o di
riserve di capitale ed il valore fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni possedute.
Trattasi di una norma volta ad evitare la sottrazione di quella materia imponibile, che si sostanzia nei
plusvalori latenti nel valore delle partecipazioni, i quali, anziché emergere in sede di cessione a titolo oneroso
delle stesse, emergono in sede di rimborso del capitale.
Pertanto, si ritiene che trattasi di una qualificazione fiscale che prescinde dal regime contabile di riferimento,
in quanto volta ad evitare la sottrazione di materia imponibile.
ART. 87 (PLUSVALENZE ESENTI)
L’art. 87 del TUIR, nel qualificare come esenti una sottocategoria di plusvalenze, recide ogni legame tra
fattispecie fiscale e risultanze bilancistiche.
pertanto, si ritiene che la suddetta qualificazione sia finalizzata ad un obiettivo strettamente fiscale, ossia,
quello di escludere dal concorso alla formazione del reddito, proprio in quanto esenti, le fattispecie
individuate dalla norma medesima.
La natura strettamente fiscale della qualificazione di plusvalenze esenti emerge con tutta evidenza dalla
centralità che tale disciplina di esenzione riveste nell’ambito del nuovo sistema di tassazione sia degli utili da
partecipazione (art. 47 TUIR) che, per i soggetti IRES, dei dividendi (art. 89 TUIR).
Al fine di meglio evidenziare la funzione sistematica della disciplina di esenzione in commento, si ritiene utile
riportare quanto chiarito dalla Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 36/E del 4/08/2004: “La riforma del
sistema fiscale statale, avviata con la legge delega 7 aprile 2003, n. 80, e' caratterizzata da un nuo vo assetto
dei rapporti tra fiscalita' delle societa' e fiscalita' dei soci che si basa sul criterio di tassazione del reddito al
momento della produzione e non all'atto della sua distribuzione.
A tal fine e' prevista l'irrilevanza reddituale dei dividendi distribuiti e l'esenzione delle plusvalenze realizzate
in occasione della cessione delle partecipazioni che rispondono a determinati requisiti. Tali istituti consentono
di affermare la tassazione a titolo definitivo in capo alla societa' partecipata (che produce la materia
imponibile) (…).”.
Tanto evidenziato, si ritiene che il margine di integrazione del sistema contabile IAS, all’interno della
qualificazione di plusvalenza esente, sia limitato alla sopraevidenziata influenza che i criteri di qualificazione e
119
di classificazione, contenuti negli IAS 32 e 39, determinano sulla qualificazione fiscale di immobilizzazione
finanziaria, ai sensi del più volte citato art. 85, c. 3-bis del TUIR.
ART. 88 (SOPRAVVENIENZE ATTIVE)
Il comma 1 dell’art. 88 prevede una disposizione di qualificazione fiscale della nozione di sopravvenienza
attiva (andando ad identificare le fattispecie che costituiscono sopravvenienze attive): tale qualificazione
fiscale appare intimamente connessa alle regole contabili che presiedono all’iscrizione ed alla cancellazione
dal bilancio di elementi patrimoniali e reddituali attivi e passivi.
Pertanto, si ritiene che l’esplicazione dei presupposti e dei limiti della integrazione del sistema contabile IAS
all’interno di tale fattispecie, debba essere condotta nell’ambito di un quadro sinottico, che comprende
anche l’esplicazione degli effetti degli IAS sulla disciplina fiscale delle sopravvenienze passive e delle perdite,
di cui all’art. 101, c. 4 e 5 del TUIR, in quanto trattasi di fattispecie speculari a quella in commento.
Come in precedenza evidenziato (paragg. 5.3.5 e 6.4), le disposizioni, di cui all’art. 101, commi 1, 4 e 5 del
TUIR hanno una dipendenza strutturale dai criteri di iscrizione/cancellazione delle poste nel bilancio.
Si è illustrato (parag. 5.4) come, rispetto a tali disposizioni, il sistema contabile IAS agisce attraverso, ad es.,
i criteri di cui allo IAS 39, parag. 17, relativi al mantenimento od alla cancellazione di un credito
dal
bilancio, condizionando l’applicabilità della fattispecie fiscale delle perdite su crediti (art. 101, c. 5) 145 .
Tanto premesso, occorre ulteriormente considerare che il sistema contabile IAS contiene criteri concernenti
l’iscrizione/cancellazione di poste del bilancio sia sottoforma di cr iteri di imputazione temporale, (criteri di
competenza esterna) che sottoforma di criteri concernenti la valutazione della residua utilità di una
immobilizzazione (si pensi all’ “impairment test”, relativo alle immobilizzazioni immateriali).
Ciò posto, si ritiene che, sulla scorta di quanto evidenziato al parag. 5.3.5), non vi siano dubbi circa la
possibilità, per i criteri di imputazione temporale, previsti dagli IAS, di acquisire rilievo all’interno della
f a t t i s p e c i e f i s c a l e i n c o m m e n t o , m e d i a n t e l a l o r o influenza sull’individuazione del momento di
iscrizione/cancellazione delle poste di bilancio.
Riguardo al secondo gruppo di criteri, non riconducibili alla c.d. “competenza esterna”, si ritiene che il loro
rilievo ai fini del concretizzarsi della fattispecie delle sopravvenienze attive sia, in ogni caso, correlato al
principio di derivazione: tuttavia, si ritiene che il riconoscimento fiscale della sopravvenienza sia subordinato
al riconoscimento del valore fiscale dell’elemento reddituale/patrimoniale iscritto/cancellato e, quindi, vada
analizzato specularmente alla possibilità di deduzione delle sopravvenienze passive.
In buona sostanza, si ritiene, ad es., che se dallo stato patrimoniale viene eliminata una passività, anche per
effetto di un procedimento di impairment, precedentemente iscritta, alla quale, in base alle norme del TUIR,
145
La conclusione riportata nel testo, si ritiene, sia quella che valorizza maggiormente il principio di derivazione, rispetto, ad esempio,
ad una soluzione che prospetti, nel caso di conservazione in bilancio di crediti la cui inesigibilità risulti da elementi certi e precisi, un
doppio binario, ossia, preveda la deducibilità fiscale della perdita (in via extracontabile), pur conservando il credito in bilancio, il cui
valore fiscale sarebbe nullo.
Infatti, la soluzione riportata nel testo è coerente con la premessa dogmatica, illustrata al parag. 4.3.1 e 6.1, secondo cui l’art. 83 del
TUIR contiene, innanzitutto, una scelta in ordine al sistema contabile da prendere a riferimento ed, in un momento logicamente
successivo, un principio generale di cedevolezza dei criteri di matrice codicistica, presupposti dalle disposizioni del TUIR, incompatibili
con la scelta operata.
120
è stata attribuita rilevanza fiscale, la sopravvenienza attiva, scaturente dall’eliminazione di detta passività,
avrà, specularmente, rilievo fiscale.
Il comma 2 dell’art. 88 del TUIR rinvia al comma 4 dell’art. 86 e, quindi, si ritiene che ne condivida la natura
di norma di quantificazione: pertanto, i criteri IAS interagiscono con tale disposizione esclusivamente con
riferimento all’an ed al quando della rilevazione in bil ancio della maggiore indennità percepita in forma
assicurativa, nonché, mediante la qualificazione di “contratti assicurativi”, di cui all’IFRS 4 (si veda amplius,
sub. Art. 85, comma 1, lett. f).
Il comma 3 dell’art. 88 contiene una serie di qualificazioni fiscali di fattispecie che sono, appunto, qualificate
sopravvenienze attive.
La lett. a) di tale comma 3 richiama le fattispecie, di cui all’art. 85, c. 1, lett. f) ed all’art. 86, c. 1, lett. b):
pertanto, si ritiene che per tale disposizione valgano le considerazioni già svolte con riferimento alle
disposizioni da essa richiamate, ossia, si ritiene che le qualificazioni, contenute all’IFRS 4 (“contratti
assicurativi”), si sostituiscano alla nozione di indennità in forma assicurativa, di matrice codic istica,
richiamata dalle disposizioni in commento.
La lett. b) del comma 3 dell’art. 88, come già evidenziato con riferimento alla lett. h) del comma 1 dell’art.
85, richiama la distinzione, propria dei principi contabili nazionali, tra contributi in conto capitale, in conto
esercizio ed in conto impianti; inoltre, la lett. b) del comma 2 dell’art. 88, dopo avere distinto tra contributi in
conto capitale, in conto esercizio ed in conto impianti (ossia, per l’acquisto di beni strumentali
ammortizzabili), prevede, esclusivamente, per i primi un criterio di tassazione per cassa e la possibilità di
ripartire il provento in 5 esercizi.
Orbene, occorre considerare che, come rilevato anche dalla relazione al Regolamento attuativo, le
disposizioni che prevedono la tassazione per cassa piuttosto che per competenza e/o il riparto dell’imponibile
tra più esercizi costituiscono norme di competenza interna, totalmente disgiunte da qualsivoglia rapporto di
derivazione dalle risultanze di bilancio.
Invero, la compiuta esplicazione dell’influenza della scelta in favore del sistema contabile IAS sulla
disposizione in commento impone di formulare alcune considerazioni rispetto alla soprariportata
affermazione.
L’esigenza di un approfondimento scaturisce dalla constatazione per la quale, come già rilevato sub. Art. 85,
lett. h), lo IAS 20 contiene qualificazioni di contributi pubblici che non corrispondono alle qualificazioni
presupposte dalla disposizione fiscale in commento.
Orbene, al parag. 5.3.1 si è detto che l’art. 83 del TUIR contiene, innanzitutto, una scelta tra due sistemi
contabili di riferimento e, come conseguenza di tale scelta, contiene una deroga generale ai criteri di
qualificazione, contenuti nel TUIR, incompatibili con la scelta operata.
Tanto considerato, posto che la norma in commento prevede, per i contributi in conto capitale (individuati
sulla base delle qualificazioni OIC) un criterio di tassazione per cassa, si ritiene che, in ragione delle finalità
strettamente fiscali della qualificazione presupposta, essa imponga di ricercare all’interno dello IAS 20 una
qualificazione di contributo in conto capitale coerente con le esigenze di competenza interna poste dalla
disposizione in commento.
121
Il comma 4 dell’art. 88, al primo periodo, contiene una disposizione di qualificazione fiscale di operazioni
dalle quali, per definizione, non derivano sopravvenienze attive tassabili, finalizzata, evidentemente, a
favorire la capitalizzazione delle imprese.
Il secondo periodo della suddetta norma, nel prevedere l’esclusio ne da tassazione, in capo all’impresa
sottoposta a procedura concorsuale, delle sopravvenienze attive, derivanti dalla remissione dei debiti,
introduce una norma di agevolazione fiscale, volta a non gravare di ulteriori oneri le imprese in dissesto.
In buona sostanza, le due disposizioni testè richiamate manifestano la volontà del legislatore di separare la
fattispecie fiscale dalle risultanze di bilancio.
Infine, il comma 4 in commento contiene un’ultima disposizione che esclude da tassazione la riduzione, in
capo all’impresa che le ha conseguite, di perdite d’esercizio, per effetto della compartecipazione alle stesse di
associati in partecipazione: tale disposizione è speculare a quella, di cui all’art. 109, c. 9, lett. b) del TUIR,
che non qualifica come deducibili gli utili corrisposti dall’associante in partecipazione.
Orbene, si ritiene che tutte le disposizioni di cui al comma 4 dell’art. 88 abbiano una finalità strettamente
fiscale e, quindi, siano indipendenti dal sistema contabile di riferimento.
Il comma 5 dell’art. 88 presuppone con evidenza la qualificazione civilistica di contratto di leasing quale
contratto di locazione (finanziaria): tale qualificazione è palesemente incompatibile con quella di leasing
finanziario, contenuta allo IAS 17, mentre si può ritenere compatibile con la nozione di leasing operativo,
risultante dal medesimo IAS 17: pertanto, la disposizione in commento non dovrebbe trovare applicazione
nei confronti dei soggetti IAS adopter, nelle ipotesi di leasing finanziario 146 .
ART. 89 (DIVIDENDI ED INTERESSI).
Il comma 1 di tale norma, presuppone la nozione di utile delle società di persone ed enti equiparati, di cui
all’art. 5 del TUIR, nonché, richiama il medesimo meccanismo di imputazione “per trasparenza” di detti utili,
previsto dal medesimo art. 5.
Orbene la disposizione in commento richiama sia una nozione di utile che un meccanismo di imputazione
dello stesso di matrice strettamente fiscale: pertanto, si ritiene che tale disposizione sia indipendente dal
sistema contabile adottato dal soggetto al quale gli utili sono imputati “per trasparenza”.
D’altra parte, si può ritenere che il meccanismo di imputazione per trasparenza, per ragioni strutturali (non
effettiva percezione degli utili) non si trova in un rapporto di derivazione con le risultanze di bilancio
Il comma 2 contiene una disposizione di qualificazione fiscale, quali “proventi esclusi”, dei dividendi distribuiti
dai soggetti IRES residenti (di cui all’art. 73, c. 1, lett. a), b) e c), del TUIR, in favore di altri soggetti IRES,
funzionale all’esclusione dalla formazione della base imponibile IRES dei percipienti dei dividendi medesimi.
Come evidenziato sub. Art. 87, tale esclusione si colloca, così come l’esenzione pex, nel più generale
contesto di riforma del sistema di tassazione degli utili societari: pertanto, si ritiene che anche la disposizione
146
Invero, l’Agenzia delle Entrate, già con la Risoluzione n. 69/2004, ha mostrato l’esigenza di affermare il principio di diritto in base al
quale sussiste una equiparazione tra l’acquisto in proprietà e l’acquisto in leasing, cosicché i canoni di leasing, sono deducibili solo se il
bene oggetto di leasing è ammortizzabile.
122
in commento abbia una funzione strettamente fiscale, finalizzata alla quantificazione dell’imponibile, e, come
tale, indipendente dal regime contabile di riferimento.
Il comma 2-bis dell’art. 89 del TUIR, come già accennato ai paragg. 4.6 e 6.1, contiene una c.d. “deroga
speciale”, la quale, con specifico riferimento ai soggetti IAS adopter, attribuisce rilievo alla classificazione in
bilancio delle partecipazioni possedute, alle quale i dividendi ineriscono.
In buona sostanza, per i soggetti IAS adopter, l’esclusione da tassazione dei dividendi percepiti, trova
applicazione esclusivamente per i dividendi che ineriscono a partecipazioni fiscalmente qualificabili come
immobilizzazioni finanziarie, ai sensi dell’art. 85, c. 3-bis del TUIR: ciò in quanto, come evidenziato sub. Art.
87, la qualificazione fiscale di immobilizzazione finanziaria è uno dei presupposti oggettivi per l’applicazione
della disciplina di esenzione della plusvalenza realizzata ex art. 87 TUIR.
Ma, soprattutto, come evidenziato al parag. 4.4, tale deroga speciale si correla a quella di cui all’art. 94, c. 4bis, che attribuisce rilievo fiscale, alle variazioni al fair value, tra l’altro, delle partecip azioni e strumenti
similari non costituenti immobilizzazioni finanziarie.
Il comma 3 dell’art. 89 in commento, si ritiene contenga una norma antielusiva, avente ad oggetto gli utili di
fonte estera, volta ad evitare che siano esclusi da tassazione in Italia utili che all’estero non hanno scontato
alcuna tassazione (od hanno scontato una tassazione sensibilmente inferiore a quella italiana).
In base a tale considerazione, si ritiene che tale disposizione prescinda dal sistema contabile di riferimento.
Il comma 4 dell’art. 89, richiama, ove compatibili, le qualificazioni di versamento effettuato dai soci, quale
finanziamento piuttosto che come conferimento, di cui all’art. 46 TUIR, nonché, la qualificazione di utili da
partecipazione, di cui al successivo art. 47: si ritiene che tali richiami siano operati al fine di segnare il
confine tra i proventi da qualificare come interessi e quelli da qualificare come dividendi 147 .
Pertanto, si ritiene che, poiché le nozioni di dividendo ed interesse presupposte dalla norma tributaria sono
finalizzate alla individuazione dei meccanismi attraverso cui tali componenti rilasciano il loro contributo alla
formazione dell’imponibile, tali componenti debbano essere assunti necessariamente secondo la
qualificazione degli stessi presupposta dalla norma tributaria, a nulla rilevando eventuali divergenze con le
omologhe qualificazioni IAS.
Il comma 5, contiene una disposizione di quantificazione fiscale pura e semplice, che fissa nel saggio legale
(laddove non diversamente pattuito) la misura degli interessi che concorrono alla formazione del reddito
imponibile: pertanto, in base a quanto considerato ai paragg. 5.3.5 e 5.3.6, si deve ritenere che tale
disposizione sia applicabile anche ai soggetti IAS adopter.
Il comma 6 dell’art. 89, indica i criteri per la tassazione degli interessi e del capital gain derivanti da
operazioni di pronti contro termine.
Tale disposizione va coordinata con quanto stabilito dal Regolamento attuativo con riferimento a tali
operazioni.
Come illustrato al parag. 5, tali operazioni rientrano nell’ambito di una specifica deroga al riconoscimento
fiscale, introdotto con l’art. 83 del TUIR, delle qualificazioni contenute negli IAS.
Infatti, secondo tale deroga, contenuta all’art. 3, c. 4 del Regolamento attuativo, il trattamento fiscale delle
operazioni di pronti contro termine viene individuato sulla base dell’art. 89, c. 6 del TUIR, il quale, in buona
147
E’ utile evidenziare che in base allo IAS 18 parag. 26, sia gli interessi che i dividendi sono inclusi nella qualificazione di ricavo.
123
sostanza, presuppone una natura realizzativa di tali operazioni (conforme alla disciplina codicistica delle
stesse), a nulla rilevando la specifica qualificazione prevista dagli IAS, la quale riconduce le operazioni di
pronti contro termine ad una fattispecie non realizzativa.
Pertanto, si deve ritenere ferma la qualificazione dell’operazione di matrice codicis tica presupposta dalla
disposizione fiscale in commento, la quale, quindi, è applicabile anche ai soggetti IAS adopter.
Il comma 7, si ritiene essere una disposizione di quantificazione fiscale pura e semplice, la quale stabilisce
che gli interessi devono concorrere alla base imponibile IRES al netto di eventuali compensazioni: pertanto,
essa è applicabile anche ai soggetti IAS adopter, dato l’evidente carattere derogatorio rispetto alle risultanze
sia del bilancio tradizionale che del bilancio IAS.
ART. 90 (REDDITI IMMOBILIARI).
Si tratta di una norma finalizzata evidentemente alla quantificazione dell’imponibile e derogatoria rispetto alle
risultanze di bilancio: tuttavia, al comma 1, essa presuppone alcune qualificazioni (di immobili strumentali per natura e per destinazione -, di beni merce, ed, infine,di beni patrimoniali): orbene, si ritiene che dato il
carattere della disposizione assolutamente derogatorio delle risultanze di bilancio (prevedendo, addirittura, la
tassazione di un reddito medio -ordinario qual è la rendita catastale) le qualificazioni degli immobili
presupposti dalla norma restano quelle definite dall’art. 43 del TUIR anche per i soggetti IAS adopter 148 .
ART. 91 (PROVENTI ED ONERI NON COMPUTABILI NELLA DETERMINAZIONE DEL REDDITO)
La norma ha una evidente finalità di quantificazione dell’imponibile.
Si ritiene utile rilevare che, comunque, l’art. 91, c. 1, alle lett. c) e d), contiene una disciplina di neutralità
fiscale delle operazioni sia di rimborso di capitale mediante annullame nto (lett. c) che delle operazioni di
conferimento con pagamento del sopraprezzo azioni (lett. d): tale disciplina è del tutto coerente con le
qualificazioni di tali operazioni contenute allo IAS 32.
Si ritiene utile sottolineare, che, per i soggetti IAS adopter, la neutralità fiscale delle suddette operazioni
deriva direttamente dalle qualificazioni fiscali delle stesse, essendo ultronee le previsioni normative testè
citate.
ART. 92 (VARIAZIONI DELLE RIMANENZE)
148
Si ritiene utile rilevare che dal comb. Disp. Dell’IFRS 5 (Attività non correnti destinate alla vendita), dello IAS 16 (immobilizzazioni),
parag. 3, lett. a) e dello IAS 18 (Ricavi), parag. 3), siano ravvisabili le categorie degli immobili destinati alla vendita e degli immobili
strumentali all’esercizio dell’impresa (intesi come imm obili “strumentali per destinazione”), mentre lo IAS 40 contempla gli immobili da
investimento.
124
Si tratta di una disposizione di carattere chiaramente valutativo, che prescinde dal sistema contabile di
riferimento.
Tale disposizione presuppone la nozione di beni merce (per le eventuali interferenze del sistema contabile
IAS, valgono le stesse considerazioni effettuate sub. Art. 85, c. 1, lett. b).
L’art. 92, ai commi 4 e 5, prevede quali criteri di valutazione delle rimanenze dei beni fungibili il metodo
FIFO a scatti annuali (o varianti di esso), il metodo del costo medio ponderato e quello LIFO.
All’uopo si rileva che lo IAS 2 prevede esclusivamente il metodo FIFO (che fornisce al magazzino una
valutazione più vicina ai prezzi correnti) e quello del costo medio ponderato. Si ritiene utile evidenziare, che
l’art. 13, c. 2 del Dlgs. n. 38/2005 ha riconosciuto la possibilità, in sede di passaggio dai principi tradizionali
a quelli iAS, di potere continuare ad applicare i vecchi criteri di valutazione, dando luogo ad un doppio
binario tra valori di bilancio (determinati in base agli IAS) e valori fiscali (determinati in base alle disposizi oni
in commento).
Per tale ragione, l’art. 15, c. 3, lett. b) del D.L. n. 185/2008 ha previsto una disciplina di affrancamento dei
suddetti disallineamenti 149 .
ART. 93 (OPERE E FORNITURE DI DURATA ULTRANNUALE)
La norma in commento ha una chiara finalità valutativa e di quantificazione dell’imponibile: è appena il caso
di evidenziare che tale norma, dopo l’abrogazione della disposizione in essa contenuta 150 che faceva
riferimento al metodo c.d. “della commessa completata”, contiene criteri di valutazione del tutto analoghi a
quelli previsti dallo IAS 13, basati sui corrispettivi maturati nel corso dell’esercizio.
ART. 94 (VALUTAZIONE DEI TITOLI)
Si tratta di una norma di valutazione/quantificazione, applicabile, pertanto, anche ai soggetti IAS adopter.
La norma in commento contiene al c. 4-bis, una deroga speciale, in base alla quale viene attribuito rilievo
fiscale alle valutazioni dei beni, di cui all’art. 85, c. 1, lett. c), d) ed e), operate in base agli IAS: sulla
funzione tributaria di tale deroga in un quadro di sistema, si è ampiamente detto al parag. 4.4..
ART. 95 (SPESE PER PRESTAZIONE DI LAVORO)
Il comma 1 dell’art. 95 presuppone la nozione di spese per prestazioni di lavoro dipendente, quali prestazioni
rese nell’ambito di un contratto di lavoro dipendente, secondo la nozione codicistica di tale negozio giuridico.
149
Sulle modalità applicative della disciplina di riallineamento richiamata, cfr., i chiarimenti forniti con la Circolare dell’Agenzia delle
Entrate n. 33 del 10/07/2009 parag. 6.4.
150
Ad opera dell’art. 1 della L. n. 296 del 27/12/2006, in vigore dall’1/01/2007.
125
All’uopo si ritiene utile evidenziare che lo IAS 19 (Benefici per i dipendenti), qualifica come costo
dell’esercizio i “benefici economici” attribuiti ai dipendenti in cambio dell’utilizzo, nel medesimo esercizio, dei
benefici economici derivanti dall’attività lavorativa di questi ultimi: tale qualificazione non sembra in
contrasto con la qualificazione di contratto di lavoro dipendente di matrice codicistica, presupposta dall’art.
95, c. 1 del TUIR.
Le disposizioni di cui al comma 2 e seguenti hanno un carattere evidentemente di quantificazione degli oneri
ammessi in deduzione (c. 2), di forfetizzazione di deduzioni (commi 3 e 4), di deduzione per cassa (c. 5
primo periodo), di deduzione extracontabile di utili assegnati ad amministratori, soci fondatori, associati
d’opera e lavoratori (c. 5, ult. Periodo e c. 6).
Alcuni profili di incertezza sono rappresentati dal trattamento fiscale delle stock option in favore dei
dipendenti, o comunque di tutte le operazioni con pagamento basato su azioni.
Come evidenziato dalla guida OIC 3, tale forma di pagamento è alquanto diffusa per le remunerazioni dei
servizi resi dagli amministratori o dal personale dipendente attraverso l’assegnazione di opzioni su azioni.
In merito, l’IFRS 2 prevede che alla data di assegnazione la società emittente debba stimare il fair value dei
servizi ricevuti in relazione agli strumenti rappresentativi di capitale assegnati, imputando a conto economico
il valore di incremento del patrimonio netto.
In buona sostanza, le stock option si qualificano ai fini IAS/IFRS come remunerazioni integrative riconosciute
ai prestatori di lavoro che apportano i propri servizi a fronte
dell’assegnazione di diritti (di acquisto o sottoscrizione) su azioni della società emittente ed il relativo costo
deve essere rilevato in bilancio lungo il periodo di maturazione.
Come giustamente osservato 151 , la componente imputata a conto economico dovrebbe assumere piena
rilevanza fiscale ai fini della sua deducibilità 152 . Tale soluzione sarebbe corroborata da una serie di
considerazioni: l’operatività del principio di derivazione accentuata e, quindi, della prevalenza della sostanza
sulla forma ed il conseguente superamento dei criteri di imputazione temporale tradizionali, di cui all’art.
109, commi 1 e2; la qualificazione della componente imputata a conto economico quale costo di lavoro
dipendente; infine, l’assimilazione della fattispecie in esame al conferimento di opere e servizi in una SRL 153 .
151
In senso conforme si veda, L. Rossi, “Regime fiscale degli oneri da stock option, per i soggetti IAS”, in Boll. Trib. N. 17/2009, pagg.
1271 e ss..
152
Nel senso riportato nel testo, si veda anche, L. Miele, in “Il Sole 24 ore”, Norme e Tributi, 5 maggio 2009, p. 5.
153
In buona sostanza, i piani di stock option sono qualificati nell’ambito dell’IFRS 2 come conferimenti di opere e servizi effettuati dai
beneficiari del piano a favore della società emittente. nelle Basis for Conclusions dell’IFRS 2 viene, infatti, chiarito che l’operazione è
“essenzialmente identica a qualsiasi altra emissione di strumenti rappresentativi di capitale” in cui l’entità contabi lizza inizialmente
l’afflusso di risorse (beni o servizi) e l’incremento del patrimonio netto, e successivamente rileva a conto economico il costo per l’utilizzo
delle risorse ricevute (cfr. par. BC 31).
L’aspetto che differenzia le stock option da un conferimento di beni è solamente il tempo in cui avviene il “consumo”, ossia l’utilizzo
delle risorse acquisite dalla società emittente. Infatti, l’utilizzo di un bene avviene solitamente nell’arco di più esercizi e il consumo o il
deperimento dello stesso viene rilevato mediante l’imputazione a conto economico di quote annuali di ammortamento, mentre
nell’ipotesi di conferimento di opere e servizi il consumo da parte della società che li riceve è solitamente immediato e contestuale al
ricevimento degli stessi (4).
Pertanto, nell’ottica dell’IFRS 2 le opzioni su azioni assegnate ai beneficiari del piano rientrano tra i costi che l’entità sostiene per
remunerare le prestazioni lavorative, al pari di altri fringe benefits che integrano lo stipendio base, quali ad esempio, l’auto aziendale o
l’assistenza sanitaria (cfr. par. BC 38 e BC 39). La qualificazione di tale onere quale costo per il personale sostenuto dall’impresa per i
servizi effettivamente resi dai beneficiari del piano trova ulteriore riscontro nel fatto che lo stesso non deve essere stornato neanche nel
caso in cui, dopo la data prevista per l’esercizio dell’opzione la stessa risulta estinta per mancato esercizio.
In sostanza, le stock option si qualificano ai fini IAS/IFRS come remunerazioni integrativ e riconosciute ai prestatori di lavoro che
apportano i propri servizi a fronte dell’assegnazione di diritti (di acquisto o sottoscrizione) su azioni della società emittente ed il relativo
costo deve essere rilevato in bilancio lungo il periodo di maturazione.
126
Relativamente a quest’ultima fattispecie, l’agenzia delle Entrate ne aveva già riconosciuto la rilevanza fiscale
(si veda la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 35/E del 2005).
E’ appena il caso di rilevare che, in ogni caso, il riconoscimento fiscale delle qualificazioni dell’IFRS 2 non
pregiudica, con riferimento alle stock option assegnate agli amministratori, la deducibilità, per la società nei
cui confronti gli amministratori erogano i loro servizi, secondo un criterio di cassa.
ART. 96 (INTERESSI PASSIVI)
Si tratta di una disposizione di competenza interna (si veda parag. 5.3.5), che indica la misura con cui gli
interessi passivi concorrono alla formazione del reddito.
Tale disposizione, nel disciplinare il metodo di calcolo degli interessi deducibili, fa riferimento al concetto di
risultato operativo lordo, indicando le voci di bilancio che concorrono alla determinazione del R.O.L.: si
ritiene che, per i soggetti IAS adopter, il riferimento vada operato alle corrispondenti voci del bilancio IAS.
Pertanto, i criteri IAS di qualificazione (con le loro implicazioni sulla valorizzazione degli assets in sede di
prima rilevazione in bilancio) e di classificazione produrranno i loro effetti anche ai fini della determinazione
del R.O.L.
ART. 99 (TRIBUTI E CONTRIBUTI)
Tale norma stabilisce un criterio di deduzione per cassa con riferimento ad una serie di fattispecie
tassativamente indicate, realizzando una soluzione di continuità nel rapporto di derivazione dell’imponibile
dal bilancio: pertanto, essa è totalmente impermeabile ai principi IAS.
ART. 100 (ONERI DI UTILITA’ SOCIALE)
Tale disposizione prevede una serie di forfetizzazioni di oneri deducibili, realizzando anch’essa una scissione
totale delle fattispecie fiscali dalle risultanze di bilancio: pertanto, anche tale disposizione non è influenzata
in alcun modo dal sistema contabile di riferimento.
ART. 101 (MINUSVALENZE, SOPRAVVENIENZE PASSIVE E PERDITE).
Il comma 1 contiene una qualificazione fiscale di minusvalenza rilevante ai fini della determinazione della
base imponibile IRES, la quale si appalesa in modo speculare alla qualificazione fiscale di plusvalenza, di cui
all’art. 86, c. 1, del TUIR: pertanto, si rinvia alle considerazioni già svolte sub. Art. 86, c. 1.
E’ opportuno ribadire che trattandosi di una disposizione strettamente dipendente sia dai criteri di
rilevazione/cancellazione in bilancio che dai criteri di qualificazione/classificazione, essa si trova in un
rapporto di stretta derivazione con il sistema contabile preso a riferimento.
Il comma 2, contiene criteri relativi alla valutazione del valore da attribuire ai beni di cui all’art. 85, c. 1, lett.
c), d) ed e), costituenti immobilizzazioni finanziarie, da porre a confronto con il corrispettivo della cessione,
127
i n v i s t a d ella quantificazione delle minusvalenze derivanti dalla cessione di detti beni: tale valore è
determinato con rinvio all’art. 94 del TUIR; il secondo periodo della norma pone uno specifico limite
quantitativo ai fini della deduzione delle minusvalenze relative alle immobilizzazioni finanziarie, costituite da
beni di cui alla lett. e) del c. 1 dell’art. 85, quotati in mercati regolamentati italiani od esteri.
Tale ultima disposizione ha reso necessario introdurre, al comma 2 -bis, una deroga sia a tali limiti
quantitativi di deduzione che ai predetti criteri di valutazione del costo delle immobilizzazioni da prendere
come riferimento per la quantificazione della minusvalenza.
Infatti, si è posta una esigenza di coordinamento con una specifica deroga speciale, contenuta all’art. 110, c.
1-bis del TUIR (si veda amplius, parag. 4.4).
E’ utile rammentare che tale disposizione, alla lett. a) prevede, con esclusivo riferimento ai beni di cui alla
prefata lett. e) del c. 1 dell’art. 85 del TUIR, costituenti immobilizzazioni finanziarie, il riconoscimento fiscale
delle valutazioni operate in base agli IAS, quando tali valutazioni danno luogo a componenti imputate a
conto economico (i.e., quando la valutazione è al fair value).
Inoltre, il predetto comma 1 -bis dell’art. 110 del TUIR, alla lett. b) prevede l’irrilevanza fiscale delle
plusvalenze iscritte relative alle partecipazioni societarie e strumenti similari, quando gli stessi costituiscono
immobilizzazioni finanziarie.
La lett. c) del citato comma 1-bis prevede il recupero a tassazione degli utili, medio tempore percepiti,
inerenti a partecipazioni, aventi i requisiti pex (escluso quello del periodo minimo di possesso), ma ceduti
prima del trascorrere dell’holder period.
In definitiva, ai fini della determinazione delle minusvalenze da alienazione di strumenti finanziari, costituenti
immobilizzazioni finanziarie, le disposizioni contenute al richiamato comma 1-bis dell’art. 110, che hanno
concreta rilevanza sono esclusivamente quelle contenute alle lett. a) e b).
Riguardo alle sopravvenienze passive, si ritiene di rinviare a quanto già detto, con riferimento alle
sopravvenienze attive, circa l’influenza che gli IAS sono idonei a determinare nel concretizzarsi di dette
fattispecie, mediante i criteri di iscrizione/cancellazione dal bilancio degli elementi reddituali/patrimoniali
attivi e passivi.
In questa sede si ritiene utile richiamare quanto prescritto dallo IAS 18 (Ricavi), al parag. 18, in merito alle
ipotesi di eliminazione di “ricavi”154 in precedenza rilevati: “quando sussiste una incertezza riguardo alla
riscuotibilità di crediti derivanti da un ricavo già rilevato, il valore non recuperabile, o il valore il cui recupero
non è più probabile, è rilevato come costo invece che come rettifica del ricavo origina riamente rilevato.”.
Da quanto testè riportato, sembra evincersi che gli IAS prescrivono una tecnica contabile del tutto omologa
a quella consistente nella rilevazione delle sopravvenienze passive.
Con riferimento al comma 5 (perdite), l’inapplicabilità di tale disposizione ai soggetti IAS adopter, discende
dalla inapplicabilità a detti soggetti del criterio di “certezza”, richiamato da detta disposizione, così come
dall’art. 109, c. 1 del TUIR.
154
E’ utile rammentare che secondo le qualificazioni del medesimo IAS 18, comprendono tutti i proventi della c.d. “gestione ordinaria”,
inclusi, ad es., gli interessi, i dividendi e le royalties.
128
In buona sostanza, la derivazione rafforzata dell’imponibile dal bilancio IAS implica la rilevanza, anche ai fini
fiscali, dei criteri di cancellazione dal bilancio degli assets in precedenza rilevati 155
Relativamente al gruppo di disposizioni, contenute agli artt. Da 102 a 108 del TUIR, esse si rendono
applicabili anche ai soggetti IAS adopter, secondo quanto chiarito anche dalla relazione allo schema di
Regolamento attuativo.
Si ritiene utile riportare quanto chiarito dalla relazione di accompagnamento al regolamento attuativo, con
riferimento al gruppo di norme testè richiamato.
“Essendo estranee alla nozione di qualificazione, classificazione e imputazione temporale, si è ritenuto
che debbano restare, viceversa, valevoli per i soggetti IAS non solo le disposizioni che pongono dei limiti
al riconoscimento fiscale degli ammortamenti, delle valutazioni e degli accantonamenti, ma anche quelle
che, per motivi di carattere prettamente fiscale, derogano al bilancio redatto con i criteri nazionali e che,
dunque, continuano a porre analoghe deroghe anche al bilancio redatto con gli IAS.
Si tratta, in particolare, delle disposizioni che prevedono l’imputazione di componenti positivi e negativi per
cassa anziché per competenza (interessi di mora, compensi agli amministratori, dividendi, ecc.) e di quelle
che non consentono o limitano la deduzione di costi in quanto non inerenti o che prevedono la tassazione
di componenti positivi frazionata nel tempo per motivi di opportunità fiscale (quale l’imposizione ripartita
pro quota di talune plusvalenze).”.
ART. 102 (Ammortamento dei beni materiali).
Si ritiene utile soffermarsi brevemente sui commi 6 e 7 di tale norma.
Il comma 6, relativo alle manutenzioni, con riferimento alle spese di manutenzione non capitalizzate, ne
prevede la deducibilità secondo il noto limite del plafond del 5% del costo dei beni ammortizzabili, con il
riparto in 5 esercizi delle spese eccedenti tale plafond.
La disposizione in commento presuppone una scelta operata “a monte” dal redattore del bilancio, che può
scegliere o di capitalizzare la spesa (e, quindi, di farla concorrere al processo di ammortamento del bene cui
inerisce) o di dedurla nell’esercizio (nei limiti del plafond), e, per la parte eccedente, in 5 esercizi.
Pertanto, lo IAS 16 (Immobilizzazioni) si integra con tale disposizione nella misura in cui condiziona la scelta
di capitalizzare la spesa di manutenzione o di imputarla a conto economico.
All’uopo si evidenzia che lo IAS 16, al parag. 12, definisce, in buona sostanza, come spese di manutenzione
ordinaria quegli interventi che non richiedono la sostituzione di componenti dell’immobilizzazione: tali spese,
secondo lo IAS, vanno imputate a conto economico nell’esercizio di sostenimento.
155
All’uopo si evidenzia che lo IAS 16, paragg. Da 67 a 72, disciplina i presupposti per l’eliminazione di una immobilizzazione dal
bilancio, ed, in particolare, prevedono quanto segue:
“ 67. Il valore contabile di un elemento di immobili, impianti e macchinari deve essere eliminato:
a) alla dismissione; o
b) quando nessun beneficio economico futuro è atteso dal suo utilizzo o dismissione.
68. L'utile o la perdita derivante dall'eliminazione contabile di un elemento di immobili, impianti e macchinari deve essere rilevato
in conto economico quando l'elemento è eliminato contabilmente (…).”.
129
Il successivo parag. 13 dello IAS 16 fa riferimento (senza fo rnirne una specifica definizione) a quegli
interventi che richiedono la sostituzione di componenti dell’immobilizzazione, i quali danno luogo a spese da
capitalizzare nel costo dell’immobilizzazione medesima.
Pertanto, laddove in base al prefato parag. 12, la spesa di manutenzione sia imputata a conto economico, la
disposizione fiscale, di cui al comma 6 dell’art. 102, così come deroga al bilancio tradizionale, deroga anche
al bilancio IAS.
Invece, laddove si renda applicabile il criterio di cui al citato p arag. 13, la spesa capitalizzata sarà
ammortizzata, unitamente al costo storico dell’immobilizzazione, in base alle disposizioni di cui ai commi 1 e
2 dell’art. 102 del TUIR.
Il comma 7 dell’art. 102 costituisce, tra tutte le disposizioni di quantificazion e/valutazione, quella che
maggiormente risente, “a monte”, delle qualificazioni contenute negli Ias.
Infatti, la disposizione in commento risente della qualificazione civilistica di contratto di leasing (quale
locazione finanziaria), mentre, com’è noto, lo IAS 17 qualifica detta operazione come un finanziamento, tutte
le volte che l’operazione è strutturata sulla falsariga del leasing finanziario, secondo la definizione di tale
fattispecie contenuta allo stesso IAS 17: pertanto, tale differente qualificazione, implicando l’iscrizione del
bene oggetto di leasing, nell’attivo dello stato patrimoniale dell’utilizzatore, determina l’applicazione delle
disposizioni sull’ammortamento dei beni materiali (art. 102, commi 1 e 2), ovvero, dei beni immateriali (art.
103 del TUIR).
ART. 103 (Ammortamento dei beni immateriali).
Come evidenziato al parag. 4.4 la deroga speciale di cui al comma 3-bis di tale norma è esplicativa (si
potrebbe dire “a contrario”) di come gli IAS influenzano “a monte” l’applicazione delle d isposizioni sugli
ammortamenti, cioè, nel prevedere sia l’iscrivibilità in bilancio di un costo come immobilizzazione immateriale
che nel prevederne l’ammortizzabilità.
ART. 104 (Ammortamento finanziario dei beni gratuitamente devolvibili)
Tale norma contiene deroghe che valgono sia nei confronti del bilancio tradizionale che nei confronti del
bilancio IAS.
ART. 105 (Trattamenti di quiescenza)
L’art. 2, c. 4 del Regolamento attuativo si occupa di coordinare lo IAS 19 (Benefici per i dipendenti) con
l’art. 105 del TUIR, i quali si collocano in prospettive completamente differenti: lo IAS 19 presuppone la
continuità dell’attività d’impresa, mentre, l’art. 105 del TUIR presuppone l’impostazione dell’art. 2120 c.c., in
base alla quale, al termine dell’esercizio, occorre quantificare l’intero debito che l’impresa ha maturato nei
confronti di tutti i dipendenti a titolo di trattamento di fine rapporto. In buona sostanza, la logica del codice
130
civile è quella di quantificare il debito in questione come se tutti i dipendenti interrompessero il rispettivo
rapporto di lavoro con l’impresa, alla data del 31/12 di ciascun anno.
Su tale aspetto ci si è soffermati al parag. 5.4, cui si fa rinvio.
ART. 106 (Svalutazioni dei crediti ed accantonamenti per rischi su crediti)
Relativamente a tale disposizione, del cui coordinamento con gli IAS si occupa l’art. 2, c. 3 del Regolamento
attuativo (si veda parag. 5.5), in questa sede si desidera evidenziare che essa ci consente di rimarcare quale
sia la differenza, nell’ottica del Regolamento attuativo, tra i criteri di qualificazione e quelli di valutazione
vera e propria.
Infatti, come si è detto ai paragg. 5.3.5 e 5.3.6, le qualificazioni IAS interferiscono inevitabilmente con i
criteri di valutazione, in quanto incidono sul valore di prima iscrizione degli elementi reddituali/patrimoniali:
ciò appare con palmare evidenza dalla relazione al citato Regolamento, laddove si chiarisce la differenza tra
le qualificazioni IAS, ad es. di ricavo, che incidono sul valore di prima iscrizione dei crediti, ed i criteri di
valutazione dei crediti veri e propri, contenuti all’art. 106 del TUIR, che si rendono applicabili alla rilevazione
delle successive vicende che interessano il rapporto obbligatorio.
Si ritiene utile richiamare quanto la suddetta relazione ha chiarito su tale aspetto.
“
Tornando, in particolare, alle norme che pongono limiti alle valutazioni, si è ritenuto opportuno
precisare (articolo 2, comma 3, del regolamento) che la prima iscrizione dei crediti ad un valore
divergente da quello nominale (più alto o più basso) nel sistema degli IAS non è l’espressione di un
criterio di valutazione, ma una rappresentazione di tipo qualitativo, un’esposizione, cioè, che tiene conto
della attualizzazione dei flussi finanziari sulla base del tasso di interesse effettivo (ovvero di mercato, se
divergente) e, pertanto, deve essere accettata come tale – come qualificazione – anche ai fini fiscali. In
questo senso si è previsto che non possa appl icarsi a queste qualificazioni la disciplina dell’art. 106 del
TUIR che attiene, invece, alla valutazione dei crediti; disciplina che, viceversa, si rende applicabile alle
successive valutazioni in quanto le stesse sono direttamente collegate al rischio di insolvenza del
debitore (tema di cui si occupa l’art. 106 del TUIR).
Va, peraltro, rilevato che l’attualizzazione dei crediti in sede di loro prima iscrizione esprime una regola di
portata generale del sistema IAS che vale sia per gli strumenti finanziari in genere, quale che sia la fonte
da cui derivano (IAS39), sia per i crediti correlati alla produzione di ricavi (IAS18), sia infine per i debiti
contratti a fronte dell’acquisizione di beni (IAS16), sicché si tratta di una regola
che
reagisce
anche nell’identificazione e quantificazione dei fenomeni economici (ricavi e costi) sottostanti all’iscrizione
di tali poste finanziarie.”156 .
156
I chiarimenti riportati nel testo valgono per le sole imprese c.d. “industriali” e non per il settore bancario.
Infatti, come chiarito dalla relazione al Regolamento attuativo: “ Relativamente a lle banche e alle imprese di assicurazioni, si è
ritenuto, contrariamente a quanto stabilito per le imprese industriali, di consentire, per motivi di semplificazione gestionale, e in
coerenza con il criterio direttivo dell’articolo 1, comma 58, della finanziaria 2008 che stabilisce di tenere conto delle specificità
del settore bancario e finanziario, l’applicazione dell’articolo 106, comma 3, del TUIR, anche alle differenze di val ore di prima
iscrizione. In particolare, secondo le istruzioni per la redazione del bilancio emanate dalla Banca d’Italia, nella valutazione dei crediti
delle banche è compresa anche l’attualizzazione dei crediti stessi, il cui successivo riversam e n t o a c o n t o e c o n o m i c o è , d i
conseguenza, considerato ripresa di valore (e non imputazione di interessi attivi).”.
131
In base a tutto quanto testè riportato, si deve rilevare che la c.d. “fair value o ption”, prevista dallo IAS 39,
ossia la designazione, in sede di prima rilevazione in bilancio, al fair value di strumenti finanziari non
detenuti per la negoziazione in funzione di copertura dei rischi, assume rilievo fiscale proprio in quanto essa
è conseguenza della qualificazione operata in sede di prima rilevazione in bilancio: più precisamente, la
“f.v.o.” ha accesso nel sistema del TUIR per effetto del principio di derivazione rafforzata (art. 83) e non
attraverso una disposizione di valutazione (art. 106) 157 .
ART. 107 (Altri accantonamenti).
Tale norma contiene evidentemente disposizioni di competenza interna, le quali si rendono applicabili anche
ai soggetti IAS adopter.
Tuttavia, i criteri IAS sono idonei a condizionare “a monte” l’operatività della fattispecie fiscale in commento.
Pertanto, si ritiene opportuno soffermarsi brevemente sul disposto del comma 1 dell’art. 107, relativamente
alle spese per manutenzione ciclica di navi ed aeromobili.
E’ utile evidenziare che lo IAS 18, parag. 14, con riferimento alle manutenzioni in oggetto, non prevede un
meccanismo di imputazione “anticipata” a conto economico delle relative spese (mediante la tecnica degli
accantonamenti, ma prevede la rilevazione del relativo costo quando effettivamente sostenuto, il quale va ad
incrementare il costo dell’immobilizzazione cui inerisce.
Infatti, lo IAS 18, parag. 14, prescrive: “Quando si effettua ciascuna significativa verifica, il suo costo è
rilevato nel valore contabile di un elemento di immobili, impianti e macchinari come una sostituzione
(…).”.
Pertanto, si ritiene che i soggetti IAS adopter, in assenza di una disposizione omologa a quella contenuta al
c. 3-bis dell’art. 103, non possano dedurre extracontabilmente gli accantonamenti, eventua lmente praticati
sulla base dell’art. 107, c. 1.
In definitiva, in applicazione del prefato Ias 18, parag. 14, i soggetti IAS adopter devono imputare a
patrimonio il costo della manutenzione nel momento del suo sostenimento, e far concorrere tale maggior e
costo alla determinazione degli ammortamenti fiscalmente deducibili, in base all’art. 102 del TUIR.
ART. 108 (Spese di ricerca e sviluppo)
Con riferimento alla disposizione di cui innanzi, pur facendo rinvio a quanto esposto al parag. 5, si ritiene
utile richiamare quanto chiarito dalla relazione al Regolamento attuativo.
“
Si è ritenuto non necessario attuare la lettera h) del comma 60 dell’articolo 1 della finanziaria
2008
concernente
i
criteri
di coordinamento per il trattam ento delle spese di ricerca e sviluppo in
157
Occorre evidenziare che la Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 189/2009, partendo dall’erronea presupposizione per la quale la
“f.v.o.” fosse una operazione di valutazione, ne ha riconosciuto la rilevanza fiscale nel caso di specie, in quanto lo strumento finanziario
oggetto di “f.v.o.” era un credito ed il soggetto IAS adopter un’impresa esercente l’attività di erogazione del credito al consumo: in base
a tali circostanze, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto applicabile l’art. 106, c. 3 del TUIR.
Una tale conclusione, oltrechè errata nelle premesse, sarebbe suscettibile di creare una disparità di trattamento sia con riferimento a
differenti strumenti finanziari che con riferimento a differenti operatori economici ugualmente IAS adopter.
132
quanto la disciplina vigente di deducibilità di tali spese, così come correttamente interpretata dall’Agenzia
delle entrate, assicura già – anche per i soggetti IAS - la coerenza con i principi contabili adottati.
Va, infatti, ricordato che, secondo la prassi amministrativa (risoluzione n. 95/E del 2006 dell’Agenzia delle
Entrate), la deducibilità delle spese per la ricerca è, comunque, subordinata – sia per i soggetti IAS che per
quelli non IAS - alla previa imputazione al conto economico delle medesime, nel rispetto del principio
di derivazione del reddito imponibile dal risultato economico. Imputazione al conto economico che,
secondo corretti principi contabili, può avvenire solo nel momento in cui il bene o processo frutto della
ricerca è disponibile per l’utilizzazione economica o, comunque, inizia a produrre benefici economici.
Stante tale interpretazione, di fatto, le spese di ricerca e sviluppo sono deducibili nel limite della
quota imputabile a ciascun esercizio secondo corretti principi contabili, ancorché, secondo una lettura
(che, tuttavia, non può essere accolta) non conforme alla citata prassi amministrativa, l’articolo 108,
c o m m a 1 , d e l TUIR, sembrerebbe consentire la deduzione delle spese in questione nell’esercizio di
sostenimento, anche anticipatamente rispetto alla imputazione al conto economico.”.
Infine, si ritiene utile evidenziare come gli IAS siano idonei a condizionare “a monte” anche l’applicazione di
tale norma.
Un esempio ci è offerto dalla Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 216/2007.
In tale documento di prassi, si afferma che il differenziale negativo, risultante dalla differenza tra il costo di
acquisto di telefonini ed il (più basso) prezzo di vendita alla clientela degli stessi telefonini, poiché scaturisce
da una strategia finalizzata alla fidelizzazione della clientela, laddove capitalizzata in base agli IAS, può
essere dedotta secondo la quota imputabile a ci ascun esercizio, in base al disposto dell’ultimo comma
dell’art. 108 del TUIR.
In sostanza, in tale Risoluzione, l’Agenzia afferma l’indifferenza del sistema contabile di riferimento rispetto
all’applicazione della fattispecie fiscale considerata.
ART. 109 (Norme generali sui componenti del reddito di impresa).
Relativamente all’incidenza della scelta di adottare gli IAS come sistema contabile di riferimento sui criteri di
imputazione temporale (competenza esterna), di cui all’art. 109 del TUIR, si è detto al parag. 4.3.5.
Le altre disposizioni, contenute all’art. 109, sono applicabili anche ai soggetti IAS adopter: in particolare, in
ordine alle disposizioni di cui ai commi 3 e 4, si è già detto al parag. 4.3.1
ART. 110 (Criteri generali di valutazione).
Come evidenziato al parag. 4.3.6, tale disposizione, in quanto avente, per definizione, una finalità valutativa,
trova applicazione anche nei confronti dei soggetti IAS adopter, con le specificità stabilite dalle deroghe
speciali, contenute ai commi 1-bis ed 1-ter, di cui si è detto al parag. 4.4.
ART. 112 (Operazioni fuori bilancio).
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Della funzione tributaria di tale disposizione e delle deroghe speciali in essa contenute, in un quadro di
sistema, si è detto al parag. 4.4.
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