Servizi agli allevatori Verso un futuro senza povertà Nelle regioni rurali di tutto il mondo, circa un miliardo di capi di bestiame vengono allevati da oltre 600 milioni di piccoli contadini e allevatori. La maggior parte di questi allevatori – circa il 95 per cento – vive in condizioni di povertà assoluta. Benché l’allevamento di bestiame offra concrete possibilità di combattere la povertà in molti paesi in via di sviluppo, soprattutto perché la domanda di prodotti animali come il latte e la carne è in continuo aumento, gran parte delle politiche e dei servizi per l’allevamento tendono a favorire la produzione su larga scala. Al fine di trarre beneficio dalla domanda dei mercati emergenti e ridurre così la propria povertà, i piccoli agricoltori e allevatori devono poter accedere a servizi e tecnologie di base, quali assistenza veterninaria, strade in buono stato e terreni da pascolo, oltre ad aver bisogno di politiche che tengano conto delle loro esigenze. Poter accedere alle risorse giuste Servizi per l’allevamento adeguati possono risultare determinanti nella lotta dei piccoli allevatori per riuscire a gestire con maggiore efficienza le loro attività e a ridurre la propria povertà. Tali servizi comprendono assistenza veterinaria, terre da pascolo, mangimi, fonti d’acqua sicure, strade in buone condizioni, tecniche di riproduzione e accesso a servizi finanziari. Ad esempio, quando un progetto nazionale per l’allevamento fornì i vaccini per gli animali ai piccoli agricoltori e allevatori di 300 comunità rurali in Togo, si registrò un miglioramento delle condizioni sanitarie e della produttività del bestiame e, di conseguenza, un incremento dei redditi. Anche la formazione e la consulenza di tecnici esperti sono importanti. Un progetto finalizzato a migliorare l’allevamento del pollame in Pakistan, ad esempio, ha fornito alle allevatrici di polli i vaccini, le medicine e le conoscenze tecniche necessarie a usarli. Un anno dopo, si registrava un incremento sostanziale del numero delle galline e delle uova da esse prodotte, unitamente a un calo del tasso di mortalità degli animali. Un’altra ragione del successo di tale progetto va ricercata nel fatto che esso prendeva in considerazione le necessità e i problemi specifici delle donne pakistane. Tenendo conto della limitata disponibilità di risorse finanziarie delle donne, l’organizzazione che gestiva il progetto ebbe cura di mantenere i costi operativi a livelli contenuti, rendendo così possibile un beneficio economico maggiore per le donne. I poveri stessi devono essere coinvolti nello sviluppo e nella selezione dei servizi all’allevamento. Tuttavia, i loro bisogni vengono spesso trascurati. Raramente viene chiesto ai poveri delle aree rurali di partecipare allo sviluppo delle politiche o della struttura dei servizi, poiché essi vivono in zone molto distanti dalle grandi città e spesso sono analfabeti. Per essere efficaci, i servizi all’allevamento devono tener conto del fatto che la maggior parte dei poveri che abitano nelle campagne non hanno la possibilità di accedere a risorse vitali come terra, acqua, mercati, credito, servizi sanitari e istruzione. Un modo per assicurarsi che i poveri abbiano voce in capitolo nei processi decisionali che li riguardano è aiutarli a creare organizzazioni formali di produttori. Un progetto nella Repubblica Centrafricana ha trasformato un gruppo di 25.000 allevatori della regione in un’organizzazione che fornisce servizi a livello nazionale, in grado di giocare un ruolo di rilievo nello sviluppo del settore zootecnico. Le cooperative e i gruppi di autosostegno possono rafforzare la posizione competitiva degli allevatori poveri e in tal modo ridurre la povertà di intere comunità. Tali iniziative hanno bisogno del sostegno dei governi e delle organizzazioni per lo sviluppo. Esse possono risultare decisive per migliorare i servizi all’allevamento e garantire maggiore potere decisionale ai poveri delle aree rurali. Servizi agli allevatori Verso un futuro senza povertà IN BREVE ■ Più di 150 milioni di allevatori di bestiame sono senza terra. Nell’Asia meridionale, la crescente privatizzazione delle terre comuni sta lasciando milioni di loro senza la possibilità di accedere a terreni da pascolo. ■ Nei prossimi 30 anni, i paesi in via di sviluppo avranno bisogno di 120 milioni di ettari di terra in più per la produzione di generi alimentari di prima necessità destinati a sfamare le loro popolazioni in crescita. Questo metterà ancora più a rischio i terreni da pascolo, gli abbeveratoi e altre risorse. ■ Integrare l’allevamento del bestiame con la produzione agricola può migliorare la produttività di una fattoria anche del 100 per cento. ■ Il tipo di animali allevati dagli abitanti delle aree rurali spesso dipende dalle risorse che essi hanno a disposizione. In India, per esempio, gli agricoltori che hanno accesso all’irrigazione alleveranno più probabilmente animali di grossa taglia, come mucche o bufali, mentre coloro che non hanno accesso all’acqua per irrigare tenderanno ad avere animali più piccoli. I senzaterra, la cui sopravvivenza è legata a un salario giornaliero, tenderanno invece a non possedere alcun animale. ■ L’urbanizzazione e un aumento dei salari stanno creando una domanda crescente di carne e latte nei paesi in via di sviluppo, dove circa 6,3 milioni di piccoli agricoltori consegnano attualmente latte a 55.000 società cooperative. ■ Uno studio condotto su più di 1700 allevatori di bestiame in Bolivia, India e Kenia ha rivelato che il loro problema più grave era l’impossibilità di accedere a mangimi e acqua. Le malattie del bestiame rappresentavano il problema più importante per il 20 per cento degli allevatori presi in esame. ■ In Bangladesh, dove si calcola che 8 milioni di famiglie povere delle aree rurali partecipino a programmi di microcredito, circa il 20 per cento dei prestiti vengono investiti in animali da allevamento. Tutte le creature grandi e piccole Chi sono gli allevatori? Il proprietario di un ranch in Guatemala con la sua mandria di bovini, il contadino del Bangladesh con le sue tre galline, l’abitante di un villaggio tra le montagne del Marocco orientale che possiede un’unica arnia di api. Tutti costoro allevano degli animali e giocano un ruolo nella lotta per ridurre la povertà. Per i poveri, ci sono molteplici vantaggi nell’allevare degli animali – dall’enorme bufalo indiano al più piccolo degli insetti. Il bestiame è una forma di valuta. Per molte persone, gli animali rappresentano risparmi. La vendita di animali e di concime può rappresentare un modo di procurarsi rapidamente del denaro in momenti di necessità. Il reddito che si ricava dagli animali e dai molti prodotti da essi ottenuti – latte, uova, carne, lana, cuoio, miele – può consentire a famiglie povere di procurarsi cibo da mettere in tavola, migliorare la propria dieta, mandare i bambini a scuola e acquistare medicinali per sé o per i loro animali. Il bestiame agisce anche come una specie di collante sociale. Prestiti e doni di animali mettono le persone in relazione con i membri di altre famiglie, oltre che con le comunità e le istituzioni. In molte società, le doti delle spose consistono in capi di bestiame. Gli allevatori che condividono il bestiame con i loro parenti, condividono anche i rischi rappresentati dalla siccità e dalle malattie. Gli animali sono usati per risolvere conflitti, pagare debiti e regolare conti. La posizione di una famiglia nella società è spesso determinata dal numero e dal tipo di animali che possiede. Quando le donne possiedono del bestiame, la loro condizione sociale può migliorare, consentendo loro di avere voce in capitolo nei processi decisionali. Gli animali assolvono anche compiti pratici. Portano carichi pesanti, aiutano ad arare i campi e rappresentano un mezzo di trasporto. Il loro letame fertilizza il terreno. La maggior parte degli animali si nutre di fieno, erba, avanzi di cucina e altri rifiuti, convertendo così materiali inutilizzabili in cibo di alta qualità per gli esseri umani. Le loro carni aggiungono proteine alle diete a base di cereali e possono migliorare l’alimentazione dei bambini. La presenza di animali riduce la necessità di manodopera nei campi. Anche gli animali più piccoli possono contribuire a ridurre la povertà. Benché le attività basate sull’allevamento di animali di piccola taglia come cavie, bachi da seta, lumache, api da miele e conigli diano profitti minori, esse comportano anche minori costi iniziali e presentano meno rischi. Allevare animali piccoli è spesso un primo passo per poi intraprendere imprese più redditizie. Inoltre, gli animali di piccola taglia, che tendono a vivere più vicino alla casa, sono particolarmente preziosi per le donne, che possono dover rimanere in casa per prendersi cura dei bambini. Tuttavia, per quel che riguarda l’allevamento del bestiame, la povertà è un fattore relativo. La povertà di una famiglia non è determinata dal numero o dalla specie degli animali che possiede, bensì da fattori sociali, geografici ed economici di più ampia portata. Per esempio, un agricoltore con dieci capre potrebbe essere considerato benestante in una regione del mondo e povero in un’altra, dove disastri naturali e altri fattori rendono l’allevamento delle capre più difficoltoso. In generale, gli allevatori di bestiame sono considerati poveri quando gli animali che possiedono non li aiutano a soddisfare le necessità di base per la loro sopravvivenza. In molte regioni del mondo, i poveri dipendono dal bestiame per procurarsi denaro e tuttavia non possono permettersi di mangiare le carni che producono. Quando i poveri hanno accesso a terreni da pascolo, si tratta spesso di terre aride scarsamente popolate, che rendono l’allevamento del bestiame difficile ed estremamente costoso. Animali di taglia maggiore, come mucche, bufali e cammelli, possono fornire prodotti più facilmente commerciabili rispetto a quelli più piccoli e generare di conseguenza redditi più elevati. Ma raramente gli agricoltori poveri possono permettersi di possedere questo tipo di bestiame. Alcuni animali si nutrono di materiali di scarto, esercitando così un’azione di riciclaggio che può contribuire a migliorare l’ambiente. Tuttavia, la mancanza di mangimi e i terreni da pascolo insufficienti obbligano spesso i contadini poveri a far pascolare eccessivamente gli animali di grossa taglia, danneggiando di conseguenza l’ambiente circostante. Il bestiame è una forma di valuta. Per molte persone, gli animali rappresentano risparmi. La vendita di animali e di concime può rappresentare un modo di procurarsi rapidamente del denaro in momenti di necessità L’impatto della globalizzazione Nel corso degli ultimi 20 anni, la globalizzazione ha investito il settore agricolo in tutto il mondo, espandendone i mercati a un livello senza precedenti. Allo stesso tempo, è cresciuta la domanda di carne e latte in molti paesi in via di sviluppo. Insieme, questi sviluppi comportano sia opportunità che rischi rilevanti per i milioni di persone povere che allevano animali. I critici segnalano che le opportunità offerte dalla globalizzazione sono state distribuite in maniera diseguale e possono giocare a sfavore dei paesi in via di sviluppo. Gli allevatori poveri, per esempio, non possono solitamente permettersi di adeguarsi agli standard sanitari richiesti per commerciare a livello globale e trovano sempre pìiù difficile competere in patria quando prodotti importati a basso costo vengono introdotti sui mercati locali. La maggiore produzione di carne e latte e la lavorazione che tali prodotti richiedono per poter rispondere alla domanda del mercato globale possono avere un impatto notevole sulle risorse naturali. Più la terra viene adibita a pascolo, più il suolo si impoverisce, la deforestazione avanza, più l’habitat naturale di varie specie animali viene messo in pericolo e più rifiuti ed emissioni di gas vengono prodotte. Animali e HIV/AIDS Oggi, la netta maggioranza dei 40 milioni di persone in tutto il mondo che, secondo le stime, convivono con l’HIV/AIDS vivono nei paesi in via di sviluppo. Le persone povere corrono un rischio molto maggiore di contrarre l’infezione dell’HIV e la povertà aggrava l’impatto della malattia in vari modi. Quando le famiglie sono colpite dall’HIV/AIDS, la loro condizione di povertà può peggiorare. Si perdono manodopera e tempo e i redditi diminuiscono. Le conoscenze tradizionalmente trasmesse da una generazione all’altra vanno perdute, se i genitori muoiono prima che i loro figli siano cresciuti a sufficienza per occuparsi del lavoro dei campi. Possedere degli animali può aiutare le famiglie a far fronte ad alcuni degli effetti devastanti dell’HIV/AIDS. Il bestiame può essere venduto per coprire le spese supplementari per il cibo, l’assistenza medica e i funerali. Animali di grossa taglia, come bovini e bufali, possono rappresentare una manodopera sufficiente a risparmiare le forze dei membri della famiglia ammalati. Ma consuetudini ereditarie tradizionali e politiche discriminatorie possono privare le persone colpite dall’HIV/AIDS dei loro animali. Le donne e i bambini che perdono i mariti o i genitori a causa di questa malattia possono trovarsi a subire una doppia perdita quando le leggi sull’eredità fanno sì che venga loro sottratto anche il bestiame. Famiglie povere, colpite dall’HIV/AIDS si vedono spesso negare l’accesso a piccoli prestiti e sono obbligate a vendere i loro animali, perdendo a volte la loro unica forma di risparmio. I servizi e le tecnologie per l’allevamento devono tenere conto delle famiglie colpite dall’HIV/AIDS se vogliono assistere e tutelare le fasce più vulnerabili della società. Gli allevatori poveri possono trarre vantaggio dalla globalizzazione, ma solo se sono attrezzati per competere sul mercato. Per tenere il passo con la crescente domanda di latte e carne, hanno bisogno di misure di controllo sanitario per assicurarsi che i loro animali rimangano in buona salute, di strade praticabili per raggiungere i mercati e dell’accesso a servizi finanziari che sostengano le loro attività. Per poter rispettare norme più severe per la qualità fito-sanitaria degli alimenti, devono poter disporre di frigoriferi e di attrezzature per trattare e immagazzinare i prodotti. Con strumenti, organizzazione e formazione adeguati e con investimenti adatti per una crescita economica a lungo termine, gli allevatori poveri saranno maggiormente in grado di affrontare i rischi che la globalizzazione comporta e cogliere le opportunità che essa offre. Le allevatrici: competenze uniche ed esigenze particolari Le donne producono fino all’80 per cento dei generi alimentari nella maggior parte dei paesi in via di sviluppo. Il contributo degli uomini alla coltivazione dei campi, d’altro canto, è andato diminuendo negli ultimi anni. La guerra e le malattie hanno ridotto la popolazione maschile nelle aree rurali. Inoltre, spesso gli uomini emigrano verso paesi e città per cercare lavoro. C O N TAT T I Ahmed E. Sidahmed Consulente tecnico e referente istituzionale Sistemi di allevamento e pascolo Divisione di consulenza tecnica, IFAD Via del Serafico, 107 00142 Roma, Italia Telefono: (39) 0654592455 Fax: (39) 065043463 E-mail: [email protected] LINKS Agrodev Canada www.agrodev.ca Centro per la ricerca sulla globalizzazione www.globalresearch.ca Centro per lo studio di sistemi sostenibili di produzione agricola e allevamento www.cipav.org.co Gruppo consultivo sulla ricerca agricola internazionale www.cgiar.org DANIDA – Agenzia danese per lo sviluppo internazionale www.danida.org Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura www.fao.org Globalization.com www.globalization.com Programma di collaborazione al sostegno della ricerca sul bestiame da allevamento nel mondo http://glcrsp.ucdavis.edu Centro internazionale per la ricerca agricola nelle zone aride www.icarda.cgiar.org Istituto internazionale per la ricerca sulle politiche alimentari www.ifpri.org Istituto internazionale di ricerca sul bestiame da allevamento www.ilri.cgiar.org Gruppo sui sistemi di allevamento, Università di Reading www.livestockdevelopment.org Programma Alimentare Mondiale, PAM www.wfp.org Per informazioni Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo Via del Serafico, 107 – 00142 Roma, Italia Tel.: +39 06 54591 Fax: +39 06 5043463 E-mail: [email protected] www.ifad.org Le donne che si dedicano all’agricoltura hanno spesso un livello di competenza eccezionale nell’allevamento del bestiame e tendono a occuparsi in prima persona della cura degli animali. Tuttavia, il ruolo delle donne nell’allevamento del bestiame spesso dipende da tradizioni e tabù regionali. In alcune culture, le donne allevano animali di grossa taglia, in altre esse non lavorano mai a contatto con gli animali. Alcune donne si limitano a trattare i prodotti di origine animale o a pulire le stalle del bestiame. Altre si occupano di animali di piccola taglia, allevati in prossimità delle abitazioni, come capre o galline. A volte la possibilità di una donna di entrare in contatto con animali è limitata all’ambito familiare. Può prendere in prestito l’asino del marito per portare l’acqua, o usare il latte della sua mucca per nutrire i propri figli. Le allevatrici devono anche lottare contro notevoli limitazioni di natura economica. Le donne ereditano meno capi di bestiame dei loro parenti maschi e quando possiedono degli animali, si tratta spesso di un possesso unicamente nominale mentre di fatto sono i mariti, i fratelli o i figli a controllare le vendite e i profitti del bestiame. Senza la possibilità di offrire garanzie collaterali, spesso le donne si vedono negare la concessione di un prestito e sono obbligate a rivolgersi agli usurai del villaggio. L’epidemia di HIV/AIDS ha peggiorato notevolmente le cose. Una donna rimasta vedova a causa dell’AIDS, deve spesso rimanere in disparte, mentre gli uomini della famiglia si fanno avanti per reclamare la loro parte dell’eredità del defunto, compresi i suoi animali. Anche quando una vedova riesce a tenere il bestiame del marito, si trova spesso tagliata fuori dai servizi finanziari e agricoli ai quali un tempo lui aveva accesso. I progetti di sviluppo possono aiutare le donne a entrare in possesso di capi di bestiame e tutelare la loro possibilità di accedere ai servizi e alle risorse essenziali. Ma va fatto molto di più per garantire alle donne gli strumenti di cui hanno bisogno per diventare vere e proprie allevatrici. Le donne nei paesi in via di sviluppo tendono molto più degli uomini a spendere il denaro che guadagnano per le necessità della famiglia, tra cui rette scolastiche, assistenza medica e cibo per i loro bambini. Uno studio condotto in Bangladesh, Etiopia, Indonesia e Sudafrica ha rivelato che nelle famiglie povere, quando erano le donne a gestire il denaro e le risorse, era più probabile che i bambini fossero vestiti e ricevessero un’istruzione, e le ragazze erano in condizioni di salute migliori. Un altro studio ha messo in luce che i bambini che vivevano in famiglie povere con a capo una donna risultavano nutriti meglio di quelli che abitavano in famiglie povere in cui il capofamiglia era un uomo. Data l’importanza delle donne nell’agricoltura e il ruolo essenziale che esse hanno nel soddisfare le necessità delle loro famiglie, va dedicata particolare attenzione a sostenerle quando si dedicano all’attività di allevatrici. Lavorare insieme Lavorando insieme, circa 10.000 famiglie di allevatori che condividono terreni da pascolo comunitari nel Marocco orientale sono state in grado di recuperare pascoli gravemente degradati. Tramite un progetto da 47,7 milioni di dollari destinati allo sviluppo dell’allevamento e del pascolo, gli allevatori di ovini nella regione pastorale più importante del paese hanno costituito 44 cooperative di pastori, che hanno introdotto nuove pratiche di gestione dei terreni da pascolo, rispettando al tempo stesso le strutture tribali e preservando le tradizioni locali. La siccità e lo sfruttamento eccessivo avevano gravemente danneggiato i pascoli. Le greggi si erano decimate e i redditi erano crollati drasticamente. I pastori dovevano collaborare se volevano cambiare le pratiche di pastorizia ed evitare la catastrofe. Attraverso le cooperative, furono introdotte nuove pratiche, tra cui il controllo dei terreni da pascolo e il rispetto dei diritti d’uso. Vennero piantati quasi 14.500 ettari di piante di biada, furono riparati o installati 60 abbeveratoi e venne fornita un’assistenza sanitaria annuale per circa 900.000 pecore e capre. L’introduzione di un sistema coordinato di rotazione dei pascoli, che comprendeva il divieto di far pascolare le greggi in detrminate aree e la recinzione di 461.000 ettari di terreno, ha comportato un aumento della produzione di foraggio e ha consentito un controllo migliore dell’uso dei terreni da pascolo. Nonostante cinque anni di siccità, dal 1997 al 2001, più di 460.000 ettari di terreni da pascolo sono stati riabilitati.