Celiachia
Protocollo diagnostico
per la malattia celiaca
Gli anticorpi anti-transglutaminasi
nella saliva: un test non
invasivo per lo screening
della celiachia
Epoca di introduzione del glutine
e frequenza di celiachia:
protocollo di uno
studio prospettico multicentrico
sui familiari del celiaco
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Questo inserto
può essere utile
al tuo medico
A cura del prof. Carlo Catassi
Consulente Scientifico di Celiachia Notizie
Umberto Volta, Dipartimento Medicina Interna, Cardioangiologia, e Patologia;
Policlinico Sant’Orsola Malpighi, Bologna email [email protected]
Protocollo diagnostico per la malattia celiaca
L
a malattia celiaca è un'intolleranza
alimentare permanente nei confronti
del glutine, contenuto in alcuni cereali (in
particolare frumento, segale, orzo), in grado di determinare, in soggetti geneticamente predisposti, un danno della mucosa
dell'intestino tenue sotto forma di atrofia
dei villi, iperplasia delle cripte ed infiltrato
linfocitario intraepiteliale 1. Tali alterazioni
determinano la comparsa di malassorbimento, che può essere manifesto con la tipica diarrea e perdita di peso, subclinico con
sintomi atipici (fra cui stipsi e dispepsia) ed
extraintestinali (anemia sideropenica o da
carenza di acido folico, osteoporosi, poliabortività) e sempre più spesso del tutto
silente sul piano clinico. La dieta senza glutine porta alla normalizzazione della mucosa intestinale consentendo un regolare
assorbimento dei nutrienti e la maggior parte dei celiaci, a patto di osservare strettamente tale dieta, possono condurre una vita
regolare senza alcun tipo di complicanze.
Peraltro, la mancata diagnosi o la diagnosi
tardiva espongono i pazienti al rischio di sviluppare complicanze di vario tipo fra cui
patologia autoimmune ed idiopatica a carico del sistema nervoso centrale e periferico,
dell'apparato cardiocircolatorio, del sistema endocrino, del fegato e della cute, nonché severe alterazioni della parete intestinale quali digiunoileite ulcerativa e sprue
collagenosica o quadri di scarsa o assente
risposta alla dieta (celiachia refrattaria) ed
insorgenza di neoplasie, in particolare linfoma non Hodgkin a livello intestinale e
varie forme di eteroplasia epiteliale
dell'apparato gastroenterico. Sebbene sia
stata inclusa dalla legislazione italiana fra
le malattie rare, la celiachia è una malattia
molto frequente con una prevalenza negli
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3
studi su popolazione generale di 1 caso ogni
100-150 abitanti 2, 3, ma purtroppo ancora
poco diagnosticata dal momento che in Italia il numero di casi identificati si aggira sui
50.000 a fronte di una stima almeno 7 volte
superiore. Alla luce di questi dati è evidente
l'importanza di incrementare il trend diagnostico e soprattutto la diagnosi precoce
che è in grado di prevenire ogni tipo di complicanza.
Predisporre un protocollo diagnostico
per la malattia celiaca non è certo un compito semplice, proprio perché vi sono diverse
opzioni molte delle quali altrettanto valide
e la cui scelta ci obbliga a fare comunque
alcune rinunce. È d'altra parte indispensabile stabilire le linee-guida che ci consentano
di poter disporre di un protocollo semplice,
basato su pochi test essenziali, un protocollo che sia applicabile su tutto il territorio
nazionale e che sia al tempo stesso, pur nella sua semplicità ed universalità di esecuzione, in grado di identificare il maggior
numero di celiaci riducendo al minimo le
mancate diagnosi e soprattutto le diagnosi
sbagliate (Tab. 1).
Tab.1
Criteri del Protocollo Diagnostico
•Semplice (pochi test essenziali)
•Applicabile in tutti i centri sul territorio
nazionale
•In grado di identificare il maggior numero
di celiaci (riduzione numero diagnosi
mancate) e di evitare le false diagnosi
(ancora molto elevate)
Quest'ultimo fenomeno è andato
aumentando negli ultimi tempi con riscontro nella pratica clinica di pazienti diagnosticati come celiaci o sulla base della positività per anticorpi antitransglutaminasi di
classe IgG in assenza di deficit di IgA e valori di infiltrato linfocitario pari a 25-30 linfociti/100 cellule epiteliali nella mucosa
intestinale, o pazienti che presentavano atrofia di mucosa con presenza di infestazione
da giardia (causa a sua volta di mucosa piat-
4
ta) o, fatto ancora più inspiegabile, positività per HLA-DQ2 (presente anche nel 30%
della popolazione normale non celiaca),
negatività per anticorpi anti-tTG e biopsia
normale, ma con presunta scarsa tolleranza
al glutine sul piano clinico (spesso inquadrabile nell'ambito di un'allergia al glutine).
È venuto pertanto il momento di dare un
taglio netto a questa situazione e di stabilire
delle regole fisse.
È possibile individuare 3 diversi percorsi diagnostici a seconda che ci si ritrovi di
fronte ad un forte sospetto clinico di celiachia (malassorbimento franco, caratterizzato da significativo calo ponderale, diarrea
ed astenia severa), a pazienti con bassa probabilità di celiachia (casi monopaucisintomatici) e a familiari di I° grado di
celiaci (Tab.2).
Tab.2
Protocollo Diagnostico
•Elevato sospetto clinico di celiachia
(malassorbimento franco)
•Moderata-bassa probabilità di celiachia
(casi mono-paucisintomatici)
•Familiari di 1° grado di celiaci
I test da utilizzare per fare diagnosi di
celiachia sono i marker anticorpali e la biopsia intestinale (Tab. 3).
Tab.3
Test di I° livello
Anticorpi
•A. ANTI tTG UMANA IgA (IgG nei
deficit di IgA) e non EmA (scarsa riproducibilità per elevata variabilità inter-observer)
Biopsia Duodenale
•Lesioni tipo 1-3c secondo la classificazione di Marsh, modificata da Oberhuber,
da inquadrare nel contesto clinico, anticorpale e genetico
La diagnosi di celiachia dovrebbe sempre passare attraverso queste due indagini,
perché, se è vero che la biopsia intestinale
rimane il “gold standard”, la sierologia è
altrettanto importante sia in funzione della
conferma diagnostica che del follow-up del
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paziente. La scelta del test anticorpale per il
protocollo è il primo punto critico da
affrontare. In laboratori di immunologia
dedicati all'esecuzione dell'immunofluorescenza (IFL) la ricerca degli anticorpi
antiendomisio (EmA) di classe IgA è sicuramente da considerarsi il test di eccellenza
per la diagnostica della celiachia. In questi
ultimi anni, però, l'esperienza pratica ci ha
insegnato che i risultati ottenuti con l'impiego degli anticorpi anti transglutaminasi
umana (anti tTG) di classe IgA sono praticamente sovrapponibili in termini di sensibilità, con un livello di specificità lievemente inferiore (dal 2 al 5% di falsi positivi
in pazienti con infezioni intestinali in particolare giardiasi, malattie infiammatorie croniche intestinali, patologia autoimmune).
Inoltre, se dobbiamo identificare un test
riproducibile su tutto il territorio nazionale
in qualsiasi tipologia di laboratorio, la scelta è obbligatoriamente quella degli anti
tTG, dal momento che la lettura in IFL degli
EmA è soggetta ad una forte variabilità interobserver con evidenti problemi di attendibilità e riproducibilità di risultati. Il test anticorpale da eseguire è stato pertanto identificato nella ricerca degli anticorpi anti tTG di
classe IgA (se i valori delle IgA totali sieriche sono nella norma) e di classe IgG (in
caso di deficit di IgA (IgA sieriche < 5
mg/dl). Inoltre, nei pazienti di età < 2 anni è
consigliabile aggiungere alla ricerca degli
anti tTG quella degli anticorpi antigliadina
(AGA) di classe IgA (se le IgA sieriche
sono normali) ed IgG (se le IgA sieriche
sono < 5 mg/dl), dal momento che la risposta anticorpale verso la gliadina è la prima
a comparire in ordine di tempo dopo l'introduzione del glutine. Pertanto, nei bambini
piccoli gli AGA presentano una elevata sensibilità diagnostica, probabilmente superiore a quella degli anti tTG.
Il secondo punto è quello della biopsia
intestinale. La classificazione di Marsh,
modificata da Oberhuber 4, è accettata ed utilizzata universalmente nell'interpretazione
delle alterazioni istologiche dell'intestino
tenue (Tab.4).
Tab.4 Classificazione istologica delle
lesioni intestinali nella celiachia
•Aumento IEL (>40/100 ce)
•Iperplasia delle cripte
•Atrofia lieve dei villi
•Atrofia subtotale dei villi
•Atrofia totale dei villi
(Tipo 1)
(Tipo 2)
(tipo 3a)
(tipo 3b)
(tipo 3c)
IEL: linfociti intraepiteliali, ce: cellule epiteliali
Classificazione di Marsh, modificata da Oberhuber,
Eur J Gastroenterol Hepatol 1999
È venuto il momento di applicarla su tutto il territorio nazionale, considerando
anche quei parametri, che pur non essendo
diagnostici presi singolarmente, possono in
caso di positività sierologica e di quadro clinico di malassorbimento conclamato autorizzare il sospetto di malattia celiaca. In questa ottica acquista naturalmente valore
anche la conta dei linfociti intraepiteliali
(IEL), il cui livello è da considerarsi patologico quando IEL>40, anche se lavori recenti hanno abbassato il cut-off di IEL a
25/1005.
L'HLA è un test di secondo livello con finalità ben precise, da eseguirsi quando né i
test anticorpali né la biopsia intestinale hanno portato ad una diagnosi certa (Tab. 5).
Test di II° livello: HLA
(dopo anticorpi e/o biopsia non diagnostici)
Tab.5
Test eseguito per escludere celiachia
Negatività DQ2/ DQ8
bassissima probabilità di celiachia
Positività DQ2 o DQ8
nei casi con forte sospetto clinico e nei
familiari di 1° grado monitoraggio anticorpale
ed eventuale ripetizione biopsia
Il presente protocollo ribadisce che:
1) la funzione degli HLA è innanzitutto
quella di escludere con elevata probabilità
la diagnosi di celiachia quando non vi è presenza né di DQ2 né di DQ8 (i casi di celiachia DQ2, DQ8 negativi sono estremamente rari6;
2) la positività per DQ2 o DQ8 in soggetti
definiti a rischio di celiachia (quadro clini-
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co suggestivo di malattia) e nei familiari di I grado, ancorchè presenti in alta percentuale nella popolazione sana, deve indurci ad un'attenta sorveglianza e monitoraggio di questi sog-
Fig. 1
Soggetti ad elevato rischio di celiachia (forme di malassorbimento franco
con calo ponderale, astenia e diarrea)
Elevato sospetto clinico di celiachia
Biopsia duodenale + IgA sieriche + anti tTG*
IgG anti tTG
(se deficit di IgA)
IgA anti tTG
(se IgA normali)
Sierologia positiva Sierologia positiva Sierologia negativa
+biopsia normale
+biopsia positiva
+biopsia positiva
Determinazione
HLA DQ2 DQ8
Se positivi,
monitoraggio anti tTG
e ripetere biopsia
o trial con GFD
per verificare risposta
clinico-anticorpale
CELIACHIA
Se negativi,
anti tTG
falsi positivi^
*Nei soggetti di età < 2 anni ricerca anche di AGA
oltre ad anti tTG
^rari casi di celiachia DQ2-DQ8 negativi.
Casi particolari discordanti per istologia e sierologia
da inviare a Centri di alta specializzazione
Esclusione di altre
cause di mucosa piatta
Determinazione
HLA DQ2 DQ8
Se negativi,
Se positivi, CELIACHIA
da confermare con GFD bassa probabilità
di celiachia^
e challenge
ulteriore ricerca
*istologia tipo 1-2
di altre cause
monitoraggio
di danno mucosale
e ripetizione biopsia
Si procede di pari passo con l'esecuzione della biopsia intestinale e con il dosaggio degli
anticorpi anti tTG di classe IgA (se il dosaggio delle IgA totali sieriche risulta nella norma ) o
di classe IgG (se è presente deficit di IgA IgA < 5 mg/dl). Nei soggetti di età < 2 anni, come
già illustrato, si esegue anche la ricerca degli AGA IgA o IgG (in caso di deficit di IgA).
! Se vi è concordanza fra positività anticorpale e quadro istologico (lesione tipo 1-3c) la diagnosi è di celiachia;
! Se la sierologia è positiva e la biopsia normale, si procede alla determinazione dell'HLA:
1) in caso di DQ2 o DQ8 positività, sono previste due opzioni, che consistono o nel monitoraggio anticorpale con ripetizione della biopsia duodenale a distanza di tempo o, in
qualche raro caso fortemente sintomatico, in un trial con dieta aglutinata (gluten free diet
GFD) per valutare l'impatto della GFD sul quadro clinico-anticorpale;
2) in caso di DQ2 e DQ8 negativi, gli anti tTG sono verosimilmente da considerarsi falsi
positivi, e la diagnosi di celiachia è quasi da escludere anche se è noto dalla letteratura,
come già detto, che rari casi di intolleranza al glutine non presentano l'aplotipo DQ2,
DQ8;
! Se la sierologia è negativa e la biopsia positiva, la prima cosa da fare è escludere nei limiti
del possibile altre cause di atrofia della mucosa intestinale, dopodichè si procede alla
ricerca dell'HLA:
1) in caso di positività per DQ2 o DQ8, la diagnosi è di celiachia da confermarsi con un
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iter diagnostico completo basato su controlli bioptici dopo dieta aglutinata e dopo challenge con glutine. Nei pazienti HLA DQ2 o DQ8 positivi con lesioni istologiche tipo 1-2
(aumento linfociti intraepiteliali con iperplasia delle cripte), è consigliabile il monitoraggio clinico-anticorpale del paziente con ripetizione della biopsia duodenale a distanza di
tempo.
2) in caso di negatività per DQ2 e DQ8, la diagnosi di celiachia è da escludersi quasi completamente, fermo restando che una piccola parte di celiaci non condivide, come già sottolineato, l'aplotipo classico. In questi casi sarà opportuno ricercare nuovamente altre patologie in grado di determinare atrofia della mucosa intestinale non-glutine dipendente
(giardiasi, enteropatia autoimmune, linfangectasia intestinale, etc..).
Soggetti a moderato-basso rischio di celiachia: casi mono-paucisintomatici (Fig. 2)
Casi mono-paucisintomatici
IgA sieriche+anti-tTG*
IgG antitTG
(se deficit IgA)
Sierologia negativa
IgA anti tTG
(se IgA normali)
Sierologia positiva
Diagnosi di celiachia esclusa
Biopsia duodenale
Istologia positiva
(tipo 3a-3c)
Istologia negativa
o tipo 1-2
CELIACHIA
Determinazione
HLA DQ2 DQ8
Se positivi,
monitoraggio
anti tTG
e ripetere
biopsia
Se negativi,
anti tTG
falsi
positivi
*Nei casi di età <2anni ricerca AGA oltre agli anti tTG
^rari casi di celiachia DQ2, DQ8 negativi
Davanti ad un paziente con moderata-bassa probabilità di celiachia (casi monopaucisintomatici), si esegue la ricerca degli anti tTG IgA (se non deficit IgA) o IgG (se deficit IgA), associata alla ricerca degli AGA nei bambini di età < 2 anni.
! Se la sierologia è negativa, si esclude diagnosi di celiachia almeno al momento (è noto
infatti che la malattia celiaca può manifestarsi in qualsiasi momento della vita a seguito di
eventi scatenanti, per cui ogni situazione anticorpale è in pratica solo la fotografia del
momento).
! Se la sierologia è positiva, si procede alla biopsia duodenale:
1) in caso di istologia positiva (lesione tipo 3a-3c) diagnosi di celiachia;
2) in caso di istologia negativa o tipo 1-2, determinazione HLA:
a) se DQ2 o DQ8 sono positivi, monitoraggio e ripetizione biopsia;
b) se DQ2 o DQ8 sono negativi, anti-tTG da considerarsi verosimilmente falsi positivi
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Familiari di 1° grado (Fig. 3)
Familiari di 1° grado
IgA sieriche + anti tTG*
IgG anti tTG
(se deficit di IgA)
Sierologia negativa
Sierologia positiva
Biopsia duodenale
Determinazione HLA DQ2 DQ8
Se pos., predisposizione
a celiachia
Monitoraggio
con anti tTG
IgA anti tTG
(se IgA normali)
Se negativi,
diagnosi di
celiachia
esclusa
Istologia positiva
(tipo 3a-3c)
Istologia negativa
o tipo 1-2
CELIACHIA
Determinazione
HLA DQ2 DQ8
*Nei soggetti di età < 2 anni ricerca di AGA
oltre ad anti tTG
^rari casi di celiachia DQ2, DQ8 negativi
Se positivi e isto normale, Se negativi, anti tTG
monitoraggio
falsi positivi^
Se positivi e tipo 1-2
Controllo anti tTG
valutare caso per caso
Nei familiari di 1° grado si esegue la ricerca degli anti tTG IgA (se non deficit IgA) o
IgG (se deficit IgA), associata alla ricerca degli AGA nei bambini di età < 2 anni.
Commento conclusivo applicabile a tutti e
tre i livelli del protocollo diagnostico
Quando ci si trova di fronte a casi particolari con discordanza fra istologia e siero-
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logia sarebbe opportuno sottoporli
all'attenzione dei Centri di alta specializzazione con particolare esperienza nella diagnosi di celiachia.
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Margherita Bonamico, Claudio Tiberti*
Istituto di Clinica Pediatrica, Dipartimento di Scienze Cliniche*- Università di Roma “la Sapienza”
e-mail: [email protected]
Gli anticorpi anti-transglutaminasi nella saliva: un test non
invasivo per lo screening della celiachia
L’
elevata prevalenza della celiachia
nel nostro ed in altri paesi, spesso in
persone senza sintomi riferibili all'apparato
gastroenterico o in apparente buona salute,
e le complicanze cui possono andare incontro i celiaci, se non diagnosticati tempestivamente, hanno stimolato la ricerca di esami di laboratorio in grado di individuare i
soggetti su cui procedere alla biopsia intestinale che, pur essendo un'indagine invasiva, fornisce un contributo fondamentale alla diagnosi.
I test sierologici servono a mettere in
evidenza alcuni anticorpi che correlano con
la presenza della celiachia. In ordine cronologico, sono stati individuati per primi gli
anticorpi anti-gliadina, che sono determinati utilizzando un metodo immunoenzimatico, ma si è visto che la loro positività
non vuole necessariamente dire che è presente la celiachia (specificità non molto elevata), come anche che questi anticorpi possono mancare in alcuni adolescenti ed adulti celiaci (cioè che la loro sensibilità diminuisce con l'aumentare dell'età). Gli anticorpi anti-endomisio, che sono determinati
con un metodo di immunofluorescenza indiretta, utilizzando sezioni di esofago di scimmia, sono molto specifici e sensibili, ma, diversamente dagli anticorpi anti-gliadina,
possono essere indosabili nei primi anni di
vita, ed in questi casi gli anticorpi antigliadina possono ancora rivelarsi utili.
Altre problematiche legate all'uso degli anticorpi anti-endomisio sono rappresentate
dalla necessità di sacrificare dei primati per
ottenere le sezioni esofagee su cui testare il
siero del sospetto celiaco, e dall'osservazione che i risultati del test dipendono in larga misura dalle capacità di chi effettua la lettura al microscopio, sono cioè “operatoreCeliachia news 13
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dipendenti”.
Gli ultimi anticorpi, in ordine di tempo,
ad essere individuati sono gli anticorpi antitransglutaminasi tissutale, un enzima che
modifica i peptidi gliadinici rendendoli
adatti ad essere presentati da particolari cellule della mucosa intestinale (le cellule
APC) ai linfociti T che recano gli antigeni
di istocompatibilità DQ2/DQ8, innescando
così il processo autoimmune che è alla base
della celiachia. La prima metodica per determinare gli anticorpi anti-transglutaminasi utilizzava, nel contesto di un metodo immunoenzimatico, transglutaminasi ottenuta da fegato di cavia. Successivamente,
la transglutaminasi umana ricombinante,
preparata mediante tecniche di ingegneria
genetica, ha sostituito la transglutaminasi
di cavia ed i test diagnostici attualmente disponibili in commercio, di seconda generazione, si sono dimostrati più validi trovando larga applicazione nella pratica diagnostica. La sensibilità del test è ulteriormente
aumentata utilizzando una transglutaminasi umana ricombinante radiomarcata e sostituendo al metodo immunoenzimatico
una più sensibile metodica radioimmunologica in fase fluida. Il confronto delle diverse metodiche ha dimostrato come
quest'ultima presenti una sensibilità ed una
specificità più elevata rispetto alle altre. Tuttavia tale metodica radioimmunologica è attualmente disponibile solo presso alcuni
centri di ricerca.
La determinazione dei vari anticorpi correlati con la celiachia viene di norma effettuata su campioni di sangue, ottenuti mediante prelievo venoso. Il prelievo è accettato senza troppe difficoltà dai genitori per i
loro bambini se hanno dei sintomi, dai pazienti che stanno male e da chi ha un rischio
aumentato per la celiachia, come i parenti
dei celiaci, i soggetti con diabete mellito insulino-dipendente, con ipertransaminasemia, con patologie della tiroide, o con sindromi cromosomiche, come la sindrome di
Down e la sindrome di Turner. Maggiori
problemi insorgono allorché si decida di ef-
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fettuare uno screening di popolazioni, in
particolare in ambito pediatrico.
Nella prima fase dello studio dell'”iceberg celiaco” effettuato da Carlo Catassi nel 1994, ai bambini era effettuato un
prelievo di sangue capillare, su cui erano determinati gli anticorpi antigliadina; nei soggetti positivi si procedeva quindi al prelievo
venoso per un ulteriore approfondimento
diagnostico. Tuttavia il prelievo capillare,
pur essendo più facile da eseguire rispetto a
quello venoso, rappresenta una procedura
dolorosa e non esente dal pericolo di trasmissione di germi patogeni. Ecco perché
via via che gli anticorpi venivano individuati nel sangue, diversi ricercatori tentavano di dosarli anche nella saliva. La saliva
è, infatti, un fluido facilmente accessibile,
che può essere raccolto anche ripetutamente, senza difficoltà, anzi talvolta in età pediatrica con una sorta di “entusiasmo”, se si
eccettuano i primissimi anni di vita, e senza
pericoli per chi raccoglie i campioni. Si può
dire che dai 5 anni in su i bambini forniscono in pochi minuti la piccola quantità di saliva necessaria per eseguire un dosaggio anticorpale.
Gli anticorpi anti-gliadina, i primi anticorpi correlati alla celiachia ad essere individuati, sono stati testati per primi anche
nella saliva, sia di adulti che di bambini, ma
i risultati sono stati discordanti e così il test
non è entrato nell'uso. Anche gli anticorpi
anti-endomisio, dimostratisi nel siero più
sensibili e specifici rispetto agli anticorpi
anti-gliadina, sono stati ricercati nella saliva sia di adulti che di bambini, ma anche in
questo caso i risultati sono stati poco incoraggianti. Si è allora tentata la determinazione degli anticorpi anti-transglutaminasi.
Il metodo ELISA, anche utilizzando antigene umano ricombinante, non ha confermato
sulla saliva i risultati ottenuti sul siero. Così
gli autori che hanno messo a punto e applicato queste metodiche concludono che la saliva non rappresenta un mezzo idoneo per
lo screening della celiachia. Esaminando i
diversi tentativi appare chiaro che il motivo
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per cui le metodiche utilizzate sinora sono
fallite è legato principalmente alla loro bassa sensibilità.
La disponibilità presso l'Istituto di Clinica Pediatrica ed il Dipartimento di Scienze Cliniche del Policlinico Umberto I di Roma di un'ampia casistica di celiaci e della
metodica radioimmunologica più sensibile
attualmente in uso per individuare gli autoanticorpi anti-transglutaminasi nel siero ci
ha indotto a testare la possibilità di utilizzare la stessa metodica anche per dosare gli anticorpi anti-transglutaminasi nella saliva.
Lo studio di oltre un centinaio di campioni
di saliva (e dei corrispondenti sieri) raccolti
da un gruppo di bambini e di adulti celiaci
alla diagnosi, paragonato ad un gruppo di
bambini e di adulti non celiaci di controllo,
ha mostrato come sulla saliva si potessero
ottenere risultati praticamente sovrapponibili a quelli ottenuti sul siero. In effetti, solo
in un paziente celiaco su 39 abbiamo avuto
risultati discordanti, nel senso che gli anticorpi antitransglutaminasi erano presenti
nel siero, ma non nella saliva, mentre tutti i
66 soggetti appartenenti ai gruppi di controllo, che erano negativi per gli anticorpi
anti-transglutaminasi sul siero, lo erano anche sulla saliva.
Il nostro studio ha dimostrato quindi
che la determinazione di questi anticorpi
nella saliva costituisce un metodo non invasivo, di facile esecuzione, riproducibile e
molto sensibile. Sono queste le caratteristiche che rendono il test particolarmente adatto ad uno screening su popolazioni, in particolare se questo riguarda soggetti in età pediatrica, come i bambini delle scuole elementari, con possibilità di estendere
l'indagine anche ai bambini dell'ultimo anno della scuola materna e ai ragazzini delle
scuole medie.
A questo punto potrà interessare conoscere, anche per valutare la “fattibilità” di
questo tipo di indagine, la metodologia con
cui si ottiene il campione di saliva. È molto
semplice: il paziente, a digiuno, può raccogliere da solo, semplicemente sputando in
un provettone di plastica, una piccola quantità di saliva (quindi niente siringhe, apribocca, succo di limone). La provetta con la
saliva deve essere conservata immediatamente in ghiaccio sino all'arrivo del campione in laboratorio, dove sarà effettuato il
dosaggio degli anticorpi.
Infine i costi: se ci limitiamo al costo dei
reattivi che servono ad effettuare una determinazione il costo di una determinazione sarà di circa 5 euro. Naturalmente in un progetto di screening di popolazioni non potranno non essere considerati i costi del personale dedicato e della manutenzione ed
uso delle apparecchiature scientifiche.
I risultati della nostra ricerca mostrano
come la metodologia sia promettente ed
adatta ad un'applicazione in età pediatrica. I
nostri ringraziamenti vanno quindi ai bambini, celiaci e non, ai loro genitori, ai colleghi medici, tecnici di laboratorio e ai paramedici che hanno partecipato con entusiasmo allo studio, fornendoci i loro campioni
di saliva e di sangue, rendendo possibile dimostrare che la saliva può rappresentare un
ottimo mezzo di screening per la celiachia.
Celiachia news 13
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Carlo Catassi
Clinica Pediatrica dell'Università Politecnica delle Marche, Ancona; Center For Celiac Research,
University of Maryland, Baltimore (USA)
Epoca di introduzione del glutine e frequenza di celiachia:
studio prospettico multicentrico sui familiari del celiaco
C
on la presente nota presentiamo
il protocollo di una indagine multicentrica nazionale che sarà avviata nei
prossimi mesi. Si tratta di un lavoro “ambizioso” nella finalità poiché, come meglio
spiegato di seguito, si propone di valutare
se è possibile prevenire, almeno in parte, la
comparsa della celiachia intervenendo sugli schemi di alimentazione del lattante. Il
protocollo è al momento in corso di valutazione da parte del Comitato Etico, per cui
potrebbe subire modifiche (che saranno
tempestivamente comunicate attraverso
questo giornale). Poiché è necessario un
campione numeroso di bambini, è auspicabile una partecipazione “in massa” dei soggetti che rispondono ai requisiti
dell'indagine, cioè dei lattanti che nascono
in una famiglia “celiaca”.
Background
La celiachia è una enteropatia immunomediata causata dalla ingestione di cereali
contenenti glutine (frumento, orzo e segale)
nei soggetti geneticamente predisposti. Tra
i geni che predispongono alla celiachia, è ormai ben noto il ruolo primario di alcuni alleli del sistema maggiore di istocompatibilità
(HLA DQ2 e DQ8). La celiachia è una delle
malattie permanenti più comuni in assoluto, presentando una frequenza dello 0.5-1%
nella popolazione generale europea. Nei familiari di primo grado di pazienti celiaci, a
causa della segregazione familiare dei geni
di predisposizione, la frequenza è ben maggiore e si aggira attorno al 10%.
Nelle forme tipiche la celiachia compare nei primi anni di vita, con una sintomatologia prevalentemente gastrointestinale
(diarrea cronica, calo di peso, malnutrizione). La malattia si manifesta gradualmente,
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in genere con una latenza di diversi mesi dalla introduzione del glutine nella dieta del
bambino.
Sebbene sia noto che la presenza del glutine nella dieta rappresenta un fattore necessario allo sviluppo della celiachia, non è
chiaro quale sia il ruolo patogenetico
dell'epoca di introduzione del glutine. In Europa vi è la diffusa tendenza ad introdurre i
primi alimenti contenenti glutine attorno ai
6 mesi, condotta tuttavia non supportata da
alcun dato scientifico. Da una parte, dati di
natura epidemiologica suggerirebbero che
una precoce introduzione del glutine nella
dieta del bambino possa aumentare il rischio di sviluppo di malattia.
Per contro, è possibile ipotizzare che il
ritardo nell'introduzione del glutine abbia
solo l'effetto di posticipare la comparsa dei
sintomi. Ciò ha portato alcuni a suggerire
una precoce introduzione di glutine, ad
esempio all'età di 3 mesi, al fine di “slatentizzare” la malattia nei soggetti a rischio, anticipando il più possibile il trattamento della stessa. Infine, uno studio recente avrebbe
evidenziato un maggior rischio di celiachia
sia nei bambini divezzati precocemente (prima dei 4 mesi), che in quelli divezzati tardivamente (dopo l'ottavo mese).
Obiettivo dello studio
Verificare, in un gruppo di lattanti a rischio (familiari di 1° grado di celiaci), se
l'epoca di introduzione degli alimenti contenenti glutine nella dieta del lattante influenzi il rischio di sviluppare la celiachia.
Criteri di inclusione
Tutti i nuovi nati, familiari di 1° grado di
celiaco (genitore o fratello/sorella) sono
soggetti eleggibili per l'arruolamento nello
studio.
Disegno dello studio
Studio di intervento multicentrico, prospettico e controllato con assegnazione randomizzata al gruppo. Dato il numero di casi
necessari (si veda il calcolo delle dimensio-
16
ni del campione) lo studio verrà svolto su
tutto il territorio nazionale, con la collaborazione di centri specialistici regionali, della Associazione Italiana Celiachia e della
Società Italiana di Gastroenterologia Pediatrica.
Dalla nascita ai 4 mesi compiuti lo schema alimentare è lo stesso in tutti i bambini
arruolati, cioé allattamento esclusivo, sia esso materno che artificiale. Al momento del
divezzamento (dopo i 4 mesi compiuti) i
bambini verranno divisi, mediante randomizzazione, in due gruppi caratterizzati da
un diverso schema alimentare fino ai 12 mesi, per quanto riguarda l'apporto di cereali:
1) gruppo A. Nei bambini di questo gruppo verranno introdotti farinacei contenenti
glutine quali farina lattea, pastina, semolino o biscotti;
2) gruppo B. Nei bambini assegnati a
questo gruppo verrà mantenuta una alimentazione con farinacei non contenenti glutine (a base di riso, mais, tapioca, etc.). Potranno essere utilizzati a tal fine i prodotti
naturalmente privi di glutine (es. crema di riso o riso) o alimenti del commercio attualmente in uso per i soggetti celiaci, quali pastina, farina e biscotti senza glutine. In questo gruppo la dieta senza glutine viene continuata fino all'età di 12 mesi compiuti.
La dieta dei gruppi A e B sarà invece la
stessa, dai 6 ai 12 mesi, per quanto riguarda
l'apporto di altri alimenti quali latte e derivati, carne, frutta, verdure, etc. Tutti gli
schemi alimentari per l'alimentazione suggerita dai 4 ai 6 mesi e quella dei gruppi A e
B dai 6 ai 12 mesi verranno standardizzati e
forniti come stampati alle famiglie. Dopo i
12 mesi ad entrambi i gruppi verrà suggerito uno schema dietetico simile, comprendente anche i cereali contenenti glutine.
Per ciascun lattante incluso dovrà essere compilata una scheda individuale, nella
quale verranno riportati i principali dati
anamnestici, clinici e sierologici.
L'aderenza al protocollo dietetico dai 6
ai 12 mesi sarà verificata telefonicamente
ogni mese mediante uno specifico questio-
Celiachia news 13
nario (questionario dietetico). I bambini arruolati nel gruppo A, esposti al glutine
dall'inizio del divezzamento, potrebbero
presentare sintomi suggestivi di celiachia
durante il secondo semestre di vita, situazione per la quale si rende ovviamente necessaria l'esecuzione delle opportune indagini di laboratorio. Se in questi pazienti, a
seguito del risultato degli esami, venisse
diagnosticata la celiachia, essi saranno avviati tempestivamente al trattamento con
dieta senza glutine (ovviamente con registrazione di tali eventi nella scheda individuale di raccolta dei dati).
All'età di 15 mesi, tutti i soggetti arruolati verranno sottoposti alla ricerca dei geni
di predisposizione alla celiachia (HLADQ2 e DQ8) ed al dosaggio dei marcatori
sierologici di celiachia (anticorpi antigliadina - AGA ed anticorpi antitransglutaminasi - antitTG) e delle immunoglobuline sieriche. Tali esami verranno ripetuti all'età di
24 e 36 mesi (possibilmente anche a 5 anni),
a parte i casi eventualmente già diagnosticati di celiachia. Nei soggetti con anti-tTG
positività (o IgG-AGA positività e deficit
delle immunoglobuline sieriche di classe
A), verrà suggerito, in accordo ai protocolli
clinici attualmente vigenti, di confermare la
diagnosi di celiachia mediante biopsia intestinale. Dopo il primo anno di vita, a tutti i
bambini con sintomi fortemente sospetti di
celiachia (calo di peso, diarrea cronica,
etc), a prescindere dall'esito degli accertamenti sierologici (se già praticati), verrà
suggerito di praticare una biopsia intestinale per l'accertamento diagnostico definitivo.
Quale obiettivo secondario del lavoro,
in considerazione della elevata frequenza
della associazione tra celiachia e diabete tipo I, ai tempi sopra indicati (15, 24 e 36 mesi) verranno anche ricercati i marcatori sierologici di prediabete (anticorpi anti-GAD,
anti IA2 ed anti insula).
pi, rispettivamente all'età di 15, 24, 36 mesi e 5 anni.
2.Prevalenza di “sieroconversione celiaca” (anti-tTG positività) nei due gruppi.
3.Prevalenza di “sieroconversione” prediabetica nei due gruppi.
4.Andamento clinico-auxologico nei due
gruppi.
5.Effetto del genotipo (ad alto rischio celiaco o basso rischio celiaco) sulla prevalenza della malattia.
Dimensioni del campione
Considerando:
a) una frequenza attesa di celiachia nei familiari di primo grado pari al 10%
b) una differenza minima significativa di
prevalenza pari al 5%
c) un livello di significatività pari a 0.05
d) una potenza dello studio pari allo 0.8%
dovranno essere arruolati 434 bambini in
ciascun braccio dello studio.
Misure di outcome
1.Prevalenza della celiachia nei due grupCeliachia news 13
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Flow-chart del disegno dell'indagine
Neonato a rischio
familiare di celiachia
Dieta senza glutine (GFD)
da 0 a 4 mesi
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Continua GFD
fino a 12 mesi
Glutine introdotto
Tra i 4 e i 6 mesi
Dieta con glutine
Dai 12 mm in poi
Continua dieta con glutine
Dopo l’anno
HLA-DQ2/DQ8 + AGA
e TTG a 15mm
HLA-DQ2/DQ8 + AGA
e TTG a 15 mm
AGA e TTG a 24 e 36 mesi
AGA e TTG a 24 e 36 mesi
Celiachia news 13
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I.R.
Associazione Italiana Celiachia
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