WWF Italia Sezione Regionale Lombardia Via P. Orseolo 12 20144 Milano Milano, 19.01.2011 Prot. 3/2011 Tel: 02.83133.271 Fax: 02.83133.202 e-mail: [email protected] sito: www.wwf.it/lombardia REGIONE LOMBARDIA DIREZIONE AMBIENTE ENERGIA E RETI Att.ne Dott. Carlo PALAZZOLI Palazzo Lombardia Via Galvani, 27 20124 Milano Email: E p.c. [email protected] REGIONE LOMBARDIA U.O. Biodiversità Carta Natura della Lombardia e Rete Natura 2000 Att.ne Dott.ssa Anna RAMPA Via Stresa 24 20125 MILANO Email: [email protected] Lettera anticipata per posta elettronica Oggetto: Derivazione d'acqua ad uso idroelettrico dal Torrente Giona e affluente Val Crana nei comuni di Curiglia con Monteviasco, Dumenza e Veddasca (VA) Fase di verifica (codice riferimento: VER1743-RL richieste di verifica anno 2010) Egregi Signori, la sottoscritta Avv. Paola Brambilla, nella sua qualità di Presidente pro tempore della Sezione Regionale Lombardia del WWF Italia ONLUS, ente morale riconosciuto con DPR 04.04.1974 n. 493, individuata quale associazione perseguente finalità ambientale a norma degli artt. 13 e 18 della Legge 349/1986, trasmette le proprie osservazioni tecnico-normative in merito al progetto in parola. Si informa che il personale tecnico del WWF Lombardia oltre ad esaminare la documentazione progettuale, durante l’estate e l’autunno 2010 ha effettuato alcuni sopralluoghi in Val Veddasca e specificatamente nei luoghi ove dovrebbe svilupparsi il tracciato della condotta oggetto di richiesta di autorizzazione. Lo scopo finale del WWF è fermare e far regredire il degrado dell’ambiente naturale del nostro pianeta e contribuire a costruire un futuro in cui l’umanità possa vivere in armonia con la natura. Registrato come: WWF Italia Via Po, 25/c 00198 Roma Ente morale riconosciuto con D.P.R. n. 493 del 04.04.1974. Schedario Anagrafe Naz.le Ricerche N. H 1890ADZ. Cod.Fisc. 80078430586 P.IVA IT 02121111005 O.N.G. idoneità riconosciuta con D.M. 2005/337/000950/5 del 09.02.2005 - ONLUS di diritto INDICE 1. Considerazioni preliminari: accesso alle località più interessanti dal punto di vista naturalistico ........2 2. Considerazioni in merito alla naturalità dei siti e alla loro struttura ecologica......................................3 3. SIC IT2010016, Val Veddasca: habitat d’interesse nella zona d’intervento .........................................4 4. Analisi del progetto ed influenze sugli habitat del SIC .........................................................................4 4.1. Analisi descrittiva degli habitat interessati ..................................................................................4 4.2. Analisi degli impatti ....................................................................................................................5 5. Evidenziazioni di cogenza normativa ....................................................................................................6 5.1 L’opzione zero .............................................................................................................................9 6. Conclusioni e richieste .........................................................................................................................11 Documentazione fotografica .......................................................................................................................14 1. Considerazioni preliminari: accesso alle località più interessanti dal punto di vista naturalistico Innanzitutto si vuole far presente che per rendersi realmente conto delle particolarità naturalistiche dell’area oggetto di impatto, bisogna giungere fin nel cuore dei fondovalle interessati, luoghi non serviti da viabilità, difficilmente raggiungibili tramite i sentieri esistenti. Accedendo semplicemente alla zona dell’intervento da monte, presso la pista che dalla località Ponte Piero scende lungo il Torrente Giona fino all’attuale centralina ENEL (punto dove dovrebbe iniziare la nuova condotta), si incontrano aree alterate dalla costruzione di quest’ultima che, seppur siano state sistemate molto bene dal punto di vista del mascheramento dei manufatti (riporti in terra ad interrare l’edificio della centralina sulla gran parte dei lati), per quanto concerne l’aspetto dell’originaria conservazione degli habitat naturali, questi appaiono gravemente danneggiati nella loro struttura ecologico-funzionale, proprio a causa delle opere di costruzione della centralina ENEL che, con i movimenti di terra, hanno modificato completamente substrato e cenosi preesistenti, favorendo l’insediamento di popolamenti monospecifici di Buddleja davidii, specie esotica d’origine cinese che in questi luoghi di deterioramento ha completamente sostituito i preesistenti boschi di Direttiva 92/43/CEE (cd. Direttiva “Habitat”), di cui al codice *9180, “Foreste di versanti, ghiaioni e valloni del TilioAcerion”. Occorre altresì specificare che *9180 è habitat di interesse prioritario per l’Unione Europea, per il quale valgono normate e rigide misure precauzionali e di conservazione, che non possono consentire lo stato di fatto: occorrerebbe quindi risalire alle specifiche responsabilità. Accedendo invece da valle, dalla pista che lungo la strada carrozzabile Agra-Curiglia, nel punto a valle di Alpe Roccolo, scende fino all’alveo del Torrente Giona si giunge ad una vasta area di greto, in parte alterata dall’invasione di specie esotiche, che trovano qui le condizioni di luce e di mancata concorrenza della vegetazione naturaliforme per vegetare e svilupparsi. 2 Anche da questo lato si incontrano habitat di interesse: i greti definiscono una situazione paesaggistica apprezzabile e allo stesso tempo contengono una certa complessità botanica, con una buona struttura di specie, anche rare. Gli habitat più rimarchevoli e particolari si ritrovano nel cuore dei fondovalle dei Torrenti Giona e Crana, percorrendo aree impervie, con sentieristica assente o in cattivo stato di conservazione e, nel caso del Torrente Giona, guadando più volte le acque in relazione alla morfologia delle sponde, per poter seguire la distribuzione delle piane fondovallive boscate, che si alternano a salti rocciosi lungo il tortuoso percorso del torrente stesso. Gli unici accessi per realizzare tale percorso sono: - da valle percorrendo la pista che si diparte in discesa dalla strada carrozzabile Agra-Curiglia (nel punto sotto l’Alpe Roccolo) seguendo poi il greto del Torrente Giona fino a giungere alle piane fondovallive boscate che si intervallano ed alternano alle rupi nel percorso del medesimo; attraversandolo poi più volte si individua un agevole percorso su terreni pianeggianti, comunque privo di sentieri in buono stato, in relazione all’abbandono; - da monte, accedendo da Ponte Piero, ci si addentra a fatica nel centro delle piane fondovallive boscate del Torrente Giona, percorrendo greti e boschi. Guadando più volte il torrente si giunge a buon punto per osservare alcuni habitat, ma poi tale accesso è interrotto dalla presenza di un bacino naturale con acqua alta, pertanto su tale via si deve poi abbandonare l’esplorazione ed effettuarla risalendo da valle; - un accesso che sicuramente permette di entrare nel cuore dei fondovalle in questione, si diparte dal cimitero di Curiglia ove, dal piazzale ad esso antistante, si scorge sulla sinistra una pista che presto si trasforma in un sentiero e successivamente, pian piano, si perde o rimane a tratti visibile. Attraverso quest’ultimo si giunge alla confluenza tra il Torrente Giona ed il Torrente Crana e salendo verso monte ci si trova addentrati nelle piane fondovallive dell’area oggetto d’analisi. 2. Considerazioni in merito alla naturalità dei siti e alla loro struttura ecologica Seguendo i percorsi segnalati al precedente punto 1, l’area si dispiega in maniera paesaggisticamente affascinante; l’aspetto naturalistico non sarà da meno essendo costituita da boschi invecchiati di tiglio cordato, frassino ed acero di monte con alberi imponenti e vetusti. Un gran numero di tronchi depositati a terra (appartenenti ad alberi morti o schiantati facenti parte del ciclo naturale del bosco e del riciclo della sostanza organica) sono completamente ricoperti da un fitto strato di muschi e rendono la necromassa depositata completamente rinverdita creando un paesaggio molto simile ad una foresta vergine. I boschi, data la loro inaccessibilità, da svariati decenni hanno potuto godere di un ciclo non condizionato e l’utilizzazione si è completamente azzerata. La pregevolezza del sito sta proprio in questi termini, che hanno permesso l’assestamento dell’evoluzione naturale, con invecchiamento degli alberi in piedi, morte di altri soggetti per invecchiamento o schianti naturali, nascita di nuovi esemplari nelle buche creando un bosco disetaneiforme di PARTICOLARE ed ECCEZIONALE pregio che risulta assolutamente raro nei nostri locali contesti collinari o prealpini, a queste altezze. In questi condizioni la complessità biologica e di struttura delle cenosi va di conseguenza, da che se ne trae che l’area chiede oggi, senza alcun dubbio, un’attenzione specifica e competente per la sua conservazione naturalistica. La situazione di autoprotezione ha permesso l’evoluzione naturale e ha arricchito la complessità delle popolazioni di specie, anche soprattutto grazie all’elevata necromassa al suolo che favorisce la fertilità e diviene un ambiente ottimale per autoconservarsi e autorigenerarsi, ospitando un complesso ricchissimo di elementi indispensabili alla formazioni delle catene trofiche via via più complesse. 3 Per fare un esempio di buona pratica, nel vicino Canton Ticino dove sono rilevabili i medesimi ambienti, il Consiglio cantonale fin dal 2001 ha approvato il Concetto cantonale per la creazione di riserve forestali che prevede una serie di riserve forestali nelle quali “il proprietario del bosco s’impegna a rinunciare a qualsiasi utilizzazione legnosa per un periodo di almeno 50 anni e che ha quale obiettivo primario la salvaguardia del dinamismo naturale del bosco”. Secondo tale obiettivo il Canton Ticino ha oggi già istituito 8 riserve forestali su 2.200 ettari di bosco mentre altri 4.000 ettari di riserva sono attualmente in fase di studio a diversi livelli[1]. 3. SIC IT2010016, d’intervento Val Veddasca: habitat d’interesse nella zona L’area oggetto d’intervento si trova nel cuore del Sito di Importanza Comunitaria (SIC) IT2010016, Val Veddasca, di cui alla Direttiva 92/43/CEE e suoi recepimenti nazionali e regionali, per il quale si evidenziano come elementi costitutivi diversi habitat e specie e, certamente, l’habitat prioritario precedentemente citato *9180. *9180 “Foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio-Acerion” (più avanti semplicemente Boschi del Tilio-acerion) oltre ad essere un interessantissimo habitat in termini di ricchezza di specie e di biodiversità, è raro nella sua forma più integra essendo spesso suscettibile di invasione di specie esotiche (si veda menzione alla centralina ENEL, di cui al precedente punto 1). Nell’area oggetto di interventi sono inoltre presenti rupi umide che costeggiano l’alveo dei Torrenti Crana e Giona che, pur non essendo segnalati ai sensi dell’All. 1 della Direttiva 92/43, costituiscono ambienti molto interessanti con presenza di specie rare e particolari come Lysimachia nemorum. Inoltre tali rupi sono funzionalmente collegate ai boschi del Tilio-acerion con elementi igrofili dell’Alno-ulmion. 4. Analisi del progetto ed influenze sugli habitat del SIC 4.1. Analisi descrittiva degli habitat interessati Dai sopralluoghi effettuati e dall’analisi del progetto in questione si possono trarre alcune considerazioni tecniche, come segue. a) Nel progetto sono previste diverse modalità di posa della condotta: “in galleria”, “in nicchia”, “in trincea”. b) La posa “in galleria” non comporta impatti sugli habitat forestali del SIC, quella “in nicchia” comporta interferenze da medie a moderate con l’habitat delle rupi umide che presenta specie botaniche particolari o rare ed in transizione con frammenti di situazioni rupicole dei boschi del Tilio-acerion con elementi igrofili dell’Alno-ulmion. La posa “in trincea” comporta, invece, interferenze SIGNIFICATIVE con l’habitat *9180. c) Nei tratti con scavo in nicchia (circa 250 metri lineari) si ha un forte impatto paesaggistico dato che il tipico aspetto delle rupi a strapiombo sul torrente verrà alterato da una nicchia in cui sarà alloggiato il tubo, poi tamponata con un muro in calcestruzzo e pietrame a vista, comunque sostanzialmente alterante l’aspetto della parete rocciosa oggi intonsa. 1 Fonte: intervista all’Ing. Pietro Stanga che presiede il gruppo di lavoro cantonale, istituito dal Consiglio di Stato, per curare l’attuazione del progetto specificato. Informazioni al sito web: http://www.pronatura.ch/ti/Rivista/Rivista-14/Rivista-14.pdf. 4 d) e) f) g) h) i) j) Le stesse rupi contengono molti elementi floristici di pregio, una composizione floristica complessa ed un’elevata biodiversità tanto da rappresentare un elemento rilevante per l’assetto vegetazionale e di biodiversità del contesto ambientale dei Torrenti Giona e Crana. Inoltre comprendono stazioni di specie rare e/o poco diffuse come Lysimachia nemorum ed in parte racchiudono situazioni rupicole dei boschi del Tilio-acerion con elementi igrofili dell’Alno-ulmion. Ancor più dannoso ed in grado di alterare l’habitat *9180 in modo pressoché permanente, ponendosi in forte contrasto con gli obblighi di conservazione dello Stato membro, è il tratto di condotta che per circa 1.360 metri sarà posato con scavo in trincea: tale scavo impatterà in maniera diretta e sostanziale su *9180. Nell’area di analisi *9180 e, in generale il bosco del Tilio-acerion, è risultato particolarmente ricco di specie, annoverando nel loro corteggio floristico quasi 70 individui, appartenenti a una quarantina di specie differenti, a campione su un’estensione di 100 mq. Tra le specie rilevate è molto frequente Daphne mezereum specie distribuita in modo abbastanza uniforme nei boschi del Tilio-acerion della Val Veddasca ma, in generale, piuttosto rara e protetta dalla legislazione vigente[2]. Ancor di maggior rilievo è il fatto che negli stessi boschi *9180 del Tilio-acerion, lungo il tracciato della futura condotta è stata individuata un’importante stazione di Matteuccia struthiopteris, felce assai rara della flora spontanea e tutelata in provincia di Varese e su tutto il territorio lombardo (ai sensi della normativa di cui alla precedente nota 2). La stazione costituita da due nuclei distanti una ventina di metri, occupa nel suo complesso una superficie di circa 40 mq ed è stata stimata la presenza di circa 120-140 esemplari. La popolazione, attualmente, a meno d’interferenze di carattere antropico, è vitale ed in buono stato di conservazione. Altre specie presenti nei boschi del Tilion-acerion e tutelate sono: - Anemone nemorosa che spesso forma fitte coperture nei boschi; - Aruncus dioicus presente sia sulle rupi che nei boschi; - Convallaria majalis e Cyclamen purpurascens presenti nei boschi; - Lilium bulbiferum particolare specie presente sulle rupi. Va da sé che le specie segnalate e in particolare Daphne mezereum e Matteuccia struthiopteris dovranno godere di specifica attenzione a livelli di singoli individui e per i loro habitat di specie. Nell’habitat forestale del *9180 del Tilio-acerion è presente in modo consistente anche Olmo montano (Ulmus glabra), specie che negli anni scorsi ha subìto un’estrema rarefazione in tutto il territorio nazionale a seguito all’avvento della grafiosi dell’olmo, malattia di origine asiatica che ha falcidiato gli olmi europei. L’olmo della Val Veddasca all’evidenza non presenta oggi effetti della malattia situazione che, vistane la loro resilienza, avvalora le popolazioni nostrane come possibili costituenti all’interno di una banca dati genetica per la selezione di esemplari utili per la lotta all’epidemia. 4.2. Analisi degli impatti In base a quanto espresso al precedente punto 4.1 e in relazione alle caratteristiche di progetto, si evince: a) l’impatto dello scavo in trincea sull’habitat *9180 risulterà devastante per la conservazione dei boschi del Tilio-acerion, dato che dovrà essere abbattuta una fascia lineare boscata larga diversi metri, dovrà essere scavata una trincea e successivamente, dopo la posa del tubo, questa dovrà 2 DGR del 26.09.1978, n. 18438 e smi, con DGR 27.06.1996, n. 15217,a DGR 29.04.1997, n. 27984. La Provincia di Varese tutela inoltre Daphne mezereum ai sensi del DPGP del 12.03.2002 n. 102. 5 b) 5. essere ricolmata con rimescolamento degli strati edafici con perdita del sottile strato di suolo fertile che ricopre i substrati sabbiosi e ciottolosi più profondi degli antichi greti dei torrenti presenti nella zona dei lavori. I boschi del Tilio-acerion ripariali appaiono molto rigogliosi in relazione alle elevate condizioni di umidità in cui si sviluppano ma sono anche molto delicati e difficilmente riescono a ricostituirsi dopo alterazioni del substrato che comportano rimescolamento degli strati edafici, in relazione alla presenza di suoli costituiti da uno strato profondo ciottoloso-sabbioso poco fertile ricoperto da uno strato superiore spesso circa 40-50 cm costituito da strati humici e fertili, che permettono l’insediamento della vegetazione del Tilio-acerion con la sua complessa compagine floristica. La cenosi è diffusa su limitate areole racchiuse tra le rupi di versante e le anse del torrente che nel tratto considerato, secondo le previsioni progettuali, verranno attraversate dalla trincea creando di fatto una loro consistente alterazione. Il rimescolamento degli strati terrosi dovuto agli scavi indurrebbe la perdita di complessità biologica a vantaggio di specie meno pregiate, meno specializzate e anche alloctone, come Buddleja davidii, di cui si è trattato al precedente punto 1. Anche un’eventuale successiva messa a dimora di alberi di specie del Tilion-acerion lungo l’area degli scavi non produrrà l’effetto di ricostituzione della cenosi in tutta la sua ricchezza floristica, ovvero nella documentazione progettuale analizzata non è stato riscontrato un percorso logicoscientifico a sostegno di questa possibilità né riferimenti a buone pratiche realizzate e monitorate negli anni, a sostegno della possibilità compensatoria. La documentazione progettuale non affronta in maniera adeguata gli impatti a carico degli habitat acquatici né, molto gravemente, affronta la necessità di conformare l’intervento alle richieste della Direttiva 2000/60/CE sulle acque, che obbliga al raggiungimento del buono stato ecologico dei corsi d’acqua attraverso il loro non deterioramento. Evidenziazioni di cogenza normativa Se per un verso è urgente affrancarsi dalla dipendenza di fonti fossili per la produzione energetica, è d’obbligo sottolineare che ciò non può avvenire a danno di quei valori naturalistici e paesaggistici che rimangono, nelle loro declinazioni costituzionali, elementi non rinnovabili del “bene comune”. Ne consegue che, non essendoci una neutralità intrinseca ad ogni fonte di produzione energetica, e dovendone sempre annotare i notevoli costi territoriali, la realizzazione di progetti che non tengano conto di tali costi (internalizzandoli adeguatamente per entità e temporalità) costituiscono un ulteriore tassello di disturbo, danno o distruzione del citato “bene comune”, così come ottimamente ricordato sia dal Comitato Economico e Sociale[3], sia dal Comitato delle Regioni[4]. 3 4 "Alla base [delle cause della diminuzione delle specie e dei biotopi] vi sono decisioni e misure adottate dagli operatori economici o decisioni politiche prese nel quadro di leggi in vigore, mentre le minacce alla biodiversità dovute a misure illegali sono relativamente limitate. A provocare la perdita di biodiversità sono quindi decisioni politiche, decisioni di fondo e di valore adottate nella piena legalità, spesso appoggiate o sollecitate da decisioni e strumenti di sostegno dell'UE, degli Stati membri e degli enti locali". COM(2006)216 def. - (2007/C/97/03) - GUUE del 28.04.2007. Nelle “Raccomandazioni politiche il Comitato delle Regioni (…) manifesta tuttavia preoccupazione per il fatto che, nell’ambito dell’obiettivo Crescita sostenibile della strategia Europa 2020, la biodiversità continui ad essere subordinata a modelli di crescita economica e al perseguimento di un’economia a basse emissioni di carbonio anziché essere considerata un valore in sé”. Comitato delle Regioni, 10.06.2010, comunicazione “L’UE e la politica internazionale in materia di biodiversità dopo il 2010 (2010/C 267/08)” - GUUE del 01.10.2010. 6 Il lento processo evolutivo che ha portato all’insediamento dei boschi del Tilio-acerion con lenta costituzione di uno strato fertile sui greti dei Torrenti Crana e Giona, non potrà essere riprodotto in tempi ragionevoli e quindi l’impatto generato è in forte contrasto con la Direttiva 92/43/CE e con le motivazioni fondanti di istituzione del SIC della Val Veddasca. Per quanto affermato avendo bisogno la cenosi del Tilio-acerion di un processo ricostitutivo che potrà essere raggiunto solo in modo aleatorio in tempi brevi e ragionevoli, se ne deduce, per implicita oggettività, che l'impatto sia da considerarsi significativamente negativo, non sufficientemente rientrabile attraverso azioni mitigative o compensative. La protezione all’habitat è garantita dal seguente processo logico e consequenziale rilevabile all’art. 6 della Direttiva 92/43/CEE, che al c. 1 stabilisce che per i siti di cui alla rete Natura 2000 “gli Stati membri stabiliscono le misure di conservazione necessarie (…).che siano conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali di cui all'allegato I e delle specie di cui all'allegato II presenti nei siti”. Allo stesso articolo il c. 2 specifica che “Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva”. Al c. 3 la Direttiva richiede che “Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito (…) forma oggetto di una opportuna valutazione dell'incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell'incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l'integrità del sito in causa”. Il c. 4 specifica ulteriormente: “Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell'incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata. Lo Stato membro informa la Commissione delle misure compensative adottate. Qualora il sito in causa sia un sito in cui si trovano un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari, possono essere addotte soltanto considerazioni connesse con la salute dell'uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l'ambiente ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico”. Da quanto ricostruito e secondo le disposizioni di legge, essendo il progetto impattante su un habitat di interesse prioritario, e definito che detto impatto non possa rientrare all’interno di una soglia sostenibile per l’habitat stesso attraverso eventuali misure di mitigazione di cantiere, se ne evince che il citato impatto debba costituire un danno per l’habitat in questione e che, secondo la tipologia di legge, debba essere definito di entità “negativa significativa”. Stabilendo l’evidenza e/o meglio, l’evidenza scientifica dell’impatto progettuale, il Proponente progetto ha il dovere di esaminare delle soluzioni alternative, così come prescrive anche l’apposita Guida comunitaria. Ovvero: “Come prima tappa, le autorità competenti devono esaminare la possibilità di soluzioni alternative che meglio rispettino l’integrità del sito in questione. Di norma, queste soluzioni avrebbero già dovuto essere state individuate nell’ambito della valutazione iniziale effettuata ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3. Esse possono comprendere ubicazioni alternative (percorsi in caso di sviluppi lineari), dimensioni o impostazioni diverse di sviluppo oppure processi alternativi. Va anche considerata l’«opzione zero». Conformemente al principio di sussidiarietà, spetta alle autorità nazionali competenti effettuare i necessari raffronti tra queste soluzioni alternative. Va sottolineato che i parametri di riferimento per questi raffronti concernono gli aspetti relativi alla conservazione e alla manutenzione dell’integrità del 7 sito e delle sue funzioni ecologiche. In questa fase, quindi, altri criteri di valutazione, ad esempio economici, non possono essere considerati prevalenti su quelli ecologici” [5]. Bene quindi che si affrontino delle soluzioni alternative, così come è stato fatto nello Studio di Incidenza, ma senza dubbio non in maniera così sbrigativa come effettua il Redattore, in quanto “L’esame di soluzioni alternative richiede pertanto che prevalgano gli obiettivi di conservazione e lo status del sito Natura 2000 su ogni altra considerazione di costi, ritardi o altri aspetti che attengono alle soluzioni alternative”[6] – [7]. Le soluzioni alternative vanno esaminate con la stessa adeguatezza con cui si esamina la soluzione prescelta e, dato che come visto “in questa fase (…) i criteri di valutazione (…) economici non possono essere considerati prevalenti su quelli ecologici”, questo lo si può fare con coerenza e compiutezza solo dopo aver conosciuto gli stessi criteri ecologici, ovvero dopo aver espletato tutte le analisi conoscitive. E’ per questo che le soluzioni alternative, e l’eventuale opzione zero (si veda box successivo), vanno al meglio esaminate nella terza fase della valutazione dell’incidenza. Inoltre occorre tenere presente che non solo il Proponente progetto è tenuto a verificare le soluzioni alternative, bensì che anche l’Autorità competente[8] potrà svolgere al meglio il suo ruolo solo se detto comparto di analisi sarà sviscerato in maniera esaustiva e non così spiccia come lo Studio di Incidenza presenta. 5 6 7 8 Comunità europee, 2000. Commissione Europea: La gestione dei siti della rete natura 2000. Guida all’interpretazione dell’articolo 6 della direttiva “Habitat” 92/43/CEE. § 5.3.1, “Esame di soluzioni alternative”. Comunità europee, 2002. Commissione Europea: “Valutazione di piani e progetti aventi un’incidenza significativa sui siti della rete Natura 2000. Guida metodologica alle disposizioni dell’articolo 6, paragrafi 3 e 4 della direttiva “Habitat” 92/43/CEE”, § 3.3.1, “Livello III: valutazione di soluzioni alternative”. Il grassetto è originale nel testo. “L’autorità competente non deve circoscrivere l’esame delle soluzioni alternative a quelle suggerite dai proponenti del progetto/piano”. Da: Comunità europee, 2002. Commissione Europea: “Valutazione di piani e progetti aventi un’incidenza significativa sui siti della rete Natura 2000. Guida metodologica alle disposizioni dell’articolo 6, paragrafi 3 e 4 della direttiva “Habitat” 92/43/CEE”, § 3.3.1, “Livello III: valutazione di soluzioni alternative”. 8 5.1 L’opzione zero In merito all’opzione zero si annota che lo Studio di Incidenza non ne prende neppure in esame la possibilità, in quanto la stessa non è allo stesso modo contemplata nello “Studio Preliminare Ambientale della Verifica di Esclusione dalla VIA”. Mentre è comprensibile che avendo un obiettivo di commessa, il Progettista abbia proceduto per step successivi, allo stesso modo non si può fare a meno di notare che questo modo di progettare non è attinente alle richieste della normativa comunitaria e quindi il contesto dal quale si parte è di riferimento ma non può essere inamovibile e/o indiscutibile, pena la forzatura del procedimento che ha per obiettivo la tutela di un valore comune rappresentato dal bene territorio, dall’ambiente e dalla biodiversità, che in questo caso è ad inizio considerazione di livello superiore al valore economico (come si è citato nella pagina precedente: “prevalgano gli obiettivi di conservazione e lo status del sito Natura 2000 su ogni altra considerazione di costi, ritardi o altri aspetti che attengono alle soluzioni alternative”). Da ciò ne discende che l’opzione zero non è da applicare tout court, aprioristicamente, come un’opzione progettuale di medesimo livello delle altre. Ancor più grave quando l’opzione zero non viene neppure presa in considerazione. Essa si applica nel momento in cui questo progetto è determinato sia eccessivamente impattante, non sostenibile e non attuabile anche attraverso altre alternative. Per cui la scelta dell’opzione zero deve essere fatta all’interno di una procedura riconosciuta e percorsa: lo Studio di Incidenza non ha utilizzato questa procedura, è con essa in chiara difformità. L’esame di modi alternativi può significare anche rivedere gli obiettivi di progetto[9]: questo nodo cruciale della procedura implica la revisione delle motivazioni generali dell’opera. In conclusione l’analisi qui prospettata delle soluzioni alternative è impropria e normativamente inadeguata in quanto, tra l’altro, non facendo lavorare il Proponente progetto sugli obiettivi della sua opera, forza la procedura rispetto alla Direttiva 92/43/CEE, art. 6, dando per essa accesso diretto alla Fase 4 della valutazione di incidenza, relativa alle deroghe, di cui al c. 4 della citata Direttiva. Le deroghe - di cui alla Direttiva 92/43/CEE, art. 6, c. 4, primo e secondo periodo - non possono essere attivate senza aver prima percorso le tappe salienti della valutazione di incidenza[10], ivi comprendendo 9 10 Per esempio. “Tra le soluzioni alternative possono essere identificate varianti a: (…) mezzi per conseguire gli obiettivi (ad esempio, gestione della domanda)”. Da: Comunità europee, 2002. Commissione Europea: “Valutazione di piani e progetti aventi un’incidenza significativa sui siti della rete Natura 2000. Guida metodologica alle disposizioni dell’articolo 6, paragrafi 3 e 4 della direttiva “Habitat” 92/43/CEE”, § 3.3.2, “Fase I: identificazione delle soluzioni alternative”. Si verifichi per questo, per esempio, proprio a carico della Repubblica Italiana, la Sentenza di condanna C-304/05 del 20.09.2007, che ha riguardato il “(…) progetto relativo all’ampliamento e all’adattamento della zona sciistica di Santa Caterina Valfurva (piste denominate «Bucaneve» e «Edelweiss») e alla realizzazione delle correlate infrastrutture, in vista dei campionati mondiali di sci alpino del 2005, nella zona di protezione speciale IT2040044, Parco Nazionale dello Stelvio”. La realizzazione di tali opere a giudizio della Commissione “(…) non era giustificata da motivi imperativi di rilevante interesse pubblico” (punto 76). La Corte ha definito (punto 83) che “Occorre inoltre rilevare che l’art. 6, n. 4, della direttiva 92/43 può essere applicato solo dopo che l’incidenza di un piano o di un progetto sia stata valutata ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva medesima. La conoscenza di tale incidenza con riferimento agli obiettivi di conservazione relativi al sito in questione costituisce un presupposto imprescindibile ai fini dell’applicazione del detto art. 6, n. 4, dato che, in assenza di tali elementi, non può essere valutato alcun requisito di applicazione di tale disposizione di deroga. L’esame di eventuali motivi imperativi di rilevante interesse pubblico e quello dell’esistenza di alternative meno dannose richiedono, infatti, una ponderazione con riferimento ai danni che il piano o il progetto in questione cagiona al sito. Inoltre, per determinare la natura di eventuali misure compensative, i danni al detto sito devono essere individuati con precisione”. 9 dopo la “Valutazione appropriata” di Fase 2, tutte le eventuali alternative di progetto, in mancanza di alternative accettabili l’opzione zero e, eventualmente, per poter applicare le compensazioni, l’individuazione precisa dei danni al sito. Anche ammesso che la parte relativa alle soluzioni alternative fosse stata svolta in maniera corretta dal proponente, per gli impatti su *9180 è quindi ovvio che in presenza delle specifiche caratteristiche progettuali, l’approvazione dell’opera per quanto riguarda la tematica Natura 2000 sia direttamente condizionata dalla possibilità di accesso alle deroghe prevista dalla Direttiva Habitat. In questo caso è pacifico, vista l’operazione economica di ordine aziendale effettuata da un privato, che le motivazioni progettuali non possono contenere “(…) considerazioni connesse con la salute dell'uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l'ambiente”. A valle di questo ragionamento, per opportunità e coerenza, è particolarmente strano che all’interno dello Studio di Incidenza il Proponente non abbia inteso approfondire gli obiettivi dell’opera in rapporto agli obiettivi di conservazione del Piano di Gestione del SIC IT2010016, pur ammettendo di conoscerne la fase redazionale del Piano stesso. In base alla propria esperienza e avendo avuto riscontro diretto della naturalità dei luoghi, la Scrivente dubita fortemente che un Piano di Gestione di un SIC possa prevedere o “compatibilizzare” simili trasformazioni di habitat. 10 6. Conclusioni e richieste Per quanto espresso si evidenzia in sunto come l’opera in esame: a) apporterà alterazioni sostanziali all’habitat *9180 dei boschi del Tilio-acerion, all’interno del SIC IT2010016, tali da potersi chiaramente considerare incompatibili con la conservazione e tutela dell’habitat e della sua complessità biologica di specie; b) si ponga fuori della normativa comunitaria, e dei relativi recepimenti nazionali e regionali, per quanto riguarda l’osservanza della Direttiva 92/43/CEE, art. 6, c. 2, c. 3 e c. 4; c) viste anche le presenze di specie (soprattutto chirotteri, ma non solo), rischi di porsi fuori della normativa comunitaria anche per quanto riguarda le richieste della Direttiva 92/43/CEE, art. 12, c. 1, lettere a), b) e d). d) viste anche (ma non solo) le presenze di specie, rischi di porsi fuori della normativa comunitaria anche per quanto riguarda le richieste della Direttiva Quadro sulle Acque 2000/60/CE, art. 4, c. 1, lettera a), sottolettera i), per gli interventi a carico dei corsi d’acqua. L’Associazione WWF sottolinea che tutto l’aspetto multicriteriale dell’impatto ambientale e naturalistico di questa progettazione dovrà essere completamente rivisto, inserendo informazioni corrette, complete, esaustive, coerenti e in linea con quanto richiesto dalla normativa vigente. Andrà costruito un percorso di analisi logico e consequenziale, riconoscibile e documentato, al fine di determinare con la maggiore precisione possibile gli impatti dell’opera su habitat e specie, sull’interdipendenza degli elementi biotici e abiotici, al fine della preservazione delle numerose funzionalità ecosistemiche. Allo stato attuale delle analisi e delle considerazioni prodotte, a parere della Scrivente il progetto dovrà essere respinto. Il WWF, per la parte tecnico-procedurale, richiede che: 1) in fase di ripresentazione, per i suoi impatti, il progetto venga esaminato all’interno di una procedura di Valutazione di Impatto Ambientale; 2) si assicuri che nello studio territoriale, rispetto alla caratteristiche del progetto, vengano identificati gli effetti degli impatti diretti e indiretti, gli effetti negativi transitori e permanenti, reversibili e irreversibili, materiali e immateriali; 3) si proceda con la raccolta di informazioni eventualmente già disponibili, anche se lo fossero in via non ufficiale, per quanto riguarda la redazione del Piano di Gestione del SIC impattato, verificando contestualmente gli obiettivi di conservazione del sito stesso e di eventuali altre aree di protezione ambientale definite con altri strumenti gestionali di enti territoriali a vario livello; 4) si definisca con chiarezza la resilienza degli ecosistemi, specificatamente di habitat, di habitat di specie e di popolazioni di specie; 5) si considerino con estrema attenzione le catene alimentari, le nicchie alimentari, le specie sito specifiche o specializzate e le contrazioni di questi spazi e delle attività biologiche a causa degli effetti negativi del progetto; 6) si accerti che la procedura di cui alla Direttiva 92/43/CEE, art. 6, c. 3, venga affrontata in tutte le sue fasi per poter fornire all’Autorità competente uno strumento di valutazione completo ed adeguato alle necessità di conservazione dell’area impattata; 7) si faccia in modo che le eventuali alternative di progetto vengano valutate attraverso pertinenti parametri ambientali e naturalistici e che la procedura risponda ai requisiti di cui alla Direttiva 92/43/CEE, art. 6, c. 3; 11 8) 9) 10) 11) 12) 13) 14) 15) 16) 17) 18) ci si assicuri che ogni ambito di indagine venga provvisto di un adeguato momento di sintesi, con punti di forza e debolezza del sistema (matrici di SWOT[11]), al fine di poter coerentemente identificare opportuni indicatori ambientali e biologici sui quali strutturare le più adeguate misure mitigative e compensative; ci si assicuri, con specifico riferimento alla procedura di incidenza tipica delle analisi ambientali sui siti Natura 2000, che non vengano confuse le misure compensative con le misure mitigative; non si applichino le due tipologie di misure di cui al precedente punto 9 nello stesso tempo redazionale nello Studio di Incidenza; non si applichino le misure compensative se non si sono prima percorsi tutti i passaggi previsti dalla procedura di incidenza, comprendendo soprattutto la scelta di soluzioni alternative e la valutazione dell’ “opzione zero”; ci si assicuri, con specifico riferimento alla procedura di incidenza tipica delle analisi ambientali sui siti Natura 2000, che le eventuali alternative di progetto siano valutate con l’opportunità richiesta dalla normativa e interpretata dalle Guide comunitarie e che dette alternative siano inserite nel corretto tempo procedurale; ci si assicuri, con specifico riferimento alla procedura di incidenza tipica delle analisi ambientali sui siti Natura 2000, la corretta applicazione dell’opzione zero che discende in maniera consequenziale anche dalla possibilità di rivedere gli obiettivi di progetto; si faccia in modo che l’opzione zero, se del caso, venga presa in considerazione e che il suo eventuale accantonamento venga adeguatamente motivato attraverso un confronto tra i benefici derivanti dall’opera e i danni o disturbi ambientali che essa provocherà: i primi dovranno essere superiori ai secondi e dovrà essere dimostrato il procedimento di valutazione; ci si assicuri, con specifico riferimento alla procedura di incidenza tipica delle analisi ambientali sui siti Natura 2000, che l’applicazione del regime di deroghe previste della Direttiva 92/43/CEE, art. 6, c. 4, primo e secondo periodo, sia motivato solo se si è nelle condizioni normativamente concesse, attivando le specifiche comunicazioni alle Autorità comunitarie; si faccia in modo che, relativamente all’applicazione della procedura tipica di una valutazione di incidenza, che le eventuali misure di compensazione siano progettate allo stesso tempo del progetto dell’opera e siano messe in campo con una tempistica adeguata in modo che esse possano dare i positivi esiti per i quali vengono studiate prima che gli effetti negativi dell’opera si producano; si faccia in modo che le misure di compensazione vengano finanziate prima dell’approvazione del progetto e/o, per quanto riguarda le misure compensative a favore di peculiarità ambientali afferenti a Natura 2000, prima dell’approvazione dello Studio di Incidenza; si faccia in modo che il progetto contenga una specifica sezione di analisi dei costi ecosistemici con relativa loro internalizzazione nei costi progettuali. Il WWF, per la parte normativa, richiede che: 19) si verifichi l’applicabilità dei disposti della Direttiva 2000/60/CE del 23 ottobre 2000 “che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque” (recepita in Italia con D.lgs 152/2006 e smi) in merito alle trasformazioni territoriali in ambienti umidi e agli interventi in 11 L'analisi SWOT, conosciuta anche come Matrice TOWS, è uno strumento di pianificazione strategica usata per valutare i punti di forza (Strengths), debolezza (Weaknesses), le opportunità (Opportunities) e le minacce (Threats) di un progetto o in un'impresa o in ogni altra situazione in cui un'organizzazione o un individuo deve prendere una decisione per raggiungere un obiettivo. Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Analisi_SWOT 12 20) 21) 22) 23) corsi d’acqua, con particolare osservanza alle richieste dell’art. 4 sul non deterioramento dei corpi idrici; si verifichino le richieste normative della Convenzione di Bonn del 23.06.1979, della Convenzione di Berna del 19.07.1979 e dell’Accordo Eurobats del 04.12.1991 che sono leggi dello Stato, rispettivamente la 42 del 25.01.1983, la 503 del 05.08.1981 e la 104 del 27.05.2005; si faccia in modo che la documentazione tecnico-scientifica e procedurale del progetto sia adeguatamente rispondente alle richieste delle Direttive comunitarie 2009/147/CE, art. 4, c. 1, c. 2 e c. 4 e 92/43/CEE, art. 6, c. 2, c. 3 e c. 4 e artt. 12 e 13; ci si assicuri che quanto espresso nel precedente punto 21 conduca parimenti il progetto, in merito alla sua realizzazione a carico delle valenze afferenti a Natura 2000, ad essere conforme alle richieste dell’Allegato G del DPR 357/1997 e smi, e che detta conformità abbia nello Studio di Incidenza, punto per punto, una sua tracciabilità logica e consequenziale; ci si assicuri che nella composizione della dinamica analitica dello SIA - che si auspica verrà richiesto all’interno della specifica procedura di VIA - e delle risposte agli impatti, venga profuso l’adeguato grado di impegno e completezza necessario, proprio anche in materia di VIA[ 12] in modo da consegnare all’Autorità competente per l’approvazione una documentazione aderente alle richieste del D.lgs 4/2008 art. 3-ter (“Principio dell’azione ambientale”) e art. 3-quater (“Principio dello sviluppo sostenibile”), fondata su una tracciabilità logica e consequenziale; Il WWF auspica infine che, nell’Anno Internazionale delle Foreste, la Direzione Ambiente Energia e Reti della Regione Lombardia voglia tenere uno stretto coordinamento con l’Unità Operativa regionale che si occupa di Natura 2000 e con l’Ente gestore del SIC IT2010016 sia per gli aspetti naturalistico-ambientali, sia per la parte di conformità normativa specifica, per non incorrere in approvazioni non conformi che potrebbero dare svolta a segnalazioni ai competenti organi di controllo, ministeriali e comunitari. Rimanendo a disposizione per qualsiasi approfondimento, con l’occasione si porgono distinti saluti. Paola Brambilla Presidente Regionale Per eventuali contatti: WWF Lombardia - Alessandro Ripamonti Tel: 02.83133.216 - Mail: [email protected] 12 D.lgs 4/2008, art. 4, “Finalità”, c. 4, lettera b): “la valutazione ambientale dei progetti ha la finalità di proteggere la salute umana, contribuire con un migliore ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento delle specie e conservare la capacità di riproduzione dell’ecosistema in quanto risorsa essenziale per la vita. A questo scopo, essa individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per ciascun caso particolare e secondo le disposizioni del presente decreto, gli impatti diretti e indiretti di un progetto sui seguenti fattori: 1) l'uomo, la fauna e la flora; 2) il suolo, l'acqua, l'aria e il clima; 3) i beni materiali ed il patrimonio culturale; 4) l'interazione tra i fattori di cui sopra”. 13 Documentazione fotografica Qui di seguito si allega la documentazione fotografica relativa al particolare aspetto paesaggistico e di ricchezza della biodiversità per i boschi del Tilio-acerion (habitat prioritario ai sensi della Direttiva 92/43/CEE, codice *9180) posti lungo il tracciato fondovallivo della condotta in progetto. Stazione di Matteuccia struthiopteris (in primo piano, con le foglie suddivise e sfrangiate) rara felce protetta dalla legislazione regionale e provinciale (si veda nota 2 nel corpo delle osservazioni). La stazione in oggetto si trova proprio lungo il tracciato della posa della condotta in trincea. 14 15 16