9. ASPETTI MEDICO-LEGALI DELLA LEGGE 210/92
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
Nesso di causalità
Nesso di causalità e decesso
Spunti giurisprudenziali
Tempestività della domanda
Valutazione del danno
Aggravamento
Indennizzo e altre prestazioni
assistenziali e previdenziali
8. Indennizzo dell’epatite insorta
negli operatori sanitari
Marco Bottazzi
Responsabile Consulenza medico-legale
INCA CGIL Nazionale
ha curato il capitolo 9
9. ASPETTI MEDICO-LEGALI DELLA LEGGE 210/92
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1. Nesso di causalità
La legge 210 ha introdotto un sistema di sicurezza sociale con finalità solidaristica (articoli 2 e 32 della Carta Costituzionale) per soccorrere quanti abbiano subito danni in conseguenza di un’attività di cura promossa dallo Stato per la tutela della salute pubblica, con un percorso facilitato rispetto a quelli che lo stesso danneggiato può contestualmente intraprendere per l’azione di responsabilità civile ex articolo 2043 c.c.
La legge 210 come ricordano Castrica e Bolino: «non fa alcuna differenziazione
fra strutture sanitarie pubbliche o private; pertanto il danno conseguito alle fattispecie tutelate è sempre indennizzabile in qualsiasi struttura si verifichi ed è indennizzabile anche qualora si verifichi in strutture sanitarie straniere purché si tratti di
prestazione previamente autorizzata».
Il carattere meramente indennitario della provvidenza in questione «sembra dover escludere chiaramente che il diritto all’indennizzo possa essere ricollegato
all’accertata sussistenza, nel caso concreto, di profili di colpa a carico degli operatori sanitari».
Con questo si vuol dire che per determinare il diritto all’indennizzo non debbono esservi state colpe, ritardi ecc. da parte del legislatore, del Ministero della Sanità, delle diverse figure preposte al controllo dei prodotti trasfusionali o vaccinali
ma è sufficiente che vi sia un rapporto causale diretto fra trasfusione o somministrazione di emoderivati e contagio con uno dei diversi virus oggetto di tutela.
Come ricordano Dubolino e coll.,
` la ragione di essere di detto intervento normativo risiede, come è noto, soprattutto nell’accertata inadeguatezza delle strutture sanitarie, antecedentemente all’entrata
in vigore della legge medesima, a garantire un ragionevole livello di sicurezza del
sangue e degli emoderivati, rispetto al pericolo di complicanze meglio definite, poi,
nel corpo della legge (art. 1 comma 1) come lesioni o infermità dalla quali sia derivata una menomazione permanente dell’integrità psico-fisica a
Si stabilisce, così, una profonda differenza con quanto la giurisprudenza viene
affermando, in tema di responsabilità aquiliana, rispetto ai limiti temporali per la
risarcibilità del danno, come recentemente indicato dalla III Sezione Civile della
corte di Cassazione che con la sentenza 11609 del 31-05-2005, stabilisce la risarcibilità ai sensi dell’articolo 2043 c.c. del danno dovuto a infezione da HBV, HIV,
HCV, rispettivamente dal 1978, 1985, 19881, cioè dal momento in cui la scienza
medica ha raggiunto le necessarie conoscenze in materia.
La normativa dispone un indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e
somministrazione di emoderivati; è dunque escluso dall’in-dennizzo il caso delle
infezioni da HIV che derivino da trapianto di organi (vedi decreto del Ministero
della salute 2-8-2002 sui criteri di idoneità degli organi a fini di trapianto); come
del pari sono escluse dalla tutela ai sensi della legge 210 le epatiti virali derivanti
da trasmissione nosocomiale.
Riguardo al problema del nesso di causalità fra epatite o HIV ed episodio trasfusionale2: diverse sono le problematiche che concorrono alla dimostrazione del
1
Le norme che hanno introdotto i controlli nel caso di trasfusioni o emoderivati sono rappresentate
da: HIV = d.l. n. 443 del 30 ottobre 1987 convertito con modificazioni nella legge 29-12-1987 n.
531; HBV = d.m. n. 14 del 15-01-1988; HCV = d.m. n. 107 del 21-07-1990.
2
Le trasfusioni possono determinare complicanze sia infettive che non infettive. Le complicanze in-
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rapporto fra infermità ed evento sanitario, avendo chiaro che ai sensi della normativa spetta al danneggiato il difficile compito di individuare e dimostrare il rapporto
con le diverse fattispecie previste dalla normativa.
Nel definire il nesso causale fra la trasfusione e la malattia, affermano Urso e
coll., può essere utilizzabile «il criterio di giudizio presuntivo che consente di eludere l’esistenza dei diversi fattori di rischio, anche sulla base di una valutazione di
prossimità temporale (e di compatibilità medico-legale) tra trasfusione ed infezione».
Certamente il primo criterio che occorre soddisfare è quello cronologico inteso
non solo come insorgenza successiva all’evento lesivo della patologia ma come
compatibilità fra l’intervallo trascorso fra la trasfusione e la scoperta dell’epatite.
Cariti e coll. nel loro manuale affermano che:
` Si respinge il nesso di causa quando si constata un intervallo inferiore alle sei
settimane tra trasfusione e positività all’HCV con i test di seconda generazione, ed ai
tre mesi con i kit di prima generazione. Si esclude il nesso anche quando il periodo
tra la trasfusione e la scoperta di cirrosi clinicamente e istologicamente accertata sia
inferiore ai due anni, poiché è necessario uno spazio di tempo maggiore. Lo si nega
anche quando si determini il profilo di portatore cronico meno di tre mesi dopo la
trasfusione3 a
Il secondo criterio da assolvere è quello della dimostrazione che il sangue o gli
emoderivati provengano da un donatore infetto o portatore.
Si tratta di una dimostrazione difficile da ottenere per tutte quelle patologie conseguenti ad episodi trasfusionali che sono stati effettuati in epoca antecedente alla
messa a punto dei marker sierologici specifici.
Nelle direttive fornite alle Unità Sanitarie Locali in attuazione dell’arti-colo 7
del d.l. 548/1996 si legge a tale proposito:
`
Nei casi di trasfusi occasionali risultati HIV positivi o affetti da epatite posttrasfusionale, considerato che l’unica prova certa del nesso causale tra la somministrazione di sangue e suoi derivati e le denunciate patologie si può avere controllando a distanza di tempo i donatori, è opportuno chiedere al Centro Trasfusionale notizie sui controlli virologici e di laboratorio dei donatori, anche se occasionali» e più
avanti: «nel caso di trasfusi occasionali: cartella clinica completa. La sola presenza
di una richiesta di sangue o emoderivati senza prova dell’avvenuta somministrazione
non può essere considerata una prova valida e certa, così come le dichiarazioni postume di avvenuta trasfusione anche se rilasciate dal medico trasfusionista… a
Tali centri trasfusionali forniscono informazioni (in forma anonima) sui donatori delle sacche indicate nelle cartelle cliniche (questo vale naturalmente per i casi
trasfusi dopo l’entrata in vigore dell’obbligo sui controlli) riportando se si tratti di
fettive possono essere a loro volta distinte in: virali: Cytomegalovirus, Epstein-Barr, virus linfotropico di tipo 1 (HTLV-1); batteriche: sepsi trasfusionale da batteriemia del donatore, sepsi posttrasfusionale da contaminazione durante il prelievo, sepsi post-trasfu-sionale da contaminazione durante il frazionamento, sepsi da Yersinia enterocolica, Borrellia Burgdorferi, infezioni da Rickettsie,
sifilide; parassitarie: malaria, tripanosomiasi (Chagas e africane), toxoplasmosi, babebiosi, leishmaniosi, microfilariosi. Mentre le complicanze non-infettive comprendono le emolitiche immunomediate
sia immediate che ritardate e le emolitiche non immunomediate (impropria conservazione o infusione
a elevata pressione, lesione meccanica delle emazie per l’applicazione di by-pass cardio-polmonare,
infusione delle emazie con soluzioni ipotoniche o con medicamenti, distruzione delle emazie anormali del paziente per deficit di G6PDH, EPN o drepanocitosi).
3
Termini cronologici che sono stati ripresi anche da S. Bonziglia.
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139
donatori abituali o casuali ed il risultato dei controlli dei markers (con indicazione
se epatite B e/o C e HIV) fatti all’atto della donazione.
Nel caso, poi, di donatori abituali vengono fornite ulteriori informazioni sulla
loro storia successiva, se cioè hanno continuato a donare, se hanno cessato, per
quale motivo vi è stata tale cessazione (raggiungimento dell’età, problemi di salute
ecc.); se nei successivi controlli sono risultati egualmente negativi o se vi è stata,
invece, positivizzazione.
Per quanto riguarda il caso specifico dei donatori occasionali il Centro Trasfusionale sarebbe tenuto a rintracciare tali donatori e testarli per i virus coinvolti nel
contagio.
Per completezza di informazione ricordiamo che ai sensi degli articoli 34 e 35
del d.m. 27-12-1990 (abrogato dal d.m. del 25-01-2001) i registri dei donatori dovevano essere aggiornati e conservati dai Centri Trasfusionali per «almeno cinque
anni».
Bilancetti e Fineschi parlano, a questo riguardo, di «errato ed assolutamente inattuabile limite cronologico imposto dalle normative trasfusionali in merito alla
conservazione degli schedari».
Solo sulla base di tale certificazione si perviene alla definizione del riconoscimento del rapporto causale fra episodio trasfusionale e malattia.
Infatti, nel caso in cui tale informativa permetta di escludere con certezza che
nel sangue trasfuso fosse presente il virus, il caso viene chiuso negativamente.
Mentre nel caso in cui, a fronte di una storia clinica suggestiva quale, ad esempio, comparsa di aumento delle transaminasi, ittero ecc. in epoca immediatamente
successiva all’episodio trasfusionale, si sia nell’impossibilità di escludere tale possibilità, si perviene al riconoscimento4.
In questo senso anche il Ministero della salute, che in un suo parere scrive:
` l’impossibilità di conoscere lo stato virologico dei donatori successivamente alle
donazioni in questione non consente di escludere che gli stessi possano essere stati
veicolo della infezione epatica riscontrata nel soggetto ricevente a
Non sono, dunque, condivisibili le posizioni assunte da alcune CMO che hanno
negato la sussistenza del nesso di causa qualora gli eventi produttivi di danno erano
di molto risalenti nel tempo, limitandosi a presumere l’im-putabilità del danno a
circostanze diverse o a comportamenti a rischio del soggetto nei periodi antecedenti l’accertamento della malattia5.
Appare utile ribadire a questo punto la profonda differenza fra indennizzo e risarcimento per responsabilità per quanto concerne la criteriologia medico-legale
del nesso di causalità.
Infatti, alcune decisioni giurisprudenziali che hanno considerato valida prova
sull’esistenza del nesso di causalità la documentazione medica prodotta nel corso
del giudizio finalizzato al riconoscimento dell’indennizzo previsto dalla legge
210/92, non necessitando un accertamento specifico disposto all’interno del pro4
In un parere richiesto all’Istituto Superiore di Sanità nell’ottobre 1995 si legge: «l’inter-vallo di
tempo medio tra esposizione al virus e primo rialzo delle transaminasi o comparsa delle positività per
anti-HCV, valutata con i saggi di terza generazione, è di 12 settimane. Tuttavia l’utilizzazione dei
saggi di prima generazione aveva messo in evidenza, nei precedenti studi, un intervallo fino a un anno. Pertanto si può ragionevolmente affermare, tenendo conto anche del contributo della variabilità
virale, che un nesso causale tra i due eventi può essere escluso dopo un intervallo temporale».
5
La Corte di Appello di Firenze con la sentenza 7-06-2000, in una causa di responsabilità ex art. 2043
c.c., in un caso in cui il paziente era stato trasfuso con 13 sacche di sangue di cui undici, secondo gli
accertamenti dei consulenti tecnici, contenevano sangue negativo ai test, mentre le altre due non erano
state annotate nella cartella clinica con l’indicazione dei numeri identificativi, sicché non era stato
possibile risalire all’identità dei donatori, è pervenuta a riconoscere il diritto al risarcimento del danno
da parte del paziente contagiato dal virus dell’epatite C.
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140
cesso stesso, hanno determinato modificazioni nei comportamenti sia delle CMO
che, soprattutto, delle Commissioni ASL, con il venir meno del principio base di
una normativa di solidarietà, quale è appunto la legge 210, del «in dubbio pro misero»6.
Ricordiamo, rinviando per un maggiore approfondimento al capitolo specifico,
che per quanto concerne l’HCV il test di prima generazione è stato messo a punto
nel 1989, quello di seconda generazione nel 1991 ed infine quello di terza generazione è disponibile dal 1995.
Riportiamo, per esemplificazione, un caso osservato nella realtà di un soggetto
che a 40 gg. dalla trasfusione ha avuto un episodio itterico acuto con aumento delle
transaminasi ecc. e con riscontro di positività per l’epa-tite B e C, peraltro gli esami
e i markers erano negativi in epoca immediatamente precedente all’episodio incriminato. Sulla base dell’informativa del Centro trasfusionale è emerso che le sacche
provenivano da donatori abituali che avevano continuato a donare negli anni successivi (alcuni interrompendo per raggiunti limiti di età). Uno solo di loro risultò
alla
dona
zione successiva positivo per l’epatite C ma non per quella B: su tale dato la CMO
ha riconosciuto la sola epatite C e non quella B7.
Mentre in un caso analogo, in cui uno dei donatori era un occasionale e di cui,
quindi, non si disponeva di informazioni successive, l’ufficio speciale 210 della
USL, non potendo escludere che i controlli effettuati all’atto della donazione fossero stati fatti nel cosiddetto periodo finestra, è pervenuto al riconoscimento di entrambe le patologie.
Naturalmente tale procedura risulta applicabile ai soli casi avvenuti successivamente all’entrata in vigore degli obblighi di controllo sul sangue da trasfondere.
Altro criterio da tenere in considerazione è quello «di esclusione di altre cause»,
criterio di assai difficile riscontro ma che trova la sua concretizzazione
nell’accertamento sullo stato anteriore del soggetto, ed in particolare sulla sua sieronegatività che può essere documentata sia dall’effettuazione di markers per
l’epatite che da prove indirette quali: esami ematochimici nella norma (ad esempio
all’ingresso in ospedale) senza eccedere nell’enfa-tizzazione di elementi come, ad
esempio, una epatopatia precedente (epatomegalia).
La dimostrazione di una origine «altra» del danno deve essere di certezza e non
deve limitarsi alla sola proposizione di elementi di dubbio.
Concluderei riportando quanto affermato, in tema di causalità, da Consigliere e
Braglia:
` in assenza di dati certi sul nesso di causalità tra la trasfusione e l’epato-patia si
può ricorrere ad un giudizio di presunzione basato sull’esclusione di altre cause, sulla compatibilità dello stadio della malattia con il contagio trasfusionale e su criteri di
probabilità statistica a
6
Il Tribunale di Bologna in una sua sentenza del 2003 così definisce il giudizio legge 210: «infatti, si
tratta di un giudizio di causalità meramente sanitario (in tal senso letteralmente l’art. 4 co. 1 L.
210/92), tenuto conto che viene formulato dalle commissioni istituite presso gli ospedali militari e
composte da ufficiali medici; è necessariamente sommario in quanto non conseguente ad accertamenti
approfonditi, quali quelli doverosi in un processo civile di cognizione ordinario ed ispirato a ragioni
di politica sanitaria e sociale; pertanto le sue risultanze non possono certo considerarsi sufficienti».
7
In senso analogo si muove la citata sentenza della Corte di Appello di Firenze del 7-06-2000. La
Corte ha ritenuto che la non annotazione nella cartella clinica dei numeri identificativi di due sacche
di sangue su 13 costituiva una lacuna, addebitabile esclusivamente alla struttura ospedaliera, da cui
desumere che il sangue non era stato adeguatamente controllato al momento delle trasfusioni ed il paziente contagiato dal virus dell’epatite C, si è visto riconoscere il risarcimento dei danni ex art. 2043
c.c.
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141
2. Nesso di causalità e decesso
Nel definire tale nesso i problemi che si deve porre il valutatore sono così riassumibili:
1) la causa di morte possedeva vis lesiva tale da portare a morte il soggetto anche
in assenza della epatopatia cronica o dell’infezione HIV?
2) la causa di morte possedeva una efficienza lesiva tale da produrre l’exitus con la
stessa velocità e la stessa progressione morbosa anche in un soggetto non affetto
da epatopatia cronica o da infezione da HIV?
3) l’epatopatia cronica o l’infezione HIV hanno limitato se non addirittura escluso i trattamenti atti ad evitare il decesso o almeno a procrastinarlo?
4) L’infezione da HCV in base ad un criterio epidemiologico-statistico può essere considerata ragionevolmente causa unica ed esclusiva o comunque concausa determinante nella genesi del decesso, pur in presenza di patologie gravi e
con efficienza lesiva sufficiente a determinare l’exitus?
Nel caso di risposte positive alle ultime due domande si deve pervenire a riconoscere il nesso.
3. Spunti giurisprudenziali
Corte d’Appello Roma, 23-10-2000
Per ritenere sussistente il nesso causale fra i danni lamentati da soggetti emofilici e politrasfusi che abbiano assunto emoderivati infetti da HIV e/o da epatite e
l’omesso esercizio da parte del Ministero della Sanità dei propri poteri di programmazione, vigilanza e controllo in materia di produzione, importazione e commercializzazione del sangue e dei suoi derivati può essere sufficiente l’acquisizione
in giudizio della documentazione sanitaria e dei verbali degli accertamenti medicolegali prodotti dalle commissioni medico-ospedaliere competenti, ex art. 4 legge n.
210 del 1992, ad esprimere il giudizio sanitario sull’esistenza del nesso causale fra
la trasfusione e/o la somministrazione di emoderivati ed il contagio da HIV e/o da
epatite nel soggetto ricevente, ovvero la circostanza che gli attori fossero soggetti
affetti da emofilia o talassemia o epatopatia e, in quanto tali, necessitati alle trasfusioni di sangue o all’assunzione di emoderivati senza che nei confronti di questi ultimi siano emersi, dalle analisi correlate, fatti o circostanze tali da avvalorare
l’ipotesi che l’infezione sia stata contratta in modo diverso.
Cass. civ., sez. Lavoro, 17-04-2004, n. 7341
9. ASPETTI MEDICO-LEGALI DELLA LEGGE 210/92
142
Qualora il giudice di merito fondi la sua decisione sulle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, facendole proprie, affinché i lamentati errori e le lacune
della consulenza determinino un vizio di motivazione della sentenza, è necessario
che essi si traducano in carenze o deficienze diagnostiche, o in affermazioni illogiche e scientificamente errate, o nell’o-missione degli accertamenti strumentali
dai quali non possa prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, non
essendo sufficiente la mera prospettazione di una semplice difformità tra le valutazioni del consulente e quella della parte circa l’entità e l’incidenza del dato patologico; al di fuori di tale ambito, la censura di difetto di motivazione costituisce
un mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico, che si traduce in una inammissibile richiesta di revisione del merito del convincimento del
giudice. (Nella specie, la Suprema Corte ha confermato la sentenza di merito che
aveva condiviso le conclusioni del CTU in ordine all’esistenza del nesso causale
tra la epatopatia di tipo C dalla quale era affetta l’attrice e le trasfusioni di sangue
subite, ritenendo che le contestazioni del ricorrente, relative al fatto che già in
precedenza l’attrice era affetta da epatite di tipo B, non spiegavano come la presenza della diversa affezione avrebbe potuto interrompere il nesso causale tra le
trasfusioni e l’epatite di tipo C).
Cass. civ., sez. Lavoro, 17-01-2005, n. 753
Ai fini del sorgere del diritto all’indennizzo previsto in favore di coloro che
presentino danni irreversibili derivanti da epatiti post-trasfusionali dall’art. 1,
comma terzo, della legge 25 febbraio 1992, n. 210, ovvero, in caso di morte del
danneggiato, in favore dei soggetti indicati nell’art. 2, comma terzo, della stessa
legge, la prova a carico dell’interessato ha ad oggetto, a seconda dei casi,
l’effettuazione della terapia trasfusionale, il verificarsi dei danni anzidetti o della
morte, e il nesso causale tra i primi e la seconda, da valutarsi secondo un criterio
di ragionevole probabilità scientifica. Una volta dimostrato tale nesso, si deve ritenere assolto l’onere probatorio incombente su chi pretenda il beneficio senza
che, in contrario, possa avere rilievo la presenza di un fatto successivo (nel caso
di specie, un trapianto), anch’esso probabilisticamente idoneo a determinare la
patologia, operando tale fatto come una causa dell’evento che, intervenendo dopo
il verificarsi della prima, non è idonea a toglierle rilievo, salvo che non risulti in
concreto provato che la prima causa, benché astrattamente idonea a provocare
l’evento pregiudizievole, non lo avesse in effetti determinato.
Cass. civ., sez. III, n. 6023/2001
L’individuazione del rapporto di causalità tra evento e l’ultimo fattore di una serie causale non esclude la rilevanza di quelli anteriori, che abbiano avuto come effetto di determinare la situazione su cui il successivo è venuto ad innestarsi, il limite alla configurazione del rapporto di causalità tra antecedente ed evento essendo
rappresentato solo dalla idoneità della causa successiva ad essere valutata, per la
sua eccezionalità rispetto al decorso causale innescato dal fattore remoto, come
causa sufficiente ed unica del danno. (Nell’enunciare il principio di cui in massima,
la Suprema Corte ha riconosciuto immune da censure la valutazione, contenuta nella sentenza impugnata, di sussistenza del nesso di causalità tra l’evento epatite derivante da trasfusione e un incidente stradale nel quale le lesioni prodotte avevano
9. ASPETTI MEDICO-LEGALI DELLA LEGGE 210/92
143
richiesto di eseguire sull’infortunato un intervento chirurgico, nel corso del quale,
appunto, si era fatto ricorso alle trasfusioni).
4. Tempestività della domanda
L’articolo 3, comma 1, come modificato dall’art. 9 della L. 238/97: prevede
che: «i soggetti interessati ad ottenere l’indennizzo di cui all’articolo 1, comma 1,
presentano alla USL competente le relative domande, indirizzate al Ministro della
Sanità, entro il termine perentorio di tre anni nel caso di vaccinazioni o di epatiti
post-trasfusionali o di dieci anni nei casi di infezioni da HIV. I termini decorrono
dal momento in cui, sulla base della documentazione di cui ai commi 2 e 3,
l’avente diritto risulti aver avuto conoscenza del danno».
Poiché la documentazione da allegare alla domanda di indennizzo, secondo
quanto riportato nei commi 2 e 3, è quella che conferma la data della vaccinazione,
della trasfusione o della somministrazione di emoderivati nonché le manifestazioni
cliniche conseguenti alla vaccinazione e l’enti-tà delle lesioni o dell’infermità da
cui è conseguita la menomazione permanente del soggetto, ne è derivata
l’equivalenza da parte del Ministero della Sanità tra notifica della patologia e accertamento del danno.
Non si è preso in considerazione che spesso il paziente non si rende conto della
patologia contratta, non capendo il significato delle analisi alle quali si è dovuto
sottoporre, anche perché non avverte ancora alcuna sintomatologia. Solo successivamente viene a conoscenza del danno, ossia quando la patologia comincia a dare
disturbi e sofferenze. Inoltre, non sempre a quel punto, dopo un lungo lasso di
tempo, il paziente è in grado di ricordare l’avvenuta trasfusione e di metterla in relazione con la patologia presente.
Sul punto Castrica e Bolino affermano: «i termini decorrono dal momento in
cui, sulla base della documentazione allegata, l’avente diritto risulti aver avuto
completa conoscenza del danno subito, intesa anche nella derivazione causale del
danno».
Lo stesso Ministero della Salute nel definire il ricorso presentato da una paziente sottoposta ad emotrasfusione nel 1978 e che si era visto negare il diritto
all’indennizzo in quanto la domanda presentata nel 2000 era stata giudicata intempestiva conclude che la domanda era stata prodotta nei termini di legge in quanto:
` nel decorso della malattia epatica sviluppata dalla ….. estrinsecatasi in un lungo
continuum temporale, la condizione di piena consapevolezza della gravità, della
permanenza ed irreversibilità del danno epatico si è avuta unicamente a partire dal
1997 quando sono cominciate ad aggiungersi manifestazioni extra-epatiche ma epatite-linked (interessamento articolare, sindrome sicca nonché cistopieliti recidivanti).
a
L’articolo 9 della legge 238/97 ha inserito il termine triennale per le epatiti
post-trasfusionali, dimenticate nel testo originario. Tuttavia la nuova stesura continua a far riferimento ai commi 2 e 3 dell’articolo 3 della legge 210/92 per individuare il momento di conoscenza del danno: tali commi si riferiscono esclusivamente ai casi di vaccinazione ed infezione da HIV. Continua, pertanto, a restare escluso il caso dell’epatite post-trasfusionale.
A questa ulteriore dimenticanza hanno sopperito le linee guida regionali ed interregionali, le quali indicano con precisione la documentazione da presentare nel
caso di epatite. Tuttavia, ci si chiede se sia legittimo, stricto iure, richiedere ulterio-
9. ASPETTI MEDICO-LEGALI DELLA LEGGE 210/92
144
re documentazione oltre a quella espressamente prevista dalla legge con elencazione, in apparenza, tassativa.
La legge prescrive la perentorietà dei termini di presentazione della domanda.
Il superamento di detti termini, per qualsivoglia motivo (anche per vizi della volontà o per temporanea incapacità di agire), comporta pertanto la decadenza del
soggetto dalla possibilità di esercitare il diritto.
La legge specifica che il termine decorre dal momento della conoscenza del
danno da parte dell’avente diritto, e non, ad esempio, da parte del suo legale rappresentante.
Ciò significherebbe che, nel caso di incapacità di intendere presente al momento
dell’insorgenza del danno, il termine non inizierà a decorrere fintantoché permarrà
l’incapacità di intendere.
Sulla base di quanto esposto è possibile sostenere che nel caso del minore, il
quale subisca un danno da vaccino o epatite post-trasfusionale, per il quale i genitori non abbiano presentato la domanda entro il termine triennale, debba essere accolta come tempestiva la domanda presentata dallo stesso soggetto, divenuto maggiorenne, anche se nel frattempo il termine triennale è trascorso.
Anche su questo tema riportiamo alcuni pronunciamenti giurisprudenziali.
Cass. civ., sez. III, 21-02-2003, n. 2645
Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno del soggetto che
assuma di aver contratto per contagio una malattia per fatto doloso o colposo di un
terzo inizia a decorrere, a norma dell’art. 2947 primo comma cod. civ., non dal
momento in cui il terzo determina la modificazione che produce danno all’altrui diritto o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, ma da quello in cui
essa viene percepita – o può essere percepita – quale danno ingiusto conseguente al
comportamento doloso o colposo di un terzo, usando l’ordinaria diligenza, tenuto
conto, altresì, della diffusione delle conoscenze scientifiche. Qualora invece non
sia conoscibile la causa del contagio, la prescrizione non può iniziare a decorrere,
poiché la malattia, sofferta come tragica fatalità non imputabile ad un terzo, non è
idonea in sé a concretizzare il fatto che l’art. 2947, primo comma c.c. individua
quale esordio della prescrizione.
Tribunale di Roma 8 gennaio 2003
Posto che il giorno della verificazione del fatto illecito quale dies a quo della
prescrizione del diritto di risarcimento del danno si identifica con quello in cui la
condotta illecita ha inciso nella sfera giuridica del danneggiato con effetti esteriorizzati e conoscibili – nel senso che la persona abbia avuto reale e concreta consapevolezza dell’esistenza e della gravità del danno – la prescrizione del diritto al
risarcimento del danno conseguente al contagio da HCV da parte di un soggetto,
che assuma di essere stato contagiato in occasione di una trasfusione, prende a
decorrere dal giorno in cui quest’ultimo ha ricevuto notizia, da parte delle commissioni mediche ospedaliere di cui alla legge 210/92, della certificazione relativa all’esistenza del nesso causale tra le trasfusioni o la somministrazione di emoderivati ed il contagio, non rilevando a tale fine, in mancanza di prova contraria,
la circostanza che, anteriormente a tale certificazione, il soggetto sia venuto a conoscenza di aver contratto il virus in esito ad accertamenti laboratoristici.
9. ASPETTI MEDICO-LEGALI DELLA LEGGE 210/92
145
5. Valutazione del danno
La legge 210/92 all’articolo 4 comma 4 prevede che:
` Nel verbale è espresso il giudizio di classificazione delle lesioni e delle infermità
secondo la tabella A annessa al testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, come sostituita dalla tabella A allegata al
decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1981, n. 8348 a
La tabella A annessa al d.p.r. elenca circa 200 menomazioni permanenti
dell’integrità fisica, suddivise in 8 categorie, in base alla decrescente riduzione della capacità lavorativa generica9.
Riportiamo la riduzione della capacità lavorativa, in rapporto alle varie categorie della tabella A, come definita dalla Corte dei Conti, Sez. II spec. Pens. Guerra
con la remota sentenza 53710 del 1960, ricordiamo che tale tabella di conversione
non può essere applicata alle più recenti tabelle valutative del danno biologico
INAIL.
Categoria di pensione
Riduzione capacità lavorativa generica
1° categoria
81% - 100%
2° categoria
76% - 80%
3° categoria
71% - 75%
4° categoria
61% - 70%
5° categoria
51% - 60%
6° categoria
41% - 50%
7° categoria
31%- 40%
8° categoria
21%- 30%
In tale tabella non sono previste le epatiti10 ma è possibile operare per analogia
8
Essendo escluso un qualsiasi riferimento alla tabella B, si dovrebbe dedurre che il legislatore abbia
voluto introdurre una franchigia superiore a quella prevista dalle norme che disciplinano le infermità
dipendenti da causa di servizio. Ma, soprattutto, come ben evidenziato dalla scarna letteratura, i rilievi
riguardano le difficoltà operative che la legge ha introdotto in tema di valutazione del danno
all’integrità psico-fisica facendo esplicito riferimento al parametro della cosiddetta capacità lavorativa
generica prevista dall’art. 2 d.p.r. 915/1978.
9
Per voci non espressamente previste nella tabella A la CMO si può avvalere, secondo una prassi
consolidata e confortata da numerose sentenze della Corte dei Conti di un criterio analogico, mutuando, ad esempio, il grado di invalidità previsto nelle tabelle di invalidità civile che prendono a riferimento la capacità lavorativa generica con qualche apertura verso quella attitudinale.
10
Il Consiglio Superiore di Sanità ha indicato quali sono i requisiti minimi per porre diagnosi di epatite cronica evolutiva:
HBV: Ipertransaminasemia e positività per l’HBV DNA; oppure Ipertransaminasemia e contemporanea positività per HBsAg associata con anti-HBc totali, con HBeAg e facoltativamente con anti HBc
di classe IgM a basso titolo. Il reperto HBeAg può essere sostituito con la presenza di un anti-HBe
9. ASPETTI MEDICO-LEGALI DELLA LEGGE 210/92
146
ed allora si potrà fare riferimento alle seguenti voci tabellari:
I categoria punto
22
tumori maligni a rapida evoluzione (per il cancro cirrosi)
II categoria
Punto
15
affezioni gastro-enteriche e delle ghiandole annesse
con grave
e permanente deperimento organico
VII categoria
punto
25
colecistite cronica con disfunzione epatica permanente
VIII categoria
punto
22
colecistite cronica o esiti di colecistectomia con persistente disepatismo
Su tale problematica il Comando del Corpo di Sanità dell’Esercito ha formulato
una proposta di ascrivibilità tabellare che appare utile riportare:
Epatite guarita senza danno anatomico e con parameNessuna categoria
tri di funzionalità
epatica nella norma
Epatite cronica persistente con valori di funzionalità epatica lievemente
o mediamente alterati
VIII categoria
Epatite cronica attiva, ad intensa, media o lieve attività
con valori
di funzionalità epatica alterati
Dalla VII alla V categoria
Epatite cronica attiva avanzata in iniziale evoluzione cirrogena,
senza segni di ipertensione portale
IV categoria
Cirrosi epatica con ipertensione portale
III e II categoria
Cirrosi epatica con segni di encefalopatia epatica e diI categoria
sturbi della personalità
Ricordiamo che alcune CMO tengono in considerazione, all’atto valutativo, anche le tabelle dell’invalidità civile dove è presente sia l’epatite cronica che la cirrosi epatica nelle loro diverse manifestazioni.
Ancor più si ricorre a tale valutazione tabellare dell’invalidità civile nei casi di
infezione da HIV in quanto la tabella A è antecedente alla scoperta del virus HIV e,
dunque, non vi è alcuna voce tabellare a cui ricorrere in modo analogico.
Riportiamo anche per l’infezione da virus HIV la proposta formulata dal comando del Corpo di Sanità dell’Esercito:
quando si trovi in causa una variante virale.
HDV: ipertransaminasemia e positività per anti HDV IgM oppure Ipertransaminasemia e positività
per anti DHV RNA oppure Ipertransaminasemia e contemporanea positività per HBsAG, per antiHBc, per anti HBe, per anti-HDV totali.
HCV: ipertransaminasemia e positività per HCV-RNA oppure Ipertransaminasemia e positività per
anti-HCV oppure Ipertransaminasemia e positività per anti-HCV (con qualsiasi profilo anticorpale
verso i vari Ag virali e positività per anti HCV IgM).
In ogni caso la ipertransaminasemia deve avere la durata di almeno un anno, come detto in precedenza».
9. ASPETTI MEDICO-LEGALI DELLA LEGGE 210/92
147
Portatore asintomatico anticorpo positivo senza deficit immunologico
(linfociti, CD4>500/mmcc)
VIII categoria
Immunodeficienza secondaria asintomatica con deficit immunologico
(linfociti CD4<500/mmcc)
VII categoria
Complesso correlato con la AIDS (A.R.C.)-linfoadenopatia generalizzata
persistente (LGP), perdita di peso inferiore al 15%, linfopenia,
leucopenia,
diarrea cronica, mughetto orale
VI categoria
Sindrome con deperimento (wasting syndrom) – perdita di pe- V categoria
so superiore
a 15%, candidosi, diarrea cronica
Malattia conclamata – con interessamento neurologico (mieloopatia,
neuropatie periferiche, ecc.)
IV categoria
Malattia conclamata – con infezioni opportunistiche, neoplasie secondarie
(sarcoma di Kaposi, linfoma non Hodgkin, linfoma primario del
cervello),
grave deficit immunologico (linfociti CD4<200/mmcc)
Dalla III alla
I categoria
A tale riguardo esistono diverse proposte di ascrivibilità alle tabelle di legge, alcune delle quali si basano sulla classificazione adottata dai Centers for disease
control di Atlanta; fra queste riportiamo quella ripresa e modificata da Umani Ronchi e Bolino e da Bargagna et al. 2001.
Stadio A1
Va esclusa dalla valutazione l’infezione o sindrome retrovirale
acuta in quanto espressione di un quadro clinico in rapida
evoluzione; per quanto concerne l’infezione cronica (malattia
asintomatica da HIV o LAS/PGL) la valutazione dovrà essere
basata soprattutto in relazione alla carica virale plasmatica
ed al cofattore età.
= VIII ctg
Stadio A2
La malattia è ancora in fase asintomatica, pur essendo la
prognosi peggiore in relazione al livello dei linfociti T CD4+ che
unitamente alla carica virale plasmatica, dovrà guidare
l’attribuzione percentuale. L’insieme degli accertamenti clinici
ed immunologi può aiutare nell’individuazione dei soggetti
cosiddetti long-term non progressors (con durata della fase asintomatica della malattia superiore ai 20 anni)
Stadio A3
Pur facendo parte lo stadio A3 della categoria dell’infezione
<VII ctg
9. ASPETTI MEDICO-LEGALI DELLA LEGGE 210/92
148
asintomatica o con LAP/PGL, il livello immunitario è così basso
da costituire fattore prognostico nettamente sfavorevole (negli USA a fini clinico-epidemiologici, viene incluso nella definizione di AIDS)
<VI ctg
segue
segue
Stadio B1-B2 e B3
Per lo stadio B la candidosi orale e la hairy leukoplakia sono
considerati marcatori prognostici sfavorevoli. La percentuale
va espressa sulla base della tipologia ed entità delle manifestazioni cliniche, con particolare riguardo ai sintomi costituzionali, oltre che ovviamente in relazione all’entità della deplezione dei linfociti T CD4+ (anche lo stadio B3 negli USA, a fini
clinico-epidemiologici, viene incluso nella definizione di AIDS)
<V-IV ctg
Stadi C1, C2 e C3
Configurano l’AIDS conclamata, motivo per cui la percentuale va espressa, oltre che in relazione all’entità della deplezione
dei linfociti T CD4+, sulla base della tipologia ed entità delle infezioni opportunistiche maggiori, delle neoplasie inusuali e della encefalopatia da HIV (AIDS-dementia complex); lo stadio
C3 configura la malattia sintomatica tardiva con presenza
delle infezioni opportunistiche maggiori e delle neoplasie correlate, tutte potenzialmente letali
<III-I ctg
Malattia da HIV avanzata
(CDC gruppo C, linfociti T CD4+ inferiori a 50/µl), è caratterizzata da un aumentato rischio di morte a breve termine con mediana di sopravvivenza che in genere non supera i 12 mesi
I ctg
Nel merito della diagnosi di menomazione da HCV disponiamo di un autorevole parere del Consiglio Superiore di Sanità Sessione XLII, Sezione II. Il Consiglio,
che nella seduta del 15 maggio 1996, rispondendo al quesito «chiarire se la sola
positività per HIV o HCV possa configurare la menomazione permanente
dell’integrità psicofisica» posto dall’Ufficio Speciale per l’attuazione della legge
210/92 del Ministero della Sanità, esprimeva le seguenti valutazioni: «l’infezione
da HIV [è] da considerare una patologia, sia a causa dell’ineluttabile progressione
della malattia verso l’AIDS conclamato, sia a causa della notorietà di tale conseguenza che può indurre nel soggetto HIV positivo asintomatico, alterazioni permanenti della sua integrità psico-fisica; la sola positività per HCV non configura tale
condizione a meno che non sia culminata nella patologia ‘epatite cronica’». Il Consiglio continuava definendo il danno epatico permanente come:
1. «aumento costante delle transaminasi in prelievi seriati mensili per un anno, con
una ecografia che dimostri disomogeneità»;
2. oppure «aumento costante delle transaminasi in prelievi seriati mensili per sei
mesi, con scintigrafia epatica che dimostri una aumentata captazione del lobo
epatico di sinistra e captazione splenica < 15%»;
9. ASPETTI MEDICO-LEGALI DELLA LEGGE 210/92
149
3. oppure «presenza nella biopsia epatica di una delle categorie istologiche menzionate sopra» (epatite cronica attiva, epatite cronica lobulare, epatite cronica
persistente).
Il Consiglio concludeva: «poiché motivi di invasività possono talora ostacolare
la richiesta della scintigrafia e/o della biopsia epatica, i requisiti minimi per porre
diagnosi di epatite cronica evolutiva sono i seguenti: [...]»
«HCV ipertransaminasemia e positività per HCV-RNA, oppure ipertransaminasemia e positività per anti-HCV, oppure ipertransaminasemia e positività
per anti-HCV (con qualsiasi profilo anticorpale verso i vari Ag virali e positività
per anti HCV IgM). In ogni caso la ipertransaminasemia deve avere la durata di
almeno un anno, come detto in precedenza».
Di seguito vengono riportate, per agevolare l’operato di valutazione medicolegale, diverse proposte valutative dei danni da epatite rinviando, per l’evoluzione
storica della valutazione medico-legale del danno da virus epatite, al contributo di
Marina Pastena in «Rassegna di Medicina Legale Previdenziale», n. 4/2000.
Sulla base di parametri clinici ed anatomopatologici Licciardello sintetizza il
seguente schema:
Epatite guarita senza danno anatomico e con PFE
nella norma
Nessuna categoria
Epatite cronica persistente con PFE lievemente altera- VIII Categoria
te
Epatite cronica attiva con PFE alterate
Dalla V alla VII Categoria
Epatite cronica attiva ad iniziale ev. cirrogena senza
ipertensione portale
IV Categoria
Cirrosi epatica o ipertensione portale
II- III Categoria
Cirrosi epatica con segni di encefalopatia e disturbi di I Categoria
personalità
Livelli di danno (da Altamura)
Attività lavorativa
a) Generica
b) Sedentaria (Kcal/ora/fino a 70)
c) Leggera (Kcal/ora/fino a 200)
d) Moderata (Kcal/ora/oltre a 200)
e) Pesante (Kcal/ora/fino a 300)
f) Molto pesante (Kcal/ora/oltre a
300)
I
II
III
IV
0-15
0-10
0-10
0-10
0-20
0-30
16-35
11-15
11-20
11-30
21-40
31-70
00-70
00-50
21-60
31-65
41-100
71-100
71-100
51-100
61-100
66-100
100
9. ASPETTI MEDICO-LEGALI DELLA LEGGE 210/92
150
Idoneità lavorativa
a) Sedentaria
b) Leggera
c) Moderata
d) Pesante
e) Molto pesante
sì
sì
sì
possibile
possibile
sì
sì
sì
possibile
no
sì
possibile
possibile
no
possibile
no
no
no
no
no
G.C. Bruno nel 1994, in rapporto alla valutazione del danno indennizzabile in
infortunistica privata e invalidità permanente da malattia, propone un metodo valutativo che si basa su alcuni parametri quali:
efficacia del trattamento terapeutico medico-chirurgico;
postumi anatomici e funzionali accertati con esami radiologici e/o endoscopici
e/o laboratoristici;
variazioni del peso corporeo in riferimento a quello teorico;
criteri clinici generali;
e perviene a definire due condizioni che determinano una invalidità inferiore al
25% o una superiore al 74%.
Condizioni che determinano una invalidità inferiore al 25% sono:
dati strumentali e laboratoristici indicativi di una epatopatia cronica non correlati a manifestazioni cliniche di insufficienza epatica;
non documentati precedenti episodi di ascite o di sanguinamento da varici del
tubo dirigente o di encefalopatia epatica;
postumi della malattia che non compromettono lo stato di nutrizione;
Condizioni che determinano una invalidità superiore al 74%:
sono presenti dati strumentali e laboratoristici indicativi di una epatopatia cronica evolutiva e/o di una importante insufficienza della funzionalità epatica;
sono documentati episodi, recidivanti e non controllabili da adeguate terapie di
ascite o di sanguinamento da varici del tubo digerente o di encefalopatia epatica;
lo stato di nutrizione è gravemente compromesso.
L’American Medical Association nel 1993 elabora una tabella suddivisa in classi crescenti:
classe 1
0-14%:
Evidenza obiettiva di malattia epatica persistente,
ma senza presenza di sintomi e senza storia di ascite,
ittero o sanguinamento di varici nel corso degli ultimi
3 anni; la nutrizione e la forza sono buone; minima alterazione biochimica della funzione epatica o iniziale
alterazione del metabolismo della bilirubina
all’accertamento biochimico;
classe 2
15-29%
Evidenza obiettiva di malattia epatica cronica senza
9. ASPETTI MEDICO-LEGALI DELLA LEGGE 210/92
151
sintomi di malattia epatica in assenza di storia di ascite, ittero e sanguinamento di varici nel corso degli ultimi 3 anni e nutrizione e forza valide e alterazioni
biochimiche più severe rispetto alla classe I al controllo biochimico
classe 3
classe 4
30-50%
Evidenza obiettiva di malattia epatica cronica progressiva o storia di ascite, ittero o sanguinamento di
varici nel corso dell’anno precedente e compromissione dello stato di nutrizione e della forza o encefalopatia epatica intermittente;
> 50%
Obiettiva evidenza di malattia epatica cronica
progressiva o persistente ascite, o ittero persistente
o sanguinamento di varici esofagee, con manifestazioni di insufficienza epatica a livello del sistema
nervoso centrale e stato di nutrizione scadente.
Cittadini (1995) nella sua guida alla valutazione del danno biologico, dopo aver
sottolineato la difficoltà di dare il giusto peso al parametro terapia, prevede:
Epatiti persistenti
non incidono sulla capacità di lavoro
del soggetto
Epatiti croniche attive senza cirrosi
20-30%
Cirrosi epatiche non complicate
31-50%
Cirrosi epatiche complicate
60%
Esiti di trapianto del fegato
60%
Nel 1996 Olivero-Pastena-Valobra-Cimino hanno pubblicato dei criteri valutativi differenziati in funzione della disponibilità o meno dell’esame bioptico:
1) basata sui criteri istopatologici
epatite cronica a lieve attività senza fibrosi
10-20%
epatite cronica a lieve attività con fibrosi
15-25%
epatite cronica a moderata attività senza fibrosi
25-35%
epatite cronica a moderata attività con fibrosi
30-40%
epatite cronica ad intensa attività senza fibrosi
35-45%
epatite cronica ad intensa attività con fibrosi
45-60%
cirrosi epatica
>50%
2) in mancanza dell’esame bioptico
epatite cronica con lieve alterazione dei parametri bioumorali,
sintomatologia
assente o assai modesta e non rilevanti alterazioni del parenchima epatico all’ecografia
<25%
9. ASPETTI MEDICO-LEGALI DELLA LEGGE 210/92
152
epatite cronica con più rilevanti alterazioni dei parametri bioumorali e/o segni
di fibrosi all’ecografia
cirrosi
25-60%
>50%
Luvoni e coll., nella loro ultima versione della Guida alla valutazione del danno
biologico del 2002, propongono per la responsabilità civile:
le alterazioni epatiche di origine infettiva (rappresentate essenzialmente dalle
epatiti virali da trasfusione di sangue) possono evolvere verso forme di epatite
cronica persistente: 20-25%;
oppure verso forme di epatite cronica attiva ad evoluzione cirrogena più o meno
accentuata: Orientativamente:
– casi con test enzimatici e sieroproteici mediamente alterati e con bilirubinemia lievemente aumentata: 30-40%;
– casi con test enzimatici e sieroproteici notevolmente alterati e con bilirubinemia mediamente aumentata: 50-60%;
– coesistenza di conclamata cirrosi con alterazioni della protrombinemia, ipertensione portale, aumento della bilirubinemia: 80%.
Le tabelle dell’invalidità civile emanate con il decreto del Ministero della Sanità
del 5-02-1992: prendono in esame le affezioni dell’apparato digerente con chiare
indicazioni metodologiche per la valutazione dei deficit funzionali in base alla gravità, identificando nella prima parte quattro classi di compromissione funzionale11:
I Classe: la malattia determina alterazioni lievi della funzione tali da provocare disturbi dolorosi saltuari, trattamento medicamentoso non continuativo e stabilizzazione del peso corporeo convenzionale sui valori ottimali. In caso di trattamento
chirurgico non debbano essere residuati disturbi funzionali o disordini del transito.
II Classe: La malattia determina alterazioni funzionari causa di disturbi dolorosi
non continui, trattamento medicamentoso non continuativo, perdita del peso sino al
10% dei valore convenzionale, saltuari disordini del transito intestinale.
III Classe: Si ha alterazione grave della funzione digestiva, con disturbi dolorosi
molto frequenti, trattamento medicamentoso continuato e dieta costante; perdita di
peso tra il 10 ed il 20% del valore convenzionale, eventuale anemia e presenza di
apprezzabili disordini del transito. Apprezzabili le ripercussioni socio-lavorative.
IV Classe: Alterazioni gravissime della funzione digestiva, con disturbi dolorosi e
trattamento medicamentoso continuativo ma non completamente efficace, perdita
di peso superiore al 20% del convenzionale, anemia, gravi e costanti disordini del
transito intestinale. Significative le limitazioni in ambito socio-lavorativo.
11
Le tabelle sono divise in cinque parti. Nella prima parte vengono precisate le metodologie per
l’accertamento dell’infermità, l’individuazione dei deficit funzionali e la valutazione percentuale cui
le Commissioni Mediche debbono attenersi, in riferimento alla capacità di lavoro generica. Valutazione che può essere incrementata o ridotta fino a cinque punti percentuali, a seconda delle ripercussioni sulla capacità lavorativa semispecifica o specifica. Nella seconda parte vengono prese in esame
le affezioni dei differenti apparati. La terza parte contiene le tabelle ordinate in fasce e per apparati.
Nella quarta parte sono stabiliti i criteri per la determinazione delle potenzialità lavorative in base ai
criteri elaborati dall’OMS, ed infine nella quinta parte sono fissati i criteri per la determinazione delle
attività lavorative, suddivise in 6 categorie secondo i livelli di limitazione crescente.
9. ASPETTI MEDICO-LEGALI DELLA LEGGE 210/92
153
Patologia
min.
max.
fisso
Cirrosi epatica con disturbi della personalità
(encefalopatia epatica intermittente)
0
0
95
Cirrosi epatica con ipertensione portale
71
80
0
Epatite cronica attiva
0
0
51
Epatite cronica attiva autoimmune
0
0
70
Epatite cronica attiva nell’infanzia
71
80
0
Lobectomia epatica destra
0
0
35
Vinci e coll. nel 1997, basandosi sui parametri di più facile utilizzazione, pervengono ad una classificazione in classi dell’epatopatia cronica attiva:
Parametro
Classe I
Classe II
Classe III
Classe IV
Epatomegalia
(ecocampionata)
Fino a 2 cm
Fino a 5 cm
Fino a 10 cm
> 10 cm
Transaminasemia
Normali o
fino 2-3 volte
la norma
Normali o
3-5 volte
la norma
Bilirubinemia
1-2 mg/dl
2-4 mg/dl
γGT
Normale o
fino 2 volte
la norma
fino a 2-3
volte la norma
Tempo di protrombina
100%
70-100%
50-70%
<50%
Biopsia
ECP
EC moderatamente attiva
ECA
ECA in evoluzione cirrogena
11-18%
19-25%
26-33%
33-40%
Danno biologico
oltre 5
volte
da 5 a 10
volte
4-6 mg/dl
> 6 mg/dl
oltre 3 volte
la norma
oltre 3 volte
la norma
Pastena, poi, nel 2000 propone valutazioni differenziate:
Valutazione su base istopatologica
Epatite cronica a lieve/moderata attività, senza fibrosi
10-15%
Epatite cronica a lieve attività con fibrosi
15-25%
Epatite cronica a moderata attività, con fibrosi
20-40%
Epatite cronica ad intensa attività, senza fibrosi
20-30%
Epatite cronica ad intensa attività, con fibrosi
30-50%
9. ASPETTI MEDICO-LEGALI DELLA LEGGE 210/92
154
Cirrosi epatica
>50%
Per la cirrosi complicata da ipertensione portale con ascite o varici esofagee a
rischio di sanguinamento e da encefalopatia epatica, la valutazione sarà certamente
uguale o superiore al 75%.
Valutazione clinico-funzionale
Epatite cronica con lieve alterazione dei parametri bioumorali,
sintomatologia assente o assai modesta e non rilevanti alterazioni del parenchima epatico all’ecografia (assenza di fibrosi, sovvertimento strutturale, ipertensione portale/splenomegalia)
<15%
Epatite cronica con rilevanti alterazioni dei parametri bioumorali,
o alterazioni modeste ma segni di fibrosi/sovvertimento strutturale all’ecografia (non presenza di segni di ipertensione portale/splenomegalia), sintomatologia presente ed obiettivabile
15-25%
Epatite cronica con rilevanti alterazioni dei parametri bioumorali,
segni di fibrosi/sovvertimento strutturale all’ecografia e/o presenza di segni di ipertensione portale/splenomegalia, sintomatologia presente ed obiettivabile
26-60%
Cirrosi (diagnosticata mediante esame clinico/esami ematochi>50%
mici ed ecotomografia addominale)
Inoltre, nello stesso studio, la Pastena perviene a definire, sulla base del parametro della riduzione della capacità lavorativa in occupazioni confacenti, di cui alla
legge 222/1984, una tabella indicativa di riferimento, che si rapporta all’attività lavorativa consona all’assicurato INPS.
Valutazione istopatologica
Epatite cronica lieve/moderata attività senza fibrosi
Non invalido
10-15%
Non inabile
Epatite cronica lieve/moderata attività con fibrosi 1540%
Epatite cronica ad intensa attività senza fibrosi 20-30%
Epatite cronica ad intensa attività con fibrosi 40-67%
Cirrosi epatica >50%
Non invalido/invalido
Non inabile
Cirrosi epatica scompensata >67%
Invalido
Inabile/non inabile
Non spetta/spetta
ass. di accomp
Valutazione clinico-funzionale
Epatite cronica con lieve alterazione dei parametri
bioumorali, sintomatologia assente o assai modesta e
non rilevanti alterazioni del parenchima epatico
all’ecografia, assenza di splenomegalia/ipertensione
portale >25%
Non-invalido
9. ASPETTI MEDICO-LEGALI DELLA LEGGE 210/92
155
Epatite cronica con rilevanti alterazioni dei parametri
bioumorali, sintomatologia presente, segni di fibrosi/sovvertimento strutturale e/o splenomegalia/ipertensione portale all’ecografia 25-67%
Noninvalido/invalido
Non-inabile
Cirrosi epatica non scompensata 50-67%
Noninvalido/invalido
Non-inabile
Cirrosi epatica scompensata 67-100%
Invalido
Noninabile/inabile
Non-spetta/spetta
ass. di accomp.
Bargagna e coll. propongono, nel 2001, una valutazione del danno biologico basata sulla suddivisione in 4 classi di danno 12:
Classe I
Rientrano in questa classe i danni epatici di lieve entità, caratterizzati da assenza di segni clinici di insufficienza epatica (eccettuato l’astenia), con minime alterazioni degli indici di funzionalità epatica (es.valori di
γGT, transaminasi normali o fino a due volte la norma,
epatomegalia evidenziata ecograficamente inferiore
a 2 cm, assenza di splenomegalia e di alterazioni del
calibro della vena porta, minima epatite cronica
all’esame bioptico, grading 1-3). Per quanto attiene
alle forme virali, in particolare per quelle HCV correlate, in situazioni di quiescenza, caratterizzate da assenza di esame bioptico o biopsia priva di elementi di
epatopatia, HCV-RNA negativo, protidogramma ed
ecografia nella norma, transaminasi nella norma o con
qualche sfumato rialzo, si dovrà esprimere un giudizio
di assenza di postumi permanenti o per lo meno collocare la menomazione ai limiti inferiori della fascia, nei
casi di rialzo apprezzabile delle transaminasi (sino al
doppio dei valori normali) e HCV-RNA positività, la collocazione sarà ai limiti superiori alla fascia.
12
<10%
Per completezza segnaliamo la proposta della Commissione ministeriale riguardante la Tabella delle menomazioni prevista dall’art. 138, del d.lgs. 7 settembre 2005 n. 209 (responsabilità civile):
Infezione cronica da HCV (RNA+) senza evidenze laboristiche di danno epatico correlato
10
Infezione cronica da HCV (RNA+) con evidenza di lieve epatopatia cronica persistente
10-15
Epatopatia cronica con evidenza bioetica (ove disponibile) di epatite cronica di grado mo- 16-35
derato, astenia, alterazione delle transaminasi e della γGT con modesta piastrinopenia, ma
senza episodi di ascite e/o di encefalopatia né varici esofagee
Epatopatia cronica con evidenza bioetica (ove disponibile) di epatite cronica severa fino 36-60
alla cirrosi, astenia, splenomegalia, alterazione marcata delle transaminasi e della γGT, alterazione dei fattori della coagulazione e uno o due episodi anamnestici di ascite e/o encefalopatia
Epatopatia cronica con cirrosi epatica con manifestazioni cliniche maggiori quali:
> 60
ascite, ittero, encefalopatia cronica, epidosi di emorragie digestive, calo ponderale > 20%
9. ASPETTI MEDICO-LEGALI DELLA LEGGE 210/92
156
Classe II
In questa classe le manifestazioni cliniche si caratterizzano per la presenza costante di astenia e per la possibile insorgenza di subittero, eritema palmare, nevi spider in assenza di ginecomastia, ascite e reticolo venoso
addominale, con encefalopatia al massimo presente a
livello subclinico. I valori di γGT e transaminasi possono
essere normali o superiori sino a 3-5 volte la norma con
possibile piastrinopenia, all’esame ecografici epatomegalia compresa tra 3 e 5 cm, modesta splenomegalia (inferiore a 12 cm, epatite cronica di grado moderato; grading 4-8)
11-40%
Classe III A livello clinico in questa classe, rispetto a quella precedente, vi è frequente presenza di subittero e nevi
spider e possibilità di ginecomastia ed ascite con evidenza di reticolo venoso addominale, encefalopatia
caratterizzata da flapping positivo. Gli indici di laboratorio sono costantemente e significativamente alterati
(transaminasi e γGT superiori a 5 volte la norma, possibile piastrinopenia, PT 50-70%, possibile aumento
dell’ammoniemia, albuminemia attorno a 2,5-3g/dl, bilirubinemia 4-6mg/dl). All’ecografia vi è evidenza di
marcata epatomegalia (5-10 cm) e splenomegalia
(>12 cm), con dilatazione della vena porta (>12 cm).
All’esame bioptico epatite cronica severa; grading 912.
40-60%
Classe
IV
Rientra in questa classe il livello di maggior gravità del
danno epatico. Sono i casi di cirrosi con complicanze e
manifestazioni cliniche maggiori (ittero, ascite, emorragie digestive, encefalopatia epatica, calo ponderale
>del 20% del peso ottimale, etc). Gli indicatori di laboratorio sono marcatamente alterati con valori di transaminasi e γGT superiori anche dieci volte la norma,
ammoniemia frequentemente aumentata, piastrinopenia frequente, PT<50%, bilirubina oltre 6mg/dl, albuminemia inferiore a 2,5 mg/dl. All’ecografia vi è evidenza
di marcata epatomegalia (oltre 10 cm) e splenomegalia (>12 cm con possibilità di circoli collaterali). Grading
13-18.
>60%
Riportiamo infine le valutazioni previste dalla Tabella per la valutazione delle
menomazioni permanenti da infortunio e da malattia professionale, di cui al decreto
ministeriale 12 luglio 2000:
Voce
Menomazioni
%
9. ASPETTI MEDICO-LEGALI DELLA LEGGE 210/92
157
61
Epatite cronica con alterazioni morfologiche ecografiche e cliniche di lieve entità, modifiche modeste
degli indici bioumorali, assenza di fibrosi
Fino a 8
62
Epatite cronica con segni di moderata fibrosi, alterazione costante degli indici bioumorali di necrosi e funzionalità, epatomegalia
Fino a 25
63
Epatite cronica con segni di discreta attività, alterazione costante degli indici bioumorali di necrosi e funzionalità, splenomegalia; a seconda anche della positività HBV o HCV in caso di genesi virale
Fino a 45
64
Epatite cronica con segni di ascite conclamata ma
controllabile con trattamento medico-dietetico, a seconda del grado di encefalopatia
Fino a 60
65
Epatite cronica con segni di ascite scompensata, difficilmente controllabile con terapia medico-dietetica,
a seconda delle complicanze comparse e soprattutto
del grado di encefalopatia
> 60
102
Infezione cronica da HIV in asintomatico o con linfoadenopatia generalizzata persistente (PGL), con linfociti T CD4+ >500/mm3, a seconda della carica virale
plasmatici
Fino a 16
103
Infezione cronica da HIV in asintomatico o con linfoadenopatia generalizzata persistente (PGL), in trattamento, con linfociti T CD4+ compresi tra 200 e 500/
mm3,
Fino a 30
104
Infezione cronica da HIV in asintomatico o con linfoadenopatia generalizzata persistente (PGL), in trattamento, con linfociti T CD4+ <200/ mm3,
Fino a 45
105
Infezione cronica da HIV in sintomatico, in stadio iniziale, con linfociti T CD4+ >500/ mm3, a seconda della
natura e della gravità delle patologie opportunistiche
Fino a 25
106
Infezione cronica da HIV in sintomatico, in stadio intermedio, con linfociti T CD4+ compresi tra 200 e 500/
mm3, a seconda della natura e della gravità delle patologie opportunistiche
Fino a 40
107
Infezione cronica da HIV in sintomatico, in stadio avanzato, con linfociti T CD4+ <200/ mm3, a seconda
della natura e della gravità delle patologie opportunistiche
Fino a 80
108
Infezione cronica da HIV in stadio tardivo, con linfociti
T CD4+ > 50/ mm3, a seconda della natura e della
gravità delle patologie opportunistiche
> 80
Rispetto alla valutazione espressa in ambito INAIL, riportiamo quanto scrive il
9. ASPETTI MEDICO-LEGALI DELLA LEGGE 210/92
158
Francavilla:
` le note cliniche riportate dai codici 61 e seguenti del d.lgs. 38/2000 sono di non
univoca interpretazione per via dell’uso di aggettivi qualificativi (lieve, modesta) affidati alla soggettività dell’ecografista e dello specialista epatologo. Per non parlare
della fibrosi che è un dato solo istologico. Per questa serie di motivi ritengo ottimale
la valutazione effettuata sulla scorta dell’esame istologico. Questo riporta due parametri oggettivi: il grading e lo staging 13. Il primo è legato alla necro-infiammazione,
il secondo alla fibrosi. Il primo è suscettibile di variazioni temporali o terapeutiche,
il secondo è più stabile. Ambedue vengono valutati con uno score di 4 stadi, in progressione di gravità da 1 a 4. Possiamo mettere a punto una correlazione tra lo stadio
e le stratificazione del d.lgs. 38/2000 che prevede:
stadio 1: epatite minima da 8 a 15%;
stadio 2: epatite lieve da 16 a 24%;
stadio 3: epatite moderata da 25 a 44%;
stadio 4: epatite severa ovvero cirrosi istologica, senza segni clinici quali ascite,
encefalopatia, leucopiastrinopatia, varici esofagee da 45 a 60%.
Cirrosi epatica scompensata: >60% senza distinguere in sottogruppi in quanto clinicamente le condizioni evolvono naturalmente in peius a
Particolare attenzione va posta, in ambito valutativo, alle nuove possibilità terapeutiche dell’epatite C, sapendo che i pazienti vengono trattati a partire dalla fine
del secondo o terzo mese, se mostrano elevata citolisi e viremia positiva, con interferone in monoterapia per 3 mesi con ottimi risultati. La guarigione spontanea avviene nel 30% dei casi, la guarigione col trattamento avviene nel 90% dei casi.
Nel caso di mancata normalizzazione delle transaminasi e mancata negativizzazione dell’HCV-RNA dopo sei mesi dall’esordio siamo di fronte ad una epatite
cronica C.
Da un punto di vista medico-legale, si concorda con quanti affermano che, anche in presenza della guarigione clinica e virologica, sussiste un danno biologico
meritevole di riconoscimento, in quanto il virus rimane a costituire un serbatoio a
livello dei linfociti, dei linfonodi e della milza, da dove può riprendere a replicarsi
in occasione di eventi di grave immunosop-pressione (es. chemioterapia antiblastica). Francavilla propone una valutazione per questa fattispecie pari all’8% di danno
biologico.
La valutazione medico-legale dei postumi andrà fatta a stabilizzazione del danno, con tutti i limite che tale termine assume nella fattispecie in esame come evidenziato prima da Francavilla e questo, stante la non previsione di una rivedibilità
del giudizio diagnostico della CMO, può tradursi in un giudizio estremamente cauto quando le Commissioni sono chiamate a valutare pazienti non ancora trattati.
Ribadiamo che particolare attenzione va posta alla terapia pregressa ed attuale,
con attenzione ad eventuali controindicazioni ed effetti iatrogeni.
Ma certamente la valutazione medico-legale sulla avvenuta guarigione clinica,
in ambito della legge 210, pone minori difficoltà stante che la normativa, vedi paragrafo specifico, preveda l’istituto dell’aggravamento non contemplato in altri
ambiti (ad es. in responsabilità civile).
Concordiamo con Bonziglia quando afferma: «per il medico legale sarà possibi-
13
L’epatite cronica viene distinta in funzione del:
grading: presenza di necrosi e di infiammazione;
staging: presenza di fibrosi e segni di sovvertimento strutturale.
9. ASPETTI MEDICO-LEGALI DELLA LEGGE 210/92
159
le determinare una data di stabilizzazione in uno qualsiasi degli stadi evolutivi della
malattia, a partire dal momento in cui le condizioni cliniche del soggetto appaiono
immutate da circa un anno»; sapendo che la stabilizzazione è condizionata, non solo dallo stadio evolutivo della malattia, ma anche da altri criteri, quali il trattamento
ed i suoi risultati, l’assenza di trattamento e le ragioni per le quali non lo si è potuto
effettuare.
6. Aggravamento
Anche per l’aggravamento i termini prescrizionali, che nel caso in specie sono
di 6 mesi, decorrono dal momento della diagnosi intendendo con questo termine
l’evidenziazione di uno specifico peggioramento/aggrava-mento del proprio stato
di salute; si ritiene che tale aggravamento debba coincidere con una modificazione
diagnostica.
Una volta ottenuto il riconoscimento del nesso di causalità, l’interessato può
presentare domande di aggravamento senza limite temporale né di numero.
Ricordiamo che le domande di aggravamento prevedono lo stesso iter della
prima domanda e cioè richiesta al Ministero della Sanità tramite la ASL territorialmente competente.
Come indicano le Linee Guida Interregionali per l’applicazione della legge
210/92: «la domanda di aggravamento può essere presentata anche nel caso in cui
la Commissione Medico-Ospedaliera (CMO) pur riconoscendo il nesso di causalità, abbia ritenuto la patologia non ascrivibile».
7. Indennizzo e altre prestazioni
assistenziali e previdenziali
L’indennizzo, previsto dalla legge 210, è compatibile e cumulabile con le altre
prestazioni previste dalla normativa assistenziale e previdenziale, come riassunto
nello schema sottostante:
Prestazione
compatibile
cumulabile
Indennizzo INAIL in capitale o in rendita
Si
Si
Equo indennizzo
Si
Si
Assegno di invalidità o pensione di inabilità INPS (legge 222/84)
Si
Si
Invalidità civile
Si
Si
Inabilità ai sensi legge 335
Si
Si
8. Indennizzo dell’epatite insorta
negli operatori sanitari
9. ASPETTI MEDICO-LEGALI DELLA LEGGE 210/92
160
Con la sentenza 476/2002 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’ille-gittimità
«dell’art. 1 comma 3 della legge 25 febbraio 1992 n. 210 nella parte in cui non prevede che i benefici previsti dalla legge stessa spettino anche agli operatori sanitari,
che in occasione del servizio e durante il medesimo, abbiano riportato danni permanenti all’integrità psico-fisica conseguenti a infezione contratta a seguito di contatto con sangue e suoi derivati provenienti da soggetti affetti da epatite».
La formulazione di tale sentenza permette di sostenere che l’indennizzo è dovuto secondo i medesimi criteri che regolano la tutela INAIL e quella di causa di servizio14.
Gli operatori sanitari, come dimostrano i diversi studi di cui si dà parziale sintesi in nota, sono una popolazione lavorativa che presenta un rischio professionale di
contrarre la malattia senza che in molti casi sia possibile riferire l’evento ad un
momento infettante ben preciso.
Tematica ripresa da diverse sentenze della Cassazione; ne citiamo solo due che
ci paiono assai esemplificative:
Cass. civ., sez. Lavoro, 13-03-1992, n. 3090
` Causa violenta di infortunio sul lavoro è anche l’azione di fattori microbici o virali che, penetrando nell’organismo umano, ne determinano l’altera-zione
dell’equilibrio anatomico-fisiologico, sempreché tale azione – pur se i suoi effetti si
manifestino dopo un certo tempo – risulti, anche con il ricorso a presunzioni semplici, in rapporto con lo svolgimento della attività lavorativa. (Nella specie, la S.C. ha
cassato la sentenza impugnata, con cui era stata esclusa la configurabilità di un infortunio sul lavoro in relazione all’epatite virale contratta da un infermiere, rilevando che la mancata individuazione di un preciso evento lesivo non era sufficiente ad
escludere tale presupposto, accertabile anche con il ricorso a presunzioni semplici)
a
14
Il Ministero del lavoro francese stima che nel 2003 il 15% dei lavoratori fosse esposta ad agenti
biologici.
La maggior parte di questi esposti lavora nel settore della sanità e dei servizi sociali ed il dato è sottostimato in quanto l’indagine non introduce nella popolazione di studio il personale medico ed i ricercatori pubblici.
Per quanto riguarda il settore della sanità le figure professionali più esposte, secondo lo studio francese, sono il personale addetto ai servizi (quali addetti alle ambulanze, assistenti dei servizi materni) e le
professioni intermedie della sanità quali infermieri e personale paramedico, a determinare il rischio
intervengono anche fattori quali lo stato di agitazione del paziente, lo stato delle vene, i problemi legati al numero degli effettivi.
Secondo il sistema di registrazione dei contagi professionali francesi i servizi in cui è più elevato il rischio sono: servizi di emodialisi, di gastroenterologia, di urgenza, di chirurgia, di nefrologia, di psichiatria e di geriatria.
Lo studio SIROH (Studio Italiano sul rischio occupazionale da HIV) evidenzia che gli infermieri professionali costituiscono il 66% degli operatori interessati, seguiti dai medici (9%) e dalla altre categorie professionali (25%).In generale la prevalenza delle infezioni da HBV e HCV nel personale sanitario è, in media, del 2% per HBsAg e HCV. L’INAIL nelle sue linee guida per la trattazione dei casi di
malattie infettive e parassitarie fornisce un elenco non tassativo delle figure professionali a contatto
per motivi professionali:
personale sanitario e parasanitario che svolge effettiva attività clinica;
personale addetto alla manipolazione di sangue, liquidi biologici e componenti tissutali per
accertamenti e/o ricerche di laboratorio o autoptiche;
personale addetto alla pulizia di strumenti e biancheria inquinati da sangue, liquidi biologici e
componenti tissutali;
personale addetto al rigoverno di ambienti inquinati da sangue, liquidi biologici e componenti
tissutali.
9. ASPETTI MEDICO-LEGALI DELLA LEGGE 210/92
161
Cass. civ., sez. Lavoro, 27-06-1998, n. 6390
` Causa violenta da infortunio ai sensi dell’art. 2 del d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124
è da considerarsi anche l’azione di fattori microbici o virali che penetrando
nell’organismo umano ne determinano l’alterazione dell’equilibrio anatomicofisiologico, sempreché tale azione pur se i suoi effetti si manifestino dopo un certo
tempo sia in rapporto (accertabile anche con ricorso a presunzioni semplici) con lo
svolgimento dell’attività lavorativa. (Fattispecie relativa ad epatite virale contratta a
causa della sua attività da un primario ospedaliero di reparto trasfusionale) a
Gli elementi da tenere in considerazione nella determinazione del rischio da epatite sono:
percentuale di soggetti ricoverati che sono positivi;
probabilità per un sanitario di riportare una puntura di ago o altre ferite della
cute;
probabilità di contaminazione con sangue o materiale biologico del paziente
infetto;
vulnerabilità dell’operatore sanitario (pregressa infezione, profilassi vaccinale).
Le sentenze sopra citate hanno introdotto il principio del riconoscimento
dell’origine professionale dell’infortunio da causa virulenta anche nei casi in cui il
lavoratore non sia in grado di dimostrare l’episodio specifico di penetrazione del
virus nell’organismo (non è mai stato denunciato un episodio di puntura ecc.) sulla
base del criterio della presunzione semplice: «perché si abbia una presunzione giuridicamente valida non occorre che i fatti su cui essa si fonda siano tali da far apparire l’esistenza del fatto ignoto come l’unica conseguenza possibile del fatto noto,
bastando che il primo possa essere desunto dal secondo come conseguenza ragionevole possibile e verosimile secondo un criterio di normalità».
Fucci afferma su questo punto che: «la presunzione semplice si traduce in termini medico-legali nella verifica del nesso causale fondato essenzialmente sulla
presunzione di rischio, cioè sulla presunzione di elevata concentrazione di rischio
lavorativo rispetto a condizioni extraprofessionali. È con tale finalità che viene analizzata la mansione specifica svolta e la probabilità generale di contrarre in conseguenza di questa l’infezione».
Su questo tema riprendiamo anche quanto affermato dall’Istituto assicuratore
nelle sue Linee Guida per la trattazione dei casi di malattie infettive e parassitarie
(1999):
a. Il criterio della presunzione semplice non si applica nei casi in cui l’in-cidente
lesivo potenzialmente contagiante è denunciato all’INAIL a ridosso o a breve
distanza dal suo accadimento. In questa ipotesi, infatti, è possibile per l’Istituto
effettuare tutte le necessarie indagini per verificare la ricorrenza sia
dell’occasione di lavoro sia del nesso di causalità con la patologia già insorta o
che dovesse insorgere, indagini oggi agevolate dalla disciplina introdotta in materia di rischio biologico dalla recente normativa prevenzionale 15.
15
Nel caso di infortunio sul lavoro gli operatori sieronegativi al momento dell’esposizione devono essere rivalutati per verificare se si è verificata o meno l’infezione dopo:
6 settimane
3 mesi;
9. ASPETTI MEDICO-LEGALI DELLA LEGGE 210/92
162
b. Invece, quando l’assicurato denuncia la patologia collegandola a uno o più documentati eventi lesivi subiti in passato e, a causa del tempo trascorso, non sia
possibile reperire riscontri oggettivi della natura contagiante di quegli eventi, si
deve ricorrere al criterio presuntivo.
c. Sulla base dei principi affermati dalla Corte di Cassazione, ma anche per evidenti ragioni analogiche e per evitare immotivate disparità di trattamento, la
presunzione semplice va applicata pure ai casi in cui l’assi-curato denuncia la
patologia ricollegandola alla sua attività professionale senza indicare – o pur indicandoli senza essere in grado di documentare – specifici episodi contagianti».
Concludiamo ricordando che, nel caso di lavoratori che abbiano contratto una
delle patologie oggetto di tutela ad opera della legge 210, la domanda di riconoscimento dell’indennizzo debba essere presentata, ai fini della tempestività, contestualmente alla richiesta di riconoscimento all’INAIL o all’Amministrazione di appartenenza.
6 mesi
1 anno.
In caso di un infortunio (puntura, taglio ecc.) il lavoratore deve rivolgersi alle strutture aziendali deputate per la valutazione dell’infortunio: Pronto Soccorso per denuncia INAIL e profilassi per infezione HBV e Settore prevenzione con compilazione della scheda analitica di infortunio e prelievo per
ricerca HBsAg, HBsAb, Anti HCV, Anti HIV (vedi circolare INAIL del 1993).
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