rivista di architettura e arti del progetto luglio/agosto 2014
Italia € 12,00 Canada CAD 39.95/Germany € 24.80/UK GBP 19.50/Greece € 22.00/Portugal € 22.00/Spain € 22.00/Switzerland CHF 30,00/USA $ 40.95/Belgium € 22,00
135
Rivista Bimestrale/Poste Italiane SpA - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv.27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 1, DCB Bologna
grafts
David Closes / maast architectes / Marion Bernard / Elio Di Franco / Cleaa Claudio Lucchin & architetti associati /
Archea Associati / Dorte Mandrup Architekter / SPEECH Tchoban & Kuznetsov / Nieto Sobejano Arquitectos /
Josef Weichenberger architects + Partner / TAO / Kengo Kuma & Associates / Fernanda Canales /
Pereda Pérez arquitectos, Ignacio Olite / london itineraries / design focus technology and domotics
design
focus
technology
and
domotics
essay
II Paolo Giardiello
VI Alfonso Morone
zoom
VIII Vimar innova la tradizione
XII
XIII
XIV
XV
XVI
XVII
XVIII
XIX
XX
XXI
XXII
XXIII
project
Home Sapiens, Perpetual 7/Bpt, Domino Led
Modul Q/Nimbus Group
Visign for Style 10/Viega
Vitocal 300-G, Vitoplex 100 PV1/Viessmann
Regudis W-TU/Oventrop
Lighting Control System/Helvar
Apparecchi LED/Philips
Urban [O3]/Gewiss
Pergola Io, TaHoma/Somfy
UltraGas® 150, Thermalia® 45/Hoval
VRF Toshiba serie SMMS/Toshiba
Aton 35 LED, Horo/Performance in Lighting
XXIV review
factory
XXXI Climaveneta
II
design focus essay
un computer da abitare
a computer for living
text by Paolo Giardiello
Gli
oggetti saranno
in grado di “parlarci”,
di “richiamare la nostra
attenzione”, nel senso che
saranno gli oggetti, conoscendo i
nostri gusti ed esigenze, a stimolarci,
ad invitarci, a suggerire, a proporre.
Devices will be able to “speak to us”,
to “attract our attention”, in the sense
that it will be the devices, which
know our preferences and needs,
that will stimulate us, invite
us, make suggestions
and proposals.
L’avvento della tecnologia informatica, del digitale e della “rete”
internet, ha modificato sostanzialmente il nostro quotidiano,
costruendo un mondo in cui, secondo una espressione diffusa,
siamo sempre “connessi”. I nuovi apparati elettronici, i nuovi
oggetti che ci circondano, hanno infatti aumentato le possibilità di
comunicazione e di conoscenza, di informazione e di scambio di
opinioni ma, soprattutto, ci hanno reso parte di un “sistema” in cui
si è costantemente collegati a coloro o a ciò che abbiamo scelto di
seguire e aggiornare. Tale principio di “connettività” ha modificato il
senso stesso delle relazioni interpersonali, del diritto all’informazione,
della conoscenza e della possibilità di raccogliere dati e nozioni,
alterando la sostanza reale di stati come la “solitudine”, la
“percezione” o l’ “esperienza”.
La domotica, letteralmente la robotica applicata alla casa, e cioè la
diffusione e la declinazione di tali tecnologie in ambito domestico,
pur avendo raggiunto potenzialità impensabili, nella prassi corrente,
è stata utilizzata prevalentemente ancora solo per il controllo degli
strumenti che contribuiscono al confort abitativo, per gli oggetti che
animano lo spazio, per la gestione a distanza degli impianti e quindi
per la verifica in tempo reale dei requisiti e delle prestazioni delle
componenti tecnologiche.
Se cioè il mondo, grazie alle nuove tecnologie, è diventato un luogo
di scambio, a ogni livello, di legami e di contatti interpersonali
sempre più intensi, di conoscenza e approfondimento di interessi
e passioni, di partecipazione a ideali, la casa invece – come i
principali spazi destinati alle varie attività dell’uomo – è diventata
principalmente uno “strumento” sempre più controllabile, più
performante, più personalizzabile, più adeguato alle esigenze,
insomma più complesso ma più facilmente gestibile.
Parafrasando uno slogan caratteristico del Movimento Moderno,
se la casa agli inizi del XX secolo poteva essere intesa, grazie alla
rivoluzione tecnologica del tempo e in aderenza ai cambiamenti
della società, come una “macchina da abitare”, oggi essa si sta
conformando sempre più come un “computer da abitare”, uno
strumento elettronico sofisticato capace di soddisfare ogni esigenza
espressa dal contemporaneo, anche la più ardita.
Eppure, se la “macchina da abitare” del secolo scorso non voleva
affermare solo l’avvento di innovazioni tecniche quanto, piuttosto,
suggerire uno “stile di vita” adeguato ai tempi in evoluzione
corroborati da nuove opportunità offerte dal “moderno” in arrivo,
il “computer da abitare” con cui oggi ci confrontiamo, non è ancora
foriero di nuove modalità insediative e relazionali, quanto solo di
un totale controllo degli apparati e delle componenti, ovvero di
integrazione e dialogo tra gli stessi, che attrezzano e qualificano
gli spazi in cui vivere.
La ricerca scientifica e tecnologica oggi sta invece cercando di
imporre una reale inversione di tendenza e quindi proporre un
rinnovato significato del ruolo della domotica nella vita dell’uomo:
dal controllo e comando degli apparati si sta giungendo ad una reale
interattività e ad un dialogo con essi. Il futuro che si sta progettando
è quello in cui gli oggetti non solo saranno sempre più obbedienti
e a nostra totale disposizione, ma saranno in grado di “parlarci”, di
“richiamare la nostra attenzione”, nel senso che saranno gli oggetti,
conoscendo i nostri gusti ed esigenze, a stimolarci, ad invitarci, a
suggerire, a proporre. Tale cambio di atteggiamento, già percorribile
tecnologicamente, e in essere nel mondo immateriale di internet,
è prossimo ad invadere il nostro quotidiano, la nostra vita reale.
I prodotti ci riconosceranno, o meglio riconosceranno un nostro
apparato – smartphone, tablet o semplice card dotata di chip che
sia – e quando saremo presso di loro, apprendendo chi siamo e cosa
desideriamo, ci proporranno offerte e opportunità, magnificando
le loro qualità in tempo reale, invitandoci a provarli, a comprarli,
a studiarli o semplicemente a conoscerli e utilizzarli. Gli oggetti,
gli spazi, le istituzioni ci contatteranno sapendo i nostri gusti ed
esigenze, bisogni e aspettative e, se glielo avremo consentito, ci
daranno ogni tipo di informazione sulle loro caratteristiche attraverso
confronti con altri prodotti o luoghi o situazioni simili.
Questo non solo quindi in campo commerciale, ma in tutte le attività
quotidiane: in un museo o in una esposizione temporanea saranno le
opere d’arte a raccontarci spontaneamente la loro storia e adeguarla
al nostro interesse e livello di approfondimento, così come durante
la visita ad una città i monumenti stessi ci daranno informazioni
culturali, orari di apertura, costo del biglietto di accesso, tempi
di fruizione, organizzando quindi la nostra visita nel giorno e nel
momento giusto, leggendo i nostri impegni e il nostro programma
di viaggio. Come anche i luoghi di ristoro e divertimento sapranno
ricordarci da quanto tempo non ci fermiamo a fare una pausa, a
degustare un caffè, esaltando le caratteristiche dei prodotti e del
servizio a nostra disposizione. Insomma in albergo sapranno già
cosa desideriamo per colazione; i luoghi di transito ci ricorderanno di
comprare il giornale, il binario o il gate a cui andare e il tempo che
manca alla partenza; una automobile ci disegnerà il migliore tragitto
conoscendo le nostre abitudini e confrontandole con il traffico; una
biblioteca ci aiuterà a scegliere cosa studiare o leggere; un treno
saprà che musica preferiamo e come siamo soliti accomodarci in una
poltrona, provando magari a convincerci che, per una volta, scendere
in una tappa intermedia significa vivere una esperienza inattesa e
certamente di nostro gusto.
Questo futuro, fatto di una applicazione diffusa e capillare di
tecnologie semplici, è oggi già potenzialmente in atto, necessita solo
di interfaccia semplici e comprensibili e modificherà sostanzialmente
le nostre abitudini, cambierà radicalmente il rapporto tra l’uomo e le
cose, tra le azioni da compiere e i bisogni da soddisfare.
All’interno di tali nuove relazioni l’architettura deve sapere accogliere
la sfida e riuscire ad adeguare, anzi rinnovare, gli spazi destinati
alla vita dell’uomo. Non si tratterà infatti di calare nuovi oggetti o
strumenti nelle vecchie conformazioni spaziali, ma di capire come
dare nuova forma e significato a luoghi in cui l’interattività cancellerà
confini tra bisogni e desideri, tra azioni e reazioni, tra pubblico
e privato, tra reale e virtuale, tra intimo e condiviso.
Non è immaginabile infatti che tale rivoluzione non alteri gli spazi
e il loro uso, non modifichi l’idea di chiuso e aperto, di interno ed
IV
design focus essay
esterno, forse addirittura di luogo stesso in quanto l’essere in un
determinato posto sarà solo uno dei parametri in gioco, non più così
indispensabile, così assoluto. La personalizzazione dei luoghi andrà
di pari passo alla interazione tra gli oggetti e gli utenti, tra il loro
aspetto simbolico e formale e il loro effettivo uso. Certamente
lo spazio non potrà rimanere indifferente, dovrà essere sostanza
e forma del “computer da abitare”, luogo di dialogo tra persone
e cose, scena di relazioni non più immediatamente tangibili sebbene
supportate da desideri e aspettative forti e consolidati.
The advent of information technology, digital media and the Internet
has substantially altered our everyday life, building a world in which
we are always, as a commonly used expression puts it, “connected”.
In fact, the new electronic devices and objects we are surrounded by
have given us new possibilities to communicate and obtain knowledge
and information and to exchange opinions; but most importantly,
they have rendered us participants of a “system” in which we are
constantly connected to the persons or activities we choose to follow
and remain up to date about. This principle of “connectivity” has
changed the very meaning of interpersonal relations, of the right
to obtain information and knowledge and the possibility to retrieve
data and notions, altering the real substance of conditions such as
“solitude”, “perception” or “experience”.
Domotics, literally robotics applied to the home, or in other words
the diffusion and declination of these technologies in the home,
have attained unimaginable potentials; yet home automation is still
principally used for controlling devices that contribute to comfort in
the home, for the objects which enliven the space and for managing
systems from a distance, and thus to verify the prerequisites and
performance of technical components in real time.
In other words, while the new technologies have made the world a
place of exchange on every level, of increasingly intense connections
and interpersonal contacts, making it possible to obtain exhaustive
knowledge about what we are interested or enthusiastic about and
to participate in initiatives we believe in, the home – as the principal
spaces intended for various human activities – has on the contrary
first and foremost become an “instrument” that is increasingly easy to
control, with a higher performance; it has become more customizable,
better suited to our needs; in short, more complex but easier to
manage.
Paraphrasing a characteristic slogan of the Modern Movement, if the
home of the early 20th century could be understood, thanks to the
technological revolution of the period and as a result of the changes
in society, as a “machine for living”, today it is to an increasing
extent assuming the form of a “computer for living”, a sophisticated
instrument capable of satisfying every requirement expressed by the
contemporary reality, even the most audacious.
Nevertheless, if last century’s “machine for living” did not so much
or only assert the advent of technical innovations as suggested
a “lifestyle” suited to the changing times corroborated by new
opportunities offered by the forthcoming “modernity”, the “computer
for living” we are dealing with today is not yet a harbinger of new
ways to live and relate, but rather a full control of the apparatuses
and components, that is to say integration and dialogue among the
devices our homes are equipped with.
What present-day scientific and technological research is seeking to
impose is on the contrary a true change in trend, and a new meaning
of the role of domotics in our lives: we are changing from the control
and command of apparatuses to a true interactivity and dialogue
with them. The future which is prospected is one in which devices will
not only be more and more obedient and ready to obey our every
wish, but will be able to “speak to us”, to “attract our attention”,
in the sense that it will be the devices, which know our preferences
La casa del futuro, Alison e Peter
Smithson, mostra “Daily Mail Ideal
Home Show”, 1956, Londra.
The House of the Future, Alison and
Peter Smithson, “Daily Mail Ideal
Home Show” exhibition, 1956,
London.
and needs, that will stimulate us, invite us, make suggestions and
proposals. This change in attitude, which is already perceptible on
a technological level, and which exists in the intangible world of the
Internet, is about to invade our everyday existence.
Products will recognize us, or rather they will recognize a device we
are carrying – smartphone, tablet or simple cards equipped with chips
– and when we are in their vicinity they will learn who we are and
what we desire, they will suggest offers and opportunities, enhancing
their qualities in real time, inviting us to try them, to buy them, to take
a closer look at them or simply to get to know them and to use them.
Objects, spaces, institutions will contact us, and they will know our
preferences and requirements, needs and expectations and, if we
have allowed it, give us all kinds of information on their characteristics
through comparison with other similar products, places or situations.
This will not only apply to commerce, but to all activities we conduct in
our everyday life: at a museum or a temporary exhibition the works of
art will spontaneously tell us their story, adapting it to our interests and
levels of expertise; when we visit a city, the monuments will themselves
give us information about cultural aspects, opening hours, ticket costs,
opening hours and thus schedule our visit on the right day and time,
reading our commitments and travel program. Likewise, venues for
rest and leisure will be able to remind us how long ago it was since
we took a break, suggesting we have a cup of coffee, exalting the
characteristics of their products and their services. When we stay at
a hotel the staff will already know what we want for breakfast, the
places we pass by will remind us to buy the paper, the track or gate
we have to go to and the time left before departure; a car will plan
the best itinerary, knowing our habits and comparing them with the
traffic; a library will help us choose what to study or read; a train
will know what music we prefer and how we usually accommodate
ourselves in a seat, perhaps trying to convince us that, just for once,
making a stopover on the way means to live an experience that may
be unexpected and certainly to our taste.
This future, made of an extensive and articulated diffusion of simple
technology, is already potentially happening today; all it needs is
simple and understandable interfaces in order to change our habits,
radically changing the relationship between humans and objects,
influencing our activities and needs.
Within these new relations architecture must be capable of accepting
the challenge and manage to adapt, or rather renew, the spaces
in which we live. It will not be a matter of installing new objects or
devices into old special arrangements, but of understanding how to
give new form and meaning to the places in which interactivity will
blur the borders between needs and desires, between actions and
reactions, between public and private, between real and virtual,
between intimate and shared.
In fact, it is not imaginable that this revolution will not alter spaces
and the way we use them, that it will not change the idea of closed
and open, interior and exterior, perhaps even the place itself, since
the fact of being in a certain place will only be one of the parameters
at play, and will no longer be so indispensable or absolute. The
personalization of the places will stay apace with the interaction
between objects and users, between their symbolic and formal
appearance and their actual use. The space certainly cannot remain
indifferent; it must be substance and form of the “computer for living”,
stage of a dialogue between persons and things, of relations that
are no longer immediately tangible even if based on strong and
consolidated desires and expectations.
VI
design focus essay
la casa automatica
e le nuove forme dell’abitare
the automatic home
and new forms of living
text by Alfonso Morone
La “casa automatica” rappresenta un ulteriore passo in avanti della
cultura progettuale rispetto alla “macchina abitativa” di Le Corbusier, in
cui grazie agli strumenti di controllo automatici l’arredo non solo reagisce
in tempo reale alle sollecitazioni dell’utente, ma tale reazione può essere
programmata per il futuro.
Data questa premessa, non deve stupire che le prime sperimentazioni
di automazione domestica risalgano al XIX secolo.
Uno degli esordi della domotica può essere individuato nella dimora a
Saint Gervais del famoso illusionista Harry Houdini. L’abitazione, volendo
rappresentare una sorta di esemplificazione dell’attività del proprietario,
adottò tutta una serie di applicazioni che, come nell’illusionismo,
producevano risultati spettacolari mediante una serie di misteriosi artifici.
In realtà si trattava della adozione di sistemi, già all’epoca disponibili,
di trasmissione di comandi elettrificati e di immagini generate da apparati
ottici. Automatizzando in questo modo la sua dimora Harry Houdini
aveva trattato già nel 1867 la sicurezza dei beni e delle persone, la
comunicazione interna ed esterna, la gestione della casa e delle sue
pertinenze così come farebbe un sistema contemporaneo di domotica.
Ma nello stesso tempo la sua casa automatica, di cui erano sconosciute
ROTOLIVING, CABRIOLET-BED,
Joe Colombo, 1969 (© Arch. Ignazia
Favata - Studio Joe Colombo, Milano).
ai più le applicazioni tecnologiche, generava un alone misterioso e
magico intorno al personaggio, contribuendo alla sua reputazione di un
uomo con evidenti poteri sovrannaturali. La casa del mago Houdini, oltre
che costituire uno dei primi esempi di domotica, ci fornisce una chiara
esemplificazione di quali siano le possibili implicazioni culturali della
tecnologia.
Semplificando di molto potremmo dire che qualunque forma di
tecnologia può essere buona o cattiva, ancora meglio, la medesima
tecnologia, a seconda dell’uso, può essere buona o cattiva. Anche quella
apparentemente più inoffensiva come la domotica.
In Brazil, il film che costituisce l’indimenticabile capolavoro di Terry
Gilliam, il protagonista vive in una tecnocrazia autoritaria e invadente
che non si arresta alla soglia di casa, ma che anzi attraverso la
domotica, trova una sua ulteriore capacità di controllo degli individui.
Aria condizionata centralizzata, sveglia collegata ad una cucina
automatica che addolcisce il risveglio mattutino imboccando pane
biscottato al punto giusto e servendo caffè caldo. E ancora un sistema
termostatico per la regolazione ottimale della temperatura della
doccia, letto retrattile e via dicendo. Tutte invenzioni capaci di rendere
accettabile anche la vita del protagonista in una celletta che, solo grazie
a queste diavolerie, poteva assurgere al rango di microappartemento.
Salvo scoprire, causa un guasto al cavodotto dell’aria condizionata,
che questo mondo perfetto, la domotica appunto, poteva rapidamente
trasformarsi nel più infernale strumento di persecuzione, rendendo di fatto
inabitabile quello che sembrava essere un nido accogliente. La longa
manus del potere è rappresentata nel film dal Central Service, il sistema
iperburocratizzato e centralizzato di assistenza tecnica governativo,
nelle fattezze di due tecnici sadici ed incompetenti che con la scusa
di una riparazione sfasciano l’appartamento del povero protagonista.
L’antidoto, nella circostanza, era rappresentato da un acrobatico Robert
De Niro, riparatore clandestino che, saltando da un edificio all’altro,
attraverso la sua efficienza e rapidità, rappresentava una originale forma
di sabotaggio e ribellione al regime tecnocratico, usando gli stessi mezzi
della tecnologia.
Le due precedenti brevi citazioni ci permettono di ribadire come la
domotica non sia un processo di pura semplificazione funzionalista
delle consuete operazioni domestiche, quanto un modo per contribuire
a disegnare, o affossare, utopie e speranze. Queste utopie hanno,
nel tempo, riguardato direttamente la cultura progettuale, spingendo,
attraverso il tema della “casa automatica”, l’architettura ed il design verso
nuove forme di integrazione.
Uno dei casi migliori in tal senso si deve all’opera del più utopico tra i
designer italiani della generazione dei maestri: Joe Colombo. Già i suoi
primi mobili contenitori prevedevano spesso l’integrazione di tv e radio.
Il disegno del Letto Spaziale del 1963 presentava un monitor e una
radio incorporati. Con i mobili multifunzionali come Rotoliving, creato
da Colombo nel 1968 per il suo appartamento, e il Total Furnishing
Unit, entrambi provvisti di monitor, l’utensile televisivo veniva integrato
ancora di più nell’arredo. Nelle sue ultime unità abitative multifunzionali,
questi inserimenti tecnologici assunsero sempre di più le caratteristiche
di un controllo di funzioni avanzate. Il Cabriolet Bed doveva integrare le
funzioni di una camera da letto in un’unica “cellula notte”. La copertura
se chiusa forniva intimità, se aperta diventava una zona dove rilassarsi
e ascoltare musica. All’interno l’unità era attrezzata con radio, ventilatore,
portacenere e altri componenti; sul retro si trovavano, tra l’altro, uno
specchio, una toeletta e una stazione meteorologia completa. In tal modo
Joe Colombo fece del suo appartamento del 1968 uno dei primi casi
completi di domotica applicata.
The “automatic home” represents a step ahead in design culture with
respect to Le Corbusier’s “machine for living”; not only do the instruments
which serve to automatically control the furniture react in real time to the
demands of the user, it is also possible to program its future reactions.
In view of this premise, it should come as no surprise that the first
experiments with domestic automation date from the 19th century.
One of the debuts of home automation may be identified as the home
of the famous illusionist Harry Houdini, in Saint Gervais. The dwelling,
designed so as to represent a kind of exemplification of its owner’s
activities, featured a whole series of devices which, as in illusionism,
produce spectacular results by means of a series of mysterious artefacts.
It was actually a matter of systems which were already available at the
time, of transmission of electrically powered commands and images
created by optical apparatuses. By automatizing his dwelling in this
manner Harry Houdini had, as early as in 1867, dealt with the security
of property and persons, internal and external communication,
management of the home and its appurtenances, just as a present-day
domotics system would have done it. But at the same time his automatic
home, whose devices were unknown to most people, gave his personality
a mysterious and magical aura, reinforcing his reputation as a man
with evident supernatural powers. As well as representing one of the
first examples of domotics, the house of the magician Houdini gives us
an excellent example of the possible cultural implications of technology.
It may perhaps be over-simplifying, but we can say that any kind of
technology can be bad or good; indeed, the very same technology can
be good or bad, depending on how it is used. And this includes the
apparently least offensive ones, as home automation.
In Brazil, the movie which represents the unforgettable masterpiece of
Terry Gilliam, the hero lives in an authoritarian and intrusive technocracy
which does not stop at the threshold of the home, but which on the
contrary finds, through home automation, a further means of controlling
individuals. Centralized air conditioning, an alarm clock connected to an
automatic kitchen which sweetens the moment of awakening by toasting
the bread just right and serving hot coffee. And a thermostat system for
the optimal regulation of the shower temperature, a folding bed and so
on. All these inventions are capable of making life tolerable also for the
hero of the movie, who lives in a tiny cell that would not deserve the name
of micro-apartment, were it not for these devilries. But a defect in the air
ducts eventually reveals that this perfect world of domotics can quickly turn
into an infernal instrument of persecution, in fact making what seemed to
be a welcoming nest uninhabitable. The long arm of power is represented
in the movie by Central Service, the governmental, hyper-bureaucratized
and centralized system for technical assistance, embodied by two sadistic
and incompetent technicians who, with the excuse of a repair, destroy
the poor hero’s apartment. The antidote, in this case, is represented by
a clandestine repairman in the person of an acrobatic Robert De Niro
who jumps from building to building, and whose efficiency and rapidity
represents an original form of sabotage and rebellion against the
technocratic regime, using its very same technological means. These two
examples enable us to highlight that domotics is not a process of pure
functionalistic simplification of ordinary domestic operations, but rather
a way to contribute to planning, or thwarting, utopias and hopes.
These utopias have, in time, concerned design culture directly, guiding
architecture and design through the theme of the “automatic home”
towards new forms of integration.
One of the best examples of this development is linked to the most utopian
of Italian designers of the generation of masters, namely Joe Colombo.
His very first container furniture often featured built-in television sets and
radios. The design of the Spatial Bed of 1963 comprised built-in TV
screen and radio. With multifunctional furniture like Rotoliving, created by
Colombo in 1968 for his own apartment, and the Total Furnishing Unit,
both of which featured screens, the television apparatus became an even
more integrated part of the furniture item. In his last multifunctional living
units these technological elements assumed, to an increasing extent, the
characteristic of a means of controlling advanced functions. The Cabriolet
Bed was made to contain all bedroom functions in a single “sleeping
cell”. When the cover was closed it assured intimacy, when it was
open wit could be used as an area for relaxing and listening to music.
The interior contained a radio, a fan, an ashtray and other elements,
while the rear area featured elements as for instance a mirror, a toilet
and a complete meteorological station. Joe Colombo thus rendered his
apartment one of the first complete cases of applied domotics in 1968.
VIII
design focus zoom
vimar innova la tradizione
a cortina, tra locale e universale
reconciling the local with the universal in cortina
text by Davide Cattaneo
Tradizione e innovazione sono realtà così distanti? Artigianato locale
e domotica sono universi che non si possono incontrare? Materia
e digitale sono in perenne e inconciliabile contrasto? Indipendenza
e integrazione sono concetti alternativi? Vimar contribuisce a smentire
queste tesi con un gioiello domotico nel cuore delle Dolomiti, una
casa contemporanea e locale, oggi si direbbe “glocale”, firmata
dallo Studio Architetti Bernardi.
Are tradition and innovation really so far apart? Is it impossible
for local craftsmanship and building automation to come together?
Are the material and the digital worlds in perennial, irreconcilable
conflict? Are independence and integration strictly alternatives?
Vimar proves it is not so, with a jewel of home automation in the heart
of the Dolomites: a contemporary yet local, or rather, “glocal” home
designed by Studio Architetti Bernardi.
Legno e tecnologie digitali, manodopera artigianale e sofisticati sistemi
di controllo, calore, atmosfere accoglienti e scenari artificiali, natura e
artificio. A Cortina d’Ampezzo, immersa nello splendido scenario delle
Dolomiti, la residenza di un manager e della sua numerosa famiglia
esprime tutto il fascino della tradizione locale, abbinata alla tecnologia
più sofisticata.
Una struttura particolare, che si sviluppa su quattro livelli, due dei
quali interrati, che sorge sullo spazio precedentemente occupato da
un tabià, il fienile simbolo dell’architettura locale dell’arco alpino.
I tratti architettonici tipici definiscono un volume compatto ma allo
stesso tempo articolato, fatto di pieni e vuoti, di sbalzi e innesti, di
aggiunte e di appendici. Un volume che ospita complessivamente
quattro mini appartamenti comunicanti, una zona giorno comune e
una attrezzatissima area wellness, tutti contraddistinti dall’uso intensivo
della materia d’elezione, il legno, che è il protagonista assoluto
degli interni, oltre che dell’involucro. Grandi tavole di abete e larice
ricoprono pavimenti e pareti, trasferendo la straordinaria espressività
del materiale a tutti gli ambienti, grazie all’aspetto grezzo e rugoso
che è stato preservato durante la lavorazione e alla ricchezza di
significati che si aggiungono attraverso il dialogo con le superfici
intonacate. Abili artigiani del luogo, grazie alla maestria tipica della
manodopera ampezzana, hanno posato listelli e travi utilizzando
una tecnica chiamata “a incastro”, particolare perché in grado di
preservare l’unicità di ogni pezzo, che rimane così irripetibile e sempre
diverso dagli altri.
Alla semplicità degli arredi si contrappone la richiesta di impianti in
grado di garantire prestazioni di massimo livello, sotto tutti gli aspetti.
Proprio per questo la collaborazione tra lo studio di architettura
Bernardi e l’impresa di costruzioni Fontana, autori rispettivamente
del progetto e della realizzazione della struttura, si è concretizzata
nella scelta di sistemi affidabili e versatili, in grado di impattare
il meno possibile dal punto di vista formale ma allo stesso tempo
capaci di svolgere più funzioni contemporaneamente, come richiesto
dalla committenza. Clima, illuminazione, movimentazione di tende e
balconi, diffusione sonora. Occorreva pertanto progettare un impianto
d’eccellenza, al centro del quale è stato collocato il sistema domotico
By-me di Vimar, vero e proprio cuore pulsante dell’intera abitazione.
Attraverso la sua tecnologia, sofisticata ma semplice da utilizzare,
è possibile una gestione centralizzata di tutti gli spazi, indispensabile
in un contesto di queste dimensioni. Tutte le funzioni presenti
nell’abitazione sono infatti controllabili tramite gli eleganti Video Touch
Screen Full Flat, ma anche stanza per stanza grazie a dispositivi locali,
come termostati e comandi domotici. In questo modo, ad esempio,
è possibile gestire la diffusione sonora dividendo l’area giorno e la
zona wellness in quattro diverse aree indipendenti.
Per integrare la musica con un’atmosfera ancora più suggestiva,
basta sfiorare lo schermo di uno dei cinque Video Touch Screen Full
Flat di Vimar e in pochi istanti è possibile richiamare, per ogni zona,
una diversa combinazione di temperatura, illuminazione e comfort,
precedentemente configurata in base alle proprie esigenze. Scenari
predefiniti che rendono ogni ambiente personalizzabile a seconda
dei gusti, per ricreare in qualsiasi momento condizioni perfette di
benessere e relax.
Come tutti i dispositivi, anche i touch screen sono incorniciati da
placche Eikon Total Look di Vimar in metallo color argento matt, una
finitura che consente un abbinamento perfetto sia con il legno che
con il bianco essenziale dell’intonachino, oltre a proporre un richiamo
cromatico agli elementi d’arredo di maggior personalità, come i
tavolini in pietra posizionati di fronte al grande camino della zona
living. Dotati di grande qualità visiva, i touch screen, oltre a consentire
una gestione centralizzata attraverso pagine di supervisione semplici
e intuitive, svolgono anche la funzione di videocitofono. L’immagine
di chi suona alla porta appare sempre nitida e ben visibile, così come
tutte le immagini riprese dalle telecamere presenti nelle targhe esterne
Elvox. Ideali per installazioni di questo tipo, le targhe della serie 1300
risultano semplici da installare e facili da programmare. Scelte nella
versione con finiture in acciaio inox, sono dotate di una telecamera
a colori che offre una visione chiara di tutto ciò che accade fuori
dalle mura domestiche, per ottenere il massimo livello di comunicazione
e sicurezza.
Wood and digital technologies, hand craftsmanship and sophisticated
control systems, warmth, cosiness and artificial scenarios, the natural
and the man-made. In Cortina d’Ampezzo, surrounded by the splendid
scenery of the Dolomites, the home of an executive and his big family
expresses all the charm of local tradition, combined with the most
sophisticated technologies.
This very special building is constructed on four levels, two of which
are underground, on a piece of land formerly occupied by a “tabià”:
the traditional barn of Alpine architecture. Its traditional architectural
features make it a compact yet complex volume made up of an
alternation of solids and hollows, jutting volumes and connections,
additions and appendices. A volume containing a total of four connected
mini-apartments, a common living area and a well-equipped wellness
area, all distinguished by intensive use of wood: the key to the home’s
interiors as well as its cladding. Big fir and larch boards cover the
walls and floor, conveying the material’s extraordinary expressiveness
in every room, thanks to the rough, unfinished look that has been
preserved and the wealth of meaning added to it through dialogue with
plaster surfaces. Skill local craftspeople with the know-how traditionally
associated with the area laid strips and beams of wood by fitting them
together so as to preserve the uniqueness of every single piece, keeping
it unrepeatable and different from all the others.
The simplicity of the furniture contrasts with the need for technical
installations capable of guaranteeing top level performance in every
way. This is why Bernardi architectural studios, who designed the
home, working with the builder Fontana, chose dependable, versatile
systems with the lowest possible formal impact which were capable
of performing more than one function at the same time, as the clients
demanded. Climate control, lighting, movement of shades and
balconies, sound systems: they planned an advanced installation based
on the Vimar’s By-me home automation system, the true heart of the
home. Its sophisticated yet easy to use technology permits centralised
control of all spaces, essential in a home of this size. All the functions
in the home may be controlled through elegant Full Flat Video Touch
Screens, or room by room using local devices such as thermostats and
domotic controls. This ensures, for instance, that sound systems permit
division of the living area and the wellness area into four different zones.
To integrate the music with an even more evocative atmosphere, all
the home’s owners need do is simply touch one of the five Vimar’s Full
Flat Video Touch Screens, and in seconds they can call up a different
combination of temperature, lighting and comfort, configured in advance
on the basis of their preferences, in each area. Predefined scenarios
permit customisation of every part of the home in response to their
preferences, to recreate the perfect conditions for comfort and relaxation
at any time.
Like all the devices in the home, the touchscreens are framed by
Vimar’s Eikon Total Look matt silver-coloured metal plates, a finish that
goes perfectly with either wood or the simple white of the plaster, as
well as recalling the colours of the items of furniture with the strongest
personality, such as the stone coffee tables in front of the big fireplace
in the living room. The visual quality of the touchscreens not only permits
centralised management through simple, intuitive supervision screens
but allows them to act as video door phones. The image of the person
ringing the doorbell always appears perfectly clear and visible, as do
all the images filmed by the video cameras mounted in the Elvox plates
outside the home. Ideal for installations of this kind, the plates in series
1300 are simple to install and easy to programme. Chosen in a version
with a stainless steel finish, they have colour video cameras offering
a clear view of everything that happens outside the walls of the home
for maximum communication and security.
X
design focus zoom
Tradizione
e innovazione,
cultura e confort,
estetica e benessere:
Vimar per una casa in legno
a Cortina.
Tradition and innovation,
culture and comfort, beauty
and wellness: Vimar
in a wooden home
in Cortina.
La domotica Vimar consente di coordinare al meglio tutte le funzioni
presenti nella casa: dai punti luce, presenti nelle oltre quindici stanze
che compongono l’abitazione che possono essere spenti o accesi
tramite il pannello di controllo centrale, alla temperatura temperatura
dei diversi ambienti, anch’essa regolabile grazie a un unico dispositivo
principale. Infine la diffusione sonora, con la scelta della musica
preferita che può avvenire comodamente tramite l’interfacciamento
del sistema con diversi dispositivi (Radio, Ipod, lettore CD, bluetooth).
Vimar home automation systems permit optimal coordination of all the
functions present in the home: from light fixtures in over fifteen rooms
making up the home, which may be turned on or off with a central
control panel, to the temperature in the different rooms, which may
also be adjusted using a single centralised device. And the sound
system, permitting the people in the home to listen to their favourite
music through the system’s interfaces with various devices (radio, iPod,
CD player, bluetooth).
XII
design focus project
home sapiens, perpetual 7 bpt, domino led
progetto Chiesa di Santa Lucia
luogo Treviso
progettista Ing. Silvano Bovo, Arch. Maria Sole Crespi,
Dott.ssa Sara Malgaretto
committente Comitato per il restauro delle chiese di S. Lucia e S. Vito
tipologia prodotti utilizzati sistema domotico, proiettori
project Church of Santa Lucia
location Treviso
designer Silvano Bovo, engineer; Maria Sole Crespi, architect,
Sara Malgaretto
client Committee for the restoration of the churches of S. Lucia and S. Vito
product types used domotics system, spotlights
Un obiettivo chiaro e ambizioso, ristrutturare e mettere a norma
l’impianto illuminotecnico di un edificio religioso, tenendo conto
delle dimensioni spirituale-liturgica e storico-artistica dell’edificio
nella gestione della luce; un progetto complesso che coinvolge più
aziende grazie alle quali mettere a punto una soluzione che potesse
valorizzare al meglio un suggestivo scrigno di arte e di storia del XIV
secolo, riproponendo una luce qualitativamente in armonia con quella
che penetra naturalmente in una giornata di sole. L’intensità luminosa
e le singole accensioni del nuovo impianto illuminotecnico della Chiesa
di S. Lucia a Treviso, realizzato con 103 proiettori Perpetual 7 di
Domino LED, vengono controllate dal sistema domotico Home Sapiens
di Bpt gestito attraverso il videoterminale multifunzione Mitho HA.
Regolando l’illuminazione nei diversi momenti della giornata, secondo
una varietà di possibili utilizzi, Bpt è riuscita a integrare l’esperienza
spirituale e quella culturale alternando, attraverso un sapiente
utilizzo della luce, momenti di contemplazione e raccoglimento con
un’adeguata valorizzazione artistica della chiesa.
A clear, ambitious goal: renewing the lighting system of a place
of worship and adapting it to the requirements of today’s standards,
while taking the building’s spiritual-liturgical and historical-artistic
dimensions into due account in the lighting scheme. Several different
businesses were involved in this complex project, coming up with
a solution capable of making the most of this evocative treasure of
14th century art and history and providing lighting that waould be
qualitatively in harmony with the natural light that penetrates the
building on sunny days. The intensity of the light and the individual
controls on the new lighting system in the church of Santa Lucia in
Treviso, created with 103 Perpetual 7 Spotlights by Domino LED,
are controlled by BPT’s Home Sapiens domotics system through a
multipurpose Mitho HA video terminal. By controlling lighting at
different times of day and for a variety of different uses, the BPT system
integrates spiritual and cultural experience, alternating moments of
contemplation and meditation with artistic appreciation of the church
through skilful use of lighting.
modul q nimbus group
progetto complesso scolastico
luogo Ergolding, Germania
progettista Behnisch Architekten
committente Landkreis Landshut
tipologia prodotti utilizzati apparecchi illuminotecnici
project school campus
location Ergolding, Germany
designer Behnisch Architekten
client Landkreis Landshut
product types used light fixtures
È una delle strutture scolastiche più all’avanguardia della Bassa
Bavaria, progettata da uno studio di fama internazionale con
progetti e realizzazioni in ogni angolo del pianeta: il Liceo di
Ergolding, progettato da Behnish Architekten in collaborazione
con Arkitecturbüro Leinhäupl + Neuber, è un organismo edilizio
funzionale e accogliente, un’architettura contemporanea che non
rinuncia all’utilizzo di materiali naturali. I progettisti hanno sviluppato
un impianto planimetrico e un involucro che permettessero di sfruttare
al massimo la luce naturale, chiamando in causa quella artificiale
solo in caso di effettivo bisogno. Il comfort visivo è assicurato da un
sofisticato impianto illuminotecnico che può contare su oltre 1.600
LED Nimbus in grado di ricreare un’atmosfera assolutamente naturale,
ideale per mantenere elevata la concentrazione degli studenti.
I nuovi moduli Nimbus, le lampade a sospensione Modul Q hanno un
design e una smussatura più elegante rispetto alle versioni precedenti
e grazie al Corner radii presentano un effetto traslucido che permette
una migliore integrazione con gli elementi architettonici del progetto.
One of the most advanced school campuses in lower Bavaria,
designed by a world-renowned studio which has built projects all
over the world: Ergolding Lyceum, designed by Behnish Architekten
in partnership with Arkitecturbüro Leinhäupl + Neuber, is a highly
functional, welcoming building, a contemporary construction made
out of natural materials. The designers came up with a layout and a
wrapper that make the most of natural light, using artificial lighting
only when strictly necessary. Visual comfort is guaranteed by a
sophisticated lighting system including more than 1,600 Nimbus LED
capable of recreating a truly natural atmosphere, ideal for keeping
students’ concentration levels high. The new Nimbus modules, Modul
Q suspension lamps, have a more elegant design and bevelling
than the previous versions and the radius of their corners creates a
translucent effect permitting better integration with the architectural
elements in the project.
XIV
design focus project
visign for style 10 viega
progetto complesso residenziale
luogo Capriolo (BS)
progettista arch. Antonio Gonnella
committente Gruppo Agogroup
tipologia prodotti utilizzati cassette di risciacquo, placche
di comando
project housing development
location Capriolo (BS)
designer Antonio Gonnella, architect
client Gruppo Agogroup
product types used flushing tank, control plates
Grandi vetrate e ampi terrazzi per una nuova palazzina residenziale
a Capriolo, in provincia di Brescia, un progetto nel segno del
risparmio energetico (Classe A) che non trascura l’aspetto formale e
la cura del dettaglio tecnologico per inserirsi al meglio nelle splendide
colline a vigneti della Franciacorta. L’arch. Antonio Gonnella ha
firmato questo nuovo edificio di tre piani fuori terra, che ospita una
decina di appartamenti dalle finiture di pregio e dal design ricercato.
I bagni, in particolare, sono curati nei minimi dettagli e le placche
di comando Viega Visign for Style 10 si integrano perfettamente
nelle diverse tipologie d’arredo proposte. Gli installatori hanno scelto
il modulo Viega Mono Tec, che include la cassetta di risciacquo
Visign 1F da incasso dalla profondità di 8cm. La cassetta di scarico
offre la possibilità di scegliere, attraverso la placca di comando,
tra due volumi di scarico. La placca Visign for Style 10 è dotata di
due comandi rotondi, uno piccolo concavo e uno grande convesso,
che donano fluidità e tridimensionalità alla superficie ed esaltano
visivamente le due funzionalità dei pulsanti.
Big windows and patios characterise this new residential building
in Capriolo, in the province of Brescia: an energy-saving (Class
A) project which does not neglect formal aspects and a focus on
technological details fitting perfectly into the setting of the splendid
hills planted with vineyards of the Franciacorta district. Architect
Antonio Gonnella designed this new building with three levels above
ground, containing about ten apartments characterised by top quality
finishes and refined design.
The bathrooms are particularly well-designed, with Viega Visign for
Style 10 control panels perfectly integrated into the various types of
fittings offered. The installers chose the Viega Mono Tec unit, including
a built-in Visign 1F flushing tank 8cm deep. The tank permits choice
of two different flushing volumes using the control panel. The Visign
for Style 10 panel has two round controls: a small concave one and
a large convex one, adding fluidity and three-dimensionality to the
surface and visually emphasising the two functions of the buttons.
vitocal 300-g, vitoplex 100 pv1 viessmann
progetto Cantina Mori Colli Zugna
luogo Mori (TN)
progettista Andrea Tomasi e Associati
committente Cantina Sociale di Mori
tipologia prodotti utilizzati pompe di calore, caldaia a bassa
temperatura
project Mori Colli Zugna Winery
location Mori (TN)
designer Andrea Tomasi e Associati
client Cantina Sociale di Mori
product types used heat pumps, low temperature boiler
Rispetto dell’ambiente e del paesaggio, ottimizzazione delle risorse
energetiche e attuazione del ciclo produttivo “per caduta”, secondo
i migliori criteri enologici. Entrata in funzione nel 2010, la Cantina
Sociale di Mori, è ospitata in una struttura perfettamente integrata
nel paesaggio della Vallagarina. Una perfetta integrazione tra natura
e artificio resa possibile dall’organicità dello spazio, dalla continuità
delle superfici vetrate, dal reimpianto del vigneto sulla copertura
e dall’utilizzo del tetto-giardino per gli uffici. L’enorme fabbisogno
di riscaldamento e di acqua calda sanitaria della struttura è coperto
da due pompe di calore geotermiche bistadio Vitocal 300-G in
cascata, che permettono il funzionamento contemporaneo in modalità
riscaldamento e produzione di acqua calda sanitaria. Cuore della
pompa di calore è il compressore ermetico Scroll ad alta efficienza,
che si caratterizza per l’elevata affidabilità e sicurezza di esercizio.
Nella cantina è poi presente una caldaia a bassa temperatura
Vitoplex 100 da 400kW, che si caratterizza per l’alto rendimento,
l’elevato contenuto d’acqua, l’isolamento termico avvolgente.
Demonstrating respect for the environment and the landscape,
optimising use of energy resources and implementing a production
cycle that makes use of gravity, in accordance with the most advanced
wine-making theories. Cantina Sociale di Mori began operation
in 2010 in a structure perfectly integrated into the landscape of
the Vallagarina area. This perfect integration of the natural and the
man-made is permitted by the organic nature of the space, by the
continuity of the glass surfaces, by the vineyards planted on the roof
and by use of a roof-garden over the offices. The structure’s need for
large amounts of heating and hot water is met by a pair of Vitocal
300-G two-stage geothermal heat pumps in cascade, permitting
simultaneous operation in heating and hot water mode. At the heart
of the heat pump is a highly efficient Scroll hermetic compressor
offering outstanding dependability and security. The winery also has a
low temperature Vitoplex 100 400kW boiler offering high yield, high
water content, all-round thermal insulation.
XVI
design focus project
regudis w-tu oventrop
progetto La Filanda (centro commerciale e residenze)
luogo Faenza
progettista Studio Cooprogetto
committente Commercianti Indipendenti Associati – Conad
tipologia prodotti utilizzati gruppo di distribuzione
project La Filanda (shopping centre and residential units)
location Faenza
designer Studio Cooprogetto
client Commercianti Indipendenti Associati – Conad
product types used distribution unit
Livello qualitativo elevato, risparmio energetico per certificazione
in Classe B e C, mix funzionale in grado di rendere il quartiere vivo
e capace di attrarre utenze diverse: questi gli obiettivi del progetto
di riqualificazione che ha interessato cinque edifici adibiti a palazzine
residenziali a Faenza. Sono molte le soluzioni innovative utilizzate,
come la caldaia a condensazione, le pompe di distribuzione ad alta
efficienza e le stazioni satellite Regudis W di Oventrop che hanno
consentito di gestire sia l’acqua tecnica centralizzata, sia la produzione
autonoma di acqua calda sanitaria in ogni singolo appartamento.
In questo intervento è stato utilizzato il modello Oventrop Regudis W-TU
con scambiatore di calore a piastre che, oltre a consentire una portata
nominale di acqua calda sanitaria di 17l al minuto e una potenza
nominale per la preparazione acqua calda sanitaria di 42kW, riesce
a garantire, grazie al regolatore termostatico, un range di temperatura
da 30 a 70°C e di stand-by da 20 a 64°C. A queste caratteristiche
i gruppi Oventrop aggiungono il vantaggio di poter limitare la
distribuzione ai soli appartamenti occupati.
Top quality, energy conservation for Class B and C certification, a
combination of different functions to bring the neighbourhood to life
and attract all kinds of different people: these were the goals of the
redevelopment project for six residential buildings in Faenza. Several
innovative solutions were used, including a condensing boiler, efficient
distribution pumps and Regudis W satellite stations by Oventrop
permitting management of both centralised technical water and
independent production of hot tap water in each apartment.
The project made use of the Oventrop Regudis W-TU with a plate
heat exchanger which not only guarantees a rate of flow of hot tap
water of 17l per minute with a rated power of 42kW for hot tap
water preparation, but features a thermostat control guaranteeing a
temperature range of 30 to 70°C, 20 to 64°C when on standby. In
addition to these features, Oventrop units offers the benefit of limiting
distribution to only those apartments which are occupied.
lighting control system helvar
progetto Centro Servizi Credito Valtellinese
luogo Milano
progettista Stelline Servizi Immobiliari
committente Credito Valtellinese
tipologia prodotti utilizzati sistemi di gestione dell’illuminazione
project Credito Valtellinese Service Centre
location Milan
designer Stelline Servizi Immobiliari
client Credito Valtellinese
product types used lighting management system
Il nuovo Centro Servizi del Credito Valtellinese di Milano è stato
progettato per conseguire una gestione razionale, ecologica e attenta
all’ambiente. Helvar, con i suoi sistemi di controllo della luce, ha
contribuito a rendere il progetto efficiente sotto il profilo energetico.
La caratteristica principale è l’elevata quantità di luce che entra dalle
grandi finestre poste su entrambi i lati lunghi dell’edificio.
Per l’illuminazione artificiale sorgenti a basso consumo (T5 e LED)
e apparecchi con elevati rendimenti sono stati abbinati a un sistema
di gestione automatizzato che, in funzione delle condizioni esterne
e della presenza degli utenti, permette una regolazione puntuale dei
valori di illuminazione. Grazie ai sistemi Helvar infatti, le singole
sorgenti luminose sono collegate tra loro tramite i bus DALI, a loro
volta connessi a una rete i cui snodi sono costituiti dai router DIGIDIM.
Un sistema ramificato che consente un controllo centralizzato
dell’intero impianto e la relativa possibilità di variare gli scenari
impostati. Sensori di presenza e luminosità sono stati previsti in tutti
gli ambienti.
The new Credito Valtellinese Service Centre in Milan was designed
to achieve rational, ecological, ecological operation. Helvar’s lighting
control systems helped make the project energy efficient.
The key factor is the amount of light that comes into the building
through the big windows on the building’s long sides, creating an
immediate link with the outdoors.
For artificial lighting, energy-saving light sources (T5 and LED) and
high performance light fixtures are combined with an automated
operating system which regulates lighting on the basis of outdoor light
conditions and the presence of the building’s users. Helvar’s system
ensure that individual light sources are connected to one another
through DALI bus bars, which are in turn connected with a network
with nodes consisting of DIGIDIM routers. This branched system permits
centralised control of the entire system and allows variations in the set
scenarios. Presence and light sensors are installed in all the rooms.
XVIII design focus project
apparecchi led philips
progetto Illuminazione Cattedrale di Notre Dame
luogo Parigi
progettista Armand Zadikian, Benoit Ferré
tipologia prodotti utilizzati apparecchi LED e sistemi di controllo
project Lighting for Notre Dame Cathedral
location Paris
designer Armand Zadikian, Benoit Ferré
product types used LED light fixtures and control systems
Efficienza ed emozione grazie ad atmosfere uniche e alla riduzione
dei consumi di energia dell’80%: i maestosi interni e i raffinati
dettagli della cattedrale di Notre-Dame di Parigi sono stati valorizzati
al meglio dalla tecnologia LED di Philips. Le volte di uno dei più
importanti capolavori dell’architettura gotica sono state “rivelate”
grazie a più di 400 apparecchi di illuminazione invisibili ai visitatori,
che registrano un consumo di soli 30kW, rispetto ai 140kW delle
precedenti soluzioni. Calda e intensa all’occorrenza, senza essere
abbagliante, l’illuminazione ha reso l’atmosfera solenne enfatizzando
l’architettura nel suo complesso senza dimenticare i dettagli delle
importanti opere d’arte ospitate nella cattedrale. Il lighting designer
Armand Zadikian è stato capace di creare zone di penombra, di
giocare con i contrasti e di creare effetti diversi con i toni del bianco.
Un sistema computerizzato dotato di touch screen semplifica la
gestione dei 400 apparecchi, quasi tutti regolabili, consentendo
di modificare la luce e le atmosfere in base all’evento, alla stagione
o al momento della giornata.
Efficiency and emotions created by unique atmospheres which also
cut energy consumption by 80%: the majestic interiors and refined
details of Paris’s Notre Dame Cathedral are underlined by Philips’
LED technology. To shed light on the many faces of one of the world’s
most important masterpieces of Gothic architecture, more than 400
light fixtures have been installed which are invisible to visitors and
consume only 30kW, compared to 140kW in the previous lighting
solution. Warm and intense where required, without dazzling, the
lighting creates a solemn atmosphere and underlines the architecture
as a whole without neglecting the details of the important works of art
contained in the cathedral. Lighting designer Armand Zadikian has
created shadow areas, playing with contrasts and creating different
effects with different shades of white light. A computerised system with
a touchscreen simplifies management of the 400 light fixtures in the
Cathedral, almost all of which are adjustable, permitting modification
of lighting and atmospheres on the basis of the type of event, the
season and the time of day.
urban [o3] gewiss
progetto Parco City Life
luogo Milano
progettista Studio Gustafson Porter (parco), Studio Ferrara Palladino
(lighting design)
committente City Life
tipologia prodotti utilizzati apparecchi d’illuminazione
project City Life Park
location Milan
designer Studio Gustafson Porter (park), Studio Ferrara Palladino
(lighting design)
client City Life
product types used light fixtures
Sarà uno dei polmoni verdi più importanti della metropoli milanese,
nonché il cuore di uno dei grandi progetti di riqualificazione urbana
che stanno cambiando il volto della città: il parco pubblico di City Life
si illumina con Urban [O3] di Gewiss, il sistema di illuminazione LED
efficiente ed elegante ad altissimo risparmio energetico. Per illuminare
al meglio il nuovo parco, che si sviluppa su una superficie di
168.000mq, sono stati installati 85 Urban [O3] lungo tutti i percorsi
pedonali, sia nella parte riservata alle abitazioni, sia in quella
aperta al pubblico. Caratterizzato da un design essenziale e puro,
l’apparecchio si è integrato perfettamente all’architettura del verde,
valorizzando il contesto anche dal punto di vista estetico. Il sistema,
dotato di dispositivo bi-regime per la regolazione del flusso luminoso
durante le ore notturne, consente un risparmio energetico del 50%. Le
sorgenti LED garantiscono, inoltre, una durata di vita >50.000 ore e
hanno una temperatura di colore pari a 3500K (CRI >85).Urban [O3]
è inoltre molto versatile (palo basso, testapalo/sbraccio, sospensione)
ed è in grado di adattarsi a ogni configurazione installativa.
It is destined to be one of the city of Milan’s most important green
lungs, at the heart of a major urban redevelopment project that is
changing the face of the city: the City Life public park will be lit up
with Urban [O3] by Gewiss, an efficient, elegant energy-saving LED
lighting system. To light up the new 168,000 square metre park in
the best possible way, 85 Urban [O3] light fixtures were installed
all along the pedestrian pathways in the area where the homes are
located as well as the public park. Characterised by pure, simple
design, the light fixture is perfectly integrated with the landscape
architecture and contributes to the site’s aesthetics. The system,
featuring a dual power level device for controlling light flows at night,
permits energy savings of 50%. LED light sources last more than
50,000 hours and have a colour temperature of 3500K (CRI >85).
Urban [O3] is highly versatile (low pole, pole head/arm, suspension)
to adapt to all kinds of installations.
XX
design focus project
pergola io, tahoma somfy
progetto Protezione solare pontile
luogo Sant’Elena, Venezia
committente Cantieri Celli
tipologia prodotti utilizzati sistemi d’automazione per
protezione solare
project Sunshade for wharf
location Sant’Elena, Venice
client Cantieri Celli
product types used sunshade automation system
Somfy, in partnership con KE Protezioni Solari, partecipa a un
importante progetto nell’area degli ex Cantieri Celli, nell’isola di
Sant’Elena a Venezia: la realizzazione di una vera marina attrezzata
con la costruzione di cui un capannone per il rimessaggio di barche,
un ristorante, un supermercato, negozi, una beauty farm, uno
yacht club e un pontile principale. Proprio la protezione solare del
pontile, che assicura riparo dalle intemperie e dai venti per i clienti
fruitori della darsena, verrà garantita da strutture realizzate da KE
Protezioni Solari e motorizzate con motori Somfy con gestione remota
tramite sistema TaHoma. La copertura Kedry con tetto a lamelle in
alluminio orientabili, il modello Isole I1 con telo superiore in PVC a
impacchettamento e le tende a caduta modello Screeny sono state
motorizzate con motori Somfy. In particolare, è stato utilizzato il
motore radio “Pergola Io”. Si tratta di un motore elettronico per
teli orizzontali che garantisce la perfetta chiusura con tensione
adeguata del telo, arresto istantaneo in caso di ostacolo e rilevazione
elettronica per la regolazione dei fine corsa.
Somfy, in partnership with KE Protezioni Solari, is participating
in an important project in the former Cantieri Celli shipyard on the
island of Sant’Elena in Venice: creation of a fully equipped marina
with construction of a warehouse for storing boats, a restaurant, a
supermarket, shops, a beauty farm, a yacht club and a main wharf.
The sunshade over the wharf, providing shelter from the wind and
the elements for the people using the harbour, will be a structure built
by KE Protezioni Solari with motorised control by Somfy motors and
remote control through the TaHoma system. The Kedry roof made
of adjustable aluminium strips, model Isole I1 with a PVC packet
top and Screeny vertical screens is motor-driven with Somfy motors.
The “Pergola Io” radio-controlled motor, specifically designed with
Io technology for pergolas, permits remote management through
the TaHoma domotic system. It is an electronic motor for horizontal
shades capable of guaranteeing perfect closure with appropriate
shade tension, stopping instantly in the presence of an obstacle, and
electronic detection to control the end of its travel.
ultragas® 150, thermalia® 45 hoval
progetto Sede del Governo del Liechtenstein
luogo Vaduz (Liechtenstein)
progettista Hansjörg Göritz
committente Parlamento Liechtenstein
tipologia prodotti utilizzati caldaia a condensazione,
pompe di calore
project Government of Liechtenstein Building
location Vaduz (Liechtenstein)
designer Hansjörg Göritz
client Parliament of Liechtenstein
product types used condensing boiler, heat pumps
Una microrete di teleriscaldamento Hoval è stata utilizzata per
riscaldare gli ambienti della sede del Governo del Liechtenstein.
Dal 2008, un palazzo di tre piani progettato dall’architetto tedesco
Hansjörg Göritz, ospita il Parlamento del paese. Di particolare
interesse è la sala plenaria (19m di altezza) nella quale siedono
i 25 parlamentari, progettata e costruita con un’attenzione particolare
all’illuminazione, all’acustica e al microclima.
Per riscaldare tutti gli ambienti (sale riunioni, sala plenaria,
biblioteca, archivio e mensa) è stata realizzata una microrete di
teleriscaldamento, alimentata con una caldaia a condensazione
a basamento Hoval UltraGas® 150 e 2 pompe di calore Hoval
Thermalia® 45. La caldaia a condensazione a gas Hoval UltraGas®,
con scambiatore di calore brevettato aluFer, garantisce la massima
resa ed economicità e si può integrare in modo flessibile con tutti i
tipi di generatori di calore e con sistemi a energia solare. In questo
intervento è stata abbinata a due pompe di calore Thermalia® 45,
che utilizzano il calore naturale proveniente dal terreno.
A Hoval district heating microgrid heats the seat of the Government
of Liechtenstein. The three-floor building designed by German architect
Hansjörg Göritz that has housed the country’s Parliament since 2008
centres around a 19m high Parliamentary Chamber where the 25
Members of Parliament meet, designed and built with a special focus
on lighting, acoustics and microclimate.
A district heating microgrid powered by a Hoval UltraGas® 150
condensing base boiler and 2 Hoval Thermalia® 45 heat pumps heats
all the spaces (meeting rooms, Parliamentary Chambers, library,
archive, canteen). The Hoval UltraGas® gas-fired condensing boiler,
with a patented aluFer heat exchanger, guarantees maximum yield
and economic operation and can be flexibly integrated with all kinds
of heat generators and solar energy systems. In this project it was
paired with two Thermalia® 45 heat pumps, which use the natural
heat from the ground.
XXII
design focus project
vrf toshiba serie smms toshiba
progetto Hard Rock Cafè
luogo Venezia
progettista Studio Cadmium Design (concept), Ing. Beppe Bisotto
(strutture, impianti, direzione lavori)
committente Hard Rock Cafè
tipologia prodotti utilizzati pompa di calore
project Hard Rock Cafè
location Venice
designer Studio Cadmium Design (concept), engineer Beppe Bisotto
(structures, installations, supervision of work)
client Hard Rock Cafè
product types used heat pump
Un intervento articolato per la tipologia dello spazio, le attività previste
e la particolare ubicazione in un contesto così complesso come quello
del centro storico veneziano. Toshiba è stata chiamata a intervenire
nel progetto dell’Hard Rock Cafè di Venezia dello Studio Cadmium
Design di Londra. Il particolare mix funzionale del locale, composto da
parte commerciale, vendita di accessori, servizio bar e ristorazione,
ha posto obiettivi prestazionali e funzionali molto elevati e di carattere
diverso nell’arco della giornata.
Il progetto impiantistico doveva pertanto rispondere a tre requisiti
fondamentali: semplicità di gestione ed efficienza massima di
esercizio, funzionamento assicurato anche in emergenza (backup),
esecuzione razionale e veloce e integrata con le altre lavorazioni.
Il sistema VRF Toshiba serie SMMS, in pompa di calore, è apparso fin
da subito la soluzione più efficace, considerando anche le altre opere
impiantistiche. L’efficienza delle unità Toshiba, facilità d’uso da parte
del personale e i consumi ridotti rendono questo sistema un’ottima
soluzione.
A complex project, in terms of the type of space, its purpose and its
location in a particularly difficult setting: Venice. Toshiba was asked
to contribute to the Hard Rock Cafè project in Venice by Cadmium
Design of London. The restaurant’s particular combination of functions,
including a shop, sales of accessories, a bar and a restaurant, set
particularly high goals for performance and functions which would
change at different times of day.
The technical installations therefore had to meet three basic
requirements: easy operation with maximum efficiency, guaranteed
functioning even in the event of an emergency (backup), and rational
construction that would be quick and compatible with the other work
being performed.
The VRF Toshiba series SMMS heat pump system stood out right away
as the most effective solution, taking into account the other technical
installations. The efficiency of Toshiba units, the fact that they are easy
for employees to use and their reduced consumption make this system
an excellent solution.
aton 35 led, horo performance in lighting
progetto Illuminazione Maggiora Park
luogo Maggiora (NO)
progettista SBP Lighting Technical Support
committente Schava
tipologia prodotti utilizzati apparecchi stradali, proiettori
project Lighting for Maggiora Park
location Maggiora (NO)
designer SBP Lighting Technical Support
client Schava
product types used street lights, spotlights
Il nuovo Maggiora Park è stato inaugurato nel 2013 con l’obiettivo di
riportare il motocross a Maggiora ma anche di dare vita a uno spazio
polifunzionale e versatile, ideale per ospitare piccoli eventi circoscritti
alla zona ristorante, ma anche manifestazioni estese all’intera area.
L’impianto di illuminazione del crossodromo e delle strutture circostanti,
realizzato da Performance in Lighting, fa parte dell’ambizioso piano
di riqualificazione e rilancio della struttura. L’obiettivo era garantire
un’illuminazione sostenibile anche in ambito sportivo e fornire alle
famiglie, che vivono il parco durante il resto dell’anno, un ambiente
meglio illuminato. Trentun apparecchi stradali modello Aton 35 LED
(marchio SBP) sono stati impiegati per illuminare la viabilità pubblica
della strada che porta al circuito. Una soluzione ad alta efficienza
energetica, un prodotto che soddisfa le normative vigenti in materia
di inquinamento luminoso e garantisce al tempo stesso elevate
prestazioni illuminotecniche. Cinque proiettori Horo da 1000W sono
stati invece impiegati nell’area sottostante il ristorante, per garantire
uniformità d’illuminazione e limitare i fenomeni di abbagliamento.
The new Maggiora Park opened in 2013 to bring motocross events
back to Maggiora and provide a versatile multipurpose facility for
hosting small events in the restaurant area or larger events in the
facility as a whole. The motocross racetrack and the facilities around
it, lit up by Performance in Lighting, are part of an ambitious plan for
redevelopment and re-launching of the entire structure. The goal was
to provide sustainable lighting in the sporting facility and guarantee
better lighting for the families who use the park the rest of the year.
Thirty-one Aton 35 LED (SBP brand) street lights were used to light
up the public roads to the racetrack: an energy efficient solution, a
product that meets current light pollution regulations with advanced
lighting performance. Five Horo 1000W spotlights were used in
restaurant area, to provide even lighting and limiting glare.
climaveneta
Garantire il massimo comfort in ogni progetto minimizzando, allo stesso
tempo, l’impatto ambientale, acustico e visivo dell’impianto: è l’obiettivo
di tutta l’attività di Climaveneta, da sempre alla ricerca di soluzioni per la
climatizzazione innovative e razionali con le quali rispondere pienamente
alle esigenze del cliente. Se è vero che gli impianti tecnici sono tra i
componenti più critici degli edifici contemporanei, l’azienda di Bassano
del Grappa risponde mettendo in campo più di 40 anni di esperienza e
un approccio “custom-made”, che le permettono di affrontare qualsiasi
tipologia di progetto e intervento con competenza, affidabilità e spirito
di innovazione. Il resto lo fa una gamma di prodotti ampia e versatile,
che si è evoluta nel tempo e che oggi permette a Climaveneta di mettere
l’uomo e il pianeta in cui vive al centro di ogni progetto.
Guaranteeing maximum comfort in all projects while minimising
environmental, acoustic and visual impact is a constant goal for
Climaveneta, ever in search of innovative, rational climate control solutions
to meet all its customers’ needs. Technical systems are among the most
critical components of today’s buildings, and Climaveneta of Bassano
del Grappa responds to the challenge with 40 years of experience and
a “custom-made” approach qualifying the company to work on projects
of all kinds with skill, reliability and a spirit of innovation. The company
offers a vast range of versatile products which has expanded over the years
and now allows Climaveneta to make human beings and the planet we live
the focus of all its projects.
XXXII design focus factory
climaveneta
soluzioni innovative per la climatizzazione
innovative climate control solutions
text by Davide Cattaneo
photo by Ferdinando Sacco
Oltre 90.000mq di superficie produttiva, 9 stabilimenti (di cui tre in
Italia), una gamma completa di prodotti da 1 a 2.400kW: è questa
la forza di Climaveneta, la più ampia offerta di soluzioni e sistemi per
ogni esigenza di comfort, a cui affiancare l’affidabilità, il know-how
e l’esperienza di 40 anni nella climatizzazione. Dai sistemi idronici,
alle unità d’espansione diretta, dalle unità monoblocco al Telecom
Mobile Range, dalla climatizzazione di precisione all’unità sistema da
anello solo per citarne alcune: sistemi completi e versatili con i quali
rispondere con la massima precisione a tutte le richieste progettuali
e impiantistiche, garantendo un ottimo risparmio energetico ed
economico e alimentando la continua propensione alla salvaguardia
ambientale.
Comfort dell’utilizzatore, efficienza energetica dell’impianto e
approccio “custom-made” sono i temi cardine attorno ai quali
ruota tutta l’attività dell’azienda. Se il principale obiettivo di
ogni impianto è garantire il massimo comfort dell’utente, inteso
essenzialmente come livello di temperatura e umidità ottimali in
qualsiasi condizione climatica, per l’azienda il concetto si estende
ad altri aspetti, altrettanto importanti, che concorrono al benessere
generale dell’uomo. In primis la silenziosità delle unità installate,
fondamentale in un contesto come quello urbano così “stressato”
dall’inquinamento acustico, ma anche l’impatto estetico e ambientale
delle soluzioni utilizzate, sempre più importante negli interventi di
riqualificazione nei quali il contesto presenti valenze importanti dal
punto di vista storico e paesaggistico. Spesso per esempio sistemi
di climatizzazione trovano posto all’interno di strutture ed edifici
sottoposti a vincolo architettonico, per natura mal disposte a ospitare
macchine e apparati di grande dimensione.
Accanto alle migliori prestazioni, tutti i prodotti e sistemi Climaveneta
ricercano sistematicamente la massima efficienza energetica. Una
visione, quella dell’uso responsabile dell’energia, insita nel dna
dell’azienda, un approccio etico allo sfruttamento delle risorse che
si traduce in valore aggiunto per ogni impianto, in un minor costo
d’esercizio, minor impatto ambientale e di conseguenza livello di
comfort più elevato.
A tutto questo l’azienda aggiunge la capacità di personalizzazione
del sistema grazie al quale riesce a sviluppare soluzioni ad hoc per le
particolari esigenze di ogni cliente, per ogni applicazione e tipologia
di edificio. L’azienda riesce infatti a combinare un sistema produttivo
industrializzato e basato su vaste economie di scala con la capacità
progettuale e una produzione su misura, in grado ovviamente di
assicurare gli stessi livelli qualitativi di una soluzione standard.
Grazie a questo consolidato equilibrio, l’azienda si propone come
partner qualificato aumentando la propria competitività, grazie
anche al rispetto delle tempistiche e delle scadenze e alla flessibilità
produttiva con la quale far fronte alle eventuali variazioni delle
specifiche di progetto.
Ciò è possibile solo grazie a una produzione efficiente e dinamica
che sappia tradurre le idee del Centro Ricerca&Sviluppo per non
fermarsi alle tipologie di prodotto esistenti ma alla ricerca costante
di soluzioni che possano combinare anche due o più sistemi,
tenendo conto delle caratteristiche di ogni edificio e delle esigenze
di chi lo utilizza. Tenere in grande considerazione le aspettative
dei clienti, significa fornire la soluzione per la climatizzazione più
adatta, assicurando perfetto comfort, investimenti ottimizzati, minimo
impatto estetico e i più elevati standard per il rispetto ambientale.
Mauro Montello, direttore commerciale e marketing di Climaveneta
sottolinea: “Climaveneta esprime al meglio tutto il proprio potenziale
nei grandi impianti, soprattutto nei casi in cui veniamo coinvolti sin
dalle prime fasi del progetto. Poter interloquire con tutti gli attori
della filiera ci permette di avere chiaro fin da subito gli obiettivi del
committente e del progettista, di proporre soluzioni in linea con le
richieste dell’impianto o eventualmente di proporre sistemi alternativi
che possano migliorare ulteriormente i parametri richiesti. Studiamo
in modo approfondito il progetto impiantistico in modo da poter
sviluppare la macchina o l’insieme di macchine giuste per ogni
specifico progetto”.
Centri direzionali, centri commerciali, aeroporti, cinema multisala,
musei e istituti culturali, hotel, ospedali e strutture sanitarie, fiere e
centri congressi, impianti industriali, edifici residenziali: per tutte
queste tipologie di edifici, e per molte altre ancora, Climaveneta ha
studiato e sviluppato soluzioni dedicate, riuscendo ad accomunare
caratteristiche e parametri funzionali simili ed esigenze di comfort
comparabili.
Un modus operandi che consente di unire ai vantaggi di sistemi
dedicati per specifiche esigenze di comfort, la qualità e l’efficienza
della produzione su larga scala, organizzata secondo principi di lean
thinking. È quanto abbiamo avuto modo di constatare visitando lo
stabilimento di Belluno, che assieme ai plant di Bassano del Grappa
e Treviso completano la produzione Climaveneta.
L’approccio Kaizen di derivazione Toyota regola tutte le attività
dell’impianto produttivo. La cura dei dettagli di ogni fase del
processo appare fin da subito evidente grazie a una perfetta
organizzazione del layout dello spazio e all’assoluta precisione
nello svolgimento di ogni singola operazione. A ciò si associa la
ricerca continua del miglioramento, anche piccolo, che si traduce
nella perfetta sincronizzazione della produzione just in time,
nell’approvvigionamento continuo delle linee, nel controllo rigoroso
delle tempistiche di produzione.
Si parte dalla costruzione del basamento su cui si posizionano
via via i vari componenti, dai tubi di rame al modulo batteria, per
finire con i collegamenti elettrici. Tutte le macchine vengono testate
a fine linea attraverso indagini approfondite e strumentazioni che
ricreano perfettamente le condizioni di utilizzo (come da progetto)
per verificare la perfetta rispondenza alle specifiche richieste. Dopo
il collaudo prestazionale, le unità vengono sottoposte al collaudo
acustico per verificare il livello di rumorosità della macchina in
funzione ed eventualmente intervenire per rispettare i vincoli imposti
dal progetto. L’azienda offre inoltre ai propri clienti la possibilità di
assistere direttamente al collaudo dell’unità, simulando specifiche
condizioni di funzionamento prima dell’installazione.
L’evoluzione dell’offerta dell’azienda ha necessariamente tenuto
Nata nel 1971, Climaveneta spa
è leader europeo nel settore
della climatizzazione e del
condizionamento di precisione.
Con un’esperienza di oltre 40
anni e una gamma completa
di prodotti e sistemi per ogni
applicazione e tipologia di
edificio, dal residenziale ai
grandi impianti, Climaveneta
fa dell’efficienza energetica,
uno dei punti di forza delle sue
soluzioni e del suo brand.
Oggi Climaveneta è
una consolidata realtà
internazionale, con cuore e
testa in Italia, con un fatturato
per il 60% conseguito in Europa
e il restante in Cina, India
e Sud America. Strutturata su
9 focus factories specializzate,
è un punto di riferimento per
i progetti più prestigiosi in tutto
il mondo. Climaveneta è una
società del gruppo DeLclima.
Established in 1971,
Climaveneta spa is a European
leader in precision climate
control and air conditioning.
With more than 40 years
of experience and a complete
range of products and systems
for all applications and all kinds
of buildings, from residential
projects to large-scale plants,
Climaveneta has made energy
efficiency one of the strong
points of its solutions and its
brand. Climaveneta is now a
well-established international
company, but its head and
heart are still in Italy; 60%
of the company’s sales are
in Europe, the rest in China,
India and South America. With
9 specialised focus factories,
Climaveneta, a DeLclima
Group company, has become
a key reference in the industry
and contributed to some of
the world’s most prestigious
construction projects.
Climaveneta
via Sarson, 57/C
36061 Bassano del Grappa (VI)
tel 0424 509500 – fax 0424 509509
www.climaveneta.it – [email protected]
XXXIV design focus factory
conto delle tecniche costruttive più innovative sviluppate in edilizia,
che hanno permesso di dar vita a involucri ad alta efficienza e di
elevare l’asticella prestazionale complessiva dell’edificio. Gli impianti
hanno dovuto necessariamente adeguarsi per esempio alle sempre
più frequenti richieste di sistemi che possano produrre freddo e caldo
anche contemporaneamente. Un assunto impensabile fino a pochi
anni fa quando la produzione di riscaldamento e climatizzazione
avveniva sempre attraverso due impianti separati. Climaveneta ha
contribuito in modo significativo a scardinare questo paradigma,
diffondendo al massimo l’utilizzo di macchine versatili in grado di
soddisfare entrambe le richieste nello stesso momento. Per rispondere
a questa esigenza sempre più diffusa, mantenendo elevate le
prestazioni energetiche dell’edificio, l’azienda ha sviluppato una
gamma di unità polivalenti disponibili sia con condensazione ad
aria che ad acqua. I sistemi Integra costituiscono un’evoluzione dei
tradizionali gruppi frigo reversibili a pompa di calore, cioè di unità
in grado di produrre contemporaneamente acqua refrigerata e calda,
specifiche per impianti a 4 tubi.
In tutti quei mesi dell’anno in cui nell’edificio è prevalente la richiesta
di freddo (estate e mezze stagioni), il caldo che viene generato
sul condensatore è gratuito; l’esatto contrario avviene quando
nell’edificio è prevalente la richiesta di caldo (inverno pieno) con
il freddo che viene generato sull’evaporatore a essere questa volta
gratuito.
Le unità Integra massimizzano autonomamente l’efficienza del
ciclo energetico con cui si genera l’energia calda e fredda,
autoregolandosi in ogni momento dell’anno. In particolare l’efficienza
massima si ha nei periodi medio stagionali nei quali più probabile
è la contemporaneità di richiesta di caldo e di freddo. A queste
caratteristiche si associano i vantaggi della massima efficienza
energetica e di nessuna emissione di CO2 a livello locale, la
possibilità di eliminare completamente la caldaia, con il conseguente
recupero di spazio in pianta, l’opportunità di integrazione con
fonti rinnovabili. Tutte le unità della gamma Integra sono infine
LEED relevant, cioè contribuiscono all’ottenimento di crediti per la
certificazione energetica degli edifici. Proprio per questo sono stati
utilizzati in molteplici tipologie di intervento e sono oggi le assolute
protagoniste dell’impianto di uno dei progetti più importanti d’Europa:
la riqualificazione di Porta Nuova a Milano è senza dubbio uno
degli interventi che stanno cambiando radicalmente il volto della
metropoli. Climaveneta è stata chiamata a fornire i propri sistemi
tecnologici in ciascuno dei tre distinti cantieri che danno vita all’intero
progetto (area Garibaldi, ex Varesine e Bosco Verticale). Tutte le
unità sono collegate da un anello d’acqua, alimentato dalla falda del
canale sotterraneo Martesana dalla quale viene prelevata l’energia.
L’integrazione con una fonte rinnovabile garantisce la massima
efficienza dell’impianto. Porta Nuova, così come Ferrante Aporti
sempre a Milano e molti altri progetti realizzati in tutto il mondo sono
simbolo della capacità di Climaveneta di analizzare e approfondire
tutti gli aspetti che concorrono alla definizione dell’impianto, è
un intervento icona della capacita dell’azienda di assicurare
progettualità, affidabilità e qualità dei prodotti anche e soprattutto
in situazioni complesse.
More than 90,000 square metres of productive space in nine plants
(including three in Italy) and a complete range of products from 1 to
2,400kW: these are the strong points of Climaveneta, producer of
the widest range of solutions and systems for all comfort requirements
available on the market, with all the reliability, know-how and
experience gained over 40 years working in climate control. From
hydronic systems to direct expansion units, from monoblock units to
the Telecom Mobile Range, from precision climate control to the loop
system, to mention only a few: complete, versatile systems to respond
to all design and plant engineering requirements with the utmost
precision, saving energy and money and continuing to protect the
environment.
Users’ comfort, energy efficiency and a “custom-made” approach
are the keys to everything the company does. While the principal
goal of every system is guaranteeing maximum comfort for users
by maintaining optimal temperature and humidity conditions in any
climate, the company also extends the concept to other, equally
important aspects of overall human wellbeing. First of all, its
installations are silent: an essential quality in the urban environment,
where we are already “stressed” by noise pollution; Climaveneta
also focuses on its solutions’ aesthetic and environmental impact,
increasingly important concerns in renovation projects in settings of
historic value and natural beauty. Climate control systems are often
installed in buildings and facilities subject to architectural regulations,
where it is naturally difficult to install large-scale machinery and
equipment.
Along with optimal performance, all Climaveneta products and
systems systematically pursue the utmost energy efficiency. The vision
of responsible use of energy is part of the company’s heritage, and
this ethical approach to use of resources adds value to all Climaveneta
installations, cutting operating costs and environmental impact while
Le tre linee di produzione, ciascuna
dedicata a una particolare tipologia
di sistema, si sviluppano in parallelo
e propongono una sequenza di
stazioni operative lungo le quale
le macchine prensono forma
gradualmente.
The three product lines, each
dedicated to a particular type
of system, are developed in parallel
and have a series of workstations
along which machines gradually
take form.
XXXVI design focus factory
improving comfort. In addition, the company can customise its systems
and come up with special solutions personalised in response to
different clients’ needs, applications and building types. The company
manages to combine an industrialised production system based on
vast economies of scale with individualised design and production
guaranteeing the same level of quality as a standard solution.
This consolidated balance makes the company a highly qualified
partner and increases its competitiveness, taking into account that
it meets deadlines and offers the flexibility in production required
to allow for potential changes to project specifications.
This is all made possible by an efficient, dynamic production system
which makes the ideas of the Research and Development Centre into
reality; the company does not stop at making existing product types
but continues to research new solutions, which may combine two or
more systems, taking into account the features of every building and
the needs of every user. Putting customers’ expectations foremost
means supplying the best climate control solutions and guaranteeing
perfect comfort with optimal investment, minimal aesthetic impact
and the highest environmental standards. Climaveneta sales and
marketing manager Mauro Montello says: “Climaveneta expresses all
its potential in its large-scale systems, especially when the company
is involved in a project right from the early stages. Having the
opportunity to discuss things with the other players involved gives us
a clear idea of the client’s and the architect’s goals right from the
start, so that we can offer solutions in line with the requirements for the
installation or suggest an alternative system that could further improve
on the requested parameters. We consider the plant engineering
project in depth in order to come up with the right machine or set
of machines for every specific project”.
Office buildings, shopping centres, airports, multiplex cinemas,
museums and cultural institutions, hotels, hospitals and other medical
facilities, trade fairs and conference centres, industrial plants,
residential buildings: Climaveneta has developed solutions specifically
designed for all these types of building and more, grouping together
similar features and operating parameters and comparable levels of
comfort.
This way of working allows the company to combine the benefits of
special systems designed to meet specific requirements for comfort
with all the quality and efficiency of large-scale production organised
on the basis of the principles of lean thinking. We were able to see
this for ourselves at Climaveneta’s Belluno plant, one of the company’s
three plants in Italy, along with the plants in Bassano del Grappa and
Treviso.
The Kaizen approach developed by Toyota regulates everything that
goes on in the production plant. Attention to detail at all stages in
the process is apparent right away thanks to the perfect organisation
of plant layout and the absolute precision with which each task is
performed. To this we may add the ongoing effort to come up with
improvements, however small, translating into perfect synchronisation
of just in time production, continual line procurement, and strict control
over production times. First the metal base is constructed, after which
components are positioned on it, copper pipes are added and the
batteries are mounted, then the structure is completed and electrical
connections are made.
Climaveneta tests 100% of its production. All machines are tested at
the end of the line with in-depth study and instruments that perfectly
recreate the conditions of use (as specified in the plan) to ensure that
they respond perfectly to specific requirements. The company also
offers its customers an opportunity to attend the testing session in the
plant to experience the perfect functioning of each unit for themselves.
After testing, systems which must meet special requirements in terms of
noise levels are subjected to an “acoustic test” for assessment of levels
© frenk58 - Fotolia.com
Sono 32 le unità Integra di
Climaveneta installate nei diversi
edifici che compongono l’articolato
progetto di Porta Nuova a Milano:
assicurano prestazioni eccellenti,
massimo comfort ed efficienza
energetica utilizzando l’acqua
di falda.
Climaveneta has installed 32
Integra units in the buildings
in the Porta Nuova complex in
Milan, guaranteeing outstanding
performance, maximum comfort and
energy efficiency with aquifer water.
of noise in the machine while in operation and reduce their impact
if necessary.
As the company’s product range has evolved, it has necessarily taken
into account the innovative new construction techniques developed
by the building industry, which has created highly efficient wrappers
that raise buildings’ overall level of performance. Systems have been
adapted to keep up with growing demand for ability to produce
both heat and cold, sometimes at the same time: an idea that was
unthinkable until only a few years ago, when buildings were always
heated and cooled by two different systems. Climaveneta has made
a significant contribution to eliminating this paradigm, promoting use
of versatile machines that can meet both needs at the same time. To
respond to this increasingly common demand while keeping buildings’
energy performance high, the company has come up with a range of
multi-purpose units available with both air and water condensation.
Integra systems represent a new evolution of traditional reversible heat
pump cooling units, that is, units capable of producing chilled and
heated water at the same time, specifically designed for systems with
four pipes.
At times of year when demand for cool air is highest in the building
(spring, summer and autumn), the heat that is generated in the
condenser is free; the exact opposite happens in winter, when
demand for hot water dominates, and the cold generated by the
evaporator is free.
The Integra unit maximises the efficiency of the energy cycle
generating hot and cold energy on its own, regulating itself at all
times of year. Efficiency is highest in the in-between seasons, when
it is likely that there will be demand for both heat and cold. These
features are associated with the benefits of maximum energy efficiency
and zero local CO2 emissions, permitting complete elimination of the
boiler, recovering space in the floor plan and permitting integration
with renewable energy sources. Finally, all the units in the Integra
range are LEED relevant, that is, they help earn credits for energy
certification of buildings. This is a reason why they are used in
many types of projects, and are currently involved in one of the most
important construction projects underway in Europe: redevelopment
of Milan’s Porta Nuova district, a project which is radically changing
the face of the city. Climaveneta was asked to supply technological
systems in each of three construction sites forming the project (the
Garibaldi area, the former Varesine area and Bosco Verticale).
All the units are linked by a loop of water supplied by the Martesana
underground canal, which provides energy. Integration with a
renewable energy source guarantees maximum efficiency. The Porta
Nuova project and the Ferrante Aporti project, also in Milan, like
many others, demonstrate Climaveneta’s ability to analyse and study
all aspects involved in definition of the system, an ideal example
of the company’s ability to guarantee engineering, reliability and
product quality in even the most complex situations.
grafts
135
scenari di architettura/
architectural scenario
40
2
presentazione/introduction
David Closes/
Church of Sant Francesc Convent
photo by Jordi Surroca
Grafts, a central issue
in the contemporary debate
text by Marco Casamonti
4
editoriale/editorial
A dialogue about grafts:
Marco writes, Cino replies.
photo by Cino Zucchi
50
maast arhitecture/
Résidence Poissonniers
photo by Cécile Septet
letture critiche/
critical lectures
24
The residential building is located
in a site with dense urban fabric
of courtyards and small gardens,
an environment which is currently
undergoing major changes.
The six apartments, which boast
double exposures, are spread across
seven stories. The main access point
is located in the garden in order
to free up the floors, which are
accessed through private corridors
Capri imaginary atlas
text by Cherubino Gambardella
58
Marion Bernard/Garden Room
photo by Thomas Maileander
34
Transforming in order to preserve
text by Paolo Giardiello
64
New elements, additions,
superfetation, parasites, grafts,
stratifications, aggregations,
regardless of how we want to
call them, on any scale – urban,
architectonic, furniture – and in
any place – peripheries, old towns,
consolidated tissue, voids – one
wants to implement them, in any
case implying a new architectural
awareness based on a recognition
of the values of the existing, on
the conscience of the importance
of renovation, on the need for a
coexistence between old and new,
on the semantic value inferred from
the apparently casual aggregation
of discrete signs
Elio Di Franco/‘The First‘
Residential Building
photo by Arrigo Coppitz
72
Cleaa Claudio Lucchin & architetti
associati/Hannah Arendt School
photo by Alessandra Chemollo
82
138
180
Archea Associati/
Salaroli Showroom
text by Laura Andreini
photo by Pietro Savorelli
TAO/Office in Woods
photo by Yao Li
itinerario contemporaneo/
contemporary itinerary
The design of the office building
takes advantage of the flat areas with
less trees, follows the form with the
terrain. By doing that, the final shape
is offices zigzagging in the woods
London
in collaboration with
ProViaggiArchitettura
edited by Andrea Nastri
and Giuliana Vespere
150
Kengo Kuma & Associates/
Sunny Hills Japan
text by Andrea Ferraro
photo by Daici Ano
94
Dorte Mandrup Architekter/
Ama’r Children’s Culture House
photo by Torben Eskerod, Jens Lindhe
158
190
Fernanda Canales/Elena Garro
Cultural Center
photo by Jaime Navarro
esiti concorsi/competitions
text by Alessandro Massarente
196
106
recensioni mostre e libri/
exhibition and book reviews
SPEECH Tchoban & Kuznetsov/
Museum for Architectural Drawing
photo by Roland Halbe,
Patricia Parinejad
texts by Aldo De Poli, Maria
Amarante, Federica Arman,
Silvia Avanzi, Cecilia Bianchi,
Roberta Borghi, Claudia Dolci
116
Nieto Sobejano Arquitectos/
Kastner & Öhler Extension
text by Enrique Sobejano
and Fuensanta Nieto
photo by Paul Ott
The desire of the architects was
to combine the unevenness
of the existing constructions with
the individual conditions that their
use and property required, by means
of a new roof generated by a simple
geometric law
128
Josef Weichenberger architects +
Partner/MG9
photo by Erika Mayer
170
Pereda Pérez arquitectos, Ignacio
Olite/Footbridge of Labrit Bastion
photo by Pedro Pegenaute
The footbridge starts as an extension
of the historical wall and finishes
by twisting towards a prearranged
place. The stairs, a point of interest
in this project, appear to give an
answer to the accessibility of this
space. As such, the structural and
geometrical plan take the linear from
a Y shape
178
grafts bibliography
edited by Damianos Damianakos
202
new media
edited by Monica Bruzzone
A Dialogue about Grafts:
Marco Writes, Cino Replies
Epistolario innesti: Marco scrive Cino risponde
4
Marco Casamonti: Caro Cino, accolgo il tuo invito a
non svolgere una tradizionale intervista fatta
di domande e risposte in tempo reale, ovvero prive
di quella riflessione da “slow thinking“ di cui forse
oggi sentiamo la mancanza; assillati come siamo
dallo scrivere o leggere in 140 miserabili caratteri
che, diciamocelo sinceramente, se non mortificano
la lingua certamente talvolta trasformano il pensiero
in un “liofilizzato“ un po‘ infantile e spesso indigesto.
Prendiamoci quindi tutto lo spazio e le battute
disponibili e affrontiamo il tema da te proposto,
in qualità di curatore, di questo Padiglione Italiano
alla Biennale di Architettura di Venezia.
Si tratta, a mio modo di vedere, di una questione che
dietro il titolo “Innesti“ rivela molte letture critiche
ed esperienze che attraversano la cultura
architettonica italiana, ma non solo, dal secondo
dopoguerra all‘attualità. Proviamo quindi
a formulare le nostre riflessioni sotto forma di uno
scambio di opinioni e di sollecitazioni.
Ti propongo sette interrogativi scaturiti in seguito alla
mia visita al padiglione ed al nostro breve incontro,
ad inaugurazione finita e padiglione ormai chiuso,
con la guardiana in procinto di cacciarci dalle “tue“
sale, così elegantemente allestite.
La questione “innesti“, per la cultura italiana,
si segnala più per la continuità (ed uso questo
termine pensando al significato della titolazione della
Casabella rogersiana) che non per la ricerca di un
tema nuovo o d‘avanguardia.
L‘originalità del tema consiste piuttosto nell‘essere
volontariamente non “originale“ nel senso di
riprendere e rilanciare quella lezione sulle
“preesistenze ambientali“ che forse segna la stagione
più alta ed innovativa della ricerca nel nostro paese.
Allora rientrano per questa via il tema del contesto,
del rapporto con l‘ambiente circostante, la ricerca di
quell‘identità dissolta nella tensione di un globalismo
che lacera il senso delle nostre differenze e della sua
intrinseca bellezza.
Per molti questo rappresenta il paradigma ineluttabile
di un destino che porta al declino, viceversa per me,
e ritengo evidentemente anche per te, rappresenta
l‘unica via per la quale l‘architettura italiana
(per quanto tale denominazione falsamente D.O.C.
riesca ad avere ancora un senso) possa riuscire
a conquistarsi uno spazio e quindi una posizione
nel dibattito internazionale; sei d‘accordo su questa
lettura in “continuità“?
Marco Casamonti: Dear Cino,
I am following your suggestion
in the sense of avoiding
a traditional interview made
of questions and answers
in real time, or in other words
without the “slow thinking”
that we are perhaps beginning
to miss today, as we are
adapting ourselves to writing
or reading in 140 miserable
characters which, let us be
honest, if they do not mortify
the language they certainly
sometimes turn thought into a
somewhat infantile and often
tiresome “freeze-dried” version
of itself. Let us therefore allow
ourselves all the space and
characters available and
let us discuss the theme you
have suggested as the curator
of this Italian Pavilion at the
Architecture Biennial of Venice.
As I see it, it is a matter of a
question which, behind the
title “Grafts”, reveals many
critical interpretations and
experiences which have run
like a red thread through the
architectural culture of Italy,
but not only this country, from
the years after World War II
until today. So let us try
to formulate our reflections
in the form of an exchange
of opinions and inspirations.
I will suggest seven questions
which have come to my mind
after my visit at the pavilion
and our short meeting, after
the opening had finished and
when the pavilion had closed,
as the custodian was about
to chase us from “your” rooms
with their elegant design.
“Grafts”, in the Italian culture,
is an issue that is principally
linked to continuity (and I am
using the term in the sense
Rogers used it in the title
of Casabella) rather than a
pursuit of new or avant-garde
themes. The originality of the
theme lies in the fact that it is
intentionally not “original”,
in the sense that it revives and
reintroduces the lesson on
“environmental pre-existences”
which perhaps characterizes
the best and most innovative
period of research in our
country.
In this and in the following
pages: Archimbuto.
A large arched portal
in oxized metal dilates
theprofile of the existing
entrance in an
anamorphic way.
Il nastro delle Vergini.
All photos by Cino Zucchi.
5 editoriale editorial
6
7 editoriale editorial
8
Cino Zucchi: Durante l‘ideazione, la preparazione
e la scelta dei progetti da esporre, ho pensato
a lungo al rapporto tra il titolo “Innesti“ – che a
sua volta è una risposta/interpretazione al tema
suggerito da Rem Koolhaas ai padiglioni nazionali,
“Absorbing Modernity 1914/2014“ – e alcune
parole chiave del dibattito degli ultimi cento anni:
preesistenze ambientali, continuità, architettura
moderna in contesti storici, regionalismo critico, etc.
Senza negare in alcun modo di avere assorbito nei
miei lunghi anni da studente gli elementi di questo
dibattito, ho l‘ambizione di dire che il termine
“innesti“ – al di là della intenzionale metafora
botanica o agricola – cerca di guardare la stessa
cosa da un punto di vista piuttosto diverso.
L‘Italia, che è spesso stata vista come un paese che
ha “resistito“ al nuovo – restano famose la critica
formulata da Reyner Banham dell‘“Italian Retreat from
Modern Architecture“, e la risposta di Ernesto Rogers
“al custode dei Frigidaires“ – ha avuto secondo
me una grande tensione verso l‘innovazione
e la modernità.
Non volevo quindi parlare dell‘“adattamento“ del
nuovo al contesto – oggi questa è una tecnica spesso
messa in atto dall‘architettura commerciale – né del
tema del linguaggio e della storia.
This approach makes it
possible to include the
theme of the context, of
the relationship with the
surrounding environment,
the pursuit of that identity
which is lost as we adapt to a
globalism that is undermining
the meaning of our differences
and their intrinsic beauty.
This represents, to many,
the ineluctable paradigm
of a destiny which leads to
decline, but to me – and I
am convinced also to you – it
represents the only path by
which Italian architecture
(regardless of whether this
falsely authentic label still has
any meaning) can succeed
in conquering a place in the
international debate; do you
agree with this interpretation
of “continuity”?
Cino Zucchi: While ideating
and preparing the exhibition
and choosing the projects
to include, I have thought
for a long time about the
relationship between the title
“Grafts” – which is in its turn
a response/interpretation of
the theme suggested by Rem
Koolhaas for the national
pavilions, “Absorbing
Modernity 1914/2014” – and
some key words in the debate
of the last hundred years:
environmental pre-existences,
continuity, modern architecture
in historical contexts, critical
regionalism, etc. Without in
any way wanting to deny
that I have assimilated the
elements of the debate in my
long years as a student, I
have the ambition to say that
the term “grafts” – beyond
the intentional botanic or
agricultural metaphor – aims
to look at the same thing from
a quite different point of view.
Italy, which has often been
seen as a country that has
“resisted” the new – Reyner
Banham’s criticism of the
“Italian retreat from modern
architecture” and Ernesto
Roger’s reply to “the custodian
of Frigidaires” is still famous
– has as I see it pursued
innovation and modernity with
considerable zeal.
Il mio punto di vista è diverso: il moderno italiano ha
sempre dovuto fare i conti con un luogo – sia esso
naturale o urbano – già formato da tempo.
Ha dovuto così mettere in atto tattiche più complesse
(non ho volutamente usato la parola “strategia“, ma
piuttosto quella di “tattica“, nel senso dato a questi
due termini da Michel de Certeau ne L‘Invention du
Quotidien), capaci di assorbire nel loro corpo la
situazione esistente e di trasfigurarla in una nuova
configurazione. L‘innesto è un atto violento, fallibile,
che si prende la responsabilità delle sue molteplici
conseguenze.
Marco Casamonti: Il padiglione è diviso fisicamente
ma anche culturalmente in due parti: la prima
sala è dedicata a Milano quale esemplificazione
e narrazione di un lungo dibattito concepito come
evocazione ed epopea della trasformazione del
pensiero architettonico ed urbano; la seconda
contiene frammenti, immagini di edifici interpretati
come pietre miliari di un‘architettura e di una visione
contemporanea, edifici che rappresentano
e descrivono il nostro paese da Nord a Sud.
Potresti descrivere come metti in relazione e come
interagiscono tra loro queste due parti?
Cino Zucchi: Le due parti principali da te indicate
sono collocate in una sequenza più articolata.
Innanzitutto considero i due interventi fisici sui due
spazi aperti prospicienti le Tese delle Vergini parte
integrante dei contenuti piuttosto che puri elementi
scultorei.
This is why I did not want to
speak of the “adaptation”
of novelties to the context
– this is a technique which
is today often adopted by
commercial architecture – nor
of the theme of language and
history. I approach the theme
from another angle: Italian
modernity has always had to
deal with a place – whether
natural or urban – which was
already formed a long time
ago. I have therefore had
to implement more complex
tactic measures (I have
intentionally avoided to use
the word “strategy”, preferring
“tactics” in the sense Michel
de Certeau gives the two terms
in L’Invention du Quotidien),
capable of absorbing the
existing situation in their body
and to transfigure it, giving it
a new configuration. The graft
is a violent, fallible act, which
takes responsibility for its
many-faceted consequences.
Marco Casamonti: The
pavilion is divided physically
but also culturally in two parts:
the first room is dedicated to
Milan as exemplification and
narration of a long debate
conceived as evocation and
epic of the transformation
of architectonic and urban
thought, while the second
contains fragments, images
of buildings interpreted as
milestones of an architecture
and a vision that is
contemporary, buildings which
represent and describe our
country from North to South.
Could you explain how these
two parts relate and interact
with one another?
Cino Zucchi: The two principal
parts you mention belong to
a more articulated sequence.
First of all I consider the two
physical interventions in the
two open areas facing the Tese
delle Vergini as an essential
part of the exhibition content,
rather than pure sculptural
elements.
10
10
Padiglione Italia
Milano. Laboratorio del moderno
Milan. Laboratory of modernity
Le vicende architettoniche e urbanistiche di
Milano degli ultimi cento anni costituiscono
un esempio tra i più chiari dei tentativi di
“modernizzazione“ dell‘Italia. La sezione
“Milano. Laboratorio del moderno“ prende
in esame alcuni momenti di questa storia
complessa, dove un moderno orgoglioso
è capace di adattarsi al contesto, di farlo
suo e di trasfigurarlo all‘interno di una
nuova visione urbana.
Milan‘s architectural and urban events
of the last hunfred years constitute a
clear example of the attempts of Italy‘s
“modenization“. The section “Milano.
Laboratory of modernity“ looks at some
moments of this complex history, where
a prideful modern is able to adapt to its
context, to make it his and to transfigure it
inside a new urab vision.
Un paesaggio contamporaneo
A contemporary landscape
Le diverse condizioni del territorio
italiano e i diversi contesti economici,
programmatici e sociali alla base dei
processi di trasformazione non possono
essere in alcun modo ricondotti a un
modello unitario. La migliore cultura
progettuale di questi anni sembra
tuttavia animata da un‘attitudine
comune: l‘osservazione attenta del sito,
dei suoi vincoli, delle sue risorse, e la
capacità di intervenire in esso con un
atto di trasformazione che li assorba
al suo interno e li trasfiguri in un nuovo
paesaggio abitato.
Alla sezione prendono parte 85 progetti
di studi italiani.
The different conditions of the Italian
territory and the different economical,
programmatic and social contexts
founding the processes of transformation
cannot be brought back in any way to a
single model. The best design culture of
these years is nevertheless animated by a
common attitude: the careful observation
of the site, of itd constraints, of its
potentials, and the capacity to intervene
on it with an act of transformation able to
absorb them into its body and to turn them
into a new inhabited landscape.
85 projects by Italian offices of
architecture take part to this section.
- 2A+P/nicole_fvr
- 5+1AA Alfonso Femia Gianluca Peluffo
- ABDA Architetti Botticini de Apollonia
e Associati
- ABDR Architetti Associati
- act_romegialli
- aMDL_architetto Michele De Lucchi
- Amoretti Calvi e Associati + Giancarlo
Ranalli
-
-
-
Archea Associati
Barozzi/Veiga
baukuh
Boeri Studio (Boeri, Barreca, La Varra)
C&P Architetti Luca Cuzzolin+
Elena Pedrina
C+S Architects
Calzoni Architetti – Arch. Sonia Calzoni
Massimo Carmassi
Antonio Citterio Patricia Viel and Partners
Clementi Hinners architects
Roberto Collovà
Cottone+Indelicato, Joan Puigcorbé
Mario Cucinella Architects
Rosario Cusenza + Maria Salvo Studio
DAP studio/Elena Sacco-Paolo Danelli
Elasticospa
Elasticospa+3
ES-arch enricoscaramelliniarchitetto
ETB
Gambardellarchitetti
Ghigos, ARCstudio, Id-Lab
giussaniarch - Roberto Giussani /
Andrea Balestrero
Gregotti Associati International
(Augusto Cagnardi, Vittorio Gregotti,
Michele Reginaldi)
GSMM architetti
Raimondo Guidacci Architetto
IaN+
Ifdesign
Iotti + Pavarani Architetti
Kuehn Malvezzi
Labics
LAN
Vincenzo Latina
Lelli, Bandini, Luccaroni, Magazè,
Laboratorio di Architettura
Gaetano Lixi, Francesco Delogu
Luciano Giorgi, Liliana Bonforte
(lgb-architetti)
MAB Arquitectura
LAPS Architecture
mdu architetti
MoDus Architects
monovolume architecture+design
Adolfo Natalini/Natalini Architetti Firenze
Marco Navarra_NOWA
Gualtiero Oberti, Attilio Stocchi
OBR Paolo Brescia, Tommaso Principi
Onsitestudio
OperaStudio Magni Paci Architetti
Park Associati (Filippo Pagliani,
Michele Rossi)
Pietro Carlo Pellegrini architetto
Pierpaolo Perra, Alberto A. Loche
Renzo Piano Building Workshop
Piuarch. Francesco Fresa,
Germán Fuenmayor, Gino Garbellini,
Monica Tricario
Renato Rizzi
Studio Italo Rota and Partners
Scandurra Studio
Scape
Soprintendenza per i Beni Architettonici
e Paesaggistici di Venezia e Laguna
-
Markus Scherer, Walter Dietl
Nunzio Gabriele Sciveres Architetto
Sp10
stARTT studio di architettura
e trasformazioni territoriali
Studio Albori
StudioErrante Architetture
Studio di Architettura Andrea Milani
Studio Zero85
Tasca Studio Architetti Associati
Werner Tscholl Architekt
Paolo Zermani (Studio Zermani Associati)
Ambienti taglia e incolla
Cut and paste environments
La tecnica moderna del collage ha avuto
un ruolo importante in molti momenti
di riflessione critica sui fondamenti
disciplinari e sull‘autonomia del fatto
architettonico, come nel passato recente
della Tendenza e dell‘Architettura
Radicale. Oggi più autori sembrano avere
ripreso il filo interrotto di queste ricerche.
The modern collage technique played
an important role in many moments of
critical reflection on the fundamentals of
the discipline and on the autonomy of the
architectural phenomena, as in the recent
past the ones of the Italian Tendenza
and of the Architettura Radicale. Today
a number of authors seems to have
reconnected the borken thread of this
research.
Paesaggi abitati. La vita si adatta
agli spazi che si adattano alla vita
Inhabited landscapes: life adapts
to the spaces which adapt to life
Se gli spazi urbani e il territorio italiano
si mostrano alternativamente come un
“museo a cielo aperto“ o come i luoghi
del degrado ambientale, essi sono
anche e soprattutto lo sfondo della vita
quotidiana dei loro abitanti. Una serie
di video realizzati da diversi autori
attraverso una “open call“ pubblica è
montata insieme a formare un grande
paesaggio animato che mostra differenti
e contradditori aspetti del rapporto tra gli
spazi collettivi e la vita che li percorre, vi
si adatta, li trasforma o li abbandona.
If the Italian urban spaces and territory
appear in turn as an “open air museum“
or as the places of environmental neglect,
they are also above all the backdrop
of the everyday life of their inhabitants.
A series of videos realized by different
authors through a public “open call“
is mounted together to form a large
animated landscape, showing different
and contradictory sides of the relationship
between collective spaces and the life
which flows through them, adapts to them,
transform or abandons them.
12
Essi sono due “innesti“ fisici sul luogo: l‘“Archimbuto“
all‘ingresso, che trasfigura in forma astratta e affilata
gli archi delle Gaggiandre e invita il pubblico a
entrare; e il “Nastro delle Vergini“ del giardino, che
partendo dalla scritta esistente “Italia“ – recuperata
dal vecchio padiglione ai Giardini – si snoda tra gli
alberi diventando di volta in volta palco, panca, arco,
tavolo.
All‘interno, oltre alla sezione su Milano e quella sul
contemporaneo, troviamo una parte dedicata al
lascito dell‘EXPO a manifestazione finita (allestita dai
Modus), un collage di videoclip amatoriali (montati
da Studio Azzurro) che danno conto del rapporto
tra spazi e comportamenti con lo spazio di sosta
(disegnato da Matilde Cassani), la “Quadreria“
(curata da Emilia Giorgi), le cartoline dal mondo
inviateci da diciotto architetti stranieri con una loro
visione dell‘Italia.
Come tante cineprese piazzate in punti diversi
dell‘immensa scena del nostro paese, queste sezioni
guardano da punti di vista complementari un concetto
comune, quello enunciato dal titolo: l‘impossibilità
di concepire l‘atto architettonico come oggetto
autonomo.
Marco Casamonti: A livello internazionale hai
proposto Milano come paradigma di un processo
di evoluzione e trasformazione della società italiana
attraverso i secoli, concentrandoti sul Novecento e
sul passaggio del moderno, prima della guerra, e
sulla stagione postbellica nella quale emergono con
particolare evidenza le figure a te care di Asnago e
Vender, Caccia Dominioni, Ignazio Gardella.
They are two physical “grafts”
on the place: the Archimbuto
or ‘architectural funnel’ at the
entrance, which represents
an abstract and more acute
transfiguration of the arches
of the Gaggiandre, and
invites the public to enter;
and the “Band of the Virgins”
in the garden, which on the
basis of the existing text –
“Italy” – recovered from the
old pavilion in the Gardens
– winds among the trees,
becoming stage, bench, arch
or table, depending on the
situation.
Inside, in addition to the
section on Milan and the one
on the contemporary reality,
we find an area dedicated
to the heritage of the EXPO
on conclusion of the event
(installed by Modus), a
collage with different video
clips shot by amateurs (edited
by Studio Azzurro) which
provide an account of the
relationship between spaces
and behaviours with rest areas
(designed by Matilde Cassani)
and the “Quadreria” (curated
by Emilia Giorgi) postcards
from the world sent to us by
eighteen foreign architects, in
which they illustrate their vision
of Italy.
In these and in the next
pages: images of the
section dedicated to
“Milan. Laboratory
of modernity“.
In the previous page,
an image of the entrance
to the Padiglione Italia.
13 editoriale editorial
14
Tuttavia, come è noto, la storia del secolo che
abbiamo recentemente abbandonato propone come
centrale rispetto al nostro paese il confronto tra
Roma e Milano; schematizzando tra razionalismo
e organicismo, tra l‘MSA (Movimento Studi
per l‘Architettura) e l‘APAO (Associazione per
l‘Architettura Organica) di zeviana memoria;
insomma un dibattito giocato sulla competizione
culturale tra la capitale economica del paese
e il suo centro politico. Perché hai deciso
programmaticamente, oltre la tua evidente e
conosciuta appartenenza geografica, di organizzare
e “disegnare“ questo interessante sguardo
retrospettivo tralasciando volontariamente figure
come Libera, Ridolfi, Quaroni? Perché ancora
mostrare il progetto del ‘34 della torre in piazza
Duomo a Milano di Gardella, e non l‘EUR del ‘42?
Like numerous movie cameras
installed in various points
on the immense stage of our
country, these sections observe
the same concept from
complementary viewpoints,
namely the one enunciated
by the title: the impossibility
of conceiving the work of
architecture as an autonomous
object.
Marco Casamonti: On an
international level you have
proposed Milan as paradigm
of a process of evolution and
transformation of the Italian
society across the centuries,
focusing on the Twentieth
century and on the passage
of modernity, before the war,
and the postwar period in
which the personalities dear
to you stand out with great
clarity, we are referring to
Asnago and Vender, Caccia
Dominioni, Ignazio Gardella.
But as we know, the history
of the century we recently
left behind us proposes the
confrontation between Rome
and Milan as a central aspect
in our country; it entails a
schematization between
rationalism and organicism,
between the MSA (Movement
for Studies on Architecture)
and the APAO (Association
for Organic Architecture)
linked to the historical figure
of Zevi; in short, a debate
which centres on the cultural
competition between the
country’s economic capital and
its political centre. Why have
you decided programmatically,
apart from your evident and
known geographic ties, to
organize and “design” this
interesting retrospective gaze
in a manner that deliberately
neglects figures as Libera,
Ridolfi and Quaroni? Why
do you still exhibit Gardella’s
project for a tower in piazza
Duomo in Milan from 1934,
and not the EUR of 1942?
16
17 editoriale editorial
Cino Zucchi: Some of the
Cino Zucchi: Alcuni degli architetti “romani“ che citi
sono mostrati come un flash nel grande pannello
introduttivo dell‘intero padiglione, che preleva
campioni istologici dall‘intero paese e l‘intera sua
storia. Non ho scelto Milano perché è la mia città –
anzi il fatto mi imbarazzava un po‘ – ma perché ho
pensato che invece di raccontare il tema attraverso
progetti tratti dall‘intero territorio italiano – finendo
poi per scontentare Olbia o Campobasso o Rovigo –
l‘unità di luogo avrebbe rafforzato molto l‘indagine,
facendo risuonare tra loro eventi diversi per luogo
e tempo. D‘altronde Monditalia, che precede il
Padiglione da me curato, si occupa dell‘intera
penisola con grande spiegamento di mezzi, temi e
intelligenza critica.
Ma la scelta è data anche da un altro modo di
guardare alle cose. Nel caso di Milano, come
in quello del paesaggio contemporaneo, non mi
interessava una storia “per autori“ o per “movimenti“,
ma piuttosto la trasformazione del territorio nel suo
aspetto più fisico: il grande plastico della città su
cui sono proiettate le tracce e le ferite delle sue
trasformazioni passate, i casi della Ca‘ Granda,
del Duomo e della sua piazza, la ricostruzione
moderna del centro dopo i bombardamenti del ‘43,
la Triennale del ‘68, la “città che sale“ sono ritratti di
eventi collettivi, non di “autori“; e anche quando tratto
il lavoro degli autori, non mi interessa la loro opera
completa o la loro biografia artistica o culturale, ma
piuttosto i loro intarsi nella città esistente. In questo
senso, il dibattito ideologico tra la “scuola milanese“
e la “scuola romana“ mi interessa molto meno che
l‘esame delle trasformazioni fisiche della città, che
sono trattate in forma quasi “minerale“ come i modelli
in pietra dell‘ultima sala.
Marco Casamonti: L‘allestimento da te immaginato
mi è sembrato evocativo ed interessante, ma
oltre l‘aspetto formale, introduce due questioni
evidentemente intenzionali di cui ti chiedo conto;
la prima riguarda la mancanza delle didascalie a
corollario delle immagini, obbligando il visitatore
a continui rimandi e ritorni alla mappa/legenda
generale secondo una modalità che tende a
dissociare gli autori ed il loro pensiero dall‘opera in
favore di un quadro generale indipendente dai singoli
contributi. La seconda riguarda una mescolanza di
immagini reali e virtuali che un po‘ disorienta, come
se la costruzione di un‘opera fosse secondaria rispetto
al progetto. Vi era questa volontà?
“Roman” architects you
mention appear in the large
panel which provides an
introduction to the entire
pavilion, which presents
histological samples of the
whole country and its history. I
did not choose Milan because
it is my city – indeed, the
fact has caused me some
embarrassment – but because
I have thought that rather than
illustrating the theme with
projects taken from the whole
Italian territory – and thus
ending up with disappointing
Olbia or Campobasso
or Rovigo – choosing
one location would have
strengthened the investigation
considerably, making events
linked to different places and
periods echo among them. On
the other hand Monditalia,
which is located before the
pavilion curated by me,
examines the entire peninsula
with a generous expenditure
of means, themes and critical
intelligence.
But the decision is also
motivated by another way
to look at things. In the case
of Milan, as in that of the
contemporary landscape, I
was not so much interested
in a history “by authors”
or by “movements” as in
the transformation of the
territory in its more physical
aspects: the great model of
the city showing the traces
and wounds of its past
transformations, the cases
of the Ca’ Granda, of the
Duomo and its square, the
modern reconstruction of the
centre after the bombardments
of 1943, the Triennale of
1968, the “rising city” are
portraits of collective events,
not of “authors”, and even
when I examine the work of
the authors I am not so much
interested in their complete
work or artistic or cultural
biography as in the way they
fit into the existing city. In this
sense I find the ideological
debate between the “Milanese
school” and the “Roman
school” much less interesting
than the examination of the
physical transformations of the
city, which are dealt with in
an almost “mineral” form, like
the models in stone in the last
room.
Marco Casamonti: The
exhibition design you have
ideated has seemed evocative
and interesting to me, but
beyond the formal aspect
it introduces two evidently
intentional questions I would
ask you to explain. The first
concerns the fact that there are
no captions accompanying
the images, something which
obliges the visitors to move
back and forth, continuously
returning to the general
map or the general legend,
according to a system where
the authors and their thoughts
tend to be dissociated from the
work in favour of a general
scenario which is independent
of the single contributors. The
second concerns the fact that
real and virtual images are
mixed in a quite disoriented
fashion, as if the construction
of a work were secondary
with respect to the project. Has
this been intentional on your
part?
Cino Zucchi: My final comment
in my last answer is also true
with regard to the second
room: I have chosen projects,
not authors. There are many
architects whom I admire, but
which are absent because
they did not have works which
were relevant to the theme of
the exhibition, while of the
contrary there are works nu
some architects who do not
appeal to me from a personal
and cultural viewpoint, but
in whose projects I have
recognized a significant
aspect of the theme. The result
as a whole aims to concretize
the idea that once a project
has seen the light of day, it
loses all character of being the
work of its author, becoming
the mineral background of
our lives, of the landscape in
which we move. The difficulties
associated with reading
the authors is completely
deliberate: everything has
to be read as an installation
of images representing a
patchwork scenario, rather
than an exhibition of projects.
anche per la seconda sala: ho scelto progetti e non
autori. Ci sono molti architetti che ammiro e che non
sono presenti perché non avevano opere significative
rispetto all‘argomento trattato; e invece l‘opera di
qualche architetto che mi è piuttosto antipatico dal
punto di vista personale e culturale, ma nel cui
progetto ho riconosciuto una sfaccettatura significativa
del tema. Il tutto vorrebbe configurare l‘idea che una
volta immesso nel mondo, un progetto perde ogni
carattere autoriale e diventa lo sfondo minerale delle
nostre vite, del paesaggio nel quale ci muoviamo. La
difficoltà di leggere gli autori è del tutto intenzionale:
il tutto va letto come un‘installazione di immagini che
costituiscono un panorama-patchwork piuttosto che
un‘esposizione di progetti.
Marco Casamonti: L‘allestimento, specialmente nella
prima sala, ricorda nel disegno della sezione, che
mi pare il vero tema del progetto, alcuni bellissimi
allestimenti di Gae Aulenti per la Triennale di Milano.
Si tratta di un omaggio conscio, un incrocio di
coincidenze che hanno a che vedere con il tuo codice
genetico, o semplicemente solo una mia personale
visione?
Cino Zucchi: La forma dello spazio della prima
sala, che oscilla tra la cappella scavata in negativo
e la silhouette dell‘“albero“, mi è venuta di getto
al ritorno dall‘Arsenale di Venezia dopo un rilievo
dettagliato dello spazio esistente; rilievo che aveva
messo in crisi la possibilità di mettere in opera un
primo schema allestitivo a grandi “stanze“ cubiche.
Nella prima sala volevo simulare la compattezza e
la densità di uno spazio urbano, mentre la seconda
doveva evocare un paesaggio. Ho notato io stesso
a posteriori l‘assonanza della sezione con la
Galleria della Triennale disegnata dall‘Aulenti; ma
ancora di più con l‘allestimento di Pierluigi Nicolin
alla XVIII Triennale chiamata “Un viaggio in Italia.
Nove progetti per nove Città“, alla quale avevo
collaborato tanti anni fa. Ma dopo aver chiamato la
mia installazione alla scorsa Biennale di Chipperfield
“Copycat. Empathy and Envy as Form-makers“, non
ci vedo niente di male nel constatare nei progetti
risonanze multiple e talvolta inconsce, anzi!
Marco Casamonti: Torniamo al soggetto, al titolo
della tua proposta denominata appunto “innesti“.
Quanto c‘è di programmatico ed intenzionale e
quanto di lettura critica della realtà? È evidente che
l‘Italia sia un paese fortemente ed intensamente
costruito, dove molte realizzazioni si giocano
necessariamente sul rapporto con il contesto esistente
nel quale l‘architetto “innesta“ la sua personale opera
di modificazione e trasformazione del paesaggio.
Tuttavia a questa visione di necessità se ne aggiunge
un‘altra intenzionale che invita a non consumare
ulteriormente suolo, a costruire sul già costruito, a
lavorare all‘interno di un contesto già potentemente
formato e maturo, in cui lo spazio operativo deve
relazionarsi con l‘innesto di parti o frammenti
all‘interno di un quadro, il paesaggio italiano, già
ampiamente definito. Che cosa prevale tra i due
aspetti nella tua proposta?
Marco Casamonti:The
exhibition design, especially
in the first room, reminds of
the section, and this seems
to me as the true theme
of the project, of some
extraordinary exhibition
designs at the Triennale in
Milan. Is this a matter of a
conscious homage, a series
of coincidences related to
your genetic code, or is it
simply a matter of a personal
impression of mine?
Cino Zucchi: The shape of
the interior of the first room,
which oscillates between
a chapel excavated in the
negative and the silhouette
of a “tree”, came to me in
a flash on my return from
the Arsenale of Venice after
a detailed inspection of the
existing space; this inspection
had revealed the impossibility
of implementing my initial
idea for the exhibition, with
large cubic “rooms”. In
the first room I wanted to
simulate the compactness
and density of an urban
space, while the second
was to evoke a landscape.
I have myself noticed, after
the fact, the assonance
between the section and
that of the Gallery of the
Triennale designed by
Aulenti, but even more with
Pierluigi Nicolin’s exhibition
interior for the exhibition at
the XVIII Triennale called “A
travel in Italy. Nine projects
for nine Cities”, to which I
contributed many years ago.
But after having called my
installation at the last Biennial
of Chipperfield “Copycat.
Empathy and Envy as Formmakers”, I see nothing
wrong in verifying multiple
and sometimes unconscious
resonances in projects, on the
contrary!
19 editoriale editorial
Cino Zucchi: La coda della risposta precedente vale
20
21 editoriale editorial
Marco Casamonti: Let us
22
Cino Zucchi: Se il secolo scorso è stato il secolo
dell‘espansione del fenomeno urbano, questo è
forse il secolo della sua necessaria mutazione.
Questa mutazione non può che avere come sfondo
l‘emergenza ambientale e il cambiamento della nostra
attenzione e sensibilità nei confronti del paesaggio.
Questa evoluzione è in parte descritta, e forse anche
evocata dalle due diverse forme di allestimento,
nel passaggio dalla prima sala – che si occupa del
passato recente – alla seconda, che è uno sguardo
sulla contemporaneità.
Potremmo dire che tutto il Padiglione è concepito
in questo modo: si entra “novecentisti“ dalle
Gaggiandre attraverso il grande arco in metallo che
connota l‘ingresso e si esce “paesaggisti“ nel giardino
delle Vergini con la lunga panca in metallo che si
snoda all‘ombra degli alberi esistenti. Le questioni
della sostenibilità e del consumo di territorio non
devono oggi costituire “specialità“ né puri elementi
di marketing, ma devono essere presenti come
valori profondi, e in un certo senso non “declamati“,
del nostro compito più generale come architetti e
urbanisti.
Marco Casamonti: Il tuo lavoro curatoriale e la
tua proposta culturale ed espositiva hanno ricevuto
consensi quasi unanimi e moltissimi apprezzamenti
sinceri; in ogni caso, come inevitabile, avrai avuto
anche oppositori che convintamente, o, come spesso
accade, al solo scopo di conquistarsi un ruolo,
hanno denigrato il tuo operato, vuoi rispondere sia ai
primi che ai secondi?
Cino Zucchi: La Biennale, ma in particolare il
Padiglione Italia, è sempre stato argomento di
discussione e spesso di gossip prima e dopo l‘evento.
Questa dimensione eccessivamente “pubblica“, quasi
fosse un concerto o un film i cui biglietti risultino
già venduti prima ancora della sua realizzazione,
è quella che mi ha fatto meditare bene prima di
rispondere alla chiamata del Ministero. Ma ciò
fa parte del gioco, me l‘aspettavo; anche se non
nelle forme estreme di autocandidatura prima e di
lamentela poi (spesso proprio dagli stessi “lasciati
indietro“) che ho sperimentato. Adoro la discussione e
anche le critiche, quando però sono in qualche forma
pertinenti agli argomenti e alle scelte messe in atto.
Un film sui castori va criticato nel taglio che ha dato e
nel suo farsi; è piuttosto inutile domandare all‘autore
perché non l‘abbia fatto sulle seppie, sulle antilopi o
sulle formiche. La maggior parte dei commenti che
ho sentito - sia i molti positivi che i pochi critici - era
di natura piuttosto superficiale, oppure molto obliqua
e astratta; ma ovviamente non è esistita una sede
adeguata per farli, se si esclude un certo carattere
virale delle chat su internet. Per il momento mi ha
interessato di più la discussione che ne è scaturita
con i colleghi stranieri, che sono molto più attenti
alla realtà italiana di quel che sembri a prima vista.
return to the theme, to the title
of the exhibition presented
by you: “grafts”. How much
of it is programmatic and
intentional, and how much is
a matter of a critical reading
of reality? It is evident that
Italy is a country where a
considerable part of the
territory is densely built,
and where many projects
must perforce relate to the
existing context, in which
the architect “grafts” his
personal work of modification
and transformation of the
landscape. However, this
vision of necessity may be
seen in the light of another,
intentional one, which invites
us not to consume more land,
to build on the areas that are
already covered by cement, to
work within a context which
is already dense and mature,
in which our room for action
is limited to grafting parts or
fragments onto a scenario,
the Italian landscape, which is
already clearly defined. Which
of the two aspects prevail in
your proposal?
Cino Zucchi: If the last century
has been characterized by
the expansion of the urban
phenomenon, this one may
be the one of its necessary
mutation. This mutation must
be seen in the context of the
environmental emergency and
the change of our attention
for and appreciation of the
landscape. This evolution is
to some extent described,
and perhaps also evoked
by the two different kinds
of exhibition design, in the
transition from the first room
– which focuses on the recent
past – to the second, which
examines the contemporary
reality. We could say that the
whole Pavilion is conceived
as follows: the public enters
as “people of the Twentieth
century” from the Gaggiandre,
through the large metal arch
at the entrance, and leaves as
“landscapists” in the Garden
of the Virgins with the long
metal bench which winds
among the trees, in the shade.
Today issues of sustainability
and consumption of land must
not constitute “specializations”
or pure marketing elements,
but must be presented as
profound, and in a certain
sense not “proclaimed” values
of our more general duty as
architects and urbanists.
Marco Casamonti: Your work
as a curator and your cultural
proposal and exhibition
design have received
almost unanimous approval
and a great many sincere
expressions of appreciation;
but at the same time it is
inevitable that there are
opponents who have, out of
conviction or – as is often
the case – who for the sole
purpose of attracting attention,
criticized your work. Would
you like to answer both the
former and the latter?
Cino Zucchi: The Biennale, but
in particular the Italy Pavilion,
has always been subject of
discussion and often of gossip,
before and after the event
itself. This excessively “public”
dimension – it is almost as if
it were a matter of a concert
or a movie of which tickets
are sold before it has been
staged – is what made me
think twice before accepting
the invitation of the Ministry.
But this is part of the game, I
was expecting it, even if not
in the extreme forms of selfcandidature before the event
and complaints after it (often
precisely by the very same
persons who were “excluded”)
which I have witnessed. I am
very fond of both discussion
and criticism, but only when
they are in some way pertinent
to the subjects and choices
made. A movie on beavers
should be criticized on the
basis of the form it has been
given and the way in which
it has been made; it is quite
futile to ask the author why
he didn’t make a movie about
squids, antelopes or ants. Most
of the comments I have heard
– and this applies to both
the very positive and the few
critical ones – have been of a
quite superficial nature, or of a
very elusive and abstract one,
but there has obviously not
existed an adequate forum for
making them, if we exclude a
certain viral character of chats
on the internet. For the moment
I have been more interested
in the discussion which has
been developed with foreign
colleagues, who pay much
more attention to the Italian
reality than may appear at first
sight.
Inhabited landscapes:
life adapts to the spaces
which adapt to life.
In the previous pages:
images of the section
dedicated to “A
contemporary landscape“.
La rivista Werk ha dedicato un numero monografico
a Caccia Dominioni, Adam Caruso sta dando alle
stampe un libro su Asnago e Vender; e nelle loro
“cartoline“ esposte in mostra, gli architetti stranieri
Aires Mateus, Ofis Architekti, Burkhalter e Sumi, Dick
Van Gameren, Dominique Perrault, Michel Desvigne,
fanno riferimento rispettivamente al rapporto tra
il proprio lavoro e le esperienze progettuali di
Adalberto Libera, Gino Valle, Giulio Minoletti,
Luigi Moretti, Gabetti e Isola, Vittorio Gregotti. In
questo momento la cultura mondiale sta guardando
all‘Italia con rinnovato interesse, e mi sembra che
questa edizione della Biennale, con il nostro lavoro
e con Monditalia, sia riuscita a dialogare bene con
questo quadro allargato, togliendo alla discussione
quell‘aura da strapaese che aveva preso negli ultimi
anni. Il Padiglione Italia si era progressivamente
marginalizzato da sé in una Biennale sempre più
internazionale, e questo non per colpa dei curatori,
ma proprio per la natura del dibattito che lo
contornava. In ogni caso, aspettiamo ogni edizione
come una nuova puntata di una storia estesa nel
tempo e narrata da diversi autori, e quindi sono già
curioso di cosa ci riserverà la futura edizione.
The Werk magazine has
dedicated a monographic
issue to Caccia Dominioni,
Adam Caruso is sending
a book about Asnago and
Vender off to press; and in
their “postcards” on show
in the exhibition, the foreign
architects Aires Mateus, Ofis
Architekti, Burkhalter and
Sumi, Dick Van Gameren,
Dominique Perrault, Michel
Desvigne refer to the
relationship between their
own respective work and
the design experiences of
Adalberto Libera, Gino
Valle, Giulio Minoletti, Luigi
Moretti, Gabetti and Isola
and Vittorio Gregotti. In this
moment the international
cultural milieu is looking to
Italy with renewed interest,
and it seems to me that this
edition of the Biennale, with
our work and with Monditalia,
has succeeded in dialoguing
well with this ampler scenario,
freeing the discussion of
the aura of vernacular
provincialism that it had
assumed in recent years.
The Italian Pavilion had
gradually marginalized itself
in a Biennale that has become
more and more international,
and this has not been due to
any fault on the part of the
curators, but precisely due
to the nature of the debate
surrounding it. In any case,
we await every edition as a
new chapter in a story which
continues over time and is
told by different authors, and
I am therefore already curious
about what the next edition
has in store for us.
Kastner & Öhler Extension
Nieto Sobejano Arquitectos
Graz, Austria
location: Graz, Austria
client: Kastner & Öhler
architects: Nieto Sobejano
Arquitectos, S.L.P.
Fuensanta Nieto – Enrique Sobejano
project architect: Dirk Landt
collaborators: Ines Bahr,
Gesche Böckmann, Udo Brunner,
Michele Görhardt, Joachim Kraft,
Sebastián Sasse, Malanie Schneider,
Anja Stachelscheid, Nik Wenzke
structure: GSE, Ingenieur –
Gesellschaft mbH, Saar, Enseleit und
Partner, Wendl, ZT
Robert Wendl – Bernhard Horn
Mechanical Engineer
Fischer & Co GmbH
models: Juan de Dios Hernández,
Jesús Rey
project date: 2007
116
text by Enrique Sobejano,
Fuensanta Nieto
photo by Paul Ott
Il modernismo ha aperto tante porte, ne ha tuttavia
chiuse altre, come quella della decorazione,
per esempio, per molto tempo ignorata e non
considerata quale fonte di altri percorsi espressivi
possibili. Il tetto è uno degli elementi architettonici
che ha svolto, in passato, un ruolo fondamentale
nella definizione spaziale e urbana dell’edificio;
nel corso del ventesimo secolo, con l’avvento delle
teorie moderne, tale elemento è stato ridotto a
tetto orizzontale. L’assioma corbusiano del tetto
piatto è stato contestato seriamente, per la prima
volta, all’inizio della seconda metà del secolo,
con opere meno comuni di architetti come Kahn o
Utzon, che hanno riscoperto il potenziale espressivo
del tetto, non solo dal punto di vista formale e
volumetrico, ma anche quale elemento in grado di
generare spazio, luce e struttura, in altre parole,
è lo stesso concetto architettonico ad essere stato
riscoperto. Molti centri storici urbani sono stati
definiti dal profilo dei tetti, dalle volte, dalle cupole,
che si distinguono tra gli edifici e che, spesso,
sono gli unici elementi visibili da lontano. La città
austriaca di Graz ne è un esempio, se il suo centro
storico è stato dichiarato patrimonio dell’umanità
lo si deve essenzialmente al panorama armonico
creato dai tetti, un panorama che è servito da
fonte di ispirazione e punto di partenza per il
nostro progetto di ampliamento del grande centro
commerciale.
Modernism opened up many
doors, but it also closed
others – as it happened with
ornamentation, for instance –
which was long disregarded
as a source for other possible
expressive paths. The roof
is one of those architectural
elements that in the past have
played an essential role in the
spatial and urban definition
of buildings, and throughout
most of the twentieth century
modern orthodoxy has
reduced it to the almost
universal imposition of the
horizontal roof. The Corbusian
axiom of the flat roof only
began to be questioned
seriously beginning in the
second half of the century, as
it happened with some lesscommon works by architects
who, like Kahn or Utzon,
would recover the expressive
potential of a building’s roof,
not only in its formal and
volumetric expression, but also
as an element that generates
space, light, and structure,
or, in other words, its own
architectural conception. Many
historical urban centers have
been defined by the silhouette
of their roofs – roofs, vaults,
domes – which stand out
amid the buildings and are
sometimes only perceptible
from distant vantage points.
This is the case with the
Austrian city of Graz – whose
historic center is listed as a
heritage site thanks essentially
to its harmonious roofscape
– where our project for
the expansion of a large
department store took the
interpretation of that reality
as its point of departure.
118
site plan
0
100
200
La serie di edifici da ampliare, risalenti a epoche
diverse, offriva l’opportunità di intervenire ai
piani superiori, fino ad ora occupati da elementi
meccanici, ripostigli e locali di servizio. Gli edifici
circostanti, vicini alla collina Schlossberg, presentano
tutti tetti spioventi, tale caratteristica contribuisce
a dare uniformità al panorama, benché le
architetture abbiano altezze differenti. Il nostro
progetto di ampliamento parte con lo stesso
obiettivo: il desiderio di unire costruzioni
disomogenee, mantenendo le dovute differenze
legate alle differenti destinazioni d’uso, tramite la
realizzazione di un nuovo tetto, creato seguendo
una semplice regola geometrica. La geometria
è spesso stata considerata un limite alla libertà
dell’architetto di progettare forme; dal nostro punto
di vista tuttavia, è vero il contrario: la geometria
diviene un mezzo attraverso cui raggiungere la
libertà, un mezzo che permette al progetto di
adattarsi ai mutamenti, imprevedibili, del contesto.
Una serie di lucernari paralleli si susseguono
sull’asse dominante est-ovest dei tetti cittadini.
Ognuno dei lucernari è simile a quelli adiacenti,
la falda a forte pendenza del tetto si interseca con
una superficie in vetro, che consente alla luce di
raggiungere l’interno dell’edificio.
stage 1
stage 2
stage 3
stage 4
The series of buildings from
different periods that was
to be expanded offered
the chance to intervene in
the upper floors, up to now
occupied by mechanical
elements, storage areas, and
services. The surrounding
buildings, close to the
Schlossberg hill, convey an
overall coherent image thanks
to their pitched roofs, even
though they have different
heights. Our expansion project
took that same premise as
its starting point: the desire
to combine the unevenness
of the existing constructions
with the individual conditions
that their use and property
required, by means of a new
roof generated by a simple
geometric law. Geometry
has often been considered
as limiting the formal
freedom of the architect.
But in our view, it is quite
the opposite, becoming a
mechanism that liberates
and allows the project to
adapt to changing and
unforeseeable circumstances.
The interruptions in the folds of
the roofs generate terraces that
overlook the mountains and
the city.
plan
0
5
10
section
0
5
10
121 scenari di architettura architectural scenario
122
L’altezza di ogni elemento varia, adattandosi al
tetto dell’edificio ampliato o sollevandosi al di
sopra di questo, a sottolineare la presenza dei
vuoti che attraversano gli interni. Le interruzioni
tra le diverse falde del tetto danno vita a terrazze
che si affacciano sulle montagne e sulla città; tali
terrazze riprendono, nel contempo, il susseguirsi di
piccole piazze e cortili che definiscono il percorso
pedonale al livello inferiore. L’utilizzo di un unico
materiale conferisce un aspetto omogeneo all’esterno
dell’ampliamento, i pannelli in bronzo invecchiato
si integrano con le sfumature di colore dei coppi
del tetto. L’edificio da vita ad un nuovo profilo
geometrico che si fonde perfettamente nello skyline
della città e sembra rappresentare con orgoglio un
famoso aforisma moderno: il tetto è generatore.
At the same time, these echo
the meandering sequences of
small plazas and courtyards
that define the pedestrian
itinerary on the lower level.
A single material unifies the
new expansion toward the
exterior: weathered bronze
panels that set up a dialogue
with the color variations of the
roof tiles. Clearly tracing a
geometric profile that blends
into the city skyline, it also
seems to proudly express
– paraphrasing a famous
modern aphorism – that the
roof is the generator.
plan
0
5
10
124
section
0
5
10
125 scenari di architettura architectural scenario
126
A series of parallel
skylights follows the
dominant, east-west
direction of the city roofs.
Each skylight is similar
to its adjacent ones:
it rises in a sloping
plane and is intersected
by a glass surface that
brings light inside.
The height of this element
is varied, either adapting
to the transition of the
roofs of the buildings it
extends, or rising above
the rest to highlight the
voids that traverse the
interior space.
detail
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2
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127 scenari di architettura architectural scenario
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contemporary itinerary: London
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in collaboration with Roberto Bosi - ProViaggiArchitettura
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edited by Andrea Nastri and Giuliana Vespere
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Moor House, Foster + Partners
Drapers Gardens, Foggo Associates
Heron Tower, Kohn Pedersen Fox Associates
Swiss Re Building, Foster + Partners
Walkie Talkie Building, Rafael Vinoly Architects
Tower Bridge House, Richard Rogers Partnership
New Court, Rothschild Bank London HQ, OMA
Cannon Place / Cannon Street Station, Foggo Associates
One New Change, Ateliers Jean Nouvel
A3
City of London Information Centre, Make Architects
Bankside 123, Allies and Morrison
3 & 7 More London Riverside, Foster + Partners
Ernst & Young Headquarters, Foster + Partners
London Bridge Tower and London Bridge Place,
Renzo Piano Building Workshop / Adamson Associates
Strata SE1, BFLS
Evelyn Grace Academy,
Zaha Hadid Architects
WIMBLEDON
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Vauxhall Cross Bus Station, Arup
One Church Square, Paul Davis + Partners
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01. Excel Exhibition Centre Phase II, Grimshaw Architects
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02. Siemens Urban Sustainability Centre,
19.
Wilkinson Eyre Architects
20.
03. London Cable Car, Wilkinson Eyre Architects
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05. Ravensbourne College, Foreign Office Architects
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06. KPMG European Headquarters,
24.
Kohn Pedersen Fox Associates
25.
07. 25 Bank Street, Pelli Clarke Pelli Architects
26.
08. Canada Water Library, CZWG Architects
27.
09. Laban Dance Centre, Herzog & De Meuron
28.
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Stratford,
Make
Architects
29.
HILL PARK
11. London Velodrome, Hopkins Architects / Grant Associates
30.
12. London Aquatics Centre, Zaha Hadid Architects
31.
13. Olympic Stadium, Populous
14. Donnybrook Quarter, Peter Barber Architects
32.
RICHMOND PARK
15. Town Hall Hotel, Rare Architecture
33.
16. Adelaide Warf, Allford Hall Monaghan Morris
34.
17. Olympic Energy Centres, John Mc Aslan + Partners
35.
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50. London Metropolitan University Graduate Centre,
Daniel Libeskind
51. The Roundhouse, John Mc Aslan + Partners
52. Swiss Cottage, Terry Farrel & Partners
53. Paddington Green Campus at City of Westminster College,
Schmidt Hammer Lassen Architects
54. Paddington Waterside, Richard Rogers Partnership
55. The Point, Terry Farrel & Partners
56. Two Kingdom street, Kohn Pedersen Fox Associates
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57. Imperial College Faculty Building, Foster + Partners
58. ROCA London Gallery, Zaha Hadid Architects
59. Albion Riverside, Foster + Partners
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61. Chiswick Park, Rogers Stirk Harbour + Partners
62. Wembley Stadium Redevelopment, Foster + Partners /
HOK Sports
63. Brent Civic Centre, Hopkins Architects
64. Heathrow Terminal 5, Rogers Stirk Harbour + Partners
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33
The Home Office, Terry Farrel & Partners
62 Buckingham Gate, Pelli Clarke Pelli Architects
Wellington House, John Mc Aslan + Partners
W London Leicester Square, Jestico + Whiles
10 Hills Place, Amanda Levete Architects
Central St. Giles Court Development,
Renzo Piano Building Workshop
42. City Lit, Allies and Morrison
43. Saw Swee Hock Student Centre, London School of
Economics, O’Donnel + Tuomey Architects
44. Lavington Mansions, TateHindle
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45. University College London Cancer Institute,nor oak rd
Paul O’Gorman Building, Grimshaw Architects
46. King’s Cross Station, John Mc Aslan + Partners
47. New University of the Arts, London Campus for Central
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Saint Martins, Stanton Williams
48. King’s Cross ArtHouse, De Rijke, Marsh, Morgan Architects
49. St. Mary Magdalene Academy, Feilden Clegg
Bradley Studios
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Tidal Basin Road
project
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architect
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Greenwich Peninsula
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project
KPMG European
Headquarters
tipology office
architect Kohn Pedersen
Fox Associates
realization 2011
address
Canada Square,
Canary Wharf
A
project
tipology
architect
25 Bank Street
office
Pelli Clarke
Pelli Architects
realization 2003
address
25 Bank Street
Peninsula Place
office
Terry Farrel & Partners
2008
14 Pier Walk,
6 Mitre Passage
A
project
tipology
architect
realization
address
Canada Water Library
culture
CZWG Architects
2011
21 Surrey Quays Road
F
B
G
C
H
A
E
D
09
10
A
project
tipology
architect
realization
address
B
Laban Dance Centre
education
Herzog & De Meuron
2003
Creekside
13
B
project
tipology
architect
realization
address
B
B
project
University Square
Stratford
tipology education
architect Make Architects
realization 2013
address
1 Salway Road
project
tipology
architect
London Velodrome
sport
Hopkins Architects /
Grant Associates
realization 2011
address
Olympic Park
project
tipology
architect
realization
address
14
15
16
project
tipology
architect
realization
address
Donnybrook Quarter
residential
Peter Barber Architects
2006
Eden Way, Old Ford
Road, Parnell Road
project
tipology
architect
realization
address
London Aquatics Centre
sport
Zaha Hadid Architects
2011
Olympic Park
B
B
B
Olympic Stadium
sport
Populous
2012
Olympic Park
12
11
Town Hall Hotel
hotel
Rare Architecture
2010
Patriot Square,
Bethnal Green
project
tipology
architect
Adelaide Warf
residential
Allford Hall Monaghan
Morris
realization 2007
address
Queensbridge Road /
Whiston Road
E
B
F
G
A
D
C
17
18
C
B
project
tipology
architect
Olympic Energy Centres
infrastructure
John Mc Aslan
+ Partners
realization 2012
address
Bowling Green Walk
project
tipology
architect
realization
address
21
22
C
project
tipology
architect
realization
address
19
C
Moor House
office
Foster + Partners
2005
Moorgate /
London Wall
project
tipology
architect
realization
address
project
tipology
architect
realization
address
C
Drapers Gardens
office
Foggo Associates
2009
12 Throgmorton Avenue
23
C
Swiss Re Building
office
Foster + Partners
2004
30 St Mary Axe
20
C
Walkie Talkie Building
office
Rafael Vinoly Architects
2014
20 Fenchurch Street
project
tipology
architect
Tower Bridge House
mixed use
Richard Rogers
Partnership
realization 2005
address
Saint Katherine‘s Way /
Tower Bridge Approach
project
tipology
architect
Heron Tower
office
Kohn Pedersen Fox
Associates
realization 2011
address
110 Bishopsgate
24
C
project
New Court, Rothschild
Bank London HQ
tipology office
architect OMA
realization 2011
address
St Swithin‘s Lane
F
B
G
C
H
A
E
D
C
26
C
project
Cannon Place / Cannon
Street Station
tipology
mixed use
architect Foggo Associates
realization 2011
address
78 Cannon Street
project
tipology
architect
realization
address
29
30
C
project
3 & 7 More London
Riverside
tipology
mixed use
architect Foster + Partners
realization 2006/2010
address
3, 7 More London Place
27
C
One New Change
mixed use
Ateliers Jean Nouvel
2010
1 New Change / Bread
Street / Cheapside
C
project
Ernst & Young
Headquarters
tipology
office
architect Foster + Partners
realization 2003
address
1 More London Place
28
C
project
City of London
Information Centre
tipology
public
architect Make Architects
realization 2007
address
St Paul's Churchyard
project
tipology
architect
realization
address
31
32
C
project
London Bridge Tower
and London Bridge
Place
tipology
mixed use
architect Renzo Piano Building
Workshop / Adamson
Associates
realization 2012/2013
address
London Bridge Street
Bankside 123
office
Allies and Morrison
2010
110 Southwark Street
185 itinerario contemporaneo: londra contemporary itinerary: london
25
D
project
tipology
architect
realization
address
Strata SE1
residential
BFLS
2010
8 Walworth Road
F
B
G
C
H
A
E
D
33
34
D
project
tipology
architect
realization
address
D
Evelyn Grace Academy
education
Zaha Hadid Architects
2010
255 Shakespeare Road
37
E
project
tipology
architect
62 Buckingham Gate
mixed use
Pelli Clarke Pelli
Architects
realization 2013
address
62 Buckingham Gate
E
project
Vauxhall Cross
Bus Station
tipology infrastructure
architect Arup
realization 2005
address
Bondway, Vauxhall
project
tipology
architect
realization
address
38
39
E
project
tipology
architect
Wellington House
mixed use
John Mc Aslan
+ Partners
realization 2012
address
Buckingham Gate /
Petty France
36
35
E
One Church Square
residential
Paul Davis + Partners
2013
86, Vauxhall Bridge
Road
E
project
W London Leicester
Square
tipology
hotel
architect Jestico + Whiles
realization 2011
address
10 Wardour Street
project
tipology
architect
realization
address
The Home Office
office
Terry Farrel & Partners
2005
2 Marsham Street
40
E
project
tipology
architect
10 Hills Place
office
Amanda Levete
Architects
realization 2009
address
10 Hills Place
F
B
G
C
H
A
E
D
41
E
42
C
E
project
Central St. Giles Court
Development
tipology
mixed use
architect Renzo Piano Building
Workshop
realization 2010
address
1–13 St Giles High
Street
project
tipology
architect
realization
address
45
46
E
project
University College
London Cancer Institute,
Paul O‘Gorman
Building
tipology
education
architect Grimshaw Architects
realization 2007
address
72 Huntley St, Camden
Town
43
E
City Lit
education
Allies and Morrison
2005
1 - 10 Keeley Street
E
project
tipology
architect
King‘s Cross Station
mixed use
John Mc Aslan +
Partners
realization 2013
address
Euston Road/Pancras
road
44
E
project
Saw Swee Hock Student
Centre, London School
of Economics
tipology
education
architect O‘Donnel + Tuomey
Architects
realization 2014
address
St clement‘s Lane
project
tipology
architect
realization
address
47
48
E
project
New University of the
Arts, London Campus
for Central Saint
Martins
tipology
education
architect Stanton Williams
realization 2011
address
Granary square
Lavington Mansions
residential
TateHindle
2013
17 Ogle Street
E
project
tipology
architect
King‘s Cross ArtHouse
residential
De Rijke, Marsh,
Morgan Architects
realization 2013
address
York way, King‘s cross
F
B
G
C
H
A
E
D
49
F
50
C
F
51
52
F
F
project
St. Mary Magdalene
Academy
tipology
education
architect Feilden Clegg Bradley
Studios
realization 2008
address
Liverpool Road
project
London Metropolitan
University Graduate
Centre
tipology
education
architect Daniel Libeskind
realization 2004
address
166-220 Holloway Rd
project
tipology
architect
The Roundhouse
leisure
John Mc Aslan +
Partners
realization 2006
address
Chalk Farm Road
project
tipology
architect
realization
address
53
54
55
56
G
project
Paddington Green
Campus at City of
Westminster College
tipology
education
architect Schmidt Hammer
Lassen Architects
realization 2010
address
Paddington Green
G
project
tipology
architect
Paddington Waterside
mixed use
Richard Rogers
Partnership
realization 2004
address
N Wharf road
G
project
tipology
architect
realization
address
Swiss Cottage
mixed use
Terry Farrel & Partners
2004
Adelaide Road /
Winchester Road /
Avenue Road /
College Crescent
G
The Point
office
Terry Farrel & Partners
2004
37 North Wharf Road
project
tipology
architect
Two Kingdom street
office
Kohn Pedersen
Fox Associates
realization 2011
address
2 Kingdom street
F
B
G
C
H
A
E
D
G
58
G
project
Imperial College
Faculty Building
tipology education
architect Foster + Partners
realization 2004
address
Imperial College Road
project
tipology
architect
realization
address
61
62
H
project
tipology
architect
Chiswick Park
mixed use
Rogers Stirk Harbour
+ Partners
realization 2013
address
566 Chiswick
High Road
G
ROCA London Gallery
museum
Zaha Hadid Architects
2011
Station Court,
Townmead Road
H
project
60
59
Wembley Stadium
Redevelopment
tipology sport
architect Foster + Partners
/ HOK Sports
realization 2007
address
Fist way, Wembley
project
tipology
architect
realization
address
H
Albion Riverside
mixed use
Foster + Partners
2003
Hester Road
63
10 Hammersmith Grove
office
BFLS
2013
10 Hammersmith Grove
64
H
project
tipology
architect
realization
address
project
tipology
architect
realization
address
H
Brent Civic Centre
office
Hopkins Architects
2013
Engineers way
project
tipology
architect
Heathrow Terminal 5
infrastructure
Rogers Stirk Harbour
+ Partners
realization 2008
address
Heatrow Airport,
Hillingdon
189 iitinerario contemporaneo: londra contemporary itinerary: london
57
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David Closes / maast architectes / Marion Bernard / Elio Di