rivista di architettura e arti del progetto luglio/agosto 2014 Italia € 12,00 Canada CAD 39.95/Germany € 24.80/UK GBP 19.50/Greece € 22.00/Portugal € 22.00/Spain € 22.00/Switzerland CHF 30,00/USA $ 40.95/Belgium € 22,00 135 Rivista Bimestrale/Poste Italiane SpA - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv.27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 1, DCB Bologna grafts David Closes / maast architectes / Marion Bernard / Elio Di Franco / Cleaa Claudio Lucchin & architetti associati / Archea Associati / Dorte Mandrup Architekter / SPEECH Tchoban & Kuznetsov / Nieto Sobejano Arquitectos / Josef Weichenberger architects + Partner / TAO / Kengo Kuma & Associates / Fernanda Canales / Pereda Pérez arquitectos, Ignacio Olite / london itineraries / design focus technology and domotics design focus technology and domotics essay II Paolo Giardiello VI Alfonso Morone zoom VIII Vimar innova la tradizione XII XIII XIV XV XVI XVII XVIII XIX XX XXI XXII XXIII project Home Sapiens, Perpetual 7/Bpt, Domino Led Modul Q/Nimbus Group Visign for Style 10/Viega Vitocal 300-G, Vitoplex 100 PV1/Viessmann Regudis W-TU/Oventrop Lighting Control System/Helvar Apparecchi LED/Philips Urban [O3]/Gewiss Pergola Io, TaHoma/Somfy UltraGas® 150, Thermalia® 45/Hoval VRF Toshiba serie SMMS/Toshiba Aton 35 LED, Horo/Performance in Lighting XXIV review factory XXXI Climaveneta II design focus essay un computer da abitare a computer for living text by Paolo Giardiello Gli oggetti saranno in grado di “parlarci”, di “richiamare la nostra attenzione”, nel senso che saranno gli oggetti, conoscendo i nostri gusti ed esigenze, a stimolarci, ad invitarci, a suggerire, a proporre. Devices will be able to “speak to us”, to “attract our attention”, in the sense that it will be the devices, which know our preferences and needs, that will stimulate us, invite us, make suggestions and proposals. L’avvento della tecnologia informatica, del digitale e della “rete” internet, ha modificato sostanzialmente il nostro quotidiano, costruendo un mondo in cui, secondo una espressione diffusa, siamo sempre “connessi”. I nuovi apparati elettronici, i nuovi oggetti che ci circondano, hanno infatti aumentato le possibilità di comunicazione e di conoscenza, di informazione e di scambio di opinioni ma, soprattutto, ci hanno reso parte di un “sistema” in cui si è costantemente collegati a coloro o a ciò che abbiamo scelto di seguire e aggiornare. Tale principio di “connettività” ha modificato il senso stesso delle relazioni interpersonali, del diritto all’informazione, della conoscenza e della possibilità di raccogliere dati e nozioni, alterando la sostanza reale di stati come la “solitudine”, la “percezione” o l’ “esperienza”. La domotica, letteralmente la robotica applicata alla casa, e cioè la diffusione e la declinazione di tali tecnologie in ambito domestico, pur avendo raggiunto potenzialità impensabili, nella prassi corrente, è stata utilizzata prevalentemente ancora solo per il controllo degli strumenti che contribuiscono al confort abitativo, per gli oggetti che animano lo spazio, per la gestione a distanza degli impianti e quindi per la verifica in tempo reale dei requisiti e delle prestazioni delle componenti tecnologiche. Se cioè il mondo, grazie alle nuove tecnologie, è diventato un luogo di scambio, a ogni livello, di legami e di contatti interpersonali sempre più intensi, di conoscenza e approfondimento di interessi e passioni, di partecipazione a ideali, la casa invece – come i principali spazi destinati alle varie attività dell’uomo – è diventata principalmente uno “strumento” sempre più controllabile, più performante, più personalizzabile, più adeguato alle esigenze, insomma più complesso ma più facilmente gestibile. Parafrasando uno slogan caratteristico del Movimento Moderno, se la casa agli inizi del XX secolo poteva essere intesa, grazie alla rivoluzione tecnologica del tempo e in aderenza ai cambiamenti della società, come una “macchina da abitare”, oggi essa si sta conformando sempre più come un “computer da abitare”, uno strumento elettronico sofisticato capace di soddisfare ogni esigenza espressa dal contemporaneo, anche la più ardita. Eppure, se la “macchina da abitare” del secolo scorso non voleva affermare solo l’avvento di innovazioni tecniche quanto, piuttosto, suggerire uno “stile di vita” adeguato ai tempi in evoluzione corroborati da nuove opportunità offerte dal “moderno” in arrivo, il “computer da abitare” con cui oggi ci confrontiamo, non è ancora foriero di nuove modalità insediative e relazionali, quanto solo di un totale controllo degli apparati e delle componenti, ovvero di integrazione e dialogo tra gli stessi, che attrezzano e qualificano gli spazi in cui vivere. La ricerca scientifica e tecnologica oggi sta invece cercando di imporre una reale inversione di tendenza e quindi proporre un rinnovato significato del ruolo della domotica nella vita dell’uomo: dal controllo e comando degli apparati si sta giungendo ad una reale interattività e ad un dialogo con essi. Il futuro che si sta progettando è quello in cui gli oggetti non solo saranno sempre più obbedienti e a nostra totale disposizione, ma saranno in grado di “parlarci”, di “richiamare la nostra attenzione”, nel senso che saranno gli oggetti, conoscendo i nostri gusti ed esigenze, a stimolarci, ad invitarci, a suggerire, a proporre. Tale cambio di atteggiamento, già percorribile tecnologicamente, e in essere nel mondo immateriale di internet, è prossimo ad invadere il nostro quotidiano, la nostra vita reale. I prodotti ci riconosceranno, o meglio riconosceranno un nostro apparato – smartphone, tablet o semplice card dotata di chip che sia – e quando saremo presso di loro, apprendendo chi siamo e cosa desideriamo, ci proporranno offerte e opportunità, magnificando le loro qualità in tempo reale, invitandoci a provarli, a comprarli, a studiarli o semplicemente a conoscerli e utilizzarli. Gli oggetti, gli spazi, le istituzioni ci contatteranno sapendo i nostri gusti ed esigenze, bisogni e aspettative e, se glielo avremo consentito, ci daranno ogni tipo di informazione sulle loro caratteristiche attraverso confronti con altri prodotti o luoghi o situazioni simili. Questo non solo quindi in campo commerciale, ma in tutte le attività quotidiane: in un museo o in una esposizione temporanea saranno le opere d’arte a raccontarci spontaneamente la loro storia e adeguarla al nostro interesse e livello di approfondimento, così come durante la visita ad una città i monumenti stessi ci daranno informazioni culturali, orari di apertura, costo del biglietto di accesso, tempi di fruizione, organizzando quindi la nostra visita nel giorno e nel momento giusto, leggendo i nostri impegni e il nostro programma di viaggio. Come anche i luoghi di ristoro e divertimento sapranno ricordarci da quanto tempo non ci fermiamo a fare una pausa, a degustare un caffè, esaltando le caratteristiche dei prodotti e del servizio a nostra disposizione. Insomma in albergo sapranno già cosa desideriamo per colazione; i luoghi di transito ci ricorderanno di comprare il giornale, il binario o il gate a cui andare e il tempo che manca alla partenza; una automobile ci disegnerà il migliore tragitto conoscendo le nostre abitudini e confrontandole con il traffico; una biblioteca ci aiuterà a scegliere cosa studiare o leggere; un treno saprà che musica preferiamo e come siamo soliti accomodarci in una poltrona, provando magari a convincerci che, per una volta, scendere in una tappa intermedia significa vivere una esperienza inattesa e certamente di nostro gusto. Questo futuro, fatto di una applicazione diffusa e capillare di tecnologie semplici, è oggi già potenzialmente in atto, necessita solo di interfaccia semplici e comprensibili e modificherà sostanzialmente le nostre abitudini, cambierà radicalmente il rapporto tra l’uomo e le cose, tra le azioni da compiere e i bisogni da soddisfare. All’interno di tali nuove relazioni l’architettura deve sapere accogliere la sfida e riuscire ad adeguare, anzi rinnovare, gli spazi destinati alla vita dell’uomo. Non si tratterà infatti di calare nuovi oggetti o strumenti nelle vecchie conformazioni spaziali, ma di capire come dare nuova forma e significato a luoghi in cui l’interattività cancellerà confini tra bisogni e desideri, tra azioni e reazioni, tra pubblico e privato, tra reale e virtuale, tra intimo e condiviso. Non è immaginabile infatti che tale rivoluzione non alteri gli spazi e il loro uso, non modifichi l’idea di chiuso e aperto, di interno ed IV design focus essay esterno, forse addirittura di luogo stesso in quanto l’essere in un determinato posto sarà solo uno dei parametri in gioco, non più così indispensabile, così assoluto. La personalizzazione dei luoghi andrà di pari passo alla interazione tra gli oggetti e gli utenti, tra il loro aspetto simbolico e formale e il loro effettivo uso. Certamente lo spazio non potrà rimanere indifferente, dovrà essere sostanza e forma del “computer da abitare”, luogo di dialogo tra persone e cose, scena di relazioni non più immediatamente tangibili sebbene supportate da desideri e aspettative forti e consolidati. The advent of information technology, digital media and the Internet has substantially altered our everyday life, building a world in which we are always, as a commonly used expression puts it, “connected”. In fact, the new electronic devices and objects we are surrounded by have given us new possibilities to communicate and obtain knowledge and information and to exchange opinions; but most importantly, they have rendered us participants of a “system” in which we are constantly connected to the persons or activities we choose to follow and remain up to date about. This principle of “connectivity” has changed the very meaning of interpersonal relations, of the right to obtain information and knowledge and the possibility to retrieve data and notions, altering the real substance of conditions such as “solitude”, “perception” or “experience”. Domotics, literally robotics applied to the home, or in other words the diffusion and declination of these technologies in the home, have attained unimaginable potentials; yet home automation is still principally used for controlling devices that contribute to comfort in the home, for the objects which enliven the space and for managing systems from a distance, and thus to verify the prerequisites and performance of technical components in real time. In other words, while the new technologies have made the world a place of exchange on every level, of increasingly intense connections and interpersonal contacts, making it possible to obtain exhaustive knowledge about what we are interested or enthusiastic about and to participate in initiatives we believe in, the home – as the principal spaces intended for various human activities – has on the contrary first and foremost become an “instrument” that is increasingly easy to control, with a higher performance; it has become more customizable, better suited to our needs; in short, more complex but easier to manage. Paraphrasing a characteristic slogan of the Modern Movement, if the home of the early 20th century could be understood, thanks to the technological revolution of the period and as a result of the changes in society, as a “machine for living”, today it is to an increasing extent assuming the form of a “computer for living”, a sophisticated instrument capable of satisfying every requirement expressed by the contemporary reality, even the most audacious. Nevertheless, if last century’s “machine for living” did not so much or only assert the advent of technical innovations as suggested a “lifestyle” suited to the changing times corroborated by new opportunities offered by the forthcoming “modernity”, the “computer for living” we are dealing with today is not yet a harbinger of new ways to live and relate, but rather a full control of the apparatuses and components, that is to say integration and dialogue among the devices our homes are equipped with. What present-day scientific and technological research is seeking to impose is on the contrary a true change in trend, and a new meaning of the role of domotics in our lives: we are changing from the control and command of apparatuses to a true interactivity and dialogue with them. The future which is prospected is one in which devices will not only be more and more obedient and ready to obey our every wish, but will be able to “speak to us”, to “attract our attention”, in the sense that it will be the devices, which know our preferences La casa del futuro, Alison e Peter Smithson, mostra “Daily Mail Ideal Home Show”, 1956, Londra. The House of the Future, Alison and Peter Smithson, “Daily Mail Ideal Home Show” exhibition, 1956, London. and needs, that will stimulate us, invite us, make suggestions and proposals. This change in attitude, which is already perceptible on a technological level, and which exists in the intangible world of the Internet, is about to invade our everyday existence. Products will recognize us, or rather they will recognize a device we are carrying – smartphone, tablet or simple cards equipped with chips – and when we are in their vicinity they will learn who we are and what we desire, they will suggest offers and opportunities, enhancing their qualities in real time, inviting us to try them, to buy them, to take a closer look at them or simply to get to know them and to use them. Objects, spaces, institutions will contact us, and they will know our preferences and requirements, needs and expectations and, if we have allowed it, give us all kinds of information on their characteristics through comparison with other similar products, places or situations. This will not only apply to commerce, but to all activities we conduct in our everyday life: at a museum or a temporary exhibition the works of art will spontaneously tell us their story, adapting it to our interests and levels of expertise; when we visit a city, the monuments will themselves give us information about cultural aspects, opening hours, ticket costs, opening hours and thus schedule our visit on the right day and time, reading our commitments and travel program. Likewise, venues for rest and leisure will be able to remind us how long ago it was since we took a break, suggesting we have a cup of coffee, exalting the characteristics of their products and their services. When we stay at a hotel the staff will already know what we want for breakfast, the places we pass by will remind us to buy the paper, the track or gate we have to go to and the time left before departure; a car will plan the best itinerary, knowing our habits and comparing them with the traffic; a library will help us choose what to study or read; a train will know what music we prefer and how we usually accommodate ourselves in a seat, perhaps trying to convince us that, just for once, making a stopover on the way means to live an experience that may be unexpected and certainly to our taste. This future, made of an extensive and articulated diffusion of simple technology, is already potentially happening today; all it needs is simple and understandable interfaces in order to change our habits, radically changing the relationship between humans and objects, influencing our activities and needs. Within these new relations architecture must be capable of accepting the challenge and manage to adapt, or rather renew, the spaces in which we live. It will not be a matter of installing new objects or devices into old special arrangements, but of understanding how to give new form and meaning to the places in which interactivity will blur the borders between needs and desires, between actions and reactions, between public and private, between real and virtual, between intimate and shared. In fact, it is not imaginable that this revolution will not alter spaces and the way we use them, that it will not change the idea of closed and open, interior and exterior, perhaps even the place itself, since the fact of being in a certain place will only be one of the parameters at play, and will no longer be so indispensable or absolute. The personalization of the places will stay apace with the interaction between objects and users, between their symbolic and formal appearance and their actual use. The space certainly cannot remain indifferent; it must be substance and form of the “computer for living”, stage of a dialogue between persons and things, of relations that are no longer immediately tangible even if based on strong and consolidated desires and expectations. VI design focus essay la casa automatica e le nuove forme dell’abitare the automatic home and new forms of living text by Alfonso Morone La “casa automatica” rappresenta un ulteriore passo in avanti della cultura progettuale rispetto alla “macchina abitativa” di Le Corbusier, in cui grazie agli strumenti di controllo automatici l’arredo non solo reagisce in tempo reale alle sollecitazioni dell’utente, ma tale reazione può essere programmata per il futuro. Data questa premessa, non deve stupire che le prime sperimentazioni di automazione domestica risalgano al XIX secolo. Uno degli esordi della domotica può essere individuato nella dimora a Saint Gervais del famoso illusionista Harry Houdini. L’abitazione, volendo rappresentare una sorta di esemplificazione dell’attività del proprietario, adottò tutta una serie di applicazioni che, come nell’illusionismo, producevano risultati spettacolari mediante una serie di misteriosi artifici. In realtà si trattava della adozione di sistemi, già all’epoca disponibili, di trasmissione di comandi elettrificati e di immagini generate da apparati ottici. Automatizzando in questo modo la sua dimora Harry Houdini aveva trattato già nel 1867 la sicurezza dei beni e delle persone, la comunicazione interna ed esterna, la gestione della casa e delle sue pertinenze così come farebbe un sistema contemporaneo di domotica. Ma nello stesso tempo la sua casa automatica, di cui erano sconosciute ROTOLIVING, CABRIOLET-BED, Joe Colombo, 1969 (© Arch. Ignazia Favata - Studio Joe Colombo, Milano). ai più le applicazioni tecnologiche, generava un alone misterioso e magico intorno al personaggio, contribuendo alla sua reputazione di un uomo con evidenti poteri sovrannaturali. La casa del mago Houdini, oltre che costituire uno dei primi esempi di domotica, ci fornisce una chiara esemplificazione di quali siano le possibili implicazioni culturali della tecnologia. Semplificando di molto potremmo dire che qualunque forma di tecnologia può essere buona o cattiva, ancora meglio, la medesima tecnologia, a seconda dell’uso, può essere buona o cattiva. Anche quella apparentemente più inoffensiva come la domotica. In Brazil, il film che costituisce l’indimenticabile capolavoro di Terry Gilliam, il protagonista vive in una tecnocrazia autoritaria e invadente che non si arresta alla soglia di casa, ma che anzi attraverso la domotica, trova una sua ulteriore capacità di controllo degli individui. Aria condizionata centralizzata, sveglia collegata ad una cucina automatica che addolcisce il risveglio mattutino imboccando pane biscottato al punto giusto e servendo caffè caldo. E ancora un sistema termostatico per la regolazione ottimale della temperatura della doccia, letto retrattile e via dicendo. Tutte invenzioni capaci di rendere accettabile anche la vita del protagonista in una celletta che, solo grazie a queste diavolerie, poteva assurgere al rango di microappartemento. Salvo scoprire, causa un guasto al cavodotto dell’aria condizionata, che questo mondo perfetto, la domotica appunto, poteva rapidamente trasformarsi nel più infernale strumento di persecuzione, rendendo di fatto inabitabile quello che sembrava essere un nido accogliente. La longa manus del potere è rappresentata nel film dal Central Service, il sistema iperburocratizzato e centralizzato di assistenza tecnica governativo, nelle fattezze di due tecnici sadici ed incompetenti che con la scusa di una riparazione sfasciano l’appartamento del povero protagonista. L’antidoto, nella circostanza, era rappresentato da un acrobatico Robert De Niro, riparatore clandestino che, saltando da un edificio all’altro, attraverso la sua efficienza e rapidità, rappresentava una originale forma di sabotaggio e ribellione al regime tecnocratico, usando gli stessi mezzi della tecnologia. Le due precedenti brevi citazioni ci permettono di ribadire come la domotica non sia un processo di pura semplificazione funzionalista delle consuete operazioni domestiche, quanto un modo per contribuire a disegnare, o affossare, utopie e speranze. Queste utopie hanno, nel tempo, riguardato direttamente la cultura progettuale, spingendo, attraverso il tema della “casa automatica”, l’architettura ed il design verso nuove forme di integrazione. Uno dei casi migliori in tal senso si deve all’opera del più utopico tra i designer italiani della generazione dei maestri: Joe Colombo. Già i suoi primi mobili contenitori prevedevano spesso l’integrazione di tv e radio. Il disegno del Letto Spaziale del 1963 presentava un monitor e una radio incorporati. Con i mobili multifunzionali come Rotoliving, creato da Colombo nel 1968 per il suo appartamento, e il Total Furnishing Unit, entrambi provvisti di monitor, l’utensile televisivo veniva integrato ancora di più nell’arredo. Nelle sue ultime unità abitative multifunzionali, questi inserimenti tecnologici assunsero sempre di più le caratteristiche di un controllo di funzioni avanzate. Il Cabriolet Bed doveva integrare le funzioni di una camera da letto in un’unica “cellula notte”. La copertura se chiusa forniva intimità, se aperta diventava una zona dove rilassarsi e ascoltare musica. All’interno l’unità era attrezzata con radio, ventilatore, portacenere e altri componenti; sul retro si trovavano, tra l’altro, uno specchio, una toeletta e una stazione meteorologia completa. In tal modo Joe Colombo fece del suo appartamento del 1968 uno dei primi casi completi di domotica applicata. The “automatic home” represents a step ahead in design culture with respect to Le Corbusier’s “machine for living”; not only do the instruments which serve to automatically control the furniture react in real time to the demands of the user, it is also possible to program its future reactions. In view of this premise, it should come as no surprise that the first experiments with domestic automation date from the 19th century. One of the debuts of home automation may be identified as the home of the famous illusionist Harry Houdini, in Saint Gervais. The dwelling, designed so as to represent a kind of exemplification of its owner’s activities, featured a whole series of devices which, as in illusionism, produce spectacular results by means of a series of mysterious artefacts. It was actually a matter of systems which were already available at the time, of transmission of electrically powered commands and images created by optical apparatuses. By automatizing his dwelling in this manner Harry Houdini had, as early as in 1867, dealt with the security of property and persons, internal and external communication, management of the home and its appurtenances, just as a present-day domotics system would have done it. But at the same time his automatic home, whose devices were unknown to most people, gave his personality a mysterious and magical aura, reinforcing his reputation as a man with evident supernatural powers. As well as representing one of the first examples of domotics, the house of the magician Houdini gives us an excellent example of the possible cultural implications of technology. It may perhaps be over-simplifying, but we can say that any kind of technology can be bad or good; indeed, the very same technology can be good or bad, depending on how it is used. And this includes the apparently least offensive ones, as home automation. In Brazil, the movie which represents the unforgettable masterpiece of Terry Gilliam, the hero lives in an authoritarian and intrusive technocracy which does not stop at the threshold of the home, but which on the contrary finds, through home automation, a further means of controlling individuals. Centralized air conditioning, an alarm clock connected to an automatic kitchen which sweetens the moment of awakening by toasting the bread just right and serving hot coffee. And a thermostat system for the optimal regulation of the shower temperature, a folding bed and so on. All these inventions are capable of making life tolerable also for the hero of the movie, who lives in a tiny cell that would not deserve the name of micro-apartment, were it not for these devilries. But a defect in the air ducts eventually reveals that this perfect world of domotics can quickly turn into an infernal instrument of persecution, in fact making what seemed to be a welcoming nest uninhabitable. The long arm of power is represented in the movie by Central Service, the governmental, hyper-bureaucratized and centralized system for technical assistance, embodied by two sadistic and incompetent technicians who, with the excuse of a repair, destroy the poor hero’s apartment. The antidote, in this case, is represented by a clandestine repairman in the person of an acrobatic Robert De Niro who jumps from building to building, and whose efficiency and rapidity represents an original form of sabotage and rebellion against the technocratic regime, using its very same technological means. These two examples enable us to highlight that domotics is not a process of pure functionalistic simplification of ordinary domestic operations, but rather a way to contribute to planning, or thwarting, utopias and hopes. These utopias have, in time, concerned design culture directly, guiding architecture and design through the theme of the “automatic home” towards new forms of integration. One of the best examples of this development is linked to the most utopian of Italian designers of the generation of masters, namely Joe Colombo. His very first container furniture often featured built-in television sets and radios. The design of the Spatial Bed of 1963 comprised built-in TV screen and radio. With multifunctional furniture like Rotoliving, created by Colombo in 1968 for his own apartment, and the Total Furnishing Unit, both of which featured screens, the television apparatus became an even more integrated part of the furniture item. In his last multifunctional living units these technological elements assumed, to an increasing extent, the characteristic of a means of controlling advanced functions. The Cabriolet Bed was made to contain all bedroom functions in a single “sleeping cell”. When the cover was closed it assured intimacy, when it was open wit could be used as an area for relaxing and listening to music. The interior contained a radio, a fan, an ashtray and other elements, while the rear area featured elements as for instance a mirror, a toilet and a complete meteorological station. Joe Colombo thus rendered his apartment one of the first complete cases of applied domotics in 1968. VIII design focus zoom vimar innova la tradizione a cortina, tra locale e universale reconciling the local with the universal in cortina text by Davide Cattaneo Tradizione e innovazione sono realtà così distanti? Artigianato locale e domotica sono universi che non si possono incontrare? Materia e digitale sono in perenne e inconciliabile contrasto? Indipendenza e integrazione sono concetti alternativi? Vimar contribuisce a smentire queste tesi con un gioiello domotico nel cuore delle Dolomiti, una casa contemporanea e locale, oggi si direbbe “glocale”, firmata dallo Studio Architetti Bernardi. Are tradition and innovation really so far apart? Is it impossible for local craftsmanship and building automation to come together? Are the material and the digital worlds in perennial, irreconcilable conflict? Are independence and integration strictly alternatives? Vimar proves it is not so, with a jewel of home automation in the heart of the Dolomites: a contemporary yet local, or rather, “glocal” home designed by Studio Architetti Bernardi. Legno e tecnologie digitali, manodopera artigianale e sofisticati sistemi di controllo, calore, atmosfere accoglienti e scenari artificiali, natura e artificio. A Cortina d’Ampezzo, immersa nello splendido scenario delle Dolomiti, la residenza di un manager e della sua numerosa famiglia esprime tutto il fascino della tradizione locale, abbinata alla tecnologia più sofisticata. Una struttura particolare, che si sviluppa su quattro livelli, due dei quali interrati, che sorge sullo spazio precedentemente occupato da un tabià, il fienile simbolo dell’architettura locale dell’arco alpino. I tratti architettonici tipici definiscono un volume compatto ma allo stesso tempo articolato, fatto di pieni e vuoti, di sbalzi e innesti, di aggiunte e di appendici. Un volume che ospita complessivamente quattro mini appartamenti comunicanti, una zona giorno comune e una attrezzatissima area wellness, tutti contraddistinti dall’uso intensivo della materia d’elezione, il legno, che è il protagonista assoluto degli interni, oltre che dell’involucro. Grandi tavole di abete e larice ricoprono pavimenti e pareti, trasferendo la straordinaria espressività del materiale a tutti gli ambienti, grazie all’aspetto grezzo e rugoso che è stato preservato durante la lavorazione e alla ricchezza di significati che si aggiungono attraverso il dialogo con le superfici intonacate. Abili artigiani del luogo, grazie alla maestria tipica della manodopera ampezzana, hanno posato listelli e travi utilizzando una tecnica chiamata “a incastro”, particolare perché in grado di preservare l’unicità di ogni pezzo, che rimane così irripetibile e sempre diverso dagli altri. Alla semplicità degli arredi si contrappone la richiesta di impianti in grado di garantire prestazioni di massimo livello, sotto tutti gli aspetti. Proprio per questo la collaborazione tra lo studio di architettura Bernardi e l’impresa di costruzioni Fontana, autori rispettivamente del progetto e della realizzazione della struttura, si è concretizzata nella scelta di sistemi affidabili e versatili, in grado di impattare il meno possibile dal punto di vista formale ma allo stesso tempo capaci di svolgere più funzioni contemporaneamente, come richiesto dalla committenza. Clima, illuminazione, movimentazione di tende e balconi, diffusione sonora. Occorreva pertanto progettare un impianto d’eccellenza, al centro del quale è stato collocato il sistema domotico By-me di Vimar, vero e proprio cuore pulsante dell’intera abitazione. Attraverso la sua tecnologia, sofisticata ma semplice da utilizzare, è possibile una gestione centralizzata di tutti gli spazi, indispensabile in un contesto di queste dimensioni. Tutte le funzioni presenti nell’abitazione sono infatti controllabili tramite gli eleganti Video Touch Screen Full Flat, ma anche stanza per stanza grazie a dispositivi locali, come termostati e comandi domotici. In questo modo, ad esempio, è possibile gestire la diffusione sonora dividendo l’area giorno e la zona wellness in quattro diverse aree indipendenti. Per integrare la musica con un’atmosfera ancora più suggestiva, basta sfiorare lo schermo di uno dei cinque Video Touch Screen Full Flat di Vimar e in pochi istanti è possibile richiamare, per ogni zona, una diversa combinazione di temperatura, illuminazione e comfort, precedentemente configurata in base alle proprie esigenze. Scenari predefiniti che rendono ogni ambiente personalizzabile a seconda dei gusti, per ricreare in qualsiasi momento condizioni perfette di benessere e relax. Come tutti i dispositivi, anche i touch screen sono incorniciati da placche Eikon Total Look di Vimar in metallo color argento matt, una finitura che consente un abbinamento perfetto sia con il legno che con il bianco essenziale dell’intonachino, oltre a proporre un richiamo cromatico agli elementi d’arredo di maggior personalità, come i tavolini in pietra posizionati di fronte al grande camino della zona living. Dotati di grande qualità visiva, i touch screen, oltre a consentire una gestione centralizzata attraverso pagine di supervisione semplici e intuitive, svolgono anche la funzione di videocitofono. L’immagine di chi suona alla porta appare sempre nitida e ben visibile, così come tutte le immagini riprese dalle telecamere presenti nelle targhe esterne Elvox. Ideali per installazioni di questo tipo, le targhe della serie 1300 risultano semplici da installare e facili da programmare. Scelte nella versione con finiture in acciaio inox, sono dotate di una telecamera a colori che offre una visione chiara di tutto ciò che accade fuori dalle mura domestiche, per ottenere il massimo livello di comunicazione e sicurezza. Wood and digital technologies, hand craftsmanship and sophisticated control systems, warmth, cosiness and artificial scenarios, the natural and the man-made. In Cortina d’Ampezzo, surrounded by the splendid scenery of the Dolomites, the home of an executive and his big family expresses all the charm of local tradition, combined with the most sophisticated technologies. This very special building is constructed on four levels, two of which are underground, on a piece of land formerly occupied by a “tabià”: the traditional barn of Alpine architecture. Its traditional architectural features make it a compact yet complex volume made up of an alternation of solids and hollows, jutting volumes and connections, additions and appendices. A volume containing a total of four connected mini-apartments, a common living area and a well-equipped wellness area, all distinguished by intensive use of wood: the key to the home’s interiors as well as its cladding. Big fir and larch boards cover the walls and floor, conveying the material’s extraordinary expressiveness in every room, thanks to the rough, unfinished look that has been preserved and the wealth of meaning added to it through dialogue with plaster surfaces. Skill local craftspeople with the know-how traditionally associated with the area laid strips and beams of wood by fitting them together so as to preserve the uniqueness of every single piece, keeping it unrepeatable and different from all the others. The simplicity of the furniture contrasts with the need for technical installations capable of guaranteeing top level performance in every way. This is why Bernardi architectural studios, who designed the home, working with the builder Fontana, chose dependable, versatile systems with the lowest possible formal impact which were capable of performing more than one function at the same time, as the clients demanded. Climate control, lighting, movement of shades and balconies, sound systems: they planned an advanced installation based on the Vimar’s By-me home automation system, the true heart of the home. Its sophisticated yet easy to use technology permits centralised control of all spaces, essential in a home of this size. All the functions in the home may be controlled through elegant Full Flat Video Touch Screens, or room by room using local devices such as thermostats and domotic controls. This ensures, for instance, that sound systems permit division of the living area and the wellness area into four different zones. To integrate the music with an even more evocative atmosphere, all the home’s owners need do is simply touch one of the five Vimar’s Full Flat Video Touch Screens, and in seconds they can call up a different combination of temperature, lighting and comfort, configured in advance on the basis of their preferences, in each area. Predefined scenarios permit customisation of every part of the home in response to their preferences, to recreate the perfect conditions for comfort and relaxation at any time. Like all the devices in the home, the touchscreens are framed by Vimar’s Eikon Total Look matt silver-coloured metal plates, a finish that goes perfectly with either wood or the simple white of the plaster, as well as recalling the colours of the items of furniture with the strongest personality, such as the stone coffee tables in front of the big fireplace in the living room. The visual quality of the touchscreens not only permits centralised management through simple, intuitive supervision screens but allows them to act as video door phones. The image of the person ringing the doorbell always appears perfectly clear and visible, as do all the images filmed by the video cameras mounted in the Elvox plates outside the home. Ideal for installations of this kind, the plates in series 1300 are simple to install and easy to programme. Chosen in a version with a stainless steel finish, they have colour video cameras offering a clear view of everything that happens outside the walls of the home for maximum communication and security. X design focus zoom Tradizione e innovazione, cultura e confort, estetica e benessere: Vimar per una casa in legno a Cortina. Tradition and innovation, culture and comfort, beauty and wellness: Vimar in a wooden home in Cortina. La domotica Vimar consente di coordinare al meglio tutte le funzioni presenti nella casa: dai punti luce, presenti nelle oltre quindici stanze che compongono l’abitazione che possono essere spenti o accesi tramite il pannello di controllo centrale, alla temperatura temperatura dei diversi ambienti, anch’essa regolabile grazie a un unico dispositivo principale. Infine la diffusione sonora, con la scelta della musica preferita che può avvenire comodamente tramite l’interfacciamento del sistema con diversi dispositivi (Radio, Ipod, lettore CD, bluetooth). Vimar home automation systems permit optimal coordination of all the functions present in the home: from light fixtures in over fifteen rooms making up the home, which may be turned on or off with a central control panel, to the temperature in the different rooms, which may also be adjusted using a single centralised device. And the sound system, permitting the people in the home to listen to their favourite music through the system’s interfaces with various devices (radio, iPod, CD player, bluetooth). XII design focus project home sapiens, perpetual 7 bpt, domino led progetto Chiesa di Santa Lucia luogo Treviso progettista Ing. Silvano Bovo, Arch. Maria Sole Crespi, Dott.ssa Sara Malgaretto committente Comitato per il restauro delle chiese di S. Lucia e S. Vito tipologia prodotti utilizzati sistema domotico, proiettori project Church of Santa Lucia location Treviso designer Silvano Bovo, engineer; Maria Sole Crespi, architect, Sara Malgaretto client Committee for the restoration of the churches of S. Lucia and S. Vito product types used domotics system, spotlights Un obiettivo chiaro e ambizioso, ristrutturare e mettere a norma l’impianto illuminotecnico di un edificio religioso, tenendo conto delle dimensioni spirituale-liturgica e storico-artistica dell’edificio nella gestione della luce; un progetto complesso che coinvolge più aziende grazie alle quali mettere a punto una soluzione che potesse valorizzare al meglio un suggestivo scrigno di arte e di storia del XIV secolo, riproponendo una luce qualitativamente in armonia con quella che penetra naturalmente in una giornata di sole. L’intensità luminosa e le singole accensioni del nuovo impianto illuminotecnico della Chiesa di S. Lucia a Treviso, realizzato con 103 proiettori Perpetual 7 di Domino LED, vengono controllate dal sistema domotico Home Sapiens di Bpt gestito attraverso il videoterminale multifunzione Mitho HA. Regolando l’illuminazione nei diversi momenti della giornata, secondo una varietà di possibili utilizzi, Bpt è riuscita a integrare l’esperienza spirituale e quella culturale alternando, attraverso un sapiente utilizzo della luce, momenti di contemplazione e raccoglimento con un’adeguata valorizzazione artistica della chiesa. A clear, ambitious goal: renewing the lighting system of a place of worship and adapting it to the requirements of today’s standards, while taking the building’s spiritual-liturgical and historical-artistic dimensions into due account in the lighting scheme. Several different businesses were involved in this complex project, coming up with a solution capable of making the most of this evocative treasure of 14th century art and history and providing lighting that waould be qualitatively in harmony with the natural light that penetrates the building on sunny days. The intensity of the light and the individual controls on the new lighting system in the church of Santa Lucia in Treviso, created with 103 Perpetual 7 Spotlights by Domino LED, are controlled by BPT’s Home Sapiens domotics system through a multipurpose Mitho HA video terminal. By controlling lighting at different times of day and for a variety of different uses, the BPT system integrates spiritual and cultural experience, alternating moments of contemplation and meditation with artistic appreciation of the church through skilful use of lighting. modul q nimbus group progetto complesso scolastico luogo Ergolding, Germania progettista Behnisch Architekten committente Landkreis Landshut tipologia prodotti utilizzati apparecchi illuminotecnici project school campus location Ergolding, Germany designer Behnisch Architekten client Landkreis Landshut product types used light fixtures È una delle strutture scolastiche più all’avanguardia della Bassa Bavaria, progettata da uno studio di fama internazionale con progetti e realizzazioni in ogni angolo del pianeta: il Liceo di Ergolding, progettato da Behnish Architekten in collaborazione con Arkitecturbüro Leinhäupl + Neuber, è un organismo edilizio funzionale e accogliente, un’architettura contemporanea che non rinuncia all’utilizzo di materiali naturali. I progettisti hanno sviluppato un impianto planimetrico e un involucro che permettessero di sfruttare al massimo la luce naturale, chiamando in causa quella artificiale solo in caso di effettivo bisogno. Il comfort visivo è assicurato da un sofisticato impianto illuminotecnico che può contare su oltre 1.600 LED Nimbus in grado di ricreare un’atmosfera assolutamente naturale, ideale per mantenere elevata la concentrazione degli studenti. I nuovi moduli Nimbus, le lampade a sospensione Modul Q hanno un design e una smussatura più elegante rispetto alle versioni precedenti e grazie al Corner radii presentano un effetto traslucido che permette una migliore integrazione con gli elementi architettonici del progetto. One of the most advanced school campuses in lower Bavaria, designed by a world-renowned studio which has built projects all over the world: Ergolding Lyceum, designed by Behnish Architekten in partnership with Arkitecturbüro Leinhäupl + Neuber, is a highly functional, welcoming building, a contemporary construction made out of natural materials. The designers came up with a layout and a wrapper that make the most of natural light, using artificial lighting only when strictly necessary. Visual comfort is guaranteed by a sophisticated lighting system including more than 1,600 Nimbus LED capable of recreating a truly natural atmosphere, ideal for keeping students’ concentration levels high. The new Nimbus modules, Modul Q suspension lamps, have a more elegant design and bevelling than the previous versions and the radius of their corners creates a translucent effect permitting better integration with the architectural elements in the project. XIV design focus project visign for style 10 viega progetto complesso residenziale luogo Capriolo (BS) progettista arch. Antonio Gonnella committente Gruppo Agogroup tipologia prodotti utilizzati cassette di risciacquo, placche di comando project housing development location Capriolo (BS) designer Antonio Gonnella, architect client Gruppo Agogroup product types used flushing tank, control plates Grandi vetrate e ampi terrazzi per una nuova palazzina residenziale a Capriolo, in provincia di Brescia, un progetto nel segno del risparmio energetico (Classe A) che non trascura l’aspetto formale e la cura del dettaglio tecnologico per inserirsi al meglio nelle splendide colline a vigneti della Franciacorta. L’arch. Antonio Gonnella ha firmato questo nuovo edificio di tre piani fuori terra, che ospita una decina di appartamenti dalle finiture di pregio e dal design ricercato. I bagni, in particolare, sono curati nei minimi dettagli e le placche di comando Viega Visign for Style 10 si integrano perfettamente nelle diverse tipologie d’arredo proposte. Gli installatori hanno scelto il modulo Viega Mono Tec, che include la cassetta di risciacquo Visign 1F da incasso dalla profondità di 8cm. La cassetta di scarico offre la possibilità di scegliere, attraverso la placca di comando, tra due volumi di scarico. La placca Visign for Style 10 è dotata di due comandi rotondi, uno piccolo concavo e uno grande convesso, che donano fluidità e tridimensionalità alla superficie ed esaltano visivamente le due funzionalità dei pulsanti. Big windows and patios characterise this new residential building in Capriolo, in the province of Brescia: an energy-saving (Class A) project which does not neglect formal aspects and a focus on technological details fitting perfectly into the setting of the splendid hills planted with vineyards of the Franciacorta district. Architect Antonio Gonnella designed this new building with three levels above ground, containing about ten apartments characterised by top quality finishes and refined design. The bathrooms are particularly well-designed, with Viega Visign for Style 10 control panels perfectly integrated into the various types of fittings offered. The installers chose the Viega Mono Tec unit, including a built-in Visign 1F flushing tank 8cm deep. The tank permits choice of two different flushing volumes using the control panel. The Visign for Style 10 panel has two round controls: a small concave one and a large convex one, adding fluidity and three-dimensionality to the surface and visually emphasising the two functions of the buttons. vitocal 300-g, vitoplex 100 pv1 viessmann progetto Cantina Mori Colli Zugna luogo Mori (TN) progettista Andrea Tomasi e Associati committente Cantina Sociale di Mori tipologia prodotti utilizzati pompe di calore, caldaia a bassa temperatura project Mori Colli Zugna Winery location Mori (TN) designer Andrea Tomasi e Associati client Cantina Sociale di Mori product types used heat pumps, low temperature boiler Rispetto dell’ambiente e del paesaggio, ottimizzazione delle risorse energetiche e attuazione del ciclo produttivo “per caduta”, secondo i migliori criteri enologici. Entrata in funzione nel 2010, la Cantina Sociale di Mori, è ospitata in una struttura perfettamente integrata nel paesaggio della Vallagarina. Una perfetta integrazione tra natura e artificio resa possibile dall’organicità dello spazio, dalla continuità delle superfici vetrate, dal reimpianto del vigneto sulla copertura e dall’utilizzo del tetto-giardino per gli uffici. L’enorme fabbisogno di riscaldamento e di acqua calda sanitaria della struttura è coperto da due pompe di calore geotermiche bistadio Vitocal 300-G in cascata, che permettono il funzionamento contemporaneo in modalità riscaldamento e produzione di acqua calda sanitaria. Cuore della pompa di calore è il compressore ermetico Scroll ad alta efficienza, che si caratterizza per l’elevata affidabilità e sicurezza di esercizio. Nella cantina è poi presente una caldaia a bassa temperatura Vitoplex 100 da 400kW, che si caratterizza per l’alto rendimento, l’elevato contenuto d’acqua, l’isolamento termico avvolgente. Demonstrating respect for the environment and the landscape, optimising use of energy resources and implementing a production cycle that makes use of gravity, in accordance with the most advanced wine-making theories. Cantina Sociale di Mori began operation in 2010 in a structure perfectly integrated into the landscape of the Vallagarina area. This perfect integration of the natural and the man-made is permitted by the organic nature of the space, by the continuity of the glass surfaces, by the vineyards planted on the roof and by use of a roof-garden over the offices. The structure’s need for large amounts of heating and hot water is met by a pair of Vitocal 300-G two-stage geothermal heat pumps in cascade, permitting simultaneous operation in heating and hot water mode. At the heart of the heat pump is a highly efficient Scroll hermetic compressor offering outstanding dependability and security. The winery also has a low temperature Vitoplex 100 400kW boiler offering high yield, high water content, all-round thermal insulation. XVI design focus project regudis w-tu oventrop progetto La Filanda (centro commerciale e residenze) luogo Faenza progettista Studio Cooprogetto committente Commercianti Indipendenti Associati – Conad tipologia prodotti utilizzati gruppo di distribuzione project La Filanda (shopping centre and residential units) location Faenza designer Studio Cooprogetto client Commercianti Indipendenti Associati – Conad product types used distribution unit Livello qualitativo elevato, risparmio energetico per certificazione in Classe B e C, mix funzionale in grado di rendere il quartiere vivo e capace di attrarre utenze diverse: questi gli obiettivi del progetto di riqualificazione che ha interessato cinque edifici adibiti a palazzine residenziali a Faenza. Sono molte le soluzioni innovative utilizzate, come la caldaia a condensazione, le pompe di distribuzione ad alta efficienza e le stazioni satellite Regudis W di Oventrop che hanno consentito di gestire sia l’acqua tecnica centralizzata, sia la produzione autonoma di acqua calda sanitaria in ogni singolo appartamento. In questo intervento è stato utilizzato il modello Oventrop Regudis W-TU con scambiatore di calore a piastre che, oltre a consentire una portata nominale di acqua calda sanitaria di 17l al minuto e una potenza nominale per la preparazione acqua calda sanitaria di 42kW, riesce a garantire, grazie al regolatore termostatico, un range di temperatura da 30 a 70°C e di stand-by da 20 a 64°C. A queste caratteristiche i gruppi Oventrop aggiungono il vantaggio di poter limitare la distribuzione ai soli appartamenti occupati. Top quality, energy conservation for Class B and C certification, a combination of different functions to bring the neighbourhood to life and attract all kinds of different people: these were the goals of the redevelopment project for six residential buildings in Faenza. Several innovative solutions were used, including a condensing boiler, efficient distribution pumps and Regudis W satellite stations by Oventrop permitting management of both centralised technical water and independent production of hot tap water in each apartment. The project made use of the Oventrop Regudis W-TU with a plate heat exchanger which not only guarantees a rate of flow of hot tap water of 17l per minute with a rated power of 42kW for hot tap water preparation, but features a thermostat control guaranteeing a temperature range of 30 to 70°C, 20 to 64°C when on standby. In addition to these features, Oventrop units offers the benefit of limiting distribution to only those apartments which are occupied. lighting control system helvar progetto Centro Servizi Credito Valtellinese luogo Milano progettista Stelline Servizi Immobiliari committente Credito Valtellinese tipologia prodotti utilizzati sistemi di gestione dell’illuminazione project Credito Valtellinese Service Centre location Milan designer Stelline Servizi Immobiliari client Credito Valtellinese product types used lighting management system Il nuovo Centro Servizi del Credito Valtellinese di Milano è stato progettato per conseguire una gestione razionale, ecologica e attenta all’ambiente. Helvar, con i suoi sistemi di controllo della luce, ha contribuito a rendere il progetto efficiente sotto il profilo energetico. La caratteristica principale è l’elevata quantità di luce che entra dalle grandi finestre poste su entrambi i lati lunghi dell’edificio. Per l’illuminazione artificiale sorgenti a basso consumo (T5 e LED) e apparecchi con elevati rendimenti sono stati abbinati a un sistema di gestione automatizzato che, in funzione delle condizioni esterne e della presenza degli utenti, permette una regolazione puntuale dei valori di illuminazione. Grazie ai sistemi Helvar infatti, le singole sorgenti luminose sono collegate tra loro tramite i bus DALI, a loro volta connessi a una rete i cui snodi sono costituiti dai router DIGIDIM. Un sistema ramificato che consente un controllo centralizzato dell’intero impianto e la relativa possibilità di variare gli scenari impostati. Sensori di presenza e luminosità sono stati previsti in tutti gli ambienti. The new Credito Valtellinese Service Centre in Milan was designed to achieve rational, ecological, ecological operation. Helvar’s lighting control systems helped make the project energy efficient. The key factor is the amount of light that comes into the building through the big windows on the building’s long sides, creating an immediate link with the outdoors. For artificial lighting, energy-saving light sources (T5 and LED) and high performance light fixtures are combined with an automated operating system which regulates lighting on the basis of outdoor light conditions and the presence of the building’s users. Helvar’s system ensure that individual light sources are connected to one another through DALI bus bars, which are in turn connected with a network with nodes consisting of DIGIDIM routers. This branched system permits centralised control of the entire system and allows variations in the set scenarios. Presence and light sensors are installed in all the rooms. XVIII design focus project apparecchi led philips progetto Illuminazione Cattedrale di Notre Dame luogo Parigi progettista Armand Zadikian, Benoit Ferré tipologia prodotti utilizzati apparecchi LED e sistemi di controllo project Lighting for Notre Dame Cathedral location Paris designer Armand Zadikian, Benoit Ferré product types used LED light fixtures and control systems Efficienza ed emozione grazie ad atmosfere uniche e alla riduzione dei consumi di energia dell’80%: i maestosi interni e i raffinati dettagli della cattedrale di Notre-Dame di Parigi sono stati valorizzati al meglio dalla tecnologia LED di Philips. Le volte di uno dei più importanti capolavori dell’architettura gotica sono state “rivelate” grazie a più di 400 apparecchi di illuminazione invisibili ai visitatori, che registrano un consumo di soli 30kW, rispetto ai 140kW delle precedenti soluzioni. Calda e intensa all’occorrenza, senza essere abbagliante, l’illuminazione ha reso l’atmosfera solenne enfatizzando l’architettura nel suo complesso senza dimenticare i dettagli delle importanti opere d’arte ospitate nella cattedrale. Il lighting designer Armand Zadikian è stato capace di creare zone di penombra, di giocare con i contrasti e di creare effetti diversi con i toni del bianco. Un sistema computerizzato dotato di touch screen semplifica la gestione dei 400 apparecchi, quasi tutti regolabili, consentendo di modificare la luce e le atmosfere in base all’evento, alla stagione o al momento della giornata. Efficiency and emotions created by unique atmospheres which also cut energy consumption by 80%: the majestic interiors and refined details of Paris’s Notre Dame Cathedral are underlined by Philips’ LED technology. To shed light on the many faces of one of the world’s most important masterpieces of Gothic architecture, more than 400 light fixtures have been installed which are invisible to visitors and consume only 30kW, compared to 140kW in the previous lighting solution. Warm and intense where required, without dazzling, the lighting creates a solemn atmosphere and underlines the architecture as a whole without neglecting the details of the important works of art contained in the cathedral. Lighting designer Armand Zadikian has created shadow areas, playing with contrasts and creating different effects with different shades of white light. A computerised system with a touchscreen simplifies management of the 400 light fixtures in the Cathedral, almost all of which are adjustable, permitting modification of lighting and atmospheres on the basis of the type of event, the season and the time of day. urban [o3] gewiss progetto Parco City Life luogo Milano progettista Studio Gustafson Porter (parco), Studio Ferrara Palladino (lighting design) committente City Life tipologia prodotti utilizzati apparecchi d’illuminazione project City Life Park location Milan designer Studio Gustafson Porter (park), Studio Ferrara Palladino (lighting design) client City Life product types used light fixtures Sarà uno dei polmoni verdi più importanti della metropoli milanese, nonché il cuore di uno dei grandi progetti di riqualificazione urbana che stanno cambiando il volto della città: il parco pubblico di City Life si illumina con Urban [O3] di Gewiss, il sistema di illuminazione LED efficiente ed elegante ad altissimo risparmio energetico. Per illuminare al meglio il nuovo parco, che si sviluppa su una superficie di 168.000mq, sono stati installati 85 Urban [O3] lungo tutti i percorsi pedonali, sia nella parte riservata alle abitazioni, sia in quella aperta al pubblico. Caratterizzato da un design essenziale e puro, l’apparecchio si è integrato perfettamente all’architettura del verde, valorizzando il contesto anche dal punto di vista estetico. Il sistema, dotato di dispositivo bi-regime per la regolazione del flusso luminoso durante le ore notturne, consente un risparmio energetico del 50%. Le sorgenti LED garantiscono, inoltre, una durata di vita >50.000 ore e hanno una temperatura di colore pari a 3500K (CRI >85).Urban [O3] è inoltre molto versatile (palo basso, testapalo/sbraccio, sospensione) ed è in grado di adattarsi a ogni configurazione installativa. It is destined to be one of the city of Milan’s most important green lungs, at the heart of a major urban redevelopment project that is changing the face of the city: the City Life public park will be lit up with Urban [O3] by Gewiss, an efficient, elegant energy-saving LED lighting system. To light up the new 168,000 square metre park in the best possible way, 85 Urban [O3] light fixtures were installed all along the pedestrian pathways in the area where the homes are located as well as the public park. Characterised by pure, simple design, the light fixture is perfectly integrated with the landscape architecture and contributes to the site’s aesthetics. The system, featuring a dual power level device for controlling light flows at night, permits energy savings of 50%. LED light sources last more than 50,000 hours and have a colour temperature of 3500K (CRI >85). Urban [O3] is highly versatile (low pole, pole head/arm, suspension) to adapt to all kinds of installations. XX design focus project pergola io, tahoma somfy progetto Protezione solare pontile luogo Sant’Elena, Venezia committente Cantieri Celli tipologia prodotti utilizzati sistemi d’automazione per protezione solare project Sunshade for wharf location Sant’Elena, Venice client Cantieri Celli product types used sunshade automation system Somfy, in partnership con KE Protezioni Solari, partecipa a un importante progetto nell’area degli ex Cantieri Celli, nell’isola di Sant’Elena a Venezia: la realizzazione di una vera marina attrezzata con la costruzione di cui un capannone per il rimessaggio di barche, un ristorante, un supermercato, negozi, una beauty farm, uno yacht club e un pontile principale. Proprio la protezione solare del pontile, che assicura riparo dalle intemperie e dai venti per i clienti fruitori della darsena, verrà garantita da strutture realizzate da KE Protezioni Solari e motorizzate con motori Somfy con gestione remota tramite sistema TaHoma. La copertura Kedry con tetto a lamelle in alluminio orientabili, il modello Isole I1 con telo superiore in PVC a impacchettamento e le tende a caduta modello Screeny sono state motorizzate con motori Somfy. In particolare, è stato utilizzato il motore radio “Pergola Io”. Si tratta di un motore elettronico per teli orizzontali che garantisce la perfetta chiusura con tensione adeguata del telo, arresto istantaneo in caso di ostacolo e rilevazione elettronica per la regolazione dei fine corsa. Somfy, in partnership with KE Protezioni Solari, is participating in an important project in the former Cantieri Celli shipyard on the island of Sant’Elena in Venice: creation of a fully equipped marina with construction of a warehouse for storing boats, a restaurant, a supermarket, shops, a beauty farm, a yacht club and a main wharf. The sunshade over the wharf, providing shelter from the wind and the elements for the people using the harbour, will be a structure built by KE Protezioni Solari with motorised control by Somfy motors and remote control through the TaHoma system. The Kedry roof made of adjustable aluminium strips, model Isole I1 with a PVC packet top and Screeny vertical screens is motor-driven with Somfy motors. The “Pergola Io” radio-controlled motor, specifically designed with Io technology for pergolas, permits remote management through the TaHoma domotic system. It is an electronic motor for horizontal shades capable of guaranteeing perfect closure with appropriate shade tension, stopping instantly in the presence of an obstacle, and electronic detection to control the end of its travel. ultragas® 150, thermalia® 45 hoval progetto Sede del Governo del Liechtenstein luogo Vaduz (Liechtenstein) progettista Hansjörg Göritz committente Parlamento Liechtenstein tipologia prodotti utilizzati caldaia a condensazione, pompe di calore project Government of Liechtenstein Building location Vaduz (Liechtenstein) designer Hansjörg Göritz client Parliament of Liechtenstein product types used condensing boiler, heat pumps Una microrete di teleriscaldamento Hoval è stata utilizzata per riscaldare gli ambienti della sede del Governo del Liechtenstein. Dal 2008, un palazzo di tre piani progettato dall’architetto tedesco Hansjörg Göritz, ospita il Parlamento del paese. Di particolare interesse è la sala plenaria (19m di altezza) nella quale siedono i 25 parlamentari, progettata e costruita con un’attenzione particolare all’illuminazione, all’acustica e al microclima. Per riscaldare tutti gli ambienti (sale riunioni, sala plenaria, biblioteca, archivio e mensa) è stata realizzata una microrete di teleriscaldamento, alimentata con una caldaia a condensazione a basamento Hoval UltraGas® 150 e 2 pompe di calore Hoval Thermalia® 45. La caldaia a condensazione a gas Hoval UltraGas®, con scambiatore di calore brevettato aluFer, garantisce la massima resa ed economicità e si può integrare in modo flessibile con tutti i tipi di generatori di calore e con sistemi a energia solare. In questo intervento è stata abbinata a due pompe di calore Thermalia® 45, che utilizzano il calore naturale proveniente dal terreno. A Hoval district heating microgrid heats the seat of the Government of Liechtenstein. The three-floor building designed by German architect Hansjörg Göritz that has housed the country’s Parliament since 2008 centres around a 19m high Parliamentary Chamber where the 25 Members of Parliament meet, designed and built with a special focus on lighting, acoustics and microclimate. A district heating microgrid powered by a Hoval UltraGas® 150 condensing base boiler and 2 Hoval Thermalia® 45 heat pumps heats all the spaces (meeting rooms, Parliamentary Chambers, library, archive, canteen). The Hoval UltraGas® gas-fired condensing boiler, with a patented aluFer heat exchanger, guarantees maximum yield and economic operation and can be flexibly integrated with all kinds of heat generators and solar energy systems. In this project it was paired with two Thermalia® 45 heat pumps, which use the natural heat from the ground. XXII design focus project vrf toshiba serie smms toshiba progetto Hard Rock Cafè luogo Venezia progettista Studio Cadmium Design (concept), Ing. Beppe Bisotto (strutture, impianti, direzione lavori) committente Hard Rock Cafè tipologia prodotti utilizzati pompa di calore project Hard Rock Cafè location Venice designer Studio Cadmium Design (concept), engineer Beppe Bisotto (structures, installations, supervision of work) client Hard Rock Cafè product types used heat pump Un intervento articolato per la tipologia dello spazio, le attività previste e la particolare ubicazione in un contesto così complesso come quello del centro storico veneziano. Toshiba è stata chiamata a intervenire nel progetto dell’Hard Rock Cafè di Venezia dello Studio Cadmium Design di Londra. Il particolare mix funzionale del locale, composto da parte commerciale, vendita di accessori, servizio bar e ristorazione, ha posto obiettivi prestazionali e funzionali molto elevati e di carattere diverso nell’arco della giornata. Il progetto impiantistico doveva pertanto rispondere a tre requisiti fondamentali: semplicità di gestione ed efficienza massima di esercizio, funzionamento assicurato anche in emergenza (backup), esecuzione razionale e veloce e integrata con le altre lavorazioni. Il sistema VRF Toshiba serie SMMS, in pompa di calore, è apparso fin da subito la soluzione più efficace, considerando anche le altre opere impiantistiche. L’efficienza delle unità Toshiba, facilità d’uso da parte del personale e i consumi ridotti rendono questo sistema un’ottima soluzione. A complex project, in terms of the type of space, its purpose and its location in a particularly difficult setting: Venice. Toshiba was asked to contribute to the Hard Rock Cafè project in Venice by Cadmium Design of London. The restaurant’s particular combination of functions, including a shop, sales of accessories, a bar and a restaurant, set particularly high goals for performance and functions which would change at different times of day. The technical installations therefore had to meet three basic requirements: easy operation with maximum efficiency, guaranteed functioning even in the event of an emergency (backup), and rational construction that would be quick and compatible with the other work being performed. The VRF Toshiba series SMMS heat pump system stood out right away as the most effective solution, taking into account the other technical installations. The efficiency of Toshiba units, the fact that they are easy for employees to use and their reduced consumption make this system an excellent solution. aton 35 led, horo performance in lighting progetto Illuminazione Maggiora Park luogo Maggiora (NO) progettista SBP Lighting Technical Support committente Schava tipologia prodotti utilizzati apparecchi stradali, proiettori project Lighting for Maggiora Park location Maggiora (NO) designer SBP Lighting Technical Support client Schava product types used street lights, spotlights Il nuovo Maggiora Park è stato inaugurato nel 2013 con l’obiettivo di riportare il motocross a Maggiora ma anche di dare vita a uno spazio polifunzionale e versatile, ideale per ospitare piccoli eventi circoscritti alla zona ristorante, ma anche manifestazioni estese all’intera area. L’impianto di illuminazione del crossodromo e delle strutture circostanti, realizzato da Performance in Lighting, fa parte dell’ambizioso piano di riqualificazione e rilancio della struttura. L’obiettivo era garantire un’illuminazione sostenibile anche in ambito sportivo e fornire alle famiglie, che vivono il parco durante il resto dell’anno, un ambiente meglio illuminato. Trentun apparecchi stradali modello Aton 35 LED (marchio SBP) sono stati impiegati per illuminare la viabilità pubblica della strada che porta al circuito. Una soluzione ad alta efficienza energetica, un prodotto che soddisfa le normative vigenti in materia di inquinamento luminoso e garantisce al tempo stesso elevate prestazioni illuminotecniche. Cinque proiettori Horo da 1000W sono stati invece impiegati nell’area sottostante il ristorante, per garantire uniformità d’illuminazione e limitare i fenomeni di abbagliamento. The new Maggiora Park opened in 2013 to bring motocross events back to Maggiora and provide a versatile multipurpose facility for hosting small events in the restaurant area or larger events in the facility as a whole. The motocross racetrack and the facilities around it, lit up by Performance in Lighting, are part of an ambitious plan for redevelopment and re-launching of the entire structure. The goal was to provide sustainable lighting in the sporting facility and guarantee better lighting for the families who use the park the rest of the year. Thirty-one Aton 35 LED (SBP brand) street lights were used to light up the public roads to the racetrack: an energy efficient solution, a product that meets current light pollution regulations with advanced lighting performance. Five Horo 1000W spotlights were used in restaurant area, to provide even lighting and limiting glare. climaveneta Garantire il massimo comfort in ogni progetto minimizzando, allo stesso tempo, l’impatto ambientale, acustico e visivo dell’impianto: è l’obiettivo di tutta l’attività di Climaveneta, da sempre alla ricerca di soluzioni per la climatizzazione innovative e razionali con le quali rispondere pienamente alle esigenze del cliente. Se è vero che gli impianti tecnici sono tra i componenti più critici degli edifici contemporanei, l’azienda di Bassano del Grappa risponde mettendo in campo più di 40 anni di esperienza e un approccio “custom-made”, che le permettono di affrontare qualsiasi tipologia di progetto e intervento con competenza, affidabilità e spirito di innovazione. Il resto lo fa una gamma di prodotti ampia e versatile, che si è evoluta nel tempo e che oggi permette a Climaveneta di mettere l’uomo e il pianeta in cui vive al centro di ogni progetto. Guaranteeing maximum comfort in all projects while minimising environmental, acoustic and visual impact is a constant goal for Climaveneta, ever in search of innovative, rational climate control solutions to meet all its customers’ needs. Technical systems are among the most critical components of today’s buildings, and Climaveneta of Bassano del Grappa responds to the challenge with 40 years of experience and a “custom-made” approach qualifying the company to work on projects of all kinds with skill, reliability and a spirit of innovation. The company offers a vast range of versatile products which has expanded over the years and now allows Climaveneta to make human beings and the planet we live the focus of all its projects. XXXII design focus factory climaveneta soluzioni innovative per la climatizzazione innovative climate control solutions text by Davide Cattaneo photo by Ferdinando Sacco Oltre 90.000mq di superficie produttiva, 9 stabilimenti (di cui tre in Italia), una gamma completa di prodotti da 1 a 2.400kW: è questa la forza di Climaveneta, la più ampia offerta di soluzioni e sistemi per ogni esigenza di comfort, a cui affiancare l’affidabilità, il know-how e l’esperienza di 40 anni nella climatizzazione. Dai sistemi idronici, alle unità d’espansione diretta, dalle unità monoblocco al Telecom Mobile Range, dalla climatizzazione di precisione all’unità sistema da anello solo per citarne alcune: sistemi completi e versatili con i quali rispondere con la massima precisione a tutte le richieste progettuali e impiantistiche, garantendo un ottimo risparmio energetico ed economico e alimentando la continua propensione alla salvaguardia ambientale. Comfort dell’utilizzatore, efficienza energetica dell’impianto e approccio “custom-made” sono i temi cardine attorno ai quali ruota tutta l’attività dell’azienda. Se il principale obiettivo di ogni impianto è garantire il massimo comfort dell’utente, inteso essenzialmente come livello di temperatura e umidità ottimali in qualsiasi condizione climatica, per l’azienda il concetto si estende ad altri aspetti, altrettanto importanti, che concorrono al benessere generale dell’uomo. In primis la silenziosità delle unità installate, fondamentale in un contesto come quello urbano così “stressato” dall’inquinamento acustico, ma anche l’impatto estetico e ambientale delle soluzioni utilizzate, sempre più importante negli interventi di riqualificazione nei quali il contesto presenti valenze importanti dal punto di vista storico e paesaggistico. Spesso per esempio sistemi di climatizzazione trovano posto all’interno di strutture ed edifici sottoposti a vincolo architettonico, per natura mal disposte a ospitare macchine e apparati di grande dimensione. Accanto alle migliori prestazioni, tutti i prodotti e sistemi Climaveneta ricercano sistematicamente la massima efficienza energetica. Una visione, quella dell’uso responsabile dell’energia, insita nel dna dell’azienda, un approccio etico allo sfruttamento delle risorse che si traduce in valore aggiunto per ogni impianto, in un minor costo d’esercizio, minor impatto ambientale e di conseguenza livello di comfort più elevato. A tutto questo l’azienda aggiunge la capacità di personalizzazione del sistema grazie al quale riesce a sviluppare soluzioni ad hoc per le particolari esigenze di ogni cliente, per ogni applicazione e tipologia di edificio. L’azienda riesce infatti a combinare un sistema produttivo industrializzato e basato su vaste economie di scala con la capacità progettuale e una produzione su misura, in grado ovviamente di assicurare gli stessi livelli qualitativi di una soluzione standard. Grazie a questo consolidato equilibrio, l’azienda si propone come partner qualificato aumentando la propria competitività, grazie anche al rispetto delle tempistiche e delle scadenze e alla flessibilità produttiva con la quale far fronte alle eventuali variazioni delle specifiche di progetto. Ciò è possibile solo grazie a una produzione efficiente e dinamica che sappia tradurre le idee del Centro Ricerca&Sviluppo per non fermarsi alle tipologie di prodotto esistenti ma alla ricerca costante di soluzioni che possano combinare anche due o più sistemi, tenendo conto delle caratteristiche di ogni edificio e delle esigenze di chi lo utilizza. Tenere in grande considerazione le aspettative dei clienti, significa fornire la soluzione per la climatizzazione più adatta, assicurando perfetto comfort, investimenti ottimizzati, minimo impatto estetico e i più elevati standard per il rispetto ambientale. Mauro Montello, direttore commerciale e marketing di Climaveneta sottolinea: “Climaveneta esprime al meglio tutto il proprio potenziale nei grandi impianti, soprattutto nei casi in cui veniamo coinvolti sin dalle prime fasi del progetto. Poter interloquire con tutti gli attori della filiera ci permette di avere chiaro fin da subito gli obiettivi del committente e del progettista, di proporre soluzioni in linea con le richieste dell’impianto o eventualmente di proporre sistemi alternativi che possano migliorare ulteriormente i parametri richiesti. Studiamo in modo approfondito il progetto impiantistico in modo da poter sviluppare la macchina o l’insieme di macchine giuste per ogni specifico progetto”. Centri direzionali, centri commerciali, aeroporti, cinema multisala, musei e istituti culturali, hotel, ospedali e strutture sanitarie, fiere e centri congressi, impianti industriali, edifici residenziali: per tutte queste tipologie di edifici, e per molte altre ancora, Climaveneta ha studiato e sviluppato soluzioni dedicate, riuscendo ad accomunare caratteristiche e parametri funzionali simili ed esigenze di comfort comparabili. Un modus operandi che consente di unire ai vantaggi di sistemi dedicati per specifiche esigenze di comfort, la qualità e l’efficienza della produzione su larga scala, organizzata secondo principi di lean thinking. È quanto abbiamo avuto modo di constatare visitando lo stabilimento di Belluno, che assieme ai plant di Bassano del Grappa e Treviso completano la produzione Climaveneta. L’approccio Kaizen di derivazione Toyota regola tutte le attività dell’impianto produttivo. La cura dei dettagli di ogni fase del processo appare fin da subito evidente grazie a una perfetta organizzazione del layout dello spazio e all’assoluta precisione nello svolgimento di ogni singola operazione. A ciò si associa la ricerca continua del miglioramento, anche piccolo, che si traduce nella perfetta sincronizzazione della produzione just in time, nell’approvvigionamento continuo delle linee, nel controllo rigoroso delle tempistiche di produzione. Si parte dalla costruzione del basamento su cui si posizionano via via i vari componenti, dai tubi di rame al modulo batteria, per finire con i collegamenti elettrici. Tutte le macchine vengono testate a fine linea attraverso indagini approfondite e strumentazioni che ricreano perfettamente le condizioni di utilizzo (come da progetto) per verificare la perfetta rispondenza alle specifiche richieste. Dopo il collaudo prestazionale, le unità vengono sottoposte al collaudo acustico per verificare il livello di rumorosità della macchina in funzione ed eventualmente intervenire per rispettare i vincoli imposti dal progetto. L’azienda offre inoltre ai propri clienti la possibilità di assistere direttamente al collaudo dell’unità, simulando specifiche condizioni di funzionamento prima dell’installazione. L’evoluzione dell’offerta dell’azienda ha necessariamente tenuto Nata nel 1971, Climaveneta spa è leader europeo nel settore della climatizzazione e del condizionamento di precisione. Con un’esperienza di oltre 40 anni e una gamma completa di prodotti e sistemi per ogni applicazione e tipologia di edificio, dal residenziale ai grandi impianti, Climaveneta fa dell’efficienza energetica, uno dei punti di forza delle sue soluzioni e del suo brand. Oggi Climaveneta è una consolidata realtà internazionale, con cuore e testa in Italia, con un fatturato per il 60% conseguito in Europa e il restante in Cina, India e Sud America. Strutturata su 9 focus factories specializzate, è un punto di riferimento per i progetti più prestigiosi in tutto il mondo. Climaveneta è una società del gruppo DeLclima. Established in 1971, Climaveneta spa is a European leader in precision climate control and air conditioning. With more than 40 years of experience and a complete range of products and systems for all applications and all kinds of buildings, from residential projects to large-scale plants, Climaveneta has made energy efficiency one of the strong points of its solutions and its brand. Climaveneta is now a well-established international company, but its head and heart are still in Italy; 60% of the company’s sales are in Europe, the rest in China, India and South America. With 9 specialised focus factories, Climaveneta, a DeLclima Group company, has become a key reference in the industry and contributed to some of the world’s most prestigious construction projects. Climaveneta via Sarson, 57/C 36061 Bassano del Grappa (VI) tel 0424 509500 – fax 0424 509509 www.climaveneta.it – [email protected] XXXIV design focus factory conto delle tecniche costruttive più innovative sviluppate in edilizia, che hanno permesso di dar vita a involucri ad alta efficienza e di elevare l’asticella prestazionale complessiva dell’edificio. Gli impianti hanno dovuto necessariamente adeguarsi per esempio alle sempre più frequenti richieste di sistemi che possano produrre freddo e caldo anche contemporaneamente. Un assunto impensabile fino a pochi anni fa quando la produzione di riscaldamento e climatizzazione avveniva sempre attraverso due impianti separati. Climaveneta ha contribuito in modo significativo a scardinare questo paradigma, diffondendo al massimo l’utilizzo di macchine versatili in grado di soddisfare entrambe le richieste nello stesso momento. Per rispondere a questa esigenza sempre più diffusa, mantenendo elevate le prestazioni energetiche dell’edificio, l’azienda ha sviluppato una gamma di unità polivalenti disponibili sia con condensazione ad aria che ad acqua. I sistemi Integra costituiscono un’evoluzione dei tradizionali gruppi frigo reversibili a pompa di calore, cioè di unità in grado di produrre contemporaneamente acqua refrigerata e calda, specifiche per impianti a 4 tubi. In tutti quei mesi dell’anno in cui nell’edificio è prevalente la richiesta di freddo (estate e mezze stagioni), il caldo che viene generato sul condensatore è gratuito; l’esatto contrario avviene quando nell’edificio è prevalente la richiesta di caldo (inverno pieno) con il freddo che viene generato sull’evaporatore a essere questa volta gratuito. Le unità Integra massimizzano autonomamente l’efficienza del ciclo energetico con cui si genera l’energia calda e fredda, autoregolandosi in ogni momento dell’anno. In particolare l’efficienza massima si ha nei periodi medio stagionali nei quali più probabile è la contemporaneità di richiesta di caldo e di freddo. A queste caratteristiche si associano i vantaggi della massima efficienza energetica e di nessuna emissione di CO2 a livello locale, la possibilità di eliminare completamente la caldaia, con il conseguente recupero di spazio in pianta, l’opportunità di integrazione con fonti rinnovabili. Tutte le unità della gamma Integra sono infine LEED relevant, cioè contribuiscono all’ottenimento di crediti per la certificazione energetica degli edifici. Proprio per questo sono stati utilizzati in molteplici tipologie di intervento e sono oggi le assolute protagoniste dell’impianto di uno dei progetti più importanti d’Europa: la riqualificazione di Porta Nuova a Milano è senza dubbio uno degli interventi che stanno cambiando radicalmente il volto della metropoli. Climaveneta è stata chiamata a fornire i propri sistemi tecnologici in ciascuno dei tre distinti cantieri che danno vita all’intero progetto (area Garibaldi, ex Varesine e Bosco Verticale). Tutte le unità sono collegate da un anello d’acqua, alimentato dalla falda del canale sotterraneo Martesana dalla quale viene prelevata l’energia. L’integrazione con una fonte rinnovabile garantisce la massima efficienza dell’impianto. Porta Nuova, così come Ferrante Aporti sempre a Milano e molti altri progetti realizzati in tutto il mondo sono simbolo della capacità di Climaveneta di analizzare e approfondire tutti gli aspetti che concorrono alla definizione dell’impianto, è un intervento icona della capacita dell’azienda di assicurare progettualità, affidabilità e qualità dei prodotti anche e soprattutto in situazioni complesse. More than 90,000 square metres of productive space in nine plants (including three in Italy) and a complete range of products from 1 to 2,400kW: these are the strong points of Climaveneta, producer of the widest range of solutions and systems for all comfort requirements available on the market, with all the reliability, know-how and experience gained over 40 years working in climate control. From hydronic systems to direct expansion units, from monoblock units to the Telecom Mobile Range, from precision climate control to the loop system, to mention only a few: complete, versatile systems to respond to all design and plant engineering requirements with the utmost precision, saving energy and money and continuing to protect the environment. Users’ comfort, energy efficiency and a “custom-made” approach are the keys to everything the company does. While the principal goal of every system is guaranteeing maximum comfort for users by maintaining optimal temperature and humidity conditions in any climate, the company also extends the concept to other, equally important aspects of overall human wellbeing. First of all, its installations are silent: an essential quality in the urban environment, where we are already “stressed” by noise pollution; Climaveneta also focuses on its solutions’ aesthetic and environmental impact, increasingly important concerns in renovation projects in settings of historic value and natural beauty. Climate control systems are often installed in buildings and facilities subject to architectural regulations, where it is naturally difficult to install large-scale machinery and equipment. Along with optimal performance, all Climaveneta products and systems systematically pursue the utmost energy efficiency. The vision of responsible use of energy is part of the company’s heritage, and this ethical approach to use of resources adds value to all Climaveneta installations, cutting operating costs and environmental impact while Le tre linee di produzione, ciascuna dedicata a una particolare tipologia di sistema, si sviluppano in parallelo e propongono una sequenza di stazioni operative lungo le quale le macchine prensono forma gradualmente. The three product lines, each dedicated to a particular type of system, are developed in parallel and have a series of workstations along which machines gradually take form. XXXVI design focus factory improving comfort. In addition, the company can customise its systems and come up with special solutions personalised in response to different clients’ needs, applications and building types. The company manages to combine an industrialised production system based on vast economies of scale with individualised design and production guaranteeing the same level of quality as a standard solution. This consolidated balance makes the company a highly qualified partner and increases its competitiveness, taking into account that it meets deadlines and offers the flexibility in production required to allow for potential changes to project specifications. This is all made possible by an efficient, dynamic production system which makes the ideas of the Research and Development Centre into reality; the company does not stop at making existing product types but continues to research new solutions, which may combine two or more systems, taking into account the features of every building and the needs of every user. Putting customers’ expectations foremost means supplying the best climate control solutions and guaranteeing perfect comfort with optimal investment, minimal aesthetic impact and the highest environmental standards. Climaveneta sales and marketing manager Mauro Montello says: “Climaveneta expresses all its potential in its large-scale systems, especially when the company is involved in a project right from the early stages. Having the opportunity to discuss things with the other players involved gives us a clear idea of the client’s and the architect’s goals right from the start, so that we can offer solutions in line with the requirements for the installation or suggest an alternative system that could further improve on the requested parameters. We consider the plant engineering project in depth in order to come up with the right machine or set of machines for every specific project”. Office buildings, shopping centres, airports, multiplex cinemas, museums and cultural institutions, hotels, hospitals and other medical facilities, trade fairs and conference centres, industrial plants, residential buildings: Climaveneta has developed solutions specifically designed for all these types of building and more, grouping together similar features and operating parameters and comparable levels of comfort. This way of working allows the company to combine the benefits of special systems designed to meet specific requirements for comfort with all the quality and efficiency of large-scale production organised on the basis of the principles of lean thinking. We were able to see this for ourselves at Climaveneta’s Belluno plant, one of the company’s three plants in Italy, along with the plants in Bassano del Grappa and Treviso. The Kaizen approach developed by Toyota regulates everything that goes on in the production plant. Attention to detail at all stages in the process is apparent right away thanks to the perfect organisation of plant layout and the absolute precision with which each task is performed. To this we may add the ongoing effort to come up with improvements, however small, translating into perfect synchronisation of just in time production, continual line procurement, and strict control over production times. First the metal base is constructed, after which components are positioned on it, copper pipes are added and the batteries are mounted, then the structure is completed and electrical connections are made. Climaveneta tests 100% of its production. All machines are tested at the end of the line with in-depth study and instruments that perfectly recreate the conditions of use (as specified in the plan) to ensure that they respond perfectly to specific requirements. The company also offers its customers an opportunity to attend the testing session in the plant to experience the perfect functioning of each unit for themselves. After testing, systems which must meet special requirements in terms of noise levels are subjected to an “acoustic test” for assessment of levels © frenk58 - Fotolia.com Sono 32 le unità Integra di Climaveneta installate nei diversi edifici che compongono l’articolato progetto di Porta Nuova a Milano: assicurano prestazioni eccellenti, massimo comfort ed efficienza energetica utilizzando l’acqua di falda. Climaveneta has installed 32 Integra units in the buildings in the Porta Nuova complex in Milan, guaranteeing outstanding performance, maximum comfort and energy efficiency with aquifer water. of noise in the machine while in operation and reduce their impact if necessary. As the company’s product range has evolved, it has necessarily taken into account the innovative new construction techniques developed by the building industry, which has created highly efficient wrappers that raise buildings’ overall level of performance. Systems have been adapted to keep up with growing demand for ability to produce both heat and cold, sometimes at the same time: an idea that was unthinkable until only a few years ago, when buildings were always heated and cooled by two different systems. Climaveneta has made a significant contribution to eliminating this paradigm, promoting use of versatile machines that can meet both needs at the same time. To respond to this increasingly common demand while keeping buildings’ energy performance high, the company has come up with a range of multi-purpose units available with both air and water condensation. Integra systems represent a new evolution of traditional reversible heat pump cooling units, that is, units capable of producing chilled and heated water at the same time, specifically designed for systems with four pipes. At times of year when demand for cool air is highest in the building (spring, summer and autumn), the heat that is generated in the condenser is free; the exact opposite happens in winter, when demand for hot water dominates, and the cold generated by the evaporator is free. The Integra unit maximises the efficiency of the energy cycle generating hot and cold energy on its own, regulating itself at all times of year. Efficiency is highest in the in-between seasons, when it is likely that there will be demand for both heat and cold. These features are associated with the benefits of maximum energy efficiency and zero local CO2 emissions, permitting complete elimination of the boiler, recovering space in the floor plan and permitting integration with renewable energy sources. Finally, all the units in the Integra range are LEED relevant, that is, they help earn credits for energy certification of buildings. This is a reason why they are used in many types of projects, and are currently involved in one of the most important construction projects underway in Europe: redevelopment of Milan’s Porta Nuova district, a project which is radically changing the face of the city. Climaveneta was asked to supply technological systems in each of three construction sites forming the project (the Garibaldi area, the former Varesine area and Bosco Verticale). All the units are linked by a loop of water supplied by the Martesana underground canal, which provides energy. Integration with a renewable energy source guarantees maximum efficiency. The Porta Nuova project and the Ferrante Aporti project, also in Milan, like many others, demonstrate Climaveneta’s ability to analyse and study all aspects involved in definition of the system, an ideal example of the company’s ability to guarantee engineering, reliability and product quality in even the most complex situations. grafts 135 scenari di architettura/ architectural scenario 40 2 presentazione/introduction David Closes/ Church of Sant Francesc Convent photo by Jordi Surroca Grafts, a central issue in the contemporary debate text by Marco Casamonti 4 editoriale/editorial A dialogue about grafts: Marco writes, Cino replies. photo by Cino Zucchi 50 maast arhitecture/ Résidence Poissonniers photo by Cécile Septet letture critiche/ critical lectures 24 The residential building is located in a site with dense urban fabric of courtyards and small gardens, an environment which is currently undergoing major changes. The six apartments, which boast double exposures, are spread across seven stories. The main access point is located in the garden in order to free up the floors, which are accessed through private corridors Capri imaginary atlas text by Cherubino Gambardella 58 Marion Bernard/Garden Room photo by Thomas Maileander 34 Transforming in order to preserve text by Paolo Giardiello 64 New elements, additions, superfetation, parasites, grafts, stratifications, aggregations, regardless of how we want to call them, on any scale – urban, architectonic, furniture – and in any place – peripheries, old towns, consolidated tissue, voids – one wants to implement them, in any case implying a new architectural awareness based on a recognition of the values of the existing, on the conscience of the importance of renovation, on the need for a coexistence between old and new, on the semantic value inferred from the apparently casual aggregation of discrete signs Elio Di Franco/‘The First‘ Residential Building photo by Arrigo Coppitz 72 Cleaa Claudio Lucchin & architetti associati/Hannah Arendt School photo by Alessandra Chemollo 82 138 180 Archea Associati/ Salaroli Showroom text by Laura Andreini photo by Pietro Savorelli TAO/Office in Woods photo by Yao Li itinerario contemporaneo/ contemporary itinerary The design of the office building takes advantage of the flat areas with less trees, follows the form with the terrain. By doing that, the final shape is offices zigzagging in the woods London in collaboration with ProViaggiArchitettura edited by Andrea Nastri and Giuliana Vespere 150 Kengo Kuma & Associates/ Sunny Hills Japan text by Andrea Ferraro photo by Daici Ano 94 Dorte Mandrup Architekter/ Ama’r Children’s Culture House photo by Torben Eskerod, Jens Lindhe 158 190 Fernanda Canales/Elena Garro Cultural Center photo by Jaime Navarro esiti concorsi/competitions text by Alessandro Massarente 196 106 recensioni mostre e libri/ exhibition and book reviews SPEECH Tchoban & Kuznetsov/ Museum for Architectural Drawing photo by Roland Halbe, Patricia Parinejad texts by Aldo De Poli, Maria Amarante, Federica Arman, Silvia Avanzi, Cecilia Bianchi, Roberta Borghi, Claudia Dolci 116 Nieto Sobejano Arquitectos/ Kastner & Öhler Extension text by Enrique Sobejano and Fuensanta Nieto photo by Paul Ott The desire of the architects was to combine the unevenness of the existing constructions with the individual conditions that their use and property required, by means of a new roof generated by a simple geometric law 128 Josef Weichenberger architects + Partner/MG9 photo by Erika Mayer 170 Pereda Pérez arquitectos, Ignacio Olite/Footbridge of Labrit Bastion photo by Pedro Pegenaute The footbridge starts as an extension of the historical wall and finishes by twisting towards a prearranged place. The stairs, a point of interest in this project, appear to give an answer to the accessibility of this space. As such, the structural and geometrical plan take the linear from a Y shape 178 grafts bibliography edited by Damianos Damianakos 202 new media edited by Monica Bruzzone A Dialogue about Grafts: Marco Writes, Cino Replies Epistolario innesti: Marco scrive Cino risponde 4 Marco Casamonti: Caro Cino, accolgo il tuo invito a non svolgere una tradizionale intervista fatta di domande e risposte in tempo reale, ovvero prive di quella riflessione da “slow thinking“ di cui forse oggi sentiamo la mancanza; assillati come siamo dallo scrivere o leggere in 140 miserabili caratteri che, diciamocelo sinceramente, se non mortificano la lingua certamente talvolta trasformano il pensiero in un “liofilizzato“ un po‘ infantile e spesso indigesto. Prendiamoci quindi tutto lo spazio e le battute disponibili e affrontiamo il tema da te proposto, in qualità di curatore, di questo Padiglione Italiano alla Biennale di Architettura di Venezia. Si tratta, a mio modo di vedere, di una questione che dietro il titolo “Innesti“ rivela molte letture critiche ed esperienze che attraversano la cultura architettonica italiana, ma non solo, dal secondo dopoguerra all‘attualità. Proviamo quindi a formulare le nostre riflessioni sotto forma di uno scambio di opinioni e di sollecitazioni. Ti propongo sette interrogativi scaturiti in seguito alla mia visita al padiglione ed al nostro breve incontro, ad inaugurazione finita e padiglione ormai chiuso, con la guardiana in procinto di cacciarci dalle “tue“ sale, così elegantemente allestite. La questione “innesti“, per la cultura italiana, si segnala più per la continuità (ed uso questo termine pensando al significato della titolazione della Casabella rogersiana) che non per la ricerca di un tema nuovo o d‘avanguardia. L‘originalità del tema consiste piuttosto nell‘essere volontariamente non “originale“ nel senso di riprendere e rilanciare quella lezione sulle “preesistenze ambientali“ che forse segna la stagione più alta ed innovativa della ricerca nel nostro paese. Allora rientrano per questa via il tema del contesto, del rapporto con l‘ambiente circostante, la ricerca di quell‘identità dissolta nella tensione di un globalismo che lacera il senso delle nostre differenze e della sua intrinseca bellezza. Per molti questo rappresenta il paradigma ineluttabile di un destino che porta al declino, viceversa per me, e ritengo evidentemente anche per te, rappresenta l‘unica via per la quale l‘architettura italiana (per quanto tale denominazione falsamente D.O.C. riesca ad avere ancora un senso) possa riuscire a conquistarsi uno spazio e quindi una posizione nel dibattito internazionale; sei d‘accordo su questa lettura in “continuità“? Marco Casamonti: Dear Cino, I am following your suggestion in the sense of avoiding a traditional interview made of questions and answers in real time, or in other words without the “slow thinking” that we are perhaps beginning to miss today, as we are adapting ourselves to writing or reading in 140 miserable characters which, let us be honest, if they do not mortify the language they certainly sometimes turn thought into a somewhat infantile and often tiresome “freeze-dried” version of itself. Let us therefore allow ourselves all the space and characters available and let us discuss the theme you have suggested as the curator of this Italian Pavilion at the Architecture Biennial of Venice. As I see it, it is a matter of a question which, behind the title “Grafts”, reveals many critical interpretations and experiences which have run like a red thread through the architectural culture of Italy, but not only this country, from the years after World War II until today. So let us try to formulate our reflections in the form of an exchange of opinions and inspirations. I will suggest seven questions which have come to my mind after my visit at the pavilion and our short meeting, after the opening had finished and when the pavilion had closed, as the custodian was about to chase us from “your” rooms with their elegant design. “Grafts”, in the Italian culture, is an issue that is principally linked to continuity (and I am using the term in the sense Rogers used it in the title of Casabella) rather than a pursuit of new or avant-garde themes. The originality of the theme lies in the fact that it is intentionally not “original”, in the sense that it revives and reintroduces the lesson on “environmental pre-existences” which perhaps characterizes the best and most innovative period of research in our country. In this and in the following pages: Archimbuto. A large arched portal in oxized metal dilates theprofile of the existing entrance in an anamorphic way. Il nastro delle Vergini. All photos by Cino Zucchi. 5 editoriale editorial 6 7 editoriale editorial 8 Cino Zucchi: Durante l‘ideazione, la preparazione e la scelta dei progetti da esporre, ho pensato a lungo al rapporto tra il titolo “Innesti“ – che a sua volta è una risposta/interpretazione al tema suggerito da Rem Koolhaas ai padiglioni nazionali, “Absorbing Modernity 1914/2014“ – e alcune parole chiave del dibattito degli ultimi cento anni: preesistenze ambientali, continuità, architettura moderna in contesti storici, regionalismo critico, etc. Senza negare in alcun modo di avere assorbito nei miei lunghi anni da studente gli elementi di questo dibattito, ho l‘ambizione di dire che il termine “innesti“ – al di là della intenzionale metafora botanica o agricola – cerca di guardare la stessa cosa da un punto di vista piuttosto diverso. L‘Italia, che è spesso stata vista come un paese che ha “resistito“ al nuovo – restano famose la critica formulata da Reyner Banham dell‘“Italian Retreat from Modern Architecture“, e la risposta di Ernesto Rogers “al custode dei Frigidaires“ – ha avuto secondo me una grande tensione verso l‘innovazione e la modernità. Non volevo quindi parlare dell‘“adattamento“ del nuovo al contesto – oggi questa è una tecnica spesso messa in atto dall‘architettura commerciale – né del tema del linguaggio e della storia. This approach makes it possible to include the theme of the context, of the relationship with the surrounding environment, the pursuit of that identity which is lost as we adapt to a globalism that is undermining the meaning of our differences and their intrinsic beauty. This represents, to many, the ineluctable paradigm of a destiny which leads to decline, but to me – and I am convinced also to you – it represents the only path by which Italian architecture (regardless of whether this falsely authentic label still has any meaning) can succeed in conquering a place in the international debate; do you agree with this interpretation of “continuity”? Cino Zucchi: While ideating and preparing the exhibition and choosing the projects to include, I have thought for a long time about the relationship between the title “Grafts” – which is in its turn a response/interpretation of the theme suggested by Rem Koolhaas for the national pavilions, “Absorbing Modernity 1914/2014” – and some key words in the debate of the last hundred years: environmental pre-existences, continuity, modern architecture in historical contexts, critical regionalism, etc. Without in any way wanting to deny that I have assimilated the elements of the debate in my long years as a student, I have the ambition to say that the term “grafts” – beyond the intentional botanic or agricultural metaphor – aims to look at the same thing from a quite different point of view. Italy, which has often been seen as a country that has “resisted” the new – Reyner Banham’s criticism of the “Italian retreat from modern architecture” and Ernesto Roger’s reply to “the custodian of Frigidaires” is still famous – has as I see it pursued innovation and modernity with considerable zeal. Il mio punto di vista è diverso: il moderno italiano ha sempre dovuto fare i conti con un luogo – sia esso naturale o urbano – già formato da tempo. Ha dovuto così mettere in atto tattiche più complesse (non ho volutamente usato la parola “strategia“, ma piuttosto quella di “tattica“, nel senso dato a questi due termini da Michel de Certeau ne L‘Invention du Quotidien), capaci di assorbire nel loro corpo la situazione esistente e di trasfigurarla in una nuova configurazione. L‘innesto è un atto violento, fallibile, che si prende la responsabilità delle sue molteplici conseguenze. Marco Casamonti: Il padiglione è diviso fisicamente ma anche culturalmente in due parti: la prima sala è dedicata a Milano quale esemplificazione e narrazione di un lungo dibattito concepito come evocazione ed epopea della trasformazione del pensiero architettonico ed urbano; la seconda contiene frammenti, immagini di edifici interpretati come pietre miliari di un‘architettura e di una visione contemporanea, edifici che rappresentano e descrivono il nostro paese da Nord a Sud. Potresti descrivere come metti in relazione e come interagiscono tra loro queste due parti? Cino Zucchi: Le due parti principali da te indicate sono collocate in una sequenza più articolata. Innanzitutto considero i due interventi fisici sui due spazi aperti prospicienti le Tese delle Vergini parte integrante dei contenuti piuttosto che puri elementi scultorei. This is why I did not want to speak of the “adaptation” of novelties to the context – this is a technique which is today often adopted by commercial architecture – nor of the theme of language and history. I approach the theme from another angle: Italian modernity has always had to deal with a place – whether natural or urban – which was already formed a long time ago. I have therefore had to implement more complex tactic measures (I have intentionally avoided to use the word “strategy”, preferring “tactics” in the sense Michel de Certeau gives the two terms in L’Invention du Quotidien), capable of absorbing the existing situation in their body and to transfigure it, giving it a new configuration. The graft is a violent, fallible act, which takes responsibility for its many-faceted consequences. Marco Casamonti: The pavilion is divided physically but also culturally in two parts: the first room is dedicated to Milan as exemplification and narration of a long debate conceived as evocation and epic of the transformation of architectonic and urban thought, while the second contains fragments, images of buildings interpreted as milestones of an architecture and a vision that is contemporary, buildings which represent and describe our country from North to South. Could you explain how these two parts relate and interact with one another? Cino Zucchi: The two principal parts you mention belong to a more articulated sequence. First of all I consider the two physical interventions in the two open areas facing the Tese delle Vergini as an essential part of the exhibition content, rather than pure sculptural elements. 10 10 Padiglione Italia Milano. Laboratorio del moderno Milan. Laboratory of modernity Le vicende architettoniche e urbanistiche di Milano degli ultimi cento anni costituiscono un esempio tra i più chiari dei tentativi di “modernizzazione“ dell‘Italia. La sezione “Milano. Laboratorio del moderno“ prende in esame alcuni momenti di questa storia complessa, dove un moderno orgoglioso è capace di adattarsi al contesto, di farlo suo e di trasfigurarlo all‘interno di una nuova visione urbana. Milan‘s architectural and urban events of the last hunfred years constitute a clear example of the attempts of Italy‘s “modenization“. The section “Milano. Laboratory of modernity“ looks at some moments of this complex history, where a prideful modern is able to adapt to its context, to make it his and to transfigure it inside a new urab vision. Un paesaggio contamporaneo A contemporary landscape Le diverse condizioni del territorio italiano e i diversi contesti economici, programmatici e sociali alla base dei processi di trasformazione non possono essere in alcun modo ricondotti a un modello unitario. La migliore cultura progettuale di questi anni sembra tuttavia animata da un‘attitudine comune: l‘osservazione attenta del sito, dei suoi vincoli, delle sue risorse, e la capacità di intervenire in esso con un atto di trasformazione che li assorba al suo interno e li trasfiguri in un nuovo paesaggio abitato. Alla sezione prendono parte 85 progetti di studi italiani. The different conditions of the Italian territory and the different economical, programmatic and social contexts founding the processes of transformation cannot be brought back in any way to a single model. The best design culture of these years is nevertheless animated by a common attitude: the careful observation of the site, of itd constraints, of its potentials, and the capacity to intervene on it with an act of transformation able to absorb them into its body and to turn them into a new inhabited landscape. 85 projects by Italian offices of architecture take part to this section. - 2A+P/nicole_fvr - 5+1AA Alfonso Femia Gianluca Peluffo - ABDA Architetti Botticini de Apollonia e Associati - ABDR Architetti Associati - act_romegialli - aMDL_architetto Michele De Lucchi - Amoretti Calvi e Associati + Giancarlo Ranalli - - - Archea Associati Barozzi/Veiga baukuh Boeri Studio (Boeri, Barreca, La Varra) C&P Architetti Luca Cuzzolin+ Elena Pedrina C+S Architects Calzoni Architetti – Arch. Sonia Calzoni Massimo Carmassi Antonio Citterio Patricia Viel and Partners Clementi Hinners architects Roberto Collovà Cottone+Indelicato, Joan Puigcorbé Mario Cucinella Architects Rosario Cusenza + Maria Salvo Studio DAP studio/Elena Sacco-Paolo Danelli Elasticospa Elasticospa+3 ES-arch enricoscaramelliniarchitetto ETB Gambardellarchitetti Ghigos, ARCstudio, Id-Lab giussaniarch - Roberto Giussani / Andrea Balestrero Gregotti Associati International (Augusto Cagnardi, Vittorio Gregotti, Michele Reginaldi) GSMM architetti Raimondo Guidacci Architetto IaN+ Ifdesign Iotti + Pavarani Architetti Kuehn Malvezzi Labics LAN Vincenzo Latina Lelli, Bandini, Luccaroni, Magazè, Laboratorio di Architettura Gaetano Lixi, Francesco Delogu Luciano Giorgi, Liliana Bonforte (lgb-architetti) MAB Arquitectura LAPS Architecture mdu architetti MoDus Architects monovolume architecture+design Adolfo Natalini/Natalini Architetti Firenze Marco Navarra_NOWA Gualtiero Oberti, Attilio Stocchi OBR Paolo Brescia, Tommaso Principi Onsitestudio OperaStudio Magni Paci Architetti Park Associati (Filippo Pagliani, Michele Rossi) Pietro Carlo Pellegrini architetto Pierpaolo Perra, Alberto A. Loche Renzo Piano Building Workshop Piuarch. Francesco Fresa, Germán Fuenmayor, Gino Garbellini, Monica Tricario Renato Rizzi Studio Italo Rota and Partners Scandurra Studio Scape Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Venezia e Laguna - Markus Scherer, Walter Dietl Nunzio Gabriele Sciveres Architetto Sp10 stARTT studio di architettura e trasformazioni territoriali Studio Albori StudioErrante Architetture Studio di Architettura Andrea Milani Studio Zero85 Tasca Studio Architetti Associati Werner Tscholl Architekt Paolo Zermani (Studio Zermani Associati) Ambienti taglia e incolla Cut and paste environments La tecnica moderna del collage ha avuto un ruolo importante in molti momenti di riflessione critica sui fondamenti disciplinari e sull‘autonomia del fatto architettonico, come nel passato recente della Tendenza e dell‘Architettura Radicale. Oggi più autori sembrano avere ripreso il filo interrotto di queste ricerche. The modern collage technique played an important role in many moments of critical reflection on the fundamentals of the discipline and on the autonomy of the architectural phenomena, as in the recent past the ones of the Italian Tendenza and of the Architettura Radicale. Today a number of authors seems to have reconnected the borken thread of this research. Paesaggi abitati. La vita si adatta agli spazi che si adattano alla vita Inhabited landscapes: life adapts to the spaces which adapt to life Se gli spazi urbani e il territorio italiano si mostrano alternativamente come un “museo a cielo aperto“ o come i luoghi del degrado ambientale, essi sono anche e soprattutto lo sfondo della vita quotidiana dei loro abitanti. Una serie di video realizzati da diversi autori attraverso una “open call“ pubblica è montata insieme a formare un grande paesaggio animato che mostra differenti e contradditori aspetti del rapporto tra gli spazi collettivi e la vita che li percorre, vi si adatta, li trasforma o li abbandona. If the Italian urban spaces and territory appear in turn as an “open air museum“ or as the places of environmental neglect, they are also above all the backdrop of the everyday life of their inhabitants. A series of videos realized by different authors through a public “open call“ is mounted together to form a large animated landscape, showing different and contradictory sides of the relationship between collective spaces and the life which flows through them, adapts to them, transform or abandons them. 12 Essi sono due “innesti“ fisici sul luogo: l‘“Archimbuto“ all‘ingresso, che trasfigura in forma astratta e affilata gli archi delle Gaggiandre e invita il pubblico a entrare; e il “Nastro delle Vergini“ del giardino, che partendo dalla scritta esistente “Italia“ – recuperata dal vecchio padiglione ai Giardini – si snoda tra gli alberi diventando di volta in volta palco, panca, arco, tavolo. All‘interno, oltre alla sezione su Milano e quella sul contemporaneo, troviamo una parte dedicata al lascito dell‘EXPO a manifestazione finita (allestita dai Modus), un collage di videoclip amatoriali (montati da Studio Azzurro) che danno conto del rapporto tra spazi e comportamenti con lo spazio di sosta (disegnato da Matilde Cassani), la “Quadreria“ (curata da Emilia Giorgi), le cartoline dal mondo inviateci da diciotto architetti stranieri con una loro visione dell‘Italia. Come tante cineprese piazzate in punti diversi dell‘immensa scena del nostro paese, queste sezioni guardano da punti di vista complementari un concetto comune, quello enunciato dal titolo: l‘impossibilità di concepire l‘atto architettonico come oggetto autonomo. Marco Casamonti: A livello internazionale hai proposto Milano come paradigma di un processo di evoluzione e trasformazione della società italiana attraverso i secoli, concentrandoti sul Novecento e sul passaggio del moderno, prima della guerra, e sulla stagione postbellica nella quale emergono con particolare evidenza le figure a te care di Asnago e Vender, Caccia Dominioni, Ignazio Gardella. They are two physical “grafts” on the place: the Archimbuto or ‘architectural funnel’ at the entrance, which represents an abstract and more acute transfiguration of the arches of the Gaggiandre, and invites the public to enter; and the “Band of the Virgins” in the garden, which on the basis of the existing text – “Italy” – recovered from the old pavilion in the Gardens – winds among the trees, becoming stage, bench, arch or table, depending on the situation. Inside, in addition to the section on Milan and the one on the contemporary reality, we find an area dedicated to the heritage of the EXPO on conclusion of the event (installed by Modus), a collage with different video clips shot by amateurs (edited by Studio Azzurro) which provide an account of the relationship between spaces and behaviours with rest areas (designed by Matilde Cassani) and the “Quadreria” (curated by Emilia Giorgi) postcards from the world sent to us by eighteen foreign architects, in which they illustrate their vision of Italy. In these and in the next pages: images of the section dedicated to “Milan. Laboratory of modernity“. In the previous page, an image of the entrance to the Padiglione Italia. 13 editoriale editorial 14 Tuttavia, come è noto, la storia del secolo che abbiamo recentemente abbandonato propone come centrale rispetto al nostro paese il confronto tra Roma e Milano; schematizzando tra razionalismo e organicismo, tra l‘MSA (Movimento Studi per l‘Architettura) e l‘APAO (Associazione per l‘Architettura Organica) di zeviana memoria; insomma un dibattito giocato sulla competizione culturale tra la capitale economica del paese e il suo centro politico. Perché hai deciso programmaticamente, oltre la tua evidente e conosciuta appartenenza geografica, di organizzare e “disegnare“ questo interessante sguardo retrospettivo tralasciando volontariamente figure come Libera, Ridolfi, Quaroni? Perché ancora mostrare il progetto del ‘34 della torre in piazza Duomo a Milano di Gardella, e non l‘EUR del ‘42? Like numerous movie cameras installed in various points on the immense stage of our country, these sections observe the same concept from complementary viewpoints, namely the one enunciated by the title: the impossibility of conceiving the work of architecture as an autonomous object. Marco Casamonti: On an international level you have proposed Milan as paradigm of a process of evolution and transformation of the Italian society across the centuries, focusing on the Twentieth century and on the passage of modernity, before the war, and the postwar period in which the personalities dear to you stand out with great clarity, we are referring to Asnago and Vender, Caccia Dominioni, Ignazio Gardella. But as we know, the history of the century we recently left behind us proposes the confrontation between Rome and Milan as a central aspect in our country; it entails a schematization between rationalism and organicism, between the MSA (Movement for Studies on Architecture) and the APAO (Association for Organic Architecture) linked to the historical figure of Zevi; in short, a debate which centres on the cultural competition between the country’s economic capital and its political centre. Why have you decided programmatically, apart from your evident and known geographic ties, to organize and “design” this interesting retrospective gaze in a manner that deliberately neglects figures as Libera, Ridolfi and Quaroni? Why do you still exhibit Gardella’s project for a tower in piazza Duomo in Milan from 1934, and not the EUR of 1942? 16 17 editoriale editorial Cino Zucchi: Some of the Cino Zucchi: Alcuni degli architetti “romani“ che citi sono mostrati come un flash nel grande pannello introduttivo dell‘intero padiglione, che preleva campioni istologici dall‘intero paese e l‘intera sua storia. Non ho scelto Milano perché è la mia città – anzi il fatto mi imbarazzava un po‘ – ma perché ho pensato che invece di raccontare il tema attraverso progetti tratti dall‘intero territorio italiano – finendo poi per scontentare Olbia o Campobasso o Rovigo – l‘unità di luogo avrebbe rafforzato molto l‘indagine, facendo risuonare tra loro eventi diversi per luogo e tempo. D‘altronde Monditalia, che precede il Padiglione da me curato, si occupa dell‘intera penisola con grande spiegamento di mezzi, temi e intelligenza critica. Ma la scelta è data anche da un altro modo di guardare alle cose. Nel caso di Milano, come in quello del paesaggio contemporaneo, non mi interessava una storia “per autori“ o per “movimenti“, ma piuttosto la trasformazione del territorio nel suo aspetto più fisico: il grande plastico della città su cui sono proiettate le tracce e le ferite delle sue trasformazioni passate, i casi della Ca‘ Granda, del Duomo e della sua piazza, la ricostruzione moderna del centro dopo i bombardamenti del ‘43, la Triennale del ‘68, la “città che sale“ sono ritratti di eventi collettivi, non di “autori“; e anche quando tratto il lavoro degli autori, non mi interessa la loro opera completa o la loro biografia artistica o culturale, ma piuttosto i loro intarsi nella città esistente. In questo senso, il dibattito ideologico tra la “scuola milanese“ e la “scuola romana“ mi interessa molto meno che l‘esame delle trasformazioni fisiche della città, che sono trattate in forma quasi “minerale“ come i modelli in pietra dell‘ultima sala. Marco Casamonti: L‘allestimento da te immaginato mi è sembrato evocativo ed interessante, ma oltre l‘aspetto formale, introduce due questioni evidentemente intenzionali di cui ti chiedo conto; la prima riguarda la mancanza delle didascalie a corollario delle immagini, obbligando il visitatore a continui rimandi e ritorni alla mappa/legenda generale secondo una modalità che tende a dissociare gli autori ed il loro pensiero dall‘opera in favore di un quadro generale indipendente dai singoli contributi. La seconda riguarda una mescolanza di immagini reali e virtuali che un po‘ disorienta, come se la costruzione di un‘opera fosse secondaria rispetto al progetto. Vi era questa volontà? “Roman” architects you mention appear in the large panel which provides an introduction to the entire pavilion, which presents histological samples of the whole country and its history. I did not choose Milan because it is my city – indeed, the fact has caused me some embarrassment – but because I have thought that rather than illustrating the theme with projects taken from the whole Italian territory – and thus ending up with disappointing Olbia or Campobasso or Rovigo – choosing one location would have strengthened the investigation considerably, making events linked to different places and periods echo among them. On the other hand Monditalia, which is located before the pavilion curated by me, examines the entire peninsula with a generous expenditure of means, themes and critical intelligence. But the decision is also motivated by another way to look at things. In the case of Milan, as in that of the contemporary landscape, I was not so much interested in a history “by authors” or by “movements” as in the transformation of the territory in its more physical aspects: the great model of the city showing the traces and wounds of its past transformations, the cases of the Ca’ Granda, of the Duomo and its square, the modern reconstruction of the centre after the bombardments of 1943, the Triennale of 1968, the “rising city” are portraits of collective events, not of “authors”, and even when I examine the work of the authors I am not so much interested in their complete work or artistic or cultural biography as in the way they fit into the existing city. In this sense I find the ideological debate between the “Milanese school” and the “Roman school” much less interesting than the examination of the physical transformations of the city, which are dealt with in an almost “mineral” form, like the models in stone in the last room. Marco Casamonti: The exhibition design you have ideated has seemed evocative and interesting to me, but beyond the formal aspect it introduces two evidently intentional questions I would ask you to explain. The first concerns the fact that there are no captions accompanying the images, something which obliges the visitors to move back and forth, continuously returning to the general map or the general legend, according to a system where the authors and their thoughts tend to be dissociated from the work in favour of a general scenario which is independent of the single contributors. The second concerns the fact that real and virtual images are mixed in a quite disoriented fashion, as if the construction of a work were secondary with respect to the project. Has this been intentional on your part? Cino Zucchi: My final comment in my last answer is also true with regard to the second room: I have chosen projects, not authors. There are many architects whom I admire, but which are absent because they did not have works which were relevant to the theme of the exhibition, while of the contrary there are works nu some architects who do not appeal to me from a personal and cultural viewpoint, but in whose projects I have recognized a significant aspect of the theme. The result as a whole aims to concretize the idea that once a project has seen the light of day, it loses all character of being the work of its author, becoming the mineral background of our lives, of the landscape in which we move. The difficulties associated with reading the authors is completely deliberate: everything has to be read as an installation of images representing a patchwork scenario, rather than an exhibition of projects. anche per la seconda sala: ho scelto progetti e non autori. Ci sono molti architetti che ammiro e che non sono presenti perché non avevano opere significative rispetto all‘argomento trattato; e invece l‘opera di qualche architetto che mi è piuttosto antipatico dal punto di vista personale e culturale, ma nel cui progetto ho riconosciuto una sfaccettatura significativa del tema. Il tutto vorrebbe configurare l‘idea che una volta immesso nel mondo, un progetto perde ogni carattere autoriale e diventa lo sfondo minerale delle nostre vite, del paesaggio nel quale ci muoviamo. La difficoltà di leggere gli autori è del tutto intenzionale: il tutto va letto come un‘installazione di immagini che costituiscono un panorama-patchwork piuttosto che un‘esposizione di progetti. Marco Casamonti: L‘allestimento, specialmente nella prima sala, ricorda nel disegno della sezione, che mi pare il vero tema del progetto, alcuni bellissimi allestimenti di Gae Aulenti per la Triennale di Milano. Si tratta di un omaggio conscio, un incrocio di coincidenze che hanno a che vedere con il tuo codice genetico, o semplicemente solo una mia personale visione? Cino Zucchi: La forma dello spazio della prima sala, che oscilla tra la cappella scavata in negativo e la silhouette dell‘“albero“, mi è venuta di getto al ritorno dall‘Arsenale di Venezia dopo un rilievo dettagliato dello spazio esistente; rilievo che aveva messo in crisi la possibilità di mettere in opera un primo schema allestitivo a grandi “stanze“ cubiche. Nella prima sala volevo simulare la compattezza e la densità di uno spazio urbano, mentre la seconda doveva evocare un paesaggio. Ho notato io stesso a posteriori l‘assonanza della sezione con la Galleria della Triennale disegnata dall‘Aulenti; ma ancora di più con l‘allestimento di Pierluigi Nicolin alla XVIII Triennale chiamata “Un viaggio in Italia. Nove progetti per nove Città“, alla quale avevo collaborato tanti anni fa. Ma dopo aver chiamato la mia installazione alla scorsa Biennale di Chipperfield “Copycat. Empathy and Envy as Form-makers“, non ci vedo niente di male nel constatare nei progetti risonanze multiple e talvolta inconsce, anzi! Marco Casamonti: Torniamo al soggetto, al titolo della tua proposta denominata appunto “innesti“. Quanto c‘è di programmatico ed intenzionale e quanto di lettura critica della realtà? È evidente che l‘Italia sia un paese fortemente ed intensamente costruito, dove molte realizzazioni si giocano necessariamente sul rapporto con il contesto esistente nel quale l‘architetto “innesta“ la sua personale opera di modificazione e trasformazione del paesaggio. Tuttavia a questa visione di necessità se ne aggiunge un‘altra intenzionale che invita a non consumare ulteriormente suolo, a costruire sul già costruito, a lavorare all‘interno di un contesto già potentemente formato e maturo, in cui lo spazio operativo deve relazionarsi con l‘innesto di parti o frammenti all‘interno di un quadro, il paesaggio italiano, già ampiamente definito. Che cosa prevale tra i due aspetti nella tua proposta? Marco Casamonti:The exhibition design, especially in the first room, reminds of the section, and this seems to me as the true theme of the project, of some extraordinary exhibition designs at the Triennale in Milan. Is this a matter of a conscious homage, a series of coincidences related to your genetic code, or is it simply a matter of a personal impression of mine? Cino Zucchi: The shape of the interior of the first room, which oscillates between a chapel excavated in the negative and the silhouette of a “tree”, came to me in a flash on my return from the Arsenale of Venice after a detailed inspection of the existing space; this inspection had revealed the impossibility of implementing my initial idea for the exhibition, with large cubic “rooms”. In the first room I wanted to simulate the compactness and density of an urban space, while the second was to evoke a landscape. I have myself noticed, after the fact, the assonance between the section and that of the Gallery of the Triennale designed by Aulenti, but even more with Pierluigi Nicolin’s exhibition interior for the exhibition at the XVIII Triennale called “A travel in Italy. Nine projects for nine Cities”, to which I contributed many years ago. But after having called my installation at the last Biennial of Chipperfield “Copycat. Empathy and Envy as Formmakers”, I see nothing wrong in verifying multiple and sometimes unconscious resonances in projects, on the contrary! 19 editoriale editorial Cino Zucchi: La coda della risposta precedente vale 20 21 editoriale editorial Marco Casamonti: Let us 22 Cino Zucchi: Se il secolo scorso è stato il secolo dell‘espansione del fenomeno urbano, questo è forse il secolo della sua necessaria mutazione. Questa mutazione non può che avere come sfondo l‘emergenza ambientale e il cambiamento della nostra attenzione e sensibilità nei confronti del paesaggio. Questa evoluzione è in parte descritta, e forse anche evocata dalle due diverse forme di allestimento, nel passaggio dalla prima sala – che si occupa del passato recente – alla seconda, che è uno sguardo sulla contemporaneità. Potremmo dire che tutto il Padiglione è concepito in questo modo: si entra “novecentisti“ dalle Gaggiandre attraverso il grande arco in metallo che connota l‘ingresso e si esce “paesaggisti“ nel giardino delle Vergini con la lunga panca in metallo che si snoda all‘ombra degli alberi esistenti. Le questioni della sostenibilità e del consumo di territorio non devono oggi costituire “specialità“ né puri elementi di marketing, ma devono essere presenti come valori profondi, e in un certo senso non “declamati“, del nostro compito più generale come architetti e urbanisti. Marco Casamonti: Il tuo lavoro curatoriale e la tua proposta culturale ed espositiva hanno ricevuto consensi quasi unanimi e moltissimi apprezzamenti sinceri; in ogni caso, come inevitabile, avrai avuto anche oppositori che convintamente, o, come spesso accade, al solo scopo di conquistarsi un ruolo, hanno denigrato il tuo operato, vuoi rispondere sia ai primi che ai secondi? Cino Zucchi: La Biennale, ma in particolare il Padiglione Italia, è sempre stato argomento di discussione e spesso di gossip prima e dopo l‘evento. Questa dimensione eccessivamente “pubblica“, quasi fosse un concerto o un film i cui biglietti risultino già venduti prima ancora della sua realizzazione, è quella che mi ha fatto meditare bene prima di rispondere alla chiamata del Ministero. Ma ciò fa parte del gioco, me l‘aspettavo; anche se non nelle forme estreme di autocandidatura prima e di lamentela poi (spesso proprio dagli stessi “lasciati indietro“) che ho sperimentato. Adoro la discussione e anche le critiche, quando però sono in qualche forma pertinenti agli argomenti e alle scelte messe in atto. Un film sui castori va criticato nel taglio che ha dato e nel suo farsi; è piuttosto inutile domandare all‘autore perché non l‘abbia fatto sulle seppie, sulle antilopi o sulle formiche. La maggior parte dei commenti che ho sentito - sia i molti positivi che i pochi critici - era di natura piuttosto superficiale, oppure molto obliqua e astratta; ma ovviamente non è esistita una sede adeguata per farli, se si esclude un certo carattere virale delle chat su internet. Per il momento mi ha interessato di più la discussione che ne è scaturita con i colleghi stranieri, che sono molto più attenti alla realtà italiana di quel che sembri a prima vista. return to the theme, to the title of the exhibition presented by you: “grafts”. How much of it is programmatic and intentional, and how much is a matter of a critical reading of reality? It is evident that Italy is a country where a considerable part of the territory is densely built, and where many projects must perforce relate to the existing context, in which the architect “grafts” his personal work of modification and transformation of the landscape. However, this vision of necessity may be seen in the light of another, intentional one, which invites us not to consume more land, to build on the areas that are already covered by cement, to work within a context which is already dense and mature, in which our room for action is limited to grafting parts or fragments onto a scenario, the Italian landscape, which is already clearly defined. Which of the two aspects prevail in your proposal? Cino Zucchi: If the last century has been characterized by the expansion of the urban phenomenon, this one may be the one of its necessary mutation. This mutation must be seen in the context of the environmental emergency and the change of our attention for and appreciation of the landscape. This evolution is to some extent described, and perhaps also evoked by the two different kinds of exhibition design, in the transition from the first room – which focuses on the recent past – to the second, which examines the contemporary reality. We could say that the whole Pavilion is conceived as follows: the public enters as “people of the Twentieth century” from the Gaggiandre, through the large metal arch at the entrance, and leaves as “landscapists” in the Garden of the Virgins with the long metal bench which winds among the trees, in the shade. Today issues of sustainability and consumption of land must not constitute “specializations” or pure marketing elements, but must be presented as profound, and in a certain sense not “proclaimed” values of our more general duty as architects and urbanists. Marco Casamonti: Your work as a curator and your cultural proposal and exhibition design have received almost unanimous approval and a great many sincere expressions of appreciation; but at the same time it is inevitable that there are opponents who have, out of conviction or – as is often the case – who for the sole purpose of attracting attention, criticized your work. Would you like to answer both the former and the latter? Cino Zucchi: The Biennale, but in particular the Italy Pavilion, has always been subject of discussion and often of gossip, before and after the event itself. This excessively “public” dimension – it is almost as if it were a matter of a concert or a movie of which tickets are sold before it has been staged – is what made me think twice before accepting the invitation of the Ministry. But this is part of the game, I was expecting it, even if not in the extreme forms of selfcandidature before the event and complaints after it (often precisely by the very same persons who were “excluded”) which I have witnessed. I am very fond of both discussion and criticism, but only when they are in some way pertinent to the subjects and choices made. A movie on beavers should be criticized on the basis of the form it has been given and the way in which it has been made; it is quite futile to ask the author why he didn’t make a movie about squids, antelopes or ants. Most of the comments I have heard – and this applies to both the very positive and the few critical ones – have been of a quite superficial nature, or of a very elusive and abstract one, but there has obviously not existed an adequate forum for making them, if we exclude a certain viral character of chats on the internet. For the moment I have been more interested in the discussion which has been developed with foreign colleagues, who pay much more attention to the Italian reality than may appear at first sight. Inhabited landscapes: life adapts to the spaces which adapt to life. In the previous pages: images of the section dedicated to “A contemporary landscape“. La rivista Werk ha dedicato un numero monografico a Caccia Dominioni, Adam Caruso sta dando alle stampe un libro su Asnago e Vender; e nelle loro “cartoline“ esposte in mostra, gli architetti stranieri Aires Mateus, Ofis Architekti, Burkhalter e Sumi, Dick Van Gameren, Dominique Perrault, Michel Desvigne, fanno riferimento rispettivamente al rapporto tra il proprio lavoro e le esperienze progettuali di Adalberto Libera, Gino Valle, Giulio Minoletti, Luigi Moretti, Gabetti e Isola, Vittorio Gregotti. In questo momento la cultura mondiale sta guardando all‘Italia con rinnovato interesse, e mi sembra che questa edizione della Biennale, con il nostro lavoro e con Monditalia, sia riuscita a dialogare bene con questo quadro allargato, togliendo alla discussione quell‘aura da strapaese che aveva preso negli ultimi anni. Il Padiglione Italia si era progressivamente marginalizzato da sé in una Biennale sempre più internazionale, e questo non per colpa dei curatori, ma proprio per la natura del dibattito che lo contornava. In ogni caso, aspettiamo ogni edizione come una nuova puntata di una storia estesa nel tempo e narrata da diversi autori, e quindi sono già curioso di cosa ci riserverà la futura edizione. The Werk magazine has dedicated a monographic issue to Caccia Dominioni, Adam Caruso is sending a book about Asnago and Vender off to press; and in their “postcards” on show in the exhibition, the foreign architects Aires Mateus, Ofis Architekti, Burkhalter and Sumi, Dick Van Gameren, Dominique Perrault, Michel Desvigne refer to the relationship between their own respective work and the design experiences of Adalberto Libera, Gino Valle, Giulio Minoletti, Luigi Moretti, Gabetti and Isola and Vittorio Gregotti. In this moment the international cultural milieu is looking to Italy with renewed interest, and it seems to me that this edition of the Biennale, with our work and with Monditalia, has succeeded in dialoguing well with this ampler scenario, freeing the discussion of the aura of vernacular provincialism that it had assumed in recent years. The Italian Pavilion had gradually marginalized itself in a Biennale that has become more and more international, and this has not been due to any fault on the part of the curators, but precisely due to the nature of the debate surrounding it. In any case, we await every edition as a new chapter in a story which continues over time and is told by different authors, and I am therefore already curious about what the next edition has in store for us. Kastner & Öhler Extension Nieto Sobejano Arquitectos Graz, Austria location: Graz, Austria client: Kastner & Öhler architects: Nieto Sobejano Arquitectos, S.L.P. Fuensanta Nieto – Enrique Sobejano project architect: Dirk Landt collaborators: Ines Bahr, Gesche Böckmann, Udo Brunner, Michele Görhardt, Joachim Kraft, Sebastián Sasse, Malanie Schneider, Anja Stachelscheid, Nik Wenzke structure: GSE, Ingenieur – Gesellschaft mbH, Saar, Enseleit und Partner, Wendl, ZT Robert Wendl – Bernhard Horn Mechanical Engineer Fischer & Co GmbH models: Juan de Dios Hernández, Jesús Rey project date: 2007 116 text by Enrique Sobejano, Fuensanta Nieto photo by Paul Ott Il modernismo ha aperto tante porte, ne ha tuttavia chiuse altre, come quella della decorazione, per esempio, per molto tempo ignorata e non considerata quale fonte di altri percorsi espressivi possibili. Il tetto è uno degli elementi architettonici che ha svolto, in passato, un ruolo fondamentale nella definizione spaziale e urbana dell’edificio; nel corso del ventesimo secolo, con l’avvento delle teorie moderne, tale elemento è stato ridotto a tetto orizzontale. L’assioma corbusiano del tetto piatto è stato contestato seriamente, per la prima volta, all’inizio della seconda metà del secolo, con opere meno comuni di architetti come Kahn o Utzon, che hanno riscoperto il potenziale espressivo del tetto, non solo dal punto di vista formale e volumetrico, ma anche quale elemento in grado di generare spazio, luce e struttura, in altre parole, è lo stesso concetto architettonico ad essere stato riscoperto. Molti centri storici urbani sono stati definiti dal profilo dei tetti, dalle volte, dalle cupole, che si distinguono tra gli edifici e che, spesso, sono gli unici elementi visibili da lontano. La città austriaca di Graz ne è un esempio, se il suo centro storico è stato dichiarato patrimonio dell’umanità lo si deve essenzialmente al panorama armonico creato dai tetti, un panorama che è servito da fonte di ispirazione e punto di partenza per il nostro progetto di ampliamento del grande centro commerciale. Modernism opened up many doors, but it also closed others – as it happened with ornamentation, for instance – which was long disregarded as a source for other possible expressive paths. The roof is one of those architectural elements that in the past have played an essential role in the spatial and urban definition of buildings, and throughout most of the twentieth century modern orthodoxy has reduced it to the almost universal imposition of the horizontal roof. The Corbusian axiom of the flat roof only began to be questioned seriously beginning in the second half of the century, as it happened with some lesscommon works by architects who, like Kahn or Utzon, would recover the expressive potential of a building’s roof, not only in its formal and volumetric expression, but also as an element that generates space, light, and structure, or, in other words, its own architectural conception. Many historical urban centers have been defined by the silhouette of their roofs – roofs, vaults, domes – which stand out amid the buildings and are sometimes only perceptible from distant vantage points. This is the case with the Austrian city of Graz – whose historic center is listed as a heritage site thanks essentially to its harmonious roofscape – where our project for the expansion of a large department store took the interpretation of that reality as its point of departure. 118 site plan 0 100 200 La serie di edifici da ampliare, risalenti a epoche diverse, offriva l’opportunità di intervenire ai piani superiori, fino ad ora occupati da elementi meccanici, ripostigli e locali di servizio. Gli edifici circostanti, vicini alla collina Schlossberg, presentano tutti tetti spioventi, tale caratteristica contribuisce a dare uniformità al panorama, benché le architetture abbiano altezze differenti. Il nostro progetto di ampliamento parte con lo stesso obiettivo: il desiderio di unire costruzioni disomogenee, mantenendo le dovute differenze legate alle differenti destinazioni d’uso, tramite la realizzazione di un nuovo tetto, creato seguendo una semplice regola geometrica. La geometria è spesso stata considerata un limite alla libertà dell’architetto di progettare forme; dal nostro punto di vista tuttavia, è vero il contrario: la geometria diviene un mezzo attraverso cui raggiungere la libertà, un mezzo che permette al progetto di adattarsi ai mutamenti, imprevedibili, del contesto. Una serie di lucernari paralleli si susseguono sull’asse dominante est-ovest dei tetti cittadini. Ognuno dei lucernari è simile a quelli adiacenti, la falda a forte pendenza del tetto si interseca con una superficie in vetro, che consente alla luce di raggiungere l’interno dell’edificio. stage 1 stage 2 stage 3 stage 4 The series of buildings from different periods that was to be expanded offered the chance to intervene in the upper floors, up to now occupied by mechanical elements, storage areas, and services. The surrounding buildings, close to the Schlossberg hill, convey an overall coherent image thanks to their pitched roofs, even though they have different heights. Our expansion project took that same premise as its starting point: the desire to combine the unevenness of the existing constructions with the individual conditions that their use and property required, by means of a new roof generated by a simple geometric law. Geometry has often been considered as limiting the formal freedom of the architect. But in our view, it is quite the opposite, becoming a mechanism that liberates and allows the project to adapt to changing and unforeseeable circumstances. The interruptions in the folds of the roofs generate terraces that overlook the mountains and the city. plan 0 5 10 section 0 5 10 121 scenari di architettura architectural scenario 122 L’altezza di ogni elemento varia, adattandosi al tetto dell’edificio ampliato o sollevandosi al di sopra di questo, a sottolineare la presenza dei vuoti che attraversano gli interni. Le interruzioni tra le diverse falde del tetto danno vita a terrazze che si affacciano sulle montagne e sulla città; tali terrazze riprendono, nel contempo, il susseguirsi di piccole piazze e cortili che definiscono il percorso pedonale al livello inferiore. L’utilizzo di un unico materiale conferisce un aspetto omogeneo all’esterno dell’ampliamento, i pannelli in bronzo invecchiato si integrano con le sfumature di colore dei coppi del tetto. L’edificio da vita ad un nuovo profilo geometrico che si fonde perfettamente nello skyline della città e sembra rappresentare con orgoglio un famoso aforisma moderno: il tetto è generatore. At the same time, these echo the meandering sequences of small plazas and courtyards that define the pedestrian itinerary on the lower level. A single material unifies the new expansion toward the exterior: weathered bronze panels that set up a dialogue with the color variations of the roof tiles. Clearly tracing a geometric profile that blends into the city skyline, it also seems to proudly express – paraphrasing a famous modern aphorism – that the roof is the generator. plan 0 5 10 124 section 0 5 10 125 scenari di architettura architectural scenario 126 A series of parallel skylights follows the dominant, east-west direction of the city roofs. Each skylight is similar to its adjacent ones: it rises in a sloping plane and is intersected by a glass surface that brings light inside. The height of this element is varied, either adapting to the transition of the roofs of the buildings it extends, or rising above the rest to highlight the voids that traverse the interior space. detail 0 2 5 127 scenari di architettura architectural scenario wa d rd tfor contemporary itinerary: London 06 A4 A4088 in collaboration with Roberto Bosi - ProViaggiArchitettura A41 63 wh itto 62 ro ss na ve ly n hi wi lle sd ln hr hig hills 51 52 rn bu en kil chu rch rd ll ide on r cir oute gt llin we d yr all be ave rd western ab sou ls a ve d 06 A4 rd gw ed old oa kl n harrow e ar rd G 56 e rd lebon mary 53 5 54 wood 4 55 A520 ln hor n ln westway er rd jayswat w cro ve ka par rk ln and holl ute uxbridge rd pa ss ro H e bu es av nn ld gu fie rth no ry rd A4 57 GUNNERSBURY PARK 61 60 rd chiswick high A4 M4 rd hogarth ln rd st lh am sea fu tter dg bri stow n rd d er d kr quee n yor 58 e buttersea ris CLAPHAM COMMON rd ark ity trin t ln rd d rd am ble do rd np 7 B23 durnsfor d r fo oti rr thu pe ar up roehampto edited by Andrea Nastri and Giuliana Vespere ng r d wim nham rd ley ba twicke oak BATTESEA PARK a garr Moor House, Foster + Partners Drapers Gardens, Foggo Associates Heron Tower, Kohn Pedersen Fox Associates Swiss Re Building, Foster + Partners Walkie Talkie Building, Rafael Vinoly Architects Tower Bridge House, Richard Rogers Partnership New Court, Rothschild Bank London HQ, OMA Cannon Place / Cannon Street Station, Foggo Associates One New Change, Ateliers Jean Nouvel A3 City of London Information Centre, Make Architects Bankside 123, Allies and Morrison 3 & 7 More London Riverside, Foster + Partners Ernst & Young Headquarters, Foster + Partners London Bridge Tower and London Bridge Place, Renzo Piano Building Workshop / Adamson Associates Strata SE1, BFLS Evelyn Grace Academy, Zaha Hadid Architects WIMBLEDON COMMON Vauxhall Cross Bus Station, Arup One Church Square, Paul Davis + Partners dge rd orth bri rd rd 01. Excel Exhibition Centre Phase II, Grimshaw Architects 18. 02. Siemens Urban Sustainability Centre, 19. Wilkinson Eyre Architects 20. 03. London Cable Car, Wilkinson Eyre Architects 21. w rd nd mo rich 04. Peninsula Place, Terry Farrel & Partners 22. upper 05. Ravensbourne College, Foreign Office Architects 23. 06. KPMG European Headquarters, 24. Kohn Pedersen Fox Associates 25. 07. 25 Bank Street, Pelli Clarke Pelli Architects 26. 08. Canada Water Library, CZWG Architects 27. 09. Laban Dance Centre, Herzog & De Meuron 28. 10.MARBLE University Square Stratford, Make Architects 29. HILL PARK 11. London Velodrome, Hopkins Architects / Grant Associates 30. 12. London Aquatics Centre, Zaha Hadid Architects 31. 13. Olympic Stadium, Populous 14. Donnybrook Quarter, Peter Barber Architects 32. RICHMOND PARK 15. Town Hall Hotel, Rare Architecture 33. 16. Adelaide Warf, Allford Hall Monaghan Morris 34. 17. Olympic Energy Centres, John Mc Aslan + Partners 35. ent bankm a em chelse 59 wandsw ce ke pala rtla 0 22 d A3 h r ug r rd am mo ro nste fulh KEW GARDENS rd bo mu 64 fin little SYON PARK rd bulh on lond am lh fu n rd t park hig h s cro hurs rd sr 03 A10 d A5 04 ch ur rd A1 06 ch high ro ad leyton stone A1 F centre rd rd en md ca th rd 50 r tswo d nr pto cla cha er low A1 2 WANSTEAD FLATS QUEEN ELIZABETH OLYMPIC PARK 11 dalston rd st paul‘s rd forest graham rd rd es se x A107 A5203 wall st A1 18 A1 A1 0 24 25 5 ab bo rd A1203 A1261 23 30 RIV ER 29 31 TH 07 7 AM ES mars sil ve 06 05 5 00 A1 36 gra ng ke nt rd lo w er we stf rd ry A1 02 rd ov rd t es s ey’ d ell r any er gr nd tru w ber n joh 05 2 A3 03 d st james rd A23 d 34 kin rd alb rd s s lamberth A3 ru l way ercia comm 09 rd GREENWICH PARK A20 2 rd ert r rd hill ton brix ave ula king’s circ BROCKWELL PARK ch rd ill pe rr y hil l d rd te crox e rd hur sidcup d istc eh tuls nr rto tho chr hi st r ob ll e rn he 50. London Metropolitan University Graduate Centre, Daniel Libeskind 51. The Roundhouse, John Mc Aslan + Partners 52. Swiss Cottage, Terry Farrel & Partners 53. Paddington Green Campus at City of Westminster College, Schmidt Hammer Lassen Architects 54. Paddington Waterside, Richard Rogers Partnership 55. The Point, Terry Farrel & Partners 56. Two Kingdom street, Kohn Pedersen Fox Associates SUTCLIFFE PARK 57. Imperial College Faculty Building, Foster + Partners 58. ROCA London Gallery, Zaha Hadid Architects 59. Albion Riverside, Foster + Partners ave rne 60. 10 Hammersmith Grove, BFLS stho we 61. Chiswick Park, Rogers Stirk Harbour + Partners 62. Wembley Stadium Redevelopment, Foster + Partners / HOK Sports 63. Brent Civic Centre, Hopkins Architects 64. Heathrow Terminal 5, Rogers Stirk Harbour + Partners rd rd 33 The Home Office, Terry Farrel & Partners 62 Buckingham Gate, Pelli Clarke Pelli Architects Wellington House, John Mc Aslan + Partners W London Leicester Square, Jestico + Whiles 10 Hills Place, Amanda Levete Architects Central St. Giles Court Development, Renzo Piano Building Workshop 42. City Lit, Allies and Morrison 43. Saw Swee Hock Student Centre, London School of Economics, O’Donnel + Tuomey Architects 44. Lavington Mansions, TateHindle ho 45. University College London Cancer Institute,nor oak rd Paul O’Gorman Building, Grimshaw Architects 46. King’s Cross Station, John Mc Aslan + Partners 47. New University of the Arts, London Campus for Central stanstead rd Saint Martins, Stanton Williams 48. King’s Cross ArtHouse, De Rijke, Marsh, Morgan Architects 49. St. Mary Magdalene Academy, Feilden Clegg Bradley Studios perr y ris A2 am ish ell ckw sto e ln 36. 37. 38. 39. 40. 41. lew D acr rd SOUTHWARK PARK ol cam 02 wn er 32 35 A2 rto 04 ll 08 01 02 h wa 38 37 t rd A 22 mf sta ay am w newh 21 28 t th commercial rd 12 A1 27 39 s ord verd ant TOOTING BEC COMMON ln ham down ight’s hill n rd 20 26 ng rki ba A12 y swa kinng 43 ll rd 5 00 A4 18 19 a em w 20 C orn high holb 42 sto A11 44 41 ai city rd lds rd theoba E n rd 01 45 pl gree st rom 17 A2 14 15 a rd portway rd A1 s rd olt city 13 rd rd old fo stopford rd VICTORIA PARK A1208 46 40 WEST HAM PARK 12 cra pan h ers ev 47 romfo B 16 48 rd rd ln 10 kingsland rd 49 A2 1 way F B G C H A E D 01 02 A A 03 A 04 A project Excel Exhibition Centre Phase II tipology museum architect Grimshaw Architects realization 2010 address Sandstone lane, Royal Victoria Dock project Siemens Urban Sustainability Centre tipology mixed use architect Wilkinson Eyre Architects realization 2010 address Tidal Basin Road project tipology architect London Cable Car infrastructure Wilkinson Eyre Architects realization 2012 address Greenwich Peninsula project tipology architect realization address 05 06 07 08 A project tipology architect realization address A Ravensbourne College education Foreign Office Architects 2010 6 Penrose Way project KPMG European Headquarters tipology office architect Kohn Pedersen Fox Associates realization 2011 address Canada Square, Canary Wharf A project tipology architect 25 Bank Street office Pelli Clarke Pelli Architects realization 2003 address 25 Bank Street Peninsula Place office Terry Farrel & Partners 2008 14 Pier Walk, 6 Mitre Passage A project tipology architect realization address Canada Water Library culture CZWG Architects 2011 21 Surrey Quays Road F B G C H A E D 09 10 A project tipology architect realization address B Laban Dance Centre education Herzog & De Meuron 2003 Creekside 13 B project tipology architect realization address B B project University Square Stratford tipology education architect Make Architects realization 2013 address 1 Salway Road project tipology architect London Velodrome sport Hopkins Architects / Grant Associates realization 2011 address Olympic Park project tipology architect realization address 14 15 16 project tipology architect realization address Donnybrook Quarter residential Peter Barber Architects 2006 Eden Way, Old Ford Road, Parnell Road project tipology architect realization address London Aquatics Centre sport Zaha Hadid Architects 2011 Olympic Park B B B Olympic Stadium sport Populous 2012 Olympic Park 12 11 Town Hall Hotel hotel Rare Architecture 2010 Patriot Square, Bethnal Green project tipology architect Adelaide Warf residential Allford Hall Monaghan Morris realization 2007 address Queensbridge Road / Whiston Road E B F G A D C 17 18 C B project tipology architect Olympic Energy Centres infrastructure John Mc Aslan + Partners realization 2012 address Bowling Green Walk project tipology architect realization address 21 22 C project tipology architect realization address 19 C Moor House office Foster + Partners 2005 Moorgate / London Wall project tipology architect realization address project tipology architect realization address C Drapers Gardens office Foggo Associates 2009 12 Throgmorton Avenue 23 C Swiss Re Building office Foster + Partners 2004 30 St Mary Axe 20 C Walkie Talkie Building office Rafael Vinoly Architects 2014 20 Fenchurch Street project tipology architect Tower Bridge House mixed use Richard Rogers Partnership realization 2005 address Saint Katherine‘s Way / Tower Bridge Approach project tipology architect Heron Tower office Kohn Pedersen Fox Associates realization 2011 address 110 Bishopsgate 24 C project New Court, Rothschild Bank London HQ tipology office architect OMA realization 2011 address St Swithin‘s Lane F B G C H A E D C 26 C project Cannon Place / Cannon Street Station tipology mixed use architect Foggo Associates realization 2011 address 78 Cannon Street project tipology architect realization address 29 30 C project 3 & 7 More London Riverside tipology mixed use architect Foster + Partners realization 2006/2010 address 3, 7 More London Place 27 C One New Change mixed use Ateliers Jean Nouvel 2010 1 New Change / Bread Street / Cheapside C project Ernst & Young Headquarters tipology office architect Foster + Partners realization 2003 address 1 More London Place 28 C project City of London Information Centre tipology public architect Make Architects realization 2007 address St Paul's Churchyard project tipology architect realization address 31 32 C project London Bridge Tower and London Bridge Place tipology mixed use architect Renzo Piano Building Workshop / Adamson Associates realization 2012/2013 address London Bridge Street Bankside 123 office Allies and Morrison 2010 110 Southwark Street 185 itinerario contemporaneo: londra contemporary itinerary: london 25 D project tipology architect realization address Strata SE1 residential BFLS 2010 8 Walworth Road F B G C H A E D 33 34 D project tipology architect realization address D Evelyn Grace Academy education Zaha Hadid Architects 2010 255 Shakespeare Road 37 E project tipology architect 62 Buckingham Gate mixed use Pelli Clarke Pelli Architects realization 2013 address 62 Buckingham Gate E project Vauxhall Cross Bus Station tipology infrastructure architect Arup realization 2005 address Bondway, Vauxhall project tipology architect realization address 38 39 E project tipology architect Wellington House mixed use John Mc Aslan + Partners realization 2012 address Buckingham Gate / Petty France 36 35 E One Church Square residential Paul Davis + Partners 2013 86, Vauxhall Bridge Road E project W London Leicester Square tipology hotel architect Jestico + Whiles realization 2011 address 10 Wardour Street project tipology architect realization address The Home Office office Terry Farrel & Partners 2005 2 Marsham Street 40 E project tipology architect 10 Hills Place office Amanda Levete Architects realization 2009 address 10 Hills Place F B G C H A E D 41 E 42 C E project Central St. Giles Court Development tipology mixed use architect Renzo Piano Building Workshop realization 2010 address 1–13 St Giles High Street project tipology architect realization address 45 46 E project University College London Cancer Institute, Paul O‘Gorman Building tipology education architect Grimshaw Architects realization 2007 address 72 Huntley St, Camden Town 43 E City Lit education Allies and Morrison 2005 1 - 10 Keeley Street E project tipology architect King‘s Cross Station mixed use John Mc Aslan + Partners realization 2013 address Euston Road/Pancras road 44 E project Saw Swee Hock Student Centre, London School of Economics tipology education architect O‘Donnel + Tuomey Architects realization 2014 address St clement‘s Lane project tipology architect realization address 47 48 E project New University of the Arts, London Campus for Central Saint Martins tipology education architect Stanton Williams realization 2011 address Granary square Lavington Mansions residential TateHindle 2013 17 Ogle Street E project tipology architect King‘s Cross ArtHouse residential De Rijke, Marsh, Morgan Architects realization 2013 address York way, King‘s cross F B G C H A E D 49 F 50 C F 51 52 F F project St. Mary Magdalene Academy tipology education architect Feilden Clegg Bradley Studios realization 2008 address Liverpool Road project London Metropolitan University Graduate Centre tipology education architect Daniel Libeskind realization 2004 address 166-220 Holloway Rd project tipology architect The Roundhouse leisure John Mc Aslan + Partners realization 2006 address Chalk Farm Road project tipology architect realization address 53 54 55 56 G project Paddington Green Campus at City of Westminster College tipology education architect Schmidt Hammer Lassen Architects realization 2010 address Paddington Green G project tipology architect Paddington Waterside mixed use Richard Rogers Partnership realization 2004 address N Wharf road G project tipology architect realization address Swiss Cottage mixed use Terry Farrel & Partners 2004 Adelaide Road / Winchester Road / Avenue Road / College Crescent G The Point office Terry Farrel & Partners 2004 37 North Wharf Road project tipology architect Two Kingdom street office Kohn Pedersen Fox Associates realization 2011 address 2 Kingdom street F B G C H A E D G 58 G project Imperial College Faculty Building tipology education architect Foster + Partners realization 2004 address Imperial College Road project tipology architect realization address 61 62 H project tipology architect Chiswick Park mixed use Rogers Stirk Harbour + Partners realization 2013 address 566 Chiswick High Road G ROCA London Gallery museum Zaha Hadid Architects 2011 Station Court, Townmead Road H project 60 59 Wembley Stadium Redevelopment tipology sport architect Foster + Partners / HOK Sports realization 2007 address Fist way, Wembley project tipology architect realization address H Albion Riverside mixed use Foster + Partners 2003 Hester Road 63 10 Hammersmith Grove office BFLS 2013 10 Hammersmith Grove 64 H project tipology architect realization address project tipology architect realization address H Brent Civic Centre office Hopkins Architects 2013 Engineers way project tipology architect Heathrow Terminal 5 infrastructure Rogers Stirk Harbour + Partners realization 2008 address Heatrow Airport, Hillingdon 189 iitinerario contemporaneo: londra contemporary itinerary: london 57