Le nuove norme di comportamento del collegio sindacale Di Luciano De Angelis Parte I: Aspetti introduttivi 1) Premessa: Le ragioni e la struttura delle norme Le norme di comportamento del collegio sindacale nascono da due strutturali carenzea strutturali nell’impianto giuridico. Ci si riferisce, da un lato, alla laconicità delle norme del codice civile sul tema e all’assenza di “specifici principi di riferimento creati a livello internazionale”, come ad esempio avviene per l’attività dei “revisori contabili”, funzione che da qualche mese ha assunto la più prestigiosa veste della “legalità”. In relazione a quanto sopra, Il CNDCEC ha deciso di redigere specifiche norme procedurali di ausilio al sindaco nelle sue delicate funzioni di controllo, nelle diverse fasi della gestione aziendale. Le norme, sono strutturate in diversi capitoli (si veda indice nel box), che riguardano la nomina e la fase di insediamento dei sindaci, il funzionamento dell’organo sindacale nelle riunioni trimestrali e nella sua partecipazione a quelle degli organi sociali, i doveri di vigilanza ed i relativi poteri, i pareri obbligatori richiesti ai sindaci, i poteri di reazione a fronte di irregolarità degli amministratori, le gestioni straordinarie e le situazioni di crisi. Mentre i primi 8 gruppi sono già in consultazione sul sito del consiglio nazionale, le norme in tema di attività del collegio in caso di omissione degli amministratori, gestioni straordinarie e crisi d’impresa sono in corso di elaborazione e quindi saranno assoggettate a consultazione nelle prossime settimane. Le 34 norme, ad oggi formulate seguono i criteri del codice di autodisciplina delle società quotate (cd: codice Preda) e quindi risultano suddivise in “principi”, “riferimenti normativi”, “criteri applicativi”, e “commento”. Il CNDCEC, a seguito della pubblica consultazione, si pone l’obiettivo di raccogliere i pareri di ordini locali, professionisti, ed in generale di tutti i soggetti interessati per eventuali miglioramenti ed integrazioni delle norme stesse. A seguito di tale “lifting” i principi di comportamento diverranno definitivi. La struttura delle norme Norme emanate in corso di consultazione 1) Nomina, incompatibilità e cassazione dei componenti del collegio sindacale; 2) Funzionamento del collegio sindacale; 3) Doveri del Collegio sindacale 4) Partecipazione alle riunioni 5) Poteri del collegio sindacale 6) Riscontro e denuncia dei fatti censurabili 7) Relazione all’assemblea dei soci 8) Pareri del collegio sindacale Norme da emanare 9) Attività del collegio sindacale in caso di omissione degli amministratori 10) Attività del collegio sindacale nelle operazioni straordinarie 11) Attività del collegio sindacale nella crisi d’impresa 2) Le principali novità in sintesi Passando ora alla parte tecnica, vorrei porre l’attenzione su alcuni aspetti delle norme, meno convenzionali o, per meglio dire sui quali non sussistevano radicate posizioni dottrinali o giurisprudenziali. In merito alla c.d dichiarazione di trasparenza (di cui all’art. 2400, comma 4°), ad esempio, si è deciso di dare rilievo anche agli incarichi di revisore esterno, liquidatore e sindaco supplente in quanto anche queste situazioni potrebbero in astratto condizionare le scelte assembleari. Circa l’indipendenza, viene asserito, nel caso di sindaco delegato ai controlli contabili, la prevalenza dell’ufficio di sindaco su quello di revisore, con la conseguenza che le situazioni di incompatibilità conclamate per il “revisore legale” non valgano pedissequamente quando detta funzione sia svolta personalmente dai sindaci. Molto forte anche la posizione assunta dal CNDCEC in merito alle dimissioni del sindaco in costanza di mandato. Anche allo scopo di evitare al dimissionario situazioni di “prigionia societaria”, si è avallata quella parte della giurisprudenza che ritiene la prorogatio valida solo nel caso di mancata sostituzione del sindaco a seguito del decorso triennio, con conseguente efficacia immediata delle dimissioni in costanza di carica a prescindere dalla sostituibilità del dimissionario con il supplente. In merito alle modalità dei controlli, spazio al c.d. risk approach, in base al quale identificati i maggiori rischi aziendali i sindaci sono chiamati a valutare le opportune misure di salvaguardia finalizzate ad eliminare o almeno ridurre i rischi a livello accettabile. Attenzione di rilievo viene, poi, posta sulle srl ed in particolare alle piccole imprese. Per le prime, nello specifico viene avallata la tesi giurisprudenziale che vuole anche in dette società percorribile, da parte dei sindaci, la strada del ricorso al controllo giudiziario, per le seconde, particolari cautele vengono raccomandate nel caso in cui la gestione della società venga demandata ad un unico amministratore. Sono poi, disciplinati i rapporti fra i sindaci e l’organismo di vigilanza ex d.lgs 231/01 e posta l’attenzione anche su situazioni “particolari”. Il sindaco che non condivida il contenuto della relazione espressa dalla maggioranza del collegio all’assemblea, ad esempio, ha il diritto “di far iscrivere nel verbale i motivi del proprio dissenso” evidenziando le proprie ragioni eventualmente anche in sede assembleare, ma non potrà redigere e depositare una propria autonoma relazione. Parte II : nomina, incompatibilità , cessazione e tariffa 3) Accettazione della carica da sindaco Nomina nelle srl Il nuovo art. 2477 c.c., così come modificato dal d.lgs 39/2010, prevede la nomina del collegio sindacale in nuove specifiche circostanze. Nelle norme si evidenzia, infatti, che mentre i trenta giorni previsti dal codice si riferiscono all’approvazione del bilancio in cui vengono superati i limiti di cui all’art. 2435-bis c.c. o al superamento di quelli che, ai sensi degli artt. 25 e segg. del d.lgs 127/91, obbligano la società alla redazione del consolidato, per le altre situazioni legate alla costituzione o all’aumento di capitale o nel momento in cui si integrano situazioni di controllo, tali obblighi scattano contestualmente al verificarsi delle specifiche circostanze. Anche in questi ultimi casi, tuttavia, si ritiene che i trenta giorni indicati nel codice possano essere un parametro di riferimento ai fini di un ragionevole tempo per il perfezionamento dell’iter di nomina. Dichiarazione di trasparenza I sindaci, prima di essere nominati devono evidenziare all’assemblea tutti gli incarichi detenuti in altre società. La dichiarazione di trasparenza riguarda non soltanto gli incarichi nelle società di capitali ma anche quelli (ad esempio di liquidatore od amministratore) detenuti in società di persone. Non solo, viene altresì previsto che qualora, successivamente alla nomina, il sindaco andasse a ricoprire incarichi che possano incidere sulla scelta effettuata dall’assemblea (si pensi alla nomina di sindaco in una società direttamente concorrente a quella che anteriormente lo ha nominato), tale informazione dovrà essere evidenziata alla prima società. Ai fini di detta dichiarazione, sono da considerarsi incarichi rilevanti quelli riferiti a: incarichi relativi all’amministrazione di società di capitali, di persone e di cooperative, quali ad esempio quelli di: amministratore, - componente del consiglio di amministrazione, - componente del consiglio di gestione, - liquidatore; incarichi relativi al controllo societario, quali ad esempio: - Sindaco effettivo o supplente, - componente del consiglio di sorveglianza, - componente del comitato di controllo sulla gestione, - revisore legale ovvero socio, amministratore, Sindaco o lavoratore dipendente di società di revisione legale o di enti appartenenti alla rete alla quale quest’ultima appartiene. Le disposizioni in commento oltre che ai Sindaci effettivi si applicano anche ai supplenti. Consenso alla nomina Successivamente alla designazione da parte dell’assemblea, i principi auspicano che il sindaco “in pectore” esprima il proprio consenso, in forma scritta, alla candidatura e seguente nomina anche ai fini della formalità del deposito della nomina al Registro delle imprese. Tale accettazione dovrà, ovviamente, essere comunicata alla società prima della decorrenza del termine di trenta giorni previsto per l’iscrizione della nomina presso il registro delle imprese. Nella prima riunione le norme puntualizzano, inoltre, che i sindaci devono evidenziare individualmente (anche eventualmente inserendolo a verbale) il permanere del possesso dei requisiti di eleggibilità. Cessazione immediata in caso di dimissioni I sindaci cessano dall’incarico per morte, decadenza o rinuncia. In quest’ultima situazione, invero, il codice civile post riforma del diritto societario prevede espressamente la prorogatio degli effettivi, solo in caso di “scadenza del termine” e quindi, essa potrebbe ritenersi non applicabile nel caso di rinunzia (art. 2400, c.c. comma 1°), intervenuta nel corso del triennio di carica. Tale posizione è invero avversata dalla giurisprudenza maggioritaria post riforma (da ultimo tribunale di Mantova 25 luglio 2009 ma anche Cass. 18/1/2005, seppur in riferimento al vecchio diritto societario) ma fatta propria da altra recente giurisprudenza di merito (App. Bologna 19 luglio 2007) nonchè dal notariato del Triveneto (massima H.E.1- 2006). Verso quest’ultima direzione è orientata la posizione del CNDCEC . La norma, sul tema, segnala l’assoluta necessità di preservare la libertà individuale del sindaco a rassegnare le dimissioni, in assenza della quale lo stesso sindaco finirebbe per risultare “prigioniero” di fatto all’interno della società. Ne deriva che le dimissioni del sindaco in corso di mandato sortirebbero effetti immediati a prescindere dalla sostituzione del dimissionario con il supplente. Nella circostanza, dunque, qualora la sostituzione non si renda possibile (a causa delle precedenti dimissioni dei supplenti) si renderà obbligatoria l’immediata convocazione dell’assemblea da parte degli amministratori (o in via sostitutiva dei sindaci in carica) con la relativa sostituzione del sindaco dimissionario. Diversamente, per carenza di un organo essenziale, la società dovrà essere posta in liquidazione. 4) Incompatibilità ed indipendenza: Le nuove norme sulle incompatibilità: la rete In merito all’indipendenza viene previsto che prima di accettare l’incarico, ma anche periodicamente nel corso dello stesso, il sindaco dovrà valutare la continuità del rapporto di lavoro autonomo, consulenza, o di prestazione retribuita resa direttamente o indirettamente, cioè attraverso la propria “rete”, alla stessa società o a società appartenenti allo stesso gruppo. La rete viene identificata come: <<La struttura alla quale appartiene il professionista, che è finalizzata allo svolgimento dell’attività in comune e che persegue chiaramente la condivisione degli utili o fa capo ad una proprietà, un controllo o una direzione comuni ovvero è caratterizzata da prassi e procedure comuni, dalla stessa strategia, da uno stesso nome, marchio o segno distintivo ovvero dalla condivisione di una parte rilevante delle risorse professionali. L’associazione professionale può essere qualificata come rete, quando ricorrano i predetti requisiti; pertanto non rientrano nella definizione di rete i casi in cui si preveda la mera ripartizione dei costi>>. L’indipendenza dovrà essere valutate sia nell’ottica del rischio di autoriesame (ad esempio non risulterà ammissibile che il sindaco fornisca consulenze continuative in tema di bilancio) sia in merito alla possibile compromissione dell’indipendenza finanziaria. Ovviamente al verificarsi di dette situazioni il sindaco dovrà considerare l’opportunità di eliminare la circostanza che ne mina l’indipendenza o dimettersi dall’incarico. In relazione alla indipendenza finanziaria vengono introdotti 2 parametri di riferimento e cioè il rapporto fra gli emolumenti ricevuti dalla società in cui si è sindaci rispetto ai propri ricavi complessivi e il rapporto fra l’attività di sindaco e gli altri emolumenti percepiti (direttamente o indirettamente) dalla stessa società o da altre società appartenenti allo stesso gruppo, attraverso altre consulenze (anche fornite dallo studio associato). Quando il rapporto fra ricavi dal collegio e ricavi complessivi del sindaco superano il 5% dovranno valutarsi anche il rapporto fra i ricavi dell’attività di sindaco e gli onorari per altre attività fornite alla stessa società o a società dello stesso gruppo. Questi ultimi compensi dovranno essere inferiori al 50% di quello percepito come sindaco, mentre al crescere della dipendenza dallo stesso cliente, le ulteriori consulenze dovranno fornire al sindaco compensi percentualmente ancora inferiori. Infatti, se i ricavi percepiti dal sindaco dalla stessa società o da società appartenenti allo stesso gruppo superassero il 15% dei suoi ricavi complessivi, le altre consulenze fornite al gruppo non potrebbero determinare per il sindaco compensi superiori al 33% dei suoi compensi sindacali. Al superamento di dette soglie, il sindaco non sarà obbligato a dimettersi ma dovrà trovare un sistema atto a salvaguardarlo dal rischio di indipendenza (ad esempio riducendo l’attività consulenziale dello studio). Al fine di dare alcune indicazioni operative con riferimento alla situazione di potenziale compromissione della indipendenza finanziaria nel caso in cui nei confronti della società siano rese prestazioni ulteriori rispetto a quelle di Sindaco, è stata ipotizzata la seguente tabella: Rapporto compensi totali sulla società o gruppo (S+C) / compensi totali professionista (CT) Rapporto compensi attività sindaco(S)/ Compensi totali sulla medesima società o gruppo (S+C) Indipendenza > 15% >5% ≤ 15% ≤ 5% > 2/3 >½ IRRILEVANTE SI SI SI Va peraltro ricordato, a riguardo, che secondo la Cassazione (Cass. 9 maggio 2008 n. 11554), non sia ammissibile per il sindaco intrattenere un rapporto di consulenza continuativa e personale con la medesima società (anche in assenza di un contratto formale ma attraverso una pluralità di incarichi). Sindaco e revisore: prevale il primo ruolo Nel caso di rapporti di lavoro autonomo, di consulenza o di prestazioni d’opera retribuita direttamente resi o attraverso una rete, nei casi di rischio di interferenza fra attività di consulenza e controllo, ed in ogni caso di rischio di “dipendenza finanziaria” , si è detto, il sindaco dovrà effettuare un autoriesame al fine di valutare la propria reale “indipendenza” nei confronti della società sottoposta a controllo. L’indipendenza per i sindaci, analogamente come per i revisori (in tal senso l’art 10 del d.lgs 39/2010) deve essere salvaguardata, oltre che sotto il profilo sostanziale, anche in ottica formale, cioè deve essere manifesta anche ad occhi di terzi informati, obiettivi e ragionevoli. In merito all’indipendenza finanziaria i principi di comportamento hanno preso a riferimento il criterio fondato sull’analisi del rischio (risk approach), sulla base delle raccomandazioni IFAC, FEE e Commissione europea). A riguardo si è ritenuto: - da un lato, che tale rischio cresce proporzionalmente all’entità dei ricavi totali riscossi da un medesimo cliente o da società dello stesso gruppo, in relazione ai ricavi complessivi del professionista; - dall’altro, tenendo conto di quanto sopra, che tale rischio si amplia con la fornitura alla stessa società o al gruppo di appartenenza, degli ulteriori servizi. In relazione alla prevalenza dell’ufficio di sindaco su quello di revisore, si ritiene che le norme applicabili siano quelle proprie del primo, rispetto a quelle del secondo, pertanto anche per il “sindaco-revisore” non valgono le condizioni di indipendenza previste per il solo revisore dall’art. 10 del d.lgs 39/2010. In altri termini l’appartenenza del sindaco di una società o di un gruppo alla stessa rete (o associazione fra professionisti) della quale fanno parte soggetti che forniscono altri servizi ai medesimi clienti non costituiscono di per sé una situazione di incompatibilità per il sindaco. Tali circostanze dovranno essere valutate caso per caso in relazione alla concreta posizione finanziaria dei sindaci nei confronti della società e del gruppo. Valutazione di indipendenza “reciproca”. Da segnalare, ed è questa una novità assoluta prevista dalle nuove norme , che quando un sindaco avesse cognizione di una situazione attinente un altro membro del collegio che minasse l’obiettività di quest’ultimo (ad esempio per situazioni di autoriesame) sarà necessario che il sindaco “non indipendente” chiarisca al collegio la propria posizione. Se il rischio di incompatibilità risultasse “inaccettabile” il membro “incompatibile” dovrà in alternativa eliminare la causa di incompatibilità o rassegnare le proprie dimissioni. Qualora la situazione di incompatibilità perdurasse, gli altri membri del collegio o anche ciascun sindaco individualmente dovrà evidenziare al cda, in prima istanza, e nel caso di inadempienza all’assemblea, la situazione di incompatibilità. Cumulo degli incarichi: un limite non rigido ma che richiede idonee valutazioni oltre la soglia del 20° I criteri non individuano (come la delibera Consob n. 15915- allegato 5-bis dispone per le società quotate) un numero massimo di incarichi assumibile per legge dal sindaco delle non quotate. Purtuttavia, i nuovi principi di comportamento richiedono al sindaco di valutare, oltre alle proprie specifiche competenze e capacità organizzative in relazione alla tipologia, al settore operativo ed alla dimensione della società, anche se, a fronte degli incarichi assunti, lo stesso sia oggettivamente nella possibilità di partecipare ad almeno 2/3 delle attività necessarie per lo svolgimento dell’incarico (riunioni trimestrali, partecipazione ai cda e comitati esecutivi, partecipazione alle assemblee, emissione di pareri, ecc.). A riguardo si raccomanda ai sindaci, quando il numero degli incarichi supera le 20 unità, di valutare e dimostrare, anche attraverso documentazione scritta, di poter assolvere in modo professionale agli incarichi assunti, con presenze almeno pari quelle dianzi evidenziate. Le norme non impongono ai sindaci di non superare un certo numero di incarichi bensì di valutare se oltre detto limite il professionista è o meno nelle oggettive condizioni di assolvere al meglio le proprie funzioni. A riguardo si prevede che << Nel caso in cui il Sindaco, effettuata tale valutazione, ritenga di non essere in grado di partecipare ad almeno i due terzi delle attività necessarie per lo svolgimento dell'incarico appare opportuno non accetti l'incarico ovvero vi rinunci, salvo che sia possibile adottare adeguate misure di salvaguardia>>. Tali misure prescriverebbero al sindaco di documentare, magari calendarizzando gli impegni, la possibilità di partecipare concretamente (per i tempi che detti impegni richiedono) alla maggioranza (qualificata) delle riunioni del collegio sindacale, dei consigli di amministrazione, dei comitati esecutivi e delle assemblee, rispettando, quindi, quel ruolo di “oculato” controllore che gli è richiesto. L’evoluzione del numero degli incarichi detenuti da ciascun sindaco numero di cariche Mandati Mandati 2003 2008 Mandati 2009 Aziende interessate 2003 Aziende interessate 2008 Aziende interessate 2009 >=50 65 32 36 2 .176 1.093 1.167 >=30 469 300 353 8 .946 5.804 6.726 >=15 2.747 2.376 2.687 27.670 22.686 24.887 >=10 5.688 5.334 5.899 40.135 35.440 37.850 >=5 14.719 14.682 16.021 58.242 50.374 57.101 >=2 34.131 35.700 38.330 71.483 70.268 71.344 >=1 21.236 23.896 24.323 4 .900 5.592 5.303 TOTALE 55.367 59.596 62.653 76.383 75.860 76.647 Fonte: Dati Cerved Group , “radiografia dei sindaci delle società italiane”. 5) Gli obblighi pubblicitari a carico dei sindaci in caso di cessazione dall’ufficio per dimissioni Forma delle dimissioni Seppure il codice nulla disponga a riguardo è pacifico in dottrina che le dimissioni dei sindaci non possano essere tacite. Nella stessa direzione vanno i principi di comportamento che richiedono a riguardo la forma scritta (ad esempio attraverso una Raccomandata AR) oppure una risultanza delle stesse in atto sociale (ad esempio nel verbale di assemblea nel corso della quale il sindaco rassegni le proprie dimissioni). Sul tema viene sancita anche per i sindaci ( così come recentemente richiesto ai revisori dall’art. 13, del d.lgs 39/2010) , l’opportunità <<… che nella comunicazione delle dimissioni vengano indicate le ragioni della rinuncia>>. L’esplicitazione ha la finalità di evitare che dimissioni prive di causa possano determinare sul sindaco la richiesta da parte della società di un eventuale risarcimento del danno. Dimissioni da notificare anche al supplente Le dimissioni volontarie del sindaco in costanza di mandato, secondo la norma 1.6. devono essere notificate all’organo amministrativo (preferibilmente a ciascun componente il cda) ai sindaci effettivi ed a quelli supplenti. In merito all’obbligo di evidenziare le dimissioni al cda, non sussistono particolari dubbi. Qualificandosi la rinuncia come atto unilaterale recettizio, essa non potrà infatti che sortire effetti al momento in cui la stessa viene notificata alla società (nella fattispecie agli amministratori) ed agli altri sindaci. Di specifico interesse appare, invece, la disposizione della norma secondo cui le dimissioni debbono essere inviate anche ai supplenti. Tale previsione, in linea con recenti pronunce della giurisprudenza di merito (Trib. Mantova 28 luglio 2009) si pone due finalità: 1) nell’ottica dei supplenti, evitare il rischio che, a seguito della mancata comunicazione del loro subentro da parte del cda o dei membri non dimissionari del collegio sindacale gli stessi entrino di fatto in carica a loro insaputa; 2) nell’ottica della società, evitare “vuoti” nell’ambito della completezza dell’organo di controllo, determinando, infatti, le comunicazioni “dirette” al supplente un immediato consapevole subentro dello stesso nell’organo sindacale. Riguardo a quest’ultimo punto appare, peraltro, appena il caso di ricordare che il supplente, chiamato a sostituire l’effettivo, entra immediatamente in funzione una volta avvisato del subentro, in quanto il proprio consenso alla designazione lo ha già espresso al momento in cui ha accettato il proprio ruolo di supplente. In merito allo specifico supplente subentrante poi, i principi evidenziano che mentre nel caso di sindaci iscritti al registro dei revisori entrerà in carica il sindaco più anziano, tale regola non varrà nel caso in cui il collegio non svolga la funzione di revisione contabile. In questi casi, infatti, qualora ad esempio la società abbia nominato un dottore commercialista, un avvocato ed un docente universitario, subentrerà fra i supplenti quello che abbia i medesimi requisiti del dimissionario (non necessariamente il più anziano). Cessazione incarico in corso di mandato Il dimissionario comunica le stesse A ciascun amministratore Ai sindaci supplenti Gli amministratori comunicano la variazione al Registro Imprese In caso di inerzia possono provvedere gli altri sindaci (anche individualmente) La pubblicità delle dimissioni Se le dimissioni sortiscono effetti nei confronti della società con la relativa comunicazione, nei confronti dei terzi tali dimissioni diventano efficaci con la trascrizione al Registro delle imprese. Il codice civile nell’art. 2400, comma 3° prevede, a riguardo, che: <<La nomina dei sindaci… e la cessazione dall’ufficio devono essere iscritte , a cura degli amministratori, nel registro delle imprese nel termine di trenta giorni>>. Il problema nasce quando gli amministratori, a seguito delle dimissioni, non assolvano a tale adempimento pubblicitario. In questi casi, si legge nella norma 1.6 <<… è dovere dei sindaci in carica l’assolvimento dell’obbligo>>, obbligo che può essere ottemperato anche individualmente. Tale potere dovere deriva peraltro dalle espresse disposizioni dell’art. 2406, comma 6 c.c., ai sensi del quale i sindaci dovranno provvedere a tutti gli adempimenti pubblicitari, tassativamente indicati dalla legge a carico degli amministratori qualora questi non provvedano. La speranza è che tutti i registri delle imprese, che notoriamente non brillano per omogeneità comportamentali, condividano e concretamente consentano l’assolvimento da parte dei sindaci di tale specifico dovere. 6) Nuova tariffa per sindaci e revisori. Il compenso dei sindaci L’art. 2402 c.c. prevede che, qualora l’atto costitutivo nulla disponga, il compenso dei sindaci è stabilito all’assemblea all’atto della nomina. A riguardo, mentre alcuni statuti societari rimandano, nella prassi, alle tariffe professionali, in altri casi è effettivamente l’assemblea a disporre nel merito. In questi casi, si legge nella norma 1.5, anche in relazione al rilievo pubblicistico della funzione, per valutare l’idoneità della misura del compenso, il sindaco dovrà far riferimento alla puntuale applicazione della tariffa professionale ed in particolare, all’art. 37 della stessa. Gli scaglioni di cui all’art. 37 della citata tariffa, ricorda la norma in commento, non rappresentano minimi e massimi tariffari ma i limiti minimo e massimo sulla base dei quali il compenso sindacale va applicato in modo “puntuale”, sulla base dei dati di bilancio, utilizzando il criterio matematico della interpolazione lineare. Tale criterio, che verrà peraltro confermato dalle nuove tariffe professionali in via di (imminente) approvazione definitiva che come evidenziato su queste pagine (si veda Italia oggi del 20 luglio), prevede per i sindaci onorari specifici e graduali incrementati del 50% rispetto alla tariffa vigente. È appena il caso di ricordare che, l’accettazione di onorari tariffari più bassi rispetto a quelli richiesti non determineranno per il sindaco alcun esimente in tema di responsabilità civile e penale attinente alla funzione esercitata, potendo al contrario indurre l’autorità giudiziaria a presumere negligenza professionale o addirittura compensi illegalmente corrisposti. Funzione di sindaco Funzione di revisore Attività effettuata dal sindaco revisore Criteri per la determinazione del compenso Verifiche sul rispetto della legge, dello statuto, dei principi di corretta amministrazione e sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile e sul suo corretto funzionamento (verifiche trimestrali ex art. 2403 e 2404 c.c.). Redazione della relazione al bilancio dell’esercizio precedente, di cui all’art. 2429 nonché per il rilascio di valutazioni e pareri o relazioni poste dalla legge a carico del sindaco. Partecipazione ai cda, ai comitati esecutivi ed alle assemblee, delle riunioni del collegio per il vaglio di operazioni straordinarie, per il vaglio delle denunce ex art. 2408 c.c. o richieste da organi sociali. Attività di revisione legale dei conti di cui all’art. 10 del d.lgs 39/2010. Onorario commisurato sull’ammontare complessivo dei componenti positivi di reddito lordi del conto economico dell’esercizio. Onorario commisurato al maggior ammontare fra patrimonio netto (non comprensivo del risultato di esercizio) e l’importo del capitale sociale sottoscritto. Onorario commisurato a tariffe orarie calcolate sulla base del capitale sociale della società. Onorario preconcordato sulla base delle ore di lavoro preventivabili. Compensi del revisore legale Per la revisione legale, si legge nella norma, si applicano gli onorari a tempo previsti dall’art. 32 della Tariffa professionale. Viene quindi implicitamente abrogata la modalità, contemplata dall’art. 37, comma 7, T.P, che prevedeva per i sindaci-revisori la possibilità di incrementare il compenso sindacale fino al 100% qualora il loro incarico prevedesse anche la revisione contabile. Il compenso orario per l’attività di revisione legale, d’altro canto, è espressamente contemplato dall’art. 10 del d.lgs 39/2010 ed applicabile anche ai sindaci revisori. Tale compenso che dovrà essere deliberato dall’assemblea è stabilito dagli articolo 32 e 24 sulla base oraria minima di 77 Euro per i revisori-dottori commercialisti (620 per intera giornata) e 27 Euro per i collaboratori (220 per intera giornata). Il corrispettivo che andrà preconcordato e parametrato alla dimensione societaria, alla rischiosità, nonché alla preparazione tecnica ed esperienza dei revisori (art. 10 d.lgs 39/2010), dovrà essere definito, si legge nella norma 1.5: <<..per l’intera attività di revisione e suddiviso fra i sindaci secondo criteri stabiliti dal collegio stesso>> (di norma in parti uguali, non prevedendosi per tale funzione una maggiorazione per il presidente). Da evidenziare, che a differenza di quanto avviene per il collegio sindacale i corrispettivi applicati per l’attività di revisione saranno sottoposti a controlli di congruità, da parte dei soggetti preposti ad effettuare i controlli di qualità sulla base di quanto stabilito dall’art. 2° del d.lgs 39/2010. Art. 37 (Funzioni di sindaco e controllo contabile nelle società ) 1. Al professionista che svolge le funzioni di sindaco di società, oltre ai compensi per i rimborsi di spese di cui al titolo II, spettano onorari specifici per: a) le attività di cui agli articoli 2403, primo comma, e 2404 del codice civile; b) la redazione della relazione al bilancio dell’esercizio precedente, di cui all’articolo 2429 del codice civile, oltre che per il rilascio di valutazioni, pareri o relazioni poste dalla legge a carico del sindaco di società; c) la partecipazione a ciascuna riunione del consiglio di amministrazione o dell’assemblea, che non porti all’ordine del giorno l’approvazione del bilancio annuale di esercizio, e del comitato esecutivo, nonché per la partecipazione a ciascuna riunione del collegio sindacale, ad eccezione di quelle indette per le riunioni periodiche, finalizzata al controllo delle operazioni sociali straordinarie, all’esame delle denunzie ai sensi dell’articolo 2408 del codice civile o comunque richiesta da un componente l’organo amministrativo, o da altri organi della società, o da altri enti o autorità. 2. L’onorario di cui alla lettera a) del comma 1 è commisurato sull’ammontare complessivo dei componenti positivi di reddito lordi risultanti dal conto economico dell’esercizio in cui sono svolte le riunioni periodiche ovvero, nel caso di cessazione dell’incarico nel corso dell’esercizio, a quelli dell’esercizio precedente. Ad ogni valore dei componenti positivi di reddito lordi corrisponde un solo onorario di riferimento, determinato, ad eccezione del primo scaglione, in relazione alla posizione dei componenti positivi di reddito lordi all’interno dello scaglione, come segue: fino a € 258.228,44: € 929,63959,37; da € 258.228,45 a € 2.582.284,49: da € 929,64959,38 a € 1.859,251.918,75; da € 2.582.284,50 a € 25.822.844,94: da € 1.859,261.918,76 a € 3.718,493.837,48; oltre € 25.822.844,94: € 3.718,493.837,48 più un aumento di € 799,99825,59 per ogni € 10.000.000,00 o frazione di € 10.000.000,00. L’onorario è sempre relativo ad un esercizio sociale. Nel caso di maggiore o minore durata dell’esercizio sociale o di nomina in corso d’esercizio, l’onorario è determinato in funzione del tempo di permanenza nella carica. 3. L’onorario di cui alla lettera b) del comma 1 è commisurato al maggiore ammontare tra l’importo complessivo del patrimonio netto, non comprensivo del risultato d’esercizio, risultante dallo stato patrimoniale del bilancio, e l’importo del capitale sociale sottoscritto. Ad ogni valore di patrimonio netto, o di capitale sociale sottoscritto, corrisponde un solo onorario di riferimento determinato in relazione alla posizione del patrimonio netto, o del capitale sociale sottoscritto, all’interno dello scaglione, come segue: da € 10.000,00 a € 119.999,99: da € 774,69799,48 a € 1.162,041.199,22; da € 120.000,00 a € 516.456,89: da € 1.162,051.199,23 a € 1.936,711.998,68; da € 516.456,90 a € 2.582.284,49: da € 1.936,721.998,69 a € 3.098,753.197,90; da € 2.582.284,50 a € 10.329.137,97: da € 3.098,763.197,91 a € 4.648,114.796.85; da € 10.329.137,98 e oltre: € 4.648,124.796,86 più un aumento di € 774,69799,48 ogni € 5.164.568,99 o frazione di 5.164.568,99. Qualora si tratti di società la cui attività sia limitata alla pura e semplice amministrazione di beni immobili di proprietà o al solo godimento di redditi patrimoniali, gli onorari previsti in questo comma sono ridotti del 50%. Analoga riduzione è applicata, qualora la situazione lo giustifichi, nel caso in cui la società si trovi in stato di liquidazione, o in procedura concorsuale, o comunque non svolga alcuna attività. L’onorario di cui alla lettera b) del comma 1, relativo ai bilanci straordinari, ed eventualmente al bilancio consolidato, è determinato nella misura sopra identificata, ridotto dal 10% fino al 50%. In ogni caso, l’onorario di cui alla lettera b) n on può superare l’importo di € 60.000,00. 4. L’onorario di cui alla lettera c) del comma 1 è pari agli onorari graduali massimi previsti alla lettera e), punto I, della tabella contenuta nell’articolo 26 con il valore della pratica determinato in misura pari al capitale sociale sottoscritto della società. Per la partecipazione a ciascuna riunione del consiglio di amministrazione o dell’assemblea che porti all’ordine del giorno l’approvazione del bilancio annuale di esercizio, spettano gli onorari graduali massimi previsti alla lettera e), punto I, della tabella contenuta nell’articolo 26 e il valore della pratica è determinato in misura pari al capitale sociale sottoscritto della società. 5. Qualora il professionista abbia la carica di presidente del collegio i compensi di cui ai commi 2 e 3 sono maggiorati del 50%. 6. Gli onorari specifici di cui ai commi 2 e 3 non sono cumulabili con gli onorari graduali di cui all’articolo 26. 7. Gli onorari del presente articolo sono aumentati fino ad un massimo del 100% in tutti quei casi in cui il collegio sindacale è chiamato a svolgere specifici nuovi adempimenti in forza di norme di legge entrate in vigore successivamente all’approvazione della presente tariffa, oppure quando ulteriori adempimenti siano richiesti da altri organi della società, da altri enti od autorità, o derivino dalla struttura organizzativa della stessa società. 8. Gli onorari del presente articolo si applicano anche per il professionista che ricopra la carica di revisore, o sindaco, 9. di enti privati e di consorzi. 10. Le indennità previste dall’articolo 19 sono cumulabili solo se relative ad assenza dallo studio per trasferte al di fuori del comune dove è ubicato lo studio stesso. 11. Per qualsiasi ulteriore adempimento posto a carico del Presidente o dei componenti del collegio saranno applicati gli onorari previsti dalle tabella 1 prevista dall’articolo 26 e dalle tabelle 2 e 3, allegate al presente decreto. 11. Al professionista designato a comporre il consiglio di sorveglianza nel sistema di amministrazione dualistico, per le attività di cui alla lettera c) dell’articolo 2409 terdecies del codice civile spettano gli onorari determinati ai sensi dei commi 2 e 3 del presente articolo. Parte III : Aspetti operativi 7) Il libro del collegio sindacale Le previsioni del codice civile Diversamente a quanto previsto per i revisori ai quali non è più richiesta, a seguito del D.lgs 39/2010, la tenuta dell’apposito libro (fino allo scorso 7 aprile previsto dall’art. 2409-ter, comma 6° del codice civile), l’art. 2421 c.c. continua a prevedere fra i libri sociali obbligatori per le società per azioni, il libro delle adunanze e deliberazioni del collegio sindacale dello stesso organo. Tale libro, a seguito dell’espresso richiamo dell’art. 2477, comma 4° alle norme in tema di spa, è richiesto anche ai sindaci di srl che dovranno nominare il collegio sindacale per obbligo di legge (in questo caso tuttavia, ricordiamo che, a differenza di quanto avviene per le spa, tale libro potrà essere consultato dai soci). Nell’art. 2421 c.c. viene altresì previsto che , il libro in commento, sia tenuto a cura del collegio sindacale. Tale dizione ha determinato in dottrina due diverse interpretazioni: 1) essendo previsto dal codice che il libro sia tenuto a cura del collegio sindacale, lo stesso collegio è “implicitamente” investito anche della materiale conservazione del libro stesso. Tale dottrina ritiene, il libro da tenersi presso il domicilio del presidente del collegio; 2) la seconda teoria vuole, invece, assimilata la sorte del libro del collegio sindacale a quella del libro degli amministratori con la conseguenza che il luogo di conservazione dello stesso coincide con la sede legale della società sottoposta a controllo o la sede effettiva della stessa se diversa da quella legale. Il luogo di conservazione del libro secondo “i principi” La tesi (implicitamente) fatta propria dalla norma 2.3 (rubricata “Libro delle adunanze e delle deliberazioni”) è la seconda che vuole il libro del collegio sindacale depositato presso la società. In tal modo, infatti, da un lato gli amministratori potranno controllare in ogni momento le verbalizzazioni e le eventuali osservazioni critiche dei sindaci al loro operato eventualmente correggendo i loro comportamenti e, dall’altro, viene consentita l’immediata utilizzabilità delle informazioni traibili da detto libro anche agli organi accertativi delegati a verifiche tributarie. Ciò non toglie, evidentemente, che il libro delle deliberazioni possa essere temporaneamente “prelevato”, per essere aggiornato dal presidente del collegio o da altro componente l’organo di controllo a tale funzione delegato. In questi casi, si legge nella norma, è opportuno che il sindaco incaricato “…rilasci alla società una dichiarazione scritta attestante la conservazione del libro presso il proprio studio per il suo aggiornamento”. Cosa deve essere trascritto nel libro • la data ed il luogo della riunione; • i nominativi dei sindaci intervenuti e di quelli assenti, con specifica indicazione di quelli che hanno giustificato la propria assenza; • le persone, che invitate, sono intervenute alla riunione e la loro qualifica; • l’attività svolta e degli accertamenti eseguiti; • le conclusioni raggiunte e le eventuali deliberazioni; • i documenti eventualmente pervenuti al collegio da altri organi, comitati o soggetti. I contenuti del libro Nel libro andranno annotati i verbali del collegio con le risultanze degli accertamenti eseguiti. Se oggetto di verbalizzazione risultassero rilievi del collegio sulla gestione della società o l’esposizione di fatti significativi è opportuno che detti contenuti vengano evidenziati tempestivamente all’organo amministrativo (chiedendone se del caso la sottoscrizione del verbale). In armonia a quanto affermato dalla Cassazione (Cass. 7 Maggio 1992 n. 5422) non è invece richiesto che la trascrizione delle risultanze della verifica vengano trascritte contestualmente o subito dopo la riunione sul libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale, potendo tale trascrizione avvenire anche in un momento successivo. Tale tempistica non potrà, tuttavia, essere prorogata indefinitivamente, anzi, secondo la norma in commento il verbale dovrà esser tempestivamente riportato nel libro. Il momento della trascrizione non potrà, in particolare, superare la successiva riunione del collegio, occasione in cui, i sindaci eventualmente assenti alla riunione oggetto di verbalizzazione, dovranno provvedere a sottoscrivere il verbale precedente a prova dell’avventa visione. Viene poi consigliata una progressiva numerazione dei verbali e soprattutto che ogni sindaco conservi copia dei documenti di supporto nonché dei verbali trascritti su libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio. Ciò evidentemente anche quale prova, in sede giudiziaria, dell’operato del collegio. 8) Collaboratori dei sindaci ad utilizzo limitato I collaboratori dei sindaci Ai sensi dell’art. 2403-bis, comma 4° c.c., nell’espletamento di specifiche operazioni di ispezione e controllo, i sindaci sotto la propria responsabilità, ed a proprie spese, possono avvalersi di propri dipendenti ed ausiliari che non si trovino in una delle condizioni di incompatibilità previste dall’art. 2399 c.c. Gli amministratori possono rifiutare l’accesso alle informazioni riservate agli ausiliari dei sindaci. All’utilizzo dei dipendenti propri ed ausiliari è dedicata la norma 2.2, che dispone sia in merito alla qualificazione dei soggetti di ausilio ai sindaci sia sulle funzioni ad essi concretamente delegabili. Utilizzabili anche strutture societarie Viene chiarito in primis, che oltre che dei propri dipendenti o collaboratori, i sindaci–professionisti potranno avvalersi dei relativi praticanti di studio. Ma la norma 2.2. fornisce una interpretazione ampia dei soggetti utilizzabili ricomprendendo tra essi anche strutture di carattere societario (ad esempio, centri elaborazioni dati di cui si avvale il professionista e relativi dipendenti/collaboratori). In questi casi, tuttavia, la norma richiede che sia i rappresentanti che il personale della società non vertano in una delle situazioni di incompatibilità che vieterebbero al sindaco di essere eletto. Qualora il sindaco volesse utilizzare personalmente un soggetto terzo dovrà preventivamente avvisare gli altri sindaci nonché il consiglio di amministrazione della società, al quale, peraltro è consentito di precludere all’ausiliario l’accesso a documenti ritenuti “top-secret”. Nel caso in cui, invece, il terzo soggetto fosse messo a disposizione dell’intero collegio sarà opportuna una deliberazione dell’organo di controllo in tal senso (anche al fine di stabilire su chi graverà il costo degli ausiliari, che per legge dovrà essere posto a carico dei sindaci). Verifiche delegabili Agli ausiliari sono delegabili solo attività di ispezione e controllo ma i risultati delle verifiche dovranno, poi, essere riportati al collegio sindacale, organo delegato ad interpretare e valutare e giudicare i risultati dei controlli. Di fatto, nelle ispezioni concretamente delegabili agli ausiliari rientrano, quindi, soprattutto quelle sui documenti contabili, mentre tutte le decisioni di carattere gestionale o strategico, possono essere considerate “Informazioni riservate”. Le stesse, quindi, potrebbero essere ritenute, da un lato “oscurate” ai collaboratori dei sindaci, dagli amministratori (e quindi non accessibili per legge) e dall’altro, non ritenute intellegibili da terzi per ragioni di “riservatezza”, dagli stessi sindaci. Tale situazione è peraltro avallata da un altro passaggio della norma 2. 2, che da un lato inibisce agli ausiliari la possibilità di partecipare a cda (o comitati esecutivi) ed assemblee e dall’altro li esclude dalla partecipazione alle stesse riunioni del collegio sindacale. Il ruolo dei collaboratori del sindaco Compiti delegabili dal sindaco - Compiti non delegabili - attività di ispezione e controllo (soprattutto nell’area della contabilità e del bilancio). resta al sindaco ogni attività di interpretazione e giudizio partecipazioni a consigli di amministrazione e comitati esecutivi partecipazione alle assemblee partecipazione alle riunioni del collegio sindacale Rapporto fra non delegabilità della funzione e limiti degli incarichi La non delegabilità, pressoché assoluta dei compiti propri del sindaco a soggetti ausiliari determina la focalizzazione dell’attenzione sulla dibattuta questione del numero di incarichi che i sindaci possono concretamente espletare. La natura personalistica dell’attività di sindaco (a differenza di quella di revisore) rende, ad avviso di chi scrive, sostanzialmente ininfluente il fatto che il membro dell’organo di controllo sia o meno inserito in una struttura professionale più o meno vasta al fine di valutare il numero degli incarichi acquisibili. Tale organizzazione (e quindi la possibilità di delegare a terzi altre questioni professionali) può soltanto influenzare la libertà del sindaco a partecipare alle riunioni del collegio, al cda o alle assemblee, ma di certo non ingenera nei sindaci il dono dell’ubiquità nel caso di numerosi incarichi sindacali (o nei cda). In altri termini, considerando ad esempio, la semplice circostanza che la maggior parte delle assemblee delegate all’approvazione del bilancio (momento essenziale nella gestione di ciascuna società), vengano convocate fra il 20 ed il 30 aprile determinerà l’oggettiva difficoltà per il sindaco che detenga 30 incarichi, partecipare anche solo alla metà delle stesse. Dette circostanze, per oggettive ragioni fisiche dovrebbero indurre verso una limitazione degli incarichi, questione sulle quali le bozze dei principi di comportamento danno un primo accenno di soluzione, ovviamente di carattere deontologico. 9) Risk Approach per i sindaci Identificazione dei rischi aziendali di maggior rilievo in relazione alla struttura aziendale ed alla attività della stessa, valutazione della loro concreta significatività per la società ed i terzi e valutazione delle idonee misure di salvaguardia. È quanto richiesto ai sindaci dal nuovo “approccio sul rischio” esplicitato dalle nuove norme di comportamento del collegio sindacale approvate (seppur ancora in modo non definitivo) dal Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti. L’analisi del rischio, evidentemente, non andrà a scongiurare le altre verifiche tipiche richieste ai controllori, ma deve assumere la veste di una “particolare ottica nei controlli” nell’ambito delle attività proprie e generali dei sindaci. Il risk Approach Una corretta gestione del rischio è aspetto ormai sintomatico di una corretta gestione aziendale. Il Risk management è il processo gestionale attraverso cui le aziende sono in grado di identificare, analizzare, quantificare e monitorare i rischi associati a qualsiasi attività o processo operativo, il tutto ovviamente finalizzato a rendere l’organizzazione capace di minimizzare le perdite e massimizzare l’efficacia e l’efficienza della gestione. Il criterio è stato peraltro scelto sulla base delle best practices internazionali, se si pensa che in Germania, ad esempio, sono stati introdotti espliciti obblighi di legge per includere nella governance aziendale sistemi di Risk management, ma anche molti gruppi bancari, assicurativi e società quotate pongono specifica attenzione al processo di identificazione, monitoraggio e controllo dei rischi. Identificazione e valutazione dei rischi da parte dei sindaci È questa la parte più innovativa che connota “I doveri del collegio sindacale” nell’abito delle nuove “Norme di comportamento” del CNDCEC. I controllori sono chiamati ad identificare i rischi inerenti all'osservanza della legge e dello statuto nonché quelli inerenti il rispetto dei principi di corretta amministrazione, valutarne la significatività e accertare, sulla base di tali elementi, se nella società, in primo luogo siano disponibili ed in secondo luogo risultino applicate, misure di salvaguardia che consentano di eliminare o ridurre ad un livello accettabile tali rischi. I rischi in commento si addensano in tutte le aree della operatività aziendale e saranno conseguenti alle normative di riferimento (ivi comprese quelle regionali o di settore), alla organizzazione aziendale, con particolare riferimento alla efficienza del sistema di controllo interno (relativi all’area acquisti, all’area vendite, all’area finanza, ecc) nonchè ai compiti ed ai poteri di controllo attribuiti alle singole persone (si pensi alla diversa rischiosità di organizzazioni che affidano ad un'unica persona gli acquisti, i controlli sugli stessi e la relativa contabilizzazione rispetto a quella che prevede a riguardo una tripartizione di funzioni). I rischi vengono suddivisi in rischi generici e rischi specifici. RISK APPROACH Sia i rischi di tipo: SPECIFICO (legati alla natura dell’attività) GENERICO (tipici di ogni attività imprenditoriale Dovranno essere periodicamente valutati Verificando l’idoneità delle misure di salvaguardia adottate dagli amministratori I primi sono quelli legati ad ogni tipologia di attività. Ad esempio nella valutazione dell’affidabilità dei clienti si dovrà valutare come l’azienda perviene alla loro individuazione ed alla loro scelta e se risultano assicurate loro eventuali inadempienze, in merito ai rischi incendio della struttura industriale e dei macchinari se risulta stipulata una idonea polizza assicurativa, se l’azienda ha investito in strumenti finanziari l’eventuale copertura da rischi di crolli borsistici, se l’azienda ha istituito un organismo di vigilanza per la prevenzione di rischi legati a reati degli amministratori, i rischi fiscali, presumibilmente più elevati in situazioni laddove non sussista sostanziale coincidenza fra amministratori e soci, laddove cioè i proventi non tassati sarebbero direttamente incassati dai soci/amministratori. La stessa cosa sarà necessaria nel caso di rischi specifici, cioè legati al settore di attività. In questo caso, ovviamente, ben diverso risulterà il rischio da danni legati alla sicurezza del lavoro di una grande impresa operante nel settore edile rispetto ad una società operante nel settore della consulenza, così come i rischi derivanti da inquinamento ambientale ben più incisivi risulteranno nell’ambito di un’azienda farmaceutica rispetto ad una impresa bancaria. Sia i rischi generici che quelli specifici dovranno opportunamente essere valutati, non solo al momento di insediamento del collegio sindacale, attribuendo agli stessi una diversa periodicità di controllo, tenendo conto, come detto, della specificità della società oggetto di controllo. Situazioni di rischio In relazione alla informazione periodica, nelle norme viene previsto che il Collegio Sindacale richieda agli Amministratori, i principali indicatori di bilancio (finanziari, patrimoniali, reddituali) in specie nelle situazioni in cui si evidenzino rischi per la continuità aziendale. Particolare attenzione viene richiesta, ad esempio, nel caso di rilevante attuazione di investimenti da effettuarsi attraverso il cospicuo ricorso a finanziamenti bancari. A riguardo, oltre che ad una opportuna pianificazione dell’investimento (preferibilmente da esplicitare attraverso la redazione di Business Plan) gli amministratori dovranno fornire una idonea valutazione ponderata di ogni alternativa disponibile e del piano di rientro del finanziamento, a cui la società dovrà dimostrare di poter far fronte nei tempi concordati. Vigilanza specifica ai sindaci viene, poi, richiesta in merito alle garanzie rilasciate dalla società o dalla stessa richieste. Misure di salvaguardia A seguito dell’analisi della rischiosità, si legge nella norma 3.1, il collegio esprime un giudizio professionale, in relazione a ciò che a riguardo un professionista terzo, informato e ragionevole riterrebbe, in merito alle azioni aziendali finalizzate ad eliminare detti rischi (ipotesi di difficile realizzazione ndr) o meglio ad averli ridotti ad un livello accettabile mediante l’adozione di dette misure. Opportune azioni di intervento dovranno essere richieste dai sindaci agli amministratori, laddove, a fronte delle verifiche espletate i sindaci ravvisino una rischiosità troppo elevata in merito a possibili violazione di legge, dello statuto o dei principi di corretta amministrazione. In questi casi l’organo di controllo dovrà richiedere agli amministratori di applicare idonee misure di salvaguardia finalizzate al miglioramento della rischiosità, misure di cui i sindaci dovranno valutare l’efficacia in costanza di incarico. Dopo aver opportunamente ricordato che l’incarico dei sindaci determina sugli stessi sempre una obbligazione di mezzi e non di risultato (e che quindi anche i controlli più meticolosi possono non riuscire a scongiurare le frodi meglio congeniate), le norme rilevano come i sindaci siano chiamati alla “identificazione e alla valutazione dei rischi con riferimento alla struttura ed all’attività sociale”. È questa la parte più innovativa che connota “I doveri del collegio sindacale” nelle nuove “Norme di comportamento” del CNDCEC. I controllori dovranno, pertanto, identificare i rischi inerenti all'osservanza della legge e dello statuto nonché al rispetto dei principi di corretta amministrazione, valutarne la significatività e accertare, sulla base di tali elementi, se nella società, in primo luogo siano disponibili ed in secondo luogo applicare misure di salvaguardia che consentano di eliminare o ridurre ad un livello accettabile tali rischi. I rischi generici (es.: rischi solvibilità clienti) quelli specifici (es. legati alla tipologia di attività), dovranno opportunamente essere valutati attribuendo agli stessi una diversa periodicità di controllo, tenendo conto, ovviamente, della specificità della società oggetto di controllo. Opportune azioni di intervento dovranno essere richieste dai sindaci, agli amministratori, laddove si verifichi la necessità di applicare idonee misure di salvaguardia per concreti rischi di violazioni di carattere legale o gestionale. Amministratori: decisioni motivate e ragionevoli Nessun controllo di merito sull’opportunità e la convenienza delle scelte gestionali degli amministratori, ma verifica che le stesse siano basate sulla correttezza della procedura decisionale. In proposito, viene richiesto che gli amministratori abbiano acquisito idonee informazioni e verifiche preventive prima di adottare le proprie scelte. In particolare viene richiesto che: - gli atti e le deliberazioni non siano palesemente pregiudizievoli e in grado di pregiudicare l’integrità del patrimonio; - le scelte gestionali siano ispirate al principio di corretta informazione e di ragionevolezza, ossia siano conformi ai principi dell’economia aziendale, congruenti e compatibili con le risorse e il patrimonio di cui la società dispone; - gli Amministratori siano consapevoli della rischiosità e degli effetti delle operazioni compiute. In altri termini, è necessario vagliare che le scelte decisionali siano adottate sulla base di un’azione informata e consapevole e che i singoli amministratori accompagnino le proposte di deliberazione con idonea documentazione ed eventuali pareri, di esperti di settore, se ritenuti necessari. Eventuali carenze in tal senso dovranno essere segnalate oltre che al cda, nei casi più gravi, in sede assembleare. Situazioni di rischio Viene previsto, in relazione alla informazione periodica, che il Collegio Sindacale richieda agli Amministratori, i principali indicatori di bilancio (finanziari, patrimoniali, reddituali) in specie nelle situazioni in cui si evidenzino rischi per la continuità aziendale. Particolare attenzione viene richiesta nel caso di rilevante attuazione di investimenti da effettuarsi attraverso il cospicuo ricorso a finanziamenti bancari. A riguardo, oltre che ad una opportuna pianificazione dell’investimento (preferibilmente da esplicitare attraverso la redazione di Businness Plan) gli amministratori dovranno fornire una idonea valutazione ponderata di ogni alternativa disponibile e del piano di rientro del finanziamento, a cui la società dovrà dimostrare di poter far fronte nei tempi concordati. Attenzione specifica ai sindaci viene, poi, richiesta in merito alle garanzie rilasciate dalla società o dalla stessa richieste. 10) Assetto organizzativo al vaglio di sindaci e revisori L’assetto organizzativo Perché l’assetto organizzativo risulti adeguato il potere decisionale dovrà essere assegnato ed effettivamente esercitato secondo un appropriato livello di competenza e responsabilità. Esso dovrà, inoltre, essere conforme alle dimensioni della società, nonché alla natura e alle modalità di perseguimento dell’oggetto sociale. La rispondenza fra la struttura decisionale aziendale e le deleghe depositate al registro delle imprese dovrà essere oggetto di verifica sindacale. I sindaci dovranno accertare quanto sopra monitorando: - la separazione e contrapposizione di responsabilità nei compiti e nelle funzioni; - la chiara definizione delle deleghe o dei poteri di ciascuna funzione; - la verifica costante da parte di ogni responsabile sul lavoro svolto dai collaboratori. La verifica dell’assetto organizzativo deve essere effettuata sia all’inizio del mandato, sollecitando se del caso gli amministratori ad eventuali interventi correttivi se si evidenziassero profili di rischio, che nel corso dello stesso. I requisiti dell’assetto organizzativo Quando l’assetto organizzativo può considerarsi adeguato: - redazione di un organigramma aziendale con chiara identificazione delle funzioni, dei compiti e delle linee di responsabilità; - esercizio dell’attività decisionale e direttiva della società da parte dei soggetti ai quali sono attribuiti i relativi poteri; - esistenza di procedure che assicurino la presenza di personale con adeguata competenza a svolgere le funzioni assegnate; - presenza di direttive e di procedure aziendali e loro effettiva diffusione. Detta attività di monitoraggio dovrà essere oggetto di verbalizzazione nel corso dei verbali periodici mentre una sintesi dei lavori svolti troverà allocazione anche nella relazione all’assemblea delegata ad approvare il bilancio. Il sistema di controllo interno Altro aspetto su cui i sindaci hanno l’obbligo di vigilare è il sistema di controllo interno, che sarà da considerarsi adeguato quanto consenta una chiara identificazione dei principali fattori di rischio e soprattutto ne consenta il costante monitoraggio e la corretta gestione. Seppure dell’adeguatezza e corretto funzionamento del sistema di controllo interno rispondono gli amministratori, il collegio dovrà vigilare su tali circostanze facendo parte, tali controlli, del più ampio dovere di vigilanza del generale assetto organizzativo. Sul piano operativo, il Collegio Sindacale sarà chiamato ad esaminare la documentazione aziendale disponibile (manuali operativi, regolamenti interni, organigramma, ecc.), avvalendosi anche della rilevazione della struttura organizzativa svolta dal Revisore esterno. Nel caso in cui il sistema di controllo interno dovesse presentare aree di debolezza i sindaci dovranno richiedere agli amministratori, opportune azioni di miglioramento sulla cui adozione ed efficacia i sindaci dovranno poi estendere i loro controlli. Anche tali azioni dovranno essere verbalizzate e poi esposte all’assemblea chiamata ad approvare il bilancio. Parte IV:: ) I rapporti con gli organi sociali ed esterni 11) Il rapporto sindaci-amministratori Le informazioni richieste agli amministratori I dati e le informazioni che gli amministratori, sia motu proprio sia su esplicita richiesta dei sindaci, devono fornire riguardano: - l’assetto organizzativo, amministrativo-contabile della società; - l’attività svolta e le operazioni di maggior rilievo, economico, finanziario e patrimoniale, effettuate dalla società e dalle società da essa controllate; - le operazioni in cui un amministratore abbia un interesse per conto proprio o di terzi, salvo quanto previsto dall’artt. 2391 e 2475-ter c.c. Tali informazioni possono essere rilasciate per iscritto dagli amministratori attraverso appositi rapporti (situazione ad avviso di chi scrive auspicabile) oppure verbalmente. In questi casi è opportuno che i sindaci rendano noto agli amministratori i dati e le informazioni messe a verbale, chiedendo conferma del contenuto. È opportuno che una volta trascritto sul libro del collegio lo stesso venga sottoscritto anche dagli amministratori che hanno fornito le informazioni verbalizzate. Ovviamente nessuna verbalizzazione sarà necessaria da parte del collegio per le informazioni fornite nel corso dei cda e riportate nel libro degli amministratori. Amministratore unico Nelle società amministrate da un organo monocratico, mancando, di fatto, una rendicontazione periodica da parte degli amministratori delegati, ai consiglieri privi di delega prevista dall’art. 2381 c.c., comma 5, più arduo risulta il compito dei sindaci nel porre in essere il loro potere di controllo. Sul tema viene suggerito al collegio sindacale di chiedere all’amministratore, in forma scritta, con cadenza almeno semestrale (e l’amministratore sarà tenuto a fornire tali informazioni ai sensi dell’art. 2381, comma 5 c .c) notizie, sull’andamento della gestione, sulla prevedibile evoluzione e sulle principali operazioni di maggior rilievo, per dimensioni e caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate. Una situazione analoga va a determinarsi nel caso in cui all’amministratore delegato vengano forniti dal cda poteri e deleghe particolarmente ampi. Atti di ispezione e controllo Sebbene gli atti di ispezione e controllo possano essere esercitati dai sindaci anche individualmente, è opportuno che i controlli del collegio vengano svolti in via primaria, collegialmente. Nel caso di azione individuale risulta opportuno richiedere una preventiva deliberazione collegiale in merito. L’attivazione individuale del sindaco appare opportuna solo in via sussidiaria e particolare, come nel caso in cui vi sia disaccordo con la deliberazione del collegio, impossibilità a deliberare o in caso di situazioni di urgenza. Degli atti di atti di ispezioni e controllo individuale il sindaco dovrà fornire una tempestiva comunicazione scritta agli altri componenti il collegio Le fonti di informazione per i sindaci - le notizie degli Amministratori delegati circa il generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione, nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate (art. 2381, comma 5, c.c.); - la denunzia da parte dei Soci di fatti censurabili posti in essere dagli Amministratori (art. 2408 c.c.); - le notizie circa ogni interesse degli amministratori in una determinata operazione della società (art. 2391 c.c.); - le notizie di dissenso di un Amministratore rispetto alle delibere assunte dal consiglio di amministrazione (art. 2392 c.c.); - la notifica dell’azione sociale di responsabilità esercitata dai Soci (art. 2393-bis c.c.); - la comunicazione dell’Amministratore che rinuncia al suo ufficio (art. 2385 c.c.); - la relazione sulle proposte di aumento di capitale con esclusione o limitazione del diritto di opzione (art. 2441, comma 6, c.c.); - la relazione sulla situazione patrimoniale della società il cui capitale è diminuito oltre un terzo per perdite (art. 2446 e 2482.bis c.c.); - il rendiconto finale del patrimonio destinato allo specifico affare (art. 2447-novies c.c.); - la relazione sulla gestione e il bilancio (art. 2429 c.c.). 12) I rapporti con gli altri organi esterni L’organo di vigilanza di cui d.lgs 231/01 Come noto, il d.lgs 8 giugno 2001 n. 231, ha reso raccomandabile per le società di provvedere a strutturare uno specifico modello organizzativo con relativa nomina di un apposito organo di controllo, allo scopo di prevenire la commissione di reati da parte di soggetti apicali. La mancata istituzione o inefficienza dell’organo potrebbe, peraltro, determinare ingenti sanzioni sulla società nel caso in cui gli organismi verticistici della stessa commettessero specifici reati. Anche se nei principi ciò non viene evidenziato, appare opportuno, ad avviso di chi scrive, per il collegio richiamare l’opportunità agli amministratori di introdurre l’organo di vigilanza. Nel caso di nomina dello stesso il collegio sindacale deve valutare la congruità e l’operatività dell’organismo nonché l’autonomia, l’indipendenza e la professionalità dei soggetti preposti a svolgere le funzioni assegnate. Fra l’organo sindacale e l’organismo di vigilanza dovranno poi intervenire appositi scambi di informazione programmando incontri “ad hoc” almeno una volta per ogni esercizio sociale. Lo scambio di informazioni col revisore Sebbene nel 90% dei casi i sindaci delle srl e delle spa italiane esercitino al contempo funzioni di controllo gestionale e contabile, sussistono alcune circostanze, soprattutto nelle società medio grandi, in cui oltre ai sindaci la società si avvale altresì del revisore esterno. In questi casi i rapporti fra i due organi, si legge nei “principi di comportamento”, dovranno basarsi sulla massima, reciproca collaborazione. I sindaci sono, dunque, tenuti a scambiare periodicamente dati e informazioni con il soggetto incaricato della revisione legale, ove presente, per l’espletamento dei rispettivi compiti. In relazione a quanto sopra, appare opportuno che il collegio stabilisca con il revisore legale termini e modalità per lo scambio di informazioni rilevanti, concordando un programma di incontri nel corso dell’anno. Viene previsto, a riguardo, che salvo situazioni che richiedano incontri più frequenti (es. caso di manifestazioni di ingenti perdite) è opportuno che il Collegio Sindacale incontri il revisore almeno una volta nel corso dell’esercizio. Tale incontro, normalmente da organizzarsi occasione delle fasi conclusive di verifica del progetto di bilancio dovrà essere oggetto di verbalizzazione da parte dei sindaci, verbale in cui dovranno essere siano sintetizzati i principali aspetti emersi dallo scambio di informazioni. I dati da assoggettare a scambio fra sindaci e revisori - i dati e le informazioni ritenuti rilevanti, opportuni o utili per lo svolgimento dell’attività di vigilanza; - i dati e le informazioni derivanti dalle verifiche del soggetto incaricato della revisione legale in ordine: • all’osservanza della legge e dello statuto; • alla struttura organizzativa e al sistema di controllo interno; • alla continuità aziendale; • al sistema amministrativo contabile; • alla regolare tenuta della contabilità e corretta rilevazione dei fatti di gestione; - le comunicazioni e le richieste, scritte e verbali, del soggetto incaricato della revisione legale agli Amministratori e ai dirigenti; - l’esistenza di fatti censurabili rilevati dal soggetto incaricato della revisione legale. In occasione delle fasi conclusive di verifica del bilancio, il revisore legale deve fornire al Collegio Sindacale: - la comunicazione del piano di revisione applicato e delle procedure svolte; - le notizie in ordine a problematiche relative al bilancio; - il contenuto delle relazioni che intende emettere; - le notizie in ordine a problematiche relative al bilancio e alla relazione sulla gestione. Le verifiche al progetto di bilancio Particolare rilevanza rivestono, ovviamente, le fasi in cui gli amministratori hanno predisposto il progetto di bilancio per la successiva approvazione assembleare. Si tratta, come noto, di un momento estremamente delicato anche per i sindaci, perché da un lato il legislatore (colpevolmente ad avviso di chi scrive) non prescrive l’obbligo per il revisore di fornire ai sindaci la propria relazione con un certo anticipo, rispetto alla data in cui questi devono redigere la propria relazione, ma dall’altro, in detta relazione ai sindaci è richiesto di formulare le proprie “proposte all’assemblea in merito al bilancio ed alla sua approvazione (ex art. 2429 c.c.). I principi puntualizzano che il revisore deve fornire (ovviamente con un minimo di anticipo rispetto al termine entro cui i sindaci sono chiamati a pronunciarsi in merito) tutta quella serie di informazioni in merito al progetto di bilancio, in possesso dello stesso (aspetti critici, rischi di continuità aziendale, contenuti sul giudizio che intende emettere e sulla relazione sulla gestione), necessarie ai sindaci per interfacciarsi con l’assise assembleare. 13) I pareri dei sindaci sui revisori e i pareri con ausilio del revisore Nomina e revoca del revisore Il rapporto fra sindaci e revisori come si è visto appare estremamente articolato e significativo. Nella maggior parte delle situazioni riguarda la gestione societaria, ma all’atto della nomina del revisore, il d.lgs 39/2010 chiede ai sindaci un parere specifico sullo stesso organo di revisione. In detta circostanza ai sindaci viene richiesto di valutare ed esprimersi sulla indipendenza, l’idoneità tecnica e la congruità del corrispettivo richiesto dall’aspirante revisore (o della società di revisione) Una specifica nuova situazione in cui è richiesto il parere dei sindaci è quella attinente la revoca per giusta causa, dell’organo di revisione da parte dell’assemblea, contemplata dal novellato art. 13, comma 3 del recente d.lgs 39/2010. A riguardo nei principi viene ricordato che in tali circostanze oltre al suddetto parere in merito alla giusta causa di revoca i sindaci dovranno presentare all’assemblea una (o più) proposte di nomina affinché la stessa contestualmente alla eventuale revoca provveda altresì alla nuova nomina. Sulla proposta di nomina si ricorda inoltre il documento del CNDCEC del 27 aprile 2010. I pareri dei sindaci In diverse situazioni, al collegio sindacale sono richiesti specifici pareri in merito ad operazioni societarie in via di definizione. Tali pareri, di carattere consultivo e non vincolante, devono tuttavia essere emessi obbligatoriamente da parte dei sindaci (a pena di nullità delle delibere assunte) nelle specifiche circostanze previste dal codice civile e da leggi specifiche. I principi auspicano che prima di emettere detti pareri i sindaci valutino (senza entrare nel merito) che gli amministratori abbiano fondato le proprie scelte sulla base di un corretto iter decisionale cioè dopo aver acquisito idonee informazioni e dopo aver espletato opportune verifiche preventive prima di adottare le proprie scelte. Altresì oggetto di verifica dovrà essere il rispetto delle disposizioni di legge anche sulla base della documentazione da presentare. A riguardo si evidenzia che nell’esprimere il proprio parere o le proprie osservazioni, il sindaco oltre che basarsi sulle proprie conoscenze del diritto societario e dell’economia aziendale, deve acquisire idonee informazioni dall’organo di revisione legale (se nominato). Le situazioni nelle quali è richiesto il parere o l’audizione del collegio sindacale Pareri - nomina per cooptazione di Amministratori (art. 2386 c.c.); - determinazione compenso agli Amministratori investiti di particolari cariche (art. 2389 c.c.); conferimento e revoca dell’incarico di revisione legale dei conti (art. 13 d.lgs. n. 39/2010); iscrizione nell’attivo dello stato patrimoniale di costi di impianto e ampliamento, ricerca, sviluppo e avviamento (art. 2426, punti 5 e 6, c.c.); congruità del prezzo di emissione azioni in caso di aumento di capitale con esclusione/limitazione del diritto di opzione (art. 2441, comma 6, c.c.); congruità del valore delle azioni da liquidare al socio receduto (art. 2437-ter c.c.). proposta di acquisto/cessione azioni proprie (art. 2357 c.c.); proposta di modificazione dello statuto in Consiglio d’amministrazione (art. 2365, comma 2, c.c.); relazione predisposta dagli amministratori per la perdita del capitale sociale di oltre un terzo (art. 2446 c.c.); pareri prescritti dalla legge per società che operano in specifici settori (a titolo di esempio, per gli istituti di credito, i parere previsti dall’art. 136 TU Legge Bancaria). Audizioni del Tribunale - nel caso in cui il tribunale provveda alla convocazione assembleare su richiesta dei soci per omissione degli organi a ciò preposti (ex art. 2367); - sospensione dell’esecuzione della delibera assembleare impugnata (ex art. 2378, comma 4, c.c.); - ispezione giudiziaria della società (ex art. 2409, comma 2). Il sindaco dissidente Il documento senz’altro più rilevante, annualmente richiesto ai sindaci è quello che si formalizza nella relazione all’assemblea delle proprie verifiche annuali con il relativo “parere” sul bilancio e sulla sua approvazione. A riguardo nei principi si evidenzia che il sindaco eventualmente dissenziente con i contenuti di detta relazione ha il diritto di trascrivere nella stessa i motivi del proprio dissenso ma non quello di redigere e depositare una propria “autonoma”relazione. 14) Le partecipazioni ai cda ed assemblee I sindaci hanno l’obbligo di partecipazione informata ai cda, ai comitati esecutivi ed alle assemblee, sui temi che costituiranno oggetto di valutazione e deliberazione nonché di far annotare nei verbali le circostanze che hanno loro impedito un’adeguata conoscenza preventiva degli argomenti all’ordine del giorno. Nelle deliberazioni, a fronte di irregolarità di amministratori e soci, l’organo di controllo dovrà utilizzare i poteri di reazione che l’ordinamento pone a sua disposizione in relazione alle tipologie di anomalia riscontrate . È quanto si legge nelle bozze di norme di comportamento del collegio sindacale (n. 3.3, 4.1, 4.2. e 6.1) predisposte dal CNDCEC. Violazione dei principi di corretta amministrazione I sindaci, come noto, non esercitano un controllo di merito sull’operato degli amministratori, ma devono accertare che le decisioni del cda siano intraprese secondo criteri di corretta amministrazione. Per poter verificare quanto sopra è necessario che i controllori partecipino ai cda (ma anche alla assemblee) adeguatamente informati e documentati sui temi oggetto di valutazione, facendo annotare a verbale l’eventuale difetto di preventiva informazione che ha loro impedito il formarsi di un chiaro convincimento. L’informazione preventiva dovrà sussistere, si legge nelle norme, “a prescindere da eventuali impugnative delle deliberazioni”, essendo determinata dalla necessità per il collegio di effettuare quelle verifiche di “legittimità-sostanziale” che sono ad esso richieste. Circa i controlli sulle scelte dell’organo decisorio, i sindaci dovranno verificare che gli amministratori deliberino dopo aver acquisito le opportune informazioni, che le deliberazioni non risultino palesemente pregiudizievoli per l’integrità del patrimonio aziendale e fondate su criteri di ragionevolezza e che vi sia una idonea consapevolezza della rischiosità e degli effetti delle operazioni compiute. Alla luce di quanto sopra, nel caso in cui ciò non si riscontri, i controllori debbono intervenire nel corso del dibattito manifestando il proprio motivato dissenso e le proprie riserve chiedendone l’annotazione nel verbale del cda (principio n. 4). Qualora, poi, tali violazioni siano rinvenibili successivamente alla riunione del cda, i sindaci dovranno tempestivamente segnalare tale violazione agli amministratori e se essi non provvedono a correggere la deliberazione, chiedere a questi ultimi di convocare l’assemblea alla quale i sindaci produrranno apposita relazione sulle irregolarità riscontrate. Nell’ inerzia degli amministratori, nei casi di rilevanti gravità, l’organo di controllo previa comunicazione al presidente del cda potrà provvedere direttamente alla convocazione assembleare (ex art. 2406 c.c.) informando in tale sede i soci delle irregolarità riscontrate. Qualora, da ultimo, neppure l’assemblea provveda a sanare dette irregolarità e le stesse possano arrecare danno alla società o a società controllate, i sindaci potranno richiedere il controllo giudiziario ex art. 2409 c.c.. Le operazioni censurabili dai sindaci • estranee all’oggetto sociale • in conflitto di interessi con la società • manifestamente imprudenti o azzardate • che possano compromettere l’integrità del patrimonio sociale • volte a prevaricare o modificare i diritti attribuiti dalla legge o dallo statuto ai singoli soci • in contrasto con le deliberazioni assunte dall’assemblea, dal cda o dal comitato esecutivo Le deliberazioni in contrasto con leggi o statuto Oltre alle delibere non rispettose dei principi di corretta amministrazione, gli amministratori potrebbero decidere in modo non conforme alla legge o allo statuto. Tali circostanze possono verificarsi anche nelle pronunce dell’assemblea. È il caso di deliberazioni adottate sulla base di una non corretta composizione del consiglio (o dell’assemblea), in violazione di clausole statutarie integrative rispetto alle previsioni codicistiche che in alcuni casi possono far riferimento ad un regolamento interno. In altre situazioni potrebbero, poi, essere adottate deliberazioni sulla base di un oggetto impossibile o illecito (esempio delibera di approvazione di un bilancio palesemente falso). Anche in questi casi ai sindaci è richiesto di intervenire nel corso del dibattito, manifestando il proprio dissenso e verbalizzandolo. Qualora, nonostante tale intervento, le deliberazioni in contrasto con legge e statuto fossero assunte e non venissero con solerzia sostituite, (direttamente dagli amministratori o su sollecitazione dei soci convocati in sede assembleare) i sindaci potranno impugnare giudizialmente dette delibere (art. 2388, comma 4, e 2377, comma 2, c.c.). I conflitti di interesse. Altra situazione su cui i sindaci devono porre la propria attenzione è quella delle decisioni del cda (o del comitato esecutivo) con un amministratore in conflitto o con interessi convergenti con quelli della società. A riguardo nelle spa , tre sono le circostanze nelle quali i sindaci devono allertarsi: 1) inadempimento dell’amministratore al cosiddetto obbligo di disclosure; 2) inadempimento del c.d.a. o del c.e. di fornire le opportune motivazioni della convenienza per la società, dell’operazione (aspetto non espressamente previsto dai principi ma sancito dall’art. 2391, comma 2, c.c.); 3) deliberazioni del c.d.a. o del c.e. adottate con il voto determinante dell’amministratore interessato. In queste tre specifiche situazioni, qualora le deliberazioni possano recare danno alla società, i sindaci (così come gli amministratori) possono impugnare la delibera dell’organo decisorio. Meno formalizzazioni riguardano, invece, le decisioni degli amministratori nelle srl. Qui non sussistono obblighi di dichiarazioni preventive di interessi convergenti o divergenti fra amministratori e società, ma la norma 4.2 ricorda come anche in questi casi il collegio sia legittimato ad impugnare le decisioni del cda adottate con il voto determinante degli amministratori in conflitto, qualora detta decisione cagioni alla società un danno patrimoniale (art. 2475-ter, comma 2, c.c.). Azione di responsabilità A prescindere dai poteri di reazione di cui sopra, poi, qualora dalla decisione degli amministratori si sia determinato un danno alla società, ai creditori sociali o ai soci, il collegio sindacale (inteso quale organo ed in particolare con l’assenso dei 2/3 dei suoi membri) potrà dare il via, nei confronti del cda, all’azione di responsabilità (art. 2393, comma 3°, c.c.). Detta azione, dovrebbe essere tempestivamente promossa, si legge nei principi, quando un suo eventuale ritardo possa aggravare le conseguenze degli eventi dannosi. Sull’azione di responsabilità si dirà più dettagliatamente nel punto 15 del lavoro. Parte V: patologie societarie e responsabilità 15) Poteri di reazione e denuncia ex art. 2409 I poteri di reazione dei sindaci I sindaci devono reagire a fronte degli atti di mala gestio posti in essere dagli amministratori con gli strumenti che l’ordinamento pone a loro disposizione. I principi evidenziano come la misura della reazione debba essere commisurata alla gravità e rilevanza dei fatti censurati, ma anche delle modalità del perseguimento dell’oggetto sociale ed alle dimensioni della società, nonché al settore in cui la stessa opera. La reazione dei sindaci dovrà assumere una consistenza crescente in relazione alla inerzia degli organi sociali. In primo luogo, nel caso di violazione della legge, dello statuto o dei principi di corretta amministrazione dovranno evidenziare l’evento agli amministratori, poi richiedere a questi ultimi di convocare l’assemblea, ed in caso di inerzia in tal senso degli amministratori provvedere essi stessi alla convocazione dell’assise dei soci. La denuncia dei soci La denuncia di irregolarità da parte dei soci, ai sensi dell’art. 2408 c.c. obbliga i sindaci ad attivarsi per svolgere un esame tempestivo dei fatti al fine di valutare la fondatezza della denunzia. Laddove tale denuncia denoti situazioni di irregolarità si possono determinare diversi scenari: 1) se i fatti denunziati sono stati già sanati o gli amministratori abbiano adottato le opportune determinazioni perché dette irregolarità non abbiano a ripetersi l’intervento del collegio potrà limitarsi ad una apposita comunicazione degli eventi al socio denunziante ed alla prima assemblea utile agli altri soci; 2) qualora le gravi irregolarità sussistano e si verifichi una inerzia degli amministratori i sindaci potranno provvedere a convocare essi stessi l’assemblea ai sensi dell’art. 2406 c.c., previa comunicazione al presidente del cda o all’amministratore unico; 3) nel caso in cui le irregolarità appaiano particolarmente gravi e l’assemblea non possa (perché ad esempio i soci coincidono con gli amministratori) o non voglia provvedere, i sindaci dovranno adottare il rimedio della denunzia al tribunale ex art. 2409 c.c. L’utilizzabilità del controllo giudiziario Perché si verifichino le condizioni per richiedere il controllo giudiziario, le gravi irregolarità che legittimano la denunzia ex art. 2409 c.c.: 1) devono essere idonee a produrre un danno patrimoniale attuale o potenziale alla società ed alle sue controllate, identificabile, determinabile ed imminente; 2) il collegio non deve essere riuscito a fronteggiare gli atti di mala gestio attraverso opportuni provvedimenti endosocietari che vanno dalla informazione agli amministratori, alla sollecitazione in merito alla convocazione del cda, dalla richiesta agli amministratori di convocare l’assemblea fino alla convocazione diretta della stessa. La denunzia è un adempimento collegiale e non individuale che presume un’apposita delibera (ovviamente a maggioranza nel caso in cui non sussistano univocità di intento fra i vari membri del collegio) finalizzata ad autorizzare al presidente o altro membro del collegio a conferire apposita procura alla lite ad un legale. Controllo giudiziario anche nelle srl Ormai da tempo, oggetto di dibattiti dottrinali e di divergenti pronunce giurisprudenziali, è la questione attinente alla possibilità di richiedere il controllo giudiziario da parte dei sindaci nominati per obbligo di legge nelle srl. La commissione istituita presso il CNDCEC, pur evidenziando le divergenti opinioni ritiene maggiormente persuasiva la posizione che ritiene legittimo per l’organo di controllo della srl attivare il controllo giudiziario in caso di gravi irregolarità degli amministratori. Tale posizione deve essere sposata, si legge nel commento alla norma 6.5, da un lato in virtù dell’unitarietà nelle srl, così come nelle spa, del sistema dei controlli basati sul collegio sindacale, dall’altro in relazione alle diverse finalità dei controlli esercitabili dai soci rispetto a quelli propri del Tribunale, ma, soprattutto, dalla interpretazione letterale dell’art. 2477 c.c., comma 5, ai sensi del quale nelle srl in cui il collegio sindacale sia nominato per obbligo di legge si applicano le stesse norme in tema di spa.