RESPONSABILITA’ CIVILE E PENALE DEGLI
AMMINISTRATORI, SINDACI E REVISORI DELLE AZIENDE:
QUADRO NORMATIVO E NUOVI SVILUPPI.
COME TUTELARSI
Le responsabilità dei sindaci
Giampiero Guarnerio
Brescia, 29 settembre 2010
Il quadro normativo di riferimento
L’attività del sindaco è regolata da:
• codice civile (artt. 2.397 e seguenti);
•D.Lgs. 39/2010 (revisione legale)
• regole “tecniche” dettate dalla professionalità richiesta
dall’incarico (2° comma art. 1.176 c.c.: “Nell’adempimento delle
obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la
diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività
esercitata”).
Quale regola tecnica ci riferiamo alle “Norme di Comportamento
del collegio sindacale nelle società non quotate” (d’ora in poi le
“Norme”) pubblicate come bozza per la discussione dal Consiglio
Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili il 28
luglio 2010.
L’incompatibilità del sindaco e conseguenti
responsabilità di sindaci ed amministratori
L’art. 2.399 c.c. fissa in tre punti i casi di ineleggibilità e di decadenza:
• “incompatibilità ex lege” (interdizione, inabilitazione, condanna
all’interdizione dai pubblici uffici);
• “vicinanza con gli amministratori” (coniugi, parenti, affini entro il 4° grado);
• legami lavorativi o rapporti di natura patrimoniale (rapporto continuativo di
consulenza retribuita, rapporti patrimoniali che compromettono l’indipendenza)
L’incompatibilità del sindaco e conseguenti
responsabilità di sindaci ed amministratori
Secondo le Norme di comportamento, l’indipendenza è un requisito eticosoggettivo in grado di influenzare l'obiettività del sindaco che non deve essere
soddisfatto in maniera assoluta. D’altra parte il sindaco deve evitare di essere
associato a situazioni dalle quali un terzo informato, obiettivo e ragionevole,
trarrebbe la conclusione che l’indipendenza del sindaco sia compromessa.
Le Norme ampliano i casi di compromissione di indipendenza, identificandoli
come segue:
• Rischi derivanti dall’interesse personale economico/finanziario;
• Rischi derivanti dall’auto-riesame;
• Rischi derivanti da attività di patrocinio o di consulente tecnico di parte;
• Rischi derivanti dalla eccessiva confidenzialità;
• Rischi derivanti dalla intimidazione (con riferimento anche al mancato
pagamento degli onorari e mancata attività di “recupero” da parte del sindaco)
Analoghe disposizioni riguardano il revisore legale (art. 10 D.Lgs. 39/2010)
L’incompatibilità del sindaco e conseguenti
responsabilità di sindaci ed amministratori
In presenza di situazioni che mettono a rischio l’indipendenza, il sindaco deve
valutare la significatività delle stesse e deve adottare misure di salvaguardia
quali:
• la acquisizione di informazioni circa i rapporti rilevanti intervenuti con la
società (o con il gruppo) dal sindaco stesso o da altro professionista della
medesima rete;
• il monitoraggio di dette relazioni;
• la periodica valutazione della adeguatezza delle misure di salvaguardia
adottate;
•la condivisione delle questioni rilevanti per l’indipendenza con gli altri sindaci
e con gli amministratori;
•la modifica, la limitazione o la cessazione dei suddetti rapporti.
Nel caso in cui il rischio sia eccessivamente significativo, ovvero non siano
disponibili misure di salvaguardia adeguate, il sindaco non può accettare
l’incarico ovvero deve rinunciarvi.
L’incompatibilità del sindaco e conseguenti
responsabilità di sindaci ed amministratori
La tabella che segue determina i parametri di riferimento stabiliti dal CNDCEC
relativamente all’indipendenza finanziaria:
Compensi totali dalla
società / totale compensi
del sindaco
Compensi attività sindaco
/ compensi totali dalla
medesima società
Indipendenza
> 15%
> 2/3
Si
> 5% <= 15%
>1/2
Si
<5%
IRRILEVANTE
Si
Le responsabilità conseguenti alla
incompatibilità di sindaci ed amministratori
Le conseguenze della incompatibilità del sindaco:
a) Violazione art. 9 del codice deontologico (approvato il 9 aprile 2008) e
conseguenti sanzioni disciplinari (sospensione?);
b) Aggravio di responsabilità per eventuali omissioni dai propri doveri. Cass.
Civ. sez. I n° 19235 11/07/2008: “Quando le funzioni di sindaco siano
svolte dalla medesima persona che è legata alla società da un rapporto
continuativo di prestazione d’opera retribuita [nella fattispecie, un sindaco
era consulente fiscale incaricato dei versamenti fiscali che, nonostante la
provvista, non ha effettuato], il vincolo che si instaura con gli
amministratori attenua, e talora può annullare del tutto, l’obiettività del
sindaco”. Gli altri sindaci “avrebbero dovuto controllare, con vigilanza e
scrupolo ancora maggiori, che il collega curasse gli adempimenti previsti
[…]”.
c) Sanzioni amministrative per il revisore (pecuniaria + possibili revoche di
incarichi o sospensione dal registro).
Il controllo di qualità
Per l’attività di sindaco in assenza di revisione legale, non è previsto uno
specifico controllo di qualità: valgono le disposizioni generiche in materia di
deontologia e di formazione professionale continua.
Per il revisore legale è previsto un controllo di qualità almeno ogni sei anni (tre
se controlla enti di interesse pubblico – quotate, banche, assicurazioni, Sim etc).
“Il controllo della qualità, basato su una verifica adeguata dei documenti di
revisione selezionati, include una valutazione della conformità ai principi di
revisione e ai requisiti di indipendenza applicabili, della quantità e qualità
delle risorse impiegate, dei corrispettivi per la revisione, nonché del sistema
interno di controllo della qualità nella società di revisione legale” (art. 20
D.Lgs. 39/2010).
Manca ancora il decreto attuativo.
Responsabilità di sindaci e revisori
Art. 2.407 c.c.: “I sindaci devono adempiere i loro doveri con la professionalità
e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico, sono responsabili della
verità delle loro attestazioni […]. Essi sono responsabili solidalmente con gli
amministratori per i fatti e le omissioni di questi quando il danno non si
sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della
loro carica”. Prescrizione: 5 anni dalla cessazione dell’incarico (art. 2.393
c.c.).
Art. 15 D.Lgs. 39/2010: “I revisori legali e le società di revisione legale
rispondono in solido tra loro e con gli amministratori nei confronti della
società che ha conferito l’incarico di revisione legale, dei suoi soci e dei terzi
per i danni derivanti dall’inadempimento ai loro doveri. Nei rapporti interni
tra i debitori solidali, essi sono responsabili nei limiti del contributo effettivo al
danno cagionato”.
La prescrizione è di 5 anni dalla data di emissione della relazione al bilancio.
La responsabilità è estesa al responsabile della revisione ed ai dipendenti che vi
hanno collaborato, nei limiti del proprio contributo effettivo al danno cagionato.
Sanzioni amministrative
I sindaci non sono sottoposti a specifiche sanzioni amministrative oltre al
risarcimento dei danni riconosciuti.
Il revisore, in aggiunta ai risarcimenti per i danni riconosciuti, è sottoposto ad
una sanzione amministrativa da € 1.000 ad € 150.000 (da 10.000 a 500.000 per
i soggetti di interesse pubblico) per le irregolarità nello svolgimento
dell’attività, oltre alle seguenti sanzioni personali (artt. 24 e 26 D.Lgs.
39/2010):
• sospensione fino a 5 anni dal Registro del responsabile della revisione;
• Revoca di uno o più incarichi di revisione legale;
• divieto al revisore o alla società di revisione di accettazione di nuovi incarichi
per un periodo sino a 3 anni;
• cancellazione dal registro del revisore, del responsabile della revisione e della
società di revisione.
Sanzioni penali
Ai sindaci si applicano gli artt. 2.621 e 2.622 del c.c. (“False comunicazioni
sociali” – arresto sino a 2 anni - e “False comunicazioni sociali in danno della
società, dei soci o dei creditori” – reclusione da sei mesi a 3 anni [ da 2 a sei
anni se il fatto cagiona grave nocumento ai risparmiatori]).
Al revisore si applicano l’art. 27 del D.Lgs. 39/2010 (falsità nelle relazioni e
nelle comunicazioni – reclusione sino a 5 anni), l’art. 28 (Corruzione –
reclusione sino a 5 anni), l’art. 30 (compensi illegali – reclusione da 1 a 3 anni),
l’art. 31 (illeciti rapporti patrimoniali [prestiti ricevuti] – reclusione da 1 a 3
anni).
Compensi illegali: sono i compensi in denaro o in altra forma, oltre quelli
legittimamente pattuiti. Ciò significa che il revisore non deve percepire
compensi aggiuntivi rispetto a quelli risultanti dall’assemblea di nomina.
Problema: i compensi percepiti per attività riconosciuta incompatibile
costituiscono compensi illegali?
Note sui compensi
Per i sindaci: indicazione del tariffario sulla base di specifici parametri
(componenti positivi di reddito, patrimonio netto).
Per i revisori (art. 10 D.Lgs. 39/2010): in base al tempo. Non possono essere
subordinati ad alcuna condizione né ai risultati della revisione, né dipendere
dalla prestazione di servizi diversi dalla revisione. Deve essere tale da garantire
la qualità e l’affidabilità dei lavori. L’incaricato della revisione (pre)determina
le risorse professionali e le ore da impiegare nell’incarico tenendo conto di
alcuni parametri (dimensione, rischiosità, esperienza, tempo necessario per la
supervisione). Anche la remunerazione dei dipendenti del revisore non può
essere legata all’esito delle revisioni compiute.
Per entrambi: il compenso deve essere deliberato dall’assemblea di nomina.
Obbligo di indicazione in nota integrativa dei corrispettivi spettanti:
•per la revisione;
•per altri servizi di verifica (collegio sindacale?);
•per servizi di consulenza fiscale;
•per altri servizi diversi dalla revisione legale.
Casi di intervenuta responsabilità:
Obbligo verifica bilancio anno precedente
Cass. 3032 del 15/02/2005 e Cass. 2538 del 08/02/2005
La mancata impugnazione da parte dei sindaci di una società di capitali della
delibera dell’assemblea che approva un bilancio di esercizio redatto in
violazione dei principi stabiliti dal codice civile, può fondare la loro
responsabilità ex art. 2.407 c.c., anche se essi abbiano assunto la carica soltanto
in occasione della sua approvazione.
Nel caso, una società assicuratrice aveva ridotto eccessivamente una riserva
tecnica di rischio per coprire indirettamente una perdita. I sindaci, nominati in
occasione dell’approvazione del bilancio, avrebbero dovuto impugnare
l’assemblea “non foss’altro che per i riflessi sulla contabilità dell’esercizio
successivo”.
Sembra che nulla fosse stato contestato ai sindaci in carica al momento
dell’approvazione del bilancio. Probabilmente ha influito la prescrizione che
potrebbe aver “salvato” costoro (la prima violazione risale al 1970, e nel 1974
la società non era ancora stata dichiarata insolvente)
Casi di intervenuta responsabilità:
Finanziamento a società collegate
Cass. 18728 del 06/09/2007
In tema di gruppi di società collegate tra loro in senso economico e dirigenziale
(ma non anche in senso giuridico) la validità di atti compiuti dall’organo
amministrativo di una di esse in favore di altra ad essa collegata è condizionata
all’esistenza di un interesse economicamente e giuridicamente apprezzabile in
capo alla società agente, non potendosi, per converso, predicare la legittimità di
atti che, favorendo le società collegate, non rivestono alcun interesse, o
addirittura pregiudichino la società operante.
La questione verte su un finanziamento “infragruppo” erogato da una società
che non controllava l’altra (nel qual caso la sentenza avrebbe ammesso
l’operazione), né risultava provato un comune controllo. Non risultano indicati
i “vantaggi compensativi” derivanti dall’operazione, né l’eventuale altra società
controllante che avrebbe imposto l’operazione (cfr. 2.497 e segg. c.c.).
Casi di intervenuta responsabilità:
Finanziamento a società collegate
Cass. 18728 del 06/09/2007
La medesima sentenza poi contiene un palese errore tecnico in materia di prova
della avvenuta copertura perdite.
A fronte di una perdita da coprire di 882 mln lire, l’assemblea aveva azzerato il
capitale sociale (600 mln) e ricostituito lo stesso al minimo legale (200 mln). La
corte lamenta che la residua perdita di 82 mln non risulta coperta, a nulla
rilevando la risultanza emergente da un “bilancio di verifica”, perché tale
copertura non risulta dal bilancio di esercizio approvato.
Né tale copertura dei soci risultava tra i “proventi diversi” o tra le
“sopravvenienze attive”.
Ovviamente, dal bilancio di esercizio la copertura della perdita effettuata dai
soci non poteva risultare, proprio perché azzerata.
Problema mancanza cultura di bilancio in Cassazione!
Casi di intervenuta responsabilità:
Finanziamento erogato senza garanzie
Cass. 18231 del 12/08/2009
Gli amministratori hanno svolto un’operazione imprudente, erogando un
prestito di 9 mld ad altra società (forse “collegata” posto che il Presidente del
CDA delle due società era lo stesso, ma la circostanza non è stata indicata)
senza ricevere alcuna garanzia.
La corte precisa che se è vero che le scelte gestionali discrezionali non sono
sottoposte a sindacato di merito, anche se presentano profili di alea economica
superiori alla norma, resta invece valutabile la diligenza mostrata
nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione da
intraprendere.
Ai sindaci viene confermato il rilievo della tardiva denuncia dell’operazione,
effettuata soltanto in sede di relazione al bilancio relativo al 1991, posto che
l’operazione è stata effettuata nel 1987.
Casi di limitazione di responsabilità:
Art. 2409 inapplicabile ai sindaci di Srl
Cass. 403 del 13/01/2010
L’art. 2409 c.c. che stabilisce il potere/dovere dei sindaci di denunicare al
tribunale le gravi irregolarità commesse dagli amministratori è stato ritenuto
inapplicabile alle Srl.
Motivi:
1) Nel previgente diritto societario, la norma relativa alle S.p.A. era
espressamente richiamata dalle norme riguardanti le S.r.l., ora non più;
2) La relazione al decreto legislativo di riforma del diritto societario (6/2003)
afferma espressamente la superfluità con il sistema delle Srl della
“previsione di forme di intervento del giudice, quali quelle ora previste
dall’art. 2409 c.c”, evidentemente atto a “privatizzare” il controllo
societario delle Srl.
3) L’impianto normativo attuale delle Srl non le considera più alla stregua di
“piccole S.p.a.”
4) Il richiamo solo generico fatto dall’art. 2.477 alle norme in tema di collegio
sindacale delle S.p.a.
Casi di responsabilità del commercialista
Danno da mancato ricorso
Cass. 5264 del 05/06/1996
Il danno per comportamento omissivo del commercialista (nella fattispecie, la
mancata proposizione di un ricorso nonostante espresso mandato del
cliente) va misurato sulla base di un giudizio prognostico di “ragionevole
probabilità” (anche definita “certezza morale”) alla stregua della
legislazione vigente.
Nel caso, con la presentazione del ricorso, il contribuente avrebbe pressoché
beneficiato della determinazione della pena ridotta rispetto a quella
comminata beneficiando della “continuazione fiscale” di cui all’art. 8 L.
4/1929 nel testo vigente.
Il commercialista è stato condannato al risarcimento per la differenza tra la
sanzione irrogata e quella ridotta.
Cass. 15759 del 13/12/2001
Su analoga questione, la Corte ha valutato l’apprezzabilità del danno subito in
termini di “chance perduta”, che, oltre a tener conto delle ragionevoli
probabilità di successo, deve considerare la possibilità di “ius
superveniens” favorevole (condono).
Commercialista v/s assicurazione: l’attività di
curatore fallimentare è “tipica”
Cass. 2460 del 30/01/2008
L’attività di curatore fallimentare rientra tra le attività tipiche della professione
di dottore commercialista.
Pertanto, salvo che il rischio sia espressamente escluso dal contratto,
l’assicuratore è tenuto a risarcire il danno da costui causato al fallimento
nell’esercizio dell’attività di curatore.
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