COOPERAZIONE GIUDIZIARIA IN MATERIA PENALE E NE BIS IN IDEM: RECENTI ORIENTAMENTI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA SULLA NOZIONE DI IDEM FACTUM di Maria Mercedes Pisani (Avvocato del foro di Nocera Inferiore) 2 maggio 2006 SOMMARIO: 1. Considerazioni introduttive; 2. Il processo di integrazione europea; 3. Il principio del reciproco riconoscimento e la libera circolazione delle decisioni giudiziarie in materia penale. La nozione di decisione; 4. La nozione di decisione nella giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee; 5. La nozione di idem factum inteso in senso materiale o come fatto giuridico. La sentenza Van Esbroeck; 6. Nuove prospettive e questioni pendenti. 1. Considerazioni introduttive Il principio generale ne bis in idem è riconosciuto da numerosi ordinamenti nazionali ed in alcuni casi anche codificato costituzionalmente. Esso prevede che si debba garantire un individuo, di modo che non possa essere sottoposto ad una pluralità di procedimenti penali aventi lo stesso oggetto. Mentre sul piano nazionale il riconoscimento dell’effetto ostativo del ne bis in idem è praticamente indiscusso, sul piano internazionale, invece, il suo riconoscimento è più difficoltoso, soprattutto perché la sua applicazione è necessariamente associata ad una forma di cooperazione interstatale avanzata, che presuppone il riconoscimento dell’attività giurisdizionale di un altro Stato e, di conseguenza, una fiducia profonda nel funzionamento di un sistema giuridico diverso dal proprio1. In effetti, il contenuto di questo principio si presta ad una applicazione molto varia già da un ordinamento nazionale all’altro: se gli si attribuisce il senso di nemo debet bis vexari 1 In materia di ne bis in idem internazionale, si veda N. GALANTINI Il principio del “ne bis in idem” internazionale nel processo penale, Milano, Giuffré 1984; S. FARINELLI Sull’applicazione del principio ne bis in idem tra gli Stati membri della Comunità europea, Riv. Dir. Int. 1991, p. 878; D. SPINELLIS The ne bis in idem in global instruments, Rev. int. de droit pénal, 2002, p. 1149-1162; J.A.E. VERVAELE The transnational ne bis in idem principle in the EU. Mutual recognition and equivalent protection of human rights, Utrecht Law Rev, 2005, vol.1 p.100. federalismi.it n. 10/2006 pro una et eadem causa, al ne bis in idem non è riconosciuto alcun effetto preclusivo alla instaurazione di un secondo giudizio avente ad oggetto la stessa causa, ma, piuttosto, in tal modo esso costituisce un ostacolo a che le differenti pene comminate con i diversi giudizi possano essere cumulate. In generale, le norme precisano che la pena eventualmente già scontata, dovrà essere scomputata da quella eventualmente più elevata e da scontare. L’effetto del principio ne bis, secondo questa interpretazione, però, non garantisce alcuna tutela a chi non abbia scontato, per qualunque ragione, ivi incluse quelle di natura procedurale, la prima condanna o addirittura sia stato assolto. Gli ordinamenti che, piuttosto, fanno riferimento al brocardo nemo debet bis puniri pro uno delicto (pro uno facto) attribuiscono, alla pronuncia già emessa, effetto ostativo all’instaurazione del nuovo giudizio e, quindi, effettivamente, garantiscono il soggetto interessato dal moltiplicarsi di azioni penali. Tuttavia, anche in questo caso, si notano profonde differenze a seconda se sia stato scelto il criterio dell’identità del fatto storico, idem factum, o dell’identità del fatto giuridico, idem delictum. La preferenza per l’identità del fatto giuridico, infatti, rende possibile una nuova azione relativa agli stessi fatti se la loro qualificazione giuridica2 è differente rispetto a quella formulata nel primo procedimento. Inoltre, anche l’individuazione del tipo di decisione alla quale attribuire forza preclusiva, ha delle conseguenze diverse, a seconda che si decida di concedere tale effetto soltanto a quelle definitive3 (“definitivamente giudicato” nel testo della Convenzione di Applicazione degli Accordi di Schengen) oppure anche a quelle ancora impugnabili. Ma non basta. La capacità ostativa all’inizio di un nuovo procedimento potrebbe essere estesa o esclusa anche in relazione a quelle decisioni che pur chiudendo l’azione penale, producono effetti differenti in relazione al tipo di procedura, di sanzione o di provvedimento adottato4. 2 Negli ordinamenti di common law, la double jeopardy rule prevede che non si possa iniziare una nuova azione penale per lo stesso reato. In questo modo, è possibile che si verifichi una moltiplicazione dei procedimenti, se in relazione agli stessi fatti si riscontra l’esistenza di violazioni, qualificate giuridicamente in modo diverso. 3 In generale, negli ordinamenti di diritto continentale è d’uso legare la preclusione di nuovo giudizio soltanto all’adozione di una sentenza definitiva, dunque, quando sono esauriti tutti i mezzi di impugnazione. Al contrario, gli ordinamenti di common law ritengono opponibile il divieto di instaurare un nuovo giudizio in qualunque momento, semplicemente con la formulazione di un’eccezione di parte ed indipendentemente dalla fase in cui si trova il primo giudizio. 4 Se il precedente è costituito da un decreto di archiviazione, poiché non si tratta di una decisione giudiziaria in senso stretto, non lo si considera preclusivo di nuovi giudizi, nemmeno per il diritto interno. Tra le tante v. Cass. sez. I, sent. n. 10425 del 2/2/2005 dep. 16/3/2005: “Ne consegue che il decreto di archiviazione di una notizia di reato pronunciato dall’autorità giudiziaria di uno Stato estero aderente alla Convenzione, non potendo essere assimilato alla definitiva ed irrevocabile sentenza di merito, non costituisce titolo idoneo a precludere la celebrazione in Italia del giudizio per il medesimo fatto, né causa di nullità dell’eventuale sentenza di condanna pronunciata dal giudice italiano”. www.federalismi.it 2 Nei rapporti tra Stati, il ne bis in idem è stato codificato in varie convenzioni internazionali5 con lo scopo, appunto, di superare la logica di prevalenza della sovranità e potestà punitiva, per la quale ogni Stato si attiva per punire i delitti sui quali ritiene di avere giurisdizione, a prescindere da ciò che avviene in altri Stati, anche a costo di moltiplicare i giudizi, pur di arrivare ad una condanna. L’applicazione del principio del ne bis in idem, ovviamente presuppone una cooperazione che sia diretta a concentrare le risorse (investigative, umane) in una sola direzione ed in un solo procedimento. La realizzazione di questa forma di collaborazione non è per niente semplice: la disomogeneità tra gli ordinamenti statali e la scarsa disponibilità ad accettare una limitazione all’esercizio della propria giurisdizione sono stati i maggiori ostacoli, che hanno spinto gli Stati a preferire il sistema di rinnovazione dei giudizi, purché fossero presenti elementi che legittimassero l’esercizio dell’azione penale nazionale. D’altro canto è significativo che l’affermazione del ne bis in idem come principio riconosciuto a livello internazionale, espressione di un aspetto del giusto processo e garanzia fondamentale dell’individuo sia avvenuta soltanto all’inizio degli anni ‘70 e sia stato frequentemente limitato dalla previsione di alcune condizioni di esecuzione6. 2. Il processo di integrazione europea Il principio del reciproco riconoscimento7 degli atti delle autorità Giudiziarie degli Stati membri, è stato sviluppato e si è affermato con il processo d’integrazione europea, fondato, essenzialmente, sulla fiducia reciproca negli ordinamenti degli Stati membri. Questi elementi costituiscono la spina dorsale del sistema della cooperazione giudiziaria (tanto in materia civile quanto in quella penale) dell’Unione europea, volto alla realizzazione di uno spazio giudiziario europeo, all’interno del quale i cittadini (ma anche, e soprattutto, le decisioni giudiziarie e le attività d’investigazione) devono poter liberamente circolare. 5 Il principio ne bis in idem non è previsto nel testo della Convenzione per la tutela dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ma è stato sancito soltanto con l’adozione del VII protocollo (Strasburgo, 22 novembre 1984). Le altre convenzioni rilevanti a questo proposito sono il Patto internazionale sui diritti civili e politici (16 dicembre 1966), la Convenzione europea sulla validità internazionale dei giudizi repressivi (28 maggio 1970), la Convenzione europea sulla trasmissione delle procedure repressive (15 maggio 1972). Tra gli Stati membri dell’Unione sono affermati anche i principi contenuti nella Convenzione di applicazione degli accordi di Schengen del 19 giugno 1990, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in GU UE serie C n. 364 del 18 dicembre 2000) e della Convenzione di Bruxelles relativa all’applicazione del principio ne bis in idem del 25 maggio 1987,che, però, non è entrata in vigore. 6 La condizione, comunemente stabilita, riconosce effetto preclusivo soltanto alla sentenza eseguita, in corso di esecuzione o non più eseguibile per motivi specifici previsti dalle norme dello Stato di condanna. 7 Al Consiglio Europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, il principio del reciproco riconoscimento fu definito la pietra angolare della cooperazione giudiziaria (punto 33 delle conclusioni). www.federalismi.it 3 L’Unione europea ha concentrato le sue attività normative, collegate alla realizzazione del reciproco riconoscimento in materia penale, nel terzo pilastro, ed ha adottato una serie di decisioni quadro8 e proposto numerose altre norme9, attraverso le quali ha recentemente introdotto anche il principio di disponibilità. Quest’ultimo, in pratica, si propone di rendere accessibili tutte le decisioni giudiziarie e le altre informazioni raccolte sui cittadini negli Stati membri, in modo che siano utilizzabili a fini d’indagine, oltre che a titolo di precedente o a scopo di esecuzione di una condanna (con evidenti ripercussioni in tema di regime di misure cautelari, per la determinazione di recidive, abitualità, professionalità, riconoscimento di aggravanti, e ancora, in relazione alla determinazione della misura della pena, all’accesso a procedimenti alternativi, all’ammissione alla sospensione condizionale, alla messa alla prova, l’irrogazione di sanzioni accessorie). Sulla scorta di questo filone normativo, la Commissione europea, di recente, ha affermato espressamente che lo scopo generale della legislazione del terzo pilastro va nella direzione del completo abbandono della doppia punibilità10. Nel solco del processo di realizzazione del principio di disponibilità, la Commissione, ha presentato un “Libro verde sulla soluzione dei conflitti giurisdizionali e ne bis in idem”11 nel quale, pur mostrando cognizione dei problemi sollevati dalla possibilità di doversi “astenere dall’esercitare un’azione penale … per l’ordinamento giuridico degli Stati membri che aderiscono al principio di legalità”, non affronta le questioni fondamentali e preferisce ignorare l’assoluta carenza di omogeneità degli ordinamenti degli Stati membri e quanto ciò influisca nella determinazione delle fasi processuali e nell’innesco dei meccanismi procedurali propri a ciascun ordinamento, per proporre, invece, un’improbabile elaborazione 8 Solo per citarne alcune: Decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, GU UE, L 190 del 18/7/2002; Decisione quadro 2003/577/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa all'esecuzione nell'Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio, GU UE, L 196 del 2/8/2003; Decisione 2005/876/GAI del Consiglio, del 21 novembre 2005, relativa allo scambio di informazioni estratte dal casellario giudiziario, GU UE, L 322 del 9/12/2005; Libro Verde sui conflitti di giurisdizione e il principio del ne bis in idem nei procedimenti penali, COM (2005) 696. 9 Proposta di decisione quadro del Consiglio relativa al mandato europeo di ricerca delle prove diretto all'acquisizione di oggetti, documenti e dati da utilizzare a fini probatori nei procedimenti penali, COM (2003) 688; Proposta di Decisione quadro del Consiglio relativa alla considerazione delle decisioni di condanna tra Stati membri dell'Unione europea in occasione dell’apertura di un nuovo procedimento penale, COM (2005) 91; Proposta di decisione del Consiglio relativa allo scambio di informazioni estratte dal casellario giudiziario, COM (2004) 664; Proposta di decisione quadro del Consiglio relativa all’organizzazione e al contenuto degli scambi fra gli Stati membri di informazioni estratte dal casellario giudiziario, COM (2005) 690; Iniziativa della Repubblica ellenica in vista dell'adozione della decisione quadro del Consiglio sull'applicazione del principio "ne bis in idem", GU UE, C 100 del 26/04/2003. 10 Cfr Comunicazione su reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie in materia penale ed il rafforzamento della fiducia reciproca tra gli Stati membri, COM (2005)195 p. 6. 11 COM (2005) 696. www.federalismi.it 4 di un sistema di mediazione fondato sull’accordo tra autorità giudiziarie che la difesa è costretta a subire senza che sia previsto il suo intervento diretto. Vale la pena di ricordare che il Consiglio d’Europa aveva già tentato di mettere in piedi un progetto12 per la soluzione dei conflitti di giurisdizione, ma aveva incontrato grosse difficoltà sia nella ricerca di un accordo fondato sulla determinazione di una gerarchia di criteri, sia per la scarsa disponibilità degli Stati, in particolar modo in quelli nel cui ordinamento il principio di legalità trova esplicito riconoscimento a livello costituzionale, ad accettare una limitazione all’esercizio della propria giurisdizione. I redattori della Convenzione europea sulla trasmissione delle procedure repressive del 1972, dopo un’approfondita analisi dei sistemi giuridici degli Stati e delle ipotesi di conflitto di giurisdizioni13, hanno adottato soluzioni che non cercano di evitare il sorgere del conflitto stesso ma, piuttosto, di risolvere la fase della litispendenza. Quando la Convenzione attribuisce effetti al giudicato, stabilisce la regola dell’equivalenza delle decisioni, ma precisa che gli atti compiuti ai sensi di legge in uno Stato sono assimilati a quelli dell’altro Stato soltanto quanto alla realizzazione degli scopi, mentre non gli saranno riconosciuti gli stessi effetti che avrebbero nello Stato di emissione. Nel caso di pluralità di procedure repressive, posto che lo scopo del principio è di evitare che una persona sia accusata e giudicata più di una volta per la stessa infrazione, la Convenzione statuisce che, per avere forza ostativa al rinnovamento del giudizio, una decisione deve essere definiva. Nondimeno, la relazione esplicativa precisa che è contrario alle regole sulla litispendenza che un altro Stato inizi un’azione, nelle more dell’impugnazione di una decisione di primo grado. Non solo, il Trattato14 fa stato di alcuni provvedimenti che non hanno carattere definitivo, ma per i quali è inconcepibile non ammettere un effetto ostativo (assoluzioni, condizioni speciali che accompagnano le decisioni sotto condizione, le sospensioni dell’esecuzione della sanzione o la sua esclusione). Nell’ambito dell’Unione europea, la minore estensione geografica e le peculiarità legislative ed istituzionali, hanno incentivato delle forme di collaborazione più strette e più intense, con lo scopo di realizzare uno spazio comune che possa includere anche quello 12 Raccomandazione n. 420 del 29 gennaio 1965, Assemblea Consultativa del Consiglio d’Europa relativa alla regolamentazione dei conflitti di competenza in materia repressiva, in Rapport explicatif , Convenzione europea sulla trasmissione delle procedure repressive, Comité Européen problèmes criminels – C.E.P.C. 50 sessione del Consiglio dei Ministri del Consiglio d’Europa, 15 maggio 1972). 13 Rapport explicatif, Cit. punto 16. 14 Le norme della Convenzione richiamano il contenuto dell’articolato della Convenzione sulla validità dei giudizi repressivi, L’Aia, 28 maggio 1970. www.federalismi.it 5 giuridico. Spinti da questa motivazione, alcuni Stati membri hanno concluso a Schengen15 (il 14.6.1985) un accordo per l’abolizione delle frontiere interne e, il 19 giugno 1990, è stata firmata la Convenzione di applicazione degli accordi di Schengen (CAAS) con la quale si collega l’applicazione del principio ne bis in idem con la realizzazione del reciproco riconoscimento delle decisioni fra gli Stati membri. Il quadro giuridico europeo è elaborato di guisa che il ne bis in idem assume la forma di una contromisura alla liberalizzazione della circolazione delle persone e all’abolizione dei controlli alle frontiere e rivela una natura più di interesse istituzionale che di garanzia fondamentale dell’individuo. A differenza della generalità dei sistemi giudiziari penali, che pongono l’individuo al loro centro, la realizzazione dello spazio giuridico europeo, attraverso il riconoscimento e la circolazione delle decisioni giudiziarie, pone al suo centro l’attività giudiziaria stessa, le istituzioni. L’attuazione del reciproco riconoscimento, che segna l’instaurazione di una fiducia ed un rispetto reciproco delle decisioni e delle attività giudiziarie attinenti ad un’azione penale, costituisce la realizzazione della libera circolazione giudiziaria, più che una forma di garanzia o un diritto fondamentale per i cittadini16. Difatti, l’intervento del cittadino non è praticamente mai preso in considerazione nelle decisioni quadro adottate in seno all'Unione europea, nemmeno con l’introduzione procedure di semplice correzione o cancellazione di dati errati o obsoleti che non fossero stati aggiornati. La stessa decisione quadro sul mandato d’arresto europeo, per esempio, non prevede l’annotazione o la registrazione dell’eventuale rigetto della convalida dell’arresto, al punto che il ricercato, che sia stato rilasciato per uno dei motivi di cui agli artt. 3 o 4 della decisione quadro, potrebbe essere nuovamente arrestato soltanto per aver attraversato le frontiere interne verso un’altro Stato membro17. 15 L’accordo stabilisce le regole di base della cooperazione tra le forze di polizia e le regole di assistenza giudiziaria in materia penale, e riprende, riguardo l’argomento che qui ci interessa, il testo della Convenzione di Bruxelles sull’applicazione del principio ne bis in idem del 25 maggio 1987 (non entrata in vigore). 16 Per la giurisprudenza della Corte Europea per i diritti dell’Uomo si faccia riferimento, tra le altre alle sentenze Soering c. U.K , 7.7.1989 A 161; Drozd c. Francia e Spagna 26.6.1992, Iribarne c. Francia 24.10.1995, tutte disponibili nel sito www.echr.coe.int. 17 Decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, GU UE, L 190 del 18/7/2002. Ancora, a titolo di esempio la Proposta di decisione quadro in materia di determinati diritti processuali in procedimenti penali nel territorio dell’Unione europea, COM (2004) 328, il cui percorso legislativo è lento ed accidentato, prevede la concessione di garanzie con una formulazione che costituisce un abbassamento rispetto agli standard già esistenti nella maggior parte degli Stati membri, oltre a contenere aspetti che contrastano con principi costituzionalmente tutelati. www.federalismi.it 6 3. Il principio del reciproco riconoscimento e la libera circolazione delle decisioni giudiziarie. La nozione di decisione Tuttavia, anche nello spazio relativamente più ristretto di Schengen, l’applicazione del riconoscimento delle decisioni e dell’effetto ne bis in idem è ostacolato dalla frammentazione degli ordinamenti degli Stati e dalla mancanza di univocità delle definizioni contenute nel Trattato. Eppure, nel contesto della CAAS, la portata ed il significato del principio ne bis in idem non è condizionata all’armonizzazione dei sistemi giuridici degli Stati membri e deve, dunque, essere applicato facendo astrazione delle particolarità di ogni sistema. Ciò rende ancor più determinante la precisazione del contenuto di alcune nozioni, anche in considerazione del fatto che proprio la terminologia utilizzata nel testo normativo ha portata diversa e, quindi, indica concetti giuridicamente diversi, per ciascun ordinamento nazionale. A questo proposito l’attività d’interpretazione affidata alla Corte di Giustizia delle Comunità europee diventa fondamentale, anche in considerazione del fatto che gli atti adottati dall’Unione europea mostrano esplicitamente una tendenza ad un’applicazione restrittiva del principio del ne bis in idem, nel senso che riconoscono un effetto limitato all’esistenza del giudicato proveniente dall’autorità giudiziaria di un altro Stato. Infatti, tanto nella proposta ad iniziativa della Repubblica Ellenica18, quanto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (ripresa anche nel progetto di Trattato recante una costituzione per l’Europa) è riconosciuto soltanto il caso della pluralità di giudizi aventi ad oggetto lo stesso reato, dunque, con riferimento al concetto di idem delictum in contrapposizione con l’interpretazione adottata, come meglio spiegheremo più avanti, dalla Corte. Gli Stati hanno più volte affermato che il riconoscimento di equivalenza può essere concesso unicamente alle decisioni emesse all’esito di un giudizio ordinario, atteso che sono le sole che assicurano l’esercizio di tutte le garanzie legate al funzionamento della giustizia penale. In conseguenza di ciò, la sentenza che sia ancora impugnabile o la decisione soggetta a forme di ricorso non è ritenuta di ostacolo al nuovo giudizio nemmeno ove tale decisione sia già esecutiva o in corso di esecuzione. A maggior ragione, si considera possibile che, quando la decisione ha statuito un non luogo a procedere al quale non è riconosciuto valore di giudicato19, un soggetto sia sottoposto a nuove indagini e procedure penali. 18 Iniziativa della Repubblica ellenica in vista dell'adozione della decisione quadro del Consiglio sull'applicazione del principio "ne bis in idem", GU UE, C 100 del 26/04/2003 19 In realtà la Corte di Cassazione italiana ha riconosciuto effetto ostativo ad alcune sentenze di non luogo a procedere, ma solo quando mancano le condizioni per una revoca della sentenza. Cass. Sez. VI sent. 13.7.2001 Calcagno; precedentemente anche in Cass. Sez. VI, 8.11.1996 Privitera. www.federalismi.it 7 L’accordo di Schengen prevede che l’effetto ostativo alla rinnovazione del giudizio possa essere prodotto solo da una sentenza definitiva, avente ad oggetto i medesimi fatti, quando la pena sia stata eseguita, in corso di esecuzione o non sia più eseguibile20. Queste condizioni di esecuzione della condanna, in realtà, erano state elaborate per contrastare il fenomeno grazie al quale un soggetto, attraversando la frontiera poteva sottrarsi alla condanna e, nel contempo, non essere sottoposto ad un altro giudizio. Questo rischio, nell’Unione europea, ormai non esiste più, soprattutto da quando sono entrate in vigore quelle norme del terzo pilastro in virtù delle quali ogni Stato può prendere iniziativa e chiedere la consegna di un individuo, ottenendone l’immediato arresto21. Al contrario, il mantenimento delle condizioni di esecuzione continua ad escludere la possibilità di riconoscere un effetto ostativo al nuovo giudizio a quelle decisioni che dispongono la messa alla prova, la sospensione o l’esecuzione di misure alternative alla limitazione della libertà, perché si tratta di soluzioni procedurali che non rientrano tra quelle oggetto della disposizione. Un effetto senz’altro incompatibile con il principio guida del reciproco riconoscimento. 4. La nozione di decisione nella giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee La Corte di Giustizia delle Comunità europee ha affrontato il tema della definizione della nozione di decisione in due diverse sentenze, con le quali ha colto l’occasione per ricordare che il principio ne bis in idem non è una garanzia formale, di natura procedurale, ma un vero e proprio diritto fondamentale del cittadino, presente nei sistemi giuridici degli Stati membri “fondati sul riconoscimento all’individuo di un insieme di diritti e di libertà a fronte dei poteri pubblici”22. Il principio, per altro verso, costituisce uno strumento di certezza giudica, in forza del quale le decisioni di un potere pubblico che hanno autorità di cosa giudicata non possono più essere contestate e ne deve essere garantita l’efficacia tra gli Stati membri.23 20 Nella decisione quadro sul mandato d’arresto europeo, l’esistenza di un precedente giudicato per lo stesso reato costituisce motivo ostativo alla consegna, ma in ogni caso il rifiuto di consegna è limitato dalla verifica delle condizioni di esecuzione della sentenza. La sottoposizione alla condizione di esecuzione ha un effetto non trascurabile: estende l’efficacia del giudicato negli altri Stati e incide sulle condizioni di applicazione di un arresto a scopo “cautelare”. 21 Tra l’altro con una ingiustificata parità di trattamento tra chi è stato già e definitivamente condannato e chi, invece, deve ancora essere giudicato, in barba al principio di presunzione d’innocenza. 22 Conclusioni dell’avv. Generale Ruiz-Jarabo Colomer, nelle cause riunite Gözütok e Brügge, C-187/01 e C385/01, 19 settembre 2002, punto 114. 23 A proposito del valore del giudicato, la recente sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee del 16 marzo 2006 nella causa C-234/04, pur se riguardante un giudicato civile, afferma l’intangibilità della sentenza passata in giudicato perfino se resa in violazione del diritto comunitario, proprio in virtù del principio di www.federalismi.it 8 Con la sentenza Gözütok e Brügge24, la Corte ha affrontato il tema della validità, quale giudicato, di quelle decisioni che terminano l’azione penale, pur senza prevedere l’intervento dell’autorità giudiziaria. In sostanza, per decisione finale con forza di giudicato, ostativa all’esercizio di una nuova azione penale in relazione agli stessi fatti, si deve intendere quella che termina definitivamente un procedimento, anche nel caso si tratti di una decisione di estinzione dell’azione pubblica, eventualmente a seguito di “mediazione penale” o con l’esecuzione di determinate prescrizioni a carico dell’indagato, senza l’intervento di una giurisdizione che accerta la responsabilità dell’individuo25. Le considerazioni, formulate dall’Avvocato Generale, per sostenere questo ampliamento della nozione di “giudicato”, sono corroborate dalla constatazione che una diversa interpretazione discriminerebbe negativamente i soggetti che, per aver commesso un reato considerato “meno grave”, hanno la possibilità di accedere a procedure alternative al giudizio ordinario. La pronuncia che chiude un processo con la composizione o la mediazione penale, porrebbe, ingiustificatamente in svantaggio il soggetto che ha scelto questa procedura transattiva, rispetto a chi si sottopone al giudizio ordinario e, di conseguenza, ha la possibilità di far valere l’effetto preclusivo della decisione che accerta la sua responsabilità in ordine a determinati fatti. Tuttavia, non tutte le decisioni che chiudono un procedimento penale sembrano avere la stessa attitudine a consolidare la situazione giuridica che ne è l’oggetto. La decisione di non luogo a procedere o di proscioglimento in fase istruttoria, che non ha la caratteristica dell’inoppugnabilità, è esclusa dalla nozione di decisione accolta dalla giurisprudenza comunitaria. La Corte ha meglio precisato questo concetto nella sua seconda pronuncia, riguardante la causa Miraglia26, per un rinvio pregiudiziale riguardante, di nuovo, l’applicazione dell’art. 54 della CAAS. L’occasione del rinvio pregiudiziale è stato il rifiuto dei Paesi Bassi di concedere l’assistenza giudiziaria, richiesta dall’Italia, a causa del precedente interno sicurezza giuridica e della certezza del diritto e nonostante il principio di leale cooperazione ed esecuzione del diritto comunitario. 24 Corte di Giustizia delle Comunità europee, causa C-187/01 e C-385/01, sentenza del 11 febbraio 2003 Rec. 2003 pag. I-01345. Con riferimento alla giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee, si vedano G. CONWAY, Judicial Interpretation and the third pillar (Ireland's acceptance of the european Arrest Warrant and the Gözütok and Brügge case), in European Journal of Crime, Criminal law and Criminal Justice, 2005, p. 255-283 e M.M. PISANI, Problemi costituzionali relativi all’applicazione del mandato d’arresto europeo negli Stati membri in www.federalismi.it n. 15/2005. 25 L’avvocato Generale Ruiz-Jarabo Colomer ha posto l’accento sul fatto che i termini utilizzati nelle diverse versioni linguistiche del Trattato (définitivement jugée, giudicata con sentenza definitiva, finally disposed, definitivamente julgado, rechtskräftig abgeurleitl) corrispondono a nozioni differenti. Corte di Giustizia delle Comunità europee, cause riunite C-187/01 e C-385/01, Conclusioni 19 settembre 2002, punti 107 e ss. 26 Corte di Giustizia delle Comunità europee, causa C-469/03, Miraglia, sentenza del 10 marzo 2005. www.federalismi.it 9 costituito da una decisione di archiviazione, resa a cagione dell’esistenza di un altro procedimento, in un altro Stato, riguardo agli stessi fatti. La Corte ha escluso che si possa applicare il principio ne bis in idem quando la decisione ha statuito di non proseguire l’azione penale senza fare alcuna valutazione nel merito, sulla base della sola constatazione dell’esistenza di un altro procedimento con lo stesso oggetto, in un altro Stato. Anche se rappresenta una limitazione della definizione precedentemente formulata nella sentenza Gözütok e Brügge, questa seconda decisione lascia ancora impregiudicata la possibilità di ottenere il riconoscimento del medesimo effetto preclusivo alle decisioni di merito, nel caso si sia provveduto ad un’archiviazione dopo aver valutato, ad esempio, la mancanza di condizioni di procedibilità. In questo caso, si potrebbe giungere al riconoscimento extra statale delle condizioni di esercizio dell’azione penale di un ordinamento, con tutte le difficoltà che questo implica sia in relazione alla possibile limitazione dell’esercizio di un’azione penale in un secondo Stato, sia con riferimento ad incompatibilità di diritto sostanziale e processuale. 5. La nozione di idem factum inteso in senso materiale o come fatto giuridico L’altro rilevante problema dell’applicazione del ne bis in idem consiste nella individuazione del concetto di “identità” che può essere riferita al fatto o al reato. Considerata la mancanza di omogeneità del diritto penale sostanziale dei differenti Stati, la manifestazione di una preferenza per la nozione di identità connessa al fatto giuridico27 non solo condurrebbe ad una possibile pluralità di procedimenti per ogni diversa qualificazione ma, se ci caliamo ad una maggiore profondità della nozione di idem, consentirebbe una pluralità infinita di procedimenti pure nel caso di condotta unitaria ma con effetto plurioffensivo. La Corte di Giustizia delle Comunità europee, lo scorso 9 marzo si è pronunciata per la terza volta sulla portata delle definizioni contenute nell’art. 54 della CAAS, nel caso Van Esbroeck28. Si chiedeva alla Corte un’interpretazione di questa norma in relazione ad una vicenda ove, una persona, condannata in Norvegia per l’importazione di sostanze stupefacenti, dopo aver scontato parte della pena, liberato condizionalmente, era stato nuovamente tratto a giudizio in Belgio, per l’esportazione della stessa identica sostanza e nuovamente condannato. 27 Decisamente in supporto della identità del fatto giuridico come “offence”, C. VAN DEN WYNGAERT, G. STESSENS The international non bis in idem principle: resolving some of the unanswered questions, Int. and Comp. Law Quart., vol 48, Oct. 1999, p. 779. 28 Corte di Giustizia delle Comunità europee, causa C – 436/04. www.federalismi.it 10 La domanda pregiudiziale, pertanto, chiedeva di stabilire se l’art. 54, anche in combinazione con l’art. 71 della CAAS (relativo specificamente ai reati in materia di stupefacenti) dovesse essere interpretato nel senso che l’importazione e l’esportazione della medesima sostanza stupefacente costituisce i “medesimi fatti” oppure, se gli Stati hanno ragione a ritenere esistente un autonomo potere punitivo, in relazione alla diversa qualificazione dei fatti ed alla diversità di interessi giuridici tutelati in ciascun ordinamento29. Nella motivazione, la Corte ha prontamente sottolineato che l’eventuale difformità di qualificazione di una stessa condotta in due Stati diversi non può essere di ostacolo all’applicazione dell’art. 54 della CAAS. L’unico criterio ammissibile, sostiene la Corte, è quello della identità dei fatti materiali30, intesi nel senso di un insieme di circostanze concrete e indissociabilmente legate tra loro, l’adozione di un criterio che faccia conto sull’identità dell’interesse giuridico non potrebbe essere accettato giacché è suscettibile di notevoli variazioni da uno Stato all’altro. Le conclusioni dell’Avvocato Generale, sul punto, sono ampiamente condivisibili: dopo aver richiamato gli scopi delle convenzioni internazionali sulla repressione del commercio illecito di stupefacenti, osserva che, in quei casi, l’intento è di realizzare una sorta di ostacolo alla depenalizzazione di fatto, causato soprattutto dall’assenza di iniziativa da parte degli Stati. Con la ratifica delle convenzioni internazionali si cerca di fare in modo di permettere la repressione anche solo di alcune delle condotte perpetrate in certuni degli Stati parte, per evitare che i responsabili di queste violazioni restino impuniti. Ben diverso, nota l’avvocato Ruiz- Jarabo Colomer, è il caso dell’Unione europea, dove, soprattutto nello spazio di Schengen, questo approccio non ha alcun senso, dal momento che lo spazio giudiziario è fondato sul reciproco riconoscimento e sulla fiducia. L’Avvocato Generale, infatti, spiega che l’art. 54 della CAAS è l’espressione di un principio fondato sui due pilastri di ogni sistema giuridico : la sicurezza giuridica e l’equità. Nell’ambito dello spazio di Schengen l’art. 54 deve essere concepito come una protezione giurisdizionale del cittadino, dalla quale deriva il suo diritto ad un processo giusto ed equo e, nello stesso tempo, un’esigenza strutturale dell’ordine giuridico, che consiste nel rispetto dovuto alla cosa giudicata. 29 Questa è stata la posizione di alcuni degli Stati intervenuti, i quali hanno affermato un diritto autonomo degli Stati interessati dalla condotta, sia per la diversità della qualificazione giuridica sia perché l’interesse tutelato (la sicurezza pubblica dello Stato) non coincidevano. 30 Sulla nozione di idem factum si confronti anche la giurisprudenza della Corte europea per i diritti dell’uomo sentenza Franz Fischer v. Austria 29.5.2001 serie A n. 312 (C); W.F. c. Austria 30.5.2002 e Sailer c. Austria 6.6.2002, disponibili nel sito www.echr.coe.int. www.federalismi.it 11 Il senso della garanzia, una volta ricondotto il concetto nel contesto europeo, assume l’aspetto di un elemento della libertà di circolazione nello spazio di Schengen, grazie al quale un individuo ha la certezza di non poter essere nuovamente perseguito per la stessa condotta in un altro Stato, soltanto perché la qualificazione giuridica è differente rispetto a quella vigente nel suo ordinamento di origine. Se si respingesse questo orientamento, l’art. 2 del TUE31 resterebbe lettera morta e ci sarebbero tanti ostacoli alla libertà di circolazione quanti sono i sistemi penali degli Stati membri32. A questo punto emerge in maniera ancor più evidente la profonda contraddizione tra le istituzioni dell’Unione Europea. Tanto le proposte nell’ambito del terzo pilastro quanto il testo della Carta dei diritti fondamentali adottano una nozione di ne bis in idem notevolmente più restrittiva, legata alla nozione di idem giuridico. Non resta che confidare in un innalzamento delle garanzie dell’individuo sulla scorta della più avanzata giurisprudenza europea. 6. 6. Nuove prospettive e questioni pendenti L’opera ermeneutica, affidata alla Corte di Giustizia delle Comunità europee con riguardo alla determinazione della portata del principio ne bis in idem, previsto dall’art. 54 della CAAS, non è che ai suoi inizi. Attualmente pendono altre quattro cause per domande pregiudiziali dirette a chiarire non solo l’estensione del concetto di idem factum, integrando quanto affermato con la già citata sentenza Van Esbroeck, ma anche per approfondire la portata e l’effetto di cause estintive o preclusive dell’esercizio dell’azione penale, nei rapporti internazionali, come la dichiarazione di assoluzione o di intervenuta prescrizione o di altri eventi che precludono o estinguono la possibilità di esercitare l’azione penale. Finora, infatti, alla decisione di assoluzione33 non è mai stato attribuito effetto ostativo all’introduzione di un nuovo giudizio, anche quando la motivazione della decisione dà atto del fatto che l’istruttoria non ha provato la responsabilità34 del soggetto o l’illegalità della condotta. 31 V. Trattato sull’Unione europea, art. 2, primo comma, quarto trattino. In tal senso V. le conclusioni dell’Avvocato Generale nel caso Van Esbroeck; Corte di Giustizia delle Comunità europee, Causa C-436/04, punto 45. 33 V. Corte di Giustizia delle Comunità europee, causa C- 150/05 Van Straaten; questione pregiudiziale n. 2 “se si tratti di giudizio di una persona, ai sensi dell’art. 54 della convenzione quando l’accusa mossa contro tale persona viene dichiarata non provata in maniera legale e convincente e la stessa viene quindi assolta con sentenza.” 34 Anche con riferimento a questo tipo di motivazione, si deve notare la grande varietà di soluzioni offerte dagli ordinamenti degli Stati membri, dall’assoluzione per mancanza di prove all’assoluzione perché la responsabilità di un soggetto non è stata dimostrata al di la di ogni ragionevole dubbio. Il nostro codice di 32 www.federalismi.it 12 Anche la definizione di idem factum è messa in discussione, perché si chiede alla Corte se l’indissociabilità dei fatti, apprezzata in relazione al caso Van Esbroeck, sia un concetto applicabile anche nell’ipotesi in cui la condanna già emessa abbia ad oggetto l’importazione di tabacco estero introdotto di contrabbando e, per la stessa condotta, un altro Stato ha iniziato un’azione per il reato di ricettazione di merci sulle quali non sono stati pagati prelievi all’importazione35. L’esigenza di una maggiore precisazione della nozione di idem factum è segnalata anche dalla domanda pregiudiziale della Cour de Cassation del Belgio, con la quale, la Corte remittente, che aderisce alla nozione di identità giuridica del fatto, si spinge fino ad accostare l’unicità giuridica del fatto all’unicità del disegno criminoso36, chiedendosi se sia a opportuno far riferimento a quest’ultimo nel determinare l’idem oggetto della norma del Trattato. Una delle questioni di maggiore interesse, introdotta con la seconda domanda pregiudiziale della causa Kretzinger37, riguarda quelle condizioni di esecuzione della sentenza che limitano l’applicabilità del ne bis in idem, in un modo che non pare giustificato rispetto agli scopi dello spazio giudiziario europeo. Il Bundesgerichtshof chiede alla Corte europea se, ai sensi dell’art. 54 della CAAS, deve considerare eseguita la pena quando, ai sensi della normativa dello Stato di condanna, sia stata applicata la sospensione condizionale e se, in ogni caso, sia considerata effettivamente in corso di esecuzione la pena, quando l’imputato sia stato posto in arresto o in custodia cautelare e di tale periodo si deve tener conto, ai sensi della normativa dello Stato di condanna, per la successiva esecuzione della pena detentiva. La decisione, come giustamente messo in rilievo dalla Corte remittente, è di grande interesse anche in relazione all’applicazione della disciplina sul mandato d’arresto europeo. Questa decisione quadro prevede che l’onere di chiedere l’esecuzione sia sempre a carico dello Stato che emette la sentenza di condanna. Ovviamente, se non si riconosce effetto procedura penale, prevede all’art. 530 comma 2 il caso di assoluzione per “prova insufficiente o contraddittoria”. 35 Nel caso Kretzinger, sono state formulate tre diverse questioni pregiudiziali, la prima riguarda il significato di idem factum : si chiede se un procedimento penale ha ad oggetto i “medesimi fatti” ai sensi dell’art. 54 della Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen qualora un imputato sia stato condannato da un tribunale italiano per importazione e detenzione in Italia di tabacco estero di contrabbando, nonché per omesso pagamento dei prelievi doganali per il detto tabacco importato e, successivamente, sia stato condannato da un Tribunale tedesco per aver preso possesso in Grecia delle medesime merci in un momento precedente, per ricettazione di merci su cui non sono pagati i prelievi all’importazione…” Corte di Giustizia delle Comunità europee, causa C288/05. 36 V. Corte di Giustizia delle Comunità europee, causa C-367/05 Kraaijenbrink. Con la prima questione la corte di Cassazione chiede se i fatti consistenti nell’acquisizione, detenzione, consegna di importi di denaro provenienti dal traffico di stupefacenti costituiscano medesimi fatti da considerare unitariamente, quindi, con le operazioni di cambio di questi importi di danaro una volta constatato che “sono collegati da un unico disegno criminoso e pertanto giuridicamente costituiscono un unico fatto”. 37 Corte di Giustizia delle Comunità europee, causa C-288/05 Kretzinger, cit. www.federalismi.it 13 preclusivo alla sentenza che dispone la sospensione condizionale della pena (per la quale, pertanto, non è emessa alcuna richiesta di esecuzione in altro Stato) il cittadino potrebbe trovarsi sottoposto ad una pluralità di procedimenti, ma anche alla pluralità dell’esecuzione di sentenze di condanna. La soluzione del caso sarà piuttosto complessa poiché la pregiudiziale comprende anche la soluzione di una ulteriore questione, correlata all’applicazione dell’art. 5 della decisione quadro sul mandato d’arresto europeo, riguardante la sentenza pronunciata in contumacia. In alcuni Stati, non è possibile che un procedimento penale possa svolgersi in assenza dell’imputato; l’illegittimità – ai sensi delle leggi nazionali – di una pronuncia emessa all’esito di questo procedimento impedisce ogni forma di cooperazione e soprattutto potrebbe essere la causa della rinnovazione del giudizio sugli stessi fatti. Non meno importante, e tra l’altro prossima alla presentazione delle conclusioni da parte dell’Avvocato Generale, la causa nella quale la Corte di giustizia delle Comunità europee deciderà dell’effetto della dichiarazione di prescrizione di un reato ai sensi delle leggi nazionali di uno Stato. La domanda di pronuncia pregiudiziale, proveniente dall’Audiencia Provincial di Málaga, nel caso Gasparini38, verte sulla sentenza di prescrizione di un reato e chiede se tale decisione sia vincolante anche per i giudici degli altri Stati membri. Una risposta affermativa attribuirebbe alla pronuncia di prescrizione del reato un effetto ostativo all’inizio di un nuovo procedimento avente ad oggetto gli stessi fatti e includerebbe la possibilità di affermare pari effetto ostativo per (alcune) decisioni di assoluzione39. Ma, nel caso sottoposto alla Corte, le implicazioni sono ancora più estese, perché la causa ha ad oggetto l’introduzione nel territorio europeo di merce di contrabbando. Orbene, se la sentenza di assoluzione statuisce che non è stata dimostrata l’origine non comunitaria della merce e, pertanto, assolve l’imputato, si deve considerare preclusa ogni iniziativa alle autorità di altri Stati membri diretta ad accertare la reale provenienza della merce? In questo caso, una volta riconosciuto l’effetto della decisione al fine del ne bis in idem, c’è la possibilità che la merce, la cui provenienza di contrabbando non è stata dimostrata, possa essere considerata messa in libera pratica nel territorio comunitario e di conseguenza commercializzata lecitamente. Sarà molto interessante vedere a quali conclusioni la Corte di Giustizia delle Comunità europee potrà giungere, anche perché, oltre agli aspetti di natura economica e peculiarmente comunitari che essa implica, potrebbe far riferimento al noto precedente del caso “mais 38 Corte di Giustizia delle Comunità europee, causa C-467/04 Gasperini ed altri. La domanda pregiudiziale paventa un possibile effetto della dichiarazione di prescrizione anche in favore degli altri imputati per i medesimi fatti, in altri Stati. 39 www.federalismi.it 14 Greco”40. In tale sentenza la Corte ha affermato che lo Stato è tenuto ad effettuare gli accertamenti, i prelievi doganali ed il recupero delle somme dovute a tale titolo e ne è direttamente responsabile. La Grecia fu condannata anche per aver omesso di avviare i procedimenti penali e disciplinari nei confronti delle persone che avevano partecipato e contribuito ad eludere i controlli ed il pagamento dei prelievi e per aver omesso le verifiche ed i controlli supplementari, richiesti dalla Commissione europea. La pronuncia della Corte sul caso Gasparini avrà sicuramente un contenuto “creativo”perché le pregiudiziali proposte non possono essere risolte soltanto con il semplice richiamo ai principi giuridici già riconosciuti ed affermati e con la semplice esegesi delle fonti normative disponibili. La sentenza deve stabilire i limiti degli obblighi di accertamento che incombono agli Stati e definire l’effetto dell’“insufficiente” accertamento della responsabilità di un soggetto (mancanza di prove, insufficienza, etc), e perciò oltrepassa la competenza solamente interpretativa attribuita alla Corte di Giustizia, per gli atti del III pilastro, dall’art. 35 del TUE. 40 Corte di Giustizia delle Comunità europee, causa C-68/88, Commissione / Grecia, sentenza del 21 settembre 1989. www.federalismi.it 15