MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA’ CULTURALI
DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI DEL VENETO
Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Venezia e Laguna
Palazzo Ducale, 1
Venezia
PERIZIA DI SPESA N. 23 del 2 luglio 2012
D.P.C.M. 10 Dicembre 2010 di ripartizione della quota dell’otto per mille
dell’IRPEF a diretta gestione statale per l’anno 2010
RELAZIONE STORICA E RELAZIONE
TECNICA CON CRONOPROGRAMMA
VENEZIA – PIAZZA SAN MARCO
LAVORI DI CONSERVAZIONE DELLA FACCIATA, DEL PORTICO E
DELLE COPERTURE DELLE PROCURATIE NUOVE – Campate XI –
XXXVI
C.U.I. 13854
CUP F79G10000330001
Venezia,
2 LUGLIO 2012
IL PROGETTISTA
Arch. Ilaria Cavaggioni
Visto:IL SOPRINTENDENTE
IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO
Arch. Anna Chiarelli
arch. Renata Codello
Venezia - Procuratie Nuove o Palazzo Reale
Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
(…) guardatevi dal voler comparire sopra le cose fatte:
accomodatele, assicuratele, ma non aggiungete,
non mutilate, e non fate il bravo.
Giuseppe Valdier
L’Architettura Pratica, III, p. 115
Relazione illustrativa
con cenni sulla storia della fabbrica
SOMMARIO
1. Introduzione
2. Cenni sulla storia della fabbrica
3. Caratteri stilistici
4. Caratteri costruttivi
5. La ricerca d’archivio
6. Stato di conservazione
7. Descrizione dell’intervento: linee guida e tecniche
8. Riferimenti bibliografici
1. Introduzione Molti degli aspetti descritti in questa relazione, relativi alla vicenda
storica della fabbrica delle Procuratie Nuove, alle caratteristiche stilistiche e
costruttive della facciata principale del palazzo, al suo stato di conservazione, ecc., si
basano su ipotesi fondate sull’osservazione a distanza, ai piedi della fabbrica, sulla
letteratura artistica consultata, su precedenti restauri documentati, su analogie con le
Progetto definitivo
2
Venezia - Procuratie Nuove o Palazzo Reale
Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
fabbriche coeve, sulle raccomandazioni dei manuali storici, ecc.. Tali ipotesi verranno
verificate e documentate, ogniqualvolta possibile, a cantiere aperto.
La fabbrica è una proprietà demaniale al 90,33% e presenta un interesse
particolarmente importante dal punto di vista storico artistico, come riconosciuto da
un decreto ministeriale di vincolo del 30 aprile 1993, ai sensi dell’articolo della Parte
Seconda, Titolo I, Art. 10 Beni culturali del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio
(Decreto Legislativo 42/2004). Inoltre la facciata è sottoposta a vincolo paesaggistico
ai sensi della Parte Terza dello stesso Codice.
La fabbrica è occupata al piano terra da attività commerciali private nelle botteghe
del sottoportico, nei due piani nobili, dal Museo Correr, comunale, e dal Museo
Archeologico, statale, mentre nelle rimanenti parti è prevalentemente occupato da
uffici pubblici e depositi.
2. Cenni sulla storia della fabbrica
A. Scamozzi e il lascito culturale di Sansovino
La fabbrica delle Procuratie Nuove era stata un elemento chiave della ristrutturazione
rinascimentale di Piazza San Marco, concepita e avviata da Sansovino (1486-1570)
dapprima con la realizzazione, nel 1532, del voltatesta di cinque campate delle
Procuratie Vecchie (Lorenzetti 1974, 138) e poi, dal 1537, con la costruzione, a
partire dall’angolo più vicino al campanile, della Libreria Marciana (Lotz 1977,58).
Tale ristrutturazione aveva comportato:
1. l’isolamento del campanile e la connessa scelta di un nuovo allineamento,
arretrato rispetto a quello preesistente, per la Libreria e per le adiacenti Procuratie
Nuove;
2. un sistema a due ordini della nuova facciata della Libreria, impostata su un
porticato, a continuazione ideale di quello a tre ordini delle Procuratie Vecchie, sul
fronte opposto.
L’arretramento delle facciate aveva conferito una maggiore regolarità al disegno della
piazza1 e soprattutto l’aveva avvicinata alle dimensioni ideali suggerite da Vitruvio e
da Alberti per il foro romano, che costituisce il vero modello ispiratore di questa
ristrutturazione 2. Infatti, anche se già una cronaca del tardo Duecento ci informa che
a quel tempo (Piazza San Marco) era cinta da logge (Lotz 1977, 57), il riferimento
1
In questa ristrutturazione (…) la basilica di San Marco viene posta al centro del lato orientale (…) le
due facciate della Libreria formano un angolo retto (…) l’angolo sud-ovest della piazza,
originariamente acuto, appare ora come ortogonale, sebbene in realtà misuri un po’ più di novanta
gradi (Lodz 977, 58).
Il Campanile (…) quasi un immenso gnomon vitruviano a determinare, sempre come insegna il De
Architectura, gli allineamenti delle fabbriche e dei percorsi viari ruotanti attorno al “foro”. (…) non è un
mistero che la larghezza dei fianchi, dei lati brevi (…) sia determinata dalla larghezza del Campanile
(circa 35 piedi)(…) (e che) un analogo intervallo corra anche tra il lato meridionale del Campanile e
la fronte della fabbrica marciana. Sviluppando ulteriormente questa considerazione c’è chi vede nel
campanile il modulo della lunghezza del fronte delle Procuratie Nuove e della Libreria Marciana
(Morolli 1994, 17).
Progetto definitivo
3
Venezia - Procuratie Nuove o Palazzo Reale
Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
culturale di Sansovino non fu tanto la preesistenza tardo quattrocentesca delle
Procuratie Vecchie di Codussi 3, che a sua volta riprendeva i motivi della precedente
costruzione in stile veneto-bizantino (Lorenzetti 1974, 138), ma piuttosto il modello
classico del foro romano, come desumibile dalla descrizione contenuta ne I dieci
libri de L’Architettura di Vitruvio, che a quel tempo era già stata divulgata dagli scritti
di Alberti e di Filarete.
Nel Rinascimento il legame ideale tra piazza e foro è molto stretto 4. Infatti, da un lato,
il modello di foro divulgato da Leon Battista Alberti, e da questi desunto dal testo
vitruviano, è quello di una piazza circondata da logge a due piani (Lodz 1974, 54);
d’altro lato, quando, nel 1485, nella sua prima edizione dei Dieci Libri
dell’Architettura, lo stesso Alberti descrive il progetto di una piazza, prendendo a
prestito quasi parola per parola il testo di Vitruvio, (…) descrive l’agorà della città
greca circondata da logge a due piani (Lodz 1977, 53).
Si può quindi ragionevolmente ipotizzare che anche lo schema compositivo scelto da
Sansovino per la facciata della Libreria alludesse a questo modello del foro con due
piani loggiati, anche se il secondo ordine della facciata della Libreria non è costituito
da una loggia aperta e continua ma piuttosto da una serie di logge (balconi),
separate tra loro e schermate da finestre, che tuttavia riesce ad evocare l’immagine
della loggia aperta e continua. Sviluppando ulteriormente questa ipotesi, potrebbe
essere questa adozione del modello del foro con doppio loggiato continuo a spiegare
perché Sansovino non avesse adottato per la Libreria lo schema a tre ordini delle
Procuratie Vecchie - che egli stesso aveva adottato, appena cinque anni prima, nel
realizzare le cinque campate del voltatesta di quest’ultima fabbrica sul lato corto di
Piazza san Marco - e avesse inoltre scelto per il secondo ordine della Libreria
Marciana un fregio ionico del tutto sproporzionato rispetto alle misure canoniche.
Tale fregio infatti - oltre a mascherare le piccole finestre ovali del piano ammezzato e
a costituire una bella citazione dell’analogo fregio a putti e ghirlande che orna la
Farnesina di Peruzzi a Roma (Lodz 1977, 86) - gli permetteva, insieme alla balaustra
dell’attico, di raggiungere la stessa
2
Il foro era il centro civico delle città romane e attorno ad esso gravitano le attività politiche,
amministrative, mercantili e. almeno in parte, anche religiose. Vitruvio teorizzava che per il tipo
monumentale del foro è preferibile una forma rettangolare con un rapporto 2:3 tra i lati. Inoltre la
presenza di un portico colonnato è costantemente attestata per composizioni architettoniche
complesse quali le agorà, anche se non è affatto dimostrata una derivazione del foro dall’agorà
(cfr.EUA e Luigi Crema (1959), L’architettura romana, Torino, pp 35-36; 154-166; 358-367). Tipico del
f. è inoltre l’esser definito, almeno parzialmente, da portici colonnati sia autonomi che corrispondenti a
un edificio monumentale (…) Una precisa preferenza verso le prospettive assiali (…) si mostra
frequentemente negli impianti più evoluti costruiti su pianta rettangolare, con un edificio templare (…)
eretto su alto podio lungo uno dei lati minori (D.A.U. vol II, 368-369, sub voce “foro” redatta da
Giovanni Scichilone).
3
L’erezione di questa fabbrica sembra dovuta all’architetto bergamasco Mauro Codussi che la condusse sino al
primo piano entro l’anno 1500. Dopo un grande incendio (1512), i lavori furono continuati sotto la direzione del
proto Bartolomeo Bon e di Guglielmo Grigi, completando il progetto codussiano (Lorenzetti 1974,138)
4
Lotz suggerisce a questo proposito che Sansovino può essere stato influenzato anche dalla frequentazione a
Firenze di Baccio d’Agnolo nel periodo in cui questi progettava e costruiva con Sangallo la Loggia
dell’Annunciata, che è copia intenzionale cinquecentesca della Loggia degli Innocenti e costruita espressamente
allo scopo di creare una piazza circondata di portici che, pur essendo senza mercato, mantiene la forma del foro
romano con loggiati (Lotz 1977, 57).
Progetto definitivo
4
Venezia - Procuratie Nuove o Palazzo Reale
Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
quota sommitale delle Procuratie Vecchie 5, per dare il segno che il suo sistema
loggiato a due ordini avrebbe dovuto estendersi a tutte le facciate sulla Piazza e sulla
Piazzetta6, tra l’altro inglobando anche le strade di accesso alla piazza 7.
Le Procuratie Nuove, sorte sul sedime dell’antico Ospizio Orseolo e destinate ai nove
appartamenti signorili e comodi dei nove Procuratori di San Marco (Selva 1815-20,
28r), vennero progettate da Vincenzo Scamozzi (1552-1616). Scamozzi era
l’architetto che aveva portato a termine i lavori della Libreria Marciana interrotti dalla
morte di Sansovino nel 1570. Nel 1582 i suoi disegni di cinque nuove campate, che
si aggiungevano alle sedici già eseguite, avevano vinto il concorso per la
prosecuzione della Libreria. Nel 1584 gli venne affidato anche l’incarico della
progettazione delle Procuratie Nuove e nel 1586 ne iniziò la costruzione. Scamozzi,
residente a Venezia dal 1572, era un architetto con studi teorici alle spalle e di
formazione anche romana. Un suo contemporaneo, l’editore Francesco de
Franceschi, nel dedicargli il libro VII della prima edizione completa di Tutte le opere
di architettura di Sebastiano Serlio, di cui il padre di Scamozzi era stato amico, lo
aveva significativamente battezzato il Vitruvio della nostra età (Wolters 1989, 81).
Sul prospetto principale della nuova fabbrica delle Procuratie su Piazza San Marco,
Scamozzi replicò fedelmente la campata tipo delle Libreria di Sansovino nel primo
ordine dorico e nel secondo ordine ionico fino alla quota dei capitelli. A partire
dall’architrave della trabeazione del secondo ordine, riprendendo una sua antica idea
che prevedeva la sopraelevazione di un piano della stessa Libreria 8, abbandonò
invece questo modello, riducendo l’altezza del fregio ionico del secondo ordine, che
era, come si è già detto, di dimensioni non canoniche, eliminando la balaustra
d’attico e sostituendola con un terzo ordine corinzio.
Le dimensioni della fabbrica e il rispetto dei canoni classici ne fanno un bellissimo
esempio di quel rinascimento romano che Ruskin, che non amava questo stile,
aveva con felice sintesi descritto come caratterizzato da proporzioni tendenti al
colossale e dalla supremazia della travata ritmica, da lui descritta come
quell’elemento orizzontale – riconosciuto come architrave – sovrastante l’arco, che
finalizza l’energia delle colonne al sostegno di questa trave, facendo dell’arco un
elemento subordinato, se non del tutto superfluo (Ruskin 2000, 225).
5
Cfr. l’incisione di Vicenzo Maria Coronelli (1650-1718) raffigurante il fronte della chiesa di San
Geminiano su Piazza San Marco (Franzoi 1994, 124) e il dipinto del Canaletto Venezia: Piazza S.
Marco con S. Geminiano (Franzoi 1994, 134; anche in Pignatti 1996, fig. 25).
6
Francesco Sansovino scrive, quando il padre Jacopo è ancora vivo, che era nelle intenzioni di questi,
e quindi ben prima di Scamozzi, che il voltatesta porticato della Libreria su piazza San Marco
proseguisse fino alla Torre dell’Orologio, a parte l’interruzione costituita dalla chiesa di San
Geminiano, di cui lo stesso Sansovino aveva progettato la facciata. Ma questa ipotesi, secondo Lotz, non è
sufficientemente accreditata (Lotz 1977, 58).
7
(…) l’Alberti si era già premurato di raccomandare che le vie di accesso alla piazza fossero coperte a volta
(Lotz 1977, 65, nota 9).
8
Al tempo del completamento della Libreria Marciana Scamozzi ne aveva proposto la sopraelevazione di un
piano, garantendo che il fregio sommitale di Sansovino vi sarebbbe stato ricollocato. L’idea era stata scartata dai
procuratori, per ragioni statiche (Favaro sd, 1).
Progetto definitivo
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Venezia - Procuratie Nuove o Palazzo Reale
Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
B. La parti della fabbrica realizzate secondo il progetto originario di Scamozzi
La costruzione delle prime dieci campate delle Procuratie Nuove fu eseguita sotto la
direzione di Scamozzi. La sua direzione dei lavori cessò quando la undicesima
campata della facciata principale non era stata ancora rivestita di pietra d’Istria e la
facciata posteriore era appena arrivata alla seconda campata.
Da questi brani autentici ancora visibili si può ricostruire l’immagine delle Procuratie
secondo il progetto originario di Scamozzi, che venne pesantemente emendato dai
continuatori della fabbrica ad eccezione della facciata principale che venne invece
sostanzialmente proseguita nelle forme concepite da Scamozzi. L’edificio avrebbe
dovuto presentare su piazza San Marco un fronte a tre ordini e 33 campate, che nel
proseguo del cantiere divennero 36, per un totale di 384 piedi 9. Il fronte si presentava
unico ma era in realtà articolato in tre edifici distinti che Scamozzi chiama “palazzi
senatorii”, per richiamare l’atmosfera dell’antichità classica cui è improntato tutto il
suo programma architettonico. Ogni “presa” (sinonimo di edificio o casa o lotto)
doveva estendersi per undici campate ed essere costituita da due appartamenti (uno
al primo ed uno al secondo piano) affacciati su due cortili separati dal setto murario
contenente le scale a rampe incrociate 10 e due logge simmetriche a tre piani (sei
“Case” cui avrebbero potuto seguirne altre due nella “risvolta” allineata con la fronte
di San Geminiano) (Morolli 1994, 57).
Nel progetto di Scamozzi la facciata posteriore sulla laguna e quelle interne dei cortili
erano molto differenti dalla facciata principale su Piazza San Marco perché potevano
mostrare, senza compromessi con le preesistenze sansoviniane, la netta preferenza
dell’autore per la travata ritmica. Quello che sopravvive di questi prospetti mostra
infatti una impaginazione basata su un sistema di lesene sovrapposte e di cornici
orizzontali, di cui fanno parte anche le finestre degli ammezzati - qui presenti in tutti e
tre i piani, mentre invece sul fronte principale, quando esistono, sono piuttosto
mimetizzati 11 - e in cui sono scomparse, ad eccezione dei pochi portali di accesso,
tutte le linee curve, quelle degli archivolti dei portici del primo ordine, dorico e della
pseudo loggia, del secondo ordine ionico e quelle dei timpani curvilinei e dell’oculo
del terzo ordine, corinzio.
Il progetto di Scamozzi ebbe diversi ammiratori, tra cui Temanza e Quatremère de
Quincy, ma anche diversi, importanti detrattori. Le critiche si appuntarono soprattutto
sull’accostamento, troppo brusco, tra la facciata a due ordini della Marciana e quella
a tre ordini delle Procuratie e sull’altezza, ritenuta eccessiva, delle Procuratie rispetto
alla larghezza della piazza. Così, ad esempio, in rapporto alla prima di tali critiche,
osservava Giannantonio Selva che (…) non potendo convenire allo Scamozzi
l’altezza della trabeazione ionica del Sansovino, n’è provenuta la disgustosa
irregolare unione, che si vede di faccia al campanile, delle porzioni superiori di esse
due fabbriche; irregolarità che, quantunque non potesse nascere che dalla
determinata volontà del suo autore, pure ha egli stesso (diciamolo pure) l’impudenza
9
Sulle misure delle Procuratie cfr. Morolli 1994, p. 57, nota 74.
Questo tipo di scala a rampe incrociate, nota anche come leonardesca, era stata oggetto di studio da parte di
Scamozzi e presentato nel suo trattato, come nel trattato di Palladio.
11
L’ammezzato del secondo piano è denunciato dall’oculo soprastante il timpano dell’edicola, l’ammezzato del
piano terra dalla finestrella al centro dell’arcata appartenente all’ordine minore dorico della facciata di fondo nel
sottoportico.
10
Progetto definitivo
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Venezia - Procuratie Nuove o Palazzo Reale
Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
di condannare, scrivendo (…) che ciò fu fatto senza il di lui consenso. Esistono però
disegni di Scamozzi che mostrano l’inserimento tra Libreria e Procuratie Nuove di
una campata atipica di mediazione tra le diverse altezze dei due corpi di fabbrica.
Diverse versioni di questa campata vennero però scartate dalla committenza. La
decisione a favore di una parete continua tra Libreria e Procuratie fu presa dopo
parecchie discussioni (uno dei progetti era già stato approvato dal Senato)
probabilmente in ricordo del vecchio progetto attribuito a Sansovino, secondo il quale
tutta la piazza andava circondata di edifici uniformi (Huse, Wolters 1989, 66).
Per quanto riguarda la seconda critica, quella secondo cui la presenza in facciata di
un terzo ordine corinzio altererebbe le proporzioni dell’intera Piazza San Marco,
tradendo in tal modo il programma di Sansovino per la sua ristrutturazione, così
prosegue Selva: Allorchè Sansovino ideò il disegno del prospetto della Libreria,
sapendo che questa fabbrica dovea continuare per tutta la linea della Piazza, ebbe
in vista di pareggiarla in altezza a quella delle Procuratie vecchie che gli sono
dirimpetto, il che avrebbe prodotto una conveniente e gradevole regolarità, ed una
più proporzionata altezza colla media larghezza della Piazza; poiché le vecchie
Procuratie sono alte il quarto, e le nuove il terzo di essa larghezza (Selva 1815-20,
28r). Quindi, mentre le Procuratie Vecchie e, di conseguenza, anche la Libreria sono
alte un quarto della larghezza della fabbrica, con l’aggiunta del terzo ordine corinzio
le Procuratie Nuove raggiungono una altezza pari a circa un terzo di questa
larghezza. Se si concorda su questa valutazione di Selva - non deve essere
dimenticato infatti che egli fa necessariamente riferimento ad una misura media, in
quanto la larghezza della piazza non è costante ma variabile, dato che il lato
costituito dalla Libreria e dalle Procuratie Nuove non è parallelo al lato delle
Procuratie Vecchie ma si divarica da questa direzione mano a mano che ci si
avvicina alla Basilica – ne emergerebbe che, più delle proporzioni con tanta cura
ricercate da Sansovino, sarebbero proprio le criticate, nuove proporzioni volute da
Scamozzi a ricondurre il disegno della piazza alle proporzioni ideali fissate da
Vitruvio. Infatti, Daniele Barbaro12 nel suo commento a Vitruvio, inserito nella sua
12
Si riportano qui di seguito i passi pertinenti del commento di Barbaro, per una eventuale, futura
verifica delle proporzioni della facciata. Così, nel Libro V, Cap I, Del Foro, p. 207-209: “ (…) i Romani
e gli Italiani (…) il Foro (…) lo facevano più lungo, che largo, in modo che partita la lunghezza in tre
parti, due ne davano alla larghezza, dove cadeva proporzione sesquialtera (= la metà di più). Erano
gli spacij tra le colonne più larghi , e d’intorno i portichi, erano disposti i luoghi de banchieri, e di quelli
che cambiano l’argento, se non volemo dire le botteghe degli orefici, e di sopra isportavano i
poggiuoli, acciocche da quelli comodamente si potessero vedere gli spettacoli. (…) i poggioli, o
pergolate coperte, che portano in fuori si chiamavano, meniana (…) Queste meniane erano commode
all’uso, perche ivi si stava a vedere i giochi, e ivi si serbavano le cose, che si vendevano, e si
compravano, come sono i punti in Anversa, le volte in realto in Vinetia.(Barbaro 1567, 208)
E ancora, più avanti: Piace a Leon Battista, che la lunghezza sia di due quadri, e vi aggiugne anche
una bella considerazione, che è questa, cioè che gli edificij, che saranno a torno la piazza, siano in
modo proportionate, che non facciano parere la piazza stretta, essendo molto alti, o non la facciano
parere troppo ampia, essendo molto bassi, e depressi. Però egli vuole , che gli edifici siano alti la
terza parte delle larghezza del Foro. (…). Bello avvertimento è quello di Vitruvio nel presente luogo
vuole vuole egli che se vorremo sopra le colonne del portico porre altre colonne, e levare la fabbrica
con più ordini di tasselli, o solari, che si avvertisca di fare le colonne di sopra più sottili la quarta parte
delle colonne di sotto (…). Ben dovemo avvertire, che ‘l primo ordine era Dorico, il secondo Ionico, e il
terzo Corinthio, e che non seguita, che se le colonne di sotto sono la quarta parte più grosse delle
colonne di sopra, che anche siano in altezza maggiori la quarta parte, perche se la colonna Dorica , è
di piedi quattro di diametro essendo Dorica, sarà alta piedi ventiotto. la di sopra, che sarà ionica, se
Progetto definitivo
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Venezia - Procuratie Nuove o Palazzo Reale
Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
traduzione a stampa del 1567 e che Scamozzi doveva ben conoscere, riporta così
l’opinione di Leon Battista Alberti a proposito delle proporzioni del foro: Piace a Leon
Battista, che la lunghezza sia di due quadri, e vi aggiugne anche una bella
considerazione, che è questa, cioè che gli edificij, che saranno a torno la piazza,
siano in modo proportionati, che non facciano parere la piazza stretta, essendo molto
alti, o non la facciano parere troppo ampia, essendo molto bassi, e depressi. Però
egli vuole, che gli edifici siano alti la terza parte delle larghezza del Foro
(Barbaro 1567, 208).
C. Le alterazioni della fabbrica rispetto al progetto originario
Nel 1597, quando era quasi finita la costruzione della prima “presa” contenente le
prime due abitazioni dei procuratori, il nome di Scamozzi scompare dai documenti di
fabbrica. Estromesso il progettista, la direzione dei lavori venne proseguita dal proto
Francesco Di Bernardin Smeraldi.
Le conseguenze di questa drastica decisione della scelta di un nuovo proto, di certo
meno equipaggiato dal punto di vista culturale, furono che prevalse la volontà
funzionalistica e pauperistica della committenza, che precocemente rinnegò la
severa magniloquenza classicistica dell’originale progetto scamozziano (Morolli
1994, 104). La facciata posteriore sulla laguna e quelle dei cortili vennero così
drasticamente semplificate, eliminando ogni membratura architettonica lapidea ad
eccezione di modeste cornici intorno alle aperture (Morolli 1994, 94). Venne così
eliminato l’ordine architettonico a lesene architravate e la mostra a cimasa piana
delle finestre, vennero eliminati i corpi scala a rampe incrociate. Tuttavia, la facciata
principale su piazza San Marco venne invece semplificata soltanto in misura lieve. In
particolare, la semplificazione operata consistette nella eliminazione dei festoni tra le
colonne delle tre campate centrali di ogni “presa” di undici campate e della coppia di
statue allegoriche sui timpani, alternativamente triangolari e curvilinei, delle finestre
dell’ultimo ordine, corinzio.
I critici d’arte segnalano però che in questa fase si manifestò anche una decadenza
del lavoro degli scalpellini, dalla quale peraltro, secondo Temanza, non sarebbero
state esenti neanche le sculture e gli intagli delle ultime campate eseguite sotto la
direzione dello Scamozzi (Morolli 1994, 113).
In seguito, Marco della Carità, fino al 1640, e Baldassarre Longhena (1598-1682), tra
il 1645 e il1655, completarono le sequenza delle trentasei arcate della facciata e le
successive sette arcate del voltatesta, fino alla Chiesa di San Gimignano. Venne
replicato la schema della facciata di Scamozzi salvo che nelle ultime otto campate in
cui invece scompare il terzo ordine corinzio e diventa immediato il riferimento alla
Libreria di Sansovino, a due ordini, dorico e ionico, e balaustra di coronamento.
bene sarà un quarto meno grossa della Dorica, cioè tre piedi, non sarà però un quarto minore,
d’altezza della colonna di sotto, perche sarà di otto Diametri e mezzo, che sono piedi ventiquattro, e
mezzo. e se bene anche fussero tutti gli ordini d’uno istesso genere; bisogneria, che la colonna di
sotto non fusse più grossa dal piedi, di quello, che è la colonna di sotto nella cima, dove si fa la
contrattura, acciocche la colonna di sopra si posasse sul vivo. Ben viene anche l’altezza della colonna
minore, ma non la quarta parte (Barbaro 1567, 208-9).
Progetto definitivo
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Venezia - Procuratie Nuove o Palazzo Reale
Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
Dopo la caduta della Repubblica di Venezia, a partire dal 1807, durante la
dominazione francese, tutto il lato corto della Piazza San Marco fu rimaneggiato per
fare posto ad una nuova ala delle Procuratie Nuove, trasformatesi in Palazzo Reale
in quanto divenute sede della corte del vicerè Eugenio Beauharnais. Il Palazzo Reale
mancava infatti di un ingresso monumentale e di un salone per le udienze e le feste.
La fase progettuale fu alquanto laboriosa, si protrasse anche dopo la caduta di
Napoleone, durante la dominazione asburgica, e vide il succedersi degli apporti di
diversi architetti di rango, Antonio Diedo, Giannantonio Selva, Giannantonio Antolini,
Giuseppe Maria Soli, Lorenzo Santi.
Sotto la direzione di Soli vennero demolite la chiesa di San Geminiano e le cinque
campate cinquecentesche e sansoviniane del voltatesta delle Procuratie Vecchie,
mentre le sette campate della addizione secentesca di Longhena, contrariamente e
quanto è stato a lungo erroneamente ritenuto, non furono anch’esse demolite ma
sostanzialmente conservate e inserite nella nuova ala, detta Napoleonica.
In seguito, su raccomandazione dell’Accademia delle Belle Arti e riprendendo alcuni
elementi dei progetti di Antolini, il prospetto di Soli su Piazza San Marco venne
significativamente modificato nella zona sommitale con l’arretramento dell’attico,
l’inserimento di una terrazza chiusa da una balaustra - allineata con il poggiolo del
terzo ordine scamozziano delle Procuratie Nuove e coronata da statue, secondo il
modello sansoviniano della Libreria - l’abbassamento del tetto e il suo rivestimento
con lastre in piombo. Si trattava di una soluzione non ardita di certo, ma alla quale è
impossibile negare una qualche non spregevole volontà mimetica e di ambientazione
nella fronte sulla piazza e qualità non trascurabili in quella sull’Ascensione (Bassi et
Al 1978, 169-170).
Nella facciata principale su Piazza San Marco, le nuove arcate neoclassiche sono
ben distinguibili da quelle seicentesche di Longhena perché presentano una
decorazione semplificata dei sottarchi, a ghirlande fiorite nel tratto precedentemente
occupato dalla Chiesa di San Geminiano e con motivi tipicamente neoclassici nel
tratto corrispondente al voltatesta demolito (Augusti 1994, 193, nota 23).
Manutenzione e restauri Tra la fine del settecento e gli anni Venti del Novecento, il
Palazzo delle Procuratie Nuove è stato, insieme alla adiacente Libreria Marciana,
oggetto di una serie di interventi di manutenzione nella sua facciata principale. Data
l’importanza dei manufatti, tali interventi - accurati, relativamente ben documentati da
punto di vista archivistico 13 e quindi in teoria riconoscibili - consentono di aprire una
finestra sulla cultura veneziana della manutenzione dei monumenti del periodo.
Come vedremo nei paragrafi dedicati alla descrizione del progetto, proprio
l’individuazione e il rispetto delle tracce superstiti di questi trattamenti, costituisce uno
dei più importanti criteri guida del presente intervento di manutenzione.
13
Particolarmente importanti a questo proposito sono i documenti 1807-1922 provenienti dall’Archivio di Palazzo
Reale in custodia della Soprintendenza di Venezia per i Beni Architettonici e per il Paesaggio e i Beni Artistici,
Storici e Demoetnoantropologici (Basso et Al. 2001, 35 e nota 2).
Progetto definitivo
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Venezia - Procuratie Nuove o Palazzo Reale
Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
Ammodernamenti Se da una parte è raro che un edificio venga portato a termine
così come viene disegnato in origine, come è appunto il caso delle Procuratie
Nuove di Scamozzi, dall’altra, l’architettura si distingue dalle arti sorelle,
scultura e pittura, per il fatto che nel tempo le sue opere subiscono radicali
cambiamenti pur mantenendo la loro identità artistica. Il passare del tempo
lascia sempre delle tracce in un edificio, non tanto a causa dell’effettivo
deperimento, quanto nelle trasformazioni dovute ad un uso continuo, che
possono consigliare di modificarlo o ricostruirlo per servire nuovi scopi o per
soddisfare il mutamento dei gusti (Lodz 1977, 49).
Nel caso del Palazzo Reale, accanto alle grandi trasformazioni, cui abbiamo già
accennato e che hanno solo molto limitatamente interessato la sua facciata
principale, occorre prendere in considerazione anche le trasformazioni
“striscianti”, poco o per nulla documentate, in genere dettate dalle esigenze di
ammodernamento tecnologico e di adattamento funzionale, come è stato il
caso de:
1. il frazionamento di spazi interni per utilizzi non “di rappresentanza”, il che ha
comportato l’introduzione di nuovi corpi scala incongrui con l’impianto distributivo
originario, o la trasformazione in spazi commerciali di molti degli ingressi dal
sottoportico ai cortili. Nella facciata nord, ad esempio, solo due ingressi su sei
hanno mantenuto la loro funzione originaria;
2. l’inserimento dei termosifoni, che ha portato alla disattivazione, con eventuale
occultamento o eliminazione, dei camini e delle relative canne fumarie, come
mostra un semplice confronto dell’attuale skyline del palazzo con le molte vedute
del Canaletto, in cui si nota anche come i comignoli superstiti hanno subito una
significativa banalizzazione della loro sagoma (cfr Pignatti, 1996, figg. 93, 98,
100, 126, 134);
3. l’inserimento degli ascensori;
4.la trasformazione degli infissi della facciata rispetto alla loro forma originaria,
testimoniata anche qui da dipinti del Canaletto e conservatasi invece nella
facciata della Libreria Marciana. Gli scuri sono passati dall’interno all’esterno del
foro finestra e si sono trasformati in più moderne “persiane”, in qualche caso
interferendo con l’apparato decorativo (ad esempio con il bassorilievo
all’intradosso dell’architrave dell’apertura dell’ordine minore corinzio).
Gli elementi vetrati delle finestre hanno certamente cambiato dimensione, forma e
forse anche colore, essendo dapprima lastre di piccole dimensioni, quadrate o
esagonali o a rombo – forse in sostituzione del “vetro tondo” o “a rullo” ancora
presente, come tipo ma non certamente come materia originale, nelle finestre
della Marciana – per essere per ultimo sostituiti dalle moderne lastre
rettangolari incolori, di più grandi dimensioni;
5.la modifica del tipo di luce e di corpi illuminanti, come di nuovo evidenziato dal
confronto con una ben nota veduta del Canaletto dell’interno del sottoportico (cfr.
Pignatti 1996, fig.130);
Progetto definitivo
10
Venezia - Procuratie Nuove o Palazzo Reale
Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
6.Il cambiamento del, poco documentato, sistema originario di approvvigionamento
e smaltimento delle acque: sono dismesse o scompaiono le cisterne nei cortili,
viene abbandonato il primitivo impianto fognario, costituito da una rete di “gattoli”
senza distinzione tra acque bianche, grigie e nere, vengono inserite moderne
fosse settiche per la depurazione delle acque nere. La decadenza degli elementi
di questo sistema, ormai praticamente in abbandono, non può non avere
conseguenze, sul regime idrico del sottosuolo e quindi anche sulla stabilità del
sedime della fabbrica;
7. Il cambiamento, ben documentato questo sì da immagini, relazioni e scavi
archeologici, dei materiali della pavimentazione esterna e quindi del contesto
cromatico al piede della facciata. L’aspetto della piazza è infatti profondamente
mutato dal tempo in cui la facciata delle Procuratie venne ideata da Scamozzi.
La pavimentazione del 1392, bicroma, a partiti quadrati di mattoni a spina di
pesce circoscritti da “catene” in pietra bianca, probabilmente pietra d’Istria – che
aveva sostituito la prima pavimentazione in cotto del 1267 – era stata a sua volta
sostituita a partire dal 1723 da una decorazione geometrica in pietra d’Istria su
sfondo di masegni di trachite euganea, su disegno di Andrea Tirali, a sua volta
confermato nell’ultima ripavimentazione, che risale agli anni 1888-1890
( Lorenzetti 1974, 137; Benedetti 1999, 14).
3. Caratteri stilistici Nei primi due ordini della facciata principale delle Procuratie
Nuove, su Piazza San Marco, Scamozzi riprende e prosegue à l’idéntique il fronte
della Libreria di Sansovino. Anche la vista dall’interno del portico mostra fin nel
dettaglio del disegno delle pavimentazioni e degli stucchi della volta a botte questa
chiara intenzione di riprodurre fedelmente i motivi architettonici sansoviniani.
L’impianto architettonico, impostato su un crepidine (che allo stato attuale si mostra
su tre gradini), è costituito da una combinazione di ordine maggiore trabeato e di
ordine minore, costituito da arcate, nel primo ordine, dorico, da una combinazione di
arco e colonne binate trabeate nel secondo ordine, ionico – dove si riconosce il
motivo della serliana “contratta”, tipica del lessico di Sansovino e fonte di continua
ispirazione per Scamozzi (Davis 2004, 41-42) - e da finestre con timpani
alternativamente curvilinei e triangolari, nel terzo ordine, corinzio.
Come abbiamo già visto, le preferenze di Scamozzi andavano alla soluzione del
colonnato trabeato senza arcate che, fino al suo allontanamento dal cantiere, potè
adottare nella facciata principale soltanto nel terzo ordine corinzio e che avrebbe
invece dovuto dominare nelle altre facciate della fabbrica.
Il motivo, anch’esso ampiamente presente in tutti e tre gli ordini della facciata
principale, della colonna addossata al pilastro, che Scamozzi ha ereditato dalla
Libreria di Sansovino, proviene probabilmente da Antonio da Sangallo, dal suo lavoro
nel cortile di Palazzo Farnese, la cui fonte di ispirazione erano state le fabbriche
romane antiche, come il teatro di Marcello (Lodz 1977, 83). Nelle colonne binate del
loggiato delle Procuratie c’è, oltre che la citazione diretta delle lezioni stilistiche di
Jacopo Sansovino, anche il ricordo di quelle di Giuliano da Sangallo e del Bramante
di Palazzo Caprini Vidoni e della Casa Santa di Loreto (Lodz 1977, 80-81).
Progetto definitivo
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Venezia - Procuratie Nuove o Palazzo Reale
Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
Per quanto riguarda invece le parti costruite sotto la direzione di Longhena, secondo
la critica d’arte, la loro decorazione sarebbero caratterizzate da una maggiore
vivacità plastica rispetto alla interpretazione più “piatta” che di tali ornati era stata
data da parte dei Proti che nei primi decenni del Seicento erano succeduti allo
Scamozzi nella direzione della fabbrica (Morolli 1994, 58). Nel 1797, in epoca
napoleonica, nelle metope del fregio dorico del primo ordine, il ricorrente medaglione
con il leone marciano in armi venne scalpellato, in quanto simbolo della Repubblica
di Venezia, e sostituito da un più inoffensivo clipeo. E’ interessante notare che il
simbolo venne però ripristinato nel 1883, in pieno regno sabaudo (Basso et Al 2001,
38), forse per dare il segno della continuità politica e artistico della nuova monarchia
con il passato più glorioso.
4. Caratteri costruttivi La facciata della fabbrica è costituita da un muro in “pietra
cotta” (mattoni) interamente rivestito da un paramento in “pietra viva” (pietra
d’Istria) articolato in elementi portanti (archi, pilastri, lesene, semicolonne di
ordine maggiore, colonne e semicolone di ordine minore), ed elementi portati
(architravi, fregi e cornici delle trabeazioni, lastre di rivestimento delle
specchiature). Sul muro si impostano la volta a botte del sottoportico, in mattoni e
rivestita di stucchi, la travatura dei solai del primo e del secondo piano nobile, cui
sono ancorate le centine in arelle e stucco dei controsoffitti voltati, e la travatura
del piano ammezzato al secondo piano nobile, laddove presente, e quella
copertura.
Le grossezze da dare alli muri e la loro disposizione
in un disegno del trattato di Valadier. Le dimensioni
della fabbrica sono confrontabili con quelle delle
Procuratie Nuove
Valadier, nell’Articolo LIX della sua Architettura Pratica, intitolato Delle grossezze e
proporzioni da dare alli muri nelle diverse circostanze, riporta proprio gli spessori
suggeriti da Scamozzi per i muri d’ambito di un edifico di tre piani 14. Su questo tema
aggiunge poi che Il Palladio vorrebbe saviamente che le riseghe fossero tutte
nell’esterna parte (…) adducendo per ragione che in tal modo saranno meglio
contrapposte le resistenze alle volte interne ed alli solari, giacchè il peso e l’attrito
14
(…) Scamozzi poi vorrebbe che in un edificio di tre piani alto ottanta piedi si dasse di grossezza alli muri
esterni, cioè da terra sino al termine del primo piano di tre mattoni, da queste sino a tutto il secondo piano la
grossezza di due mattoni e mezzo, da sopra a questo cioè tutto il terzo piano la grossezza di due mattoni. (…)
sembra che debba interpretarsi che abbia voluto intendere di prendere la lunghezza del mattone (258)
Progetto definitivo
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Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
sarà meglio contrastato (Valadier 1992, 257-268). E, in base ai rilievi disponibili,
questa sembra essere stata la soluzione scelta da Scamozzi per le riseghe del muro
di questa facciata.
Sembra acquisito che durante il Rinascimento il rivestimento in pietra di una fabbrica
veniva eseguito dopo l’assestamento dei muri in mattoni, riprendendo quindi in pieno
la tradizione classica non soltanto dal punto di vista delle forme ma anche da quello
dei procedimento costruttivi 15. Il collegamento tra gli elementi del rivestimento era
realizzato con la malta, con i letti di piombo, con gli incastri 16 o con i legamenti
metallici, vale a dire i chiodi (o doroni) e gli arpesi in rame degli antichi di cui parla
Palladio nel Libro Primo del suo trattato, I Quattro Libri dell’Architettura, del 1570.
Anche il collegamento tra rivestimento in pietra e retrostante muro in mattoni era
principalmente affidato alla malta, agli incastri e ai legamenti metallici, in particolare
gli incastri a coda di rondine e a coda di gazza raffigurati da Serlio nella famosa
tavola XX, foglio 189, nel quarto de I sette libri dell’architettura17.
15
Durante il Rinascimento i costruttori seguono il sistema romano, eseguono cioè in un primo tempo
la parte portante dell’edificio e procedono quindi alla posa in opera degli elementi decorativi che
innestano a quella, servendosi delle smorze appositamente lasciate durante la prima fase dei lavori.
(…). Il rivestimento è eseguito dopo un primo assestamento della massa muraria e in due tempi
diversi: giacchè le cornici delle porte e finestre e i particolari decorativi in genere vengono posti in
opera a rivestimento ultimato (Enciclopedia Italiana 1934, 62).
16
Il concatenamento della struttura in pietra da taglio non è solo affidato all’attrito o al sottilissimo
strato di malta interposta tra i suoi componenti, ma si ottiene, soprattutto per i blocchi di grandi
dimensioni fissati a secco, tramite incastri a tenone e mortasa ricavati dalle facce di contatto. Le
sagome degli innesti sono molteplici. Le principali consistono in risalti verticali a dente rettilineo, a
sezione semicircolare, quadrata o triangolare, corrispondente a incavi analoghi ricavati sui lati degli
elementi contigui in modo da rimanere nascosti nel giunto (Menicali 1992, 40).
17
Havend’io trattato di tanti, e diversi ornamenti di pietra; è cosa conveniente, ch’io tratti ancora,
come si debbian mettere in opera, e massimamente havendosi da accompagnare pietre vive con
pietre cotte; le quai code vogliono gran diligenza e arte: percioche le pietre cotte sono la carne della
fabbrica e le pietre vive sono le ossa che la trattengono. Lequal due cose, s’elle non saranno ben
collegate insieme, in processo di tempo mancheranno: e però fatto il fondamento con quei debiti modi,
che al sito si ricerca; bisogna che l’aveduto architetto habbia fatto preparare, e lavorare tutte le pietre
vive, e anco le cotte, con l’altra materia, per il bisogno dela fabrica: e cosi ad un tempo venir murando
e collegando le pietre vive con le cotte insieme. Le pietre vive fa dibisogno ch’entrino nel muro, che
quantunque non ci fusse calcina che le tenesse insieme, si possa far giudicio, che da se stiano salde
nel muro; il che facendo, le opere andranno a qualche perpetuità . L’esempo di questo si vede qui a
canto nella figura A, dove si dimostra come si posson fare poggiuoli fuori delle finestre , senza menda
alcuna, facendosi il primo ordine d’opera rustica: e de anco di opera dilicata si farà, si potrà tenere tal
modo, pur che’l primo muro sia di tal grossezza, ch’ei faccia il piano a’ detti poggiuoli. Et se i
basamenti, o piedistalli con le colonne sopra si haveranno da fare dove intervenghin’ pietre vive, e
cotte come disopra dissi. Se le pietre vive non saran ben legate, e incastrate con le cotte, come si
vede nella figura segnata B, le opere non dureran molto nel tempo. Et se le colonne saran di piu pezzi
alcuni d’essi, cioè de’ minori, sarà ben che entrino piu nel muro, per sostenere piu sicuramente gli
altri. Ma se le colonne sarà d’un pezzo solo vogliono esser per lo meno la terza parte del muro. Ma le
base, e i capitelli sian fatti di maniera, che entrino assai piu nel muro; che la parte non lavorata sia di
maggiore peso che la lavorata, accioche da se queste cose possin stare in opera senza altro
sostegno. Ma se per carestia di pietre, o per la grande spesa de’ marmi, e d’altre pietre fine, si vorrà
vestire alcuna facciata, o muro; sarà necessario, che’l prudente Architetto, prima che incominci a
murare sopre terra, habbia fatto preparar tutte le pietre vive e lavorate, insieme con altre materie per
tal bisogno, e cosi venir murando, e collegando le pietre vive con le cotte. Dico che alcuni pezzi sarà
necessario che entrino tanto nel muro, che sostenghino altri pezzi sottili per virtù di alcuni incastri a
coda di Rondine, o di Gazza, accioche per alcun tempo non possino uscire fuori de li altri: le quai cose
bisogna venir ponendo in opera, mentre che si fa il muro di pietra cotta , per rispetto de gl’incastri
sopradetti. Ma perche il muro di pietra cotta non venga calando, che calando egli si frangeriano le
pietre vive oppresse dal peso disopra; bisognerà che di pietre cotte ben squadrate, e di buonissima
Progetto definitivo
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Venezia - Procuratie Nuove o Palazzo Reale
Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
calcina ritratta sia fatto il muro, e fra le pietre sia poca calcina, e ben calcata l’una sopra l’altra, e
sopra il tutto queste tali opere non vogliono esser fatte con violentia, né col giunger peso sopra peso
cosi tosto: ma sian lasciati posare alquanto di corso in corso: perche se con la prestezza si vorrà fare,
ponendovi peso sopra, certa cosa è, che’l muro calerà alquanto, e le pietre non potendo reggere il
peso, si frangeranno. Ma se di tempo in tempo, tali opere si verrando fabricando, le cose resteran ne’
suoi termini: nondimeno io loderò sempre piu le opere collegate tutte ne’muri, che le investigioni, o
incrostazioni che dir si le vogliamo, e massimamente nelle facciate di fuori, che a questo modo non si
devrian far per mio aviso: percioche quei pochi edificij, che furon fatti da gli antichi, coperti di marmi, e
d’altre pietre fine; si veggon hoggidì senza la scorza, dove è restato solo la massa delle pietre cotte, e
anco consumate dagli anni. Ma quelli edificij, ove le pietre vive son legate con le pietre cotte, si
veggono hoggidì ancora in essere: Nondimeno in diversi luoghi d’italia han fatte alcune fabbriche di
muro semplice, lasciandovi i luoghi delle pietre vive, e da lì ad un tempo, poi ci han posto li suoi
ornamenti: tuttavia per non esser tai cose ben legate ne’ muri: ma quasi attaccate con la colla; si vede
in molti luoghi esser caduti de’ pezzi, e ogni giorno minacciar ruina. (Serlio 1584, Dell’ordine
composito, commento alla tavola XX, foglio 189).
Progetto definitivo
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Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
Valadier, a sua volta, ne descrive e disegna uno in dettaglio, nella tavola CCXVII del
III libro della sua L’architettura pratica che illustra il succitato passo dedicato alla
grossezza deimuri. Si tratta di una sbranca con grappa da un lato da impiombare
(…) e l’altro da murare, avvertendo che il ferro della grappa (…) sia intaccato con
lima e fatto a coda di rondina perché nel buco sotto squadro che sarà fatto nella
pietra o marmo (…) non possa sortir fuori. La testa da murare sia rivoltata e
spaccata, acciò nella muratura resti stretta e sicura (…)(Valadier 1992, 258).
Tuttavia, è probabile che all’epoca di Scamozzi le preferenze andassero ancora ai
legamenti in rame o meglio in bronzo, che è una lega di rame, sia perché meno dal
tempo può essere consumato, essendo ch’egli non rugginisca (Palladio, ibidem, 9)
sia perché l’uso del ferro per organi metallici di ancoraggio era ancora limitato per
ragioni tecnologiche e quindi di costo 18. Si può quindi ipotizzare che il ferro non sia
stato utilizzato nei legamenti metallici del cantiere scamozziano ma piuttosto, sempre
di più, nei cantieri seicenteschi della fabbrica e nei successivi cantieri di restauro, in
questo caso anche in analogia con quanto è stato osservato nelle tre campate della
adiacente Libreria Marciana ricostruita dopo il crollo del campanile all’inizio del
Novecento, dove sarebbe stato riscontrato l’inserimento di chiavi metalliche, con
funzione di ancoraggio di lastre di rivestimento 19. In modo simile, intorno alla fine del
secolo scorso, molte lastre pericolanti sono state assicurate con imperniature alla
muratura in mattoni.
Nel cantiere rinascimentale, ma anche nell’antichità, a partire dal cantiere egiziano,
la finitura delle facceviste avveniva in opera. Come si deduce dallo stesso trattato di
Palladio, ad eccezione dei piani di posa, che dovevano essere perfettamente spianati
prima della messa in opera, le altre facce dei conci lapidei o delle lastre venivano
collocate al rustico e poi fregate e lisciate in opera. La buona regola d’arte
prescriveva dei giunti sottilissimi, appena visibili.
La pietra d’Istria usata nella fabbrica, in particolare per rivestire interamente la
facciata principale, proverrebbe dalla cava di Mondelago, come scrive lo stesso
Scamozzi nel foglio 198 del secondo libro del suo L’idea della architettura universale:
(…) Questa cava un terzo di miglio scosto dalla marina, & uno, e mezo da Rovigno
guarda a Tramontana, e si ritrovano smisurate lunghezze, grossezze fino di tre piedi;
tra le quali; perche ne sono forsi 20 corsi in più di 30 piedi d’altezza se ne ritrovano,
che si chiaman le man bianche saldissime, e grosse circa un piede, e mezo, e
queste sono delle migliori che venghino a Venetia, delle quali si servimo nelle
fabriche publiche come degli Illustrissimi Signori Procuratori in Piazza San Marco di
nostra inventione (…) (Scamozzi 1982, 198).
La pietra d’Istria è una pietra sedimentaria, caratterizzata quindi da piani di
sedimentazione pseudoparalleli che costituiscono anche le superfici di minore
resistenza alla spaccatura. Tale proprietà dei piani di sedimentazione veniva sfruttata
nel taglio in cava. Si distingue tra tipi di taglio in rapporto alla positione dei piani di
sedimentazione. Se il taglio segue il piano di sedimentazione si tratta di un taglio nel
18
E’ soltanto a partire dal 1300 che, con lo sviluppo della tecnica della soffiatura, il ferro comincia ad
avere un impiego più ampio in edilizia, non limitato agli impieghi indispensabili, cioè per la
strumentazione destinata alla lavorazione del legno e della pietra (Becham 1984, 97).
19
Nella fabbrica adiacente, la Biblioteca Marciana, sarebbe stata riscontrata la presenza di tiranti, di ancoraggio
di parti del rivestimento lapideo, che entrano nello spessore del muro di facciata fino ad m 1,50 di profondità.
Progetto definitivo
15
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Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
verso della vena, se taglia i piani di sedimentazione si tratta invece di un taglio contro
vena. Le pietre possono essere poste in opera come giacevano nelle loro cave,
oppure voltando le loro giaciture all’infuori, secondo l’espressione usata dallo stesso
Scamozzi (citata da Dalla Costa e Feiffer, 1981, 107, nota 2). In quest’ultimo caso le
pietre col tempo sono guaste e logorate più facilmente. Il posizionamento corretto dei
conci lapidei dipende quindi dalla giacitura dei piani di sedimentazione e dalla
sollecitazione statica cui sono sottoposti, come mostrano le due illustrazioni, desunte
dal testo di Ardito Desio, Geologia applicata all’ingegneria, Milano: Hoepli, 1973, p.
668 e p.671.
Nonostante le dimensioni delle man bianche saldissime della cava di Mondelago di
Rovigno avviene che anche nel cantiere delle Procuratie i fusti delle colonne,
essendo monolitici, sono collocati controvena, o en délit, direbbe Choisy, e di
conseguenza sono anche più soggetti a degrado, come è segnalato dai molti tasselli
e mancanze visibili nel loro corpo.
E’ ragionevole aspettarsi che, date le grandi dimensioni, i capitelli degli ordini
maggiori costituiti da almeno due conci e che la finitura superficiale del rivestimento
lapideo sia quella caratteristica del periodo di costruzione, a pelle fina, ottenuta con
la martellina, almeno nelle parti non a rilievo di tipo scultoreo.
Progetto definitivo
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Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
5. La ricerca d’archivio Tra il 2007 e il 2009, nel corso dell’esecuzione dei primi
due lotti di intervento relativi il restauro delle prime sette campate delle Procuratie
Nuove, sono stati condotti approfondimenti della ricerca archivistica con la messa in
luce di importanti documenti che hanno consentito di ricostruire la storia dei restauri
e delle manutenzioni del Palazzo realizzati negli ultimi due secoli. L’intervento è stato
occasione per riordinare almeno in parte l’importante archivio storico sugli interventi
di manutenzione di Palazzo Reale - scoperto e messo in sicurezza da alcuni tecnici
di questa Soprintendenza – che costituisce una insostituibile fonte di informazione
sulla storia dei restauri della fabbrica e che ha guidato l’individuazione attendibile
delle patine intenzionali.
Di grande interesse è stato ritrovamento di un progetto di restauro realizzato alla
metà del XIX secolo che ha interessato tutti gli edifici della Piazza e in particolare, tra
il 1856 e il 1867, le Procuratie Nuove. Si tratta di un progetto tra il restauro e la
manutenzione ampiamente illustrato attraverso elaborati grafici e voci descrittive dei
lavori che prevede di intervenire sulla facciata sia per riparare i danni materiali sia
per ristabilire la leggibilità architettonica del fronte. Il materiale lapideo risulta
diffusamente degradato tanto da richiedere sistematici interventi di tassellatura con
sostituzione di interi elementi anche architettonici e decorativi – colonne, capitelli, le
statue dei fiumi dell’ordine dorico – così come l’intervento di sigillatura di tutti i giunti
tra i conci di pietra che viene condotto in forma sistematica a protezione del punto di
maggiore vulnerabilità per le infiltrazioni d’acqua.
Ma allo stesso tempo il progetto prevede di intervenire sull’immagine del fronte
alterata in parte da pregresse condizioni di degrado in parte dallo stesso intervento di
restauro che aveva introdotto nuovi elementi lapidei creando forti discontinuità
rispetto ad un contesto già di per sé patinato; il progetto ottocentesco prevede di
intervenire dunque con una ‘tintura’, cromaticamente differenziata a seconda del
contesto architettonico e decorativo, che doveva in parte patinare gli elementi bianchi
di nuovo inserimento e in parte estendersi in modo più generale alle superfici per
ricucire condizioni di discontinuità laddove si erano perdute o degradate patinature
più antiche preesistenti. Il progetto in buona sostanza riconosce la presenza di
patinature che l’intervento di restauro intende ribadire aggiornandole.
6. Stato di conservazione La facciata è orientata verso il nord /nord-ovest ed è
quindi esposta all’azione del vento di tramontana. Il paramento, interamente
costituito da pietra d’Istria, si presenta in mediocre stato di conservazione, anche se
questa pietra, essendo un calcare bianco, compatto, a grana fine ed omogenea, è
dotato di una forte capacità di resistenza all’aggressione dell’acqua, anche in un
ambiente particolarmente sfavorevole, perché salmastro e inquinato, quale è quello
della laguna di Venezia.
L’esperienza già condotta in corrispondenza delle prime dieci arcate consente di
individuare diverse forme di degrado del paramento lapideo che si possono
ricondurre a due categorie identificabili in relazione ad un logica di causalità e agli
effetti che ne derivano:
1) un degrado naturale, legato a cause di tipo ambientale, concepito come lenta e
progressiva azione del tempo che agisce sulla materia determinando una
trasformazione dell’immagine d’insieme, che ne modifica la leggibilità
architettonica senza però creare turbamenti, senza alterazioni profonde, un
Progetto definitivo
17
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Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
degrado che rientra in un processo naturale di invecchiamento dell’edificio a cui
inevitabilmente le fabbriche sono sottoposte:
a- il lento e progressivo dilavamento delle superfici con fenomeni diffusi di
solfatazione e la formazione di forti differenziali cromatici tra le parti scure protette
e le parti ‘bianche’ soggette a dilavamento;
2) Il degrado della materia inteso come perdita di funzionalità degli elementi
costruttivi che richiede la messa in atto di presidi puntuali in grado ricostituire
condizioni di integrità al fine di garantire la difesa rispetto all’innescarsi di processi
degenerativi che hanno come causa principalmente l’acqua nelle sue diverse
manifestazioni, un’azione manutentiva finalizzata a ristabilire la funzionalità dei
sistemi costruttivi – il ripristino dei giunti di malta mediante la stuccatura, il
fissaggio degli elementi rotti, la protezione dalle infiltrazioni degli elementi
orizzontali, la ricostruzione degli elementi funzionali mancanti.
Un degrado quindi che determina una perdita di funzionalità della fabbrica con
due diverse conseguenze:

lo scadimento generale della qualità della materia (degrado come aggiunta o
come perdita o come alterazione della materia); i problemi più rilevati sono per
gran parte legati alla presenza dell’acqua nelle sue diverse forme:
a) la rottura e il distacco di porzioni di elementi lapidei di facciata con
danno all’edificio e rischio per la pubblica incolumità;
b) le infiltrazioni d’acqua attraverso microfessurazioni superficiali, in
particolare in corrispondenza dello sporto piano dei cornicioni
dell’ordine ionico e dorico, più insidiose, meno controllabili e forse più
diffuse rispetto a quelle in corrispondenza dei giunti aperti, spesso non
visibili né riconoscibili nei percorsi che molte volte seguono la via
segnata da discontinuità del materiale all'interno del blocco lapideo, con
il duplice effetto del dilavamento, nel caso di passaggi più copiosi di
acqua, o di formazione di concrezioni calcaree tipo piccole 'stallattiti'
che si formano nell'intradosso dei cornicioni per effetto della
ricristallizzazione superficiale del carbonato di calcio disciolto dall'acqua
di infiltrazione.
c) la presenza di depositi dendritici (croste nere) in particolar modo nelle
zone di sottosquadro dei cornicioni;
d) la presenza di erbe infestanti e alghe;
e) fenomeni localizzati di disgregazione superficiale e di scagliatura
(cornicione ordine ionico e, in parte ordine dorico);
f) fenomeni di erosione superficiale localizzati nelle aree soggette al
processo di dilavamento;
g) il guano dei colombi – danno estetico e danno chimico-fisico;
h) mancanze e fratturazioni superficiali particolarmente localizzate in
corrispondenza di elementi lapidei di sostituzione realizzati con pietra
d’Istria di scadente qualità;
 Il degrado puntuale della materia con conseguenze sulla superficie si riflette sulla
lettura dell’immagine architettonica: i dilavamenti, legati anche questi alla perdita
di funzionalità dei giunti di malta e dei cornicioni, si configurano come criticità
locali che influiscono drammaticamente sulla percezione visiva di insieme, sulla
Progetto definitivo
18
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Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
leggibilità architettonica di un continuum, caratterizzato dalla serialità verticale
degli elementi architettonici che si ripetono ritmicamente e dalla continuità delle
linee orizzontali che segnano la partitura orizzontale degli ordini, determinando
condizioni di discontinuità che interrompono lo sguardo.
7. Descrizione dell’intervento
Le ragioni dell’intervento Questo intervento sulla facciata principale del Palazzo
Reale è motivato da una assenza, nell’ultimo quarto del Novecento, di interventi di
manutenzione a carattere non episodico ma sistematico, per cui nel corso degli ultimi
anni si erano manifestate la necessità e l’urgenza di procedere ad una manutenzione
straordinaria dell’intera facciata.
L’intervento di restauro in questione costituisce la prosecuzione dei lavori di restauro
avviati alla fine del 2006 e che hanno interessato le prime dieci campate del Palazzo
verso Piazza San Marco. Il cantiere da poco concluso ha consentito di studiare in
modo diretto le superfici della fabbrica e di comprendere il ruolo e significato delle
patinature riconosciute in corrispondenza di alcune partiture architettoniche del fronte
– in particolare il cornicione ed il fregio dell’ordine ionico con le figure alate, il
cornicione e il fregio dell’ordine dorico con le sculture dei fiumi - in quanto trattamenti
intenzionali. La lettura diretta delle stratificazioni unita alle analisi chimico-fisiche e
alla ricerca archivistica ha consentito di individuare diversi trattamenti applicati sulle
superfici architettoniche in pietra d’Istria e riconducibili in parte agli interventi
manutentivi ottocenteschi e in parte ad interventi più antichi.
Le scelte di progetto derivano da una lettura diretta e articolata della fabbrica e da
un’attenta valutazione e sovrapposizione dei dati registrati dai diversi percorsi
conoscitivi che hanno condotto a riconoscere nella facciata delle Procuratie Nuove
una condizione assolutamente particolare legata alla specificità della fabbrica e ai
suoi processi trasformativi nel tempo che, se può trovare delle analogie con gli altri
edifici della piazza, ed in particolare con la Libreria, non deve necessariamente
condurre a scelte reiterabili in modo indifferenziato. Le scelte nascono in relazione
alla specificità dei singoli casi e, pur in una necessaria visione d’insieme, possono
legittimamente differenziarsi.
Le Procuratie Nuove rappresentano dunque un caso peculiare in cui la scelta di
criteri conservativi, anche in relazione al tema del recupero della leggibilità del fronte
architettonico, si fonda su una serie di considerazioni dalle quali non si può
prescindere:
a) Il fronte nord delle Procuratie Nuove presenta oggi una complessa articolazione di
superfici in cui sono riconoscibili patinature in parte ottocentesche e in parte riferibili
a cantieri più antichi alle quali nell’800 si erano rifatti con intento assolutamente
mimetico.
L’insieme di questo sistema stratificato è riferibile, sulla base dei dati desunti dai
diversi percorsi analitici, a trattamenti con carattere di intenzionalità che fino ad oggi
hanno caratterizzato la leggibilità del fronte architettonico.
b) La presenza di tali patine contribuiscono ad una più articolata leggibilità
dell’immagine architettonica e degli apparati decorativi con un'accentuazione degli
effetti di chiaro-scuro che, in una zona d’ombra, scarsamente chiaroscurata per
Progetto definitivo
19
Venezia - Procuratie Nuove o Palazzo Reale
Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
l’assenza di un’illuminazione diretta e naturale in quanto esposta verso nord,
mettono in risalto la plasticità in particolare degli elementi decorativi e scultorei.
c) Ad una condizione di degradazione della pietra direttamente esposta all’azione
degli agenti atmosferici, corrisponde al contrario il buono stato di conservazione del
materiale lapideo al di sotto delle patinature, riscontrato dalle analisi chimiche, ed in
particolare degli strati nero lucidi: le condizioni di conservazione sono tali da lasciare
perfettamente integra la leggibilità dei segni di lavorazione della pietra (statue e
metope dell’ordine dorico, fregio fitoforme dell’ordine ionico), cosa che risulta
assolutamente perduta laddove la patina non esiste più. Dunque le patine non solo
non rappresentano una causa di degrado del materiale lapideo, costituendo
nell'insieme dei sistemi inerti rispetto al carbonato di calce, ma al contrario hanno
svolto un’azione protettiva nel tempo.
Reinserendosi nella logica della manutenzione ottocentesca il progetto mira a dare
risposte diversificate in relazione alle diverse condizioni di degrado rilevato secondo i
criteri di una moderna manutenzione.
Indagini preliminari :
a cantiere aperto, e a ponteggi montati, verrà condotta una attenta
osservazione visiva ravvicinata del manufatto e una prima individuazione dei
fenomeni di degrado e la loro mappatura, da eseguirsi usando la terminologia e i
protocolli raccomandati dalla Commissiona Normal. L’elenco delle carte tematiche
che potranno essere elaborate sulla scorta di queste informazioni è, in prima
approssimazione, 1. Individuazione dei conci lapidei; 2. Individuazione dei tipi di
lavorazione originaria dell’apparato lapideo, dei corrispondenti strumenti e di
eventuali stuccature originarie; 3. Individuazione della giacitura dei singoli conci e
giudizio sulla sua correttezza, in relazione ai piani di sedimentazione e al tipo di
tensioni agenti; 4. individuazione degli precedenti interventi di restauro (ristuccature,
in particolare cementizie, patine protettive, tassellature, sostituzioni, imperniature); 5.
individuazione delle alterazioni - sulla base del lessico della Raccomandazione
Normal 1/8020 e non invece le sue convenzioni grafiche, cadute in disuso con lo
sviluppo della tecnologia informatica nel campo della rappresentazione grafica - 6.
individuazione delle loro cause evidenti (infezione da biodeteriogeni, infiltrazione
d’acqua, solfatazione da inquinamento dell’aria/acqua, ossidazione dei metalli,
invecchiamento delle malte, sollecitazioni statiche, originarie o sopravvenute, agenti
o non più agenti, ecc.). Come base grafica su cui riportare gli elementi di
osservazione, verrà utilizzato il rilievo fotogrammetrico di tutto il fronte già eseguito
nel corso dei precedenti lotti di intervento.
-
a cantiere aperto, e a ponteggi montati, sarà condotta in via preliminare una
campagna di prelievi per le analisi chimico-fisiche che saranno localizzati nei
punti stratigraficamente più significativi per completare la conoscenza dei
trattamenti e delle loro stratificazioni sia in corrispondenza delle superfici
20
Il glossario Normal elenca e definisce i seguenti fenomeni: alterazione cromatica, alveolizzazione,
concrezione, crosta, deformazione, degradazione differenziale, deposito superficiale, disgregazione,
distacco, efflorescenza, erosione, esfoliazione, fratturazione o fessurazione, incrostazione, lacuna,
macchia, mancanza, patina, patina biologica, pellicola, pitting, polverizzazione, presenza di
vegetazione, rigonfiamento, scagliatura.
Progetto definitivo
20
Venezia - Procuratie Nuove o Palazzo Reale
Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
lapidee sia dei giunti di malta che presentano patinature superficilali e
condizioni di stratificazione più complesse.
Lavori previsti
Considerato che l’intervento si estende ad un tratto consistente di facciata, si
prevede di intervenire in tre fasi successive sia per limitare i disagi conseguenti
l’allestimento di un cantiere con montaggio di ponteggi all’interno di un’area pubblica
come Piazza San Marco, in cui è massima la concentrazione turistica con transito
pedonale, sia per evitare di interferire per tempi troppo prolungati con le attività
commerciali al piano terra del palazzo con accesso dal portico ed in particolare con i
caffè con plateatico esterno sulla piazza. In particolare, quindi, si prevede di
suddividere l’intervento in tre stralci funzionali di lavoro anche in funzione dei
finanziamenti accreditati:
I stralcio – campate 11 – 17 (7 campate)
II stralcio – campate 18 – 26 (9 campate)
III stralcio – campate 27 – 36 (10 campate)
Il numero di campate per ogni stralcio sarà comunque verificato dalla DL insieme con
il CSE e l’Appaltatore prima dell’inizio dei lavori in modo che la funzionalità degli
stralci operativi sia anche compatibile con le attività commerciali ed in particolare con
il plateatico del Caffè Florian.
Sono previsti i seguenti interventi:
1. Allestimento di ponteggio, che sarà interamente metallico per ridurre il rischio di
incendio. Il ponteggio sarà inoltre provvisto di un impianto di segnalazione incendi che sarà esteso anche alla zona di deposito di materiali infiammabili, prevista dal
piano di sicurezza nel cortile retrostante – e di un impianto antifurto/antintrusione,
data la presenza nelle Procuratie delle sedi di ben due musei, al primo piano, il
Museo Archeologico, gestito dal Polo Museale Veneziano e, al secondo piano, il
Museo Correr, gestito dal Comune. Entrambi gli impianti saranno collegati con i
sistema di sorveglianza del Museo Correr in cui c’è una sorveglianza continua 24 ore
su 24. Verranno inoltre adottati gli opportuni accorgimenti e misure per garantire, nei
limiti del possibile:
•
la sicurezza degli addetti ai lavori e dei passanti il cui flusso nel sottoportico è
piuttosto rilevante;
• la prevenzione dei danni tipici da ponteggio, quali, in particolare, i danni da urti 21
dovuti alle manovre di montaggio del ponteggi, i danni da ancoraggi, che
verranno, per quanto possibile, minimizzati/eliminati, innanzitutto dando la
preferenza ad ancoraggi a contrasto non essendo possibile predisporre un
21
Per quanto riguarda i danni da urti durante il montaggio del ponteggio, il rischio può essere
abbassato prevedendo tempi unitari di montaggio meno rapidi (Conti, Martines 1998, 55).
Progetto definitivo
21
Venezia - Procuratie Nuove o Palazzo Reale
Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
ponteggio a base larga per ragioni di ingombro e di costi 22, le macchie di
ruggine23, i depositi di polvere, i sedimenti vari e la microflora sulle pavimentazioni
(in masegni di trachite e in marmi, molto rari, del Cattaro) e sul paramento (in
pietra d’Istria);
• la minimizzazione dell’impatto del cantiere sulle attività commerciali gestite al
piano terra, sia dal punto di vista visivo che logistico.
Qualora ritenuto opportuno dalla direzione dei lavori, per proteggere la trachite e gli
elementi in pietra d’Istria della pavimentazione e per ripartire il carico del ponteggio,
si potrà eventualmente collocare sotto la base dei montanti una doppia orditura di
tavole in legno, interponendo tra tavolato e pavimentazione fogli di polietilene o
tessuto non tessuto o quant’altro indicato dalla D.L. per impedire la formazione di
macchie.
Revisione del manto di copertura della falda del tetto verso la Piazza,
comprensiva della rimozione delle tegole in cotto, la rimozione della guaina
impermeabilizzante, la verifica delle teste delle travi dell’ossatura lignea principale e
secondaria, l’impermeabilizzazione della falda con manto sottocoppo che garantisce
una maggiore traspirabilità della copertura, la ricollocazione dei coppi in cotto
mediante l’impiego di ganci in rame e di rete parapasseri lungo il profilo di gronda.
2.
Revisione della grondaia in pietra, con il controllo delle pendenze per il
corretto deflusso delle acque, la stuccatura di lesioni e fessurazioni con malta di
calce idraulica e polvere di pietra d’Istria o eventualmente altri tipi di inerti a scelta
della direzione dei lavori 24, evitando di ricorrere al rivestimento in lastre di piombo.
3.
4.
Manutenzione degli scuri in legno, con il loro smontaggio e la loro riparazione,
inclusi la rimozione delle vecchie vernici, la sostituzione delle parti ammalorate con
tasselli, la registrazione delle ante, dei cardini e dei sistemi di chiusura;
5. Restauro degli apparati lapidei, consistente in (eventuali) prestuccatura e
preconsolidamento con fissaggio di scaglie o frammenti decoesi, disinfestazione
22
E’ bene premettere che, in genere, I danni più gravi sono causati dagli ancoraggi del ponteggio all’edificio da
restaurare. (…) Nel rispetto della normativa vigente gli ancoraggi possono essere del tutto evitati predisponendo
un progetto esecutivo specifico per il ponteggio del monumento da restaurare. In questo caso i ponteggi hanno
una maggiore dimensione rispetto a un ponteggio ancorato allo stesso monumento, perché devono avere una
rigidezza autonoma senza beneficiare dell’inerzia del monumento stesso. L’assenza di ancoraggi comporta
maggiore area di ingombro del ponteggio a terra (…) I ponti privi di contrasto con gli edifici da restaurare
oscillano per il vento , per il carico in movimento sui ponti e nel caso di un terremoto; le oscillazioni vanno
calcolate preventivamente e in genere sono comprese entro la distanza massima consentita tra piano di lavoro e
parete da restaurare (Conti, Martines 1998, 55)
23
Un ponteggio in lamiera zincata dovrebbe essere esente dal rischio della ruggine. La zincatura a caldo,
effettuata direttamente dalle acciaierie mediante bagno è efficace e duratura; le canne sono ben protette dentro e
fuori (…) Il costo del materiale zincato è mediamente il doppio (di quello) del materiale non zincato. (…) il periodo
di ammortamento è breve perché il ponteggio non richiede spese aggiuntive per i lavori cautelativi – verniciatura,
tappi (alle canne) secchi, teli – e successivamente il materiale non richiede manutenzioni dopo l’utilizzo. La
zincatura ha un solo tallone d’Achille: gli urti e il punto di serraggio dei giunti (Conti, Martines 1998, 54).
24
Volendo rifarsi, come doveroso in un restauro, alle tecniche storiche, è stato di recente segnalato
che Palladio ha utilizzato in una delle sue ville una malta contenente particelle di vetro allo scopo,
sembrerebbe, di migliorare la resistenza dell’intonaco alle intemperie (dalla comunicazione del
professore Adriano Ghivetti Giavarina all’incontro del 27 maggio 2004 a Bologna sul tema Storia
dell’architettura come storia delle tecniche costruttive, sulle tecniche costruttive nel Rinascimento).
Progetto definitivo
22
Venezia - Procuratie Nuove o Palazzo Reale
Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
biologica, pulitura, consolidamento e la protezione (idrofobizzazione) del rivestimento
lapideo in pietra d’Istria. E’ evidente che i primi tre lotti di lavori già completati hanno
consentito di stabilire in modo piuttosto preciso i criteri metodologici che dovranno
essere seguiti nelle linee generali per tutto il fronte individuando le tecniche e
modalità di intervento – in particolare per quanto riguarda la pulitura ed il trattamento
delle stuccature dei giunti in malta - nonché i materiali d’uso più opportuni. In ogni
caso, considerato che, in particolare la pulitura è un’operazione particolarmente
complessa e delicata per il margine di rischio che questa sempre comporta e per la
sua irreversibilità, verranno comunque eseguite prove preliminari per testare sulle
superfici le tecniche previste e le modalità di intervento in termini di efficacia e di
conservazione.
Per il preconsolidamento, ove necessario, si ricorrerà alla velatura con fogli di carta
giapponese e resina acrilica, di relativamente facile rimozione con gli opportuni
solventi;
Per l’intervento di disinfezione, che, data l’esposizione della facciata, l’entità delle
parti dilavate e la presenza visibile anche di vegetazione superiore, sarà
relativamente esteso, si prevedono due applicazioni a spruzzo o a pennello di idoneo
biocida, incolore e trasparente, in soluzione acquosa. Il prodotto non dovrà essere
tossico e dovrà avere uno spettro di azione il più ampio possibile.
Per la pulitura si prevede il ricorso, a seconda delle condizioni della superficie da
pulire (in particolare stato di conservazione, giacitura, presenza di rilievo) e della
consistenza e del grado di adesione del deposito da rimuovere, a quattro diverse
tecniche:
1. Sulle parti soggette a dilavamento, dove la superficie della pietra si presenta di un
bianco particolarmente intenso, causato in genere dalla presenza di un deposito
di gesso e calcite (una “crosta bianca”) provenienti dalla solfatazione del
carbonato di calcio e dalla ricristallizzazione del bicarbonato di calcio, lavaggio
con acqua di rete e spazzole di saggina, a temperatura ambiente. Tale tecnica di
pulitura si basa sull’azione solvente dell’acqua, eventualmente coadiuvata da un
mezzo meccanico blando (spazzolone morbido in nylon o in saggina). Il lavaggio
con acqua sarà comunque esteso a tutte le superfici per la rimozione dei depositi
superficiali incoerenti;
2. Sulle parti sottosquadro, dove la superficie della pietra presenta in genere una
“crosta nera”, più o meno spessa, coerente e aderente al supporto lapideo,
applicazione di impacco biologico a base di urea. Tale tecnica di pulitura, già
sperimentata con successo negli anni settanta e al momento oggetto di nuova
attenzione, si basa su processi non ancora conosciuti ma che si sospetta siano di
natura sia chimica che batterica. Questa tecnica va accuratamente controllata
nelle sue modalità (tempo di contatto, asportazione, verifica della completa
rimozione al termine). Va tassativamente esclusa a temperature ambiente inferiori
a 18°C, perché diviene inefficace; all’impacco biologico potrà essere associato in
alcune zone anche l’uso del vapore:
Progetto definitivo
23
Venezia - Procuratie Nuove o Palazzo Reale
Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
3. Sulle altre parti, caratterizzate da un deposito meno spesso e/o meno coerente e
meno aderente, esposizione al vapore acqueo, con acqua di rubinetto. Anche
questa tecnica si basa sull’azione chimica, solvente, delle particelle di vapore
acqueo che si condensano sulla superficie, eventualmente coadiuvata da un
mezzo meccanico blando (spugna morbida). L’azione meccanica concomitante
dovrà essere opportunamente calibrata variando la distanza tra la lancia dello
spruzzo dalla superficie di trattamento. Con tale metodo l’impiego di acqua viene
ridotto al minimo rispetto al lavaggio semplice o con acqua nebulizzata. Può
quindi ridurre il ricorso alla stuccatura preliminare di fratture e giunti aperti, che
sarebbe imposta invece nel caso di un impiego più rilevante di acqua di lavaggio,
anche per impedire l’ingresso di eventuali altri agenti chimici di pulitura.
L’uso del vapore acqueo consente una soddisfacente gradualità e controllabilità
dell’intervento garantendo la rimozione dei depositi superficiali e dei Sali presenti
in superficie e al tempo stesso la massima conservazione delle patine presenti
sulle superfici.
4. In corrispondenza del fregio ionico, del fregio dorico e degli elementi scultorei dei
primi due ordini, sarà utilizzata una pulitura ‘a secco’ mediante l’impiego di
microtrapano con spazzolini morbidi in grado di rimuovere i depositi superficiali
senza danneggiare le patinature sottostanti.
Solo in specifiche situazioni di depositi particolarmente resistenti, è stata prevista la
possibilità di ricorrere anche ad altre tecniche di pulitura, in particolare: 5.
all’applicazione di impacchi di carbonato di ammonio, con acqua distillata, con uso di
velina; 6. all’applicazione di resine a scambio ionico, nei casi in cui è più opportuno
l’intervento a secco. Si tratta di composti polimerici di tipo anionico e cationico che
agiscono selettivamente, mediante una azione di carattere chimico, nei confronti del
solfato di calcio e del calcio. Entrambe queste tecniche, come è il caso dell’impacco
di urea, vanno accuratamente controllate nelle modalità di applicazione (tempo di
contatto, asportazione, verifica della completa rimozione dei prodotto al termine del
trattamento). In casi limite potrà essere ammesso il ricorso a microsabbiatura di
precisione.
Le eventuali macchie di ruggine saranno rimosse impiegando idonee soluzioni
acquose (fluoruro di ammonio a pH neutro; fosfato di ammonio portato a pH neutro
con aggiunta di acido fosforico; EDTA; soluzioni acquose sature per SO 2) sapendo
che questo tipo di macchie può essere solo attenuato e che l’applicazione di tutti i
prodotti indicati deve essere seguita da un accurato lavaggio con acqua per impedire
una loro interazione con il supporto lapideo.
I depositi di guano sedimentato saranno asportati meccanicamente con bisturi. Per
facilitare l'operazione la superficie interessata potrà essere bagnata e inumidita con
compresse di cotone e soluzioni acquose di tensioattivo.
Il consolidamento va inteso non in senso proprio, di impregnazione con un prodotto
che migliori la coesione interna del materiale, ma nel senso di migliorare il legame tra
conci lapidei o di ripristinare la continuità tra parti fratturate o anche solo lesionate di
questi. Questo tipo di consolidamento consisterà quindi:
Progetto definitivo
24
Venezia - Procuratie Nuove o Palazzo Reale
Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
• nell’inserimento di perni in acciaio inox filettato, da fissare con resina epossidica. Le
caratteristiche ottimali dei perni sono la buona stabilità chimica, come è il caso dei
perni in acciaio speciale, e un coefficiente di dilatazione termica lineare il più
possibile simile a quello della pietra, quale è appunto il caso dei perni in titanio o in
una lega di titanio;
• nelle iniezioni in profondità con resina epossidica fluida o semifluida;
• negli incollaggi, sempre con resina epossidica, eventualmente caricata con inerti
ventilati e coadiuvata dall’inserimento di perni in acciaio AISI 316;
• nella rimozione di elementi metallici ossidati;
• nella stuccatura di giunti e lesioni. Il cantiere da poco concluso ha messo in
evidenza la presenza di una grande quantità di stuccature eseguite in epoche
diverse, alcune anche di natura cementizia, e spesso stratificate ma che nell’insieme
si presentano in discreto stato di conservazione. E’ stato riscontrato che la presenza
di tutte queste stuccature rappresenta un’importante testimonianza materiale delle
tecniche di intervento che si sono stratificate nel tempo consentendo anche di
ricostruire la storia manutentiva del palazzo. In considerazione di ciò e visto che
anche le stuccature cementizie non creano danneggiamento alla pietra, il progetto
prevede, in continuità con quanto già eseguito nei lotti precedenti, di conservare tutte
le stuccature esistenti intervenendo esclusivamente con la sostituzione di quelle
degradate o completamente mancanti; le stuccature che saranno conservate
potranno eventualmente essere oggetto di puntuali interventi di velatura per
raccordarle cromaticamente con il contesto in cui si collocano. Per essere efficace e
assolvere alle sue funzioni di consolidamento e di ostacolo alla infiltrazione d’acqua,
l’impasto della stuccatura non dovrà rilasciare sostanze nocive al materiale lapideo
(come è il caso dei sali solubili formati dagli ioni alcalini e dai solfati ceduti dal
cemento), dovrà avere caratteristiche di porosità, capacità di assorbire acqua,
resistenza meccanica, resistenza alla luce, dilatazione termica, abbastanza simili a
quelle della pietra da stuccare e dovrà essere estesa anche alle fessure di piccole
dimensioni. L’impasto sarà quindi costituito da un legante di calce aerea o idraulica
(purché a basso tenore di alcali) e da un inerte costituito dalla stessa pietra d’Istria, a
granulometria decrescente fino alla finitura esterna. La stuccatura potrà o dovrà, a
scelta della DL, essere mantenuta leggermente sottolivello di qualche millimetro
rispetto alla superficie lapidea.
Sono previste inoltre indagini ultrasoniche per verificare la qualità degli elementi
lapidei ed individuare eventuali soluzioni di continuità e difetti presenti nelle parti non
visibili.
A completamento del restauro dell’apparato lapideo verranno applicate a pennello,
su tutta la superficie, e non limitatamente alle parti esposte, in continuità con quanto
già eseguito nei primi due lotti di lavoro, resine idrofobiche silossaniche che hanno
dimostrato di avere buoni requisiti prestazionali, in particolare relativamente
all’assorbimento d’acqua e alla non alterazione del colore della pietra;
6. E’ stato inoltre previsto l’inserimento, nella fase conclusiva dei lavori, di un
impianto antipiccione, per evitare che i cornicioni e gli altorilievi della facciata, una
Progetto definitivo
25
Venezia - Procuratie Nuove o Palazzo Reale
Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
volta puliti, vengano nuovamente invasi dal guano, che, come è noto, è, per la sua
elevata acidità, altamente corrosivo e con il tempo costituisce un ambiente propizio
alla infestazione da parte di piante superiori, in particolare nei giunti e nelle fessure
della pietra. L’impianto previsto genera impulsi di sola tensione elettrostatica, di
brevissima durata, circa 80 microsecondi, a intervalli di 2.5 secondi, senza consumo
quindi di corrente elettrica, a parte quella minima (7 Watt) necessaria a eccitare il
generatore di questi impulsi elettrostatici. Le linee elettrostatiche attive dell’impianto
sono costituite da tondini in acciaio inossidabile AISI 316 L (resistenti agli ambienti
acidi e salmastri). Tali linee sono supportate da isolatori in policarbonato
antipolimerizzazione. Conduttori e isolatori devono resistere alle intemperie e ai raggi
ultravioletti, sono fissati in parte con resine speciali reversibili, in parte attraverso
l’esecuzione di micro fori, e possono essere ben mimetizzati su questo scegliendo
opportunamente le tinte e i percorsi di minimo impatto.
Principi guida alla conservazione
a. La scelta puntuale dei trattamenti e dei materiali di restauro dovrà basarsi sulla
valutazione della loro:
•
compatibilità con il tipo materiali oggetto di restauro e i loro comportamenti
meccanici, fisici, chimici;
• reversibilità;
•
controllabilità da parte dell’operatore;
• ritrattabilità, vale a dire la possibilità di applicare nuovi trattamenti alle superfici
già trattate;
• efficacia e innocuità, grazie al confronto, con appositi test, delle condizioni delle
superfici prima e dopo il trattamento;
• durevolezza, tramite il controllo della loro efficacia anche nel lungo periodo.
b. Verrà fatto ricorso, quanto più possibile, alle tecniche di indagine non invasiva o
solo debolmente invasiva;
A consuntivo dei lavori di restauro verrà redatta una relazione indirizzata alla
programmazione dei cicli di manutenzione e ai controlli periodici di fenomeni
patologici di degrado e/o di dissesto eventualmente venuti alla luce nel corso dei
restauri, come richiesto dall’articolo 250 (Consuntivo scientifico) del d.P.R.
5 ottobre 2010, n. 207;
Per quanto riguarda il punto a), a proposito del principio della reversibilità
dell’intervento, occorre chiarire che nel restauro, la reversibilità è uno stato limite
piuttosto che uno stato concretamente raggiungibile. L’unico processo certo e
irreversibile è invece quello del procedere inesorabile del degrado stesso. Può
essere allora meno frustrante, che rincorrere interventi perfettamente reversibili,
coltivare in massimo grado la discrezione, adoperandosi perché nessuno dei segni
che sono visibili e riconoscibili prima dell’intervento di restauro sia perduto, nascosto
Progetto definitivo
26
Venezia - Procuratie Nuove o Palazzo Reale
Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
o confuso (specie se irreversibilmente) al termine dell’intervento stesso (Scoppola
1996, 185). Tra questi segni da conservare ci sono senz’altro le cosiddette patine
“intenzionali”, vale a dire intenzionalmente applicate sulle superfici lapidee con vari
interventi storici di manutenzione e la cui presenza è già stata riscontrata nelle prime
campate del palazzo relative alla fabbrica scamozziana 25.
- Per quanto riguarda il punto b), si ricorrerà come già detto, alla tecnica delle prove
ultrasoniche.
Per quanto riguarda il punto c), seguendo le indicazioni della Raccomandazione
Normal 20/85, Interventi conservativi: Progettazione, esecuzione e valutazione
preventiva, la relazione a consuntivo dovrà indicare dettagliatamente il fine specifico
di ogni intervento eseguito; la sua esatta localizzazione; l’indicazione dei materiali di
restauro effettivamente impiegati, delle modalità e dei tempi di applicazione con la
descrizione delle eventuali apparecchiature utilizzate, la documentazione grafica e
fotografica26 sullo stato del manufatto prima, durante e dopo l’intervento, corredati
dalle schede tecniche27 e dal ricettario delle malte impiegate (tipo di legante; tipo di
aggregato; rapporto legante/aggregato; in peso e volume; tipo di additivi) per
stuccature di giunti, lesioni e mancanze, incollaggi, allettamento, iniezioni, ecc..
- Coperture: Fatta eccezione per l’edificio della ex Zecca caratterizzato da una
copertura con rivestimento in lastre di piombo, l’intero sistema del complesso di
Palazzo Reale è realizzato con manto di copertura in coppi. Tra il 1988 ed il 1992 è
stato condotto da parte della Soprintendenza per i Beni Architettonici di Venezia un
intervento sistematico di restauro delle strutture di copertura nel corso del quale si è
provveduto anche alla protezione dell’impalcato di tavelle in cotto con la posa in
25
Esistono molti indizi, ricavati sia da documenti che da indagini sul campo, che confortano l’ipotesi
che fosse pratica comune dei cantieri storici di manutenzione dei monumenti applicare patine sulle
superfici lapidee esterne, anche se ancora l’individuazione dei componenti di tali patine resta
questione ardua o irrisolta. Diverse, a seconda delle situazioni, sembrano essere stati i materiali
componenti e gli obiettivi di tali patinature intenzionali. Una patina poteva essere stata applicata come
“superficie di sacrificio” per proteggere la superficie lapidea originaria esposta agli agenti atmosferici,
in analogia con i trattamenti riservati alla statuaria, questi ultimi meglio documentati e pienamente
riconosciuti come tali, oppure applicata sin dall’inizio per fare concordare tra loro superfici lapidee già
in partenza troppo disomogeneo dal punto di vista cromatico oppure applicata nel corso di un restauro
per accordare dal punto di vista cromatico nuovi tasselli di restauro con un contesto fortemente
annerito per inquinamento atmosferico.
26
(…( con indicate le condizioni di ripresa (illuminazione, tipo di pellicola, ecc.). per le riprese a colori
va inclusa la scala cromatica di riferimento(ad esempio Kodak Color Control Patches). La
riproducibilità della documentazione facilita infatti i confronti da ripetere in tempi successivi (Normal
20/85, p.4/22).
27
Le schede tecniche dovranno essere quelle conformi alle Norme UNI 8690 Parte III Edilizia – Informazione
tecnica: articolazione e ordine espositivo dei contenuti e UNI 9038, Edilizia – Guida per la stesura di schede
tecniche per prodotti e servizi (Cfr. AAVV (1994), Manuale di progettazione edilizia, vol. 3° Progetto tecnico e
qualità, pp.166-171, Torino: Hoepli). Inoltre, come raccomandato da Normal 20/85, p/22: Le caratteristiche
principali chimiche e chimico-fisiche degli eventuali prodotti impiegati vanno sempre dichiarate. Per esempio, nel
caso di resine sintetiche: denominazione chimica esauriente, struttura di catena, peso molecolare medio, residuo
secco, concentrazione di utlizzo, natura de/dei solventi, viscosità della soluzione, solubilità in eventuali altri
solventi, possibilità di ulteriori polimerizzazioni, ecc.. Nel caso di soluzioni acquose: natura e concentrazione
de/dei sali solubili, pH, ecc.. L’uso di prodotti individuati con il solo nome commerciale è tassativamente vietato.
Dovranno essere indicati il nome della ditta produttrice e i nomi delle eventuali ditte trasformatrici e rivenditrici.
Chi fornisce il prodotto dovrà corredarlo con un certificato che garantisca la costanza della qualità e la
corrispondenza ai requisiti dichiarati. Quando devono essere impiegate particolari attrezzature, ne vanno
descritte in modo dettagliato le caratteristiche e le condizioni operative.
Progetto definitivo
27
Venezia - Procuratie Nuove o Palazzo Reale
Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
opera di una guaina impermeabilizzante sopra la quale sono stati ricollocati i coppi in
laterizio.
Allo stato attuale le coperture presentano evidenti segni di degrado legato in parte
allo scivolamento ed alla rottura dei coppi ma prevalentemente alle infiltrazioni
d’acqua attraverso la cornice di gronda in pietra. Il problema si localizza in particolare
in corrispondenza dei punti di discontinuità tra gli elementi lapidei della cornice di
gronda dove la scarsa manutenzione dei giunti in malta degradati è causa di
infiltrazione dell’acqua di scolo nelle murature innescando un processo cinematico di
degrado che interessa le strutture murarie e le superfici di finitura se non, in alcuni
casi, anche le strutture lignee di copertura. A ciò si aggiunge un’insufficienza dei
pluviali di scarico, in parte incassati all’interno delle murature secondo l’impianto
antico e in parte esterni in sostituzione degli originari danneggiati o non più affidabili,
che risultano sicuramente sottodimensionati rispetto alla superficie complessiva di
copertura non riuscendo a smaltire l’acqua di scolo e a consentire il completo
deflusso delle gronde; il problema è aggravato inoltre dalla scarsa manutenzione
delle bocche di innesto che, già di sezione ridotta, vengono il più delle volte otturate
da fogliame o altro materiale di deposito.
L’intervento prevede la ripassatura di tutto il manto in coppi con la rimozione della
guaina di impermeabilizzazione e la messa in opera di lastre ondulate fibrobituminose in grado di proteggere il sottostante impalcato di tavelle da infiltrazioni
d’acqua consentendo al tempo stesso la traspirazione del tetto ligneo; le gronde in
pietra saranno interamente revisionate con la sigillatura dei giunti e la revisione delle
pendenze e saranno adeguatamente protette con lastre in piombo.
Si prevede inoltre di conservare i pluviali già esistenti in buone condizioni operando
una revisione delle imboccature per garantirne la funzionalità.
7. Riferimenti bibliografici
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la decorazione, sta in AAVV (1994), Le Procuratie Nuove in Piazza San Marco,
Roma: Editalia
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commentati da Daniele Barbaro), ristampa anastatica delle Edizioni Librarie Siciliane
e Bardi Editore
Basso A., Quendolo A., Biscontin G., Zendri E.(1999), La libreria del Sansovino a
Venezia: Studi sulle passate opere di manutenzione del paramento lapideo per
l’attuale intervento di restauro, sta in Ripensare alla Manutenzione, Atti del Convegno
di Studi di Bressanone, Bressanone 29 giugno- 2 luglio 1999), Venezia: Edizioni
Arcadia Ricerche, pp. 251-279
Basso A., Quendolo A., Biscontin G., Zendri E., M. P. Birelli (2001), Indagini sul
paramento lapideo della Libreria del Sansovino in Piazza San Marco a Venezia, sta
in Tema n° 2, pp. 34-53
Progetto definitivo
28
Venezia - Procuratie Nuove o Palazzo Reale
Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
Bassi Elena, Dorigato Attilia, Mariacher Giovanni, Pavanello Giuseppe, Romanelli
Giandomenico (a cura di) (1978), 1780-1830 Venezia nell’età di Canova, Catalogo
della Mostra Venezia Ottobre-Dicembre 1978, Venezia: Alfieri
Becham Roland (1984), Le radici delle cattedrali, Casale Monferrato: Marietti
Benedetti Andrea (1999), La pavimentazione di Piazza San Marco nella storia, sta in
I I “masegni”, Quaderni: Documenti sulla manutenzione urbana di Venezia, numero
1, anno I, dicembre 1999, Venezia, Insula SpA, pp.14-16
Carbonara Giovanni (1996), Trattato di restauro architettonico, Torino: UTET, in
quattro volumi
Cicognara Leopoldo, Diedo Antonio, Selva Giovan Antonio (1815-1820), Le
Fabbriche più cospicue di Venezia misurate, illustrate e intagliate dai membri della
Reale Accademia di Belle Arti, Venezia
Davi Charles (2004), Vincenzo Scamozzi architetto della luce, sta in CISA – Centro
Internazionali di Studi di Architettura Andrea Palladio, Vincenzo Scamozzi 1548 –
1616, Marsilio 2004, pp. 32-45
Favaro Tiziana (s. d. ma non prima 1986), Relazione storico-artistica, pp. 1-8 sta in:
Soprintendenza per i Beni Ambientali e architettonici di Venezia, Venezia - S. Marco
Palazzo Reale: Intervento di restauro conservativo – Anno Finanziario 1986 Terzo
Lotto
Franzoi Umberto (1994), L’ala napoleonica, sta in AAVV (1994), Le Procuratie
Nuove in Piazza San Marco, Roma: Editalia
Huse Norbert, Wolters Wolfgang (1989), Venezia. L’arte del Rinascimento, Venezia:
Arsenale Editrice
Lorenzetti Giulio (1974), Venezia e il suo estuario: Guida Storico-artistica, Trieste:
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Lotz Wolfgang (1977), Studi sull’architettura italiana del Rinascimento, Milano: Electa
Menicali Umberto (1992), I materiali dell’edilizia storica: Tenologia e impiego dei
materiali tradizionali, Roma: La Nuova Italia Scientifica
Morolli Gabriele (1994), Vincenzo Scamozzi e la fabbrica delle Procuratie nuove sta
in AA.VV. Le Procuratie Nuove in Piazza San Marco, Roma: Editalia, 1994, pp. 11116
Pignatti Terisio (1996), Antonio Canal detto il Canaletto, Firenze: Giunti
Ruskin John (2000), Le pietre di Venezia, Milano: Mondadori
Scamozzi Vincenzo (1615), L’Idea della Architettura Universale, ristampa anastatica
del 1982, Bologna: Arnaldo Forni Editore
Progetto definitivo
29
Venezia - Procuratie Nuove o Palazzo Reale
Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
Serlio Sebastiano (1584), I Sette Libri dell’Architettura, Libro IV, ristampa anastatica,
Bologna: Arnaldo Forni Editore
Scoppola F (1996), Il cantiere di restauro: Risvolti professionali, legali e
amministrativi, sta in Carbonara Giovanni (1996), Trattato di restauro architettonico,
Torino: UTET, vol. 4°, pp 169-223
Valadier Giuseppe (1992), L’architettura pratica, dettata nella Scuola e Cattedra
dell’insigne Accademia di San Luca, 1828-1839, vol III, ristampa anastatica, Roma:
Sapere 2000 Edizioni Multimediali
*************************
Progetto definitivo
30
Venezia - Procuratie Nuove o Palazzo Reale
Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
Appendici
Cronologia delle vicende della fabbrica e dei suoi successivi restauri finora
accertati:
• 1527 Il Sacco di Roma dei Lanzicchenecchi costringe Sansovino a riparare a
Venezia. Sansovino diviene Proto della Procuratia
• 1532 Sansovino fa risvoltare l’edificio delle Procuratie Vecchie per cinque
campate fino alla Chiesa di San Geminiano ancora gotica
• 1536 Sansovino idea l’edificio della Libreria Marciana in parte anche a servizio
dei Procuratori che utilizzeranno come uffici una parte delle botteghe del loggiato al
piano terra (Lotz 1977, 59).
• 1537 Comincia la costruzione nell’angolo più vicino al campanile, ad una distanza
di circa 5 metri da esso. Il suo voltatesta di tre campate determinerà il futuro
allineamento delle Procuratie Nuove, che sono arretrate rispetto a fronte del vecchio
Ospizio Orseolo.
• 1581 Il Maggior Consiglio decide la costruzione di nuove abitazioni per i
Procuratori nell’area occupata dall’Ospizio Orseolo e altre abitazioni a ridosso del
Campanile Marcantonio Barbano, fratello di Daniele, commentatore di Vitruvio, viene
nominato Provveditore sopra le nuove fabbriche con la soprintendenza sui futuri
lavori del proto Simone Sorella
• 1582 10 aprile Vincenzo Scamozzo Visentin, battendo Simone Sorella e
Francesco de Bernardin Smeraldi, vince il concorso per le Procuratie Nuove. In
questo stadio, quasi certamente,
l’edificio si limita a riproporre lo schema
compositivo a due ordini delle tre campate del voltatesta su Piazza San Marco della
Libreria Marciana
• 1583 al 1593 Scamozzi dirige i lavori della libreria dalla XVII alla XXI campata.
concludendoli nel 1585 (secondo Temanza) o nel 1588 (secondo Lorenzetti); Il lavori
per le Procuratie saranno da lui diretti dal e presenta nel
• 1596 Un modello in legno accompagnato da una scrittura circa la sistemazione
di tutti gli edifici nelle due piazze S. Marco. Si desume che Scamozzi proponeva una
soluzione diversa da quella adottata per il raccordo tra la Libreria di Sansovino e le
Procuratie Nuove (da D.A.U. vol. V, pag 426, alla voce “Scamozzi” redatta da
Renato Nicolini)
• 1807 11 gennaio Per ordine di Napoleone le Procuratie Nuove diventano Palazzo
Reale. Giannantonio Antolini, incaricato dal viceré Eugenio Beauharnais della
Progetto definitivo
31
Venezia - Procuratie Nuove o Palazzo Reale
Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
estensione del palazzo, fa demolire la chiesa di San Geminiano del Sansovino per
costruire lo scalone di accesso a Palazzo Reale 1810-1814 Giovanni Maria Soli
sostituisce Antolini
• 1814 Ritornando Venezia in mano degli Austriaci, Giuseppe Borsato decora e
arreda Palazzo Reale
• 1822 nel Palazzo Reale si insediano il Museo Correr e il Museo Archeologico
• 1856 - 1867 Intervento di restauro del fronte delle Procuratie
• 1858 Ristrutturazione del caffè Florian
• 1922 I Beni della Corona, tra cui il Palazzo Reale e la Libreria Marciana, che
dall’epoca napoleonica ne è ormai parte integrante, sono donati al Demanio.
Progetto definitivo
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Venezia - Procuratie Nuove o Palazzo Reale
Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
Cronoprogrammi della fase attuativa
1° Lotto funzionale - Campate XI – XVII
CRONOPROGRAMMA DEI LAVORI
gg
ponteggio montaggio
smontaggio serramenti
indagini preliminari
analisi chimiche
lapideo
coperture
antipiccione
ponteggio smontaggio
montaggio trabattello
montaggio serramenti
30
60
90
XX
X
X X
X
XX
XXX
X
X
XXXX
XXX
X
X
XXXX
120
150
180
210
240
270
X
XXX
X
XXX
X
XXX
X
XXX
X
XXX
X
XX
XX XX
XX
X
X XX
XXX
X
X
lapideo controfacciata
smontaggio trabattello
2° Lotto funzionale - Campate XVIII – XXVI
CRONOPROGRAMMA DEI LAVORI
gg
30
60
XX
ponteggio montaggio
X
smontaggio serramenti
X X
indagini preliminari
X
analisi chimiche
XX
XXX
lapideo
X
X
XXX
coperture
X
X
antipiccione
ponteggio smontaggio
montaggio trabattello
montaggio serramenti
lapideo controfacciata
smontaggio trabattello
90
120
150
180
210
240
270
300
X
XXX
X
XXX
X
XXX
X
XXX
X
XXX
X
XXX
X
XXX
X
XXX
X
XX
XX XX
XX
X
X XX
XXX
X
X
Progetto definitivo
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Venezia - Procuratie Nuove o Palazzo Reale
Intervento di conservazione della facciata principale e dalla falda di copertura
3° Lotto funzionale - Campate XXVII – XXXVI
CRONOPROGRAMMA DEI LAVORI
gg
30
60
XX
ponteggio montaggio
X
smontaggio serramenti
X X
indagini preliminari
X
analisi chimiche
XX
XXX
lapideo
X
X
XXX
coperture
X
X
antipiccione
ponteggio smontaggio
montaggio trabattello
montaggio serramenti
lapideo controfacciata
smontaggio trabattello
90
120
150
180
210
240
270
300
X
XXX
X
XXX
X
XXX
X
XXX
X
XXX
X
XXX
X
XXX
X
XXX
X
XX
XX XX
XX
X
X XX
XXX
X
X
Progetto definitivo
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relazione tecnica con cronoprogramma