IL NOSTRO MONDO IL NOBEL 2003 PER LA FISICA G. La Rocca Scuola Normale Superiore, Pisa Il 7 ottobre scorso la Reale Accademia delle Scienze di Svezia ha annunciato il conferimento del Premio Nobel per la Fisica del 2003 a ALEXEI ABRIKOSOV, VITALY GINZBURG e ANTHONY LEGGETT per i loro «contributi pionieristici alla teoria dei superconduttori e dei superfluidi». A. Abrikosov, nato il 1928 a Mosca, eÁ attualmente all'Argonne National Laboratory vicino Chicago, V. Ginzburg, nato il 1916 a Mosca, eÁ al Lebedev Physical Institute di Mosca, e A. Leggett, nato a Londra nel 1938, eÁ presso il Dipartimento di Fisica dell'UniversitaÁ dell'Illinois a Urbana-Champaign. La superconduttivitaÁ o la superfluiditaÁ esibite alle basse temperature da sistemi di particelle cariche, quali gli elettroni in un metallo, o neutre, quali gli atomi di elio, sono di speciale interesse in quanto fenomeni quantistici che si manifestano su scala macroscopica. In termini generali, entrambe sono dovute alla condensazione di bosoni, o di coppie di fermioni, in un unico stato quantistico. Il principale contributo di V. Ginzburg alla teoria della superconduttivitaÁ consiste nella formulazione assieme a Lev Landau nel 1950 delle equazioni fenomenologiche che descrivono il comportamento del condensato in presenza di campi magnetici e disomogeneitaÁ spaziali. A. Abrikosov ha sviluppato nei primi anni cinquanta la teoria dei superconduttori di seconda specie e descritto, in particolare, come in essi la parziale penetrazione del campo magnetico dia luogo alla formazione dei vortici. Infine, i risultati piuÁ importanti di Leggett, ottenuti nei primi anni settanta, riguardano la teoria della superfluiditaÁ dello 3He, l'isotopo fermionico dell'elio, e le associate proprietaÁ magnetiche. Fino all'avvento della teoria BCS di John Bardeen, Leon Cooper e Robert Schrieffer nel 1957, non vi eÁ stata una comprensione soddisfacente a livello microscopico della superconduttivitaÁ, osservata per la prima volta nel mercurio nel 1911 da Heike Kamerlingh Onnes. V. GINZBURG e L. Landau, prendendo le mosse dalla teoria di Landau delle transizioni di fase del secondo ordine del 1937, hanno introdotto fenomenologicamente una funzione complessa ~ r quale parametro d'ordine dello stato superconduttivo che si sviluppa sotto la temperatura critica, e formulato sulla base di generali considerazioni di simmetria un'espressione per l'energia libera in termini della e delle sue derivate in presenza di un campo magnetico. Dalla minimizzazione dell'energia libera, hanno quindi ottenuto un sistema completo di equazioni che legano tra loro la , la corrente e il potenziale vettore del campo magnetico, e possono essere risolte con le opportune condizioni al bordo. L'ideazione di questa teoria fenomenologica, che sta alla base di importantissimi sviluppi non solo nel campo della superconduttivitaÁ, eÁ il frutto di un'intuizione prodigiosa: Vitaly Ginzburg e Lev Landau nello scrivere le loro equazioni non potevano nemmeno contare su una precisa nozione del significato della funzione . EÁ stato in seguito naturale sulla base della teoria BCS identificare la carica che in esse compare con quella di due elettroni, cioeÁ di una coppia di Cooper. Infine, nel 1959 Petrovic Gorkov ha fornito la derivazione delle equazioni di Ginzburg-Landau a partire dalla teoria microscopica BCS. Queste equazioni, in particolare, conducono naturalmente alla considerazione di due scale spaziali: la lunghezza di penetrazione , giaÁ introdotta dai fratelli Fritz e Heinz London nel 1935, che caratterizza la penetrazione del campo magnetico all'interno di un superconduttore, e la lunghezza di coerenza che caratterizza la variazione spaziale della . Entrambe divergono in prossimitaÁ della temperatura critica, ma il loro rapporto rimane costante ed eÁ noto come parametro di Ginzburg-Landau =. A seconda p che tale parametro sia minore o maggiore di 1= 2, la tensione superficiale sulla frontiera che separa una zona ove il materiale eÁ nello stato normale da una in cuieÁ superconduttore assume pvalori positivi o negativi. Il primo caso, < 1= 2, caratterizza p i supercon duttori di prima specie, l'altro, > 1= 2, quelli di seconda specie. Pur notando questa fondamentale distinzione, V. Ginzburg e L. Landau non approfondirono lo studio dei superconduttori di seconda specie, percheÁ i superconduttori allora maggiormente studiati erano tutti di prima specie (ad esempio, per il mercurio 0:16). 59 IL NUOVO SAGGIATORE 60 Tra il 1952 e il 1957, A. ABRIKOSOV ha sviluppato la teoria dei superconduttori di seconda specie e del loro comportamento in presenza di un campo magnetico. Nei superconduttori di prima specie (tipicamente i metalli semplici), l'effetto Meissner, cioeÁ l'espulsione del campo magnetico dall'interno del campione al di sotto della temperatura critica Tc , ha luogo in modo perfetto per campi inferiori ad un campo magnetico critico Hc T, mentre campi maggiori di questo inibiscono la superconduttivitaÁ e penetrano completamente nel campione. Che tale comportamento non fosse universale era giaÁ noto dal 1937 sulla base degli esperimenti di Lev Shubnikov su leghe metalliche superconduttrici nelle quali l'espulsione del campo magnetico risulta perfetta al di sotto di un campo critico inferiore Hc1 e parziale per valori del campo compresi tra Hc1 e un campo critico superiore Hc2 > Hc1 , al di sopra del quale la superconduttivitaÁ eÁ inibita e la penetrazione del campo completa. Motivato da studi sperimentali allora condotti all'Istituto Kapitza per i problemi fisici a Mosca da Nikolay Zavaritzkii, A. Abrikosov ha intrapreso l'analisi del comportamento previsto dalle equazioni di Ginzburg-Landau per i superconduttori di seconda specie, in particolare per grandi valori del parametro di GinzburgLandau , dimostrando che il valore negativo della tensione superficiale tra le fasi superconduttrice e normale favorisce p per campi magnetici compresi tra Hc1 e Hc2 2 Hc1 la formazione di uno stato misto dove solo parte del campione eÁ superconduttore e l'effetto Meissner eÁ incompleto. Successivamente, ha dato una dettagliata descrizione della struttura spaziale dello stato misto basata sulla formazione dei vortici, al cui interno avviene la penetrazione del campo magnetico: la ~ r va a zero in corrispondenza dell'asse del vortice, la sua fase varia di 2 lungo un cammino che circondi il vortice e il flusso del campo magnetico associato al vortice vale ch=2e. All'aumentare del campo magnetico da Hc1 ad Hc2 , tali vortici si infittiscono e si dispongono secondo un reticolo triangolare (noto come reticolo di Abrikosov), fincheÁ per campi superiori a Hc2 la penetrazione del campo risulta completa e la fase superconduttiva distrutta. EÁ interessante notare come negli stessi anni, in modo del tutto indipendente, Richard Feynman spiegasse la rilevanza dei vortici, inizialmente ipotizzati da Lars Onsager nel 1949, per il comportamento superfluido dello 4 He. La scoperta della superfluiditaÁ nell'elio liquido al di sotto della transizione lambda a T 2:17 K risale al 1938, e tale fenomeno eÁ stato subito interpretato quale condensazione di Bose-Einstein degli atomi bosonici dello 4 He. A partire dagli anni 50 divennero disponibili anche quantitaÁ significative dell'isotopo fermionico 3 He prodotte ai reattori nucleari dal decadimento del trizio, ma fu solo nel 1972 che la superfluiditaÁ nello 3 He venne scoperta alla temperatura critica di circa 3 mK da Douglas Osheroff, Robert Richardson e David Lee. Tale fenomeno eÁ assimilabile alla condensazione di Bose-Einstein di coppie di atomi di 3 He, in analogia a quella delle coppie di Cooper nei metalli superconduttori. Le coppie di Cooper nei superconduttori tradizionali sono prive di gradi di libertaÁ interni poicheÁ sia il loro momento angolare orbitale sia quello di spin sono nulli (onda S: L 0; singoletto di spin: S 0); da questo punto di vista, esse sono del tutto analoghe ai singoli atomi di 4 He. Nello 3 He, invece, l'accoppiamento degli atomi avviene in modo tale che le coppie hanno sia un momento angolare orbitale sia uno spin totale diversi da zero (onda P: L 1; tripletto di spin: S 1). Nei primi anni settanta, A. LEGGETT ha studiato come la superfluiditaÁ dello 3 He sia associata anche ad una «condensazione» nello spazio delle variabili interne, con particolare riferimento alla rottura delle simmetrie di rotazione connesse allo spin totale, al momento orbitale e alla loro relativa orientazione per accoppiamento spin-orbita. A differenza dello 4 He e dei superconduttori tradizionali, che esibiscono una sola fase condensata isotropa e non magnetica, le tre fasi superfluide esibite dallo 3 He risultano pertanto anisotrope e magnetiche. A. Leggett ha contribuito alla corretta identificazione dei modelli microscopici di tali fasi, che corrispondono a diversi schemi di rottura delle simmetrie associate alle variabili interne: la fase A corrisponde al modello Anderson-BrinkmanMorel, la fase B al modello Balian-Wertheimer e la fase A1(presente solo in campo magnetico) al modello Ambegaokar-Mermin. Inoltre, A. Leggett ha descritto quantitativamente il comportamento magnetico dello 3 He superfluido spiegando i dati di risonanza magnetica nucleare e prevedendo l'esistenza di una risonanza in configurazione longitudinale, cioeÁ col campo magnetico di alta frequenza parallelo a quello statico (normalmente in NMR si usa solo la configurazione trasversale). IL NOSTRO MONDO I risultati teorici di V. Ginzburg, A. Abrikosov e A. Leggett sono di fondamentale interesse, e sono oggi applicati allo studio della superfluiditaÁ e della superconduttivitaÁ anche in nuovi sistemi fisici, quali in particolare i superconduttori ad alta temperatura critica e i vapori ultrafreddi di atomi alcalini sia bosonici sia fermionici, per vari aspetti diversi da quelli che hanno storicamente motivato le loro ricerche. LA RIFORMA DEGLI STUDI A FISICA, ``LA SAPIENZA'': SCELTE, ATTUAZIONE E RISULTATI PRELIMINARI E. Longo e G. V. Pallottino Dipartimento di Fisica UniversitaÁ ``La Sapienza'', Roma Si presenta un quadro dei criteri seguiti e delle scelte compiute dal Dipartimento di Fisica della Sapienza nella fase di preparazione della riforma degli studi universitari che ha condotto all'istituzione delle lauree triennali. Nella nostra sede, in particolare, abbiamo istituito tre lauree: Fisica, Fisica e Astrofisica; Tecnologie Fisiche e dell'Informazione (quest'ultima con una molteplicitaÁ di indirizzi), attuandole gradualmente, anno dopo anno, a partire dall'AA 2001-2002. Si riferisce quindi sull'attuazione dei nuovi corsi, sulle modalitaÁ didattiche, incluse quelle riguardanti le verifiche del profitto, sui risultati preliminari conseguiti e su alcuni inconvenienti riscontrati. 1. ± Prima della riforma Ricordiamo innanzitutto che vari anni prima della recente riforma degli studi, in occasione della revisione delle tabelle su cui si basavano gli ordinamenti dei corsi, si era svolta a livello nazionale una discussione sulle modifiche da apportare alla struttura didattica del corso di laurea in fisica al fine di renderla piuÁ efficace, esaminando in particolare la prospettiva di allungarne la durata da 4 a 5 anni, come poi fu scelto di fare per altri corsi di laurea delle facoltaÁ scientifiche, fra cui chimica e scienze biologiche. Questa strada peroÁ non venne seguita e fu certamente una saggia decisione, soprattutto perche l'aumento della durata legale a cinque anni di corso avrebbe assai probabilmente privilegiato la cre- scita dei contenuti 1 conseguente ai progressi delle conoscenze disciplinari, e quindi avrebbe poi reso piuÁ arduo il passaggio alla struttura a due cicli prevista dalla riforma. Ricordiamo anche che quando avemmo notizia 2 della riforma degli studi universitari, nel nostro dipartimento era giaÁ in atto un dibattito sulla necessitaÁ di aggiornare la didattica ed erano state avviate varie attivitaÁ di sperimentazione 3. Si considerava, fra l'altro, la possibilitaÁ di fare ricorso a metodi didattici piuÁ efficaci 4 e a modalitaÁ d'esame meno traumatiche, in una parola a rendere piuÁ facilmente sostenibile il corso degli studi a uno studente dotato di buone qualitaÁ e di impegno, a fronte di un eccessivo numero di abbandoni e di una durata reale degli studi che aveva raggiunto, in media, 6,7 anni. Tutto cioÁ, evidentemente, da attuare senza venir meno al livello di qualitaÁ formativa che eÁ nostra tradizione. Una parte consistente dei nostri laureati era di altissima qualitaÁ, come dimostravano i risultati del confronto in ambito internazionale, producendo tesi di laurea, svolte nel quadro di attivitaÁ di ricerca di avanguardia, non di rado al livello di quelle che in altri paesi completano un dottorato di ricerca. Un altro elemento che ci spingeva verso il cambiamento era la necessitaÁ di operare in modo da contrastare il calo delle iscrizioni che si era verificato nell'ultimo decennio alla Sapienza come nella generalitaÁ delle altre sedi. Fra il 1990 e il 2000 le immatricolazioni a fisica si erano infatti ridotte da 448 a 178 alla Sapienza, 1 Nel corso dei decenni il totale dei contenuti somministrati agli studenti eÁ indubbiamente cresciuto per i motivi anzidetti. D'altra parte l'idea di spostare nelle scuole di Dottorato almeno una parte dei corsi specialistici impartiti al IV anno, alcuni dei quali alla frontiera delle conoscenze, trovava e trova tuttora scarso seguito, soprattutto da parte dei docenti dei corsi in questione, sebbene questo «nuovo» istituto sia in atto da un paio di decenni. PuoÁ darsi che a cioÁ contribuisca il fatto che i corsi di Dottorato non rientrano (ancora) negli obblighi di legge dei docenti e che questi corsi sono generalmente seguiti da un numero di allievi minore rispetto a quelli dell'ultimo anno. 2 Precisiamo che le scelte ministeriali caddero dal cielo, dato che non vi fu nessuna forma di reale consultazione nei confronti di chi avrebbe poi dovuto attuarle effettivamente. 3 G. V. PALLOTTINO «Un esempio da seguire», Universitas, n. 71, gennaio 1999. 4 Avremmo potuto scrivere anche «piuÁ moderni», ma non l'abbiamo fatto di proposito, perche un elemento emerso chiaramente eÁ che non sempre l'impiego delle moderne tecnologie (trasparenze, presentazioni mediante calcolatore, ...) aveva condotto a reali miglioramenti dell'efficacia didattica. A volte, anzi, l'aveva peggiorata. 61 IL NUOVO SAGGIATORE 62 da 3468 a 1695 nel complesso degli altri atenei 5, cioeÁ praticamente si erano piuÁ che dimezzate in dieci anni. Tale fenomeno non ha riguardato soltanto fisica, ma la maggior parte dei corsi di laurea scientifici, con la naturale eccezione di informatica, e si eÁ verificato anche in altri Paesi europei e in USA. Molti elementi di fatto sui problemi della didattica erano emersi in varie occasioni: nelle riunioni degli organi collegiali, in assemblee svolte con gli studenti di concerto con i loro rappresentanti, e anche nelle analisi delle risposte degli studenti ai questionari somministrati periodicamente (prima per iniziativa del nostro dipartimento e poi a cura dell'ateneo) per la valutazione della didattica. Questi elementi ponevano in luce le palesi difficoltaÁ che i nostri allievi incontravano, e conducevano a individuare due fattori principali a tale riguardo. CioeÁ la crescita, graduale ma incontrollata, dei contenuti che si era verificata nei decenni trascorsi (a volte accompagnata da incongrue dilatazioni delle ore di lezione dei corsi) e, contemporaneamente, la diminuzione del livello formativo delle matricole, sia in termini di preparazione disciplinare di base in matematica e fisica 6, sia, soprattutto, per quanto riguarda l'abitudine allo studio e il metodo di studio. Dai dati raccolti risultava, in particolare, che una larga frazione di matricole trascorreva il primo anno cercando di orientarsi e di capire come procedere piuttosto che studiando e superando esami 7, per arrivare poi a rendersi conto, con genuino stupore, che per andare avanti occorreva effettivamente 8 dedicare del tempo allo studio, a questo punto scegliendo di dedicarsi a questa insolita attivitaÁ oppure decidendo di abbandonare lo studio della fisica perche troppo impegnativo. Spesso, anche quelli che decidevano di proseguire si affidavano a 5 G. F. B ASSANI «La Fisica e le nuove generazioni in Europa» Il Nuovo Saggiatore, 17, n. 3-4 (2002), 12-16, fascicolo speciale dedicato al convegno «La Fisica e le nuove generazioni, Accademia dei Lincei, Roma, 25 Maggio 2001. 6 A tale proposito sono illuminanti i risultati dei test proposti alle nostre matricole a intervalli di cinque anni, che indicano una progressiva diminuzione del livello formativo in funzione del tempo. 7 Dalle risposte degli studenti ai questionari sui corsi si poteva infatti apprendere che circa la metaÁ degli intervistati dichiarava di seguire il corso senza peroÁ studiarne la materia in vista di sostenere l'esame a breve. 8 «EÁ difficile imparare a studiare a vent'anni.» CosõÁ ci ha riferito una studentessa di fisica, dopo aver seguito i corsi del primo anno. EÁ una frase che merita riflessione. PercheÁ individua efficacemente un problema chiave della scuola quale eÁ oggi. «regole auree» tramandate dai colleghi piuÁ anziani, come quella che prescrive di non preparare piuÁ di un esame a sessione, che costituivano una premeditata programmazione dei ritardi. 2. ± Obiettivi, difficoltaÁ e scelte Il compito di esaminare collegialmente i problemi della didattica e di individuare soluzioni efficaci, e poi quello di predisporre il nuovo assetto didattico, come richiedevano le norme di legge sulla riforma degli studi emanate nel frattempo, venne affidato dal dipartimento a una apposita commissione didattica, che a cioÁ si potesse dedicare pienamente, svincolata dunque dai compiti operativi riguardanti la gestione dell'ordinario. Fu inoltre deciso di non nominare la commissione, ma di farla eleggere dal corpo docente affincheÁ ne fosse espressione diretta e conseguentemente le sue scelte, anche quelle piuÁ difficili, potessero trovare poi minore opposizione. Si mirava cosõÁ a ottenere il massimo coinvolgimento del corpo docente, essenziale ai fini di qualsiasi scelta, anche attraverso una forte azione di informazione sulle modalitaÁ e sugli obiettivi della riforma, ritenuta indispensabile a fronte dell'assai variabile interesse e disponibilitaÁ ad occuparsi di queste questioni da parte delle diverse persone. L'impostazione generale seguita nei lavori della commissione fu quella di non attuare la nuova struttura a due cicli limitandosi a riverniciare con nuovi titoli i corsi d'insegnamento preesistenti e a ridistribuirli fra il triennio del primo ciclo e il biennio successivo, ma piuttosto di interpretare la riforma degli studi, a cui eravamo obbligati e che non condividevamo certamente in tutti i suoi aspetti, come una opportunitaÁ per realizzare quelle misure di cambiamento che da tempo ci apparivano necessarie per migliorare la situazione del nostro corso di studio. Questa opportunitaÁ, del resto, ci offriva ampi spazi di decisione su vari aspetti dell'organizzazione didattica, come per esempio i tempi e le modalitaÁ di svolgimento degli esami di profitto, secondo quanto previsto dalle norme sull'autonomia didattica degli atenei 9. 9 Queste norme, introdotte dalla legge 15 maggio 1997, n. 127 (legge Bassanini), assegnano ampia libertaÁ di scelta attraverso l'emanazione a livello locale di regolamenti di ateneo e di corso di studio. IL NOSTRO MONDO 2.1. ± Contenuti formativi Uno dei problemi piuÁ delicati della riforma degli studi riguardava i contenuti formativi, che secondo le indicazioni governative dovrebbero fornire al laureato di primo livello sia una adeguata formazione di base, tale da permettergli di proseguire gli studi verso la laurea specialistica (e in seguito verso il dottorato di ricerca), sia una professionalitaÁ immediatamente spendibile nel mercato del lavoro. In altri termini si richiedeva di fare spazio nei curricula a contenuti professionalizzanti, spesso estranei ai tradizionali percorsi formativi dell'universitaÁ italiana, durante lo stesso processo nel quale questi percorsi dovevano essere alleggeriti e al tempo stesso ripartiti su due livelli, con inevitabili rivisitazioni degli stessi contenuti. EÁ evidente la grande difficoltaÁ di attuare questa indicazione, che infatti ha incontrato in ambito accademico critiche assai vivaci e che attualmente eÁ in corso di modifica con l'emissione di un nuovo decreto (modificazioni al D.M. 509) da parte del governo. Le difficoltaÁ piuÁ forti, naturalmente, riguardavano le lauree tradizionalmente mirate alla formazione di figure professionali, in particolare medici e ingegneri, per cui si richiedono al tempo stesso basi molto solide e una larga e forte professionalitaÁ specifica. Nelle facoltaÁ di medicina, per le specificitaÁ di questa disciplina e la palese insensatezza di creare dei «medici triennali», la riforma basata su due cicli non eÁ stata attuata. Nelle facoltaÁ d'Ingegneria la riforma eÁ stata invece attuata, ma a spese di una inevitabile forte compressione della preparazione fisico-matematica di base, rinunciando cosõÁ, nella sostanza, a produrre ingegneri della stessa qualitaÁ formativa del passato. In particolare, la soluzione di posporre alla laurea specialistica una rivisitazione delle materie di base, riprendendole cioeÁ dopo aver impartito la professionalizzazione richiesta nell'ambito della laurea triennale (proponendo al primo anno dei corsi triennali, per esempio, una matematica orientata al calcolo, senza dimostrazioni e con poca attenzione ai casi particolari, e poi in seguito, nella laurea specialistica, di nuovo la stessa materia trattata piuÁ rigorosamente e con maggiori approfondimenti) ci eÁ parsa piuttosto insensata e comunque estranea alla tradizione italiana, siccheÁ abbiamo scelto diversamente. A fisica, d'altra parte, l'esigenza di fornire ai laureati di primo livello una adeguata professionalizzazione era certamente meno impegnativa, in termini di attivitaÁ formative aggiuntive, rispetto ad altre discipline, come la giaÁ citata ingegneria. Infatti la larga frazione dei nostri laureati quadriennali che trovava un buon inserimento nell'industria e nei servizi, al di fuori dell'ambito accademico e degli enti pubblici di ricerca, traeva vantaggio soprattutto dalla sua solida formazione di base nella fisica classica e nella matematica, dalla dimestichezza con l'uso consapevole della strumentazione scientifica acquisita nei numerosi corsi di laboratorio, dall'impostazione critica e dalla capacitaÁ di affrontare ex-novo gli argomenti piuÁ vari, derivanti da una formazione fortemente orientata alla ricerca scientifica. SiccheÁ la scelta che abbiamo seguito eÁ stata quella di mantenere sostanzialmente invariato lo spazio precedentemente dedicato alle materie di base nei primi anni di corso, e anzi di arricchire le attivitaÁ di laboratorio, che a nostro avviso sono essenziali per la formazione di un fisico e al tempo stesso costituiscono per i nostri laureati una carta vincente in molte attivitaÁ 10. Il criterio di massima che abbiamo seguito eÁ stato quello di spalmare sui cinque anni dei nuovi corsi i contenuti della vecchia laurea quadriennale, con qualche limitato sfrondamento quantitativo piuttosto che qualitativo, a fronte di una attenta revisione dei programmi, soprattutto negli argomenti specialistici piuÁ avanzati che troveranno ampio spazio nei corsi di dottorato, e con le aggiunte, professionalizzanti e non, richieste dalle nuove norme oppure da noi prescelte. Si eÁ realizzato cosõÁ un moderato ma sostanziale alleggerimento complessivo, come ci pareva necessario ai fini di garantire la sostenibilitaÁ dei nuovi programmi, senza compromettere la qualitaÁ degli obiettivi formativi. Fra i nuovi corsi d'insegnamento introdotti nella laurea triennale 11, vi sono quelli espres- 10 Per manifestare piuÁ chiaramente alle matricole l'importanza del ruolo delle attivitaÁ sperimentali nella loro formazione abbiamo disposto che ciascuno dei nuovi iscritti ricevesse in dotazione personale un tester digitale. 11 Qui si deve ricordare che le norme concernenti l'autonomia didattica, previste dalla legge 15 maggio 1997, n. 127 (legge Bassanini) hanno dato agli atenei ampia libertaÁ nella scelta dei corsi d'insegnamento, mentre le norme relative alla riforma degli studi impongono soltanto vincoli di massima per i crediti minimi da assegnarsi a determinati gruppi di discipline, per ciascun gruppo (denominato classe) di lauree. 63 IL NUOVO SAGGIATORE 64 samente richiesti dalla nuova normativa e quelli introdotti con l'obiettivo di allargare lo spettro delle conoscenze e di accrescere la professionalizzazione degli allievi. Fra i primi rientrano i corsi di informatica, che abbiamo scelto di attuare come laboratori di calcolo, cioeÁ in forma operativa e con contenuti facilmente aggiornabili, e il corso di lingua inglese, che eÁ stato attuato con una offerta didattica diversificata, al fine di assicurare l'avanzamento delle competenze linguistiche qualunque fosse il livello di partenza. Fra i secondi rientrano un corso di astrofisica, un altro da scegliersi fra fisica della terra e dell'ambiente e fisica dei biosistemi, e un corso di comunicazione scientifica e tecnologica. La scelta di attuare quest'ultimo, del resto presente nei curricula di molte universitaÁ di altri Paesi e suggerita dai requisiti ministeriali concernenti la preparazione orientata al mondo del lavoro, deriva da varie considerazioni. Da un lato si constatava, soprattutto negli ultimi anni, la sempre maggiore debolezza della preparazione dei nostri studenti nella lingua italiana, dall'altro si riconosceva l'importanza crescente, nelle attivitaÁ professionali come nella ricerca scientifica, delle capacitaÁ di comunicazione scritta e orale, inclusa la padronanza delle tecnologie, fra cui il Web, oggi disponibili a tal fine. Ma si deve anche notare che questa scelta eÁ stata una di quelle maggiormente contestate, da parte sia di studenti che di docenti, in quanto ritenuta irrilevante ai fini della formazione di un buon fisico (opinione assolutamente non condivisa da chi scrive, sulla base di decenni di esperienza nella supervisione di tesi di laurea e nella correzione di tesine e di relazioni di laboratorio). 2.2. ± L'offerta formativa Aggiungiamo infine che abbiamo voluto estendere l'offerta formativa, in passato limitata alla laurea in fisica, tenendo conto sia delle competenze disponibili in dipartimento che dell'analisi delle effettive destinazioni lavorative dei nostri laureati, che in larga parte trovano collocazione in ambiti di natura applicativa, diversi da quelli tradizionali della scuola, dell'universitaÁ e degli enti pubblici di ricerca. Accanto al programma di laurea triennale in fisica, abbiamo introdotto un programma in fisica e astrofisica e uno in tecnologie fisiche e dell'informazione 12 . Ma qui dobbiamo notare che, nel precedente ordinamento quadriennale, la scelta fra i diversi indirizzi della laurea in Fisica (Fisica della materia, Astrofisica, Particelle elementari, Elettronica, ecc.) veniva fatta dagli studenti quando arrivavano al III anno di corso, cioeÁ dopo aver acquisito un certo grado di maturazione e una ragionevole comprensione dei contenuti culturali e delle prospettive di questi diversi percorsi, mentre ora il regolamento di ateneo richiede che la scelta fra le diverse lauree avvenga all'atto dell'immatricolazione. Avendo coscienza delle difficoltaÁ che incontrano le matricole (e le loro famiglie) ai fini di questa scelta, abbiamo deciso che il primo anno fosse in comune per tutti e tre i programmi e il secondo fra due di essi, per facilitare eventuali passaggi successivi derivanti da decisioni piuÁ meditate. Tuttavia rimaniamo convinti che per garantire una scelta veramente consapevole i regolamenti dovrebbero prevedere per gli studenti l'iscrizione indifferenziata alla classe dei corsi di laurea in fisica, rinviando la specificazione del corso di laurea al momento della effettiva differenziazione dei curricula. 2.3. ± L'organizzazione della didattica Un'altra scelta importante ha riguardato la modularizzazione dei corsi, cioeÁ la suddivisione in due o tre moduli della maggior parte dei corsi preesistenti. Abbiamo trovato necessaria e opportuna questa scelta per due motivi. Uno riguardante la necessitaÁ di ottemperare alle esigenze di ripartizione dei crediti (fra attivitaÁ di base, attivitaÁ caratterizzanti, ...) richieste dalla nuova normativa; un'altro derivante dall'intento di cambiare radicalmente tempi e modalitaÁ di svolgimento degli esami di profitto. Tutti gli elementi a nostra disposizione, infatti, indicavano chiaramente che per la maggior parte degli studenti, ma soprattutto per quelli dei primi anni, gli esami di profitto costituivano un momento decisivo, con risvolti talora addirittura drammatici, della loro atti- 12 A ciascuno di questi programmi triennali segue poi una corrispondente laurea specialistica con accesso diretto, mantenendo naturalmente la possibilitaÁ di scelte trasversali con eventuale debito formativo. IL NOSTRO MONDO vitaÁ universitaria 13 . A differenza di quanto avviene in altri Paesi dove l'esame costituisce una verifica finale, che segue, tenendone conto, altre verifiche giaÁ compiute durante il corso, e che si svolge di norma al termine del corso stesso (mentre da noi gli esami si svolgevano con una pluralitaÁ di occasioni, sessioni estive, autunnali e invernali, appelli mensili straordinari e via dicendo, interferendo assai dannosamente con la didattica ordinaria, e vi era la possibilitaÁ di ripeterli poi all'infinito). Per questo ci siamo mossi nella direzione di sdrammatizzare l'evento esame, sia alleggerendolo grazie alla nuova struttura modulare dei corsi d'insegnamento sia facilitandolo attraverso l'introduzione di verifiche intermedie, che hanno anche lo scopo di indicare agli allievi eventuali carenze a cui porre rimedio in tempo debito. Ma si eÁ deciso anche, per evitare interferenze con la didattica e soprattutto per sottolineare l'esigenza di non disaccoppiare lo studio dalla frequenza, di offrire due sole occasioni ogni anno per sostenere gli esami: subito al termine di ciascun corso e poi alla fine dell'anno accademico, in un'unica sessione di recupero da svolgersi a settembre. A questo proposito menzioniamo che uno dei piuÁ sorprendenti risultati dei questionari somministrati agli studenti riguardava il quesito «stai studiando in vista di sostenere l'esame del corso che stai frequentando?», a cui solo circa la metaÁ rispondeva affermativamente. Per gli altri, evidentemente, frequentare un corso costituiva semplicemente un investimento in vista del futuro, cioeÁ per quando, magari vari anni dopo, si decideraÁ finalmente di affrontare l'esame. Va menzionata infine una grave perdita formativa del nuovo ordinamento: quella riguardante la tesi di laurea. Infatti nel triennio, per forza di cose, non c'eÁ piuÁ spazio per questa attivitaÁ come era svolta in passato, spesso nell'ambito di un gruppo di ricerca con esperienza diretta su tematiche avanzate. Il tempo che ora si puoÁ dedicare alla dissertazione finale eÁ infatti necessariamente ristretto a pochi mesi, limitando questa attivitaÁ a una rassegna compilativa 13 Ricordiamo che vi sono facoltaÁ nelle quali la presenza degli studenti nella sede universitaria eÁ concentrata, quando non addirittura limitata, in occasione degli esami. Ed eÁ per questo che talvolta si dice che le nostre universitaÁ sono essenzialmente degli esamifici. su qualche argomento specifico o allo sviluppo di una relazione su attivitaÁ sperimentali avviata nell'ambito di uno dei corsi di laboratorio del III anno. Buone tesi di laurea, naturalmente, potranno essere svolte nell'ambito delle lauree specialistiche, ma di questa importante esperienza formativa resteranno privi tutti coloro che conseguiranno soltanto la laurea di primo livello. 3. ± L'attuazione della riforma Per quanto riguarda l'attuazione dei nuovi programmi triennali abbiamo deciso di non compiere la trasformazione dal vecchio al nuovo in unica soluzione, cioeÁ trasformando subito tutti i corsi d'insegnamento preesistenti nei nuovi. In tal caso avremmo dovuto praticamente imporre agli studenti «quadriennali» di transitare nei nuovi ordinamenti, nel contempo mantenendo (formalmente) i vecchi corsi per garantire la prosecuzione degli studi a coloro che avessero comunque voluto completare la laurea quadriernnale secondo il vecchio ordinamento 14. Abbiamo invece preferito procedere nella riforma gradualmente, anno per anno, avviando il I anno nell'anno accademico 2001-2002, il II nell'anno successivo e cosõÁ via, anche allo scopo di consentire agli studenti giaÁ iscritti una ordinata prosecuzione degli studi nel vecchio ordinamento. Ma la motivazione principale di questa scelta eÁ stata quella di non dover affrontare tutti i problemi logistici in una volta sola e anche di facilitare la diffusione dei nuovi approcci didattici fra i docenti, un fenomeno inevitabilmente lento. Dalla scelta di modularizzare i corsi eÁ derivata naturalmente quella di suddividere l'anno accademico in tre trimestri, ciascuno costituito da circa dieci settimane di didattica e due settimane di esami 15, da ottobre a giugno, dedicando luglio ai corsi di recupero e settembre all'ultima 14 Come d'altronde prevede la riforma degli studi con una apposita norma del D.M. 509. 15 In questo modo il tempo assegnato ai periodi di esame eÁ decisamente piuÁ breve del passato. Questo tempo sarebbe assolutamente insufficiente se esso dovesse venire impiegato anche a «studiare per l'esame». EÁ probabilmente sufficiente, invece, per svolgere prove d'esame rivolte a studenti abituati ad acquisire gradualmente la loro formazione frequentando i corsi, studiando man mano quanto trattato in aula e verificando il grado di preparazione attraverso le prove intermedie. 65 IL NUOVO SAGGIATORE 66 sessione d'esame dell'anno accademico. I corsi di recupero a luglio sono un'altra novitaÁ: in essi si ripetono le parti essenziali dei corsi tenuti nell'anno e si svolgono soprattutto esercitazioni, in modo da fornire un valido ausilio ai fini della sessione di settembre a chi non fosse riuscito a superare qualche esame durante l'anno. Per quanto riguarda lo svolgimento dei corsi d'insegnamento, la raccomandazione eÁ stata quella di rendere maggiormente interattiva la didattica, e per questo abbiamo scelto di limitare a 50 allievi la dimensione delle classi, prevedendo al primo anno quattro canali in parallelo per ciascun corso, tre al secondo anno. Per facilitare l'interattivitaÁ a lezione e, piuÁ in generale, per migliorare l'apprendimento, abbiamo ritenuto nostro compito scendere nel merito della metodologia dello studio, in particolare raccomandando agli studenti la prelettura del materiale di lezione, in modo da poter intervenire in aula con qualche cognizione di causa, e poi la postlettura individuale del materiale o degli appunti, per cercare di fissare permanentemente i contenuti di ciascuna lezione. Abbiamo richiesto ai docenti, d'altra parte, di indicare chiaramente quali parti del corso sono ritenute essenziali e quali invece vengono svolte soltanto a fini introduttivi e anche, ove possibile, di assegnare periodicamente esercizi da svolgersi a casa e da correggersi poi collettivamente o individualmente. Notiamo infine che l'attuazione dei nuovi programmi eÁ stata compiuta senza disporre di risorse (aule, calcolatori, laboratori, personale, finanziamenti, ....) che si aggiungessero a quelle disponibili in precedenza, richiedendo pertanto un considerevole impegno addizionale da parte della nostra docenza e di tutto il personale tecnico e amministrativo nell'inseguimento della quadratura del cerchio. CioÁ eÁ derivato dalla scelta governativa di attuare la riforma a costo zero 16, cioeÁ senza risorse addizionali a parte quelle eventualmente reperibili in sede locale (peraltro con esiti assai poco probabili a fronte delle note difficoltaÁ finanziarie degli atenei), che ha costituito infatti un elemento di forte difficoltaÁ per una sana ed efficace attuazione della riforma, sopratutto se interpretata come una 16 A questo riguardo un precedente assai poco incoraggiante eÁ costituito dall'insuccesso incontrato, alcuni anni fa, dall'istituzione delle cosiddette lauree brevi, attuate a costo zero. occasione di cambiamento reale. Del resto anche soltanto i requisiti minimi di legge per tutte le nuove lauree richiedevano l'apprendimento di una lingua straniera e un certo grado di alfabetizzazione informatica, con la necessitaÁ, da parte degli atenei, di provvedere a tutto cioÁ; per non parlare poi dei requisiti di professionalizzazione che nella maggior parte dei casi avrebbero richiesto consistenti apporti esterni. 4. ± Risultati ottenuti e problemi emersi Dobbiamo evidentemente rimandare al futuro una analisi significativa degli esiti della riforma, sia in relazione agli obiettivi di produttivitaÁ indicati dal decreto ministeriale sia per quanto riguarda la valutazione della qualitaÁ dei nuovi laureati e del loro inserimento professionale, che si potraÁ fare soltanto fra diversi anni 17. Qui ci limitiamo a considerare gli esiti del primo anno di attuazione, dove si registra effettivamente qualche elemento moderatamente incoraggiante, sebbene si tratti evidententemente di indicazioni assai preliminari. Uno di questi riguarda gli abbandoni, che abbiamo valutato, in mancanza di altri dati, in termini della frazione, rispetto al totale, delle matricole che durante il primo anno di corso delle nuove lauree (2001-2002) non hanno sostenuto nessun esame: questa frazione ammonta oggi al 21%, da confrontarsi con il 48 % registrato in occasione dell'ultimo anno di attivazione dei corsi del primo anno della laurea quadriennale (2000-2001). A questo risultato hanno contribuito, assai probabilmente, anche le attivitaÁ di orientamento svolte nelle scuole superiori di Roma e dintorni, che nell'ultimo anno erano state intensificate, grazie all'impegno personale di un gruppo dei nostri docenti. E qui notiamo che, grazie a questo impegno (e forse anche a nuove tendenze 17 PasseraÁ certamente parecchio tempo prima che alle diverse amministrazioni pubbliche sia chiara la norma che prevede per i laureati triennali gli stessi accessi previsti per i laureati dell'ordinamento preesistente, prima che gli uffici del personale delle imprese del settore privato si rendano conto dell'esistenza dei laureati triennali, prima che ....... Del resto a tutt'oggi, vari anni dopo la pubblicazione delle leggi di avvio della riforma degli studi, il governo non ha ancora emanato alcuna norma che stabilisca quali siano i requisiti di accesso agli istituti (SSIS) che oggi formano gli insegnanti (laurea triennale o laurea specialistica?) e neppure si conosce se questi istituti saranno mantenuti e in tal caso se saranno trasformati e come. IL NOSTRO MONDO Á riportata la percentuale di studenti che ha Fig. 1. ± E superato una data frazione di esami, per il vecchio ordinamento quadriennale e per il nuovo ordinamento triennale. generali oggi in atto), il numero complessivo delle matricole eÁ cresciuto da 171 (2000) a 181 (2001) e 192 (2002), con una evidente inversione rispetto al decennio precedente. Considerando ancora soltanto le matricole, aumenta poi dal 20,5% al 26,6% la frazione «in regola», costituita cioeÁ da coloro che hanno sostenuto tutti gli esami previsti dall'ordinamento 18 e anche, dal 43,3 al 59%, la frazione di quelli che ne hanno superato almeno la metaÁ. Oltre ai due estremi citati, eÁ interessante osservare tutta la curva che rappresenta la percentuale di studenti che hanno superato una frazione degli esami in funzione di tale frazione (fig. 1). Questa curva permette un confronto tra il vecchio ed il nuovo ordinamento che tenga conto della grande differenza del numero di esami del primo anno (4 per il vecchio, 10 per il nuovo ordinamento). Si nota un incremento piccolo ma costante su tutto lo spettro degli studenti: si va da un miglioramento del 25% per gli studenti eccellenti che superano tutti gli esami, al 30% per gli studenti che ne superano la metaÁ, fino al 35% per gli studenti mediocri che passano solo un quarto degli esami. EÁ interessante notare che queste percentuali smentiscono l'obiezione, che sembrava sensata anche a molti convinti sostenitori del nuovo ordinamento, che l'introduzione di un maggior numero di esami avrebbe sfavorito soprattutto gli studenti piuÁ deboli. Un altro dato significativo eÁ costituito dalla frazione di successi per modulo, in funzione del trimestre in cui il modulo eÁ impartito: questa frazione eÁ piuttosto stabile per tutti i moduli del primo anno e risulta praticamente indipendente dal trimestre, con una situazione completamente diversa rispetto ai due semestri del vecchio ordinamento, per i quali il numero di studenti che superava fisica generale I, posto nel secondo semestre del primo anno, era sensibilmente inferiore al numero di studenti che avevano superato analisi matematica I nel primo semestre. Gli altri dedicavano il secondo semestre alla preparazione di analisi I, trascurando probabilmente del tutto fisica generale, che diveniva per essi a tutti gli effetti un esame del secondo anno. La continua riproduzione di questo meccanismo era la prima origine dell'abnorme allungamento della durata del corso degli studi. Se si analizzano ora le distribuzioni dei voti conseguiti agli esami, riportate in fig. 2, si puoÁ notare come queste si addensino verso votazioni elevate, con code ridotte verso il basso, quasi trascurabili sotto i 20/30. Va anche sottolineato che queste distribuzioni sono sostanzialmente analoghe a quelle riscontrabili nel vecchio ordinamento: cioÁ significa in particolare che non si eÁ verificato il temuto sfondamento verso il basso, con promozioni quasi forzate di studenti mediocri. D'altra parte questo tipo di distri- 18 Qui va osservato che nella vecchia laurea ai superamenti d'esame in un dato anno accademico contribuiva in modo apprezzabile anche la sessione di febbraio dell'anno successivo, mentre nelle nuove lauree, come detto in precedenza, l'ultima sessione d'esame si svolge a settembre. Fig. 2. ± Distribuzione dei voti degli esami del primo anno per il vecchio ordinamento quadriennale e per il nuovo ordinamento triennale. 67 IL NUOVO SAGGIATORE 68 buzione eÁ giustificato se lo sbocco del laureato in fisica richiede un'alta preparazione, come quella necessaria per la ricerca di frontiera, lo eÁ meno se la formazione del laureato in fisica deve rispondere anche alla domanda di tecnologi con qualificazione universitaria, destinata secondo tutte le analisi a crescere nel futuro. In tal caso se il prezzo da pagare per tali votazioni medie elevate continueraÁ ad essere una abnorme durata degli studi, uno degli principali obiettivi della riforma degli studi saraÁ stato mancato. Altri dati, non disponibili in forma quantitativa, riguardano l'aumento della frequenza ai corsi e soprattutto la riduzione del noto fenomeno del «decadimento» delle presenze in aula fra l'inizio e la fine dei corsi. Si deve notare tuttavia che affrontare l'esame al termine del corso 19 non eÁ ancora diventata una abitudine generalizzata alla totalitaÁ degli studenti, nonostante gli indubbi progressi rispetto al passato: vi sono evidentemente delle difficoltaÁ che in qualche modo vanno superate e forse giocano a sfavore anche tendenze «storiche» che in qualche modo si tramandano. Osserviamo del resto che il primo anno di attuazione dei nuovi corsi, anche a fronte dei forti cambiamenti apportati rispetto al passato (alcuni dei corsi avviati erano del tutto nuovi), ha costituito in larga misura una fase di sperimentazione, che eÁ stata affrontata con entusiasmo e impegno sia dal corpo docente 20 che dal personale amministrativo e tecnico del dipartimento. Nell'ambito di questa sperimentazione sono stati anche posti in luce problemi ed inconvenienti, ai quali si eÁ cercato di porre rimedio. Questi hanno riguardato, fra l'altro, i corsi di laboratorio di strumentazione, tenuti al primo trimestre del I anno, dove rappresentano l'unico corso di fisica. 19 Alle matricole delle nuove lauree eÁ stato sottolineato in varie occasioni l'errore che si commette scegliendo di affrontare l'esame solo quando ci si sente perfettamente preparati e anche l'errore di non accettare in sede d'esame una votazione ritenuta insoddisfacente in vista di un futuro piuÁ radioso. Abbiamo anzi scelto di incentivare, incrementando con un punteggio addizionale il voto finale di laurea, coloro che completeranno gli studi nei tre anni previsti dalla norma. 20 Un particolare apprezzamento va rivolto a molti docenti della fascia piuÁ giovane che hanno affrontato i nuovi compiti didattici con vivo entusiasmo, pur avendo chiara cognizione che il loro impegno non troveraÁ concreti riconoscimenti nelle sedi concorsuali a fronte dell'attuale normativa. Una critica diffusa 21 ha riguardato le difficoltaÁ di assimilazione derivanti dalla modularizzazione della didattica, che porta a dover affrontare l'esame dopo un periodo relativamente breve (tipicamente 10 settimane) di esposizione a nuovi argomenti. Qui notiamo subito che la «velocitaÁ » di svolgimento dei corsi (rapporto fra contenuti e tempo ad essi dedicato) non sempre eÁ aumentata e in vari casi eÁ anzi sostanzialmente diminuita (in precedenza i due corsi di fisica generale occupavano complessivamente due semestri, mentre ora i sei moduli ad essi corrispondenti si svolgono nell'arco di sei trimestri). Va anche detto che l'obiettivo di sdrammatizzare l'esame, rendendolo effettivamente sostenibile subito dopo la fine del corso attraverso una serie di valutazioni in itinere ed altri incentivi, non eÁ stato attuato in tutte le occasioni con le stesse modalitaÁ e con la stessa consapevolezza da parte dei diversi docenti. Nel nuovo ordinamento l'esame finale di un modulo, sostenuto di fronte ad una coppia di docenti con cui lo studente ha interagito in classi di 30-50 persone, con molteplici occasioni di valutazione individuale (dal risultato degli esoneri alla correzione dei compiti per casa), dovrebbe costituire solo il perfezionamento di una valutazione ormai consolidata. EÁ difficile tuttavia far perdere a studenti e docenti l'idea che si tratti invece della prova cruciale, che richiede una apposita preparazione dopo la fine del corso ed una lunga e stressante cerimonia. Da molte parti si eÁ poi sostenuto che un risultato negativo dei nuovi ordinamenti sia rappresentato da una cosiddetta «licealizzazione» dell'UniversitaÁ. Ora se con questo si intende la realizzazione di una didattica in piccole classi, con forte interazione tra studenti e docenti, attuata anche attraverso esercizi in classe e compiti a casa, andrebbe ricordato che questo eÁ nella tradizione del corso di laurea in fisica di Roma (come di molte altre UniversitaÁ) dove le «classi di pedagogaggio» hanno sempre rappresentato (almeno nei periodi nei quali le risorse di «pedagoghi» rendevano possibile la costituzione di piccole classi) un momento importante della forma- 21 R. LANGONE , M. G RANATA , L. N ATICCHIONI «Didattica con troppa fretta» Le Scienze, no. 414, Febbraio (2003) p. 8; G.V. PALLOTTINO «Snelliamo i tempi della laurea» Le Scienze, no. 416, Aprile (2003) p. 5. IL NOSTRO MONDO zione degli studenti. Se invece ci si riferisce ad una didattica informativa e nozionistica, senza piuÁ osmosi con le frontiere della ricerca, questo eÁ un rischio grave, che sicuramente abbiamo cercato di evitare nella impostazione ma che richiede la massima attenzione. Il vero antidoto rimane il coinvolgimento dei migliori ricercatori a tutti i livelli dell'insegnamento universitario. Una delle motivazioni della scelta di una forte modularizzazione eÁ stata appunto quella di permettere (almeno in linea di principio) ad ogni docente di impartire un modulo per la laurea triennale, uno per la specialistica ed uno per il dottorato. La vera licealizzazione si avrebbe invece con una netta divisione, di cui talvolta si parla, tra docenti impegnati a tempo pieno nella didattica per la laurea triennale, di fatto estraniati da ogni attivitaÁ di ricerca, e docenti/ricercatori per la laurea specialistica o il dottorato. Due osservazioni, per concludere. La prima eÁ che l'avvio delle lauree triennali sta sfoltendo solo assai lentamente il considerevole numero (502) degli studenti iscritti alla laurea quadriennale che si trovavano fuori corso e che si poteva immaginare cogliessero l'occasione per abbreviare il completamento dei loro studi passando al nuovo ordinamento. Durante il primo anno dopo l'apertura delle nuove lauree si sono infatti registrate soltanto 150 domande di passaggio dal corso quadriennale a quelli triennali (alcuni di questi studenti hanno poi conseguito la laurea triennale). La seconda osservazione riguarda un interessante caso di eterogenesi dei fini. Uno degli obiettivi della riforma, enunciato nella Dichiarazione di Bologna, consisteva nel facilitare i passaggi di corso fra le universitaÁ dei diversi Paesi Europei. Il risultato eÁ stato invece quello di rendere assai piuÁ complicati i trasferimenti di corso fra le diverse universitaÁ italiane, per quanto riguarda il riconoscimento degli esami superati, a causa delle scelte didattiche assai differenti, sia in termini di suddivisione in moduli dei corsi tradizionali, che di assegnazione di crediti, compiute nelle diverse sedi nell'ambito della giaÁ menzionata autonomia universitaria 22. *** Ringraziamo i Colleghi che hanno contribuito ai lavori della Commissione Didattica e in particolare il prof. Guido Martinelli, Direttore del Dipartimento. 22 In passato uno studente che, per esempio, avesse superato in qualsiasi ateneo l'esame di analisi matematica I o di fisica generale I nell'ambito di un corso di laurea in matematica, fisica o ingegneria, ne avrebbe avuto l'immediato riconoscimento in qualsiasi altra sede. Ora, invece, il riconoscimento deve tener conto dei moduli (quanti e quali) in cui tale corso eÁ stato suddiviso, e del numero di crediti assegnati a ciascuno di essi, nella sede di partenza e in quella di arrivo, eventualmente prevedendo colloqui o esami integrativi. 69 IL NUOVO SAGGIATORE Ricordo di Michele Ferrara 70 Il 7 luglio scorso eÁ venuto a mancare prematuramente il carissimo collega Michele Ferrara del Dipartimento di Fisica dell'UniversitaÁ di Bari. Dopo un'esperienza professionale giovanile presso l'azienda Magnadyne di Torino, Michele Ferrara si laurea in Fisica nel 1970 presso l'UniversitaÁ di Bari con una tesi sull' ``Effetto fotovoltaico nei semiconduttori lamellari'', avviando la ventennale collaborazione con Aldo Cingolani. La carriera universitaria di Ferrara, grazie alle sue doti di ricercatore e docente, immediatamente riconosciute e apprezzate, si sviluppa attraverso varie tappe: prima diviene borsista del Centro Studi ed Applicazioni in Tecnologie Avanzate (CSATA), creato poco tempo prima dal compianto Prof. Merlin, allora direttore dell'Istituto di Fisica di Bari; poi assistente ordinario di Struttura della Materia, ed in successione professore incaricato di ``Fisica Molecolare'', professore di Fisica per il Corso di Laurea di Ingegneria Meccanica, quindi professore stabilizzato e poi associato di ``Laboratorio di Fisica''. EÁ all'inizio di questo periodo che uno degli estensori di queste note (P.M.L.) ha il privilegio di avere Michele Ferrara come primo maestro di tecniche sperimentali. Nel 1988 Michele Ferrara, vincitore di concorso nazionale a professore ordinario, viene chiamato a ricoprire la cattedra, che ha sempre mantenuto, di ``Laboratorio di Fisica'' per il corso di laurea in Fisica dell' UniversitaÁ di Bari. In tutte queste varie fasi egli manifesta sempre qualitaÁ indiscusse di docente attento agli aspetti didattici ed organizzativi di corsi indubbiamente avanzati, dai nuovi contenuti e quindi tutti da costruire: egli lo fa con estremo impegno e perizia. Riscuote sempre consenso e giudizi lusinghieri oltre che dai colleghi, soprattutto dagli studenti, che numerosi richiedono il suo supporto per la preparazione della tesi di laurea. Il suo modo naturale di porgersi, paziente, gentile, amichevole, incoraggia sempre i giovani che ricambiano con rispetto, ma soprattutto con simpatia questo suo atteggiamento. I laureati da lui direttamente formati (oltre un centinaio) hanno trovato poi senza problemi collocazione o in aziende di alto livello tecnologico o presso il nostro Dipartimento, contribuendo alla crescita del gruppo di Elettronica Quantistica e Fisica della Materia. Diversi tra questi giovani sono ora professori o ricercatori universitari affermati. Nell'ambito delle attivitaÁ organizzative del Corso di Laurea in Fisica, e ultimamente nei nuovi corsi triennali e specialistici di Fisica e Scienze dei Materiali, si prodiga sempre per la messa a punto di piani di studio, programmi e ordinamenti didattici, sempre attento e rispettoso degli aspetti di equilibrio tra le varie esigenze culturali, di visibilitaÁ , di risorse dei vari settori scientifico-disciplinari. Quale responsabile scientifico, attraverso numerosi progetti finalizzati e progetti speciali CNR, promuove in questi anni ricerche innovative nel campo dell'Elettronica Quantistica e della Fisica dei Semiconduttori analizzando le proprietaÁ ottiche lineari, non-lineari, strutturali ed elettroniche delle eterostrutture a confinamento quantistico, con particolare attenzione allo studio dei fenomeni ad alta intensitaÁ di eccitazione e agli effetti a molti corpi. Caratterizza nuove sorgenti Laser a semiconduttore , attraverso le tecniche piuÁ avanzate di fotoluminescenza e spettroscopia micro±Raman. Notevole impegno dedica poi allo studio delle lavorazioni dei materiali mediante laser di potenza e all'applicazione di sorgenti Laser in Medicina e nella rilevazione di inquinanti in atmosfera. IL NOSTRO MONDO In questo contesto raccoglie sempre risultati di eccezionale interesse scientifico e tecnologico, come gli viene costantemente riconosciuto dalla comunitaÁ scientifica nazionale ed internazionale. EÁ stato autore di oltre un centinaio di lavori su riviste nazionali ed internazionali di elevato impact factor su questi temi di ricerca. Nell'ambito delle attivitaÁ promozionali relative a queste ricerche eÁ stato piuÁ volte l'organizzatore di Congressi Internazionali su ``semiconduttori lamellari ed effetti coerenti in eccitazioni elementari in semiconduttori'', quindi docente presso le Scuole Nazionali di Elettronica Quantistica, Fisica della Materia, Optoelettronica, riscuotendo sempre notevoli apprezzamenti in queste attivitaÁ formative, dove i suoi contributi sono sempre giudicati di estremo valore. EÁ stato Presidente del Comitato Scientifico del Centro Laser (Bari) e Componente del Comitato Tecnico Scientifico del consorzio PASTIS (Mesagne, Brindisi). Nell'ambito delle attivitaÁ organizzative del Dipartimento di Fisica ha offerto sempre la sua completa disponibilitaÁ ricoprendo cariche di coordinamento nelle varie Commissioni Scientifiche d'area e nella Commissione Didattica, cariche di Rappresentante nella Giunta di Dipartimento e nel Collegio dei docenti del Dottorato di Ricerca, infine di Sostituto Direttore. Soprattutto in queste attivitaÁ, le sue doti di mediazione e la sua serenitaÁ di giudizio, da tutti apprezzate, hanno contribuito a garantire la crescita armonica di un Dipartimento Interateneo, che, in quanto ricco di iniziative e complesso nella sua articolazione scientifica ed organizzativa, necessita sempre di uno sforzo collettivo ispirato a criteri di equilibrio. Abbiamo sinora accennato solo ad alcuni aspetti del profilo morale e umano di Michele Ferrara, come la sua gentilezza, la pazienza , la serenitaÁ di giudizio. Ma c'eÁ tanto di piuÁ: l'onestaÁ culturale che traspariva nei rapporti di lavoro con i colleghi: egli era sempre pronto ad incoraggiare, sostenere, cogliere gli aspetti migliori nelle persone che collaboravano o interagivano con lui senza mai lasciarsi andare a critiche sterili; il senso del dovere verso le istituzioni didattiche: non ha trascurato mai una lezione, un'esercitazione in laboratorio, un impegno didattico di qualunque tipo, specialmente negli ultimi tempi particolarmente difficili per lui, date le sue condizioni di salute; il rispetto verso gli studenti: sempre rigoroso nei giudizi quanto tranquillizzante verso i giovani nelle sessioni d'esame; costruttivo e promozionale nelle critiche e nelle valutazioni: sempre calmo, sorridente e infaticabile; il rigore etico nella gestione degli aspetti organizzativi del Dipartimento: essendo un esponente di riferimento di un'area scientifica in espansione, ha sempre rifuggito da facili impostazioni conflittuali dei problemi, adoperandosi con schiettezza e determinato ottimismo nella ricerca della soluzione di mediazione, che mai, se costruita da lui, risultava riduttiva. L'amicizia che ci ha manifestato eÁ un bene prezioso, specialmente per chi ha avuto l'opportunitaÁ di sperimentarla attraverso una assidua collaborazione e una profonda conoscenza: amicizia piena, autentica, indiscussa. Michele Ferrara oggi non ci suscita solo bellissimi ricordi, ma ci lascia soprattutto un'importante ereditaÁ di valori che ci incoraggiano ad operare al meglio come docenti e ricercatori, come egli ha sempre saputo fare. Pietro Mario LugaraÁ Direttore dell'UnitaÁ di Ricerca INFM - Bari Paolo Spinelli Presidente del CCdL in Fisica UniversitaÁ degli Studi - Bari 71