IL NOSTRO MONDO
IL NOBEL 2003 PER LA FISICA
G. La Rocca
Scuola Normale Superiore, Pisa
Il 7 ottobre scorso la Reale Accademia delle
Scienze di Svezia ha annunciato il conferimento
del Premio Nobel per la Fisica del 2003 a ALEXEI
ABRIKOSOV, VITALY GINZBURG e ANTHONY LEGGETT
per i loro «contributi pionieristici alla teoria dei
superconduttori e dei superfluidi». A. Abrikosov, nato il 1928 a Mosca, eÁ attualmente all'Argonne National Laboratory vicino Chicago,
V. Ginzburg, nato il 1916 a Mosca, eÁ al Lebedev
Physical Institute di Mosca, e A. Leggett, nato a
Londra nel 1938, eÁ presso il Dipartimento di Fisica dell'UniversitaÁ dell'Illinois a Urbana-Champaign. La superconduttivitaÁ o la superfluiditaÁ
esibite alle basse temperature da sistemi di
particelle cariche, quali gli elettroni in un metallo, o neutre, quali gli atomi di elio, sono di
speciale interesse in quanto fenomeni quantistici
che si manifestano su scala macroscopica. In
termini generali, entrambe sono dovute alla
condensazione di bosoni, o di coppie di fermioni, in un unico stato quantistico. Il principale
contributo di V. Ginzburg alla teoria della superconduttivitaÁ consiste nella formulazione assieme a Lev Landau nel 1950 delle equazioni fenomenologiche che descrivono il comportamento del condensato in presenza di campi
magnetici e disomogeneitaÁ spaziali. A. Abrikosov ha sviluppato nei primi anni cinquanta la
teoria dei superconduttori di seconda specie e
descritto, in particolare, come in essi la parziale
penetrazione del campo magnetico dia luogo
alla formazione dei vortici. Infine, i risultati piuÁ
importanti di Leggett, ottenuti nei primi anni
settanta, riguardano la teoria della superfluiditaÁ
dello 3He, l'isotopo fermionico dell'elio, e le associate proprietaÁ magnetiche.
Fino all'avvento della teoria BCS di John Bardeen, Leon Cooper e Robert Schrieffer nel 1957,
non vi eÁ stata una comprensione soddisfacente a
livello microscopico della superconduttivitaÁ,
osservata per la prima volta nel mercurio nel
1911 da Heike Kamerlingh Onnes.
V. GINZBURG e L. Landau, prendendo le mosse
dalla teoria di Landau delle transizioni di fase
del secondo ordine del 1937, hanno introdotto
fenomenologicamente una funzione complessa
…~
r † quale parametro d'ordine dello stato superconduttivo che si sviluppa sotto la temperatura critica, e formulato sulla base di generali
considerazioni di simmetria un'espressione per
l'energia libera in termini della e delle sue
derivate in presenza di un campo magnetico.
Dalla minimizzazione dell'energia libera, hanno
quindi ottenuto un sistema completo di equazioni che legano tra loro la , la corrente e il
potenziale vettore del campo magnetico, e possono essere risolte con le opportune condizioni
al bordo. L'ideazione di questa teoria fenomenologica, che sta alla base di importantissimi
sviluppi non solo nel campo della superconduttivitaÁ, eÁ il frutto di un'intuizione prodigiosa:
Vitaly Ginzburg e Lev Landau nello scrivere le
loro equazioni non potevano nemmeno contare
su una precisa nozione del significato della
funzione . EÁ stato in seguito naturale sulla base
della teoria BCS identificare la carica che in
esse compare con quella di due elettroni, cioeÁ di
una coppia di Cooper. Infine, nel 1959 Petrovic
Gorkov ha fornito la derivazione delle equazioni
di Ginzburg-Landau a partire dalla teoria microscopica BCS. Queste equazioni, in particolare, conducono naturalmente alla considerazione di due scale spaziali: la lunghezza di penetrazione , giaÁ introdotta dai fratelli Fritz e
Heinz London nel 1935, che caratterizza la penetrazione del campo magnetico all'interno di un
superconduttore, e la lunghezza di coerenza che
caratterizza la variazione spaziale della . Entrambe divergono in prossimitaÁ della temperatura
critica, ma il loro rapporto rimane costante ed eÁ
noto come parametro di Ginzburg-Landau
ˆ =. A seconda
p che tale parametro sia minore
o maggiore di 1= 2, la tensione superficiale sulla
frontiera che separa una zona ove il materiale eÁ
nello stato normale da una in cuieÁ superconduttore assume
pvalori positivi o negativi. Il
primo caso, < 1= 2, caratterizza p
i supercon
duttori di prima specie, l'altro, > 1= 2, quelli di
seconda specie. Pur notando questa fondamentale
distinzione, V. Ginzburg e L. Landau non approfondirono lo studio dei superconduttori di seconda specie, percheÁ i superconduttori allora
maggiormente studiati erano tutti di prima specie
(ad esempio, per il mercurio ˆ 0:16).
59
IL NUOVO SAGGIATORE
60
Tra il 1952 e il 1957, A. ABRIKOSOV ha sviluppato la teoria dei superconduttori di seconda
specie e del loro comportamento in presenza di
un campo magnetico. Nei superconduttori di
prima specie (tipicamente i metalli semplici),
l'effetto Meissner, cioeÁ l'espulsione del campo
magnetico dall'interno del campione al di sotto
della temperatura critica Tc , ha luogo in modo
perfetto per campi inferiori ad un campo magnetico critico Hc …T†, mentre campi maggiori di
questo inibiscono la superconduttivitaÁ e penetrano completamente nel campione. Che tale
comportamento non fosse universale era giaÁ
noto dal 1937 sulla base degli esperimenti di Lev
Shubnikov su leghe metalliche superconduttrici
nelle quali l'espulsione del campo magnetico
risulta perfetta al di sotto di un campo critico
inferiore Hc1 e parziale per valori del campo
compresi tra Hc1 e un campo critico superiore
Hc2 > Hc1 , al di sopra del quale la superconduttivitaÁ eÁ inibita e la penetrazione del campo
completa. Motivato da studi sperimentali allora
condotti all'Istituto Kapitza per i problemi fisici
a Mosca da Nikolay Zavaritzkii, A. Abrikosov ha
intrapreso l'analisi del comportamento previsto
dalle equazioni di Ginzburg-Landau per i superconduttori di seconda specie, in particolare
per grandi valori del parametro di GinzburgLandau , dimostrando che il valore negativo
della tensione superficiale tra le fasi superconduttrice e normale favorisce p
per
 campi
magnetici compresi tra Hc1 e Hc2 ˆ 2 Hc1 la
formazione di uno stato misto dove solo parte
del campione eÁ superconduttore e l'effetto
Meissner eÁ incompleto. Successivamente, ha
dato una dettagliata descrizione della struttura
spaziale dello stato misto basata sulla formazione dei vortici, al cui interno avviene la penetrazione del campo magnetico: la …~
r † va a
zero in corrispondenza dell'asse del vortice, la
sua fase varia di 2 lungo un cammino che circondi il vortice e il flusso del campo magnetico
associato al vortice vale ch=2e. All'aumentare
del campo magnetico da Hc1 ad Hc2 , tali vortici si
infittiscono e si dispongono secondo un reticolo
triangolare (noto come reticolo di Abrikosov),
fincheÁ per campi superiori a Hc2 la penetrazione
del campo risulta completa e la fase superconduttiva distrutta. EÁ interessante notare come
negli stessi anni, in modo del tutto indipendente,
Richard Feynman spiegasse la rilevanza dei
vortici, inizialmente ipotizzati da Lars Onsager
nel 1949, per il comportamento superfluido
dello 4 He.
La scoperta della superfluiditaÁ nell'elio liquido al di sotto della transizione lambda a
T ˆ 2:17 K risale al 1938, e tale fenomeno eÁ stato
subito interpretato quale condensazione di
Bose-Einstein degli atomi bosonici dello 4 He.
A partire dagli anni 50 divennero disponibili
anche quantitaÁ significative dell'isotopo fermionico 3 He prodotte ai reattori nucleari dal
decadimento del trizio, ma fu solo nel 1972 che
la superfluiditaÁ nello 3 He venne scoperta alla
temperatura critica di circa 3 mK da Douglas
Osheroff, Robert Richardson e David Lee. Tale
fenomeno eÁ assimilabile alla condensazione di
Bose-Einstein di coppie di atomi di 3 He, in analogia a quella delle coppie di Cooper nei metalli
superconduttori. Le coppie di Cooper nei superconduttori tradizionali sono prive di gradi di
libertaÁ interni poicheÁ sia il loro momento angolare orbitale sia quello di spin sono nulli (onda S:
L ˆ 0; singoletto di spin: S ˆ 0); da questo punto
di vista, esse sono del tutto analoghe ai singoli
atomi di 4 He. Nello 3 He, invece, l'accoppiamento degli atomi avviene in modo tale che le
coppie hanno sia un momento angolare orbitale
sia uno spin totale diversi da zero (onda P:
L ˆ 1; tripletto di spin: S ˆ 1).
Nei primi anni settanta, A. LEGGETT ha studiato come la superfluiditaÁ dello 3 He sia associata anche ad una «condensazione» nello spazio delle variabili interne, con particolare riferimento alla rottura delle simmetrie di rotazione
connesse allo spin totale, al momento orbitale e
alla loro relativa orientazione per accoppiamento spin-orbita. A differenza dello 4 He e dei
superconduttori tradizionali, che esibiscono
una sola fase condensata isotropa e non magnetica, le tre fasi superfluide esibite dallo 3 He
risultano pertanto anisotrope e magnetiche. A.
Leggett ha contribuito alla corretta identificazione dei modelli microscopici di tali fasi, che
corrispondono a diversi schemi di rottura delle
simmetrie associate alle variabili interne: la fase
A corrisponde al modello Anderson-BrinkmanMorel, la fase B al modello Balian-Wertheimer e
la fase A1(presente solo in campo magnetico) al
modello Ambegaokar-Mermin. Inoltre, A. Leggett ha descritto quantitativamente il comportamento magnetico dello 3 He superfluido spiegando i dati di risonanza magnetica nucleare e
prevedendo l'esistenza di una risonanza in configurazione longitudinale, cioeÁ col campo magnetico di alta frequenza parallelo a quello statico (normalmente in NMR si usa solo la configurazione trasversale).
IL NOSTRO MONDO
I risultati teorici di V. Ginzburg, A. Abrikosov
e A. Leggett sono di fondamentale interesse, e
sono oggi applicati allo studio della superfluiditaÁ e della superconduttivitaÁ anche in nuovi
sistemi fisici, quali in particolare i superconduttori ad alta temperatura critica e i vapori
ultrafreddi di atomi alcalini sia bosonici sia
fermionici, per vari aspetti diversi da quelli che
hanno storicamente motivato le loro ricerche.
LA RIFORMA DEGLI STUDI A FISICA,
``LA SAPIENZA'': SCELTE, ATTUAZIONE E
RISULTATI PRELIMINARI
E. Longo e G. V. Pallottino
Dipartimento di Fisica
UniversitaÁ ``La Sapienza'', Roma
Si presenta un quadro dei criteri seguiti e delle
scelte compiute dal Dipartimento di Fisica della
Sapienza nella fase di preparazione della riforma degli studi universitari che ha condotto
all'istituzione delle lauree triennali. Nella nostra
sede, in particolare, abbiamo istituito tre lauree:
Fisica, Fisica e Astrofisica; Tecnologie Fisiche
e dell'Informazione (quest'ultima con una molteplicitaÁ di indirizzi), attuandole gradualmente,
anno dopo anno, a partire dall'AA 2001-2002. Si
riferisce quindi sull'attuazione dei nuovi corsi,
sulle modalitaÁ didattiche, incluse quelle riguardanti le verifiche del profitto, sui risultati
preliminari conseguiti e su alcuni inconvenienti
riscontrati.
1. ± Prima della riforma
Ricordiamo innanzitutto che vari anni prima
della recente riforma degli studi, in occasione
della revisione delle tabelle su cui si basavano gli
ordinamenti dei corsi, si era svolta a livello nazionale una discussione sulle modifiche da apportare alla struttura didattica del corso di laurea
in fisica al fine di renderla piuÁ efficace, esaminando in particolare la prospettiva di allungarne
la durata da 4 a 5 anni, come poi fu scelto di fare
per altri corsi di laurea delle facoltaÁ scientifiche,
fra cui chimica e scienze biologiche. Questa
strada peroÁ non venne seguita e fu certamente
una saggia decisione, soprattutto perche l'aumento della durata legale a cinque anni di corso
avrebbe assai probabilmente privilegiato la cre-
scita dei contenuti 1 conseguente ai progressi
delle conoscenze disciplinari, e quindi avrebbe
poi reso piuÁ arduo il passaggio alla struttura a due
cicli prevista dalla riforma.
Ricordiamo anche che quando avemmo notizia 2 della riforma degli studi universitari, nel
nostro dipartimento era giaÁ in atto un dibattito
sulla necessitaÁ di aggiornare la didattica ed
erano state avviate varie attivitaÁ di sperimentazione 3. Si considerava, fra l'altro, la possibilitaÁ
di fare ricorso a metodi didattici piuÁ efficaci 4 e a
modalitaÁ d'esame meno traumatiche, in una parola a rendere piuÁ facilmente sostenibile il corso
degli studi a uno studente dotato di buone qualitaÁ e di impegno, a fronte di un eccessivo numero di abbandoni e di una durata reale degli
studi che aveva raggiunto, in media, 6,7 anni.
Tutto cioÁ, evidentemente, da attuare senza venir
meno al livello di qualitaÁ formativa che eÁ nostra
tradizione. Una parte consistente dei nostri
laureati era di altissima qualitaÁ, come dimostravano i risultati del confronto in ambito internazionale, producendo tesi di laurea, svolte
nel quadro di attivitaÁ di ricerca di avanguardia,
non di rado al livello di quelle che in altri paesi
completano un dottorato di ricerca.
Un altro elemento che ci spingeva verso il
cambiamento era la necessitaÁ di operare in
modo da contrastare il calo delle iscrizioni che
si era verificato nell'ultimo decennio alla Sapienza come nella generalitaÁ delle altre sedi. Fra
il 1990 e il 2000 le immatricolazioni a fisica si
erano infatti ridotte da 448 a 178 alla Sapienza,
1
Nel corso dei decenni il totale dei contenuti somministrati agli studenti eÁ indubbiamente cresciuto per i motivi
anzidetti. D'altra parte l'idea di spostare nelle scuole di
Dottorato almeno una parte dei corsi specialistici impartiti
al IV anno, alcuni dei quali alla frontiera delle conoscenze,
trovava e trova tuttora scarso seguito, soprattutto da parte
dei docenti dei corsi in questione, sebbene questo «nuovo»
istituto sia in atto da un paio di decenni. PuoÁ darsi che a cioÁ
contribuisca il fatto che i corsi di Dottorato non rientrano
(ancora) negli obblighi di legge dei docenti e che questi
corsi sono generalmente seguiti da un numero di allievi
minore rispetto a quelli dell'ultimo anno.
2
Precisiamo che le scelte ministeriali caddero dal cielo,
dato che non vi fu nessuna forma di reale consultazione nei
confronti di chi avrebbe poi dovuto attuarle effettivamente.
3
G. V. PALLOTTINO «Un esempio da seguire», Universitas, n. 71, gennaio 1999.
4
Avremmo potuto scrivere anche «piuÁ moderni», ma
non l'abbiamo fatto di proposito, perche un elemento
emerso chiaramente eÁ che non sempre l'impiego delle moderne tecnologie (trasparenze, presentazioni mediante
calcolatore, ...) aveva condotto a reali miglioramenti dell'efficacia didattica. A volte, anzi, l'aveva peggiorata.
61
IL NUOVO SAGGIATORE
62
da 3468 a 1695 nel complesso degli altri atenei 5,
cioeÁ praticamente si erano piuÁ che dimezzate in
dieci anni. Tale fenomeno non ha riguardato
soltanto fisica, ma la maggior parte dei corsi di
laurea scientifici, con la naturale eccezione di
informatica, e si eÁ verificato anche in altri Paesi
europei e in USA.
Molti elementi di fatto sui problemi della didattica erano emersi in varie occasioni: nelle riunioni degli organi collegiali, in assemblee svolte
con gli studenti di concerto con i loro rappresentanti, e anche nelle analisi delle risposte
degli studenti ai questionari somministrati periodicamente (prima per iniziativa del nostro dipartimento e poi a cura dell'ateneo) per la valutazione della didattica. Questi elementi ponevano in
luce le palesi difficoltaÁ che i nostri allievi incontravano, e conducevano a individuare due fattori
principali a tale riguardo. CioeÁ la crescita, graduale ma incontrollata, dei contenuti che si era
verificata nei decenni trascorsi (a volte accompagnata da incongrue dilatazioni delle ore di lezione
dei corsi) e, contemporaneamente, la diminuzione
del livello formativo delle matricole, sia in termini
di preparazione disciplinare di base in matematica
e fisica 6, sia, soprattutto, per quanto riguarda l'abitudine allo studio e il metodo di studio. Dai dati
raccolti risultava, in particolare, che una larga
frazione di matricole trascorreva il primo anno
cercando di orientarsi e di capire come procedere
piuttosto che studiando e superando esami 7, per
arrivare poi a rendersi conto, con genuino stupore,
che per andare avanti occorreva effettivamente 8
dedicare del tempo allo studio, a questo punto
scegliendo di dedicarsi a questa insolita attivitaÁ
oppure decidendo di abbandonare lo studio della
fisica perche troppo impegnativo. Spesso, anche
quelli che decidevano di proseguire si affidavano a
5
G. F. B ASSANI «La Fisica e le nuove generazioni in
Europa» Il Nuovo Saggiatore, 17, n. 3-4 (2002), 12-16, fascicolo speciale dedicato al convegno «La Fisica e le nuove
generazioni, Accademia dei Lincei, Roma, 25 Maggio 2001.
6
A tale proposito sono illuminanti i risultati dei test
proposti alle nostre matricole a intervalli di cinque anni,
che indicano una progressiva diminuzione del livello formativo in funzione del tempo.
7
Dalle risposte degli studenti ai questionari sui corsi si
poteva infatti apprendere che circa la metaÁ degli intervistati
dichiarava di seguire il corso senza peroÁ studiarne la materia in vista di sostenere l'esame a breve.
8
«EÁ difficile imparare a studiare a vent'anni.» CosõÁ ci ha
riferito una studentessa di fisica, dopo aver seguito i corsi
del primo anno. EÁ una frase che merita riflessione. PercheÁ
individua efficacemente un problema chiave della scuola
quale eÁ oggi.
«regole auree» tramandate dai colleghi piuÁ anziani, come quella che prescrive di non preparare piuÁ
di un esame a sessione, che costituivano una premeditata programmazione dei ritardi.
2. ± Obiettivi, difficoltaÁ e scelte
Il compito di esaminare collegialmente i problemi della didattica e di individuare soluzioni
efficaci, e poi quello di predisporre il nuovo assetto didattico, come richiedevano le norme di
legge sulla riforma degli studi emanate nel frattempo, venne affidato dal dipartimento a una
apposita commissione didattica, che a cioÁ si
potesse dedicare pienamente, svincolata dunque dai compiti operativi riguardanti la gestione
dell'ordinario. Fu inoltre deciso di non nominare la commissione, ma di farla eleggere dal
corpo docente affincheÁ ne fosse espressione
diretta e conseguentemente le sue scelte, anche
quelle piuÁ difficili, potessero trovare poi minore
opposizione. Si mirava cosõÁ a ottenere il massimo coinvolgimento del corpo docente, essenziale ai fini di qualsiasi scelta, anche attraverso
una forte azione di informazione sulle modalitaÁ
e sugli obiettivi della riforma, ritenuta indispensabile a fronte dell'assai variabile interesse
e disponibilitaÁ ad occuparsi di queste questioni
da parte delle diverse persone.
L'impostazione generale seguita nei lavori
della commissione fu quella di non attuare la
nuova struttura a due cicli limitandosi a riverniciare con nuovi titoli i corsi d'insegnamento preesistenti e a ridistribuirli fra il triennio
del primo ciclo e il biennio successivo, ma
piuttosto di interpretare la riforma degli studi, a
cui eravamo obbligati e che non condividevamo
certamente in tutti i suoi aspetti, come una opportunitaÁ per realizzare quelle misure di cambiamento che da tempo ci apparivano necessarie
per migliorare la situazione del nostro corso di
studio. Questa opportunitaÁ, del resto, ci offriva
ampi spazi di decisione su vari aspetti dell'organizzazione didattica, come per esempio i
tempi e le modalitaÁ di svolgimento degli esami di
profitto, secondo quanto previsto dalle norme
sull'autonomia didattica degli atenei 9.
9
Queste norme, introdotte dalla legge 15 maggio 1997,
n. 127 (legge Bassanini), assegnano ampia libertaÁ di scelta
attraverso l'emanazione a livello locale di regolamenti di
ateneo e di corso di studio.
IL NOSTRO MONDO
2.1. ± Contenuti formativi
Uno dei problemi piuÁ delicati della riforma
degli studi riguardava i contenuti formativi, che
secondo le indicazioni governative dovrebbero
fornire al laureato di primo livello sia una adeguata formazione di base, tale da permettergli di
proseguire gli studi verso la laurea specialistica
(e in seguito verso il dottorato di ricerca), sia
una professionalitaÁ immediatamente spendibile
nel mercato del lavoro. In altri termini si richiedeva di fare spazio nei curricula a contenuti
professionalizzanti, spesso estranei ai tradizionali percorsi formativi dell'universitaÁ italiana,
durante lo stesso processo nel quale questi
percorsi dovevano essere alleggeriti e al tempo
stesso ripartiti su due livelli, con inevitabili
rivisitazioni degli stessi contenuti. EÁ evidente la
grande difficoltaÁ di attuare questa indicazione,
che infatti ha incontrato in ambito accademico
critiche assai vivaci e che attualmente eÁ in
corso di modifica con l'emissione di un nuovo
decreto (modificazioni al D.M. 509) da parte del
governo.
Le difficoltaÁ piuÁ forti, naturalmente, riguardavano le lauree tradizionalmente mirate alla
formazione di figure professionali, in particolare medici e ingegneri, per cui si richiedono al
tempo stesso basi molto solide e una larga e
forte professionalitaÁ specifica. Nelle facoltaÁ di
medicina, per le specificitaÁ di questa disciplina e
la palese insensatezza di creare dei «medici
triennali», la riforma basata su due cicli non eÁ
stata attuata. Nelle facoltaÁ d'Ingegneria la riforma eÁ stata invece attuata, ma a spese di una
inevitabile forte compressione della preparazione fisico-matematica di base, rinunciando
cosõÁ, nella sostanza, a produrre ingegneri della
stessa qualitaÁ formativa del passato.
In particolare, la soluzione di posporre alla
laurea specialistica una rivisitazione delle materie di base, riprendendole cioeÁ dopo aver impartito la professionalizzazione richiesta nell'ambito della laurea triennale (proponendo al
primo anno dei corsi triennali, per esempio, una
matematica orientata al calcolo, senza dimostrazioni e con poca attenzione ai casi particolari, e poi in seguito, nella laurea specialistica, di
nuovo la stessa materia trattata piuÁ rigorosamente e con maggiori approfondimenti) ci eÁ
parsa piuttosto insensata e comunque estranea
alla tradizione italiana, siccheÁ abbiamo scelto
diversamente.
A fisica, d'altra parte, l'esigenza di fornire ai
laureati di primo livello una adeguata professionalizzazione era certamente meno impegnativa, in termini di attivitaÁ formative aggiuntive, rispetto ad altre discipline, come la giaÁ citata ingegneria. Infatti la larga frazione dei nostri laureati quadriennali che trovava un buon
inserimento nell'industria e nei servizi, al di
fuori dell'ambito accademico e degli enti pubblici di ricerca, traeva vantaggio soprattutto
dalla sua solida formazione di base nella fisica
classica e nella matematica, dalla dimestichezza
con l'uso consapevole della strumentazione
scientifica acquisita nei numerosi corsi di laboratorio, dall'impostazione critica e dalla capacitaÁ di affrontare ex-novo gli argomenti piuÁ vari,
derivanti da una formazione fortemente orientata alla ricerca scientifica.
SiccheÁ la scelta che abbiamo seguito eÁ stata
quella di mantenere sostanzialmente invariato lo
spazio precedentemente dedicato alle materie di
base nei primi anni di corso, e anzi di arricchire
le attivitaÁ di laboratorio, che a nostro avviso
sono essenziali per la formazione di un fisico e al
tempo stesso costituiscono per i nostri laureati
una carta vincente in molte attivitaÁ 10.
Il criterio di massima che abbiamo seguito eÁ
stato quello di spalmare sui cinque anni dei nuovi
corsi i contenuti della vecchia laurea quadriennale, con qualche limitato sfrondamento
quantitativo piuttosto che qualitativo, a fronte di
una attenta revisione dei programmi, soprattutto
negli argomenti specialistici piuÁ avanzati che
troveranno ampio spazio nei corsi di dottorato, e
con le aggiunte, professionalizzanti e non, richieste dalle nuove norme oppure da noi prescelte. Si eÁ realizzato cosõÁ un moderato ma sostanziale alleggerimento complessivo, come ci
pareva necessario ai fini di garantire la sostenibilitaÁ dei nuovi programmi, senza compromettere la qualitaÁ degli obiettivi formativi.
Fra i nuovi corsi d'insegnamento introdotti
nella laurea triennale 11, vi sono quelli espres-
10
Per manifestare piuÁ chiaramente alle matricole l'importanza del ruolo delle attivitaÁ sperimentali nella loro
formazione abbiamo disposto che ciascuno dei nuovi
iscritti ricevesse in dotazione personale un tester digitale.
11
Qui si deve ricordare che le norme concernenti l'autonomia didattica, previste dalla legge 15 maggio 1997, n.
127 (legge Bassanini) hanno dato agli atenei ampia libertaÁ
nella scelta dei corsi d'insegnamento, mentre le norme relative alla riforma degli studi impongono soltanto vincoli di
massima per i crediti minimi da assegnarsi a determinati
gruppi di discipline, per ciascun gruppo (denominato classe) di lauree.
63
IL NUOVO SAGGIATORE
64
samente richiesti dalla nuova normativa e
quelli introdotti con l'obiettivo di allargare lo
spettro delle conoscenze e di accrescere la
professionalizzazione degli allievi. Fra i primi
rientrano i corsi di informatica, che abbiamo
scelto di attuare come laboratori di calcolo,
cioeÁ in forma operativa e con contenuti facilmente aggiornabili, e il corso di lingua inglese, che eÁ stato attuato con una offerta
didattica diversificata, al fine di assicurare
l'avanzamento delle competenze linguistiche
qualunque fosse il livello di partenza. Fra i
secondi rientrano un corso di astrofisica, un
altro da scegliersi fra fisica della terra e dell'ambiente e fisica dei biosistemi, e un corso di
comunicazione scientifica e tecnologica. La
scelta di attuare quest'ultimo, del resto presente nei curricula di molte universitaÁ di altri
Paesi e suggerita dai requisiti ministeriali
concernenti la preparazione orientata al mondo del lavoro, deriva da varie considerazioni.
Da un lato si constatava, soprattutto negli ultimi anni, la sempre maggiore debolezza della
preparazione dei nostri studenti nella lingua
italiana, dall'altro si riconosceva l'importanza
crescente, nelle attivitaÁ professionali come
nella ricerca scientifica, delle capacitaÁ di comunicazione scritta e orale, inclusa la padronanza delle tecnologie, fra cui il Web, oggi
disponibili a tal fine. Ma si deve anche notare
che questa scelta eÁ stata una di quelle maggiormente contestate, da parte sia di studenti
che di docenti, in quanto ritenuta irrilevante ai
fini della formazione di un buon fisico (opinione assolutamente non condivisa da chi
scrive, sulla base di decenni di esperienza nella
supervisione di tesi di laurea e nella correzione
di tesine e di relazioni di laboratorio).
2.2. ± L'offerta formativa
Aggiungiamo infine che abbiamo voluto
estendere l'offerta formativa, in passato limitata alla laurea in fisica, tenendo conto sia
delle competenze disponibili in dipartimento
che dell'analisi delle effettive destinazioni lavorative dei nostri laureati, che in larga parte
trovano collocazione in ambiti di natura applicativa, diversi da quelli tradizionali della
scuola, dell'universitaÁ e degli enti pubblici di
ricerca. Accanto al programma di laurea
triennale in fisica, abbiamo introdotto un
programma in fisica e astrofisica e uno in
tecnologie fisiche e dell'informazione 12 . Ma
qui dobbiamo notare che, nel precedente ordinamento quadriennale, la scelta fra i diversi
indirizzi della laurea in Fisica (Fisica della
materia, Astrofisica, Particelle elementari,
Elettronica, ecc.) veniva fatta dagli studenti
quando arrivavano al III anno di corso, cioeÁ
dopo aver acquisito un certo grado di maturazione e una ragionevole comprensione dei
contenuti culturali e delle prospettive di questi
diversi percorsi, mentre ora il regolamento di
ateneo richiede che la scelta fra le diverse
lauree avvenga all'atto dell'immatricolazione.
Avendo coscienza delle difficoltaÁ che incontrano le matricole (e le loro famiglie) ai fini di
questa scelta, abbiamo deciso che il primo
anno fosse in comune per tutti e tre i programmi e il secondo fra due di essi, per facilitare eventuali passaggi successivi derivanti
da decisioni piuÁ meditate. Tuttavia rimaniamo
convinti che per garantire una scelta veramente consapevole i regolamenti dovrebbero
prevedere per gli studenti l'iscrizione indifferenziata alla classe dei corsi di laurea in fisica,
rinviando la specificazione del corso di laurea
al momento della effettiva differenziazione dei
curricula.
2.3. ± L'organizzazione della didattica
Un'altra scelta importante ha riguardato la
modularizzazione dei corsi, cioeÁ la suddivisione
in due o tre moduli della maggior parte dei corsi
preesistenti. Abbiamo trovato necessaria e opportuna questa scelta per due motivi. Uno riguardante la necessitaÁ di ottemperare alle esigenze di ripartizione dei crediti (fra attivitaÁ di
base, attivitaÁ caratterizzanti, ...) richieste dalla
nuova normativa; un'altro derivante dall'intento
di cambiare radicalmente tempi e modalitaÁ di
svolgimento degli esami di profitto.
Tutti gli elementi a nostra disposizione, infatti, indicavano chiaramente che per la maggior parte degli studenti, ma soprattutto per
quelli dei primi anni, gli esami di profitto costituivano un momento decisivo, con risvolti
talora addirittura drammatici, della loro atti-
12
A ciascuno di questi programmi triennali segue poi
una corrispondente laurea specialistica con accesso diretto, mantenendo naturalmente la possibilitaÁ di scelte
trasversali con eventuale debito formativo.
IL NOSTRO MONDO
vitaÁ universitaria 13 . A differenza di quanto
avviene in altri Paesi dove l'esame costituisce
una verifica finale, che segue, tenendone
conto, altre verifiche giaÁ compiute durante il
corso, e che si svolge di norma al termine del
corso stesso (mentre da noi gli esami si svolgevano con una pluralitaÁ di occasioni, sessioni
estive, autunnali e invernali, appelli mensili
straordinari e via dicendo, interferendo assai
dannosamente con la didattica ordinaria, e vi
era la possibilitaÁ di ripeterli poi all'infinito).
Per questo ci siamo mossi nella direzione di
sdrammatizzare l'evento esame, sia alleggerendolo grazie alla nuova struttura modulare
dei corsi d'insegnamento sia facilitandolo
attraverso l'introduzione di verifiche intermedie, che hanno anche lo scopo di indicare agli
allievi eventuali carenze a cui porre rimedio in
tempo debito. Ma si eÁ deciso anche, per evitare
interferenze con la didattica e soprattutto per
sottolineare l'esigenza di non disaccoppiare lo
studio dalla frequenza, di offrire due sole occasioni ogni anno per sostenere gli esami: subito al termine di ciascun corso e poi alla fine
dell'anno accademico, in un'unica sessione di
recupero da svolgersi a settembre. A questo
proposito menzioniamo che uno dei piuÁ sorprendenti risultati dei questionari somministrati agli studenti riguardava il quesito «stai
studiando in vista di sostenere l'esame del
corso che stai frequentando?», a cui solo circa
la metaÁ rispondeva affermativamente. Per gli
altri, evidentemente, frequentare un corso costituiva semplicemente un investimento in vista
del futuro, cioeÁ per quando, magari vari anni
dopo, si decideraÁ finalmente di affrontare l'esame.
Va menzionata infine una grave perdita formativa del nuovo ordinamento: quella riguardante la tesi di laurea. Infatti nel triennio,
per forza di cose, non c'eÁ piuÁ spazio per questa
attivitaÁ come era svolta in passato, spesso nell'ambito di un gruppo di ricerca con esperienza
diretta su tematiche avanzate. Il tempo che ora
si puoÁ dedicare alla dissertazione finale eÁ infatti
necessariamente ristretto a pochi mesi, limitando questa attivitaÁ a una rassegna compilativa
13
Ricordiamo che vi sono facoltaÁ nelle quali la presenza
degli studenti nella sede universitaria eÁ concentrata, quando non addirittura limitata, in occasione degli esami. Ed eÁ
per questo che talvolta si dice che le nostre universitaÁ sono
essenzialmente degli esamifici.
su qualche argomento specifico o allo sviluppo
di una relazione su attivitaÁ sperimentali avviata
nell'ambito di uno dei corsi di laboratorio del III
anno. Buone tesi di laurea, naturalmente, potranno essere svolte nell'ambito delle lauree
specialistiche, ma di questa importante esperienza formativa resteranno privi tutti coloro
che conseguiranno soltanto la laurea di primo
livello.
3. ± L'attuazione della riforma
Per quanto riguarda l'attuazione dei nuovi
programmi triennali abbiamo deciso di non
compiere la trasformazione dal vecchio al nuovo in unica soluzione, cioeÁ trasformando subito
tutti i corsi d'insegnamento preesistenti nei
nuovi. In tal caso avremmo dovuto praticamente
imporre agli studenti «quadriennali» di transitare nei nuovi ordinamenti, nel contempo mantenendo (formalmente) i vecchi corsi per garantire la prosecuzione degli studi a coloro che
avessero comunque voluto completare la laurea
quadriernnale secondo il vecchio ordinamento 14. Abbiamo invece preferito procedere nella
riforma gradualmente, anno per anno, avviando
il I anno nell'anno accademico 2001-2002, il II
nell'anno successivo e cosõÁ via, anche allo scopo
di consentire agli studenti giaÁ iscritti una ordinata prosecuzione degli studi nel vecchio ordinamento. Ma la motivazione principale di questa
scelta eÁ stata quella di non dover affrontare tutti
i problemi logistici in una volta sola e anche di
facilitare la diffusione dei nuovi approcci didattici fra i docenti, un fenomeno inevitabilmente lento.
Dalla scelta di modularizzare i corsi eÁ derivata
naturalmente quella di suddividere l'anno accademico in tre trimestri, ciascuno costituito da
circa dieci settimane di didattica e due settimane di esami 15, da ottobre a giugno, dedicando
luglio ai corsi di recupero e settembre all'ultima
14
Come d'altronde prevede la riforma degli studi con
una apposita norma del D.M. 509.
15
In questo modo il tempo assegnato ai periodi di esame
eÁ decisamente piuÁ breve del passato. Questo tempo sarebbe
assolutamente insufficiente se esso dovesse venire impiegato anche a «studiare per l'esame». EÁ probabilmente sufficiente, invece, per svolgere prove d'esame rivolte a studenti abituati ad acquisire gradualmente la loro formazione
frequentando i corsi, studiando man mano quanto trattato
in aula e verificando il grado di preparazione attraverso le
prove intermedie.
65
IL NUOVO SAGGIATORE
66
sessione d'esame dell'anno accademico. I corsi
di recupero a luglio sono un'altra novitaÁ: in essi
si ripetono le parti essenziali dei corsi tenuti
nell'anno e si svolgono soprattutto esercitazioni, in modo da fornire un valido ausilio ai fini
della sessione di settembre a chi non fosse riuscito a superare qualche esame durante l'anno.
Per quanto riguarda lo svolgimento dei corsi
d'insegnamento, la raccomandazione eÁ stata
quella di rendere maggiormente interattiva la
didattica, e per questo abbiamo scelto di limitare a 50 allievi la dimensione delle classi, prevedendo al primo anno quattro canali in parallelo per ciascun corso, tre al secondo anno.
Per facilitare l'interattivitaÁ a lezione e, piuÁ in
generale, per migliorare l'apprendimento, abbiamo ritenuto nostro compito scendere nel
merito della metodologia dello studio, in particolare raccomandando agli studenti la prelettura del materiale di lezione, in modo da poter
intervenire in aula con qualche cognizione di
causa, e poi la postlettura individuale del materiale o degli appunti, per cercare di fissare
permanentemente i contenuti di ciascuna lezione. Abbiamo richiesto ai docenti, d'altra parte,
di indicare chiaramente quali parti del corso
sono ritenute essenziali e quali invece vengono
svolte soltanto a fini introduttivi e anche, ove
possibile, di assegnare periodicamente esercizi
da svolgersi a casa e da correggersi poi collettivamente o individualmente.
Notiamo infine che l'attuazione dei nuovi
programmi eÁ stata compiuta senza disporre di
risorse (aule, calcolatori, laboratori, personale,
finanziamenti, ....) che si aggiungessero a quelle
disponibili in precedenza, richiedendo pertanto
un considerevole impegno addizionale da parte
della nostra docenza e di tutto il personale tecnico e amministrativo nell'inseguimento della
quadratura del cerchio. CioÁ eÁ derivato dalla
scelta governativa di attuare la riforma a costo
zero 16, cioeÁ senza risorse addizionali a parte
quelle eventualmente reperibili in sede locale
(peraltro con esiti assai poco probabili a fronte
delle note difficoltaÁ finanziarie degli atenei), che
ha costituito infatti un elemento di forte difficoltaÁ per una sana ed efficace attuazione della
riforma, sopratutto se interpretata come una
16
A questo riguardo un precedente assai poco incoraggiante eÁ costituito dall'insuccesso incontrato, alcuni
anni fa, dall'istituzione delle cosiddette lauree brevi, attuate a costo zero.
occasione di cambiamento reale. Del resto anche soltanto i requisiti minimi di legge per tutte
le nuove lauree richiedevano l'apprendimento di
una lingua straniera e un certo grado di alfabetizzazione informatica, con la necessitaÁ, da
parte degli atenei, di provvedere a tutto cioÁ; per
non parlare poi dei requisiti di professionalizzazione che nella maggior parte dei casi
avrebbero richiesto consistenti apporti esterni.
4. ± Risultati ottenuti e problemi emersi
Dobbiamo evidentemente rimandare al futuro
una analisi significativa degli esiti della riforma,
sia in relazione agli obiettivi di produttivitaÁ indicati dal decreto ministeriale sia per quanto
riguarda la valutazione della qualitaÁ dei nuovi
laureati e del loro inserimento professionale,
che si potraÁ fare soltanto fra diversi anni 17.
Qui ci limitiamo a considerare gli esiti del
primo anno di attuazione, dove si registra effettivamente qualche elemento moderatamente
incoraggiante, sebbene si tratti evidententemente di indicazioni assai preliminari. Uno di
questi riguarda gli abbandoni, che abbiamo valutato, in mancanza di altri dati, in termini della
frazione, rispetto al totale, delle matricole che
durante il primo anno di corso delle nuove lauree (2001-2002) non hanno sostenuto nessun
esame: questa frazione ammonta oggi al 21%, da
confrontarsi con il 48 % registrato in occasione
dell'ultimo anno di attivazione dei corsi del primo anno della laurea quadriennale (2000-2001).
A questo risultato hanno contribuito, assai probabilmente, anche le attivitaÁ di orientamento
svolte nelle scuole superiori di Roma e dintorni,
che nell'ultimo anno erano state intensificate,
grazie all'impegno personale di un gruppo dei
nostri docenti. E qui notiamo che, grazie a questo impegno (e forse anche a nuove tendenze
17
PasseraÁ certamente parecchio tempo prima che alle
diverse amministrazioni pubbliche sia chiara la norma che
prevede per i laureati triennali gli stessi accessi previsti per
i laureati dell'ordinamento preesistente, prima che gli uffici
del personale delle imprese del settore privato si rendano
conto dell'esistenza dei laureati triennali, prima che .......
Del resto a tutt'oggi, vari anni dopo la pubblicazione delle
leggi di avvio della riforma degli studi, il governo non ha
ancora emanato alcuna norma che stabilisca quali siano i
requisiti di accesso agli istituti (SSIS) che oggi formano gli
insegnanti (laurea triennale o laurea specialistica?) e neppure si conosce se questi istituti saranno mantenuti e in tal
caso se saranno trasformati e come.
IL NOSTRO MONDO
Á riportata la percentuale di studenti che ha
Fig. 1. ± E
superato una data frazione di esami, per il vecchio
ordinamento quadriennale e per il nuovo ordinamento
triennale.
generali oggi in atto), il numero complessivo
delle matricole eÁ cresciuto da 171 (2000) a 181
(2001) e 192 (2002), con una evidente inversione
rispetto al decennio precedente.
Considerando ancora soltanto le matricole,
aumenta poi dal 20,5% al 26,6% la frazione «in
regola», costituita cioeÁ da coloro che hanno
sostenuto tutti gli esami previsti dall'ordinamento 18 e anche, dal 43,3 al 59%, la frazione di
quelli che ne hanno superato almeno la metaÁ.
Oltre ai due estremi citati, eÁ interessante osservare tutta la curva che rappresenta la percentuale di studenti che hanno superato una
frazione degli esami in funzione di tale frazione
(fig. 1). Questa curva permette un confronto tra
il vecchio ed il nuovo ordinamento che tenga
conto della grande differenza del numero di
esami del primo anno (4 per il vecchio, 10 per il
nuovo ordinamento). Si nota un incremento
piccolo ma costante su tutto lo spettro degli
studenti: si va da un miglioramento del 25% per
gli studenti eccellenti che superano tutti gli
esami, al 30% per gli studenti che ne superano la
metaÁ, fino al 35% per gli studenti mediocri che
passano solo un quarto degli esami. EÁ interessante notare che queste percentuali smentiscono l'obiezione, che sembrava sensata anche
a molti convinti sostenitori del nuovo ordinamento, che l'introduzione di un maggior numero
di esami avrebbe sfavorito soprattutto gli studenti piuÁ deboli.
Un altro dato significativo eÁ costituito dalla
frazione di successi per modulo, in funzione del
trimestre in cui il modulo eÁ impartito: questa
frazione eÁ piuttosto stabile per tutti i moduli del
primo anno e risulta praticamente indipendente
dal trimestre, con una situazione completamente
diversa rispetto ai due semestri del vecchio ordinamento, per i quali il numero di studenti che
superava fisica generale I, posto nel secondo
semestre del primo anno, era sensibilmente inferiore al numero di studenti che avevano superato analisi matematica I nel primo semestre.
Gli altri dedicavano il secondo semestre alla
preparazione di analisi I, trascurando probabilmente del tutto fisica generale, che diveniva
per essi a tutti gli effetti un esame del secondo
anno. La continua riproduzione di questo meccanismo era la prima origine dell'abnorme allungamento della durata del corso degli studi.
Se si analizzano ora le distribuzioni dei voti
conseguiti agli esami, riportate in fig. 2, si puoÁ
notare come queste si addensino verso votazioni
elevate, con code ridotte verso il basso, quasi
trascurabili sotto i 20/30. Va anche sottolineato
che queste distribuzioni sono sostanzialmente
analoghe a quelle riscontrabili nel vecchio ordinamento: cioÁ significa in particolare che non
si eÁ verificato il temuto sfondamento verso il
basso, con promozioni quasi forzate di studenti
mediocri. D'altra parte questo tipo di distri-
18
Qui va osservato che nella vecchia laurea ai superamenti d'esame in un dato anno accademico contribuiva in
modo apprezzabile anche la sessione di febbraio dell'anno
successivo, mentre nelle nuove lauree, come detto in precedenza, l'ultima sessione d'esame si svolge a settembre.
Fig. 2. ± Distribuzione dei voti degli esami del primo
anno per il vecchio ordinamento quadriennale e per il
nuovo ordinamento triennale.
67
IL NUOVO SAGGIATORE
68
buzione eÁ giustificato se lo sbocco del laureato
in fisica richiede un'alta preparazione, come
quella necessaria per la ricerca di frontiera, lo eÁ
meno se la formazione del laureato in fisica deve
rispondere anche alla domanda di tecnologi con
qualificazione universitaria, destinata secondo
tutte le analisi a crescere nel futuro. In tal caso
se il prezzo da pagare per tali votazioni medie
elevate continueraÁ ad essere una abnorme durata degli studi, uno degli principali obiettivi
della riforma degli studi saraÁ stato mancato.
Altri dati, non disponibili in forma quantitativa, riguardano l'aumento della frequenza ai
corsi e soprattutto la riduzione del noto fenomeno del «decadimento» delle presenze in aula
fra l'inizio e la fine dei corsi. Si deve notare
tuttavia che affrontare l'esame al termine del
corso 19 non eÁ ancora diventata una abitudine
generalizzata alla totalitaÁ degli studenti, nonostante gli indubbi progressi rispetto al passato:
vi sono evidentemente delle difficoltaÁ che in
qualche modo vanno superate e forse giocano a
sfavore anche tendenze «storiche» che in qualche modo si tramandano.
Osserviamo del resto che il primo anno di attuazione dei nuovi corsi, anche a fronte dei forti
cambiamenti apportati rispetto al passato (alcuni dei corsi avviati erano del tutto nuovi), ha
costituito in larga misura una fase di sperimentazione, che eÁ stata affrontata con entusiasmo e impegno sia dal corpo docente 20 che dal
personale amministrativo e tecnico del dipartimento. Nell'ambito di questa sperimentazione
sono stati anche posti in luce problemi ed inconvenienti, ai quali si eÁ cercato di porre rimedio. Questi hanno riguardato, fra l'altro, i corsi
di laboratorio di strumentazione, tenuti al primo
trimestre del I anno, dove rappresentano l'unico
corso di fisica.
19
Alle matricole delle nuove lauree eÁ stato sottolineato
in varie occasioni l'errore che si commette scegliendo di
affrontare l'esame solo quando ci si sente perfettamente
preparati e anche l'errore di non accettare in sede d'esame
una votazione ritenuta insoddisfacente in vista di un futuro
piuÁ radioso. Abbiamo anzi scelto di incentivare, incrementando con un punteggio addizionale il voto finale di
laurea, coloro che completeranno gli studi nei tre anni
previsti dalla norma.
20
Un particolare apprezzamento va rivolto a molti docenti della fascia piuÁ giovane che hanno affrontato i nuovi
compiti didattici con vivo entusiasmo, pur avendo chiara
cognizione che il loro impegno non troveraÁ concreti riconoscimenti nelle sedi concorsuali a fronte dell'attuale normativa.
Una critica diffusa 21 ha riguardato le difficoltaÁ di assimilazione derivanti dalla modularizzazione della didattica, che porta a dover
affrontare l'esame dopo un periodo relativamente breve (tipicamente 10 settimane) di
esposizione a nuovi argomenti. Qui notiamo
subito che la «velocitaÁ » di svolgimento dei
corsi (rapporto fra contenuti e tempo ad essi
dedicato) non sempre eÁ aumentata e in vari
casi eÁ anzi sostanzialmente diminuita (in precedenza i due corsi di fisica generale occupavano complessivamente due semestri, mentre
ora i sei moduli ad essi corrispondenti si
svolgono nell'arco di sei trimestri). Va anche
detto che l'obiettivo di sdrammatizzare l'esame, rendendolo effettivamente sostenibile subito dopo la fine del corso attraverso una serie
di valutazioni in itinere ed altri incentivi, non eÁ
stato attuato in tutte le occasioni con le stesse
modalitaÁ e con la stessa consapevolezza da
parte dei diversi docenti. Nel nuovo ordinamento l'esame finale di un modulo, sostenuto
di fronte ad una coppia di docenti con cui lo
studente ha interagito in classi di 30-50 persone, con molteplici occasioni di valutazione individuale (dal risultato degli esoneri alla correzione dei compiti per casa), dovrebbe costituire solo il perfezionamento di una valutazione ormai consolidata. EÁ difficile tuttavia far
perdere a studenti e docenti l'idea che si tratti
invece della prova cruciale, che richiede una
apposita preparazione dopo la fine del corso
ed una lunga e stressante cerimonia.
Da molte parti si eÁ poi sostenuto che un risultato negativo dei nuovi ordinamenti sia
rappresentato da una cosiddetta «licealizzazione» dell'UniversitaÁ. Ora se con questo si
intende la realizzazione di una didattica in
piccole classi, con forte interazione tra studenti e docenti, attuata anche attraverso esercizi in classe e compiti a casa, andrebbe ricordato che questo eÁ nella tradizione del corso
di laurea in fisica di Roma (come di molte altre
UniversitaÁ) dove le «classi di pedagogaggio»
hanno sempre rappresentato (almeno nei periodi nei quali le risorse di «pedagoghi» rendevano possibile la costituzione di piccole
classi) un momento importante della forma-
21
R. LANGONE , M. G RANATA , L. N ATICCHIONI «Didattica
con troppa fretta» Le Scienze, no. 414, Febbraio (2003) p. 8;
G.V. PALLOTTINO «Snelliamo i tempi della laurea» Le
Scienze, no. 416, Aprile (2003) p. 5.
IL NOSTRO MONDO
zione degli studenti. Se invece ci si riferisce ad
una didattica informativa e nozionistica, senza
piuÁ osmosi con le frontiere della ricerca, questo eÁ un rischio grave, che sicuramente abbiamo cercato di evitare nella impostazione ma
che richiede la massima attenzione. Il vero
antidoto rimane il coinvolgimento dei migliori
ricercatori a tutti i livelli dell'insegnamento
universitario. Una delle motivazioni della
scelta di una forte modularizzazione eÁ stata
appunto quella di permettere (almeno in linea
di principio) ad ogni docente di impartire un
modulo per la laurea triennale, uno per la
specialistica ed uno per il dottorato. La vera
licealizzazione si avrebbe invece con una netta
divisione, di cui talvolta si parla, tra docenti
impegnati a tempo pieno nella didattica per la
laurea triennale, di fatto estraniati da ogni attivitaÁ di ricerca, e docenti/ricercatori per la
laurea specialistica o il dottorato.
Due osservazioni, per concludere. La prima eÁ
che l'avvio delle lauree triennali sta sfoltendo
solo assai lentamente il considerevole numero
(502) degli studenti iscritti alla laurea quadriennale che si trovavano fuori corso e che si
poteva immaginare cogliessero l'occasione per
abbreviare il completamento dei loro studi passando al nuovo ordinamento. Durante il primo
anno dopo l'apertura delle nuove lauree si sono
infatti registrate soltanto 150 domande di passaggio dal corso quadriennale a quelli triennali
(alcuni di questi studenti hanno poi conseguito
la laurea triennale).
La seconda osservazione riguarda un interessante caso di eterogenesi dei fini. Uno degli
obiettivi della riforma, enunciato nella Dichiarazione di Bologna, consisteva nel facilitare i passaggi di corso fra le universitaÁ dei
diversi Paesi Europei. Il risultato eÁ stato invece
quello di rendere assai piuÁ complicati i trasferimenti di corso fra le diverse universitaÁ
italiane, per quanto riguarda il riconoscimento
degli esami superati, a causa delle scelte didattiche assai differenti, sia in termini di suddivisione in moduli dei corsi tradizionali, che
di assegnazione di crediti, compiute nelle diverse sedi nell'ambito della giaÁ menzionata
autonomia universitaria 22.
***
Ringraziamo i Colleghi che hanno contribuito
ai lavori della Commissione Didattica e in particolare il prof. Guido Martinelli, Direttore del
Dipartimento.
22
In passato uno studente che, per esempio, avesse superato in qualsiasi ateneo l'esame di analisi matematica I o
di fisica generale I nell'ambito di un corso di laurea in matematica, fisica o ingegneria, ne avrebbe avuto l'immediato
riconoscimento in qualsiasi altra sede. Ora, invece, il riconoscimento deve tener conto dei moduli (quanti e quali) in
cui tale corso eÁ stato suddiviso, e del numero di crediti
assegnati a ciascuno di essi, nella sede di partenza e in
quella di arrivo, eventualmente prevedendo colloqui o
esami integrativi.
69
IL NUOVO SAGGIATORE
Ricordo di Michele Ferrara
70
Il 7 luglio scorso eÁ venuto a mancare prematuramente il carissimo collega Michele Ferrara
del Dipartimento di Fisica dell'UniversitaÁ di
Bari.
Dopo un'esperienza professionale giovanile
presso l'azienda Magnadyne di Torino, Michele
Ferrara si laurea in Fisica nel 1970 presso l'UniversitaÁ di Bari con una tesi sull' ``Effetto fotovoltaico nei semiconduttori lamellari'', avviando
la ventennale collaborazione con Aldo Cingolani.
La carriera universitaria di Ferrara, grazie alle
sue doti di ricercatore e docente, immediatamente riconosciute e apprezzate, si sviluppa
attraverso varie tappe: prima diviene borsista
del Centro Studi ed Applicazioni in Tecnologie
Avanzate (CSATA), creato poco tempo prima
dal compianto Prof. Merlin, allora direttore
dell'Istituto di Fisica di Bari; poi assistente ordinario di Struttura della Materia, ed in successione professore incaricato di ``Fisica Molecolare'', professore di Fisica per il Corso di Laurea
di Ingegneria Meccanica, quindi professore stabilizzato e poi associato di ``Laboratorio di Fisica''. EÁ all'inizio di questo periodo che uno degli
estensori di queste note (P.M.L.) ha il privilegio
di avere Michele Ferrara come primo maestro di
tecniche sperimentali.
Nel 1988 Michele Ferrara, vincitore di concorso nazionale a professore ordinario, viene
chiamato a ricoprire la cattedra, che ha sempre
mantenuto, di ``Laboratorio di Fisica'' per il
corso di laurea in Fisica dell' UniversitaÁ di Bari.
In tutte queste varie fasi egli manifesta
sempre qualitaÁ indiscusse di docente attento
agli aspetti didattici ed organizzativi di corsi
indubbiamente avanzati, dai nuovi contenuti e
quindi tutti da costruire: egli lo fa con estremo
impegno e perizia. Riscuote sempre consenso e
giudizi lusinghieri oltre che dai colleghi, soprattutto dagli studenti, che numerosi richiedono il suo supporto per la preparazione
della tesi di laurea.
Il suo modo naturale di porgersi, paziente,
gentile, amichevole, incoraggia sempre i giovani che ricambiano con rispetto, ma soprattutto con simpatia questo suo atteggiamento. I laureati da lui direttamente formati
(oltre un centinaio) hanno trovato poi senza
problemi collocazione o in aziende di alto livello tecnologico o presso il nostro Dipartimento, contribuendo alla crescita del gruppo
di Elettronica Quantistica e Fisica della Materia. Diversi tra questi giovani sono ora professori o ricercatori universitari affermati.
Nell'ambito delle attivitaÁ organizzative del
Corso di Laurea in Fisica, e ultimamente nei
nuovi corsi triennali e specialistici di Fisica e
Scienze dei Materiali, si prodiga sempre per la
messa a punto di piani di studio, programmi e
ordinamenti didattici, sempre attento e rispettoso degli aspetti di equilibrio tra le varie
esigenze culturali, di visibilitaÁ , di risorse dei vari
settori scientifico-disciplinari.
Quale responsabile scientifico, attraverso
numerosi progetti finalizzati e progetti speciali
CNR, promuove in questi anni ricerche innovative nel campo dell'Elettronica Quantistica e
della Fisica dei Semiconduttori analizzando le
proprietaÁ ottiche lineari, non-lineari, strutturali
ed elettroniche delle eterostrutture a confinamento quantistico, con particolare attenzione
allo studio dei fenomeni ad alta intensitaÁ di eccitazione e agli effetti a molti corpi.
Caratterizza nuove sorgenti Laser a semiconduttore , attraverso le tecniche piuÁ avanzate
di fotoluminescenza e spettroscopia micro±Raman. Notevole impegno dedica poi allo studio
delle lavorazioni dei materiali mediante laser di
potenza e all'applicazione di sorgenti Laser in
Medicina e nella rilevazione di inquinanti in atmosfera.
IL NOSTRO MONDO
In questo contesto raccoglie sempre risultati
di eccezionale interesse scientifico e tecnologico, come gli viene costantemente riconosciuto
dalla comunitaÁ scientifica nazionale ed internazionale. EÁ stato autore di oltre un centinaio di
lavori su riviste nazionali ed internazionali di
elevato impact factor su questi temi di ricerca.
Nell'ambito delle attivitaÁ promozionali relative a queste ricerche eÁ stato piuÁ volte l'organizzatore di Congressi Internazionali su ``semiconduttori lamellari ed effetti coerenti in eccitazioni elementari in semiconduttori'', quindi
docente presso le Scuole Nazionali di Elettronica Quantistica, Fisica della Materia, Optoelettronica, riscuotendo sempre notevoli apprezzamenti in queste attivitaÁ formative, dove i
suoi contributi sono sempre giudicati di estremo
valore.
EÁ stato Presidente del Comitato Scientifico
del Centro Laser (Bari) e Componente del Comitato Tecnico Scientifico del consorzio PASTIS (Mesagne, Brindisi).
Nell'ambito delle attivitaÁ organizzative del
Dipartimento di Fisica ha offerto sempre la sua
completa disponibilitaÁ ricoprendo cariche di
coordinamento nelle varie Commissioni Scientifiche d'area e nella Commissione Didattica,
cariche di Rappresentante nella Giunta di Dipartimento e nel Collegio dei docenti del Dottorato di Ricerca, infine di Sostituto Direttore.
Soprattutto in queste attivitaÁ, le sue doti di
mediazione e la sua serenitaÁ di giudizio, da tutti
apprezzate, hanno contribuito a garantire la
crescita armonica di un Dipartimento Interateneo, che, in quanto ricco di iniziative e complesso nella sua articolazione scientifica ed organizzativa, necessita sempre di uno sforzo
collettivo ispirato a criteri di equilibrio.
Abbiamo sinora accennato solo ad alcuni
aspetti del profilo morale e umano di Michele
Ferrara, come la sua gentilezza, la pazienza , la
serenitaÁ di giudizio. Ma c'eÁ tanto di piuÁ: l'onestaÁ
culturale che traspariva nei rapporti di lavoro
con i colleghi: egli era sempre pronto ad incoraggiare, sostenere, cogliere gli aspetti migliori
nelle persone che collaboravano o interagivano
con lui senza mai lasciarsi andare a critiche
sterili; il senso del dovere verso le istituzioni
didattiche: non ha trascurato mai una lezione,
un'esercitazione in laboratorio, un impegno didattico di qualunque tipo, specialmente negli
ultimi tempi particolarmente difficili per lui,
date le sue condizioni di salute; il rispetto verso
gli studenti: sempre rigoroso nei giudizi quanto
tranquillizzante verso i giovani nelle sessioni
d'esame; costruttivo e promozionale nelle critiche e nelle valutazioni: sempre calmo, sorridente e infaticabile; il rigore etico nella gestione
degli aspetti organizzativi del Dipartimento: essendo un esponente di riferimento di un'area
scientifica in espansione, ha sempre rifuggito da
facili impostazioni conflittuali dei problemi,
adoperandosi con schiettezza e determinato ottimismo nella ricerca della soluzione di mediazione, che mai, se costruita da lui, risultava riduttiva.
L'amicizia che ci ha manifestato eÁ un bene
prezioso, specialmente per chi ha avuto l'opportunitaÁ di sperimentarla attraverso una assidua collaborazione e una profonda conoscenza:
amicizia piena, autentica, indiscussa.
Michele Ferrara oggi non ci suscita solo bellissimi ricordi, ma ci lascia soprattutto un'importante ereditaÁ di valori che ci incoraggiano ad
operare al meglio come docenti e ricercatori,
come egli ha sempre saputo fare.
Pietro Mario LugaraÁ
Direttore dell'UnitaÁ di Ricerca
INFM - Bari
Paolo Spinelli
Presidente del CCdL in Fisica
UniversitaÁ degli Studi - Bari
71
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6-Il nostro mondo 59..71 - Società Italiana di Fisica