EDITORIALE
Anno Nuovo, UP,
coscienza e altro
In questi mesi il Taccuino Presidenziale è
divenuto una tribuna preziosa, attraverso
la quale i Membri OMCT sono stati puntualmente e tempestivamente informati
di quanto d’importante avviene nell’ambito della politica sanitaria e dei rapporti
interni all’Ordine. Gli articoli e le prese di
posizione sono stati estremamente efficaci e chiari, per cui ogni Membro OMCT
si può dire bene informato e in grado di
avere costantemente una visione d’assieme e un’opinione sulle cose.
L’informazione interna è stata completata da News Letters e da comunicati
tramite e-mails, che hanno dato vita a
scambi di opinioni fra i Membri a volte
persino animati.
Tutto questo per dire che non riprenderò a parlare di SantéSuisse (con cui, fra
l’altro, il rapporto sembra svilupparsi in
modo più corretto) o di Helsana (e qui
l’argomento diventa più scabroso per
una evidente difficoltà ad incontrarci sulle premesse) o di EOC (la presenza di un
medico nel Consiglio di Amministrazione non sembra ancora per domani, ma
di sicuro per dopodomani).
Complice un’atmosfera Natalizia e di
Anno Nuovo, intendo parlare di alcune
cose che mi stanno a cuore, lasciandomi un po’ andare ed accettando il rischio che ne consegue.
Comincio parlando di Ufficio Presidenziale, il famoso UP. In questi mesi ci siamo famigliarizzati con questa sigla: ma
cosa c’è dietro, chi sono queste persone, cosa fanno?
L’UP è composto da tre persone: il Presidente Franco Denti, i due Vicepresidenti Paolo Gaffurini ed il sottoscritto. È la
struttura centrale diretta dal Presidente
e che lo affianca nell’amministrazione
dell’Ordine. Come? L’UP è un ristretto
collegio che ascolta il Presidente, a volte lo frena, a volte lo incoraggia o lo stimola, a volte lo asseconda o lo contraddice, soprattutto ne condivide l’impostazione e ne divide la responsabilità ed
il peso delle decisioni.
Siamo tre persone molto diverse per carattere, impostazione, presenza, però è
questa diversità che garantisce discussione e confronto mai banali, spesso
scherzosi, che arrivano sempre ad una
decisione comune e ben condivisa. In
una struttura complessa come l’OMCT,
che rappresenta interessi a volte discordanti, con forze centrifughe sempre ben
presenti e contro il quale agiscono forze
potenti e ben organizzate che hanno interesse al suo indebolimento, il sostegno
del Presidente e la condivisione delle sue
responsabilità sono un importante mezzo per rafforzarne l’autorità.
Inutile dire che l’autorità comunque
non ci sarebbe se Franco Denti non
avesse i meriti e le qualità che ha dimostrato di possedere e che ne giustificano
l’autorità: l’UP può però supportarla ed
il Consiglio Direttivo (vero organo esecutivo) confermarla.
Dopo più di un anno si può ben dire che
l’UP ha dimostrato la sua validità come
struttura e, più importante, la sua ragione
d’essere. È un impegno ed un lavoro rilevante, tanto più che i singoli Membri dell’UP sono poi responsabili di settori particolari per i quali sono state costituite
Commissioni ad hoc (Trattative SaS, Helsana, Comunicazione, ecc.). La formula
dell’UP non è “magica” ma in questo momento è giusta e può essere continuata.
Permettetemi una seconda riflessione:
in questi anni la politica sanitaria è divenuta l’argomento preponderante delle
nostre preoccupazioni. Mi spiego: da
sempre l’OMCT ha dovuto difendere la
libertà dei medici, la possibilità di usufruire di ampi mezzi diagnostici (in nessun’altra parte del mondo il medico può
godere di così ampia attrezzatura nel
suo studi e di così ampia libertà di utilizzarla), la libertà di prescrivere qualsiasi esame diagnostico specialistico e
qualsiasi terapia, che il giudizio di ciascuno di noi ritiene opportuno.
Questo ha creato una medicina unica
per diffusione sull’intero territorio, per
equità di distribuzione delle risorse mediche, per equità di accesso da parte di
tutta la popolazione Svizzera.
La medicina esercitata in periferia e nelle Valli non è di qualità inferiore a quella esercitata nei centri urbani.
Il tutto ad un costo elevato: 60 Miliardi
all’anno, il 13% del PIL.
73 GENNAIO 2008
Questo mobile così finemente intarsiato
è da alcuni anni preso d’assalto ed eroso. L’introduzione di fatto di un Budget
globale, la prospettata (e prossima) abolizione dell’obbligo di contrarre, le difficoltà maggiori che vengono sempre più
frapposte al possedere ed utilizzare mezzi diagnostici, l’erosione grave del reddito del medico di famiglia dopo l’introduzione del TARMED, l’avere delegato per
anni la politica sanitaria alle Casse Malati da parte del Consiglio Federale, l’applicazione a volte vessatoria delle normative LAMAL a danno dei medici: tutto
questo non può essere interpretato come frutto del caso ma piuttosto di un
quadro politico che colpisce la nostra categoria professionale.
In questo anno la Dirigenza OMCT ha
cercato di contrastare questa valanga, in
molti settori con successo.
È però vero che come OMCT non possiamo più occuparci solo di questioni remunerative (valore del punto, indice di economicità, ecc.) ma è indispensabile capire
che il nostro futuro, anche prossimo, ce lo
giochiamo presso le Camere Federali, nel
DSS, in parte nell’EOC, ovvero in quei luoghi che sempre di più interverranno e determineranno con forza legislativa le modalità e la qualità del nostro impegno.
Eppure ancora troppi pochi membri dell’OMCT sembrano comprendere questo
ed interessarsi dei temi di politica sanitaria, considerati ancora oggi solo un esercizio puramente teorico, non attuale, un
po’ elitario e quindi delegabile, con atteggiamento un po’ annoiato e sufficiente.
Le proposte di discussione e di raffronto
offerte dall’OMCT (VIII Simposio Insubrico, pomeriggio a Manno sull’economia
sanitaria ecc.) non hanno trovato quel riscontro che meritavano, ciò che ha rappresentato un’occasione mancata per
formarci una coscienza sanitaria critica.
Un vero peccato, anche se però vediamo
crescere interesse e passione per questi
temi che diverranno sempre più centrali.
Termino esortandovi a farci sentire sempre la vostra vicinanza, anche critica e,
con tutto l’UP, auguriamo a noi tutti ed
alle nostre famiglie un sereno ed impegnato Anno Nuovo.
Nello Broggini, Vicepresidente OMCT
TRIBUNA MEDICA TICINESE
3
SEZIONE SCIENTIFICA
LE SINDROMI
MIELOPROLIFERATIVE
M. Motta, L. Leoncini
Introduzione
Le sindromi mieloproliferative “classiche”, sono state descritte per la prima
volta tra il diciannovesimo e l'inizio del
ventesimo secolo. Nel 1951 William
Dameshek riconobbe che alla base di
questi disordini vi era una mieloproliferazione e sottolineò come gli aspetti clinici e i dati laboratoristici si sovrapponevano tra le diverse entità. Egli pensava che le sindromi mieloproliferative
fossero una manifestazione dell'attività
produttiva del midollo osseo, dovuta a
uno stimolo sconosciuto che interessava le cellule midollari diffusamente o
irregolarmente dando luogo così a
varie sindromi non chiaramente distinte
l'una dall'altra. Dameshek raggruppò
queste entità clinico patologiche, comprendendo anche l'eritroleucemia
(Sindrome di Di Guglielmo), sotto il
nome di disordini mieloproliferativi.1
Nel corso degli anni, l'eritroleucemia è
stata ridefinita come leucemia eritroide
acuta, lasciando le altre quattro entità
come le classiche sindromi mieloproliferative, ossia la policitemia vera (PV), la
trombocitemia essenziale (TE), la mielofibrosi idiopatica (MFI) e la leucemia
mieloide cronica (LMC). Nel 2001
l'Organizzazione Mondiale della sanità
(WHO) ha raccolto questi disordini mieloproliferativi sotto il nome di “malattie
mieloproliferative croniche” che includono anche la leucemia neutrofila cro-
nica, la leucemia eosinofila cronica/ sindrome ipereosinofila e la mastocitosi
definendone anche i criteri diagnostici.
Alla luce delle nuove scoperte molecolari, i criteri diagnostici per la PV, la TE e
la MFI sono stati recentemente rivisitati
e verranno brevemente illustrati insieme alle caratteristiche clinico-epidemiologiche e agli approcci terapeutici di
queste 3 patologie che assieme alla
LMC sono tra le più comuni di tutte le
sindromi mieloproliferative.2
Epidemiologia
Complessivamente le sindromi mieloproliferative hanno per ogni tipo di
forma “classica” un'incidenza di 0.5
(range 0.2-3) casi per 100.000 persone
all'anno.
Sebbene le sindromi mieloproliferative
possano manifestarsi a qualsiasi età,
esse sono più frequenti oltre i 60 anni;
raramente si osservano nei bambini e in
tal caso si tratta più frequentemente di
LMC.
Policitemia Vera (PV)
La PV è un disordine delle cellule staminali (= progenitori ematopoietici multipotenti) caratterizzato da un'aumentata sensibilità alle citochine che promuovono la crescita cellulare ed è strettamente associata all'attivazione di una
mutazione somatica della tirosin-chinasi JAK2.3 Essa viene definita da un
aumento della massa eritrocitaria in
assenza di condizioni che possano
indurre una eritrocitosi secondaria (es.:
ipossia, inappropriata produzione di
eritropoietina).
L'incidenza della PV negli USA e in
Europa varia tra lo 0.5 e il 2.6 casi per
100.000 persone per anno, con una
lieve predominanza nel sesso maschile.
L'età media alla diagnosi è 60-65 anni;
circa il 5% dei casi viene diagnosticato
prima dei 40 anni.
La diagnosi è spesso accidentale essendo l'80% circa dei pazienti asintomatico all'esordio. I sintomi sono correlati
all'iperviscosità, all'ipercatabolismo, agli
eventi microvascolari o a complicazioni
tromboemboliche. Più della metà dei
pazienti presenta cefalea, prurito e
astenia; un terzo soffre di dispnea, alterazioni del visus, calo ponderale, dolori
epigastrici, parestesia alle mani e ai
piedi associata a eritema, pallore o cianosi (eritromelalgia); più raramente si
osservano attacchi ischemici transitori,
ischemia acuta del miocardio, trombosi venosa profonda o trombosi della
vena epatica (un quinto dei pazienti). I
segni clinici consistono prevalentemente in: splenomegalia (50-80%), pletora
facciale o congiuntivale (60%), ipertensione ed epatomegalia (50%) e meno
frequentemente ulcere cutanee ed
ipertensione polmonare.
Nella tabella 1 sono riportati i criteri
Policitemia Vera
Criteri maggiori
1.
Hb >185 g/l (uomini), >165 g/l (donne)
o
Hb o Hk >99° percentile dell'intervallo di riferimento per età,
sesso o altitudine di residenza
o
Hb>170 g/l_(uomini), >150 g/l_(donne)
se associata a un sostanziale aumento >20g/l che non è dovuto a
una correzione di carenza di ferro
o
Aumento della massa eritrocitaria >25% rispetto al valore medio normale
2. Presenza della mutazione JAK2V617F o simili
Criteri minori
1. Midollo con proliferazione trilineare (Fig.1)
2. Eritropoietina serica inferiore alla norma
3. Crescita endogena di colonie eritrocitarie
Tab. 1: Criteri diagnostici per Policitemia vera secondo WHO 2008
Diagnosi di PV: 2 criteri maggiori e 1 minore oppure il primo dei criteri maggiori e 2 criteri minori
73 GENNAIO 2008
TRIBUNA MEDICA TICINESE
5
SEZIONE SCIENTIFICA
Fig.1:
Policitemia vera: agoaspirato midollare ipercellulato con proliferazione trilineare
diagnostici per la PV secondo la nuova
classificazione WHO (2008), che risultano notevolmente modificati rispetto
a quelli del 2001, soprattutto per l'introduzione di un parametro molecolare (mutazione di JAK2) tra i criteri maggiori, ma anche per il passaggio nei criteri minori della crescita di colonie eritrocitarie e l'eliminazione di alcuni
parametri clinico-laboratoristici (splenomegalia, trombocitosi e leucocitosi)
La diagnosi di PV è possibile con la presenza di due criteri maggiori ed un
minore, oppure con il primo dei criteri
maggiori e due minori.
La sopravvivenza mediana dei pazienti
policitemici supera i 10 anni quando
trattati adeguatamente; le maggiori
cause di morbidità e mortalità sono
rappresentate da eventi trombotici
(20-40%) e sanguinamenti (5-10%)4;
la trasformazione leucemica non rappresenta un evento frequente ma risulta associato all'utilizzo di radiofosforo
o agenti alchilanti.
Tutti i pazienti affetti da PV devono
essere sottoposti a salasso terapia al
fine di mantenere l'ematocrito preferi-
6
TRIBUNA MEDICA TICINESE
bilmente <45% per l'uomo e <42%
per la donna. Si consiglia l'utilizzo di
aspirina al dosaggio di 100 mg/die,
salvo chiare controindicazioni, per profilassi degli eventi trombotici.5 Gli
agenti mielosoppressivi (idrossiurea,
IFN-α), la splenectomia e il trapianto di
midollo allogenico sono indicati per
popolazioni specifiche di pazienti.
Trombocitemia Essenziale (TE)
Tra le sindromi mieloproliferative è la
più comune, con un'incidenza annua-
le di 2.5 casi per 100.000. L'età media
alla diagnosi è circa 60 anni sebbene
siano in aumento le diagnosi nei giovani adulti. Le donne sono colpite da
1,5 a 2 volte più degli uomini, soprattutto quando la diagnosi è posta tra la
terza e la quinta decade di vita. Il
rischio relativo di morte è quattro volte
più alto rispetto ai gruppi di controllo
di pari età e la mortalità è soprattutto
correlata agli eventi tromboembolici
arteriosi e/o venosi piuttosto che a
quelli emorragici.6
Almeno la metà dei pazienti è asintomatica all'esordio; tuttavia, nel corso
della malattia, la maggior parte dei
pazienti presenta eventi trombotici
arteriosi (cerebrali, coronarici, oculari o
a livello degli arti) o venosi (arti inferiori, pelvi, mesentere, fegato e distretto
portale), emorragici (gastrointestinali,
mucosi, urogenitali, articolari), e/o
vasomotori (cefalea, alterazioni del
visus, eritromelalgia, acrocianosi, parestesie, ulcere cutanee, deficit cognitivi).
La diagnosi di TE resta prevalentemente di esclusione (reattiva/altre sindromi
mieloproliferative/mielodisplastiche)
tuttavia la nuova classificazione WHO
contempla due novità: la prima definisce la soglia delle piastrine, che viene
abbassata a 450x109/L (600x109/L nei
criteri precedenti); la seconda è rappresentata dalla dimostrazione della
mutazione di JAK2. Nella Tabella. 2
sono riassunti i criteri diagnostici
secondo la WHO 2008.
Trombocitemia Essenziale
Criteri diagnostici
1. Trombociti >450x109/1
2. Biopsia osteomidollare con proliferazione megacariocitaria, con forme
grandi e mature. Proliferazione eritrocitaria e granulocitaria normale o
minima. (Fig.2)
3. Esclusione dei criteri diagnostici WHO per Policitemia vera, Leucemia
mieloide cronica, mielofibrosi idiopatica, sindrome mielodisplastica o altre
neoplasie mieloidi
4. Dimostrazione di JAK2617VF o altri marcatori clonali
o, in assenza di un marcatore clonale, nessuna evidenza di una
trombocitosi reattiva
Tab. 2: Criteri diagnostici per Trombocitemia essenziale secondo WHO 2008
Diagnosi di TE: tutti e 4 i criteri devono essere soddisfatti
73 GENNAIO 2008
SEZIONE SCIENTIFICA
Fig. 2:
Trombocitemia essenziale: agoaspirato midollare con proliferazione magacariocitaria
con forme grandi e mature
La diagnosi di TE richiede la presenza
di tutti e quattro i criteri menzionati
nella tabella.
L'approccio terapeutico è basato sull'individuazione della classe di rischio
trombotico/emorragico di ogni paziente (Tabella 3); gli agenti citoriduttivi
(idrossiurea o anagrelide) e basse dosi
di aspirina sono indicati per i pazienti
ad alto rischio. L'idrossiurea è il farmaco di prima scelta essendo superiore
all'anagrelide nella prevenzione degli
eventi trombo-emorragici.7 L'utilizzo
dell'IFN-α resta l'agente riduttivo di
scelta in gravidanza.8 Il trapianto allogenico di cellule staminali periferiche è
da considerare nei giovani pazienti ad
alto rischio che hanno sviluppato una
mielofibrosi. Basse dosi di aspirina da
sola possono essere efficaci nel trattamento dei sintomi vasomotori.
Mielofibrosi Idiopatica (MFI)
La mielofibrosi idiopatica (MFI) è la
meno comune tra le sindromi mieloproliferative “maggiori”, con un'incidenza annua tra lo 0.2 e l'1.5 per
100.000 e con una predominanza
nel sesso maschile dopo i 50 anni. La
mediana di sopravvivenza varia tra i
3.5 e i 5.5 anni sebbene la storia
naturale di questa malattia sia piuttosto variabile e dipendente dalla presenza o assenza di fattori prognostici
sfavorevoli.
La maggior parte dei pazienti, nel
decorso della malattia, sviluppa sintomi correlati all'anemia (dispnea,
palpitazioni, lieve cefalea), alla splenomegalia (dolori addominali, sazietà
precoce, diarrea) e allo stato ipercatabolico (astenia, calo ponderale, sudorazioni notturne, prurito). Altri sintomi meno frequenti ma possibili sono
in relazione ad infarti splenici, metaplasia mieloide ematopoiesi extramidollare, trombocitopenia e iperuricemia.
Nella tabella 4 sono riportati i nuovi
criteri diagnostici per la MFI secondo
cui viene attribuita una maggiore
importanza agli aspetti istomorfologici che vengono inclusi nei 3 criteri
maggiori indispensabili per la diagnosi mentre gli aspetti clinico laboratoristici (anemia, leucoeritroblastosi e
splenomegalia con l'aggiunta dell'aumento delle LDH) sono considerati nei criteri minori.
Basso rischio (tutti i fattori elencati)
•
•
•
•
Età <60 anni
Anamnesi negativa per tromboembolie
Conta piastrinica <1500 x109/L (anamnesi negativa per sanguinamenti o malattia
di von Willebrand)
Assenza di fattori di rischio cardiovascolari (ipercolesterolemia, nicotina)
Rischio indeterminato
• Nessun fattore per basso o alto rischio
Rischio elevato
• Età >60
• Anamnesi positiva per tromboembolie
Tab. 3: Stratificazione del rischio per complicanze trombotico/emorragiche nella TE
73 GENNAIO 2008
La diagnosi di MFI richiede che vengano soddisfatti i tre criteri maggiori
e due tra i minori.
Le terapie convenzionali per la MFI
sono prevalentemente palliative e di
supporto; esse non influenzano la
progressione della fibrosi midollare e
non prolungano la sopravvivenza. In
presenza di sintomi costituzionali o
ipercatabolici, aumento dei diametri
splenici, iperleucocitosi o trombocitosi, l'idrossiurea resta il trattamento di
scelta. Altri farmaci quali busulfano,
6-mercaptopurina e cladribina posso-
TRIBUNA MEDICA TICINESE
7
SEZIONE SCIENTIFICA
allogenico di cellule staminali periferiche dovrebbe essere considerato per i
pazienti sotto i 55 anni con fattori di
rischio prognostici negativi che hanno
un donatore compatibile.11
Fig. 3:
Mielofibrosi: poichilocitosi con numerosi dacriociti e leucoeritroblastosi
no altrimenti essere utilizzati per questo tipo di complicazioni. La splenectomia può essere tenuta in considerazione come terapia palliativa in
pazienti selezionati, particolarmente
nei casi di anemia trasfusione dipen-
dente; tuttavia la mortalità perioperatoria è circa dell'11% e l'intervento
non è scevro da complicanze (trombocitosi reattiva, epatomegalia massiva e
probabile aumentato rischio di trasformazione leucemica).10-11 Il trapianto
Leucemia Mieloide cronica (LMC)
La leucemia mieloide cronica è una
patologia clonale della cellula staminale causato dalla traslocazione bilanciata t(9;22) e che codifica per un'oncoproteina di fusione p210BCR-ABL.
L'incidenza annuale è di 1.6 casi per
100.000, con un rapporto M/F =
1.3/1 ca. L'età mediana alla diagnosi
è compresa tra i 50-60 anni.
Nel 90% dei casi si presenta in fase
cronica e in circa la metà di questi il
riscontro è occasionale. I sintomi che
caratterizzano la fase cronica sono
correlati all'ipercatabolismo, alla splenomegalia, all'anemia e/o alla disfunzione delle piastrine; dopo la diagnosi, la fase cronica rimane stabile per
3-4 anni prima di evolvere verso la
fase accelerata o la crisi blastica definite secondo i criteri WHO 2001
riportati nella tabella 5.
Le caratteristiche clinico laboratoristiche delle tre fasi della LMC sono riassunte nella tabella 6.
Mielofibrosi Idiopatica
Criteri maggiori
1.
Proliferazione megacariocitaria con atipie accompagnata da fibrosi
reticolinica e/o collagena
o,
in assenza di fibrosi reticolinica, le alterazioni megacariocitarie devono
essere accompagnate da un aumento della cellularità midollare su
proliferazione granulocitaria e spesso diminuzione dell'eritropoiesi.
2.
Esclusione dei criteri diagnostici WHO per Policitemia vera, Leucemia
mieloide cronica, Sindrome mielodisplastica o altre neoplasie mieloidi
3.
Dimostrazione di JAK2617VF o altri marcatori clonali
o,
in assenza di un marcatore clonale, nessuna evidenza di una fibrosi
midollare reattiva
Criteri minori
1.
2.
3.
4.
Leucoeritroblastosi (Fig.3)
Aumento dell'LDH
Anemia
Splenomegalia palpabile
Tab. 4: Criteri diagnostici per Mielofibrosi idiopatica secondo WHO 2008
Diagnosi di MFI: 3 criteri maggiori e 2 minori
8
TRIBUNA MEDICA TICINESE
73 GENNAIO 2008
In diagnosi differenziale con la LMC
rientrano oltre alle altre sindromi
mieloproliferative, la neutrofilia reattiva e le sindromi mielodisplastiche
atipiche; la LMC viene confermata
dall'identificazione della traslocazione t(9;22) o dal riarrangiamento
genico BCR-ABL, equivalente molecolare di tale traslocazione.
Con l'arrivo delle terapie bersaglio
per la LMC mediante inibitori della
tirosinchinasi, in questi ultimi anni
l'approccio terapeutico standard è
completamente cambiato; gli inibitori della tirosinchinasi permettono
infatti l'ottenimento di una risposta
citogenetica spesso completa nelle
fasi croniche della LMC, e addirittura
una risposta molecolare. Una compa-
SEZIONE SCIENTIFICA
Fase accelerata
(uno o più fattori
presenti)
•
•
blasti pari al 10-19% dei leucociti in periferia e/o delle cellule
nucleate del midollo
basofili nel sangue periferico=20%
trombocitopenia persistente (<100x109/L) non dovuta a terapia
o trombocitosi >1000x109/L non responsiva a terapia
aumento della splenomegalia e dei leucociti non responsivo alla
terapia
evidente evoluzione citogenetica
•
•
•
blasti nel sangue periferico o midollari >20%
proliferazione blastica extramidollare
foci estesi o “clusters“ di blasti nella biopsia midollare
•
•
•
Crisi blastica
(uno o più fattori
presenti)
Tab. 5: Definizione della fase accelerata e blastica nella LMC secondo WHO 2001
Sintomi
Laboratorio
Fase cronica:
astenia
calo ponderale
sudorazioni notturne
senso di sazietà precoce
palpitazioni
dispnea
sanguinamenti
priapismo
Leucocitosi neutrofila con elementi mieloidi immaturi (Fig.4)
blasti <10% in periferia
trombocitosi, eosinofilia e basofilia
anemia normocitica
aumento dell'LDH, iperuricemia
BCR-ABL +
iperplasia mieloide e megacariocitica midollare (Fig.5), fibrosi
debole/moderata, blasti <10%, minima displasia, t(9;22) +/altre anomalie
Fase accelerata:
incremento della splenomegalia +/infarti
progressivo calo ponderale e
sudorazioni
febbre
dolori ossei
cloromi
Evoluzione del cariotipo,
blasti midollari o periferici >10%, blasti e promielociti>20%,
basofili + eosinofili >20%,
piastrine <100x109/L, leucocitosi o citopenia non responsiva
alla terapia antileucemica, aumento della fibrosi midollare
Crisi blastica:
sanguinamenti
infezioni
splenomegalia massiva
localizzazioni extramidollari
di malattia
Blasti midollari o periferici >20%
momento di seconda scelta. Sarà
importante nei prossimi anni,
medianti studi comparativi, valutare
la migliore strategia terapeutica. Il
trapianto allogenico precoce rimane
sempre una valida opzione per i
pazienti giovani ad alto rischio.
Conclusioni
Dalla metà del secolo scorso ad oggi
importanti e numerosi progressi sono
stati fatti nell'ambito delle sindromi
mieloproliferative che hanno portato
da una parte ad una migliore definizione diagnostica e dall'altra, soprattutto a nuove terapie mirate. Questi
sono dunque tempi “eccitanti”per le
malattie mieloproliferative e il futuro
sembra essere promettente per i
pazienti affetti da queste sindromi.
M. Motta, L. Leoncini,
Servizio di ematologia, IOSI, Bellinzona
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Leukemia 2007, 1-11
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vera.
Nature. 2005;434:1144-8.
Tab. 6: Caratteristiche clinico-laboratoristiche della Leucemia mieloide cronica
razione dell'interferone (considerato
la terapia di scelta prima dell'era
degli inibitori della tirosinchinasi) con
l'imatinib (il primo inibitore apparso
sul mercato) ha mostrato la superiorità di quest'ultimo come terapia di
prima linea, facendo raggiungere
una risposta citogenetica maggiore o
completa nell'87% dei pazienti.12
Imatinib induce una risposta ematologica e citogenetica in 2/3-3/4 dei
pazienti in fase accelerata e in 1/3
delle crisi blastiche, tuttavia queste
risposte non sono durevoli nel tempo
e richiedono delle terapie aggiuntive.
Nuovi inibitori della tirosinchinasi
sono ora apparsi sul mercato e vengono utilizzati quale terapia al
73 GENNAIO 2008
4 Wehmeier A, Daum I, Jamin H, et al.
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TRIBUNA MEDICA TICINESE
9
SEZIONE SCIENTIFICA
Fig. 4:
Leucemia mieloide cronica (fase cronica): leucocitosi periferica e forme mieloidi
in vari stadi maturativi
6
Bazzan M, Tamponi G, Schinco P, et al.
Thrombosis-free survival and life expectancy in 187 consecutive patients with
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Efficacy and safety of a specific inhibitor of
the BCR-ABL tyrosine kinase in chronic
myeloid leukemia.
N Engl J Med. 2001;344:1031-7.
Fig. 5:
10
Leucemia mieloide cronica (fase cronica): agoaspirato midollare ipercellulato con
proliferazione granulocitaria e megacariocitica (piccoli, ipolobulati), eosinofilia e basofilia.
TRIBUNA MEDICA TICINESE
73 GENNAIO 2008
SEZIONE SCIENTIFICA
RISCHI E BENEFICI DEGLI
STENTS CORONARICI
MEDICATI: PRESA DI
POSIZIONE DELLA
SOCIETÀ SVIZZERA
DI CARDIOLOGIA
A. Moschovitis, G. Pedrazzini, J.-C. Stauffer, C.
Kaiser, M. Roffi, H. Rickli, T. Lüscher, F. Mach, B.
Meier, M. Pfisterer, P. Vogt, A. Jaussi, S.
Windecker
A nome del gruppo svizzero di cardiologia interventistica e della società svizzera di cardiologia
Gli stent coronarici hanno contribuito
dopo la loro introduzione, ormai più
di vent'anni fa, ad un considerabile
miglioramento della sicurezza ed efficacia degli interventi percutanei coronarici.1-2 I dati del registro NHLBI II
mostrano per esempio che l'angioplastica con palloncino era complicata da
una occlusione acuta periprocedurale
nel 6-8% dei casi, ciò che andava a
pari passo con un tasso di mortalità
del 5%, d'infarto miocardico del 40%
e di operazione di bypass coronarico
del 40%.3
Gli stent coronarici prevengono in
modo estremamente efficace l'occlusione acuta ed eliminano quasi completamente l'operazione di pontaggio
aortocoronarico in urgenza.4-5
D'altra parte la riduzione delle restenosi con stent non ricoperti, risp. nudi
o non medicati (nella terminologia
anglosassone i “bare metal stent” =
BMS) nei confronti dell'angioplastica
con palloncino semplice risultava solo
moderata (30-40% di riduzione),
fatto che rendeva un nuovo intervento di rivascolarizzazione necessaria nel
15-20% dei casi.6
Gli stent attivi o medicati (i “drug-eluting stent” = DES) della prima generazione, che liberano dal polimero
aderente alla superficie sostanze antiproliferative per ridurre al minimo la
proliferazione delle cellule muscolari
lisce, hanno permesso di ridurre drasticamente la restenosi e di conseguenza la necessità di re-intervento di
rivascolarizzazione del 50-70%
rispetto agli stent nudi, e ciò in quasi
tutti i tipi di lesioni e tutti i collettivi di
pazienti esaminati.7-15 Recentemente,
non del tutto inaspettatamente, l'utilizzo degli stents medicati è stato frenato dall'apparizione delle trombosi
dello stent tardive.16-19
Il seguente testo si propone di analizzare i benefici ed i rischi degli stent
attivi della prima generazione (gli
stents ricoperti di Sirolimo, i CYPHERStents = “Sirolimus-eluting Stent” =
SES, e gli stents ricoperti di Paclitaxel,
i TAXUS-Stents = “Paclitaxel-elutig
Stent” = PES) e di formulare delle proposte riguardanti l'utilizzo appropriato di queste potenti protesi vascolari.
Benefici degli stent coronarici
attivi ricoperti di medicamento
Rispetto ai BMS, i DES riducono efficacemente dopo la posa dello stent l'iperplasia neointimale attraverso la liberazione di sostanze antiproliferative.20
Numerosi studi randomizzati e metanalisi di grandi collettivi di pazienti,
hanno dimostrato ripetutamente che
rispetto ai BMS, i DES riducono in
modo importante la restenosi diminuendo quindi il bisogno di nuove
rivascolarizzazioni (diminuzioni del
rischio relativo del 50-70%).7-11,15
Rispettivamente sono necessari solo
una decina di pazienti trattati per già
evitare un intervento di rivascolarizzazione.
La prima analisi sistematica di 11 studi
con 5'103 pazienti con un controllo
del decorso clinico fino ad un anno ha
mostrato una diminuzione della restenosi dal 29.3 all'8.9% a favore dei
SES (Odds Ratio: 0.18, 95% CI 0.060.40) e da 16.7 a 8.7% a favore dei
PES (Odds Ratio: 0.47, 95% CI 0.250.71) rispetto all'utilizzo di stent iden-
73 GENNAIO 2008
tici non medicati.10 La riduzione della
restenosi era accompagnata da una
diminuzione significativa di nuovi
interventi di rivascolarizzazione (SES
vs. BMS: 3.3% vs 12.2%). Questo
beneficio è stato confermato da studi
più recenti con periodi di follow-up
più lunghi, fino a 5 anni.21,22 Così il
tasso di nuova rivascolarizzazione
della lesione bersaglio (“Target Lesion
Revascularization” = TLR) diminuisce
dal 23.6% dei BMS a 7.8% per i SES
(Hazard Ratio=0.29, 95% CI 0.220.39, P<0.001), e del 20.0% dei BMS
a 10.1% per i PES (Hazard Ratio=0.46,
95% CI 0.38-0.55, P<0.001). Risultati
analoghi, con una riduzione importante e duratura della necessità di nuovo
intervento di rivascolarizzazione, sono
stati osservati nell'attualmente più
grande metanalisi disponibile, con
18'023 pazienti dati dall'inclusione di
tutti i 38 studi randomizzati eseguiti
fin'ora. Questa mostra che paragonato ad un utilizzo di identici BMS, la
necessità di nuovo intervento di rivascolarizzazione viene ridotta del 70%
con i SES e del 58% con i PES (figura
1).23 Inoltre tutte le analisi a lungo termine indicano che anche se la riduzione della restenosi e dei nuovi interventi di rivascolarizzazione è massima
durante il primo anno, l'efficacia perdura fino a 5 anni, senza indizi di perdita di potenza.21,22
Il beneficio dimostrato nella prevenzione di nuovi interventi di rivascolarizzazione è di grossa importanza poiché nel mondo, in un anno, un intervento coronarico percutaneo viene
effettuato in più di 4 milioni di
pazienti, dei quali 20'000 in Svizzera.
Mentre un nuovo intervento di rivascolarizzazione è necessaria in circa
15% dei pazienti trattati con i BMS,
ciò potrebbe essere ridotto a circa il
5% attraverso l'utilizzo dei DES di
prima generazione, così potrebbero
venir evitati 400'000 interventi all'anno in tutto il mondo, rispettivamente
2'000 in Svizzera. Ciò condurrebbe
ad una diminuzione importante delle
TRIBUNA MEDICA TICINESE
11
SEZIONE SCIENTIFICA
Fig.1:
Riduzione dei re-interventi di rivascolarizzazione sulla durata di 4 anni con gli stents medicati con sirolimo o con paclitaxel, in paragone agli stents non medicati. SES = Stent medicati/ricoperti con sirolimo, PES = Stent ricoperti con paclitaxel, BMS = Stent “nudi”, risp.
non ricoperti, Target Lesion Revascularization (TLR) = Rivascolarizzazione della lesione bersaglio. Figura riprodotta con il permesso di Stettler e al.23
ospedalizzazioni legate ad un nuovo
intervento di rivascolarizzazione permettendo quindi una riduzione dei
costi e delle complicazioni ad esse
legate. In uno studio con un collettivo
di 9'868 pazienti, il 17% hanno avuto
bisogno di almeno un nuovo intervento di rivascolarizzazione nel primo
anno dopo un intervento coronarico
percutaneo con dei costi medi diretti
legati al nuovo intervento di rivascolarizzazione per restenosi ammontanti
a 19'074$. Riportati agli interventi
coronarici iniziali, ciò aggiunge un
costo aggiuntivo medio di 2'747$ ad
ogni procedura.24
L'efficienza dei costi dei DES rispetto
ai BMS moderni è stata studiata nello
studio svizzero BASKET del quale risulta che i DES sono particolarmente
economici nei pazienti anziani (>65
anni: la maggior parte dei pazienti
trattati per PTCA) e nei pazienti con
caratteristiche complesse (> 1 segmento, lunghezza dello stent > 20
12
TRIBUNA MEDICA TICINESE
mm, stent di piccolo diametro < 3.0
mm).12
Inoltre senza un re-intervento di rivascolarizzazione si raggiunge per i
pazienti anche una migliore qualità di
vita. In uno studio randomizzato comparante la posa di uno stent di routine ad un'ottimale angioplastica con
palloncino (studio OPUS I) con raccolta prospettiva anche dei parametri di
qualità di vita, i pazienti con restenosi
lamentano più frequentemente angina pectoris (22% vs. 17%, P=0.03),
lamentano una maggior limitazione
nella capacità fisica (27% vs. 21%,
P<0.004), nonché una minore qualità
di vita (25% vs. 21%, P=0.003).25
Nonostante il processo di restenosi
dei BMS conduca per lo più ad una
recidiva sintomatica (angina pectoris),
il 9-19% delle restenosi severe si
manifestano direttamente con un
infarto miocardico, una parte dei
quali con elevazione del tratto ST.26-27
Visto che i DES diminuiscono in media
73 GENNAIO 2008
la necessità di un re-intervento del
10%, ciò significa teoricamente che
per 1'000 pazienti trattati vengono
evitati teoricamente 10 infarti (1%)
legati ad una restenosi.
Inoltre ogni re-intervento per restenosi
comporta un rischio associato, anche
se debole, non trascurabile. Così ha
mostrato Stone in uno studio randomizzato che paragona PES a BMS in
3'445 pazienti; 290 pazienti con BMS
(16.8%) e 135 pazienti con PES
(7.9%, P>0.01) hanno subito un
nuovo intervento di rivascolarizzazione
per restenosi, associato a 11 complicazioni ischemiche peri-procedurali
(0.6%) (decesso o infarto) nei pazienti
con BMS e solamente 4 (0.2%) complicazioni ischemiche peri-procedurali
nei pazienti con PES (figura 2).28
Alcuni studi osservazionali indicano
una possibile negativa correlazione
tra restenosi e speranza di vita a
lungo termine (4-10 anni).29,30 In un
collettivo di 2'272 pazienti trattati
consecutivamente con BMS tra il
1992 ed il 1996 la mortalità a 4 anni
ammontava a 6% nei pazienti senza
restenosi e all'8.8% nei pazienti con
restenosi (P=0.02). Un'analisi multivariata identifica la restenosi come,
oltre all'età, unico fattore predittivo
indipendente.30
Il follow-up a lungo termine (10 anni)
di 603 pazienti diabetici seguiti dopo
angioplastica con palloncino, dimostra un aumento della mortalità nei
pazienti con restenosi rispetto a quelli senza (24% senza restenosi; 35%
nella restenosi non occlusiva e 59%
nella restenosi occlusiva, P<0.001),
con la restenosi occlusiva rilevatasi
nuovamente come fattore prognostico indipendente, rispettivamente predittivo di mortalità in un'analisi multivariata. Questa relazione tra restenosi
e speranza di vita non è ancora stata
osservata negli studi prospettici randomizzati, ciò che potrebbe essere
legato ad un profilo di rischio classicamente debole nei pazienti inclusi in
questo tipo di studi.
SEZIONE SCIENTIFICA
de 8'146 pazienti con DES19 e di 19%
nella serie di 2'974 pazienti del
Washington Hospital Center50. La
maggior parte dei pazienti con diagnosi di trombosi dello stent subiscono un infarto miocardico (66-70% dei
pazienti con DES19,50 e 60-81% dei
pazienti con BMS39,44).
Riassumendo l'incidenza dei decessi e
di infarto miocardico dopo trombosi
dello stent sembra comparabile per i
DES ed i BMS.
Vista l'incertezza nella diagnosi della
trombosi un gruppo di lavoro apposito (consorzio di ricerca accademica,
ARC)54 ha recentemente elaborato
una definizione unitaria.
Fig. 2: Frequenza e complicazioni dei nuovi interventi di rivascolarizzazione dopo impianto di
stents medicati o nudi.28 I pazienti con stents nudi richiedono più spesso un nuovo intervento di rivascolarizzazione, che è associato ad una morbidità e mortalità più elevate
durante il periodo peri-procedurale (fino a 7 giorni dopo l'intervento). SES = Stent medicati con sirolimo, PES = Stent medicati con paclitaxel, BMS = Stent nudi. Figura riprodotta con
il permesso di Stone e al.28
Come conferma il rapporto della
Federal and Drug Administration
(FDA)31,32 gli stent medicati hanno
praticamente risolto il problema delle
restenosi .
Rischi legati agli stent attivi
ricoperti di medicamento
Una complicazione rara ma con conseguenze gravi è la trombosi dello
stent 33.
Si tratta di un'occlusione trombotica
dell'impianto con ostruzione parziale o
completa dell'irrorazione sanguigna
del territorio miocardico corrispondente. Mentre la trombosi dello stent è
stata osservata nel 5-7% dei pazienti
trattati con i primi stent coronarici nudi
all'inizio degli anni 90 4,34, delle modifiche nell'indicazione e nelle tecniche
di posa degli stent, nonché dei trattamenti antitrombotici hanno portato ad
una riduzione importante del tasso
della trombosi dello stent a 0.5-2%
negli stent moderni.19,35-53 La tabella
1 riassume l'incidenza della trombosi
dello stent dopo impianto di DES e
BMS negli studi contemporanei.
La mortalità associata alla trombosi
dello stent è elevata e simile a quella
dell'infarto miocardico spontaneo.
L'analisi di più studi multicentrici39,
nonché di uno studio monocentrico di
6'053 pazienti trattati con BMS,
mostra una mortalità del 7% dopo 30
giorni, nel caso di una trombosi dello
stent definitiva. Il tasso di decesso
dopo trombosi definitiva di stent attivo ammonta a 9% a 30 giorni nel
registro di Berna-Rotterdam che inclu-
73 GENNAIO 2008
Le trombosi dello stent sono state
classificate come definitive (provate
nell'angiografia o nell'autopsia), probabili (morte improvvisa cardiaca fino
a 30 giorni dalla posa dello stent,
nonché infarto nel territorio vascolarizzato attraverso lo stent, indipendentemente dalla durata) e possibili
(morte improvvisa cardiaca dopo i 30
giorni della posa dello stent)54.
Il consorzio di ricerca accademica
(ARC) fa osservare che le trombosi
dello stent definitive e probabili sono
quelle più convenienti per meglio
quantificare il rischio di trombosi dello
stent.
Un altro strumento di classificazione
importante è la divisione temporale
dell'apparizione della trombosi dopo
l'impianto dello stent: quelle avvenute nel primo mese dopo l'impianto
vengono classificate come precoci,
quelle subentrate tra un mese e un
anno come tardive e quelle prodottesi dopo un anno come molto tardive
(figura 3).
Nella metanalisi di 6 studi che includono 2'963 pazienti, l'incidenza della
trombosi dello stent precoce si eleva a
0.5% per gli SES e 0.6% per i BMS
(rischio relativo = 0.76, intervallo di
confidenza
95%
0.30-1.88,
P=0.55).55 Risultati simili sono apparsi in una metanalisi di 5 studi inclu-
TRIBUNA MEDICA TICINESE
13
SEZIONE SCIENTIFICA
A. Stent nudi / non medicati
Studio
Anno
Tipo di stent N° pazienti
TS: N° (%)
Definizione
Tienopiridinee
Intervallo temp.
Karrillon e al.
1996
BMS
2,900
51 (1.8%)
definitiva e probabile
Ticlopidinae
precoce
Moussa e al.
1997
BMS
1,001
19 (1.9%)
definitiva e probabile
nessuna (25%)
Ticlopidinae (75%)
precoce
Schühlen e al.
1998
BMS
2,833
65 (2.3%)
definitiva
Ticlopidinae (80%)
Coumarine
Cumarine (19%)
nessuna (2%)
precoce
De Servi e al.
1999
BMS
939
14 (1.5%)
definitiva
Ticlopidinae
precoce
Cutlip e al.
2001
BMS
6,186
53 (0.9%)
definitiva e probabile
Ticlopidinae
precoce
Serruys e al.
2001
BMS
600
17 (2.8%)
definitiva
Ticlopidinae
precoce
Heller e al.
2001
BMS
1,855
34 (1.8%)
definitiva
Ticlopidinae
precoce e tardiva
Orford e al.
2002
BMS
4,509
23 (0.5%)
definitiva e probabile
Ticlopidinae,Clopidogrel
precoce
Wang e al.
2002
BMS
1,191
20 (1.7%)
definitiva
Ticlopidinae
precoce e tardiva
Wenaweser e al.
2005
BMS
6,058
95 (1.6%)
definitiva
Ticlopidinae,Clopidogrel
precoce e tardiva
Lee
2005
2005
BMS
BMS
1,597
1,415
9 (0.5%)
1 (0.1%)
definitiva
definitiva
Clopidogrel
Clopidogrel e
Cilostazol
precoce
precoce
ST: N° (%)
Definizioni
Tienopyridinee
Intervallo temp.
1 (0.2%)
definitiva
Ticlopidinae
precoce
B. Stents attivi / medicati
Studio
Anno
Tipo di Stent N° pazienti
Serruys e al.
1998
HEPACOAT
Mehran e al.
2003
HEPACOAT
200
2 (1%)
definitiva e probabile
aucune
precoce
Ong e al.
2005
SES, PES
2,006
20 (1.0%)
31 (1.6%)
definitiva
definitiva e probabile
Clopidogrel
Clopidogrel
precoce
precoce
Iakovou e al.
2005
SES, PES
2,229
29 (1.3%)
definitiva, probabile
e possibile
Clopidogrel,
Ticlopidinae
precoce e tardiva
414
Kuchulakanti e al.
2006
SES, PES
2,974
38 (1.3%)
definitiva
Clopidogrel
precoce e tardiva
Rodriguez e al.
2006
SES, PES
225
5 (2.2%)
7 (3.1%)
definitiva
definitiva e probabile
Clopidogrel
Clopidogrel
precoce, tardiva e
molto tardiva
Urban e al.
2006
SES
15,157
126 (0.9%)
definitiva e probabile
Clopidogrel
precoce e tardiva
Park e al.
2006
SES, PES
1,911
15 (0.8%)
definitiva, probabile
e possibile
Clopidogrel
precoce, tardiva e
molto tardiva
Daemen e al.
2007
SES, PES
8,146
152 (1.9%)
definitiva
Clopidogrel
precoce, tardiva e
molto tardiva
Tab. 1: Incidenza di trombosi dello stent (TS) negli studi contemporanei
denti 3'513 pazienti, comparanti i
PES (0.5%) ai BMS (0.6%) (rischio
relativo=0.74, 95% intervallo di confidenza 0.31-1.80, P=0.51).56
Sebbene il fenomeno delle trombosi
tardive (fino ad un anno dopo
impianto) sia già stato descritto con
gli stent nudi, è stato per lungo
14
TRIBUNA MEDICA TICINESE
tempo ignorato. 4 studi osservazionali totalizzanti 9'465 pazienti riportano un'incidenza della trombosi
dello stent tardiva fino a 1% (figura
4). Una metanalisi recente non ha
mostrato alcuna differenza d'incidenza della trombosi dello stent tardiva
(tra un mese e l'anno) tra i DES
73 GENNAIO 2008
(0.2% in 2'602 pazienti) ed i BMS
(0.3% in 2'428 pazienti; Odds
Ratio=0.99; intervallo di confidenza
95%, 0.35-2.84, P=1.00).
Riassumendo questi dati mostrano
che le trombosi dello stent precoci
(<1 mese) e tardive (tra 1 mese ed 1
anno) subentrano con la stessa fre-
SEZIONE SCIENTIFICA
Fig. 3: Definizione delle trombosi dello stent a dipendenza del tempo trascorso dopo l'impianto,
secondo l'ARC.54
Fig. 4: Percentuale delle trombosi dello stent tardive rispetto all'incidenza globale della trombosi
dello stent nell'impianto di stent nudi.41,43,77,78
quenza sia con i DES che con i BMS.
Al contrario le trombosi dello stent
molto tardive (> 1 anno) sembrano
essere più frequenti nei pazienti trattati con stents medicati. Le prime indicazioni sono apparse nel follow-up a
lungo termine di 826 pazienti dello
studio BASKET-LATE.
Pur con tassi di mortalità sovrapponibi-
li (2.8% vs. 2.5%, P=ns) i DES presentano fino a 18 mesi un tasso di trombosi più alto (1.4% vs 0.8%, P=ns)
rispetto ai BMS.57 La frequenza e la
ripartizione temporale della trombosi
dello stent definitiva, dopo impianto di
SES e di PES è stata esaminata nello
studio di Berna-Rotterdam includente
8'146 pazienti consecutivi.19 Mentre
73 GENNAIO 2008
l'incidenza della trombosi dello stent
precoce (1.1%) era comparabile a
quella degli studi analoghi precedenti, il follow-up a lungo termine ha
mostrato un rischio continuo della
trombosi tardiva dello stent di circa
0.6% per anno, senza indicazioni di
tendenza al ribasso fino a 3 anni
dopo la posa dello stent (figura 5).
L'incidenza della trombosi definitiva
dello stent è stata esaminata in dettaglio in una metanalisi di 5 studi con
PES (N=3'506 pazienti). Mentre non
vi era differenza nell'incidenza totale
della trombosi dello stent (1.35 vs.
0.9%, P=0.30), come pure nell'incidenza della trombosi dello stent precoce e tardiva, è stato osservato un
tasso leggermente più alto di trombosi molto tardiva a sfavore dei DES
(0.7 vs. 0.2%, P=0.03).21
Una rivista sistematica di 14 studi con
SES (N=4'958 pazienti) ha prodotto
risultati simili. Una volta di più l'incidenza globale delle trombosi dello
stent fino a 5 anni era simile (SES:
1.4%; BMS: 1.3%, P=0.75), con
comunque più trombosi molto tardive
nei pazienti trattati con stent medicati (0.3% vs 0.04%, P=0.02).22
La figura 6 mostra i fattori predittivi
più importanti per la trombosi dello
stent dopo posa di DES. 19,49,50,52
Bisogna sottolineare che questi studi
inquadrano le trombosi dello stent primarie (ossia senza rivascolarizzazione
intercorrente), mentre le trombosi
dello stent secondarie, apparse dopo
rivascolarizzazione intercorrente per
restenosi, sono state in parte censurate, ciò che avvantaggia evidentemente
gli stents non medicati. Tenuto conto
di queste circostanze e alla luce delle
nuove definizioni della ARC54, uno studio58 (di cui i risultati sono riassunti
nella tabella 2) si è concentrato esclusivamente sulle differenti definizioni
della trombosi dello stent. In questo
lavoro, non vi è differenza significativa
di incidenza totale della trombosi dello
stent tra BMS e DES in un follow-up a
lungo termine (fino a 4 anni).
TRIBUNA MEDICA TICINESE
15
SEZIONE SCIENTIFICA
Fig. 5: Frequenza, ripartizione temporale ed incidenza cumulativa delle trombosi dello stent in un colletivo di 8'146 pazienti trattati con degli stents
medicati della prima generazione. Le trombosi dello stent precoci (91 pazienti) appaiono in grigio, quelle tardive (61 pazienti) sind in nero. La
linea continua mostra il valore cumulativo delle trombosi dello stent durante il follow-up clinico fino a 3 anni dopo l'impianto dello stent.
Figura riprodotta con il permesso di Daemen J. e al.19
16
In conclusione l'incidenza della trombosi dello stent precoce e tardiva subentra con una frequenza simile sia
con i BMS che con i DES, mentre la
trombosi dello stent molto tardiva
viene osservata più frequentemente
con i DES. Le rivascolarizzazioni intercorrenti dei pazienti trattati con BMS
implicano il subentrare di trombosi di
stent secondarie, legate possibilmente al trattamento con altri stent (BMS
o DES) e/o ad un'endobrachiterapia
intracoronarica.
descritte legate ad una definizione
uniforme della trombosi dello stent, è
importante focalizzare l'attenzione
sui criteri di giudizio (“endpoints”) clinici non dubitabili, più rispettosi della
sicurezza come il decesso e l'infarto
miocardico. Di conseguenza i risultati
a lungo termine concernenti la mortalità ed il tasso di infarto miocardico
degli studi d'osservazione e delle
metanalisi degli studi prospettivi randomizzati vengono discussi qui di
seguito.
Sicurezza degli stent attivi
ricoperti con medicamento
Sulla base delle difficoltà sopra
Studi d'osservazione
Uno studio d'osservazione svedese
(registro SCAAR)59, ha paragonato il
TRIBUNA MEDICA TICINESE
73 GENNAIO 2008
decorso clinico di 6'033 pazienti con
DES e 13'738 pazienti con BMS.
Dopo 3 anni non vi era differenza
significativa per ciò che riguardava gli
endpoints primari (decesso e infarto
miocardico) tra DES e BMS. Tuttavia
delle differenze temporali sono
apparse in uno studio d'analisi di
mercato con una tendenza a meno
eventi nei pazienti con DES nei primi
6 mesi dopo la posa dello stent
(HR=0.94, 95% IC 0.83-1.06), seguito da un rischio più elevato nell'intervallo di tempo seguente (HR=1.20,
95% IC 1.05-1.57). Inoltre, il rischio
di mortalità a 3 anni dei pazienti trattati con DES era simile a quello dei
SEZIONE SCIENTIFICA
Definizione
Sirolimo
BMS
Protocollo
0.5%
ARC definitiva
ARC definitiva e probabile
P
Paclitaxe
lBMS
0.1%
0.5%
0.5%
0.3%
0%
0.4%
0.4%
0.5%
0.3%
0.5%
0.5%
Protocollo
0.1%
0.5%
0.2%
0.1%
ARC definitiva
0.2%
0.5%
0.3%
0.2%
ARC definitiva e probabile
0.1%
1.0%
0.4%
0.3%
0.6%
0%
0.6%
0.2%
P
Precoce
(<1 mese)
Tardiva
(>1mese,<1anno)
Molto tardiva
(>1 anno)
Protocollo
ARC definitiva
0.7%
0.3%
0.6%
0.5%
ARC definitiva e probabile
0.9%
0.4%
0.9%
0.6%
Protocollo
1.2%
0.6%
0.20
1.3%
0.8%
0.24
ARC definitiva
1.2%
0.8%
0.47
1.3%
1.1%
0.71
ARC definitiva e probabile
1.5%
1.7%
0.70
1.8%
1.4%
0.71
Tutti i periodi
Tab. 2:
Incidenza della trombosi dello stent secondo il protocollo e le definizioni dell'ARC.58
pazienti con BMS (RR=1.18, 95% IC
1.04-1.35). Tuttavia vi erano grosse
differenze significative nei due gruppi
trattati come per esempio l'incidenza
del diabete, un'antecedente rivascolarizzazione, il numero di stent utilizzati, la lunghezza ed il diametro degli
stent.
Il registro multicentrico prospettivo
REAL ha studiato il decorso clinico di
10'629 pazienti consecutivi che avevano subito un intervento coronarico
percutaneo con posa di DES (N=3064)
o BMS (N=7565), trattati elettivamente tra il 2002 e il 2005 in un bacino di
reclutamento di 4 milioni di abitanti.
La mortalità era più elevata per i
pazienti con BMS che con DES (8.0%
vs. 5.7%, P=0.0002). Tuttavia, dopo
correzioni di importanti differenze
nelle caratteristiche di base dei
pazienti, non sussisteva più una diffe-
renza significativa tra i due tipi di
stent per ciò che concerneva la mortalità (DES: 6.8% vs. BMS: 7.4%, HR=
0.90, 95% IC 0.72-1.13, P=0.35) e
l'endpoint combinato “decesso e
infarto miocardico” (DES: 10.9% vs.
BMS: 12.3%, HR=0.87, 95% IC 0.731.04, P=0.12)60.
Lo studio Western Denmark ha seguito 12'395 pazienti consecutivi, totalizzanti 17'152 lesioni, con 8'847
pazienti trattati con BMS e 3'548 con
DES. La mortalità dopo 15 mesi di
osservazione, era più elevata nei
pazienti con BMS che in quelli con
DES (6.2% vs. 4.4%, P<0.001).
Questa differenza scompare dopo
correzione di differenze importanti
nelle caratteristiche di base dei
pazienti (HR=0.90, 95%, IC 0.751.09, P=0.29). In ciò che concerne
l'endpoint infarto miocardico non vi
73 GENNAIO 2008
era differenza significativa durante i
15 mesi d'osservazione (DES: 3.2%
vs. BMS: 3.0%, P=0.65), pur con un
tasso d'infarto miocardico nei pazienti con DES leggermente più elevato
tra il 12esimo e 15esimo mese (0.6% vs.
2%, HR=4.00, 95% IC 2.06-7.79,
P<0.001).
Uno studio osservazionale del Thoraxcenter a Rotterdam ha paragonato
la mortalità su un periodo di 3 anni
dopo posa di SES (N=976), PES
(N=2776) e BMS (N=2287) ed ha
osservato una mortalità significativamente più bassa con i SES (HR=0.71,
95% IC=0.54-0.92, P=0.008) in paragone ai PES e BMS.61
Un altro studio del registro della
Wake Forrest University ha comparato
il decorso clinico di 1'164 pazienti
trattati con BMS a quello di 1'285
pazienti trattati con SES. L'analisi
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SEZIONE SCIENTIFICA
lità o di infarto miocardico per i
pazienti trattati con DES.
Fig. 6: Fattori predittivi per la formazione di trombosi dello stent dopo impianto di stent medicato di prima generazione.
Endpoint
Sirolimo
BMS
N=2486
P
Paclitaxel
BMS
P
N=2472
N=1755
N=1758
Kastrati e al.
Kastrati e al.
Stone e
Stone e
22
22
al.21
al.21
Decessi
6.0%
5.9%
0.80
6.1%
6.6%
0.68
Decessi o infarto
9.7%
10.2%
0.97
12.4%
11.8%
0.79
miocardico
Tab. 3: Tasso di mortalità e di infarto miocardico durante il follow-up a lungo termine fino a 5 anni
dopo la posa di stents attivi medicati (sirolimo o paclitaxel) o di stent non medicati, risp.
nudi (BMS).
della mortalità (rispettivamente 4.9%
vs 7.1%, HR=0.68, 95% IC 0.490.96, P=0.03) nonché dell'endopoint
combinato “decesso e infarto miocardico” (7.8% vs. 10.7%, P=0.02)
mostrano dei migliori risultati nel collettivo trattato con DES 9 mesi dopo
la posa dello stent.62
Alla luce delle differenze nelle caratteristiche di base dei pazienti e delle
lesioni, come pure alla presenza di
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fattori non controllati che possono
indurre ad un bias di selezione nella
scelta del tipo dello stent, i risultati
contradditori di questi studi d'osservazione devono essere interpretati
con cautela e riserva e devono servire
piuttosto alla formulazione delle ipotesi per gli studi futuri. A parte il registro svedese SCAAR, nessun altro studio d'osservazione ha messo in evidenza un rischio più elevato di morta-
73 GENNAIO 2008
Meta-analisi degli studi randomizzati
I risultati di mortalità e di tasso di
infarto miocardico ottenuti dagli studi
randomizzati e dalle meta-analisi
paragonanti i DES ai BMS sono più
rilevanti. Stone ed i suoi collaboratori
hanno investigato la mortalità ed il
tasso di infarto in una meta-analisi dei
dati individuali degli studi randomizzati TAXUS I-VI, nei quali lo stent
medicato, risp. ricoperto di Paclitaxel
TAXUS veniva comparato ad un suo
simile non ricoperto. In ciò che concerneva la mortalità (PES: 6.1% vs.
6.6%, HR=0.94, 95%, IC 0.70-1.26,
P=0.68) ed il tasso di infarto miocardico (PES: 7.0%, vs. 6.3%, HR=1.06,
95% IC 0.81-1.36, P=0.66) nessuna
differenza tra i due stent è stata
osservata nel decorso clinico fino a 4
anni.
Nella meta-analisi dei dati individuali
raggruppanti 14 studi con 4'958
pazienti, e nei quali gli stent attivi,
risp. medicati, ricoperti con sirolimo
CYPHER venivano comparati a stent
identici non medicati, non vi era né
differenza riguardo alla mortalità
(SES: 6.0% vs. BMS: 5.9%, HR=1.03,
95% IC 0.80-1.30, P=0.80) né riguardo al tasso combinato di decesso o
d'infarto miocardico (SES: 9.7% vs.
BMS: 10.2% HR=0.97, 95% IC 0.811.16, P=0.76) (tabella 3), e ciò fino a
5 anni.
Attualmente la migliore valutazione
riguardante la sicurezza degli stent
medicati, è una meta-analisi di rete di
tutti gli studi randomizzati di DES
della prima generazione pubblicati
fin'ora (38 studi, 18'023 pazienti).23
In ciò che concerne la mortalità non
risulta nessuna differenza nell'utilizzo
dei diversi tipi di stent nel follow-up
fino a 4 anni (SES vs. BMS: HR=1.00,
95% IC 0.82-1.25; PES vs. BMS
HR=1.03, 95% IC 0.84-1.22; SES vs.
PES: HR=0.96, 95% IC 0.83-1.24)
(figura 7a e b). I SES presentano un
SEZIONE SCIENTIFICA
Fig. 7:
Risultati di una metanalisi di rete di tutti gli studi randomizzati pubblicati con DES di
prima generazione (38 studi, 18'023 pazienti).
SES = Stent medicati con sirolimo, PES = Stent medicati con paclitaxel, BMS = Stent nudi
a. Paragone della mortalità durante i 4 anni di follow-up dopo la posa di stent medicati
con sirolimo, con paclitaxel o stent nudi, risp. non medicati.
b. Paragone del endpoint combinato decesso o infarto miocardico durante i 4 anni di
follow-up dopo posa di stent medicato con sirolimo, con paclitaxel o di stent non medicati.
c. Paragone del tasso d'infarto miocardico durante il follow-up di 4 anni dopo posa di
stent medicato con sirolimo, con paclitaxel o di stent non medicati.
Figura riprodotta con il permesso di Stettler e al.23
Fig. 7a
tasso di infarto miocardico leggermente inferiore rispetto ai BMS
(HR=0.81, 95% CI 0.66-0.97) e rispetto ai PES (HR=0.83, 95% IC 0.711.00) (figura 7c). In questo lavoro
viene eseguita anche un'analisi stratificata in funzione della presenza di
diabete. Anche questa analisi non
mostra delle differenze significative
né della mortalità (SES vs. BMS:
HR=1.24, 95% IC 0.74-1.87; PES vs.
BMS: HR=1.16, 95% IC 0.78-1.84,
SES vs. PES: HR=1.06, 95% IC 0.761.59), né del tasso combinato di
decesso ed infarto miocardico (SES vs.
BMS: HR=1.03, 95% IC 0.79-1.35;
PES vs. BMS: HR=1.08, 95% IC 0.791.43, SES vs. PES: HR=0.96, 95% IC
0.69-1.31) (figura 8).
Sulla base di queste analisi non risultano indizi per un aumento della mortalità nei pazienti trattati con DES
rispetto ai pazienti trattati con BMS.
Inoltre non esiste alcuna differenza
nell'incidenza d'infarto miocardico tra
PES e BMS, mentre i SES sembrano
avere un rischio d'infarto miocardico
leggermente inferiore. Durante tutti i
4 anni di follow-up non vi è stato nessun momento dove si è potuta osservare una divergenza di questi risultati. Riassumendo il profilo di sicurezza
degli DES di prima generazione è
simile a quello dei BMS.
Raccomandazioni relative la
prevenzione di complicazioni nel
caso di impianto di stent attivo
di prima generazione
Terapia antiaggregante piastrinica
Tenuto conto di una ritardata endotelializzazione i DES di prima generazione giustificano una doppia antiaggregazione prolungata. Nonostante la
durata ottimale della doppia antiaggregazione non sia mai stata investigata in modo prospettivo, le direttive
recentemente pubblicate congiuntamente dalla società americana di cardiologia (American Heart Association,
American College of Cardiology,
Fig. 7b
73 GENNAIO 2008
TRIBUNA MEDICA TICINESE
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Society for Cardiovascular Angiography and Interventions), di chirurgia
(American College of Surgeons), di
medicina (American College of Physicians) e dei dentisti (American Dental
Association) raccomandano una durata
minima di 12 mesi dopo la posa di un
DES di prima generazione.63
Una deroga a queste direttive richiede
in ogni caso una riflessione accurata
dei rischi e dei benefici.64 Tenuto
conto del fatto che l'interruzione prematura dell'antiaggregazione rappresenta un fattore di rischio importante
per la trombosi dello stent, indipendentemente dal tipo di stent, bisogna
prestare particolare attenzione anche
alla buona compliance medicamentosa del paziente.65
Delle misure, quali un'attenta spiegazione, delle carte informative per
pazienti sulla durata ed il senso della
doppia antiaggregazione, dei programmi di riabilitazione cardiovascolare e la considerazione di fattori
socio economici per l'ottenimento dei
medicamenti, come pure il saper evitare l'impianto di un DES in alcuni
pazienti poco cooperativi, possono
influenzare positivamente il rischio di
una trombosi dello stent. Inoltre, degli
interventi chirurgici elettivi con alto
rischio emorragico significativo,
dovrebbero venir evitati nel corso del
primo anno e dovrebbero essere
seguiti da un arresto progressivo della
terapia antiaggregante dopo una
consultazione pluridisciplinare coinvolgente il chirurgo ed il cardiologo.
Fig. 7c
Fig. 8: Risultati di una metanalisi di rete comprendenti 38 studi randomizzati con 3,762 pazienti
diabetici. Paragone dell'endpoint combinato decesso o infarto miocardico nei pazienti diabetici durante i 4 anni di follow-up dopo posa di stent medicato con sirolimo, con paclitaxel o di stent non medicati.
SES = Stent medicati con sirolimo, PES = Stent medicati con paclitaxel, BMS = Stent nudi
Figura riprodotta con il permesso di Stettler e al.23
20
TRIBUNA MEDICA TICINESE
73 GENNAIO 2008
Fattori legati al paziente e
alla lesione coronarica
La selezione di un paziente adatto per
l'impiego di un DES gioca un ruolo
importante nella prevenzione di complicazioni. Ne deriva che pazienti
aventi un più alto rischio emorragico,
quelli con una prevista operazione,
quelli con un'intolleranza alle
Tienopiridine o con malattie gastrointestinali che possano modificare l'assunzione dei derivati tienopiridinici,
SEZIONE SCIENTIFICA
nonché i pazienti aventi un'indicazione ad un anticoagulazione orale
(fibrillazione atriale, protesi valvolare,
embolia polmonare) non dovrebbero
essere trattati con dei DES.
Un'operazione può rendersi necessaria inaspettatamente dopo la posa di
uno stent. Interventi chirurgici per sé
espongono il paziente coronarico ad
un rischio elevato di infarto miocardico. Dopo la posa di uno stent coronarico66, questo rischio è particolarmente accentuato dall'arresto della terapia antiaggregante67, come pure
dallo stato proanticoagulatorio (stimolazione dell'aggregazione piastrinica e diminuzione della fibrinolisi)
indotto durante il periodo perioperatorio. Quando il rischio emorragico è
stimato elevato, il Clopidogrel dovrebbe venir sospeso 5 giorni prima dell'operazione mantenendo tuttavia la
terapia con Aspirina (100mg/die), e
ricominciando entro 48 ore dopo l'intervento con Clopidogrel somministrandone una dose di carico.68 Non
sussiste evidenza che l'amministrazione perioperatoria di eparina o di antiglicoproteine IIb/IIIa sia utile.
Il rapporto rischio-beneficio degli
stents medicati vs. quelli nudi deve
essere valutato in ogni paziente. Il
vantaggio dell'utilizzo dei DES rispetto ai BMS si basa essenzialmente sulla
riduzione più efficace dell'iperplasia
neointimale, particolarmente rilevante nelle arterie di piccolo diametro.
Infatti uno studio angiografico
(N=500 pazienti) non si è dimostrata
differenza riguardo restenosi tra SES
(10%) e BMS (13%, P=0.52) in vasi di
diametro angiografico >2.8 mm.69
Un'analisi stratificata secondo il diametro dell'arteria di referenza dello
studio BASKET ha inoltre mostrato un
beneficio marcato per i DES nelle piccole arterie (diametro <3.0 mm) e per
i grafts aortocoronarici, ciò che invece
non era il caso per arterie più grandi.70 Di conseguenza, i BMS come
pure l'angioplastica semplice con palloncino6,71 restano un'alternativa vali-
da ai DES nei casi di lesioni discrete e
semplici in grosse arterie.
Tecnica di posa dello stent
I risultati dopo posa di DES possono
essere ottimizzati attraverso l'osservazione di alcuni aspetti tecnici durante
l'intervento. Visto che il numero come
pure la lunghezza degli stent (sia per i
DES che per i BMS) aumentano il
rischio di trombosi,42 bisognerebbe
evitare per quanto possibile lunghezze di stent eccessive, nonché la
sovrapposizione degli stents. Inoltre è
importante prestare particolare attenzione ad un'espansione ottimale e
completa dello stent con buona
apposizione delle maglie (degli
“struts”) su tutta la lunghezza dello
stent, in particolare in caso di lesioni
fortemente calcificate, al fine di evitare delle dissezioni residue.72 Nel caso
di biforcazione, la tecnica “crush”
risulta in una sovrapposizione di
stents eccessiva, associata ad un
rischio di trombosi più elevata,73 per
cui lo stenting dei rami secondari
dovrebbe venir eseguito esclusivamente nel caso di risultato subottimale74. Sebbene i DES non hanno
mostrato nessuno svantaggio in
pazienti con infarto miocardico acuto
con elevazione del tratto ST75,76, l'utilizzo di stent ricoperti in questo collettivo di paziente deve essere investigato ulteriormente. Inoltre nella maggior parte dei casi il diametro del vaso
infartuato è più grande di ciò che inizialmente appare come il territorio
miocardico da esso irrorato, che a
causa dell'infarto stesso, è meno viabile.
Sintesi dei dati
I dati di paragone tra DES di prima
generazione ed i BES attualmente disponibili permettono le seguenti conclusioni:
1. In paragone ai BMS, i DES diminuiscono efficacemente il rischio
di nuova procedura di rivascolarizzazione
73 GENNAIO 2008
2. Non ci sono delle differenze di
rischio di trombosi di stent precoce o tardivo tra BMS e DES.
L'incidenza della trombosi dello
stent molto tardiva (> 1 anno)
sembra per contro leggermente
più elevata per i DES di prima
generazione. Questo rischio leggermente più elevato non è associato ad un aumento della mortalità o di tasso di infarto. Le spiegazioni possibili sono che l'incidenza cumulativa delle trombosi
dello stent non siano differenti,
che la popolazione dei pazienti
degli studi comparativi sia troppo
piccola per dimostrare una differenza o che i BMS siano più soggetti a trombosi di stent secondari dopo intervento intercorrente di
rivascolarizzazione.
3. Fino ad un follow-up di 4 anni
non vi è alcuna differenza significativa nell'incidenza di morte o di
infarto miocardico tra l'utilizzo di
DES e BMS.
4. Il rischio leggermente più elevato
della trombosi molto tardiva dello
stent negli DES è compensato dal
loro effetto preponderante nella
riduzione di nuovi interventi di
rivascolarizzazione a cui vanno
aggiunti la prevenzione dei rischi
associati a tali interventi.
5. Altri studi a lungo termine sono
necessari sia per valutare l'applicazione in sottogruppi in pazienti
e/o lesioni più complesse, al fine
di meglio valutare l'efficacia e la
sicurezza dell'utilizzo dei DES
nella pratica quotidiana.
6. Le conclusioni di questo testo si
basano esclusivamente sui dati
dei DES di prima generazione e
non possono venir trasferiti per
considerazioni sui DES di nuova
generazione.
TRIBUNA MEDICA TICINESE
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TRIBUNA MEDICA TICINESE
25
SEZIONE SCIENTIFICA - JOURNAL CLUB
Il Journal Club di questo mese è stato curato dal Reparto di Medicina Interna dell’Ospedale Regionale Beata
Vergine, Mendrisio
TERAPIA PRECOCE
DELLA PARALISI DI BELL:
PREDNISOLONE O
ACYCLOVIR?
Sullivan FM, Swan IRC, Donnan PT, et al. Early
treatment with prednisolone or acyclovir in Bell's palsy. N Eng J Med 2007 Oct 18; 357:15981607
Riassunto/Adattamento:
P. Borella, Reparto di Medicina Interna,
Ospedale della Beata Vergine, Mendrisio
Introduzione
La paralisi di Bell è una paresi unilaterale, acuta, idiopatica che colpisce il
nervo facciale. Si ipotizza una causa
vascolare, infiammatoria o virale, in
particolare associata al virus dell'Herpes simplex. L'incidenza è di 1140/100000 persone colpite all'anno,
con un picco tra i 30 e i 45 anni. Il decorso in buona parte dei pazienti è favorevole spontaneamente, mentre il
20-30% delle persone colpite portano
segni permanenti con conseguenze sia
fisiche, in particolare dolore, che psicologiche (deformazione della propria
immagine).
Non esiste alcuna evidenza sulla terapia da somministrare, anche se le opzioni principali sono i corticosteroidi
più o meno associati all'acyclovir. Due
recenti metanalisi della Cochrane sull'uso di steroidi e acyclovir non permettevano di concludere a favore di
una o dell'altra terapia.
Lo scopo di questo studio è dunque di
stabilire se una o l'altra terapia somministrate rapidamente all'esordio della
malattia possano migliorare le possibilità di guarigione.
Metodo
È stato eseguito uno studio doppio
cieco randomizzato, controllato, con
obbiettivi predefiniti e specificati, che
ha incluso pazienti sopra i 16 anni affetti da paralisi di Bell insorta meno di
72 ore prima, presentatisi dal medico
curante o a un servizio di Pronto Soccorso. I pazienti ricevevano in modo
randomizzato una terapia di 10 giorni
sia con prednisolone 25mgx2, sia una
terapia con acyclovir 400mgx5, sia le
due terapie combinate, o, nel gruppo
controllo, un doppio placebo. I pazienti venivano valutati a 3 mesi e ancora dopo 9 mesi se al primo controllo non si riscontrava una risoluzione
completa della paralisi facciale.
L'outcome primario era valutato con il
recupero della funzione del nervo facciale sulla base di una scala semplice,
ampiamente usata in clinica, che assegna uno score da 1 a 6 a dipendenza
del grado di compromissione della
funzione del nervo facciale (scala di
House-Brackmann). Il punteggio assegnato era documentato grazie a fotografie digitali eseguite in 4 pose standard (riposo, sorriso forzato, sopracciglia aggrottate e chiusura ferma degli
occhi).
Gli outcomes secondari erano la qualità della vita, l'apparenza del facciale
e il dolore, anche queste valutate
usando scale definite.
Risultati
551 pazienti sono stati randomizzati,
di cui 75% indirizzati dai medici curanti, 496 hanno terminato lo studio.
I pazienti erano equamente divisi per
sesso, età media e gravità della paralisi. La terapia è stata iniziata entro 24
ore nel 53,8%, entro 48 ore nel
32,1% e nel rimanente 14% entro
72 ore.
A 3 mesi 357 (83% del totale) pazienti mostravano un recupero completo, con una differenza significativa
per i pazienti che avevano ricevuto la
terapia con prednisolone rispetto agli
altri: 83% contro 63,6%, pari al
73 GENNAIO 2008
19,4%. Non vi era nessuna differenza nei gruppi di confronto con acyclovir.
A 9 mesi altri 80 pazienti mostravano
una completa risoluzione della paralisi, con un tasso di guarigione del
94,4% per i pazienti riceventi steroidi contro l'81,6% in quelli senza, differenza pari al 12,8%. Anche a 9 mesi la terapia con acyclovir non mostrava differenze significative (85,4%
con acyclovir contro 90% senza).
Nei pazienti sotto placebo la risoluzione completa a 3 mesi si otteneva
nel 64,7% dei pazienti, e nel 85,2%
a 9 mesi.
Il prednisolone si è dimostrato efficace sia solo, sia combinato all'acyclovir, mentre la terapia con acyclovir
non ha mostrato benefici né sola, né
in combinazione con il prednisolone.
Per quanto riguarda invece gli obbiettivi secondari non ci sono state
grosse differenze tra i vari gruppi. A
parte una tendenza non significativa
a lamentare meno dolore nei pazienti con prednisolone.
Non si sono riscontrati effetti collaterali delle terapie.
Quindi la terapia precoce con prednisolone risultava efficace con un NNT
per ottenere un paziente in più completamente guarito di 6 a 3 mesi e di
8 a 9 mesi.
Conclusione e commento
Questo grosso studio randomizzato,
doppio cieco se da una parte ha confermato l'evoluzione spontaneamente favorevole della paralisi idiopatica
di Bell, con un recupero completo
della funzione del facciale nel 64,7%
a 3 mesi e dell'85,2% a 9 mesi, dall'altra ha mostrato che una terapia
precoce, somministrata entro 72 ore
dall'inizio dei sintomi, con prednisolone aumenta ulteriormente il tasso
di recupero che raggiunge l'83, rispettivamente il 94,4%. La terapia
con aciclovir non dà nessun vantaggio rispetto al placebo, nemmeno in
aggiunta alla terapia steroidea.
TRIBUNA MEDICA TICINESE
27
SEZIONE SCIENTIFICA - JOURNAL CLUB
Questo è stato lo studio con il maggior
numero di pazienti eseguito fino ad
ora, il doppio rispetto ad una metanalisi della Cochrane, con la maggior
parte dei pazienti indirizzati dai medici di famiglia, riducendo in questo
modo il bias di selezione degli studi
ospedalieri.
Per quanto riguarda la scala di valutazione usata per quantificare il grado di
paralisi facciale, forse mancava di sensibilità, ma risultava essere di applicazione clinica più semplice.
Per gli obbiettivi finali, qualità della vita, aspetto e dolore, non si sono riscontrate differenze, se non uno score
leggermente peggiore nei pazienti sotto prednisolone, ma che non avevano
recuperato a tre mesi, e una tendenza
di questi ad avere meno dolore.
Secondo gli autori dello studio si è potuto dunque dimostrare che una terapia precoce con prednisolone per os
nella paralisi di Bell è efficace. L'azione
della terapia steroidea probabilmente
avviene sia modulando la risposta immune all'agente in causa, sia riducendo direttamente l'edema attorno al
nervo facciale nel canale facciale. Dall'altra parte non si è confermato un
beneficio della terapia con acyclovir a
dosi standard. Per questo gli autori
non lo raccomandano nella terapia
della paralisi di Bell. Viene citato anche
uno studio giapponese (Hato N, et al.
Valacyclovir and prednisolone treatment for Bell's palsy: a multicenter,
randomized, placebo -controlled
study. Otol Neurotol 2007; 28: 40813), effettuato su un minor numero di
pazienti, che mostrava invece un beneficio con l'aggiunta di valacyclovir alla
terapia steroidea, ma ne viene criticato
il metodo.
Non ci sono dati relativi ai pazienti che
si presentano dopo le 72 ore dall'inizio
dei sintomi, per cui è necessaria una
presa a carico precoce della paralisi
facciale periferica idiopatica.
Gli autori concludono ricordando però
che l'evoluzione spontanea della para-
28
TRIBUNA MEDICA TICINESE
lisi di Bell è favorevole, e che quindi
astenersi dalla terapia può essere una
soluzione accettabile per molti pazienti. Avendo quindi lo studio dimostrato
che la terapia con prednisolone aumenta la probabilità di un recupero
completo a 9 mesi, è giusto valutare
questa terapia di fronte ad una paralisi
di Bell.
L'editoriale (Gilden DH and Tyler
KL.Bell's palsy-Is glucocorticoid treatment enough? N Engl J Med 2007 Oct
18; 357.1653) dapprima ricorda quali
sono le altre cause di paralisi periferica
del nervo facciale: trauma, ipertensione, ecclampsia, sindrome di Ramsay
Hunt, malattia di Lyme, sarcoidosi, sindrome di Sjögren, tumore parotideo,
amiloidosi e complicanza del vaccino
antinfluenzale per via nasale; ricordano la prognosi favorevole, con però
20-30% dei pazienti che portano gravi conseguenze quali asimmetria del viso, impossibilità di chiudere un occhio,
sincinesie, iperacusia, perdita del gusto
ed incapacità a produrre lacrime. Per
questi pazienti è necessaria una terapia
precoce ed efficace.
Il motivo per somministrare precocemente una terapia antiedemigena, viene dalle osservazioni fatte dai chirurghi
che riscontravano un importante edema del nervo facciale durante gli interventi di decompressione che si eseguivano per le paralisi di Bell. L'origine
dell'edema si ipotizza sia di origine infiammatoria, sia ischemica. La ragione
per cui si tratta con antivirali viene dall'osservazione del virus dell'Herpes
simplex nel liquido endoneurale dei
pazienti con una paralisi di Bell, anche
se il ruolo esatto del virus nella patogenesi della paralisi rimane ancora poco chiaro.
Se da una parte lo studio conferma i
benefici del prednisolone, suggerito da
numerosi studi precedenti, dall'altra
non mostra nessuna efficacia della terapia antivirale. Questo contesta il risultato dello studio giapponese citato
prima, in cui i pazienti trattati con valacyclovir 500mgx2 per 5 giorni asso-
73 GENNAIO 2008
ciato a prednisolone avevano un decorso migliore rispetto ad una terapia
solo con prednisolone, questo in particolare se il grado di paralisi era maggiore (NNT di 15 sul totale dei pazienti, di 7 nei pazienti con paralisi completa per avere un ulteriore recupero
completo).
L'editoriale conclude dicendo che anche se l'evoluzione della paralisi di Bell
è spontaneamente favorevole in buona
parte dei pazienti, la terapia steroidea
nei primi tre giorni dall'inizio dei sintomi aumenta la possibilità di guarigione
completa, questo con un basso costo e
un NNT di circa 9 per avere un'ulteriore guarigione completa.
L'uso di acyclovir non si è dimostrato
efficace, mentre l'altro studio citato ha
mostrato un beneficio del valacyclovir,
che è un promedicamento, quindi con
maggiore biodisponibilità, nei pazienti
con paralisi grave o completa, ma non
in quelli con paralisi moderata.
Il suggerimento degli editorialisti è di
trattare tutti con prednisolone e di
considerare l'aggiunta di valacyclovir
nei pazienti con paralisi facciale grave
o completa.
Il messaggio finale per la nostra pratica clinica è dunque di trattare tutti i
pazienti con una paralisi di Bell insorta entro 3 giorni con prednisolone
(50mg/die per 10 giorni), pensando
al valacyclovir nei casi gravi, comunque ricordando che per i pazienti in
cui gli steroidi sono controindicati la
possibilità di un recupero totale spontaneo è pari quasi all'85%.
Corrispondenza:
Dr.ssa med. Paola Borella
Capoclinica Medicina Interna
Ospedale Regionale della Beata Vergine
6850-Mendrisio
[email protected]
SEZIONE SCIENTIFICA - JOURNAL CLUB
CALCIO E VITAMINA D
NELLA PREVENZIONE
DELL'OSTEOPOROSI
Introduzione
La probabilità di sviluppare una frattura osteoporotica a 50 anni (lifetime
risk) è in media per le donne di 4050% e per gli uomini nella stessa fascia di età di 20-30% (Johnell O, Kanis J. Osteoporos Int 2005;16:S3-7).
Pochi studi hanno dimostrato con
chiarezza l'efficacia di calcio e vitamina D sulla riduzione del rischio di
fratture osteoporotiche. Un recente
studio multicentrico su un collettivo
di donne in età post-menopausale
non ha rilevato alcun effetto sulla
prevenzione delle fratture, evidenziando solo un minimo effetto sulla
densità ossea creando di conseguenza insicurezza nell'atteggiamento da seguire (Jackson RD et al. N
Engl J Med 2006; 354: 669-83).
trollati nei quali una terapia sostitutiva con calcio, associata o meno alla
vitamina D, è stata somministrata alfine di prevenire la demineralizzazione o le fratture osteoporotiche. Si sono identificati e inclusi nell'analisi finale 29 studi (n=63'897, 92% donne) che come outcome primario presentano le fratture di ogni localizzazione, la variazione della densità ossea o ambedue i criteri.
Nei 17 studi che hanno quale outcome primario unicamente le fratture,
la terapia sostitutiva è associata ad
una diminuzione del rischio di frattura del 12% (p=0.0004). Il rischio di
frattura diminuisce del 24% negli
studi ad alta (≥80%) aderenza terapeutica.
Nei 24 studi che hanno invece la variabilità della densità ossea quale outcome primario, il trattamento sostitutivo è associato ad una riduzione significativa del tasso di demineralizzazione di 0,54% al collo del femore e
di 1,19% alla colonna.
L'effetto profilattico è indipendente
dal sesso, dalla localizzazione della
frattura o da una anamnesi remota
positiva per fratture. L'effetto profilattico risulta maggiore nei pazienti
con più di 70 anni, degenti in istituti,
con un basso peso corporeo o con un
apporto di calcio alimentare insufficiente. L'aggiunta della vitamina D
all'assunzione di calcio non sembra
cambiare in modo significativo l'efficacia della terapia. In generale l'effetto profilattico è maggiore nei pazienti sostituiti con una dose giornaliera
di calcio ≥ 1200 mg e/o un dosaggio
di vitamina D di ≥ 800 IU.
Metodo e risultati
L'obiettivo di questa meta-analisi è
quello di quantificare l'effetto dell'assunzione orale di calcio e/o vitamina
D sul rischio di fratture osteoporotiche e sulla densità ossea in pazienti
con più di 50 anni.
Sono stati inclusi nella ricerca gli studi randomizzati (vs. placebo) e con-
Conclusione, commento
I dati del gruppo australiano mostrano
con evidenza l'efficacia della terapia
sostitutiva con calcio associata o meno
alla vitamina D nella prevenzione delle
fratture osteoporotiche.
Lo studio fornisce delle chiare risposte ad alcune domande di importanza clinica ed epidemiologica rilevante
Tang BMP et al. Use of calcium or calcium in
combination with vitamin D supplementation
to pre-vent fractures and bone loss in people
aged 50 years and older: a meta-analysis.
Lancet 2007; 370: 657-666.
Riassunto/Adattamento:
O. Giannini, Reparto di Medicina Interna,
Ospedale Regionale della Beata Vergine,
Mendrisio
73 GENNAIO 2008
nella presa a carico del problema.
L'importanza dell'aderenza terapeutica viene ben evidenziata e allo stesso tempo lo studio diventa un ottimo
strumento nella motivazione dei pazienti ad assumere la terapia. Il gruppo di Tang mostra inoltre che l'aggiunta di vitamina D al calcio non potenzia in modo significativo l'efficacia
della terapia; questo ad eccezione dei
pazienti con un basso tasso sierico di
25-OH-vitamina D (< 25 nmol/l) così
come spesso riscontrato nei pazienti
grandi anziani e/o istituzionalizzati. Il
lavoro di Tang enfatizza inoltre il bisogno di un'analisi socio-economica
sofisticata alfine di capire meglio i costi-benefici di questa terapia a dosi e
a popolazioni diverse.
Alla luce di questi dati ed in assenza
di nuovi, ognuno di noi dovrebbe essere convinto dell'utilità della profilassi osteoporotica soprattutto nelle
popolazioni a rischio come possono
essere le donne in età post-menopausale e gli anziani in genere.
Da ultimo penso si possa ritenere che,
trattando 63 pazienti (number needed
to treat) per 3,5 anni con 1200mg di
calcio, possiamo evitare una frattura e
tutte le conseguenze (morbidità, mortalità, costi) e questo ad un prezzo stimato in Svizzera di circa 315 franchi
all'anno per paziente.
Corrispondenza dell'autore:
Dr. med. Olivier Giannini,
Capoclinica medicina, nefrologia e emodialisi,
Ospedale della Beata Vergine, 6850 Mendrisio
[email protected].
TRIBUNA MEDICA TICINESE
29
SEZIONE SCIENTIFICA - Il caso clinico in 1000 parole
PERDITA DELLA VISTA E
INSUFFICIENZA RENALE
M. Kistler
Riportiamo il caso di una donna di 72
anni, caucasica, con un'anamnesi internistica remota blanda, arrivata in urgenza al nostro Pronto Soccorso per
uno stato oligo-anurico insorto da circa 3 giorni. Inoltre accusava dolori a
colica alla loggia renale destra e una
sensazione di tensione addominale. La
paziente un mese prima aveva presentato un offuscamento della vista e l'oftalmologo aveva messo in evidenza un
focolaio di corioretinite molto suggestivo per una origine toxoplasmosica.
Le serologie mostravano un alto tasso
di IgG per Toxoplasma Gondi, tuttavia
le IgM erano negative. Veniva iniziata
una terapia con sulfadiazina (Sulfadiazin Streuli) alla dose di 4 g al giorno (1
g ogni 6 ore) e pirimetamina (Daraprima) 25 mg al giorno.
Alla visita la paziente era in discrete
condizioni generali, cosciente, afebbrile, la pressione arteriosa 120/80
mmHg, il polso ritmico regolare e l'auscultazione cardiopolmonare era senza
patologie di rilievo, in particolare senza
rantoli umidi. Mucose umide. L'addome era trattabile, senza organomegalie. I polsi periferici erano ben palpabili, assenza di edemi declivi. La creatinina sierica era 364 µmol/l, l'urea 14.7
mmol/l, l'emoglobina 12.6 g/dl, i leu-
Fig.:
cristalli a forma di spiga di grano al sedimento urinario
cociti 13.7 G/l, PCR 164.3 mg/dl, sodio
134 mmol/l, potassio 4.9 mmol/l, cloro
100 mmol/l, bicarbonati 20 mmol/l,
calcio totale 2.58 mmol/l, ionizzato
1.26 mmol/l, fosforo 1.6 mmol/l, albumina 43 g/l. L'analisi delle urine su cateterismo estemporaneo mostrava un
peso specifico di 1.020, pH 5.0, proteine 0.75 g/l allo stick, emoglobina positiva, al sedimento oltre 40 eritrociti per
campo, leucociti 20-40 per campo,
urotube negativo, assenza di eosinofili. Al sedimento si riscontravano dei cristalli birifrangenti a forma di spiga di
grano, alcuni a rosette asimmetriche,
di differente ecogenicità (Figura).
In assenza di segni clinici o laboratoristici per una essicosi, una insufficienza
renale acuta di origine prerenale sembrava poco probabile. L'anamnesi faceva pensare piuttosto ad una origine
postrenale su urolitiasi, tuttavia non ad
una ostruzione banale extrarenale,
bensì piuttosto a una microlitiasi diffusa con blocco dei piccoli tubuli. Ma
non potevamo neppure escludere una
causa renale medicamentoso-tossica.
Una sonografia mostrava due reni di
dimensioni conservate con buona dif-
73 GENNAIO 2008
ferenziazione cortico-midollare. Vi era
una dilatazione calico-pielica a destra
dove erano presenti delle riverberazioni con cono d'ombra posteriore suggestivi per microliti. Una TAC addominale mostrava una dilatazione del sistema calicopielico di destra senza evidenziare la presenza di calcoli. Assumendo quindi come diagnosi una insufficienza renale acuta su calcolosi
prevalentemente intrarenale in relazione alla terapia antimicrobica abbiamo
proceduto a sospendere la terapia, a
reidratare abbondantemente la paziente e ad alcalinizzare le urine. Il decorso era caratterizzato da un rapido
miglioramento con ripresa di una buona diuresi spontanea e pressoché totale normalizzazione della creatininemia
in due giorni. La dialisi in urgenza non
è stata necessaria. La sonografia eseguita ad una settimana mostrava reperti di normalità e all'esame del sedimento urinario non erano presenti cristalli.
Discussione
Si trattava dunque di una insufficienza
renale acuta su calcoli di sulfadiazina.
Alcuni sulfonamidici ed i loro metabo-
TRIBUNA MEDICA TICINESE
31
SEZIONE SCIENTIFICA - Il caso clinico in 1000 parole
lici (N-acetylsulfadiazina) sono particolarmente insolubili in urine acide 1,2; in
particolare la sulfadiazina, diffusamente usata a dosaggi massimali nella terapia delle encefaliti a Toxoplasma nei
pazienti HIV positivi. In tali pazienti il rischio di sviluppare una insufficienza renale acuta è stato stimato attorno al
6% 3,4. Non esiste ancora una casistica
sufficiente per i casi di insufficienza renale iatrogena su sulfonamidici in pazienti affetti da altre forme di toxoplasmosi. Il problema della sulfadiazina
ed in genere delle terapie con sulfonamidici, risulta nella molto bassa solubilità in pH acido e della totale insolubilità ad un pH inferiore a 5.5. La somministrazione di una dose di 4 g/die necessiterebbe la produzione di ca. 16 L
di urine acide pH inferiore a 5.5 per
potere rendere solubile il medicamento5. Una particolarità della solubilità
della sulfadiazina è la capacità di essere linearmente potenziata aumentando il pH urinario e l'apporto idrico. Un
aumento del pH da 5.5 a 7.5 e l'aumento della diuresi da 1 a 3 L aumenta la solubilità della sulfadiazina e dei
suoi metaboliti di ben 20 volte.1
Il meccanismo della nefrotossicità della
sulfadiazina è polifattoriale1. I cristalli
possono causare una locale abrasione
e una irritazione chimica a livello epiteliale, come dimostrato da studi bioptici in animali, causando emorragie peritubulari, infiltrazione leucocitaria, necrosi focale e deposizione di calcio (necrosi calcifica), con conseguente danno renale diretto (insufficienza di origine renale). Come da noi osservato, i
depositi di cristalli possono arrivare alla
formazione di concrezioni tali da risultare ostruttivi ad ogni livello delle vie
urinarie (insufficenza di origine post renale) 2,4.
I sintomi sono di conseguenza svariati,
da una cristalluria asintomatica ad una
ematuria, colica renale e oliguria fino
all'insufficienza renale terminale. Sono
inoltre documentate lesioni intrarenali
che portano a quadri di nefriti intersti-
32
TRIBUNA MEDICA TICINESE
ziali, vasculiti da ipersensibilità e raramente, ma documentata l'insufficienza
renale acuta secondaria a emoglobinuria dovuta a anemia emolitica acuta1.
Come nel caso da noi riportato, la sonografia ha una sensibilità maggiore
che non la TAC nel trovare la presenza
di coni d'ombra ecogenici dovuti alla
conformazione dei cristalli in questione5. È pure molto interessante che tale
riscontro patologico possa scomparire
completamente dopo un adeguato
trattamento idratante ed alcalinizzante
delle urine, in concomitanza ad una
normalizzazione dei parametri di funzionalità renale. La nostra paziente è
stata trattata con bicarbonato di sodio
e abbondante idratazione (3000 e oltre ml di NaCl 0.9% al giorno), con
una completa reversibilità dell'insufficienza renale acuta e la scomparsa dei
riscontri patologici alla sonografia1,2.
Conclusioni
Da questo caso emerge la necessità di
una spiegazione esaustiva al paziente
delle conseguenze tossiche di qualsiasi
terapia, onde poter attuare misure preventive mirate. Nel caso specifico il paziente dovrebbe essere informato sulla
nefrotossicità, sui sintomi d'allarme circa un danno acuto (contrazione della
diuresi, ematuria, comparsa di sludge
urinario, dolore addominale, anoressia) e sulla conseguente urgenza nel
recarsi dal medico, il quale ricercherà
miratamente la presenza di cristalluria
e di un danno funzionale renale. Dovrebbe però anche essere stimolato
profilatticamente ad aumentare l'assunzione di liquidi ed essergli proposta
una terapia alcalinizzante. Ulteriore
prevenzione è l'astensione dall'assumere sostanze acidificanti (ad esempio
semplici supporti vitaminici)3.
Come sopra descritto in letteratura sono documentati vari casi di pazienti
HIV positivi, trattati per encefaliti a Toxoplasma con regimi nettamente più
aggressivi, che sviluppano una insufficienza renale acuta nel quadro di una
73 GENNAIO 2008
nefropatia ostruttiva da depositi di cristalli di sulfadiazina a svariati livelli del
tratto escretore4. Una insufficienza
acuta in corso di terapia per corioretinite, a dosaggi inferiori, è un caso dunque isolato, ma pur sempre possibile.
Quale terapia, oltre all'alcalinizzazione
con bicarbonato di sodio e all'idratazione con soluzioni isotoniche, si consiglia anche la somministrazione di
acetazolamide. Il pH urinario secondo
la casistica dovrebbe essere riportato a
valori superiori a 71,3. In genere tale
procedere, chiaramente anche con la
sospensione del medicamento, induce
un decorso ottimale con ripristino della diuresi entro 72 ore. Raramenente in
caso di coalescenza dei micoliti di Nacetylsulfadiazina si arriverà alla formazione di concrezioni di dimensioni
maggiori ai 2 cm che causano un'ostruzione postrenale tale da rendere
necessario un approccio urologico con
posa di stent. Di solito le misure conservative e preventive del caso sono
sufficienti per evitare il ricorso ad un
trattamento con dialisi 1,2,3.
Bibliografia
1 Simon DI, Brosius III FC, Rothstein DM. Sulfadiazine crystalluria revisited. The treatment of
Toxoplasma encephalitis in patients with acquired immunodeficiency syndrome.
Arch Intern Med 1990; 150: 2379-2384.
2 Schuler AK, Talor Z. The Case: 69-year-old
man with sand in the urine.
Kidney Int 2007; 72: 769-770.
3 Daudon M, Jungers P. Drug-induced renal calculi: epidemiology, prevention and management. Drugs 2004; 64 (3): 245-275.
4 Diaz F, Collazos JC, Mayo J, Martinez E. Sulfadiazine-induced multiple urolithiasis and acute renal failure in a patient with AIDS and Toxoplasma encephalitis. The Annals of Pharmacotherapy 1996; 30 (1):41-42.
5 Sasson JP, Dratch PL, Shortsleeve MJ. Renal US
findings in sulfadiazine-induced Crystalluria.
Radiology 1992; 185: 739-740.
Dr.ssa Milena Kistler, Medico assistente
Dipartimento di Medicina interna
Ospedale Regionale di Bellinzona e Valli
6500 Bellinzona
SEZIONE SCIENTIFICA - Flash di radiologia
PRODOTTI DI
CONTRASTO IODATI
E PAZIENTE DIABETICO
Servizio di Radiologia dell’Ospedale Regionale
di Lugano
Aspetti generali
Le procedure radiologiche a pazienti
diabetici fanno parte della routine in
un centro di radiologia.
I pazienti diabetici presentano tre tipi
di problemi legati ad esami con somministrazione di mezzi di contrasto iodati:
• Il digiuno che può esporre il paziente diabetico a cali ipoglicemici.
• L'insufficienza renale che può peggiorare con mezzi di contrasto iodati
• I trattamenti con derivati della metformina.
la Metformina è un biguanide orale
anti-iperglicemico usato per il trattamento del diabete mellito non insulinodipendente. Il suo effetto collaterale
più significativo è il rischio di sviluppare una acidosi lattica. La Metformina
viene eliminata dai reni sia per filtrazione glomerulare che per escrezione tubulare per il 90% nelle prime 24 ore.
L'insufficienza renale, come fattore
che ne diminuisce l'eliminazione, è
quindi una delle cause più importanti
per lo sviluppo di un'acidosi lattica. I
mezzi di contrasto iodati non rappresentano probabilmente di per sé un
fattore di rischio indipendente per lo
sviluppo di un'acidosi lattica in pazienti diabetici, bensì sembrano essere delle concause in pazienti con insufficienza renale.
I pazienti insulino-dipendenti non devono interrompere la terapia con insulina, dovrebbero evitare un digiuno accordandosi con il Servizio di Radiologia
al momento della presa dell'appuntamento. Un digiuno più lungo di 4-6
ore è in ogni caso assolutamente sconsigliato.
73 GENNAIO 2008
Raccomandazioni generali
• Disporre di un valore di funzionalità
renale (creatinina/GFR) recente (non
più vecchio di tre mesi a meno che
non vi siano state delle problematiche renali più recenti).
• Utilizzare dei mezzi di contrasto a
bassa osmolalità (prassi comune negli Istituti dell'EOC).
• Buona idratazione del paziente.
- per os: 1,5-2 l di acqua 24 ore
prima e dopo l'esame.
- per via parenterale: 100 ml/ora
di soluzione isotonica nelle 12 ore
precedenti e seguenti alla procedura.
• Interruzione del trattamento con i
derivati dalla Metformina per una
durata di 48 ore dopo l'iniezione di
mezzo di contrasto iodato. Il trattamento può essere reintrodotto solo
dopo controllo della funzionalita renale.
Il team del Servizio di Radiologia dell'Ospedale
Regionale di Lugano è a vostra disposizione per
ulteriori informazioni: non esitate a contattarci.
[email protected]
Bibliografia
Fiche de recommandation pour la pratique clinique. CIRTACI. Société Française de Radiologie.
Versione Aprile 2005. http://www.sfrnet.org/
Thomsen H.S. Guidelines for Contrast Media
from the European Society of Urogenital Radiology. AJR 2003; 181:1463-1471.
Guidelines American College of Radiology. Manual on contrast media http://www.acr.org/SecondaryMainMenuCategories/quality_safety/co
ntrast_manual.aspx
TRIBUNA MEDICA TICINESE
33
SEZIONE SCIENTIFICA - Patologia in pillole
PATOLOGIA IN PILLOLE
Nr. 23
U. Perriard,
Istituto cantonale di patologia, Locarno
M. Motta e L. Leoncini, servizio di ematologia,
Ospedale San Giovanni, Bellinzona
Storia clinica
Ad una donna di 64 anni con lieve
anemia e splenomegalia viene diagnosticata una mielofibrosi cronica
idiopatica. La biopsia osteomidollare
mostra estesa fibrosclerosi degli spazi
intertrabecolari con scomparsa del
tessuto emopoietico e ispessimento
delle trabecole ossee (Foto A e B).
Un anno dopo la diagnosi la paziente
si presenta con anemia ingravescente
accompagnata da dolori all'ipocondrio sinistro verosimilmente seconda-
ri a splenomegalia. In considerazione
di un ipersplenismo con aumentato
sequestro di eritrociti nella milza,
viene effettuata una splenectomia
(peso della milza 2500 g.). Nel decorso postoperatorio si attesta miglioramento dell'anemia. Sei mesi dopo la
splenectomia la paziente è asintomatica, ma all'ispezione clinica si rileva
la comparsa di una linfadenopatia
inguinale a destra che viene indagata
istologicamente (Foto C e D).
A
B
C
D
Indica la diagnosi corretta:
a Linfadenite con cellule giganti
suggestive per infezione da citomegalovirus
b Linfadenite acuta in paziente
immunodepressa dopo splenectomia
c Sindrome mieloproliferativa con
trasformazione in leucemia acuta
d Sarcoma mieloide
e Ematopoiesi extramidollare
73 GENNAIO 2008
TRIBUNA MEDICA TICINESE
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SEZIONE SCIENTIFICA - Patologia in pillole
Diagnosi
Ematopoiesi extramidollare
Commento
Durante il periodo embrionale le cellule ematopoietiche staminali sono
inizialmente prodotte nel sacco vitellino, migrano in seguito nella regione
aorto-gonadica-mesonefrica e colonizzano il fegato a partire dalla terza
settimana. L'ematopoiesi fetale rimane circoscritta al fegato fino circa al
terzo mese quando l'attività principale si trasferisce nel midollo osseo.
L'ematopoiesi extramidollare, principalmente nel fegato e nella milza,
viene considerata normale dopo la
nascita solo fino all'età di 5 settimane. Essa può tuttavia persistere in casi
di nascita prematura, quale risposta
fisiologica ad eventi perinatali come
emorragia, infezione o ipossia, oppure nel contesto di difetti congeniti al
cuore, polmoni, reni o altri organi.
In situazioni patologiche elementi del
midollo osseo possono essere presenti e proliferare in sede extramidollare.
Questo fenomeno è stato descritto
non solo nel fegato, nella milza o nei
linfonodi ma anche in numerose altre
localizzazioni comprendenti tra l'altro
il tessuto adiposo mediastinico e
retroperitoneale, la mammella, il
sistema nervoso centrale e periferico,
il tessuto retroorbitale, il cuore, la
cute, i testicoli ecc.
L'ematopoiesi extramidollare può
essere divisa in forme neoplastiche
oppure reattive/benigne. Le forme
neoplastiche sono costituite da proliferazione ematopoietica bi- o trilineare come viene osservata in
pazienti con malattia mieloproliferativa o sindrome mielodisplastica, oppure da proliferazione di un'unica
linea ematopoietica come nel caso di
un sarcoma mieloide. In genere l'ematopoiesi extramidollare neoplastica avviene nel contesto di un interessamento sistemico, incluso il midollo
36
TRIBUNA MEDICA TICINESE
osseo, di un processo proliferativo
caratterizzato da espansione clonale
di elementi emopoietici. A questo
proposito è stato recentemente
dimostrato che anche l'ematopoiesi
splenica in pazienti con mielofibrosi
idiopatica cronica, policitemia vera e
trombocitopenia essenziale contiene
la specifica mutazione del gene JAK2
(vedi articolo su questo numero di
TMT). La natura neoplastica dell'ematopoiesi extramidollare in pazienti
con malattia mieloproliferativa è
anche suggerita, come nella paziente
qui discussa (Foto C e D), dalla presenza di alterazioni nucleari della
megacariopoiesi, oppure viene dedotta dall'identificazione di aggregati di elementi mieloidi immaturi. La
presenza di blasti può essere evidenziata con tecniche di immunoistochimica con anticorpi anti-CD34 oppure
anti-CD117, ed è di regola indicativa
per un'accelerazione della malattia
nel senso di una trasformazione in
leucemia mieloide acuta. Raramente
l'ematopoiesi extramidollare può
essere la prima manifestazione di una
malattia mieloproliferativa oppure
costituire l'unica manifestazione di
recidiva o accelerazione di malattia.
In questi casi la storia clinica del
paziente, l'analisi dei valori ematologici periferici e del midollo osseo
diventano essenziali per porre una
diagnosi corretta.
L'ematopoiesi extramidollare benigna/reattiva viene osservata nel contesto di diverse situazioni. Malattie
ematologiche non neoplastiche
come talassemia, sferocitosi ereditaria o anemia falciforme, ad esempio,
possono favorire l'espansione di elementi emopoietici al di fuori del
midollo osseo. Cellule ematopoietiche staminali o elementi immaturi
della ematopoiesi possono anche
essere mobilizzati dal midollo osseo a
seguito di processi che ne alterano o
distruggono totalmente il microambiente. Neoplasie con massiccia infil-
73 GENNAIO 2008
trazione midollare come un linfoma
oppure un mieloma, malattie del
metabolismo (tesaurismosi) come
una malattia di Gaucher, oppure
malattie infettive come la tubercolosi
ossea possono causare una dislocazione dell'ematopoiesi in sedi non
normali. In questo contesto vanno
menzionate anche malattie ossee
quali la malattia di Paget, l'osteodistrofia renale oppure l'osteopetrosi,
una rara patologia caratterizzata da
produzione eccessiva di osso e riduzione dello spazio intertrabecolare. In
tutte queste situazioni è evidente che
la milza rappresenti un sito privilegiato per l'ematopoiesi extramidollare
dal momento che cellule staminali ed
elementi immaturi vengono facilmente trattenuti nella polpa rossa di
quest'organo. Va ricordato infine che
la produzione di fattori di crescita
dell'ematopoiesi, sia da parte di neoplasia solida nel contesto di una sindrome paraneoplastica, sia durante
fenomeni di riparazione di un danno
di tessuto, può indurre ematopoiesi
extramidollare. Anche l'amministrazione terapeutica di fattori di crescita
dell'ematopoiesi (G-CSF: granulocyte
colony-stimulating factor e GM-CSF:
granulocyte/monocyte colony-stimulating factor) può portare allo stesso
fenomeno.
In conclusione, vi sono diverse circostanze in cui la proliferazione di elementi ematopoietici può essere
osservata in sede extramidollare. È
bene ricordare che questo fenomeno
è di regola asintomatico se limitato a
fegato e milza, ma può causare sintomi in altre sedi quali tra l'altro versamento pleurico, ascite o deficit
neurologici.
L'ematopoiesi extramidollare in linfonodi dell'adulto, come riportato in
questa paziente, è in genere di origine neoplastica ed implica la ricerca
ed esclusione di una malattia mieloproliferativa se questa non è già
conosciuta precedentemente.
SEZIONE SCIENTIFICA - Patologia in pillole
Bibliografia
O'Malley DP. Benign extramedullary myeloid
proliferations. Mod Pathol. 2007, 20:405-415.
Hsieh PP et al: The role of Janus Kinase 2
V617F mutation in extramedullary hematopoiesis of the spleen in neoplastic myeloid disorders. Mod Pathol 2007, 20:929-35
O'Malley DP et al. Morphologic and immunohistochemical evaluation of splenic hematopoietic proliferations in neoplastic and benign
disorders. Mod Patol 2005, 18:1550-61
73 GENNAIO 2008
TRIBUNA MEDICA TICINESE
37
SEZIONE SCIENTIFICA - Quiz ECG
LA SINDROME
DI BRUGADA
A. Sorgente
Definizione
Nel 1992 è stata descritta per la prima
volta una sindrome caratterizzata da
episodi sincopali e/o morte improvvisa
in soggetti con cuore sano ed ECG caratterizzato dalla presenza di un aspetto a blocco di branca destra e sopraslivellamento del tratto ST nelle deriva-
zioni precordiali V1-V2-V3 (figura 1).
Sono stati descritti due pattern elettrofisiologici prevalenti: il primo caratterizzato da un importante sopraslivellamento del tratto ST (definito per il suo
aspetto a “tenda” - figura 1b) ed il secondo caratterizzato dalla elevazione
del punto J (definito per il suo aspetto
“a sella” - figura 1a). Tali aspetti elettrocardiografici si possono associare a
numerose condizioni cliniche, per cui,
prima di fare diagnosi di sindrome di
Brugada, è sempre necessario escludere altre cause che possono portare al
sopraslivellamento del tratto ST.
Gli episodi di sincope e di morte im-
provvisa (abortiti o meno) sono causati
solitamente da una tachicardia ventricolare polimorfica veloce o da fibrillazione ventricolare. Tali aritmie purtroppo appaiono senza preavviso. Solo in
alcuni casi tali aritmie sono precedute
da una alternanza di ciclo cardiaco lungo e ciclo cardiaco breve, caratteristica
questa tipica di altre aritmie quali la torsione di punta. Le aritmie della sindrome di Brugada non sono precedute
neanche da accelerazioni della frequenza cardiaca, come succede nella
tachicardia ventricolare polimorfa catecolamine-dipendente (aritmia dovuta
ad una alterazione della rianodina).
Figura 1
73 GENNAIO 2008
TRIBUNA MEDICA TICINESE
39
SEZIONE SCIENTIFICA - Quiz ECG
Eziologia e genetica
Il primo caso di sindrome di Brugada
è stato identificato nel 1986. Il paziente era un bambino di 3 anni resuscitato diverse volte dal padre durante un episodio febbrile; sua sorella era
deceduta improvvisamente all'età di
due anni, dopo diversi episodi abortiti di morte improvvisa. L'ECG dei due
fratellini era simile. Dopo la pubblicazione del primo lavoro effettuato su 8
pazienti, c'è stato un incremento
esponenziale nel numero di soggetti
affetti da questa sindrome. In Asia tale sindrome era nota da tempo con
nomi differenti (Bangungut nelle Filippine, Pokkuri in Giappone) e si caratterizzava per la comparsa di morte
improvvisa durante il sonno.
In generale la sindrome di Brugada è
un ritrovamento casuale; il 50% dei
soggetti affetti da tale sindrome ha
una storia familiare di sincopi o di
morte improvvisa. Vi è controversia se
la sindrome di Brugada sia una forma
frustra di displasia aritmogena del
ventricolo destro (patologia caratterizzata dalla sostituzione del miocardio ventricolare destro con tessuto
adiposo e dalla comparsa successiva
di aritmie a partenza dal ventricolo
destro).
L'anomalia genica causa della sindrome di Brugada è a carico del gene
SCN5A codificante per il canale del
Na+; le mutazioni a carico di tale gene portano alla sintesi di canali del
Na+ malfunzionanti (sono canali incapaci di passare dallo stato inattivato
allo stato attivato). L'SCN5A è coinvolto anche nella sindrome del QT
lungo (LQT3) associata a sordità congenita (sindrome di Romano-Ward).
Le differenze fenotipiche tra la sindrome di Brugada e la sindrome del QT
lungo congenito dipendono dalla posizione della mutazione nel gene
SCN5A. Nella sindrome LQT3, a differenza di quanto accade nella sindrome di Brugada, la mutazione a carico
del gene SCN5A comporta un incremento della funzione dei canali del
40
TRIBUNA MEDICA TICINESE
Na+, con conseguente disparità tra
depolarizzazione e ripolarizzazione
cardiaca.
Epidemiologia
Il fatto che la sindrome di Brugada sia
stata riconosciuta solo di recente impedisce una stima accurata della sua
prevalenza ed incidenza. Analizzando i
dati provenienti da popolazioni differenti, pare che la sindrome di Brugada
sia responsabile del 4-12% delle morti
improvvise e quasi del 50% delle morti improvvise che si verificano in soggetti con cuore sano. Due studi prospettici eseguiti sulla popolazione
giapponese ha mostrato una incidenza
compresa tra l'0.05% e l'0.6% delle
manifestazioni elettrocardiografiche
compatibili con la sindrome di Brugada. Uno studio eseguito nella popolazione infantile ha tuttavia stimato l'incidenza della sindrome di Brugada intorno all'0.0006% dei casi, confermando il dato clinico della comparsa
della malattia in età adulta (tra i 35 e i
40 anni).
Substrato elettrofisiologico
I pazienti con il pattern elettrocardiografico tipico per sindrome di Brugada
hanno una propensione maggiore rispetto alla popolazione generale a sviluppare una tachicardia ventricolare
polimorfa o fibrillazione ventricolare.
Prima dell'episodio aritmico, i pazienti
presentano un ritmo sinusale regolare
senza modificazioni del tratto QT. In rari casi si verifica un sopraslivellamento
del tratto ST proprio prima della comparsa della tachicardia ventricolare polimorfa. La maggior parte dei pazienti
affetti dalla sindrome possono sviluppare tachicardia ventricolare polimorfa
o fibrillazione ventricolare quando stimolati in apice ventricolare destro. I
pazienti con sindrome di Brugada presentano spesso anche disfunzione del
nodo del seno, maggiore propensione
a sviluppare fibrillazione atriale e disturbi della conduzione intraventricolare sotto-hissiana.
73 GENNAIO 2008
Manifestazioni cliniche
La sindrome di Brugada è caratterizzata a episodi di tachicardia ventricolare
polimorfa rapida in pazienti con un
pattern ECG di simil-blocco di branca
destra associato a sopraslivellamento
del tratto ST nelle derivazioni comprese da V1 a V3. Quando l'episodio aritmico termina spontaneamente, i pazienti che ne sono affetti vanno incontro generalmente ad episodi sincopali.
Quando tali episodi aritmici si fanno
sostenuti generalmente si ha arresto
cardiaco e quindi morte cardiaca improvvisa. Tali manifestazioni cliniche
possono tuttavia variare enormemente: si passa da pazienti totalmente
asintomatici a pazienti in cui la prima
manifestazione clinica della sindrome è
la morte improvvisa. Altri sintomi includono la comparsa di convulsioni, respiro agonico, perdita di urine durante la
notte e non così raramente perdita di
memoria (dovuta forse a ripetuti episodi transitori di anossia cerebrale).
L'esame obiettivo è generalmente normale; spesso questi pazienti hanno
episodi sincopali interpretati come di
origine vaso-vagale. Purtroppo, a causa di una penetranza fenotipica della
mutazione genica sopra descritta relativamente bassa, l'ECG può risultare
normale e non differenziarsi da quello
di soggetti normali. Spesso la diagnosi
viene effettuata nell'ambito di uno
screening familiare o perchè il paziente
soffre di episodi sincopali recidivanti
idiopatici o ritenuti di origine vaso-vagale, in alcuni casi il riscontro della alterazione elettrocardiografica avviene
in soggetti ritenuti affetti da fibrillazione ventricolare idiopatica. Infine in alcuni casi la diagnosi è effettuata dopo
la somminsitrazione di farmaci antiaritmici dati per la prevenzione o la cardioversione di altre aritmie (in particolare della fibrillazione atriale). Recenti
studi clinici hanno mostrato come i pazienti sintomatici che mostrano spontaneamente le caratteristiche ECG della sindrome di Brugada hanno una incidenza similare di morte improvvisa ri-
SEZIONE SCIENTIFICA - Quiz ECG
Figura 2
spetto a i quei soggetti nei quali la tipica alterazione ECG viene smascherata
attraverso la somministrazione di bloccanti i canali del Na+ (figura 2).
Diagnosi
La diagnosi di sindrome di Brugada è
ottenuta facilmente con un ECG
quando il pattern della malattia è visibile e se c'è una anamnesi positiva
per morte improvvisa abortita o per
sincopi recidivanti causate da tachicardia ventricolari polimorfe. Il sopraslivellamento del tratto ST nelle derivazioni comprese tra V1 e V3 con aspetto a blocco di branca destra è patognomico della sindrome. Tale alterazione elettrocardiografica deve essere
differenziata da quelle osservate nella
ischemia antero-settale, nella pericardite, nell'aneurisma ventricolare o in
altre varianti della ripolarizzazione
ventricolare. In molti casi tuttavia le
alterazioni elettrocardiografiche tipiche della sindrome di Brugada possono essere smascherate solo attraverso
la somministrazione di ajmalina, procainamide o flecainide (figura 2).
Prognosi e trattamento
Gli studi compiuti dai fratelli Brugada
hanno dimostrato come più di due
terzi dei pazienti affetti dalla sindrome con storia positiva per episodi sincopali o per episodi di fibrillazione
ventricolare resuscitata vanno incon-
73 GENNAIO 2008
tro ad un nuovo episodio aritmico nel
giro di due anni. C'è invece un dibattito estremamente acceso sulla prognosi dei pazienti asintomatici. In generale in questi pazienti una volta
esclusa la presenza di una cardiopatia
organica, il rischio aritmico viene valutato attraverso uno studio elettrofisiologico intracavitario (consistente in
una stimolazione artificiale in apice
ventricolare destro a diverse frequenze). Un paziente viene considerato inducibile se vengono provocate aritmie
ventricolari maligne (tachicardia ventricolare polimorfa o fibrillazione ventricolare) della durata superiore a 30
secondi o richiedenti un intervento in
emergenza.
TRIBUNA MEDICA TICINESE
41
SEZIONE SCIENTIFICA - Quiz ECG
In definitiva
1 Un elettrocardiogramma diagnostico di sindrome di Brugada è un
marker di morte cardiaca improvvisa aritmica
2 Il sesso maschile rappresenta un
fattore di rischio aggiuntivo nei soggetti affetti da sindrome di Brugada
(questo dato clinico è stato confermato geneticamente a causa di una
maggiore penetranza della sindrome nel sesso maschile a causa di
una maggiore prominenza della
corrente di K+ transitoria che si
contrappone alla iniziale corrente in
entrata del Na+, che nei pazienti
con sindrome di Brugada è parzialmente compromessa)
3 La capacità di indurre una tachiaritmia maligna è il marker prognostico più forte di morte improvvisa nei
soggetti con sindrome di Brugada
(non c'è tuttavia totale accordo su
questo punto)
4 La familiarità per sindrome di Brugada non rappresenta un fattore di
rischio aggiuntivo di morte improvvisa nei soggetti che manifestano le
alterazioni dell'ECG tipiche della
sindrome
5 I pazienti asintomatici con un ECG
spontaneamente alterato hanno
una prognosi peggiore rispetto a
coloro i quali manifestano gli aspetti elettrocardiografici della sindrome
solo dopo la somministrazione di
farmaci antiaritmici di classe I (flecainide o ajmalina); tuttavia dopo
aver fatto la diagnosi questo dato
perde il suo potere predittivo
La terapia dei soggetti ritenuti a maggiore rischio di morte improvvisa è
l'impianto di un defibrillatore.
Dr. A. Sorgente,
Medico assistente, Cardiocentro Ticino
42
TRIBUNA MEDICA TICINESE
73 GENNAIO 2008
TARMED INFO
In questa nuova rubrica daremo periodicamente informazioni sulla corretta applicazione del Tarmed .
Non mancheremo di aggiornarvi sulle modifiche più
importanti intervenute.
Vincenzo Liguori
Tarmed
Nuova versione dal 1 gennaio 2008
Con il 1 gennaio 2008 è entrata in vigore la nuova versione del Tarmed 1.05.
Riportiamo le modifiche più importanti intervenute che
interessano particolarmente i medici che eseguono
Nota del Redattore
Per gli esami radiologici chi perde e chi guadagna con la
nuova versione Tarmed?
In estrema sintesi si può dire che la perdita o il guadagno
dipendono dalla durata dell’esame.
Il medico che esegue esami di breve durata ricaverà dei
vantaggi rispetto a chi realizza esami che richiedono un
maggiore impiego di tempo.
Per le PRESTAZIONI PSICOLOGICHE e psicoterapeutiche non mediche nello studio medico ed in ambito ospedaliero è stato specificato nel valore intrinseco qualitativo
“CC psicoterapia delegata”.
La psicoterapia delegata effettuata nello studio medico è
limitata a massimo 4 terapeuti e/o 100 ore settimanali
per medico.
Radiografie ed Ecografie.
ELIMINAZIONE DEL CAPITOLO 30 e sua SOSTITUZIONE
con il nuovo CAPITOLO 39
La TASSA DI BASE per la RADIOLOGIA nell’AMBULATORIO medico è stata sostituita da due posizioni nuove:
39.0020
Tassa di base per la radiologia e la diagnostica ultrasonografica nell’ambulatorio del medico LAMAL.
NUOVE POSIZIONI
00.0155
Somministrazione paramedica di farmaci per il trattamento sostitutivo nell’ambito della dipendenza da
oppiacei.
Applicabile per la somministrazione da parte di personale
paramedico nello studio medico di metadone e buprenorfina. Tale posizione è fatturabile solo se la somministrazione del farmaco avviene senza una consultazione medica.
39.0021
Tassa di base per la radiologia e la diagnostica ultrasonografica nell’ambulatorio del medico LAINF.
Queste tasse di base possono essere fatturate per le radiografie ed anche per le ultrasonografie che fanno parte dell’unità funzionale ultrasonografia grande.
Supplementi bambini e UCI si trovano per tutte le unità
funzionali riassunti all’interno del sottocapitolo 39.01.
Un sito internet è stato appositamente creato per gli utilizzatori
www.arzttarif.ch
Il navigatore in linea Tarmed può essere consultato sotto:
ODBC.tarmedsuisse.ch
01.0205
Bendaggi indurenti termoplastici (stecche)
Dita/mano; dita del piede/piede; mano/avambraccio;
gomito, metatarso/articolazione tibio-tarsica/gamba
04.1170 da 5,0 cm2 a 10 cm2
04.1175 da 10,1 cm2 a 20 cm2
04.1180 > 20 cm2
Cura della ferita senza interessamento di strutture
complesse da parte di personale paramedico.
Applicabile per ferite croniche o per ferite quali piede diabetico, decubiti, ferite oncologiche, cura di fistole.
Fatturabile solo da ospedali o da istituzioni per la cura
ambulatoriale di malati in conformità all’articolo 36a
LAMal
08.1140
Scanning Laser angiografia per lato
Fotografie e iniezioni comprese
73 GENNAIO 2008
TRIBUNA MEDICA TICINESE
49
TARMED INFO
22.0605
Isteroscopia diagnostica senza raschiamento (compresa isteroscopia nello studio medico)
= o > 1 volta per seduta
22.0635
+Biopsie in occasione di Isteroscopia
= o > 1 volta per seduta
Prestazione supplementare a 22.0605
22.0645
Isteroscopia con Raschiamento e/o Biopsie
Raschiamento del canale cervicale e del corpo uterino
= o > 1 volta per seduta
22.0665
+ Endometrectomia non chirurgica (non a vista)
Es. metodi del palloncino, reti bipolari
= o > 1 volta per seduta
Prestazione supplementare a 22.0645
22.0685
Endometrectomia non chirurgica, intervento in due
tempi
Applicabile per endometrectomie eseguite a seguito di
diagnostica preliminare (intervento in due tempi)
Incluse ev. Biopsie e/o isteroscopia di controllo
Max 1 volta per seduta
v.l.
22.0655
+ Endometrectomia chirurgica (a vista)
Es. laccio, rollerball
= o > 1 volta per seduta
Prestazione supplementare a 22.0645
IMPORTANTE
Ricordiamo che il valore del punto della tariffa Tarmed LAMal
dal 1 gennaio 2008 è passato da 0.97 centesimi a 0.96 centesimi.
Anche la Lista delle analisi dal 1 gennaio 2008 ha subito alcune modifiche.
Il sito internet www.tarmedsuisse.ch riporta in dettaglio tutti i cambiamenti
intervenuti rispetto al tariffario precedente 1.04
(documento pdf “verbale dei cambiamenti”).
50
TRIBUNA MEDICA TICINESE 73 GENNAIO 2008
RASSEGNA DELLA STAMPA
Nuovo tentativo di HMO
Il 1. gennaio aprirà un centro medico a Lugano
Dopo due esperienze fallimentari, nel 2008 in Ticino sarà
attiva una nuova HMO. È una struttura medica che fa
capo direttamente a una o più casse malati. Il modello è
molto diffuso nella Svizzera tedesca, meno in Romandia
Semplificando al massimo si potrebbe dire sono gli ambulatori delle casse malati. L'HMO è un'organizzazione di medici
associati in uno studio medico collettivo (HMO è l'acronimo
inglese di Health Maintenance Organization), convenzionato
con l'assicuratore. L'assicurato che sceglie questo modello
beneficia di un premio di base ribassato, ma è tenuto a recarsi dapprima dal medico nel centro HMO (tranne in casi d'emergenza). A dipendenza del caso costui deciderà se curarlo
direttamente o mandarlo da uno specialista (se disponibile,
all'interno del centro HMO, altrimenti al di fuori di esso).
Il centro che sta per aprire i battenti a Lugano appartiene
alla società Sanacare, la prima impresa HMO svizzera. Vi
potranno far capo gli assicurati di due grosse casse malati.
Nella fase iniziale è previsto un solo medico, ma l'intenzione, precisa Sandra Winterberg della sede centrale della CSS
di Lucerna, è di ampliare l'offerta sanitaria. “Puntiamo molto su questi modelli. Un quarto dei nostri assicurati si indirizza verso soluzioni come HMO e medico di famiglia”.
Lo scopo è di risparmiare sui costi, evitando un eccessivo
ricorso alle cure. Per ogni assicurato iscritto Sanacare riceve un forfait, che corrisponde ad una media di spese per le
cure mediche più bassa. Chi la gestisce assicura che è possibile, cifre alla mano, contenere i costi e garantire al tempo stesso cure di qualità. “L'assicurato ci guadagna sempre” aveva dichiarato in un'intervista il CEO di Sanacare
Rolf Gabriel. Eppure, nonostante la diffusione nella Svizzera tedesca, in Romandia e in Ticino questi modelli stentano a prendere piede. A Sud delle Alpi ci sono già stati due
tentativi infruttuosi, perché le strutture predisposte erano
sovradimensionate rispetto all'autenza. Ufficialmente undici casse prevedono sconti sui premi, a volte fino al 20%,
per contratti HMO, ma per ora solo due li metteranno in
atto. “Si possono chiedere cautelativamente premi HMO,
ma non concretizzare l'offerta”, spiega il capo dell’Ufficio
assicurazione malattia Bruno Cereghetti. Ma quali prospettive può avere una formula che di fatto limita l'offerta di
prestazioni? “Le esperienze in altri Cantoni si rivolgono a
categorie molto particolari di popolazione. Il fatto che con
l'adesione all'HMO l'assicurato perde la libera scelta del
fornitore, è causa implicita di resistenze. Si è trattato finora di formule molto restrittive, direttamente importate
dagli Stati Uniti e che hanno avuto meno successo di quanto i loro promotori avessero immaginato. La popolazione è
diffidente. Se poi sono gli assicuratori a decidere subentra
anche un problema di equità rispetto a chi può scegliere
liberamente il medico. Le HMO pongono diversi problemi,
non da ultimo di natura etica”.
Giovanni Galli
(“Corriere del Ticino” 15.12.07)
Casse dei Malati o Salute Svizzera?
Paziente di 77 anni, attiva in un'azienda familiare e senza
problemi particolari fino a questa estate quando viene colpita da una malattia neurologica e dopo un periodo di
qualche settimana presso un centro specializzato, si rivolge al medico di famiglia, chiedendogli la possibilità di continuare la fisioterapia. Risposta del medico: “Signora, io le
posso prescrivere la fisioterapia soltanto per due serie
all'anno e dopo, dovrà rivolgersi a uno specialista”. Segue
una lunga spiegazione sul diktat delle Casse malati che, in
pratica lo hanno costretto a mettere sulla sua testa una
bella spada di Damocle, formata da tutte le prescrizioni di
medicamenti, esami di laboratorio, fisioterapie, laboratorio ecc. prescritte da lui, la quale verrà fatta cadere all'improvviso e senza nessun preavviso sulla testa del malcapitato, il quale ha l'unico torto di aver fatto il suo dovere e
di aver curato i propri pazienti con scienza e coscienza.
Morale n. 1: i medici, per non essere considerati ineconomici nei confronti delle cosiddette Casse dei Malati, mandano i pazienti dagli specialisti, i quali notoriamente sono
più cari. Quando anche questi saranno presi di mira dai
baroni di Santesuisse (che vuol dire Salute finanziaria delle
casse!) allora noi pazienti saremo inviati direttamente presso i pronti soccorsi degli ospedali e così iniziamo a identificarci sempre più con le Mutue della vicina Penisola.
Per far capire meglio questo nuovo modo di gestire la
nostra salute il medico conclude: “Signora, è come se alla
tassazione della sua azienda, lo Stato la obbligasse a
pagare, come supplemento, tutti gli importi che i privati
fanno nell'acquisto dei suoi prodotti, patate, frutta,
pomodori, ecc. presso i negozianti e ciò per il fatto che lei
è considerata ineconomica, poiché ha fatto indebitare i
cittadini per l'acquisto di merce proveniente dalla sua
azienda”. Capito il ragionamento? Risposta della paziente: Se è così, allora cosa aspettate a scioperare? Mi farò
portare in piazza a manifestare con voi.
Morale n. 2: perché non chiediamo anche noi pazienti a
tutti i direttori di CM il rimborso dei loro guadagni che
superano un certo importo ragionevole oppure tutti gli
importi delle costose pubblicità che ogni anno fanno per
“rubarsi” alcuni clienti, soldi che provengono dalle nostre
quote mensili?
Morale n. 3: se avessimo avuto una sola e unica CM non
avremmo tanti super direttori e amministrazioni da manUna paziente delusa
tenere.
(“Giornale del Popolo” 18.12.07)
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TRIBUNA MEDICA TICINESE
51
RASSEGNA DELLA STAMPA
Ente Ospedaliero
Contributo nuovo Vecchio CdA
Con 66 voti favorevoli e soltanto due astenuti, il Parlamento ha accettato il contributo globale per il 2008 dell'Ente ospedaliero cantonale e del finanziamento delle rette per i pazienti degenti nei reparti privati e semi-privati.
Uno stanziamento complessivo pari a oltre 191 milioni di
franchi. D'accordo tutti i partiti. Tra gli interventi segnaliamo quello di Carlo Luigi Caimi a nome del gruppo PPD il
quale ha fatto notare che questa approvazione appare
“surreale”, in quanto avviene dopo che la corrispondente
posta di spese è già stata approvata nel preventivo. “Il
contributo – ha continuato Caimi – è basato sul contratto
quadro 2006-2009 che non tiene ancora conto della pianificazione ospedaliera votata nel novembre 2005”. Sempre a proposito di EOC sono stati confermati nel CdA per
il quadriennio 2007-2011 Giovanni Merlini, Ignazio Bonoli, Daniele Lotti, Giovanni Jelmini, Attilio Bignasca, Mario
Ferrari e Patrizia Pesenti.
(“Giornale del Popolo” 20.12.07)
Santésuisse, due pesi due misure
Gli assicuratori malattia hanno agito in maniera illegale
intervenendo massicciamente nella campagna contro l'iniziativa per la cassa malati unica. È questa in sostanza la
conclusione alla quale è giunta una seconda indagine giuridica dell'Ufficio federale di giustizia, che conferma così
un primo avviso dei due costituzionalisti René Rhinow e
Regula Kaegi. La notizia ha messo in imbarazzo l'associazione mantello delle casse malattia, Santésuisse, e l'Ufficio
federale della salute pubblica che non ha mai avuto da
ridire sul lobbysmo degli assicuratori. Se l'avviso verrà
rispettato – e qui dipende soprattutto da come si comporterà Pascal Couchepin – cocretamente Santésuisse
dovrà fare molta attenzione in futuro nelI'intromettersi
nelle votazioni popolari. Secondo i giuristi i 7 milioni con i
quali le casse malattia hanno innaffiato la campagna per
il “no” alla cassa malati unica non hanno un'origine chiara. L'informazione non è stata né trasparente né obiettiva.
Un'analisi messa in discussione da Santésuisse che ha fatto notare che anche altri mercati, come quello elettrico, si
sono prodigati in passato nelle campagne politiche. Vero,
aggiungiamo noi, ad esempio anche le Ffs hanno fatto
campagna per modificare la legge sul lavoro che ha permesso la legalizzazione dell'apertura domenicale dei
negozi nelle stazioni. D'altra parte però il Dipartimento di
Blocher ha bacchettato e rescisso il contratto che garantiva al Forum per l'integrazione delle migranti e dei migran-
52
TRIBUNA MEDICA TICINESE 73 GENNAIO 2008
ti il contributo (Fimm) di 300 mila franchi. Una punizione
che mette a dura prova la sua esistenza. La sua colpa?
Quello di essere intervenuto nelle campagne sulla naturalizzazione agevolata del 2004 e sull'inasprimento della
legge stranieri e del diritto dell'asilo dell'anno scorso
facendo – ma in maniera molto più modesta – quello che
hanno fatto Santésuisse e le Ffs. Ancora una volta due
pesi e due misure.
(“Area” n. 48, 30.11.07)
Consiglio degli Stati – Marty: “Attendiamo la svolta”.
De Haller: “Sono scandalizzato”
Per i nuovi studi medici
c’è il blocco fino al 2010
“Sono scandalizzato. I politici ci prendono in giro”. Jacques De Haller, presidente della Federazione dei medici
svizzeri (FMH) non ci sta. Ieri a Berna il Consiglio degli Stati, con 28 voti contro 8, ha deciso di prolungare fino al
2010 la moratoria che impedisce l'apertura di nuovi studi
medici in Svizzera. “In attesa di una vera svolta – ribatte il
senatore ticinese Dick Marty (PLR) – questa è la soluzione
più idonea”.
Una misura introdotta nel 2002 per abbattere i costi della
salute. Ora la palla passa al Nazionale. Ma il divieto di aprire nuovi studi medici avrebbe dovuto già essere abolito tre
anni fa. “E già allora – sbotta De Haller – il Governo e il
Parlamento ci avevano assicurato che avrebbero presto
trovato una soluzione. Oggi i medici, in alcune zone, iniziano a scarseggiare. Questa moratoria non ha piu senso.
Non c'è rispetto né per i dottori, né per i pazienti”. “In
realtà – sottolinea Marty – si attende l'introduzione della
nuova Legge sull'assicurazione malattia. Parallelamente si
sta valutando come attuare la filosofia del “managed
care”, una rete sanitaria che permetterebbe ai medici di
cooperare e ai pazienti di risparmiare”. Un numero ridotto di consultazioni, consulenze ed esami medici mirati,
maggiore efficacia nelle cure. E la conseguente diminuzione dei costi della salute. Il “managed care” potrebbe
diventare presto realtà in tutta la Confederazione. “Su
questo siamo in sintonia con i politici – conclude De Haller –. Ma si deve investire anche sulla qualità delle prestazioni. Inoltre i cantoni devono poter gestire direttamente il
numero di studi medici presenti sul loro territorio. Senza
vincoli imposti da Berna”.
Patrick Mancini
(“Giornale del Popolo” 07.12.07)
RASSEGNA DELLA STAMPA
Presidente Aidomed arrestato
per truffa
Il dottor Daniele Maggiore è finito in carcere nei giorni
scorsi insieme alla moglie, sospettato di aver fatturato delle false prestazioni alle casse malati
“Appena mi è stato comunicato il provvedimento, ho
immediatamente rassegnato le dimissioni dal Consiglio
d'amministrazione in cui ero entrato meno di venti giorni
fa”. Così si esprime l'avvocato Giorgio Grandini in merito
alla notizia dell'arresto del presidente di Aidomed, il dottor Daniele Maggiore, e della moglie, deciso dalla procuratrice pubblica Manuela Minotti Perucchi e dalla procuratrice Fiorenza Bergomi, in quanto sospettati di aver fatturato false prestazioni alle casse malati. Una presunta truffa, di cui per il momento si ignora l'ammontare, utilizzando appunto la citata società di via Monte Boglia a Lugano,
che si occupa, in particolare, di collocare personale sanitario e domestico presso enti pubblici e privati, dell'organizzazione e dell'offerta del servizio Spitex e di servizi di cure
a domicilio per anziani e disabili, nonché della gestione di
studi e laboratori medici.
“Il progetto di sviluppo che era stato prospettato per la
società – prosegue Grandini – mi sembrava interessante e
mi spiace che le cose siano andate in questo modo. Oggi,
(ieri per chi legge ndr.) non appena giunta la comunicazione del provvedimento ordinato dal Ministero pubblico,
ho deciso di lasciare la carica di membro del Consiglio
d'amministrazione: dopo così pochi giorni non sarei infatti in grado di guidare la società o garantire continuità ai
posti di lavoro non avendo fatto nessun attività concreta
tantomeno essere riuscito a partecipare a una seduta del
CdA”.
Red.
(“Corriere del Ticino” 07.12.07)
Staminali, ora si può donare
il cordone
A febbraio parte TicinoCord: dopo Ginevra e Basilea la terza banca pubblica di cellule staminali
Dal prossimo mese di febbraio anche in Ticino le neo
mamme potranno donare a una banca pubblica il proprio
cordone ombelicale per la raccolta di cellule staminali
destinate al trapianto e alla cura di pazienti affetti da gravi malattie del sangue. Un progetto che prende il nome di
TicinoCord, presentato ieri alla stampa dal dottor Damiano Castelli e dalla responsabile Barbara Mühlemann all'ospedale Civico di Lugano. TicinoCord è stato messo a pun-
to dal Centro trasfusionale della Svizzera italiana in collaborazione con la commissione SwissCord della Fondazione svizzera cellule staminali del sangue, l'Ente ospedaliero
cantonale e l'ospedale universitario di Basilea.
Il Ticino è il terzo cantone in Svizzera, dopo Ginevra e Basilea a dotarsi di una banca di cellule staminali ad uso pubblico. Il progetto è nato nel 2006, quando la Fondazione
svizzera cellule staminali del sangue si è fissata l'obiettivo
di ampliare, dalle attuali 1500 a 4000, il numero di unità
di cellule staminali da cordone ombelicale. Questo entro
cinque anni. Il trapianto di cellule staminali ematopoietiche – presenti nel cordone ombelicale, nel midollo osseo
e nel sangue periferico – si opera principalmente per la
cura di gravi malattie del sangue (come leucemia o malattie ereditarie) ha spiegato Castelli. Una terapia che, per
molte patologie altrimenti mortali, “permette di offrire
una speranza di sopravvivenza a circa il 60% dei pazienti
trattati (nella maggior parte dei casi bambini, ndr)“. Le
cellule staminali congelate e depositate nelle banche pubbliche saranno così a disposizione di tutti i pazienti che
necessitano di un trapianto.
I passi principali da compiere per il processo di congelamento e conservazione delle cellule sono la ricerca e la
selezione delle donatrici, la raccolta e l'invio del campione
di sangue dal cordone all'ospedale universitario di Basilea
per la separazione e la congelazione delle cellule staminali. Il tutto deve avvenire in 48 ore. “Una volta depositate
le cellule e registrati i dati biologici del donatore – ha poi
illustrato Mühlemann – il prodotto entra in un circuito
internazionale e viene messo a disposizione di tutti i
pazienti che vi risulteranno compatibili”. In Svizzera i
pazienti che si sono sottoposti al trapianto di cellule staminali da cordone ombelicale nel 2006 erano 59. Trentasei, invece, a luglio di quest'anno. Inoltre, ha illustrato
Castelli, la Svizzera ha ceduto 18 unità di cellule staminali da cordone a oltre dieci paesi fra cui Stati Uniti, Austria
e Spagna, e ne ha importate sedici da sette paesi fra cui
Germania, Francia e Olanda.
Nonostante il successo terapeutico del trapianto, le statistiche rilevano che a livello internazionale “solo il 10%
delle future mamme è disposto a donare il proprio cordone”, ha osservato Mühlemann. Una cifra bassa, che
secondo la responsabile del progetto TicinoCord è da
ricondurre ad una lacuna informativa. Per colmarla hanno
asserito i relatori, occorre prima di tutto la collaborazione
dei ginecologi, che fin dall'inizio della gravidanza possono
informare la futura mamma della possibilita di fare una
donazione gratuita, spontanea e senza rischi. Se concorde, la madre verso la fine della gravidanza deve firmare un
modulo di consenso e compilare con l'aiuto del ginecologo un questionario medico per l'idoneità. Solo la valutazione del questionario e delle analisi di laboratorio darà il
via libera alla donazione, che avverrà subito dopo la nasci-
73 GENNAIO 2008
TRIBUNA MEDICA TICINESE
53
RASSEGNA DELLA STAMPA
ta del neonato, quando il cordone ombelicale è già stato
staccato. “Il nostro obiettivo per il Ticino – ha infine specificato Mühlemann – è quello di congelare e registrare
100 cordoni l'anno”.
Ulteriori informazioni sul sito www.cellule-staminali-sangue.ch.
C.J.
(“La Regione” 11.12.07)
Degenze ospedaliere meno lunghe
ma più care
Neuchâtel – Aumentano i casi e i costi, ma diminuisce la
permanenza: dal 2002 ad oggi la degenza media negli
ospedali elvetici per i trattamenti acuti si è ridotta di quasi un giorno fissandosi a 8,2. Un calo significativo è stato
rilevato in particolare per i soggiorni ospedalieri dei
pazienti più anziani. È quanto emerge dai dati pubblicati
ieri dall'Ufficio federale di statistica (Ust).
Nel 2006 negli ospedali svizzeri sono stati trattati circa 1,2
milioni di casi stazionari, il 6,5% in più rispetto al 2002.
Nel contempo è però stato registrato un calo del 4,7% dei
giorni di cura a causa della riduzione della durata media di
soggiorno. Sia negli ospedali per trattamenti acuti, sia nelle cliniche specializzate, dal 2002 la degenza media ha
subito una diminuzione di circa il 10% . Essa ha segnato
una netta flessione soprattuto tra i pazienti ultrasessantacinquenni, che costituiscono il 37% dei casi acuti.
La riduzione complessiva della durata di soggiorno è
accompagnata tuttavia da un aumento dei costi ospedalieri e da un'intensificazione delle cure, sottolinea l'Ust.
Dal 2002 le spese dei nosocomi per i trattamenti acuti
hanno subito una crescita del 14,5% raggiungendo nel
2006 quota 14,4 miliardi di franchi. Le cliniche specializzate per cure di lunga durata (cliniche psichiatriche e di
riabilitazione) hanno dal canto loro registrato costi assistenziali pari a 3,2 miliardi di franchi, in rialzo dell'8,7%.
I costi medi per giorno di cura, tenendo conto di tutti i tipi
di ospedali, dal 2002 (sono cresciuti del 3,1% l'anno. Essi
variano – in funzione del grado di assistenza – da 2142
franchi negli ospedali universitari, a 915 nelle strutture
minori di base.
La differente evoluzione dei costi negli ospedali per i trattamenti acuti da un lato, e quelli specializzati dall'altro,
stando all'Ust è da ricondurre soprattutto al personale
impiegato, principale voce di spesa (72%). Nella prima
tipologia di nosocomi, il personale e cresciuto dal 2002
dell'8,2%, nella seconda del 2,1%. A fine 2006, negli
ospedali si contavano 128.238 posti di lavoro a tempo
pieno.
(“La Regione” 27.11.07
54
TRIBUNA MEDICA TICINESE 73 GENNAIO 2008
LaMal: controprogetto all’iniziativa
UDC per limitare le prestazioni
Il Consiglio degli Stati, col voto preponderante del presidente suo e di Santésuisse Christoffel Brändli, ha deciso di
mantenerlo, malgrado PS, Verdi e Verdeliberale, parte del
PPD e lo stesso governo non ne vedano l’opportunità
Il controprogetto all'iniziativa dell'UDC sull'assicurazione
malattia continua a dar filo da torcere. Il Consiglio degli
Stati, con il voto preponderante del suo presidente Christoffel Brändli, che presiede anche Santésuisse, ha deciso
di non cedere.
L'opposizione di sinistra, appoggiata in buona parte dal
PPD e dalla verde liberale Verena Diener, ha rilanciato la
discussione sull'opportunità di precisare l'attuale articolo
costituzionale sulI'assicurazione malattia.
L'obiettivo è di contrastare l'iniziativa dell'UDC, “Sì al
ribasso dei premi delle casse malati nell'assicurazione di
base” e spingere i promotori a ritirarla.
Il testo, che non trova alcun sostegno fuori dai ranghi del
partito (neppure del tutto unito, per di più), vuole combattere “l'eccessivo” intervento dello Stato e il “lusso
sproporzionato”. Prevede che gli assicuratori possano scegliere i medici con cui collaborare e riduce il catalogo delle prestazioni rimborsate. A far pendere la bilancia è stato
Brändli: 20 senatori si sono infatti pronunciati per il controprogetto e 20 contro.
Due proposte sono attualmente sul tappeto: il controprogetto adottato dal Consiglio degli Stati e quello approvato dal Nazionale. Dopo aver sondato gli ambienti interessati, i senatori hanno rivisto in parte la loro versione,
nelI'intento di presentare un testo misto, strutturato e formulato in maniera più aperta.
Il termine per una decisione finale del parlamento scade il
28 gennaio 2008. Lo scorso anno le Camere avevano scelto di prorogare di un anno il termine d'esame dell'iniziativa, per “avere il tempo di riflettere”.
L'accento è posto sulla concorrenza, la qualità e l'economicità delle prestazioni. L'idea e di iscrivere nella costituzione i grandi principi che prevalgono nella LAMal, compresa la riduzione dei premi per gli assicurati con reddito
modesto, ponendo tuttavia delle limitazioni.
Un gruppo di senatori ha manifestato il proprio sostegno
al controprogetto ma solo se l'iniziativa UDC sarà ritirata.
Il controprogetto ha il merito di chiarire la situazione
rispetto alI'articolo costituzionale in vigore, ha affermato
Hans Altherr (PLR) a nome della commissione. Non ci
saranno tagli nelle prestazioni, in particolare nella prevenzione o nella maternità, contrariamente a quanto comporta l'iniziativa UDC.
Sia l'iniziativa che il controprogetto introducono nella
costituzione principi discutibili, ha ribattuto Gisele Ory
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(PS), brandendo lo spettro di una medicina a due velocità.
Gli assicuratori si ritroveranno più forti e i cantoni più deboli, si è da parte sua indignata la verde liberale Verena Diener.
Non è necessario spingersi così lontano, ha dichiarato Urs
Schwaller (PPD), il quale è del parere che il controprogetto si accontenti di normative “superflue e declamatorie”.
Nel caso di una sua accettazione ha annunciato che verrà
creato un comitato a favore del doppio no.
Per Anita Fetz (PS) nessuno vuol sapere dell'iniziativa, e il
nuovo articolo costituzionale non faciliterà il lavoro, poiché non farà avanzare le riforme che sono in discussione.
Senza contare l'opposizione dei cantoni.
“Questo esercizio è una perdita di tempo”, ha sentenziato il ministro della sanità Pascal Couchepin, lasciando
intravvedere un fiasco al momento della votazione, in
quanto il popolo non accetterebbe di pronunciarsi su
grandi principi senza conoscerne le concrete ripercussioni.
Certo, disporre di un articolo costituzionale che fissi gli
orientamenti del sistema sanitario sarebbe meglio, ma
“bisogna essere pragmatici: non si può cominciare con la
stessa del mattino senza sapere dove si va a finire”.
(“Corriere del Ticino” 07.12.07)
Moratoria fino al 2010
2008, quando scadra l'attuale blocco sull'apertura di nuovi
studi medici. Facendo buon viso a cattivo gioco, con 28 voti
a 8 il Consiglio degli Stati ha così accettato di prorogare
ulteriormente la moratoria. Ma questa sarà l'ultima volta,
hanno sottolineato diversi oratori. La moratoria scoraggia i
giovani medici e ha effetti perversi, ha infatti rilevato Felix
Gutzwiller (PLR), che è medico, contrario alla proroga.
Sul tema ha preso la parola anche la neo consigliera agli
Stati Verena Diener, che ha potuto unirsi ai colleghi soltanto ieri pur essendo stata eletta al secondo turno lo
scorso 25 novembre avendo dovuto attendere che scadesse il termine di convalida prima di poter giurare. L'unica esponente dei Verdi liberali, già responsabile delle opere sociali del canton Zurigo, si è fatta portavoce del malcontento proveniente dal suo cantone.
Il divieto di aprire nuovi studi medici non è rigoroso, ha
replicato Pascal Couchepin; i cantoni possono in effetti
derogare in caso di bisogno e dispongono di un ampio
margine di manovra. Il consigliere federale ha inoltre relativizzato gli effetti negativi della moratoria, affermando
che la Svizzera ha bisogno di oltre 1000 medici l'anno,
mentre attualmente ne sforna solo 600.
Seguendo il Consiglio federale, gli Stati si sono infine rifiutati con 28 voti a 9, di abolire il blocco per i cosiddetti
“medici di primo soccorso”, come proponeva la sinistra.
Secondo Couchepin è una definizione è troppo arbitraria.
(“Corriere del Ticino” 07.12.07)
Prolungato il blocco per l’apertura di studi medici
Il Consiglio degli Stati ha tuttavia fatto presente al governo che questa sarà l’ultima volta che lo farà – Entro la scadenza l’esecutivo dovrà quindi finalmente presentare un
progetto per abolire l’obbligo contrattuale
L’apertura di nuovi studi medici deve rimanere bloccata fino
al 2010. Nell'attesa di un migliore progetto sulla liberta contrattuale, il Consiglio degli Stati si è detto favorevole alla
proroga della moratoria introdotta nel 2002, che è giaà stata prorogata una volta. Tre anni fa il governo ha presentato
il suo progetto di abolire l'obbligo contrattuale, proponendo di lasciare agli assicuratori, pur con determinate limitazioni, la libera scelta dei medici con cui collaborare.
Questa libertà pura e semplice rischia di non ottenere la
maggioranza, ha tuttavia affermato Erika Forster (PLR) a
nome della commissione. Il progetto suscita infatti una
forte opposizione sia tra i medici che tra i pazienti.
La commissione preparatoria incaricata del dossier, ha
chiesto di conseguenza al Consiglio federale di riflettere a
possibili alternative: si tratterà, ad esempio, di elaborare
un modello capace i distinguere tra medici affiliati a una
rete di cure e tutti gli altri.
“Stiamo già studiando la questione”, ha assicurato il consigliere federale e ministro della sanità, Pascal Couchepin. Ma
questa legislazione non potrà entrare in vigore a metà del
Limiti ai “buoni rischi”
Nuovi criteri nella compensazione tra casse malati
Attualmente sono utilizzati solo età e sesso – Le Camere
hanno adesso deciso di considerare pure il soggiorno in
un ospedale o in una casa di cura medicalizzata
Il Consiglio degli Stati ha compiuto ieri un passo in direzione del Nazionale sulla questione del calcolo della compensazione dei rischi tra casse malati, il cui scopo è di evitare la caccia ai “buoni rischi”, essenzialmente rappresentati da maschi in giovane età.
La revisione della LAMal mira ad affinare la compensazione
utilizzando un nuovo criterio che dovrebbe definire un elevato rischio di malattia. Attualmente sono utilizzati solo due
criteri, ossia l'età e il sesso. Nella revisione le Camere hanno
deciso di considerare anche il soggiorno in un ospedale o in
una casa di cura medicalizzata (EMS) I'anno precedente
all'entrata in vigore del contratto d'assicurazione. Ieri il Consiglio degli Stati ha accettato di seguire il Nazionale precisando che il ricovero debba durare più di tre giorni.
I senatori non hanno invece voluto seguire i colleghi sul-
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l'applicazione del nuovo modello, che sarà limitato a cinque anni. Il Nazionale vuole l'entrata in vigore al 1. gennaio 2012, contemporaneamente alla riforma del finanziamento ospedaliero.
Gli Stati hanno dato il loro assenso, precisando però che
fino ad allora dovrà valere l'attuale sistema di compensazione dei rischi (con soli due criteri). Per evitare lacune (il
sistema attuale è limitato alla fine del 2010) la sinistra ha
invano chiesto l'entrata in vigore al primo gennaio 2011.
Il verdetto è stato un no di musura: 17 voti contro 16.
Il Nazionale, dominato da una destra scettica sulla compensazione dei rischi, aveva rinunciato a qualsiasi precisazione. Con la compensazione dei rischi circa un miliardo
passa dalle casse che hanno molti assicurati giovani e di
sesso maschile, a quelle i cui assicurati sono soprattuttodonne e persone anziane.
(“Corriere del Ticino” 19.12.07)
Armani riabilitata
Il Tram revoca la sospensione cautelare del medico transessuale. L’Ufficio sanità: “Quando fu preso, il provvedimento
era giustificato”
Laura Armani, che prima si chiamava Dominique Striebel,
può tornare a esercitare inTicino la professione di medico. Il
Tribunale amministrativo cantonale, come anticipato ieri dalla “Rsi”, ha accolto il ricorso della dottoressa transessuale –
che qualche hanno fa ha cambiato nome e sesso dopo essersi sottoposta a operazioni chirurgiche – contro la decisione
con cui il governo lo scorso settembre aveva convalidato la
sospensione cautelare dall'esercizio della professione.
La sospensione era stata decretata il 13 aprile 2005 (sulla
base, fra l'altro, di una lettera inviata alle autorità ticinesi
dal padre di Armani, già alto ufficiale dell'esercito e in passato attivo politicamente oltralpe) e successivamente confermata dal Dipartimento sanita e socialità (Dss) che aveva potuto far capo a documentazione ottenuta dalle cliniche in cui la dottoressa era stata ricoverata. Sospensione
cautelativa che ora il Tram ha revocato. Il verdetto dei giudici d'Appello, una quindicina di pagine, è stato intimato
lunedì alle parti.
“Abbiamo preso atto della sentenza: la dottoressa Armani ha
dunque di nuovo il libero esercizio e della professione medica.
Preciso tuttavia – aggiunge il responsabile dell'Ufficio sanità
del Dss Stefano Radczuweit, interpellato dalla “RegioneTicino” – che nella sua sentenza il tribunale afferma esplicitamente che quando il provvedimento venne adottato dal dipartimento e anche quando fu, sempre da noi, in seguito confermato era giustificato. Nel frattempo i presupposti per cui la
misura era stata decisa sono caduti hanno stabilito i giudici”.
Lo stesso Dss un anno dopo la sospensione aveva commissionato una perizia a due psichiatri italiani per analiz-
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zare lo stato psicofisico del medico ticinese. Il 28 novembre 2006 il referto stabiliva che Armani era affetta da disturbi della personalità e perciò non era idonea all'esercizio
della professione.
Dal canto suo la dottoressa aveva prodotto diversi certificati e rapporti psichiatrici – redatti da specialisti ticinesi bernesi e basilesi e riferiti al periodo settembre 2005-febbraio
2006 – che mostravano un quadro diverso rispetto a quello descritto dai periti italiani. Sulla base di questi referti
Armani aveva chiesto, invano, la revoca della sospensione.
Poi, due mesi fa, ecco il ricorso al Tram, supportato da un'altra valutazione psichiatrica chiesta da Armani a uno specialista di Locarno. Che attestava la piena idoneità al lavoro. E
infatti ora nel verdetto il Tribunale amministrativo sostiene
che “I'ineccepibile attività professionale svolta dalla ricorrente a Zurigo, e i numerosi referti medici portati a conoscenza
dell'autorità, costituiscono elementi sufficienti per dissipare i
dubbi iniziali. Alla luce dei nuovi riscontri il mantenimento
della misura cautelare non appare più ragionevole”.
In seguito alla sentenza del Tram, Armani può quindi
riprendere a esercitare in Ticino. Per il momento. Sì, perché è tuttora pendente la procedura di merito avviata dal
Dss. La sospensione a titolo cautelativo, ribadita in settembre dal Consiglio di Stato e adesso decaduta, era stata decisa proprio nell'attesa della decisione definitiva sulla
sospensione o meno della dottoressa.
Chiederà i danni? Forse
Patrocinata dall'avvocato Emanuele Verda, Armani da un po'
di tempo è professionalmente attiva a Zurigo. Manifestando
soddisfazione per la recentissima sentenza del Tram, la dottoressa ha dichiarato alla “Rsi” che per ora intende continuare
a lavorare a Zurigo dove ha uno studio e dove “ho i miei
pazienti”. Non esclude comunque di esercitare sia in Ticino sia
nella città svizzerotedesca: metà tempo a sud e l'altra a nord
delle Alpi. “Ci sto pensando”. E non esclude nemmeno di
chiedere i danni al Cantone per i tre anni che non ha potuto
continuare l'attività nel suo precedente studio di Caslano.
Non è nota, Laura Armani, solo per essere il primo medico in Ticino che ha cambiato sesso e che si è vista sospendere cautelativamente dall’esercizio della professione. In
occasione delle elezioni federali di ottobre era tra i candidati al Consiglio nazionale per il Partito umanista guidato
da Werner Nussbaumer. Idem la scorsa primavera per La
corsa al Consiglio di Stato.
“Occorre battersi per una libera scelta dell'identità, del
sesso, dei nomi; bisogna garantire a tutti la copertura di
cassa malati; bisogna lottare contro gli abusi sessuali commessi il più delle volte in ambito familiare, e contro le
molestie sessuali sul posto di lavoro”, aveva sostenuto in
una conferenza stampa indetta dagli Umanisti durante
l'ultima campagna elettorale.
A.MA./MA.MO.
(“La Regione” 19.12.07)
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