SIEDP JOURNAL CLUB
SURRENE
Maggio 2012
SIEDP Journal Club Surrene
Neonatal screening: identification of children with 11-Hydroxylase deficiency by
second-tier testing
Janzen N, Riepe FG, Peter M, Sander S, Steuerwald U, Korsch E, Krull F, Müller HL,
Heger S, Brack C, Sander J.
Horm Res Paediatr 2012;77:195-199. Epub 2012 Apr 13.
A cura di Francesca Cortinovis, U.O. Pediatria, Policlinico San Pietro, Ponte San Pietro (Bg)
Background: i programmi di screening neonatale per l’iperplasia surrenalica
congenita (ISC) basati sui metodi immunometrici per il 17OH progesterone generano
un alto tasso di falsi positivi. Ciò è dovuto in parte all’aumentata produzione di
steroidi nei prematuri e nei neonati sottoposti a stress, in parte alla cross-reattività
degli anticorpi utilizzati con altri steroidi. Negli ultimi anni la LC-MS/MS (liquid
chromatography-tandem mass spectrometry) si è evoluta come tecnica analitica sia
a fini di ricerca sia di applicazione routinaria grazie alla capacità di quantificare un
pannello di analiti in una singola misurazione, e grazie alla sua elevata specificità.
L’utilizzo della LC-MS/MS come test di conferma sui cartoncini dello screening
neonatale migliora significativamente il tasso di falsi positivi. Inoltre, mediante la
quantificazione di un pannello di analiti, permette di identificare i pazienti affetti da
deficit di 11- idrossilasi, accanto a quelli con il più comune deficit di 21 idrossilasi.
Il deficit di 11- idrossilasi, inizialmente descritto come la forma ipertensiva di ISC
per l’alta percentuale di pazienti in cui si osserva ipertensione arteriosa, costituisce il
10% dei casi di ISC. Si caratterizza per un rapido accrescimento e avanzamento
dell’età ossea, adrenarca precoce e pubertà precoce in entrambi i sessi. Nelle
femmine con genitali normali alla nascita si può talora osservare una virilizzazione
durante l’infanzia o l’adolescenza.
Lo studio: gli autori analizzano i dati dello screening neonatale per ISC in Germania in
un range temporale di 5 anni; la metodica utilizzata prevede una prima analisi con
metodo immunometrico (DELFIA), seguita da un test di conferma con LC-MS/MS sui
positivi, per un profilo steroideo comprendente 17OHprogesterone, cortisolo,
11desossicortisolo, delta4androstenedione e 21 desossicortisolo. Su un totale di
6359 campioni positivi, analizzati con LC-MS/MS, sono stati identificati 78 pazienti
affetti da 21 idrossilasi e 5 pazienti affetti da deficit di 11- idrossilasi. Questi ultimi si
caratterizzano al test di conferma per un incremento dell’11 desossicortisolo e del
D4 androstenedione, ridotti valori di cortisolemia e valori di 17OH progesterone e
21-desossicortisolo nella norma.
Lo studio procede poi alla descrizione dei singoli pazienti affetti da deficit di 11-
idrossilasi: 2 di questi sono femmine con virilizzazione dei genitali, i restanti 3 sono di
sesso maschile, con genitali normali alla nascita. Tutti i pazienti sono stati identificati
per valori di 17 OH progesterone al primo screening modestamente elevati, che
hanno quindi richiesto il test di conferma, ad eccezione di un caso, identificato per
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virilizzazione dei genitali ma risultato negativo allo screening. Interessante notare
che in 3 casi il retest con metodo immunometrico risultava negativo, perché i valori
di 17OH progesterone erano nella norma.
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Cognitive Outcome of Offspring from Dexamethasone-Treated Pregnancies at Risk
for Congenital Adrenal Hyperplasia Due to 21-Hydroxylase Deficiency
Meyer-Bahlburg HF, Dolezal C, Haggerty R, Silverman M, New M.
European Journal of Endocrinology 2012, May 1. Epub ahead of print.
A cura di Matilde Ferrario, U.O. Pediatria, A.O. Sant’Anna, Como
Background:la somministrazione didesametasone(DEX) alle donne gravide con feti a
rischio di iperplasia surrenalica congenita da deficit di 21-idrossilasi
(congenitaladrenalhyperplasia, CAH21-OHD) è stata introdotta dagli anni ’80, ma a
tutt’oggi è una terapia off-label sia negli Stati Uniti che in Europa, e presenta non
pochi punti controversi.Questo perché i dati scientifici in merito agli effettinocivi di
questo trattamento sono ancora scarsi, e in gran parte limitati agli animali.
Mentre vi è ampio consenso circa il successo terapeutico del DEX nell’inibire
totalmente o parzialmente la virilizzazione dei feti femmina affetti (e quindi evitare o
ridurre al minimo interventi di genitoplastica femminilizzante post-natali),i potenziali
effetti collaterali negativi emersi dagli studi disponibili non sono confermati né
smentitida evidenze sicure e lasciano le società scientifiche con molte perplessità a
riguardo (cfr. Endocrine Society Guidelines, JCEM 2010)
Alcuni effetti dannosi come la possibile teratogenicità sul feto (ad esempio
labiopalatoschisi) sono stati nel tempo smentiti e la loro reale incidenza nei soggetti
trattati non sembra essere superiore alla popolazione generale. Problemi ancora
aperti sono invece le complicanze metaboliche (ipertensione, iperglicemia,
iperinsulinismo, documentati nei roditori e nelle scimmie esposti ad elevateprolungate dosi di DEX) e problemi dello sviluppo neuropsicologico (maggiore
timidezza, difficoltà e maggiore livello di ansia nelle relazioni sociali, ridotta memoria
verbale).
Si pongono principalmente due domande:
- È eticamente corretto esporre a questa terapiafeti che non ne
beneficerebbero (maschi sani e affetti, femmine sane)?
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Un solo feto su 8 trattati (la femmina affetta)ha beneficio dalla terapia,che sarà
proseguita per tutta la gestazione; il DEX infatti deve essere iniziato
precocemente,entro la 6-7^ settimana di gestazione, per avere la massima efficacia
sullo sviluppo dei genitali;pertanto, tutti i feti a rischio vengono trattati fino
all’accertamento del sesso e della presenza o meno CAH-21OHD forma classica
(attualmente in totale circa 6-7 settimane).
- C’è un rapporto tra rischio (effetti negativi del DEX) e beneficio (evitare o
ridurre l’intervento chirurgico, non esente a sua volta da possibili
problematiche) a favore del secondo, nel trattare feti affetti?
Lo studio: èuno studio americano, di tipo osservazionale di follow up susoggetti
sottoposti a terapia prenatale con DEX e controlli(feti non trattati, sia affetti da CAH
che sani).
Scopo dello studio è la valutazione delle funzioni cognitive attraverso la
somministrazione di test mirati da parte di uno specialista psicologo,che non è a
conoscenza della storia anamnestica del bambino/adulto, addestrato
precedentemente sui test e supervisionato da un ‘senior’ coordinatore dello studio.
È strutturato in due sotto-studi divisi per fascia di età:
- Studio 1: 140 bambini di età 5-12 anni, di cui 67 trattati con DEX (8 femmine
affette da CAH) e 73 non trattati (15 femmine affette da CAH)
- Studio 2: 20 soggetti di età 11-24 anni, di cui 7 trattati (1 femmina CAH) e 13
non trattati (4 femmine CAH).
Lo studio distingue i soggetti tra maschi e femmine, affetti e non affetti da CAH,
trattati e non, attraverso analisi incrociate. Suddivide inoltre ‘long term’e ‘short
termexposure’in base alla durata ed alla compliancealla terapia, cioè i soggetti
esposti per lungo periodo al DEX (ad esempio le femmine affette) e per breve
periodo (verosimilmente femmine sane, maschi affetti e sani).
E’ stata inoltre presa in considerazione l’estrazione socioeconomica, che non ha però
generato differenze statisticamente significative tra i gruppi.
Risultati e conclusioni: la maggior parte delle funzioni cognitive esplorate non hanno
mostrato differenze statisticamente significative tra i gruppi. In particolare, non si
evidenziano effetti avversi sulla memoriaa breve terminenei soggetti trattati con DEX
‘short term’ rispetto ai controlli non trattati; emergono invece minori capacità
cognitive nelle bambine e nelle donne affette da CAH sottoposte a trattamento
prenatale con DEX ‘long term’.
Gli autori sottolineano la differenza dai risultati pubblicati in uno studio svedese
(Hirvikoski, JCEM 2007), che al contrario documentava un deficit di memoria a breve
termine nei soggetti esposti a breve periodo di trattamento con DEX durante la vita
fetale (‘short term’); sono elencate nella discussione alcune possibili spiegazioni di
tale diversità.
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Commento:
- Punti di forza dello studio: documentazione dei testi somministrati,
metodologia dello studio, elaborazioni statistiche.
- Limiti (esposti dagli stessi autori): 1. non è uno studio randomizzato
controllato, ma osservazionale di followup. 2. L’utilizzo del compenso
economico ai partecipanti non ha permesso di reclutare tutti i soggetti
esposti a terapia prenatale, limitando la numerosità del campione dello
studio.
A mio parere lo studio fornisce un contributo valido alla discussione in merito alla
terapia prenatale con DEX, anche se ovviamente non è conclusivo, come gli stessi
autori riconoscono.
A tal proposito suggerisco di leggere anche il breve ‘commentary’ dello svedese
Hirvikoski (JCEM 2012), nel quale l’autore sottolinea che, data la scarsità e la
controversia dei dati disponibili, non approva dal punto di vista etico l’utilizzo del
DEX prenatale al di fuori di protocolli di studio.
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