DOCUMENTI
ARTICO:
UNA NUOVA
FRONTIERA
PER L’ENERGIA?
Secondo alcune previsioni,
entro il 2015 circa il 40% di
gas e petrolio globali verrà
prodotto offshore. Varie fonti
hanno offerto diverse
previsioni sul potenziale
delle riserve di idrocarburi
dell’Artico. Ecco perché le
recenti spedizioni polari
russe hanno fatto notizia a
livello internazionale e Stati
Uniti, Canada, Norvegia e
Danimarca...
Shamil Midkhatovich Yenikeyeff
e Timothy Fenton Krysiek
146
I mercati dell’energia sono soggetti a frequenti mutamenti. Il prezzo elevato di
petrolio e gas, l’instabilità nelle regioni
produttrici di energia, la crescente richiesta nella regione Asia-Pacifico e l’esaurimento delle riserve nella zona OCSE,
hanno reso entrambe le regioni consumatrici e produttrici altamente sensibili alle
evoluzioni che potrebbero mettere a
rischio la loro posizione sulla scena energetica globale.
La diminuzione delle riserve onshore
costringerà le nazioni ricche di risorse a
sviluppare idrocarburi gassosi e petrolio
sottomarini. Secondo alcune previsioni,
entro il 2015, circa il 40% di gas e petrolio globali verrà prodotto offshore. Le
dinamiche dell’industria energetica globale spiegano perché le recenti spedizioni polari da parte della Russia abbiano
fatto notizia a livello internazionale.
L’obiettivo di Mosca era rivendicare il
proprio diritto sulle vaste risorse naturali
dell’Oceano Artico. Entro il 2030-2040,
il riscaldamento globale provocherà uno
scioglimento della calotta polare artica
tale da rendere possibile l’estrazione e il
trasporto di petrolio e gas sottomarino. La
maggior parte del disgelo si sta verificando nelle acque territoriali russe e la Rotta
del Mare del Nord russo sarà probabilmente aperta al trasporto commerciale
nel 2025-2030.
Queste evoluzioni possono potenzialmente influire in maniera profonda sulla
scena energetica globale, specialmente
in termini di investimenti e diffusione
della tecnologia nelle attività upstream e
downstream e nella distribuzione di risorse petrolifere e gassose ai mercati.
Questo documento valuta le implicazioni
della spedizione russa nell’Artico avvenuta nel periodo luglio-primi di agosto
2007 e identifica i fattori chiave che
determineranno le evoluzioni future degli
idrocarburi dell’Artico.
L’intera piattaforma continentale russa
copre 6,2 milioni di chilometri quadrati. Le risorse di idrocarburi offshore
estraibili della Russia ammontano a
circa 100 miliardi di tonnellate, 80%
delle quali situate nell’Artico. Il problema chiave relativo alla valutazione
del potenziale reale degli idrocarburi
offshore della Russia è che i dati geologici, nella maggior parte degli studi,
coprono soltanto il 9-12% del territorio.
L’unica area offshore ben studiata è la
parte occidentale dell’Artico, che rappresenta il 75% di tutte le risorse di
idrocarburi offshore scoperti della
Russia.
Varie fonti hanno offerto diverse previsioni sul potenziale delle riserve di idrocarburi dell’Artico. In Future of the
Arctic: A New Dawn for Exploration
(Futuro dell’Artico: nuova alba delle
esplorazioni), Wood Mackenzie e Fugro
Corbis
Olycom
POTENZIALE ARTICO DELLA RUSSIA
Robertson manifestano un approccio
piuttosto cauto e ritengono che il potenziale globale di idrocarburi dell’Artico
sia il 29% di gas ancora non scoperto e
il 10% di petrolio. Lo studio afferma
che le riserve totali di petrolio artico
ancora da scoprire (YTF) ammontano a
166 boe (miliardi di barili equivalenti di
petrolio), mentre le risorse già scoperte
ammontano a 233 miliardi di boe.
Nello stesso tempo, Future of the Arctic
sostiene che le riserve dell’Artico contengono prevalentemente gas. Il gas
costituisce l’85% delle risorse scoperte
e il 74% del potenziale YTF.
Lo U.S. Geological Survey e la società
norvegese Statoil condividono l’opinione
più ottimista che l’Artico contenga il
25% delle riserve totali di idrocarburi
non scoperti. Similmente, il ministero
russo per le Risorse naturali afferma che
la parte russa dell’Artico contiene circa
80 miliardi di tonnellate di depositi di
idrocarburi o 586 miliardi di boe.
Qualora Mosca riuscisse ad appropriarsi
di ulteriori territori artici, la sua percentuale di idrocarburi potrebbe aumentare
di almeno 10 miliardi di tonnellate
(73.3 boe) o di due terzi del consumo
globale annuale di energia.
Alcuni esperti russi sostengono anche
che l’esplorazione futura dell’Artico
potrebbe comportare la scoperta di
ulteriori vaste risorse di idrocarburi.
Qualunque sia il reale potenziale
dell’Artico, la maggior parte degli
esperti, Statoil inclusa, concorda sul
fatto che la Russia dominerà la produzione degli idrocarburi dell’Artico, in
quanto circa il 69% delle riserve artiche appartiene alla Russia. Secondo la
relazione
Wood
Mackenzie/Fugro
Robertson, la Russia rivestirà un ruolo
dominante nel gas artico, arrivando a
rappresentando tre quarti della produzione massima.
147
STUDIO SULLE RISORSE DELL’ARTICO
Le dimensioni della piattaforma artica
sono pari a circa 4,5 milioni di chilometri quadrati. L’Oceano Artico è suddiviso
in varie masse d’acqua, inclusi i Mari di
Barents, Kara, Laptev, Siberia orientale e
Chukchi e le loro idrovie adiacenti.
La parte occidentale della Russia artica è
considerata una delle più importanti province del futuro relativamente a petrolio e
gas, dato che contiene circa 8,2 miliardi
di tonnellate di idrocarburi. Fino a ora,
notevoli riserve di petrolio e gas sono
state scoperte nei Mari di Barents,
Pechora e Kara e nel bacino di TimanPechora. Il Mare di Barents include il
giacimento Shtokman di gas e di condensato (3,2 trilioni di metri cubi di gas
e 31 milioni di tonnellate di condensato) e il giacimento di petrolio
Prirazlomnoye (circa 610 miliardi di
barili di petrolio). La società del gas statale della Russia, Gazprom, controlla
entrambi i giacimenti.
Anche i bacini del Mare di Kara dispongono di un considerevole potenziale di
idrocarburi. Includono gli enormi giacimenti di gas e condensato Russanov e
Leningrad, ciascuno dei quali può contenere più idrocarburi del giacimento
gigante Shotkman. Nei decenni a venire,
si prevede un aumento della produzione
di petrolio e gas proveniente da queste
aree e una diminuzione nelle tradizionali
regioni produttrici di idrocarburi, come il
Volga e gli Urali. Nel complesso, la parte
occidentale dell’Artico contiene il 18,4%
delle riserve petrolifere della Russia e il
7,6% del suo gas. Le riserve regionali di
petrolio grezzo, gas condensato e gas
naturale sono valutate attorno ai 53,3
miliardi di barili equivalenti di petrolio.
Nonostante le grandi prospettive, il bacino di Timan-Pechora, che include il
Nenets e parte della regione di
Archangelsk e della Repubblica di Komi,
è l’unica parte della Russia di Barents
che attualmente produce petrolio e gas.
I Mari della Siberia Orientale e di Laptev
includono numerosi bacini, alcuni dei
quali sono estensioni offshore del bacino
gassoso di Vilyuy e potrebbero contenere
ulteriori risorse di idrocarburi. Depositi
secondari di petrolio e gas sono stati scoperti nei territori terrestri vicini al Mare di
148
Bering, fattore indicativo della probabile
presenza di ulteriori idrocarburi nel fondo
marino adiacente. Tuttavia, a causa della
rigidezza del clima, tale area non è stata
adeguatamente esplorata.
Oltre alle aree russe, anche le regioni
artiche offshore appartenenti alla
Danimarca e agli Stati Uniti dispongono
di un interessante potenziale per quanto
riguarda gli idrocarburi. Ciò è particolarmente vero per il Bacino di Kronsprins
Christian al largo della Groelandia
Orientale che dispone di risorse potenziali pari a oltre 10 miliardi di boe. La piattaforma settentrionale dell’Alaska contiene da sola circa 6 miliardi di barili. Si
stima che l’inizio della produzione nella
riserva nazionale di petrolio dell’Alaska
(NPRA) nel 2007 farà aumentare la produzione di petrolio dell’Alaska da
830.000 barili al giorno a 900.000 barili al giorno entro il 2014. Dopo questo
periodo si prevede una diminuzione della
produzione, ma qualora la Riserva
Faunistica Nazionale dell’Alaska (ANWR)
venisse aperta all’esplorazione e alla produzione, ciò potrebbe stabilizzare la produzione di petrolio dell’America artica.
Nel complesso, Wood Mackenzie e Fugro
Robertson prevedono che entro il 2030 la
produzione di idrocarburi nell’Artico raggiungerà i 10 milioni di boe. Gli esperti
russi sostengono che la produzione di gas
nella regione raggiungerà un totale di
circa 800 milioni di metri cubi di gas
naturale al giorno (più della metà dell’attuale tasso di produzione in Russia).
STRATEGIA ARTICA DELLA RUSSIA
La spedizione russa nel Polo Nord ha
messo in evidenza lo status giuridico
incerto della regione artica. Cinque Paesi
– Russia, Stati Uniti, Canada, Norvegia e
Danimarca (in virtù del suo controllo
sulla Groelandia) – reclamano sovranità
del territorio compreso nel Circolo Polare
Artico.
Secondo la Convenzione delle Nazioni
Unite sulla Legge del Mare (UNCLOS), gli
Stati hanno diritto a una zona economica
esclusiva (EEZ) di 320 chilometri nautici
(200 miglia nautiche) oltre la loro linea
costiera. Uno Stato costiero detiene il
diritto esclusivo di sfruttare tutte le risorse naturali comprese nella sua EEZ, con
inclusione delle risorse sotterranee di
idrocarburi. Se uno Stato è in grado di
comprovare alla Commissione UN sui
Limiti della Piattaforma Continentale che
la propria piattaforma sottomarina si
espande oltre la propria EEZ, ha il diritto
di sfruttare le risorse presenti in quel
fondo marino. La Russia sostiene che il
fondo marino dell’Oceano Artico è una
proiezione della piattaforma continentale
siberiana. Il Cremino ha inviato una petizione al comitato UNCLOS sui confini
della piattaforma continentale per il riconoscimento dei diritti di esplorazione
della Russia su oltre 1,2 milioni di chilometri quadrati (460.000 miglia quadrate) di territorio sottomarino dell’Artico,
incluse le dorsali di Lomonosov e di
Mendeleyev.
Fino a ora, il comitato ha respinto la
richiesta russa. Uno dei principali obiettivi della recente spedizione artica russa
RIVENDICAZIONI RUSSE
SULL’ARTICO
1. Polo Nord: La Russia lascia la propria
bandiera sul fondo marino, 4,000 metri
(13,100 piedi) sotto la superficie, come parte
delle sue rivendicazioni sulle riserve di gas e
petrolio
2. Dorsale di Lomonosov: La Russia sostiene che questo territorio sottomarino è un’estensione del proprio territorio continentale e
sta cercando prove a sostegno di ciò.
3. Linea a 200 miglia nautiche (370 chilometri): Dimostra come la concordata area
economica degli stati si estenda oltre la loro
linea costiera. Spesso fissata a partire da
isole periferiche.
4. Territorio rivendicato dalla Russia: La
richiesta di rivendicazione di una vasta area
è attentamente monitorata dagli altri paesi.
Alcuni di questi potrebbero seguire l’esempio.
Fonte: http: //news.bbc.co.uk/2/hi/europe/6927395.stm
è stato il reperimento di prove scientifiche a supporto delle rivendicazioni territoriali della Russia.
L’esplorazione e lo sviluppo di nuove
risorse offshore nell’Artico potrebbero
offrire alla Russia un’opportunità vitale di
incrementare le proprie risorse di gas e
petrolio. Ciò è importante data la prevista
diminuzione della produzione di gas
russo da parte dei giacimenti esistenti
dai 545,1 miliardi di metri cubi nel
2004 ai 344 miliardi di metri cubi nel
2020. In termini di petrolio, la Russia
rimane il secondo maggiore produttore
mondiale dopo l’Arabia Saudita, tuttavia,
le sue riserve comprovate sono valutate
attorno a soltanto 79,5 miliardi di barili,
mentre le riserve saudite sono pari a
264,3 miliardi di barili. Per questo motivo, le riserve petrolifere potenziali
dell’Artico potrebbero dimostrarsi di gran
valore per il settore petrolifero russo.
REAZIONI CIRCUMPOLARI ALLA
SPEDIZIONE RUSSA
La spedizione artica della Russia sembra
avere colto di sorpresa i funzionari statunitensi, canadesi e danesi.
Il viaggio ha innescato una reazione a
catena di spedizioni da parte di altri Stati
circumpolari. Washington, Ottawa e
Copenhagen hanno reiterato le loro rivendicazioni sull’Artico e hanno ricalibrato le
loro strategie e capacità regionali. La spedizione russa nel Polo Nord ha aumentato
l’importanza delle questioni artiche in ciascuno degli Stati litoranei. Nei mesi a
venire, i governi regionali cercheranno di
potenziare la loro presenza nell’Artico tramite ulteriori spedizioni scientifiche e
manovre militari e tramite l’investimento
in navi rompighiaccio e ricerche geologiche.
La reazione del governo degli Stati Uniti
alla spedizione russa rivela l’indecisione di
Washington relativamente alla propria
strategia artica. Sin dal 1982, il Senato
degli Stati Uniti ha mancato di ratificare la
Convenzione UN sulla Legge del Mare.
L’amministrazione Bush sostiene il trattato, ma non è stata finora in grado di reperire i voti necessari per garantirne la ratifica. John Bellinger, il consigliere legale del
Dipartimento di Stato, ha recentemente
affermato che, qualora gli Stati Uniti ratificassero la legge, potrebbero reclamare la
sovranità su oltre 600 miglia di fondo
marino al largo della costa dell’Alaska ed
esercitare influenza diplomatica sul comitato della Convenzione responsabile della
determinazione dei confini della piattaforma continentale.
Il sostegno alla Legge del Mare sembra
essere crescente in Senato. La recente
spedizione artica della Russia ha fornito
all’amministrazione Bush e ad altri soste-
Confini concordati
Confine equidistante
Linea a 200 miglia
Territorio rivendicato dalla Russia
Dorsale di Lomonosov
149
nitori della Legge del Mare una valida
opportunità politica per sollecitare la ratifica del trattato.
Solo pochi giorni dopo che gli esploratori
russi avevano piantato una bandiera nel
fondo marino dell’Artico, il governo degli
Stati Uniti ha lanciato la propria spedizione. Il 6 agosto, la rompighiaccio Healy
della guardia costiera statunitense ha
lasciato Seattle alla volta del Mare di
Bering. Secondo i funzionari governativi,
la missione di Healy è lo studio del riscaldamento globale e delle sue conseguenze
nella regione. La Healy è una delle soltanto quattro navi rompighiaccio operative del governo statunitense ed è l’unica
nave della flotta in grado di completare la
missione. La lotta della guardia costiera
per il reperimento di una nave navigabile
in grado di salpare per l’Artico con breve
preavviso ha posto ulteriore attenzione
sulle condizioni critiche della flotta rompighiaccio degli Stati Uniti. Un numero
crescente di rappresentanti e senatori
statunitensi è favorevole a una legislazione mirata all’aumento dei finanziamenti
destinati alle rompighiaccio della guardia
costiera degli Stati Uniti e all’espansione
delle dimensioni della flotta. Le recenti
manovre artiche della Russia hanno
messo in evidenza le debolezze nella
strategia artica degli Stati Uniti, ma probabilmente produrranno un maggiore
sostegno del Congresso alla Legge del
Mare e maggiori finanziamenti per la
guardia costiera.
La spedizione russa al Polo Nord ha provocato un’infervorata risposta da parte di
numerosi leader canadesi. Il primo ministro Steven Harper ha continuamente
sottolineato l’esigenza di utilizzare la
potenza militare per proteggere gli interessi del Canada nell’Artico; nei giorni
successivi alla spedizione russa ha visitato i territori del Nord-ovest e del
Nunavut. Il ministro degli Esteri Peter
MacKay ha immediatamente sminuito la
spedizione polare della Russia come un
gesto insignificante e ha affermato che
la sovranità del Canada sull’Artico è di
lunga data e ben consolidata. Le conseguenze politiche in Canada alla spedizione russa hanno stimolato il governo a
lanciare il 7 agosto una “operazione di
sovranità” nell’Artico canadese nota
come Operazione Nanook.
150
Nanook consisteva di due navi di superficie, un sottomarino e 700 militari impiegati in manovre a Nunavut, nella Baia di
Frobisher, nello Stretto di Hudson e nello
Stretto di Davis. La rapida reazione del
governo Harper agli sviluppi nell’Artico
riflette la crescente importanza che le
questioni relative all’Artico rivestono in
Canada. Durante le elezioni federali del
2006, Harper e il partito conservatore
hanno delineato un piano in più punti per
proteggere il Passaggio a Nord-ovest e le
risorse energetiche dell’Estremo Nord. La
strategia includeva tre nuove rompighiaccio capaci di trasportare centinaia di militari, un porto artico di acqua profonda per
uso militare e commerciale, nuove basi
militari nella regione e un sistema di sensori artico nazionale in grado di rilevare
sottomarini e navi di superficie stranieri.
A luglio, il primo ministro ha annunciato
che il governo avrebbe acquistato da sei a
otto navi vedetta armate per la Marina al
fine di pattugliare le acque territoriali
canadesi.
Oltre a difendere fisicamente le proprie
acque, il Canada deve agire rapidamente
per difendere le sue rivendicazioni legali
relative al territorio artico. Secondo i termini dell’UNCLOS, il Canada ha tempo
fino al 2012 per presentare prove scientifiche a supporto delle proprie rivendicazioni sulla piattaforma continentale.
Tuttavia, date le cattive condizioni della
sua flotta di rompighiaccio, il governo
potrà essere costretto a noleggiare rompighiaccio straniere per portare avanti le
operazioni d’indagine. Harper si è fatto
paladino delle rivendicazioni del Canada
sull’Artico da molto tempo e ha continuamente citato l’enorme valore potenziale
delle risorse naturali che giacciono sotto
le acque ghiacciate del Canada del Nord.
Con l’intensificarsi della lotta per gli
ne polare della Russia.
Sin dal 2002, i governi norvegesi e russi
hanno firmato una serie di dichiarazioni
che delineano il ruolo della Norvegia
come partner strategico della Russia
nello
sviluppo
degli
idrocarburi
dell’Artico. Le società norvegesi Statoil e
Norsk Hydro hanno 35 anni di esperienza nello scavo di pozzi in condizioni
estreme nella piattaforma continentale
settentrionale. L’esperienza e il capitale
norvegese potrebbero dimostrarsi estremamente validi per i campioni statali
russi Rosneft e Gazprom nella continuazione dei progetti di sviluppo offshore
nell’Artico.
Corbis
BENEFICIARI POTENZIALI DELLA
FRONTIERA ENERGETICA DELL’ARTICO
idrocarburi artici, il governo Harper sarà
veloce a difendere gli interessi del
Canada. In risposta alle azioni russe,
americane e canadesi, il 12 agosto il
governo danese ha lanciato una spedizione artica. Una squadra multinazionale di
40 scienziati, inclusi 10 danesi, ha salpato dall’isola norvegese di Svalbard alla
volta del Polo Nord a bordo della rompighiaccio svedese Oden. Il governo ha
dato istruzioni agli scienziati danesi di
reperire le prove che la dorsale di
Lomonosov è un’estensione sottomarina
della Groelandia e non della Russia. Il
capo
della
spedizione
Christian
Marcussen ha confermato che la ricerca
sarebbe stata usata a sostegno delle
rivendicazioni
territoriali
danesi
nell’Artico. È probabile che la Danimarca
continui la propria ricerca scientifica
nella regione; potrebbe anche rispondere
alle recenti manovre militari canadesi
con il proprio dispiegamento di forze.
Negli anni recenti, Danimarca e Canada
hanno entrambi lanciato missioni militari
per piantare le loro bandiere sulla minuscola isola di Hans, una collinetta disabitata situata strategicamente nel mezzo
dello Stretto di Nares, l’idrovia che collega la Baia di Baffin all’Oceano Artico.
È probabile che, nell’immediato futuro,
l’isola di Hans riemerga come punto
caldo nelle geopolitiche artiche.
Fino a ora, il governo norvegese è stato
vistosamente assente dalla disputa internazionale sul territorio artico, cosa in
larga misura dovuta alla cooperazione in
corso tra Norvegia e Russia relativamente
allo sviluppo degli idrocarburi offshore
nella regione. L’emergente relazione strategica tra Oslo e Mosca relativa allo sviluppo del petrolio e del gas regionale
aiuta a spiegare la tiepida reazione del
governo norvegese alla recente spedizio-
Oggi, le compagnie petrolifere nazionali
(NOC) controllano circa l’80% delle riserve globali di petrolio e gas. Ciò ha
costretto le compagnie petrolifere internazionali a competere l’una con l’altra in
maniera serrata per i diritti di sviluppo su
riserve di idrocarburi sempre più scarse.
Come risultato, le nazioni ricche di risorse hanno generalmente molta influenza
nella scelta dei partner o delle società di
servizi per i loro progetti relativi a petrolio e gas. Tuttavia, nel caso dello sviluppo degli idrocarburi dell’Artico, la Russia
e le altre nazioni circumpolari saranno
costrette a scegliere tra un pugno di compagnie con la conoscenza tecnologica e
l’esperienza dell’area sub-artica necessaria a estrarre petrolio e gas dal fondale
marino dell’Artico.
I campioni dell’energia statale Gazprom e
Rosneft hanno un’esperienza limitata di
tali progetti complicati e lontani. Non è
sicuro quanto rigorosa saranno l’esplorazione e la produzione dell’Artico, ma esistono alcune compagnie che hanno dimostrato le competenze di base necessarie a
gestire i progetti relativi agli idrocarburi
offshore dell’Artico.
Le aziende norvegesi Statoil e Norsk
Hydro dispongono di esperienza insuperata nello sviluppo delle risorse offshore e
detengono la leadership nelle tecnologie
relative. Entrambe le società hanno utilizzato con successo nuove tecnologie in
climi rigidi, restando comunque sensibili
alle tematiche ambientali. Tramite i pro-
151
getti Snøvit e Ormen Lange, Statoil e
Norsk Hydro hanno sviluppato le capacità
e la tecnologia necessarie a scavare con
successo nell’Artico.
Nonostante le differenze a livello di condizioni climatiche e geologiche tra i progetti potenziali norvegesi e russi, i norvegesi dispongono del potenziale per adattare le loro operazioni alle iniziative relative agli idrocarburi nell’Artico. Oltre alle
compagnie norvegesi, i colossi angloamericani occupano una buona posizione
per beneficiare dello sviluppo energetico
dell’Artico.
Exxon, BP e Shell hanno ognuna esperienza di progetti a elevata tecnologia in
condizioni ambientali nordiche estreme.
Tra queste ditte, Exxon detiene senza
dubbio la migliore posizione. Exxon si è
dimostrata un operatore competente del
progetto inerente a petrolio e gas
Sakhalin-1 nell’Estremo Oriente russo.
Nonostante forti pressioni inflazionistiche a monte, il progetto guidato da Exxon
a Sakhalin-1 è stato svolto più o meno in
tempo e a costo relativamente ragionevole. Inoltre, Exxon ha sviluppato una solida collaborazione lavorativa con Rosneft,
una delle due società russe di proprietà
statale con diritti esclusivi di sviluppo
offshore nell’Artico. Exxon dispone anche
di una forte presenza in Alaska e nel
Canada settentrionale grazie ai suoi progetti inerenti al gas alla Baia di Prudhoe,
Point Tompson e nel Delta del Mackenzie
e alle sue attività petrolifere a Cold Lake
e alle sabbie bituminose di Kearl.
Nessuno è in grado di prevedere quanto
difficili saranno esplorazione e produzione nell’Artico, ma la solida posizione
finanziaria, competenza tecnica e grande
esperienza di Exxon nell’operare in condizioni artiche la rendono un candidato
d’elezione per l’avvio di progetti futuri
ancora più a nord.
Come Exxon, Shell e BP hanno esperienza nella gestione di progetti complessi in
condizioni climatiche impegnative. Shell
è un attore importante nel progetto delle
sabbie petrolifere di Athabasca in Alberta
settentrionale e, fino a poco tempo fa,
l’importante ditta anglo-olandese ha
gestito Sakhalin-2, il maggiore progetto
integrato relativo a petrolio e gas. BP è
stato un attore di spicco in Alaska per
decenni e ha investito fortemente in
152
Siberia occidentale e nel progetto
Sakhalin. Nonostante la loro considerevole familiarità con complicati progetti subartici, ognuna di queste compagnie ha
sperimentato in anni recenti difficoltà
politiche e tecnologiche con le proprie
attività più a Nord. La reputazione della
Shell in Russia è tuttora macchiata dalle
sforature nei costi e dalle violazioni
ambientali verificatesi durante il suo
mandato come operatore di Sakhalin-2.
Le infrazioni ambientali di BP in Alaska
sono state oggetto di indagini da parte
degli Stati Uniti e TNK-BP ha perso uno
scontro con il Cremlino in relazione ai
diritti di sviluppo sul giacimento di gas di
Kovykta in Siberia orientale. Nel corso
dell’anno passato, Shell e BP hanno cercato di rafforzare la loro posizione in
Russia tramite l’annuncio di un’importante partnership con Rosneft. Shell sta
anche lottando nella corte federale statunitense per potere scavare pozzi esplorativi nel Mare di Beaufort dell’Alaska.
Nonostante le recenti difficoltà politiche,
Shell e BP dispongono del potenziale per
avviare progetti relativi a idrocarburi
nell’Artico nel lungo termine.
DIFFICOLTÀ RELATIVE
ALLO SVILUPPO ARTICO
Allo stato attuale, le operazioni offshore
della Russia contribuiscono alla produzione nazionale totale soltanto dello 0,5
percento. Entro il 2020, la strategia della
Russia relativa allo sviluppo della piattaforma continentale è mirata a incrementare fino al 20% la quota offshore
della produzione nazionale di petrolio e
gas.
Il punto principale qui è se la Russia sia
capace in un futuro immediato di sviluppo attivo nell’Artico, dato il rigido clima
polare e gli habitat vulnerabili.
In questo senso, gli ostacoli chiave includono la mancanza di esperienza e tecnologie pertinenti, assenza di fatto di tutte
le attrezzature industriali essenziali e di
infrastrutture vitali nelle regioni artiche,
un regime normativo problematico e
l’ambiente fiscale.
DATI GEOLOGICI
La mancanza di dati geologici nella sezio-
ne russa dell’Artico costituisce un problema serio. La maggior parte delle risorse
attuali di idrocarburi nella parte russa
dell’Artico, quali i giacimenti di
Shtokman e Prirazlomnoye, furono scoperte dai geologi sovietici nei tardi anni
Settanta e negli anni Ottanta.
Dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel
1991, il governo federale russo interruppe il finanziamento statale delle spedizioni geologiche. Come conseguenza, nei
primi mesi del 2007, la parte russa
dell’Artico conteneva soltanto 58 pozzi,
dove invece la Norvegia ne aveva già scavati circa 1500 nelle sue sezioni.
Oggi, la strategia della Russia relativa
allo sviluppo della piattaforma continentale mira a incrementare il lavoro geologico nell’Artico tramite una combinazione
di finanziamenti pubblici e privati, dove il
grosso del finanziamento proviene da
entità aziendali. Recentemente, il governo russo ha pianificato di introdurre una
serie di misure per incoraggiare l’esplorazione offshore consentendo agli scopritori di risorse offshore di reclamare diritti di
esplorazione senza asta. È possibile tuttavia che tali piani siano stati accantonati date le intenzioni di Mosca di assegnare diritti esclusivi di esplorazione offshore alle società controllate dal Cremino,
Gazprom e Rosneft.
Cionondimeno, è probabile un coinvolgimento delle compagnie petrolifere internazionali in attività esplorative congiunte
con partner russi. A luglio 2007, il presidente di Rosneft Sergei Bogdanchikov ha
sottolineato l’intenzione della sua società
di onorare il “memorandum di intesa”
raggiunto nel 2006 con BP relativamente all’esplorazione congiunta dell’Artico.
Sebbene fino a ora il memorandum non
abbia comportato alcun meccanismo
concreto relativo al coinvolgimento di BP
nelle attività di Rosneft, questo importante colosso potrebbe raggiungere il
49% nella partnership congiunta.
TECNOLOGIA E INFRASTRUTTURE
Quando giungerà l’ora di sviluppare la
tecnologia e le infrastrutture vitali per le
attività legate agli idrocarburi dell’Artico,
la Russia avrà due opzioni: o svolgere il
lavoro necessario da sola, oppure invitare
a bordo partner stranieri. Lo sviluppo
nazionale di nuove tecnologie potrebbe
incrementare notevolmente i costi e
ridurre la competitività dei progetti relativi alla Russia artica, ma nel lungo termine, potrebbe incrementare lo sviluppo
socio-economico nelle regioni adiacenti.
Per esempio, il complesso industriale
militare, coinvolto nella modernizzazione
delle piattaforme per l’industria petrolifera e del gas russa, potrebbe anche ricavare dei vantaggi.
Entro il 2020, secondo le previsioni di
Rosneft, i progetti offshore della Russia
già esistenti richiederanno 49 piattaforme. Al momento, non è chiaro se Mosca
sia in grado di sviluppare tali piattaforme
da sola, specialmente se si considera che
attualmente Gazprom sta utilizzando nel
suo giacimento di Shtokman attrezzature
di perforazione costruite in Norvegia.
Il costo legato allo sviluppo di entrambe
le riserve di idrocarburi offshore e onshore nell’Artico russo è particolarmente
alto. Lo sfruttamento delle riserve di
petrolio e gas della regione di Barens soltanto richiederà investimenti di capitale
totale pari a circa 65 miliardi di dollari
statunitensi, di cui 5 miliardi per indagini geologiche, 50 miliardi per esplorazione e sviluppo e 10 miliardi per infrastrutture vitali, quali condotti per l’esportazione e strutture portuali. Tuttavia, è importante ricordare che queste cifre sono soltanto stime iniziali. Il prezzo dell’attivazione dei progetti dell’Artico russo
potrebbe anche subire un’impennata,
come avvenne per Sakhalin-2 e per il progetto norvegese Snøhvit.
Secondo il ministero delle Risorse naturali russo, i costi elevati dell’esplorazione
artica e le spese saranno compensati in
prospettiva dall’enorme volume di idrocarburi. Alcuni esperti valutano il potenziale di risorse dell’Artico russo fino a 7
trilioni di dollari statunitensi.
Tuttavia, queste stime sono ottenute in
base alle condizioni attuali dei prezzi di
petrolio e gas. In tal senso, il futuro dello
sviluppo della piattaforma continentale
artica sarà determinato dalle dinamiche
mondiali dei prezzi del petrolio nei prossimi venti anni. Tuttavia, i prezzi futuri
saranno anche determinati dal ruolo della
Corbis
INVESTIMENTI E TASSAZIONE
153
AMBIENTE
Le questioni ambientali rappresenteranno sfide significative per le compagnie
che cercano di conseguire sviluppi su
larga scala di petrolio e gas artico.
L’Artico include habitat unici di culture
nordiche indigene, paesaggi, fauna e
flora e vita marina. I recenti timori
ambientali relativi a Sakhalin-2, alla
North Slope dell’Alaska e alla Riserva
Faunistica Nazionale dell’Alaska hanno
stimolato una risposta da parte di gruppi ambientalisti locali e internazionali
che hanno evidenziato i potenziali problemi che le compagnie dovranno probabilmente affrontare nell’ambito dei
loro progetti offshore artici. Al fine di
proseguire con le loro iniziative relative
agli idrocarburi dell’Artico, le compagnie dovranno facilitare una cooperazione internazionale su scala completa con
le comunità indigene locali, con le organizzazioni ambientaliste, le agenzie
governative e le istituzioni accademiche
che si occupano di ricerca ambientale,
mutamenti climatici, oceanografia, biologia marina, per menzionare solo alcuni interlocutori. La risoluzione dei problemi ambientali farà certamente
aumentare i costi dello sviluppo degli
idrocarburi dell’Artico.
MIDSTREAM ARTICO: LA ROTTA DEL
MARE DEL NORD E IL PASSAGGIO A
NORD-OVEST
La calotta polare in fase di scioglimento
non solo renderà possibile l’estrazione di
idrocarburi dal fondo marino dell’Artico,
ma aprirà anche percorsi strategici per il
collegamento della regione polare con i
principali mercati energetici. L’apertura
della rotta del Mare del Nord e del
Passaggio a Nord-ovest ha il potenziale di
trasformare i percorsi di navigazione globali.
La rotta del Mare del Nord (NSR),
descritta anche come passaggio a Nordovest, è un passaggio navigabile che va
dall’Atlantico settentrionale, lungo la
Grazia Neri_Tass
Russia nello sviluppo della sua piattaforma continentale.
Nel prossimo decennio, piuttosto che
optare per il finanziamento di esplorazione e produzione offshore per proprio
conto, Mosca potrebbe decidere, o essere obbligata dalle circostanze, a invitare
investitori stranieri. In tal caso, la Russia
dovrà inviare i segnali giusti al capitale
straniero dimostrando trasparenza nel
suo regime normativo e nelle sue politiche.
Al momento, l’affare Yukos e la crescente interferenza del Cremino (spesso di
natura informale) nel settore petrolifero e
del gas alimenta l’ansietà degli investitori stranieri. La Russia non ha ratificato la
Convenzione di Washington del 1965 che
stabilisce meccanismi legali internazionali per gli investitori stranieri nella risoluzione di conflitti relativi ad investimenti. Il governo russo non ha, fino a ora,
offerto imposte e altri incentivi adeguati
alle compagnie straniere che garantiscano imposte stabili alle compagnie straniere per la durata del progetto specifico.
154
costa siberiana, fino all’Estremo Oriente
russo e all’Oceano Pacifico.
Rispetto alle rotte tradizionali del Mare
del Sud tramite i canali di Suez o di
Panama, la NSR offre una notevole riduzione (circa il 40%) della distanza tra
Europa e la costa occidentale
dell’America settentrionale, Asia nordorientale ed Estremo Oriente.
Per esempio, la tradizionale rotta del Sud
(tramite il Canale di Suez) tra Amburgo e
Yokohama è di 11.430 miglia; la rotta
del Mare del Nord riduce tale distanza a
solo 6.900 miglia. In modo simile, la
distanza tra un importante porto marittimo dell’Artico, Murmansk, e la costa
orientale del Canada è soltanto la metà
della distanza tra Abu Dhabi nel Golfo
Persico e il porto di Galveston in Texas.
Al momento, la rotta del Mare del Nord è
accessibile soltanto durante l’estate.
Tuttavia, entro i prossimi 20-30 anni,
probabilmente il riscaldamento globale
renderà la rotta completamente accessibile per tutto l’anno.
A parte il ghiaccio in fase di scioglimen-
to, altri fattori rendono la Rotta del Mare
del Nord un’opzione attraente per la navigazione commerciale: instabilità politica
in Medio Oriente, congestione nei canali
di Suez e Panama e pirateria in idrovie
strategiche in Asia sud-orientale.
La Russia ha aperto la NSR ai natanti
stranieri, ma alcune questioni chiave
devono essere risolte al fine di rendere la
NSR una rotta per i trasporti competitiva
e attraente per i beni commerciali e gli
idrocarburi.
Allo stato attuale, la NSR manca delle
infrastrutture di superficie, dei sistemi di
supporto della navigazione, delle misure
di tutela ambientale e dei sistemi fiscali
e tariffari trasparenti richiesti propri di
un’idrovia di classe mondiale. Navi di
vasta capienza con funzioni di rompighiaccio saranno sempre necessarie nella
NSR per l’immediato futuro.
Fino allo scioglimento del ghiaccio, la
Russia necessiterà di numerose navi
cisterna di tipo Arctic Class, quali EC-10
e EC-15, per facilitare un trasporto degli
idrocarburi lungo la NSR efficace e stabi-
le a livello ambientale.
La prima di queste navi, la Mikhail
Ulyanov, secondo programma inizierà a
servire il giacimento di Prirazlomnoye
nell’Artico occidentale nel 2009. Le
società russe Sovkomflot e Primorsk
Shipping Corporation dispongono già di
una dozzina di navi cisterna di tipo Ice
Class 1A tecnicamente vicine a quelle di
tipo Arctic Class.
Secondo il Rapporto sul settore navi
cisterna di tipo Ice Class del 2006 e il
Rapporto sulla navigazione di tipo Ice
Class del 2007, gli sviluppi offshore
dell’Artico potrebbero avere già incrementato la costruzione di nuove navi
cisterna di tipo Ice Class 1A/1AC, di cui
167 sono già state ordinate. L’apertura
completa della NSR stimolerà probabilmente lo sviluppo delle riserve di idrocarburi nell’Artico, in Siberia e nell’Estremo
Oriente russo fornendo un efficiente rotta
di trasporto ai mercati mondiali.
Il Passaggio a Nord-ovest (NP) si estende
lungo l’arcipelago canadese e collega gli
oceani Pacifico e Atlantico. A causa della
La rotta del Mare del Nord
e la rotta tradizionale del Sud
Fonte: Programma internazionale per la Rotta
del Mare del Nord, http:/ /www.fni.no/insrop/
_A sinistra, la spedizione polare russa. A
destra, la rotta del Mare del Nord, oggi accessibile sono nei mesi estivi, rispetto alla
tradizionale rotta del Sud offre una notevole riduzione delle distanze tra Europa e
America settentrionale, Asia Nord-orientale ed Estremo Oriente
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densità del ghiaccio, le navi commerciali
non sono in grado di attraversare il passaggio senza l’assistenza delle rompighiaccio. Tuttavia, nel corso dei prossimi
20 o 30 anni, il ghiaccio si scioglierà a
velocità tale da consentire alle navi di
navigare l’idrovia senza necessità di assistenza.
Entro la fine del secolo, si prevede che il
NP resti aperto 120 giorni l’anno. In
assenza di ghiaccio, il passaggio potrebbe ridurre la distanza del viaggio da
Londra a Tokio di 5000 chilometri (3000
miglia) rispetto alla rotta del Canale di
Suez, o di 8000 chilometri rispetto alla
rotta del Canale di Panama. Il governo
canadese reclama la sovranità sulle proprie acque arcipelagiche, ma gli Stati
Uniti e l’UE ritengono il NP come acque
internazionali.
Affinché lo sviluppo degli idrocarburi artici divenga economicamente praticabile
su larga scala, i costi di trasporto devono
essere minimizzati. Per esempio, per
distribuire le risorse del bacino di TimanPechora e del Mare di Barents all’Europa,
potrebbe essere necessario utilizzare
rompighiaccio per aprire una via navigabile alle navi cisterna resistenti al ghiaccio in viaggio dal porto di Varandey del
Mare di Pechora alla costa europea.
Qualora tale percorso di navigazione
venisse consolidato, potrebbe facilitare lo
sviluppo di giacimenti offshore nei Mari
di Barents, Bianco, Pechora, e Kara e
ridurre la pressione sul sistema senescente di oleodotti terrestri della Russia.
CONCLUSIONE
La reazione internazionale alla recente
spedizione polare da parte della Russia
ha evidenziato il potenziale dell’Artico
come futura base di risorse di idrocarburi per i mercati globali dell’energia.
Contemporaneamente, ha rivelato ancora
una volta le realtà del riscaldamento globale che sta accelerando lo scioglimento
della calotta polare e pertanto sta aprendo i tesori minerali dell’Artico all’esplorazione.
Dovendo affrontare una diminuzione
delle proprie risorse di petrolio e gas, le
nazioni polari cercheranno di ottenere
una parte delle riserve di idrocarburi offshore molto prima del 2025-2030, quan-
156
do lo scioglimento dell’Artico sarà al
massimo picco.
In questo senso il Cremlino occupa una
posizione migliore rispetto ad altri. È
stato il primo ad affermare le proprie
rivendicazioni e la maggior parte delle
risorse sono situate nelle sue acque territoriali. Inoltre sembra che la Russia sia
l’unica nazione polare a disporre di una
strategia di sviluppo a direzione centralizzata relativamente all’Artico. Ciò che
manca alla Russia è la tecnologia essenziale per l’esplorazione degli idrocarburi.
Questo fattore potrebbe avere un ruolo
determinante nella definizione di un
sistema internazionale futuro della produzione degli idrocarburi dell’Artico.
Allo stato attuale della sua evoluzione
tecnologica, è improbabile che la Russia
adotti un sistema mercantilista di esplorazione di petrolio e gas nell’Artico, e
deve per forza cercare cooperazione con
altre nazioni polari nella produzione congiunta di idrocarburi.
Shamil Midkhatovich Yenikeyeff è ricercatore universitario presso l’Oxford
Institute for Energy Studies e membro
superiore associato presso il Russian and
Eurasian Studies Centre dell’Università
di Oxford. Timothy Fenton Krysiek è ricercatore universitario ospite presso l’Oxford
Institute for Energy Studies e borsista
presso il Russian and Eurasian Studies
Centre dell’Università di Oxford. I contenuti di questo documento costituiscono
responsabilità esclusiva dei suoi autori.
Tali contenuti non rappresentano necessariamente le opinioni dell’Oxford
Institute for Energy Studies, dove questo
articolo è stato pubblicato la prima volta,
o di alcuno dei suoi membri.
APPENDICE.
Cronologia dell’esplorazione
e dello sviluppo dell’Artico
1903-05
L’esploratore norvegese Roald Amundsen
riesce per primo a navigare il Passaggio
a Nord-ovest.
1909
Gli esploratori americani Robert Peary e
Matthew Henson raggiungono per primi
il Polo Nord.
1909
Il Canada rivendica diritti sul territorio a
partire dalla costa del proprio Mare
Artico fino al Polo Nord.
1910-1915
La marina imperiale russa esplora la
Rotta del Mare del Nord e ne stila la
mappa nella speranza di aprire il passaggio alla navigazione commerciale.
1924
Gli Stati Uniti affermano che il Polo
Nord è una continuazione sottomarina
dell’Alaska.
1926
L’Unione Sovietica rivendica il territorio
dalla Penisola di Kola, attraverso il Polo
Nord fino allo Stretto di Bering. Gli altri
Stati circumpolari non contestano la
dichiarazione sovietica.
1954
L’istituto artico sovietico scopre catene
montuose sotto la superficie dell’Oceano
Artico.
1958
Il sottomarino USA Nautilus naviga sotto
la calotta polare artica e attraversa il
Polo Nord.
1958
Il sottomarino USA Skate diventa il
primo vascello che emerge al Polo Nord.
1963
Notevoli depositi di minerale ferroso
scoperti nella baia di Baffin.
1968
Compagnie USA scoprono petrolio nella
Baia di Prudhoe sulla costa artica
dell’Alaska.
1969
La nave cisterna USA Manhattan e una
rompighiaccio navigano lungo il
Passaggio a Nord-ovest. Nazionalisti
canadesi protestano contro questo viaggio.
1970
Il Canada approva l’Atto sull’inquinamento delle acque artiche ed estende le
proprie rivendicazioni territoriali da 3 a
12 miglia a partire dalla costa canadese, reclamando difatti sovranità su
numerosi stretti chiave nel Passaggio a
Nord-ovest.
1977
L’oleodotto Alaska viene completato e
giacimenti petroliferi nella Baia di
Prudhoe avviano la produzione su larga
scala.
1982
Le Nazioni Unite approvano la
Convenzione sulla Legge del Mare
(UNCLOS).
1985
La rompighiaccio della guardia costiera
USA Polar Sea naviga lungo il Passaggio
a Nord-ovest. Il Canada risponde riaffermando la propria sovranità
sull’Arcipelago Artico.
2000
La Russia rivendica le Dorsali di
Lomonosov e di Mendeleev, aumentando
le proprie rivendicazioni relative alla
piattaforma continentale di 1,2 milioni
di chilometri quadrati.
2003
Il Canada ratifica UNCLOS.
2004
La Danimarca ratifica UNCLOS.
Copenhagen dichiara che la Dorsale di
Lomonosov è una continuazione della
Groelandia, ma non presenta le rivendicazioni alle Nazioni Unite.
2005
Un sottomarino nucleare USA presumibilmente passa attraverso le acque
dell’Artico canadese senza autorizzazione da parte del governo di Ottawa.
2006
La Norvegia presenta una petizione alle
Nazioni Unite per rivendicare 250.000
chilometri quadrati di piattaforma continentale nei Mari di Norvegia e di
Barents.
Maggio-Agosto 2007
Scienziati russi raccolgono prove a supporto della rivendicazione che le Dorsali
di Lomonosov e di Mendeleev siano
estensioni della piattaforma continentale
russa. Gli USA, il Canada e la
Danimarca rispondono con spedizioni
nell’Artico.
1988
Gli USA e il Canada firmano l’accordo di
Cooperazione artica in base a cui le
rompighiaccio USA necessitano dell’autorizzazione del governo canadese prima
di attraversare il Passaggio a Nord-ovest.
1994
UNCLOS entra in vigore.
1996
La Norvegia ratifica UNCLOS.
1997
La Russia ratifica UNCLOS.
"Dal paper presentato al convegno
Geopolitica dell'energia/Geopolitics of
Energy, organizzato a Trento il 10-11 dicembre 2007 dal Centro studi sulla Storia
dell'Europa Orientale".
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