LE EMOZIONI
L’esperienza soggettiva delle emozioni
La felicità
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L’esperienza soggettiva delle emozioni
La felicità
Le emozioni sono componenti fondamentali della nostra vita, da esse, sovente, traiamo gli
stimoli che muovono le nostre giornate.
Seppure ogni singola emozione sia importante e permetta a chi la sperimenta di sentirsi
vivo, l'uomo è soprattutto alla ricerca di quelle sensazioni ed emozioni che lo facciano star
bene e lo appaghino:
.
Essa scaturisce da un senso di appagamento generale e la sua intensità varia a seconda
del numero e della forza delle emozioni positive che un individuo sperimenta.
Molte ricerche mettono in luce come essere felici abbia notevoli ripercussioni positive sul
comportamento, sui processi cognitivi, nonché sul benessere generale della persona.
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L’esperienza soggettiva delle emozioni
La felicità
Chi sono le persone felici?
Gli studi che hanno cercato di rispondere a questa domanda evidenziano come la felicità non dipenda tanto da variabili anagrafiche
come l'età o il sesso, né in misura rilevante dalla bellezza, ricchezza,
salute o cultura.
Al contrario, sembra che le caratteristiche maggiormente associate
alla felicità siano quelle relative alla personalità quali ad esempio:
 l’estroversione
 la fiducia in se stessi
 la sensazione di controllo su se stessi e il proprio futuro
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L’esperienza soggettiva delle emozioni
La felicità
Il tema della felicità appassiona da sempre l'umanità: scrittori, poeti, filosofi, persone comuni,
ognuno si trova a pensare, descrivere, cercare questo stato di grazia.
Per tentare di definire questa condizione si mettono in risalto:

ora la

ora l'

altre volte gli stati come la

oppure la
, come il sentirsi di buon umore
, come il considerarsi soddisfatti della propria vita
, il
, il
, la
, la
,
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La felicità
Aristotele alla domanda
avrebbe risposto dicendo che essa …
La felicità da Il gabbiano Jonathan Livingston
di Richard Bach
(su YouTube)
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La felicità
Secondo Michael Argyle il maggiore studioso di questa
emozione (1987), la felicità è rappresentata da un senso
generale di
che può essere
scomposto in termini di
quali ad esempio :
Michael Argyle, psicologo inglese
(Nottingham, 11 agosto 1925 – Nottingham, 6 settembre 2002)





il matrimonio,
il lavoro,
il tempo libero,
i rapporti sociali,
la salute.
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La felicità
La felicità è anche legata al numero e all'intensità delle
emozioni positive che la persona sperimenta e, in
ultimo, come evento o
è meglio designato come gioia .
In questo caso è definibile come l'emozione che segue il
soddisfacimento di un bisogno o la realizzazione di un
desiderio e in essa, accanto all'esperienza del piacere,
compaiono una certa dose di sorpresa e di attivazione
(D'Urso e Trentin , 1992).
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Cosa succede dentro e fuori di noi quando siamo felici?
Alcuni autori (Maslow, 1968; Privette, 1983) sostengono che le
sensazioni esperite con più frequenza dalle persone che si trovano in
una condizione di felicità o di gioia sono quelle di sentire con
maggiore intensità le sensazioni corporee positive e con minore
intensità la fatica fisica, di sperimentare uno stato di attenzione
focalizzata e concentrata, di sentirsi maggiormente consapevoli delle
proprie capacità.
Spesso le persone felici si sentono più libere e spontanee, riferiscono
una sensazione di benessere in relazione a se stesse e alle persone
vicine e infine descrivono il mondo circostante in termini più
significativi e colorati.
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E ancora: le persone che
, a livello
fisiologico presentano un'attivazione generale dell'organismo che si manifesta con un’accelerazione della frequenza cardiaca, un aumento del tono muscolare e della
conduttanza cutanea e infine una certa irregolarità della
respirazione.
In ultimo, chi è felice sorride spesso. In effetti il sorriso,
sovente accompagnato da uno sguardo luminoso e
aperto, è la manifestazione comportamentale più rappresentativa, inconfondibile e universalmente riconosciuta
della felicità e della gioia.
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Da questo punto di vista non
c'è da stupirsi che uno stato
emotivo positivo induca all‘
ottimismo:
Mayer e Volanth (1985), infatti,
hanno trovato una correlazione diretta tra grado di buonumore e stima di probabili
eventi positivi.
Essere felici induce anche
all’audacia, come dicono
Isen e Patrick (1983), che
hanno evidenziato come la
gioia a volte porti a sottovalutare la gravità dei rischi
e induca ad agire in modo
meno prudente, ma solo se
essi non sono gravi.
In presenza di uno stato d'animo positivo, non solo il mondo sembra più colorato e
desiderabile e le azioni più facili, ma anche le persone che ci circondano sembrano migliori. È
forse per questo che molti esperimenti rilevano come le persone felici siano più disponibili,
generose e altruiste e provochino negli altri una maggior simpatia.
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In ultimo, per quanto riguarda gli
, si è visto che il buon umore ha degli
effetti positivi sulle capacità di apprendimento, di memoria e sulla creatività. In sostanza
quando si è felici si apprende con più facilità, in misura maggiore e in modo più duraturo
(Ellis, Thomas e Rodriguez, 1984; Ellis, Thomas McFarland e Lane, 1985).
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La felicità secondo
Matthieu Ricard
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Il Buddhismo
, meglio conosciuto come Gautama Buddha, il Buddha storico
(Lumbini, 8 aprile 566 a.C. – Kuśināgara, 486 a.C..) fu un
, una delle più importanti figure spirituali e religiose dell'Asia.
Visse approssimativamente tra il 566 a.C. e il 486 a.C. e proveniva da una famiglia ricca e
nobile del clan degli Śākya, da cui anche l'appellativo Śākyamuni (l'asceta o il saggio della
famiglia Śākya).
All'età di 35 anni, nel 530 a.C., dopo sette settimane di profondo raccoglimento ininterrotto, in
una notte di luna piena del mese di maggio, seduto sotto un albero di fico a
a lui si
spalancò l'illuminazione perfetta: egli meditò una notte intera fino a raggiungere il Nirvāṇa.
Il Buddha conseguì, con la meditazione, livelli sempre maggiori di consapevolezza: afferrò la
conoscenza delle
e dell'
e visse a quel punto la
, che lo liberò per sempre dal ciclo della rinascita.
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Il Buddhismo
:
, alla
. Questa categoria riassume i dolori inerenti alla
e alla
. Ma anche quelli riguardanti
e a quelli procurati nel
, alla
.
. In questa categoria vengono riassunte le sofferenze
procurate dall'impermanenza come quelli dell'
.
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Il Buddhismo
Il "dolore" non è colpa del mondo, né del fato o di una divinità; né avviene per caso. Ha
origine dentro di noi,
spinti dalla
sete, o brama per ciò che non è soddisfacente.
Esiste l'emancipazione dal dolore.
Per sperimentare l'
, occorre lasciare andare, l'attaccamento alle
cose e alle persone, alla scala di valori ingannevoli per cui ciò che è provvisorio è
maggiormente desiderabile.
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Il Buddhismo
Esiste un percorso di pratica da seguire per emanciparsi dal
dolore. È il percorso spirituale da intraprendere per avvicinarsi al
.
Esso è detto il
.
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Il Buddhismo
:
: assunzione della personale responsabilità delle parole, sce-gliendole e
ponderandole con attenzione, talché non producano effetti nocivi sugli altri e su noi stessi;
ciò significa anche che il nostro agire deve corrispondere al nostro parlare.
: l'azione non dev’essere motivata dalla ricerca di egoistici vantaggi e deve
svolgersi senza attaccamento verso i suoi frutti.
: vivere in modo equilibrato evitando gli eccessi, procurandosi un
sostentamento adeguato con mezzi che non arrechino danno o sofferenza agli altri. Ciò
comporta anche la corretta padronanza delle proprie intenzioni, sicché siano sempre nella
medietà,
: tralasciare gli stati non salutari e coltivare quelli salutari. Confidare nella
bontà della propria pratica buddhista perseverando con un corretto ed equilibrato impegno
nello sforzo.
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Il Buddhismo
:
: capacità di mantenere la mente priva di confusione, non
influenzata dalla brama e dall'attaccamento.
: capacità di mantenere il corretto atteggiamento interiore che porta
alla corretta padronanza di sé stessi durante la pratica della meditazione.
: riconoscimento delle "
conoscenza e la conseguente loro corretta visione.
" attraverso la loro corretta
: corretto impegno sostenuto dalla "Retta visione" nel padroneggiare
l'attaccamento al desiderio di vivere, alla brama ed all'avidità di esistere, di divenire o di
liberarsi, al desiderio di affermare il proprio presunto «sé esistente» e dalla compassione
per tutti gli esseri.
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Istruzioni per l'uso
A questo punto, visti i vantaggi che essere felici comporta, ci si potrebbe chiedere se esistono delle strategie che ci
aiutino a sentirci felici o a recuperare il buonumore quando lo si è perso. In questo senso D'Urso e Trentin (1992)
riportano una serie di attività e atteggiamenti che si accompagnano o favoriscono uno stato di benessere. Tali
attività o atteggiamenti sono:
non attribuire interamente a noi stessi la responsabilità degli eventi spiacevoli che ci capitano
stare, possibilmente, in compagnia di persone serene
fare esercizio fisico
non confrontare la nostra condizione (salute, bellezza, ricchezza ecc.) con quella degli altri
individuare quello che ci piace nel nostro lavoro e valorizzarlo
curare il corpo e l'abbigliamento
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Istruzioni per l'uso
riconoscere i legami tra cattivo umore e cattivo stato di salute: spesso è il malessere fisico, più che altri
fattori oggettivi, a determinare un cattivo umore
dimensionare le nostre aspettative alle capacità e alle opportunità medie della situazione
aiutare le persone cui piace essere aiutate
non fare progetti a lunga scadenza (dipende dall’età)
non trarre conclusioni generali dagli insuccessi
fare una lista delle attività che personalmente ci fanno stare di buon umore e praticarle
Tutto qui?....................................................
Felicità è anche ….
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