Questa presentazione è quello che sono oggi, di quello che vivo e ho vissuto, e dell’amore che porto alla persona amata. Valentino Patussi Massa 2013 L’ETICA DELLA COMUNITA’ Dal Club Alcologici Territoriali alla comunità sociale Superare l’etica dell’obbedienza verso l’etica della corresponsabilità L’ETICA DELLA COMUNITA’ Nessuna società può sopravvivere senza un codice morale fondato su valori compresi, accettati e rispettati dalla maggioranza dei suoi membri. Niente di simile esiste più oggi. Jacques Monod “Pour une etique de la connaisance”, 1989 L’ETICA DELLA COMUNITA’ La posizione di Vladimir Hudolin “Tutta la società si trova in una crisi profonda che non può essere risolta con una proclamazione ecologica formale. Bisogna coltivare l’amicizia, l’amore, la solidarietà, la convivenza armoniosa, la compartecipazione (condivisione)” V. Hudolin, 1994 L’ETICA DELLA COMUNITA’ “Un esempio tragico: la guerra” • Il tabù della guerra, cioè il divieto assoluto di ricorrere alla guerra, all’uccisione di massa dei propri simili, non è iscritto nel nostro genetico come accade per gli altri animali sociali (Conrad Lorenz). • La gran parte dei nostri codici di condotta morale sono scritti nel nostro patrimonio culturale (Jacques Monod). • Se vogliamo la pace dobbiamo cambiare la nostra cultura e scrivere con caratteri più indelebili il rifiuto della guerra nel nostro codice morale. L’ETICA DELLA COMUNITA’ ancora sulla guerra • Negli ultimi anni la “civiltà” occidentale ha inventato l’assurdo morale della “guerra umanitaria”, che permette di invadere paesi sovrani in aperta violazione del diritto internazionale dietro la cortina fumogena della “solidarietà” internazionale. • Come è possibile che la nostra cultura, il codice etico delle nostre comunità possa permettere un tale assurdo ? L’ETICA DELLA COMUNITA’ l’etica dell’obbedienza • Nel dopoguerra lo psicologo sociale Stanley Milgram volle dimostrare che persone come Eichmann, impiccato a Norimberga per aver mandato a morte nei lager nazisti milioni di ebrei, zingari, omosessuali, comunisti e malati di mente, erano frutto di culture non fondate sull’ individualismo e l’indipendenza di giudizio. • Eichmann si descriveva come un “buon padre di famiglia”, che non aveva nulla contro gli ebrei, che aveva “solo eseguito gli ordini”. Ciò è molto inquietante per l’opinione pubblica occidentale. • • • • • • • • • Guerra civile Guerra lampo Guerra fredda Guerra santa (crociate) Guerra mondiale Guerra giusta Guerra preventiva Missione di pace …………….. Ordine del giorno dei cappellani militari Pubblicato su La Nazione del 12 Febbraio 1965 Nell’anniversario della conciliazione tra la Chiesa e lo Stato italiano, si sono riuniti ieri, presso l’Istituto della Sacra Famiglia in via Lorenzo il Magnifico, i cappellani militari in congedo della Toscana. Al termine dei lavori, su proposta del presidente della sezione don Alberto Cambi, e stato votato il seguente ordine del giorno: "I cappellani militari in congedo della regione Toscana nello spirito del recente congresso nazionale dell’associazione svoltosi a Napoli, tributano il loro riverente e fraterno omaggio a tutti i caduti per l’Italia auspicando che abbia termine, finalmente, in nome di Dio, ogni discriminazione e ogni divisione di parte di fronte ai soldati di tutti i fronti e di tutte le divise che morendo si sono sacrificati per il sacro ideale di Patria. Considerano un insulto alla patria e ai suoi caduti la cosiddetta obiezione di coscienza che, estranea al comandamento cristiano dell’amore, e espressione di viltà". L’assemblea ha avuto termine con una preghiera di suffragio per tutti i caduti. Lettera di Don Milani ai Cappellani militari È troppo facile dimostrare che Gesù era contrario alla violenza e che per se non accettò nemmeno la legittima difesa. Mi riferirò piuttosto alla Costituzione. Articolo II. " L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli... ". Articolo 52. " La difesa della Patria e sacro dovere del cittadino ". Misuriamo con questo metro le guerre cui e stato chiamato il popolo italiano in un secolo di storia Se vedremo che la storia del nostro esercito e tutta intessuta di offese alle Patrie degli altri dovrete chiarirci se in quei casi i soldati dovevano obbedire o obiettare quel che dettava la loro coscienza. E poi dovrete spiegarci chi difese più la Patria e l’onore della Patria: quelli che obiettarono o quelli che obbedendo resero odiosa la nostra Patria a tutto il mondo civile? Basta coi discorsi altisonanti e generici. Scendete nel pratico. Diteci esattamente cosa avete insegnato ai soldati. L’obbedienza a ogni costo? E se l’ordine era il bombardamento dei civili, un’azione di rappresaglia su un villaggio inerme, l’esecuzione sommaria dei partigiani, l’uso delle armi atomiche, batteriologiche, chimiche, la tortura, l’esecuzione d’ostaggi, i processi sommari per semplici sospetti, le decimazioni (scegliere a sorte qualche soldato della Patria e fucilarlo per incutere terrore negli altri soldati della Patria), una guerra di evidenti aggressioni, l’ordine d’un ufficiale ribelle al popolo sovrano, le repressioni di manifestazioni popolari? Eppure queste cose e molte altre sono il pane quotidiano di ogni guerra • ……se non volete onorare la sofferenza degli obiettori, almeno tacete! Auspichiamo dunque tutto il contrario di quel che voi auspicate: auspichiamo che abbia termine finalmente ogni discriminazione e ogni divisione di Patria di fronte ai soldati di tutti i fronti e di tutte le divise che morendo si son sacrificati per i sacri ideali di Giustizia, Libertà, Verità. Rispettiamo la sofferenza e la morte, ma davanti ai giovani che ci guardano non facciamo pericolose confusioni fra il bene e il male, fra la verità e l’errore, fra la morte di un aggressore e quella della sua vittima. Se volete diciamo: preghiamo per quegli infelici che, avvelenati senza loro colpa da una propaganda d’odio, si son sacrificati per il solo malinteso ideale di Patria calpestando senza avvedersene ogni altro nobile ideale umano. • Lorenzo Milani sac. Ill.mo Signor PROCURATORE DELLA REPUBBLICA DI FIRENZE …….Come Ella può constatare, signor Procuratore, era un documento sobrio, estremamente efficace, tutto pervaso di genuino sentimento cattolico e di fervido amore per l’Italia, per quella Italia che tali nostri sacerdoti e commilitoni hanno servito umilmente in pace ed in guerra, stando sempre e coraggiosamente vicino a noi nell’ombra del pericolo, e confortando l’estremo, tragico trapasso di tanti e tanti Caduti, od addirittura sacrificandosi nell’adempimento del loro arduo e nobile compito di fede e di amore. …….sporgono formale denuncia contro l’autore dell’articolo, don Lorenzo Milani, e contro il direttore della rivista "Rinascita", perché la S. V. possa procedere nei loro confronti a norma di legge. Altra denuncia sporgono contro i firmatari della lettera pubblicata sullo stesso numero di "Rinascita" e recante il titolo "Non è viltà l’obiezione di coscienza". Siamo certi, illustre signor Procuratore, che Ella vorrà ripristinare, attraverso la Sua azione di Magistrato, il diritto offeso. Tale nostra denuncia non e provocata da un sentimento di rancore, ma solo dal perenne rispetto che sentiamo di dovere ai nostri inobliabili Caduti, per la memoria dei quali noi sopravvissuti ricordiamo l’aureo ed ammonitore verso di un genio della poesia italica, le cui ceneri riposano qui in Firenze nel Tempio di S. Croce: "Ove fia santo e lacrimato il sangue per la Patria versato". Con viva deferenza. Don Milani ai Giudici Barbiana, 18 ottobre 1965 • ….Siamo dunque tragicamente nel reale. Allora la guerra difensiva non esiste più. Allora non esiste più una "guerra giusta" ne per la Chiesa ne per la Costituzione. A più riprese gli scienziati ci hanno avvertiti che è in gioco la sopravvivenza della specie umana. (Per esempio Linus Pauling premio Nobel per la chimica e per la pace). E noi stiamo qui a questionare se al soldato sia lecito o no distruggere la specie umana? Spero di tutto cuore che mi assolverete, non mi diverte l’idea di andare a fare l’eroe in prigione, ma non posso fare a meno di dichiararvi esplicitamente che seguiterò a insegnare ai miei ragazzi quel che ho insegnato fino a ora. Cioè che se un ufficiale darà loro ordini da paranoico hanno solo il dovere di legarlo ben stretto e portarlo in una casa di cura. Spero che in tutto il mondo i miei colleghi preti e maestri d’ogni religione e d’ogni scuola insegneranno come me. Poi forse qualche generale troverà ugualmente il meschino che obbedisce e così non riusciremo a salvare l’umanità. Non è un motivo per non fare fino in fondo il nostro dovere di maestri. Se non potremo salvare l’umanità ci salveremo almeno l’anima. L’ETICA DELLA COMUNITA’ l’etica dell’obbedienza • Gli esperimenti di Milgram dimostrarono come soggetti normali obbedirono agli ordini di infliggere scosse elettriche a una vittima non consenziente a cui chiaramente provocavano sofferenza. I soggetti obbedirono a questi ordini anche se non erano obbligati a farlo. • La loro obbedienza distruttiva non era dovuta a difetti personali, a spietato disinteresse per la vittima o al sospetto che l’esperimento fosse truccato. Le norme sociali li facevano obbedire. L’ETICA DELLA COMUNITA’ l’etica dell’obbedienza • Ancora oggi è prevalente la norma sociale dell’obbedienza all’autorità, cioè la convinzione diffusa secondo cui gli individui devono obbedire a chi è dotato di autorità legittima. • Su questo si fonda il concetto della normalità come conformismo (vedi il “bere moderato”: “bevo perché così fanno tutti” “…..il branco”). OBBEDIENZA Eichmann “Ho fatto il mio dovere. Non sono responsabile” : Etica della responsabilità = Etica globale della società tecnologica Il "senso di responsabilità" dell'uomo nei confronti del destino della natura si configura come "nuova etica“. Nuovo è infatti il rapporto che l'uomo tecnologico ha con la natura, diventata oggetto non soltanto di trasformazione, ma di possibile totale distruzione. Il concetto di responsabilità è concepito come impegno morale e civile nei confronti degli esseri, ma anche delle cose, compreso il nostro pianeta. Gli esseri viventi sono fini a se stessi, ma solo l’uomo può essere responsabile anche per loro. Soltanto chi detiene una responsabilità (ha cura di qualcosa) può anche agire in modo irresponsabile. L’ambivalenza della tecnica La tecnica è neutrale ma il suo utilizzo non lo è. L’energia atomica potentissima risorsa energetica è altrettanto un potente strumento di sterminio come le bombe di Hiroshima e Nagasaki. La riflessione sull’uso della tecnica si accompagna a quella della nostra responsabilità per le generazioni future, che rischiano di vivere in ambienti sempre più a “rischio”. Questo è un problema che riguarda l’etica e la politica. Perché l’etica della responsabilità? Scienza e Guerra Altre volte nella storia gli uomini di scienza - da Archimede a Leonardo, fino a Fritz Haber - avevano prestato il proprio sapere alla causa bellica, ma il progetto Manhattan (1942) rappresentò un salto di qualità: non solo per le dimensioni colossali dell'impresa (oltre 5000 persone vi presero parte), ma per il travisamento collettivo del senso etico, per l'entusiasmo irresponsabile con il quale si riempirono lavagne e lavagne di calcoli come se la progettazione di un ordigno nucleare rientrasse nella normale routine di lavoro scientifico. Le foto che ritraggono questi scienziati giovani e famosi - Fermi, Oppenheimer, Segrè, Hans Bethe, Victor F. Weisskopf, Carl David Anderson - tranquilli e sorridenti davanti al laboratorio di Los Alamos o in gita domenicale sulle montagne del New Mexico, con gli occhiali da sole e l'aria del turista che si gode un meritato riposo, sono la testimonianza tragica della ragione scientifica svuotata di ogni principio etico. Così come tragiche, e sconvolgenti, sono le parole con le quali Fermi, in una lettera ad Amaldi del 28 agosto 1945 [A, pp. 158-160] - poche settimane dopo le stragi di Hiroshima e Nagasaki - commenta il suo lavoro a Los Alamos: "…è stato un lavoro di notevole interesse scientifico e l'aver contribuito a troncare una guerra che minacciava di tirar avanti per mesi o per anni è stato indubbiamente motivo di una certa soddisfazione". La raccomandazione di Fermi e degli altri leader del progetto convinse i membri dell'Interim Committee che approvarono all'unanimità i seguenti provvedimenti: 1) la bomba dovrà essere usata contro il Giappone al più presto; 2) dovrà essere usata su un doppio bersaglio, cioè su installazioni militari o impianti bellici circondati o adiacenti ad abitazioni; 3) dovrà essere usata senza preavviso sulla natura dell'arma. I ragazzi di via Panisperna. Da sinistra: Oscar D'Agostino, Emilio Segre, Edoardo Amaldi, Franco Rasetti ed Enrico Fermi 6 agosto 1944, ore 8 e 15 circa. Il bombardiere B29 Superfortress Enola Gay "sgancia" sul Giappone, su Hiroshima per la precisione "Little Boy", nome gentile per indicare la prima bomba atomica ad essere utilizzata in guerra. Il colonnello Paul Tibbets saluta dal cockpit dell'Enola Gay prima di decollare per il bombardamento di Hiroschima. L'equipaggio dell'Enola Gay nella missione del 6 agosto 1945 era composto da dodici persone: Colonnello Paul Tibbets, pilota Capitano Robert A. Lewis, copilota Maggiore Thomas Ferebee, bombardiere Capitano Theodore Van Kirk, navigatore Tenente Jacob Beser, contromisure radar (l'unico a volare anche nel bombardamento di Nagasaki) Capitano William Sterling "Deak" Parsons, responsabile armamenti Sottotenente Morris R. Jeppson, assistente del responsabile armamenti Sergente Joe S. Stiborik, radar Staff Sergeant Robert Caron, mitragliere di coda Sergente Robert Shumard, assistente ingegnere di volo Private First Class Richard Nelson, operatore radio Technical Sergeant Wyatt Duzenberry, ingegnere di volo Alla fine, a Hiroshima le vittime accertate della bomba atomica furono 221.823, con quelle che hanno perso la vita per i danni provocati dalle radiazioni nucleari. "Non sono orgoglioso di aver ucciso quelle persone - ha detto Tibbets anni fa, in un'intervista - ma sono orgoglioso di essere partito dal niente, aver pianificato l'intera operazione ed essere riuscito ad eseguire il lavoro perfettamente. La notte dormo bene". Alle 8 e un quarto del 16 Agosto 1945 l'ordigno detona a circa 600 metri dal suolo, altezza che permette di generare il massimo potenziale distruttivo. Tre giorni dopo è il turno di Nagasaki. Le conseguenze dell'esplosione credo che siano chiare a tutti, più di 200000 morti e 176000 senzatetto, alcuni sono sopravvissuti. Eatherly volò sulla città per 15 minuti, durante i quali il vento spazzò via le nuvole. Le condizioni gli parvero allora ideali e trasmise quindi il seguente messaggio in codice all'"Enola Gay": "Stato del cielo su Kokura coperto. Su Nagasaki coperto. Su Hiroshima sereno, con visibilità dieci miglia sulla quota di tredicimila piedi". La scelta era fatta, dopodiché si allontanò in fretta come gli fu ordinato. Lui stesso ignorava la potenza dell'ordigno: era infatti convinto che quella fosse una missione come tante altre. Dalla sua posizione rimase terrorizzato dall'esplosione e vide sparire Hiroshima dentro una nube gialla. Solo al suo ritorno alla base di Tinian seppe della devastazione e della grande perdita di vite umane causate dallo scoppio. Questo è il racconto del pilota Claude Eatherly: "Ho volato su Hiroshima per 15 minuti per studiare i gruppi di nuvole; Il vento le spingeva allontanandole dalla città. Mi pareva il tempo e il luogo ideale, così trasmisi il messaggio in codice e mi allontanai in fretta come mi era stato detto, ma non abbastanza. La potenza della bomba mi terrorizzò. Hiroshima era sparita dentro una nube gialla". Claude Eatherly chiese di essere congedato. Si meravigliarono un po' tutti: come poteva bruciarsi un futuro pieno di promesse? Gli offersero 237 dollari di pensione al mese. Li rifiutò. Siccome rifiutare non è consentito dal regolamento, dispose che andassero a beneficio dell'associazione per le vedove dei caduti in guerra. Tornò nel Texas. Era nervoso, magro: non rideva più. La notte aveva gli incubi e si svegliava gridando "Gettatevi, gettatevi: arriva la nuvola gialla!". Quattro anni così. Per la moglie un vita d'inferno. Poi, nel 1950, i familiari lo convinsero a farsi ricoverare nell'ospedale psichiatrico di Waco. Nella primavera del 1959, il filosofo tedesco GuntherAnders venne a conoscenza del caso Eatherly e pose inizio a un rapporto epistolare con l'aviatore, ricoverato a Waco, per aiutarlo ad uscire da quella condizione. I contatti divennero più intensi con il tempo e i due si incontrarono qualche anno dopo. Anders suggerì all'ex pilota di scrivere una lettera di scuse in cui descriveva il suo dolore, il suo rimorso e la sua vita dopo quella ricognizione. I superstiti di quell'inferno gli risposero che in fondo lui era solo un'ennesima vittima di Hiroshima. L'ex pilota si sentì più sollevato dopo essersi riappacificato con Hiroshima e visse meglio fino alla sua morte. Lettera 2 a Gunther Anders 12 giugno 1959 Dear Sir, molte grazie della Sua lettera, che ho ricevuto venerdì della scorsa settimana. Dopo aver letto più volte la Sua lettera, ho deciso di scriverLe, e di entrare eventualmente in corrispondenza con Lei, per discutere di quelle cose che entrambi, credo, comprendiamo. Io ricevo molte lettere, ma alla maggior. parte non posso nemmeno rispondere. Mentre di fronte alla Sua lettera mi sono sentito costretto a rispondere e a farLe conoscere il mio atteggiamento verso le cose del mondo attuale. Durante tutto il corso della mia vita sono sempre stato vivamente interessato al problema del modo di agire e di comportarsi. Pur non essendo, spero, un fanatico in nessun senso, né dal punto di vista religioso né da quello politico, sono tuttavia convinto, da qualche tempo, che la crisi in cui siamo tutti implicati esige un riesame approfondito di tutto il nostro schema di valori e di obbligazioni. In passato, ci sono state epoche in cui era possibile cavarsela senza porsi troppi problemi sulle proprie abitudini di pensiero e di condotta. Ma oggi è relativamente chiaro che la nostra epoca non è di quelle. Credo, anzi, che ci avviciniamo rapidamente a una situazione in cui saremo costretti a riesaminare la nostra disposizione a lasciare la responsabilità dei nostri pensieri e delle nostre azioni a istituzioni sociali (come partiti politici, sindacati, chiesa o stato). Nessuna di queste istituzioni è oggi in grado di impartire consigli morali infallibili, e perciò bisogna mettere in discussione la loro pretesa di impartirli. L'esperienza che ho fatto personalmente deve essere studiata da questo punto di vista, se il suo vero significato deve diventare comprensibile a tutti e dovunque, e non solo a me. Se Lei ha impressione che questo concetto sia importante e più o meno conforme al Suo stesso pensiero, Le proporrei di cercare insieme di chiarire questo nesso di problemi, in un carteggio che potrebbe anche durare a lungo. Ho l'impressione che Lei mi capisca come nessun altro, salvo forse il mio medico e amico. Le mie azioni antisociali sono state catastrofiche per la mia vita privata, ma credo che, sforzandomi, riuscirò a mettere in luce i miei veri motivi, le mie convinzioni e la mia filosofia. Gunther, mi fa piacere di scriverLe. Forse potremo stabilire, col nostro carteggio, un'amicizia fondata sulla fiducia e sulla comprensione. Non abbia scrupoli a scrivere sui problemi di situazione e di condotta in cui ci troviamo di fronte. E allora Le esporrò le mie opinioni. RingraziandoLa ancora della Sua lettera, resto il Suo Claude Eatherly. Il 13 gennaio 1961 Gunther Anders scrisse una Lettera Aperta al presidente Kennedy nella quale, a proposito del "caso Eatherly" dichiarava quanto segue: "Quando affermiamo d’essere solo degli ingranaggi inconsapevoli del sistema e consideriamo totalmente giustificata la frase: abbiamo solo fatto ciò che fecero anche gli altri, cancelliamo la libertà della decisione morale, trasformiamo la parola libero dell’espressioneil mondo libero nel termine più vuoto e ipocrita. Temo che non abbiamo saputo evitare questo rischio. La grandezza di Eatherly consiste appunto nell’aver avuto il coraggio di smascherare il problema, sottraendolo dalla perversione morale dominante. Eatherly proclama: quello a cui ho solo partecipato è anche qualcosa che ho fatto; oggetto della mia responsabilità non sono solo i miei atti individuali, ma anche quelli a cui ho preso parte; la domanda della nostra coscienza non è soltanto: Cosa dobbiamo fare? Ma anche: a cosa e fino a che punto dobbiamo partecipare? (...) Comportarsi in modo irreprensibile nella vita privata non è gran cosa, dato che in questa sfera è l’abitudine che si sostituisce normalmente alla coscienza. E’ invece nel confronto con il sottile terrore della partecipazione che si rende necessaria una autentica autonomia morale e un forte valore civico. (...) In genere il sistema esime tutti - compreso coloro che lo dirigono e i suoi proprietari - da ogni responsabilità, in modo che alla fine nessuno assuma mai responsabilità alcuna, e l’unica cosa che resta è la terra carbonizzata delle vittime e la radiante buona coscienza degli stolti."" (Lettera Aperta, p. 187) Quasi tutti i piloti ed i militari che hanno collaborato a vecchi e nuovi massacri di guerra (tra gli atroci bombardamenti ricordiamo quelli di Dresda e Coventry durante la seconda guerra mondiale, ma ci sarebbero anche quelli della Cambogia o del Vietnam in tempi più recenti) preferiscono invece giustificare il proprio operato come etico e patriottico, o si giustificano (né più e né meno dei criminali nazisti) con la scusa di avere obbedito a degli ordini. Anche Franco Rasetti non solo Einstein, Fermi e von Neumann, “Franco Rasetti fu l'unico che si rifiutò di collaborare al progetto della bomba a fissione per ragioni morali" . Rifugiatosi in Canada, aveva impiantato un laboratorio per svolgere ricerche prima in fisica nucleare e successivamente sui raggi cosmici. Contattato per entrare a far parte di un gruppo di fisici britannici che sarebbero poi stati assorbiti nel progetto Manhattan, declinò l'offerta: "ci sono poche decisioni mai prese nel corso della mia vita scrive Rasetti - per le quali ho avuto un minor rimpianto. Ero convinto che nulla di buono avrebbe potuto scaturire da nuovi e più mostruosi mezzi di distruzione, e gli eventi successivi hanno confermato in pieno i miei sospetti. Per quanto perverse fossero le potenze dell'Asse, era evidente che l'altro fronte stava sprofondando a un livello morale (o immorale) simile nella condotta della guerra, come testimonia il massacro di 200000 civili giapponesi a Hiroshima e Nagasaki". Del tutto "disgustato per le ultime applicazioni della fisica", Rasetti decise di abbandonare la fisica e dedicarsi a ricerche di biologia e geologia (e divenne un grande specialista, pubblicando memorie di paleontologia e una grande monografia sulla flora alpina). La condotta di Rasetti fu quasi messa in ridicolo da molti suoi colleghi: Amaldi in una lettera a Fermi del 5 luglio 1945 parla di "un particolare processo di isolamento psichico del nostro amico" e sollecita Fermi ad intervenire per costringerlo a dimettersi dalla cattedra di spettroscopia che ancora occupava a Roma ("non vediamo la ragione di avere un professore di spettroscopia che abita a circa 6000 miglia cercando trilobiti"). Eppure Rasetti aveva le sue buone ragioni: come scrive in una lettera a Enrico Persico "tra gli spettacoli più disgustosi di questi tempi ce ne sono pochi che uguagliano quello dei fisici che lavorano nei laboratori sotto stretta sorveglianza dei militari per preparare mezzi più violenti di distruzione per la prossima guerra". …affermazioni contenute in una lettera che il commissario dell'Ilva, Enrico Bondi, ha inviato al presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, nonché all'Arpa Puglia, all'Ares Puglia e all'Asl di Taranto, con la quale contesta sia il collegamento fra inquinamento del siderurgico e casi di tumore a Taranto collegamento evidenziato nelle relazioni consegnate dai periti alla magistratura -, sia l'introduzione della Valutazione del danno sanitario nell'Autorizzazione integrata ambientale dell'Ilva. Nella nota si legge: «È erroneo e fuorviante attribuire gli eccessi di patologie croniche oggi a Taranto a esposizioni occupazionali e ambientali occorse negli ultimi due decenni». L'aumento dei tumori ai polmoni sarebbe dovuto al consumo di sigarette e di alcol: «È noto che a Taranto scrivono i tecnici - città portuale, la disponibilità di sigarette era in passato più alta rispetto ad altre aree del Sud Italia dove per ragioni economiche il fumo di sigaretta era ridotto fino agli anni '70». il dossier firmato dai consulenti dell’Ilva Paolo Boffetta, Carlo La Vecchia, Marcello Lotti e Angelo Moretti, ” 2013 Questa mancanza di immaginazione, che si traduce nella buona coscienza del colonnello Thibbets o dell’irreprensibile funzionario Eichman, Anders la chiama agnosia. "Credo che l’immoralità o la colpa della nostra epoca", dichiarava il già citato Anders in un’intervista del 1979, "non stiano nella sensualità, nell’infedeltà, nella disonestà, nella relativizzazione dei valori e nemmeno nello sfruttamento, ma nella mancanza d’immaginazione“. L’ETICA DELLA COMUNITA’ l’etica della responsabilità • La norma dell’obbedienza all’autorità implica che l’autorità sia responsabile, dato l’enorme potere che ha. • Gli psicologi sociali parlano anche della norma della responsabilità sociale, che ci esorta a non danneggiare gli altri, anzi ad aiutarli, Specialmente se ne hanno bisogno. L’ETICA DELLA COMUNITA’ l’etica della corresponsabilità • Il punto di vista dei Club va oltre le conclusioni della psicologia sociale • Non c’è solo la responsabilità sociale contrapposta all’obbedienza. • Esiste la norma che tutti siamo responsabili di tutti e quindi degli stili di vita prevalenti e di quello che fanno le autorità. • La solidarietà sociale è una indicazione etica che va oltre i concetti di aiuto e di volontariato. Assioma generale dell’etica della responsabilità “In avvenire deve esistere un mondo adatto ad essere abitato” Imperativo etico “Agisci in modo che le conseguenze delle tue azioni siano compatibili con la permanenza di un’autentica vita umana sulla terra.” Hans Jonas L’ETICA DELLA COMUNITA’ la posizione di Vladimir Hudolin “I programmi per i problemi alcolcorrelati e complessi devono attenersi a una etica del lavoro che richiede la responsabilità non solo verso gli individui, ma anche verso le famiglie, le comunità e la società intera, e che richiede una ecologia e una giustizia sociale” V. Hudolin, 1994 Niente innovazione senza democrazia • Le Associazioni possono generalizzarsi solo all’interno di una rete in cui ogni Club è un nodo attivo, autonomo e non asservito alle logiche di potere purtroppo oggi prevalenti nelle Associazioni. Queste stesse possono diventare strutture di servizio come dovrebbero essere solo se si concepiscono come uno dei tanti nodi della rete e non come un livello sovraordinato ai Club e che decide per loro. SOLIDARIETA’ “SOLIDARIETA’” …parola che attualmente riecheggia ovunque, parola nobile che mira toccare la sensibilità delle persone alla quali ci si rivolge, ma di cui si abusa in modo sistematico quando si tratta di fare appello alla generosità pubblica nella forma di contributi in denaro o quando si giustifica la propria partecipazione obbligata sotto forma di tasse, imposte prelievi fiscali o altri diversi balzelli… . I più deboli, da parte loro, nella stessa linea di solidarietà, non adottino un atteggiamento puramente L’esercizio della solidarietà passivo o distruttivo del all’interno di ogni società è tessuto sociale, ma pur rivendicando i loro legittimi valido, quando i suoi componenti si riconoscono diritti , facciano quanto loro spetta per il bene di tutti. I tra di loro come persone. gruppi intermedi, a loro Coloro che contano di più, disponendo di una porzione volta, non insistano più grande di beni e di servizi egoisticamente nel loro particolare interesse, ma comuni, si sentano responsabili dei più deboli e rispettino gli interessi degli siano disposti a condividere altri. Sollecitudo Rei Socialis quanto possiedono Lettera Enciclica di Giovanni Paolo II Si tratta innanzitutto dell’interdipendenza, sentita come sistema determinante di relazioni nel mondo contemporaneo,nelle sue componenti economiche, culturali, politiche e religiose assunte come categorie morali. Quando l’interdipendenza viene così riconosciuta, la correlativa risposta come atteggiamento morale e sociale, come virtù, è la solidarietà. Questa dunque non è un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane. • Le vere trasformazioni si attuano insieme “standoci dentro” e sviluppando la stessa corresponsabilità e partecipazione • La comunità deve essere informata e formata • Non basta la sola assistenza: un problema sociale disatteso deve essere affrontato anche cercando di arrivare a coglierne le cause e le responsabilità che siano in capo a persone e a istituzioni che hanno il potere e il dovere di risolverle • Occorre riconoscere con spirito critico le risorse e le capacità (le forze e i limiti) del singolo, della famiglia e della comunità nell’assumere impegni e svolgere compiti concreti. Patussi - Adattamento da Lobby e Advocacy - Caritas • La presenza e l’assunzione di responsabilità nella comunità si costruisce attraverso un processo lungo e complesso fatto di piccole vittorie, condivisione dei risultati, riconoscimento dei fallimenti. • Avere sempre di mira: la pace l’amore la verità la conscenza l’equo accesso alle risorse il diritto alle libertà individuali la garanzia dei diritti umani il diritto alla pace e al benessere la lotta alla povertà la possibilità per tutti di scegliere e di determinare la propria vita, individuale e collettiva Patussi - Adattamento da Lobby e Advocacy - Caritas Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno, poiché tutti siamo veramente responsabili di tutti. Tale determinazione è fondata sulla salda convinzione che le cause che frenano il pieno sviluppo siano quella brama del profitto e quella sete del potere di cui si è parlato” SPIRITUALITA’ ANTROPOLOGICA • Solidarietà Intesa non come aiuto ma come compartecipazione e cooperazione. • Spiritualità Antropologica L’uomo non può essere immaginato senza spiritualità perché l’uomo si basa su valori che ha sempre posseduto come un suo codice interno di regole e di comportamento. • Ecologia sociale Non basta a proteggere solamente la natura animata o inanimata, ma anche l’uomo e le sue caratteristiche spirituali. SPIRITUALITA’ “Fra gli altri disturbi che possono essere constatati nella complessità dei problemi alcolcorrelati e multidimensionali ed in generale nei disagi del comportamento, il più costante è il disagio spirituale. In questo disagio vedo i problemi provocati dalla non accettazione di se stessi, del proprio comportamento e del proprio ruolo nella comunità della cultura sociale esistente e nella prevalente giustizia sociale. Questo disagio è accompagnato da un senso di impotenza davanti al problema e l’impossibilità di capirlo ... affrontarlo. Se la spiritualità è vista come l’insieme della nostra cultura in questo momento nella nostra comunità locale, nella società in generale e sul pianeta intero, questo disagio può essere presente in maniera particolare in molti settori: emozionale, politico, religioso, ecc.” modificato V.Hudolin, Assisi 1994 Spiritualità Antropoiogica “La spiritualità antropologica attuale (o cultura sociale) nel mondo lascia molto a desiderare: basti vedere l’aumento dell’uso delle sostanze psico-attive, dei problemi alcolcorrelati e complessi, il terrorismo, le guerre continue, la mancanza di giustizia sociale e molti altri problemi. Noi dei club alcologici territoriali dobbiamo prendere parte ad iniziative volte a migliorare la vita nelle nostre famiglie e nelle nostre comunità.” V. Hudolin, Grado 1996 CLUB E SPIRITUALITA’ In senso generale, lottando per i diritti umani fondamentali, per la solidarietà, l’amicizia e l’amore, cercando di accettare la diversità e la convivenza e imparando a promuovere la pace e la giustizia sociale, i club alcologici territoriali fanno tutto il possibile per proteggere i valori spirituali, che sono specifici della specie umana e che la vedono integrata con tutte le altre creature che la circondano. “ è giunta l'ora di un nuovo adattamento della specie al suo ambiente [...]. [I nuovi scienziati] ci hanno fatto capire la necessità di costruire una "comunità creaturale": noi abbiamo sempre parlato di una comunità fra gli uomini, ma la nuova comunità dev'essere quella fra tutte le creature. La nuova etica si rivela come una “spiritualità naturale“ ….. la cui origine è nella comunione fra tutte le creature che si rivela alla coscienza che ha preso atto delle interconnessioni che legano l'uomo all'uomo e l’ambiente all’uomo. Amore …..l’amore non si può ridurre a un sentimento che va e viene. Esso tocca, sì, la nostra affettività, ma per aprirla alla persona amata e iniziare così un cammino, che è un uscire dalla chiusura nel proprio io e andare verso l’altra persona, per edificare un rapporto duraturo; l’amore mira all’unione….. Lumen Fidei Enciclica della fede 2013 Amore e verità …..l’amore ha bisogno di verità. Solo in quanto è fondato sulla verità l’amore può perdurare nel tempo, superare l’istante effimero e rimanere saldo per sostenere un cammino comune. Se l’amore non ha rapporto con la verità, è soggetto al mutare dei sentimenti e non supera la prova del tempo. L’amore unifica tutti gli elementi della nostra persona e diventa una luce nuova verso una vita grande e piena. Senza verità l’amore non può offrire un vincolo solido, non riesce a portare l’“io” al di là del suo isolamento, né a liberarlo dall’istante fugace per edificare la vita e portare frutto . Lumen Fidei Enciclica della fede 2013 Amore e Conoscenza «amor ipse notitia est» • l’amore stesso è una conoscenza, porta con sé una logica nuova. Si tratta di un modo relazionale di guardare il mondo, che diventa conoscenza condivisa, visione nella visione dell’altro e visione comune su tutte le cose. Lumen Fidei Enciclica della fede 2013 Nella vita non ci sono spettatori “L’empatia significa non solamente etica, come qualche volta viene definita, ma la possibilità dello sviluppo di comunicazione e dell’interazione profonda umana, una possibilità di accettare l’altro e di poter comprendere la sua sofferenza… L’empatia può essere imparata e sviluppata da tutti, sarà differente da uno ad un altro. E’ necessario accettare tutti, nonostante il loro comportamento.” Vl. Hudolin, Assisi 1993 “Tutti noi non lavoriamo solamente per l’astinenza, ma per la famiglia, per la sobrietà, per una vita migliore, per una crescita e maturazione e infine per la pace. La pace non può essere conquistata se prima di tutto non siamo in grado di averla dentro di noi: una pace nel cuore, una possibilità di riguadagnare la gioia di vivere, la riapropriazione del proprio futuro, un superamento, una trascendenza da se stessi (anche attraverso la meditazione)” “I Club hanno il compito di discutere di più del futuro, della della gioia di vivere, trascendendo la realtà che spesso trascina verso il passsato” Vl.Hudolin, Grado 1996 MEDITARE ? Dizionario: Fermare la mente su qualcosa, attentamente e a lungo; ed è più che riflettere Ai Club Alcologico Territoriale • ci si ferma, sedendosi in cerchio • si parla uno alla volta di quello che ciascuna famiglia sta vivendo, condividendo le esperienze • si offre a tutti la possibilità di parlare • lo si fa uno alla volta con calme (1h 30s) • quanto viene detto non esca dal Club •… … Da questo si deduce che un clima di amicizia e di fiducia favorisce la meditazione e la possibilità di trascendenza. COSA NON FAVORISCE LA MEDITAZIONE? • Giudicare • Lasciarsi sommergere dal mare delle nostre preoccupazioni … TUTTI SULLO STESSO PIANO. Le famiglie sono accomunate dallo stesso problema e quindi nessuno può mettersi al di sopra degli alti, ma offrire la propria esperienza. Nel presentarla c’è l’occasione per visitarla e gioire del cambiamento fatto. La dimensione etica del club…. “E’ una cosa da tempo dimenticata: creare dei legami” L'etica nell'approccio ecologicosociale DAL CLUB ALLA COMUNITÀ Come può il Club trasferire il proprio codice etico al resto della comunità? Attraverso… • la testimonianza dei membri del Club (comportamento osservabile) • l’Interclub • i Corsi di sensbilizzazione • la Scuola Alcologica Territoriale di III° modulo • la collaborazione con le istituzioni • la collaborazione con le altre realtà della società civile (volontariato, auto-aiuto, cooperative, etc…) • la cooperazione e la solidarietà nel mondo Perché starci dentro: “I problemi degli altri sono uguali ai miei. Sortirne insieme è la politica, sortirne da soli è l’avarizia”. Don Milani “La politica è la più alta forma di carità”. Paolo VI Carità come “gratuità” con cui ci si vuole mettere al servizio degli altri, del bene di tutti, cioè della comunità. per tessere proposte capaci di perseguire il bene comune. Compartecipazione • I tre figli di un ricco mercante arabo ricevono in eredità dal padre 17 cammelli da ripartire tra loro nel seguente modo: metà al primo figlio, un terzo al secondogenito e un nono all’ultimo nato. La spartizione sembra impossibile senza tagliare in varie parti almeno un cammello. I tre ragazzi decidono allora di rivolgersi a un vecchio e saggio giudice. • - “La divisione sarà fatta equamente. Permettete che aggiunga temporaneamente un altro cammello ai vostri, il mio. In questo modo disponiamo di 18 cammelli. Secondo la volontà di vostro padre - dice rivolgendosi al primogenito - tu che sei il più grande avresti dovuto ricevere la metà: così prendine 9. A te, invece – rivolgendosi verso il secondo figlio – prendine 6. Quanto a te - dice rivolgendosi all’ultimo figlio - ti toccherebbe un nono dell’eredità, eccotene due. • Il giudice si riprese il sua cammello e riprese la sua strada. Parabola del Buon Samaritano Un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova: “Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?”. Gesù gli disse: “Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?”. Costui rispose: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso”. E Gesù: “Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai”. Ma quegli, volendo giustifìcarsi, disse a Gesù: “E chi è il mio prossimo?” Gesù riprese: “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando Io vide passò oltre dall’altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. lnvece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti? Quegli rispose: “Chi ha avuto compassione di lui”. Gesù gli disse: “Va’ e anche tu fa’ lo stesso”. (Luca 10;25;37)