Proibizione della schiavitù e del lavoro forzato Proibizione di schiavitù e servitù Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma. (Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, 1948, articolo 4). La schiavitù • • Nonostante l’universale condanna la schiavitù è una realtà del mondo contemporaneo, un fenomeno complesso e in continua evoluzione. Oggi si parla di milioni di vittime che fruttano all'economia mondiale miliardi di dollari. Uomini, ma soprattutto donne e bambini sono soggetti a nuove forme di sfruttamento estremo, violazioni dei diritti umani che hanno ambiti e caratteristiche diversi anche rispetto al passato. Varie sono le cause e diverse le forme di sfruttamento: tratta, sfruttamento sessuale di donne e bambini, traffico d’organi, lavoro forzato, servitù domestica, servitù religiosa, sfruttamento bambini nei conflitti e per accattonaggio. La tratta degli esseri umani Secondo le stime di esperti internazionali, circa 2.5 milioni di persone nel mondo vengono reclutate, intrappolate, deportate e sfruttate: un fenomeno che prende il nome di tratta di esseri umani. Il traffico di persone, sia che riguardi lo sfruttamento sessuale che il lavoro forzato, colpisce di fatto tutte le aree del mondo. Dal momento che il traffico di esseri umani è un crimine che si consuma nella clandestinità, dove molte delle vittime non vengono scoperte né identificate, le cifre reali del fenomeno sono sconosciute. E la tratta degli esseri umani è diventata un grande business. Le Nazioni Unite ed altri esperti stimano che il valore del mercato complessivo della tratta illegale di esseri umani ammonti a 32 miliardi di dollari – di cui 10 miliardi derivano dalla “vendita” iniziale di individui e i restanti rappresentano i profitti stimati dalle attività o dai beni prodotti dalle La maggior parte delle vittime di questa forma moderna di schiavitù sono donne e ragazze giovani, molte delle quali sono costrette alla prostituzione o comunque sfruttate sessualmente. Uomini trafficati sono stati trovati nei campi, nelle miniere, nelle cave o in altre condizioni di lavoro pesanti e pericolose. Rispetto al lavoro forzato, la tratta degli esseri umani comprende altri elementi, come per esempio l’azione di reclutamento (spesso per mezzo di promesse ingannevoli); il trasporto; la ricezione e lo sfruttamento della vittima. Le persone che versano in condizioni difficili come la povertà, la mancanza di opportunità, inclusi i disoccupati e gli sfollati sono particolarmente vulnerabili al traffico. Le vittime della tratta sono trattenute in schiavitù con la violenza fisica e/o psicologica; non sono libere di andarsene. Anche se avessero la possibilità di fuggire dalla loro schiavitù, non avrebbero comunque nessun posto dove andare, non avendo spesso né documenti di identità né soldi. Inoltre i trafficanti minacciano di fare del male alle famiglie delle vittime come ulteriore deterrente contro i tentativi di fuga. Molti sono malati. La schiavitù nella storia Diffusa nella maggior parte del mondo antico, la schiavitù ha assunto forme diverse nel corso dei secoli e a seconda delle civiltà. Nell'antichità e per tutto il medioevo la schiavitù fu molto diffusa, ma furono poche le voci che si levano contro la schiavitù come istituto sociale. Le condizioni degli schiavi migliorarono un po' ovunque nei secoli successivi, anche grazie alla diffusione del cristianesimo. Tuttavia questo fenomeno non venne mai abolito ma assunse forme diverse, come la servitù della gleba in epoca medioevale, per registrare un'impennata con l'espansione del mondo moderno. A partire dal XV secolo, infatti, e per tutti i tre secoli successivi, gli imperi coloniali resero necessarie grandi quantità di manodopera da adibire ai lavori più pesanti e ingrati. Con lo sviluppo delle grandi piantagioni nel Sud America, iniziò poi l'importazione massiccia di schiavi dall'Africa, la pagina più pesante e drammatica nella storia della schiavitù. A parte alcuni casi sporadici, bisogna arrivare all'illuminismo perché la schiavitù venga contestata apertamente sia sul piano morale che su quello sociale e venga difeso il principio della libertà di ogni essere umano. Sull'onda di queste idee, il primo paese ad abolire per legge la schiavitù fu la Francia E' comunque nella prima metà del XIX secolo che la maggior parte degli stati promulgano leggi contro la schiavitù e la tratta di schiavi, ultimi in ordine di tempo gli Stati Uniti, nel 1865, la Spagna nel 1870 e il Brasile nel 1888. Il primo trattato internazionale che riguarda la schiavitù è del 1926, promulgato dalla Società delle Nazioni e ripreso nella Dichiarazione dei diritti umani del 1948. Questi i passi storici fondamentali. La schiavitù oggi Finora si è parlato però di schiavitù in senso stretto, che contempla la proprietà dell'uomo su un altro uomo e da qui il diritto di decidere della sua vita. Ma nell'ultimo cinquantennio ricorrenti denunce provenienti da diverse fonti testimoniano che la schiavitù, lungi dall'essere scomparsa dal mondo contemporaneo, ha assunto altre forme, spesso più difficili da sradicare. Da qui la necessità di una seconda Convenzione, promulgata dall'Onu del 1956, che condanna anche tutte le pratiche affini allo schiavismo. Lavoro coatto, vendita di donne, bambini e prigionieri di guerra, servitù della gleba sono le forme più diffuse, ma nelle forme assimilabili alla schiavitù secondo la convenzione del 1956, rientrano anche il prestito su pegno e l'usura - in quanto spesso conducono a un obbligo illimitato e sproporzionato alla natura del debito nei confronti del creditore - o la speculazione e il traffico su persone che vogliono emigrare dalla loro patria. I soggetti più esposti sono da sempre quelli più deboli, quindi bambini, donne - i cui diritti non sono adeguatamente difesi in molti paesi -, minoranze etniche, popolazioni ridotte all'estrema povertà. Vere e proprie forme di schiavitù sopravvivono poi in alcuni paesi in guerra, dove i prigionieri vengono venduti e i civili costretti a lavorare come schiavi. Ci sono poi le donne obbligate alla prostituzione, uomini e donne costretti al lavoro coatto e da non dimenticare la terribile piaga del lavoro-sfruttamento minorile. Schiavi nella società Fermiamoci a riflettere: che società può nascere da persone che hanno fatto questa esperienza, e nel migliore dei casi ne sono uscite? È’ inutile sostenere che con il tempo il loro passato sarà dimenticato, le catene invisibili che le hanno strette hanno comunque lasciato un segno invisibile dentro, che le porterà ad agire e a relazionarsi con gli altri in modo diverso da quelle che noi definiamo persone normali, comuni. Diffidenza, rabbia, odio, sono sentimenti che si agitano dentro coloro che hanno provato la schiavitù. E come biasimarli? Nel costruire le relazioni con gli altri, la fiducia sarà sempre poca dato che già una volta l’hanno riposta nelle mani sbagliate che poi l’hanno manipolata e ne ha fatto dell’uomo un burattino. La schiavitù ha metaforicamente calpestato l’uomo, lo ha privato del più grande diritto che è quello della libertà, sotto vari aspetti, gli ha tolto l’orgoglio e la dignità. Nell’antichità gli schiavi valevano come oggetti, venivano scambiati, venduti e barattati, ora non sono più oggetti, sono mezzi economici. E si, perché con l’evoluzione della società si è evoluto tutto ciò che la compone e tutto ciò che ne fa parte, sia esso aspetto positivo o negativo. E la razza umana, anzi noi, abbiamo ancora molto da imparare per quel che riguarda il rispetto, che non dovrebbe mai essere un optional. Art. 32 Gli Stati parti riconoscono il diritto del fanciullo di essere protetto contro lo sfruttamento economico e di non essere costretto ad alcun lavoro che comporti rischi o sia suscettibile di porre a repentaglio la sua educazione o di nuocere alla sua salute o al suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale. 2. Gli Stati parti adottano misure legislative, amministrative, sociali ed educative per garantire l'applicazione del presente articolo. A tal fine, e in considerazione delle disposizioni pertinenti degli altri strumenti internazionali, gli Stati parti, in particolare: • stabiliscono un'età minima oppure età minime di ammissione all'impiego; • prevedono un'adeguata regolamentazione degli orari di lavoro e delle condizioni d'impiego; • prevedono pene o altre sanzioni appropriate per garantire l'attuazione effettiva del presente articolo; (Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia) Art. 34 Gli Stati parti si impegnano a proteggere il fanciullo contro ogni forma di sfruttamento sessuale e di violenza sessuale. A tal fine, gli Stati adottano in particolare ogni adeguata misura a livello nazionale, bilaterale e multilaterale per impedire: • che dei fanciulli siano incitati o costretti a dedicarsi a una attività sessuale illegale; • che dei fanciulli siano sfruttati a fini di prostituzione o di altre pratiche sessuali illegali; • che dei fanciulli siano sfruttati ai fini della produzione di spettacoli o di materiale a carattere pornografico. Art. 36 Gli Stati parti proteggono il fanciullo contro ogni altra forma di sfruttamento pregiudizievole al suo benessere in ogni suo aspetto. (Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia) • "Il lavoro infantile ha conseguenze serie che permangono nell'individuo e nella società oltre gli anni dell'infanzia. I giovani lavoratori non solo affrontano condizioni di lavoro pericolose, ma anche stress fisici, intellettuali ed emotivi. Essi sono destinati ad una vita adulta di disoccupazione e analfabetismo.“ Kofi Annan, Segretario Generale delle Nazioni Unite. • "Noi non abbiamo tempo per gli studi e l'istruzione, per giocare e riposare, siamo esposti a condizioni lavorative pericolose e non siamo protetti.“ Forum contro le più intollerabili forme di lavoro infantile, Bangkok, 1997 Molti bambini nel mondo vivono sotto la soglia della povertà che li costringe a lavorare fin da giovanissimi per procurarsi un po’ di cibo per sopravvivere, e anche per mantenere la famiglia. Lavori duri, pesanti, mal pagati, li rendono schiavi e minano la loro salute. Questi bambini sono vittime anche di violenze sessuali, torture; vengono privati di organi, venduti ai ricchi offerenti; sono coinvolti nelle guerre e sono costretti a combattere. L’articolo 36 della Convenzione sui diritti dell’infanzia dice che il bambino/a, deve essere protetto da ogni forma di sfruttamento. In molti paesi questo diritto non viene rispettato, soprattutto nei paesi meno sviluppati (del Sud del mondo). I bambini vengono sfruttati o sessualmente o per lavori gravosi alla loro salute. I bambini “schiavi” sfruttati lavorano: in miniere, cave, fornaci, vetrerie, nelle fabbriche di caffè o fiammiferi, nella raccolta rifiuti, nel trasporto pesi, servi in famiglie ricche. Vengono anche impegnati nelle guerre, come soldati, viene violato l’articolo 38 della Convenzione sui diritti dell’infanzia. Lavorano in piantagioni di caffè, cacao o zucchero. Alcuni scompaiono ed i loro organi vengono venduti a ricchi occidentali. Il lavoro o la vendita di questi bambini permette alla famiglia di sopravvivere. Molti altri lavori devono fare questi bambini oppure vivere in mezzo alla strada; in Brasile questi bambini vengono chiamati meninos de rua e sono dei bambini tra i cinque e i diciassette anni che svolgono piccoli lavori nei centri urbani e non possono andare a scuola.Gli squadroni della morte mandati dal governo li ammazzano. Il continente in cui il lavoro minorile è maggiore è l’Asia, seguita da Africa e America.Molti di questi bambini lavorano per le multinazionali e molto altro; per questo si sta incoraggiando la vendita dei prodotti equo-solidali che paga ad un giusto prezzo il lavoro (espellendo il lavoro minorile). Molte associazioni si occupano per fare in modo che tutto questo non succeda più: come l’UNICEF, l’ONU, Amnesty Internetional e molte altre. EUROPA ASIA AFRICA AMERICA LATINA FRANCIA Seba. Una giovane donna costretta a lavorare in una casa in condizioni brutali. PAKISTAN Latif ( 11 anni). Cucitore di palloni. SENEGAL El Hadj Diouf ( 11 anni). Mendica per guadagnare dei soldi. PERU’ Pedro ( 10 anni). Fa lo spaccapietre. ITALIA Huang ( bambino cinese di 15 anni). Otto ore alla macchina da cucire. TAMIL NADU Sona. (13 anni). È costretta a produrre sigarette. RUANDA Iykalemye Michel (14 anni). Bambino sulla strada. BOLIVIA Flavio (12 anni). Fa il bigliettaio e l’ autista, in un minibus. NEPAL Guri ( 9 anni). Tessitrice in un laboratorio di Katmandu. MAURITANIA Bilal ( 20 anni). Schiavo di un signore, il suo padrone, lavava, puliva la sua casa, badava ai cammelli e alle capre, teneva l’ orto, andava a prendere l’ acqua al pozzo. Insomma, un lavoro faticosissimo per una paga indegna. BRASILE 1 Cesar ( 14 anni). Un ragazzo di strada. SIERRA LEONE PERU’ Carlos ( 13 anni ). Lavorò vendendo ghiaccioli e poi sulla strada. Jog Raj Gura Gain (12 anni ). Lavora nella piantagione di tè di Butabari. INDIA Bambini che fabbricano fuochi d’artificio e fiammiferi. Un ex bambino soldato. Fabiola (15 anni ).Ebbe un’ infanzia difficile, prima sulla strada e poi fino a prostituirsi. I dati della tabella precedente sono testimonianze tratte da una raccolta di storie di vita “ BAMBINI E BAMBINE LAVORATORI RACCONTANO…” Manitese, Cres, 1998. Questo fascicolo è stato dedicato a Iqbal Masih, che il 16 aprile del 1995 venne assassinato per il suo impegno sociale in difesa dei bambini lavoratori nell’ industria dei tappeti. Aveva solo dodici anni e lavorava da sei, per riscattare un debito di famiglia. Molti bambini dell’ Africa , dell’ America Latina e dell’ Asia sono obbligati a lavorare in pessime condizioni per saldare il debito di famiglia o semplicemente per poter sopravvivere . Milioni di bambini e di bambine vivono , lavorano, corrono enormi pericoli , subiscono violenze , perdono la vita nelle strade delle grandi e delle piccole città del Sud del mondo; anche nel Nord del mondo il fenomeno è in espansione , come in Francia e anche in Italia. Molti di questi bambini vorrebbero avere una vita più normale, studiare e con il tempo crearsi una buona famiglia; poter giocare nel tempo libero e non essere costretti a dover rubare, essere coinvolti in attività illecite da adulti e organizzazioni criminali . Perché i minori lavorano? • Molti minori lavorano perché le loro famiglie sono povere, ed il loro lavoro è necessario per la loro sopravvivenza. Anche altre discriminazioni di vario tipo, basate su sesso, razza, religione ecc., contribuiscono ad aumentare il lavoro minorile. • Spesso, i minori vengono "assunti" e sfruttati perché, in confronto agli adulti, sono più vulnerabili, costano meno, ed è meno probabile che pretendano salari più alti o condizioni lavorative migliori. Qualche datore di lavoro adduce il pretesto che i bambini sono particolarmente adatti per certi tipi di lavori perché più piccoli o con "dita più agili". • Per molti è impossibile andare a scuola. L'istruzione può costare parecchio ed alcuni genitori ritengono che ciò che i loro figli potrebbero imparare sia inutile nella loro vita quotidiana e per il loro futuro. In molti casi la scuola è oggettivamente inaccessibile e/o le lezioni si tengono in una lingua che il bambino non conosce. • Il lavoro minorile è un prodotto della povertà e contribuisce anche a riprodurla. Molti bambini che lavorano non hanno la possibilità di andare a scuola e spesso diventano adulti non qualificati, intrappolati in lavori mal pagati, e a loro volta chiederanno ai propri figli di contribuire al reddito familiare. Quanto è grande il problema? • L'Organizzazione Internazionale del Lavoro stima a 246 milioni i lavoratori bambini di età compresa tra i 5 e i 17 anni • Si stima che 179 milioni lavorino nelle situazioni lavorative peggiori per i minori; un bambino lavoratore su 8 della popolazione mondiale ha tra i 5 e i 17 anni • 111 milioni di minori al di sotto dei 15 anni lavorano in condizioni di grande rischio e dovrebbero "cessare di lavorare immediatamente" • 8,4 milioni di minori sono vittime della schiavitù, della tratta degli esseri umani, del lavoro per debito o di altre forme di lavoro forzato, del reclutamento forzato in conflitti armati, prostituzione, pornografia ed altre attività illecite • Le ragazzine sono particolarmente richieste per i lavori domestici • Circa il 70% dei lavoratori minori svolgono attività non retribuite lavorative per le loro famiglie. In Italia Rientriamo tra i paesi più sviluppati eppure anche qui i dati del lavoro minorile sorprendono (347.579 bambini che lavorano). Dove sono tutti questi baby lavoratori, che noi non riusciamo a vedere?! Eppure ci sono, magari nascosti dietro a qualche euro di guadagno. ALCUNI DATI I BABY LAVORATORI La ricerca della Cgil : i baby lavoratori sono 400 mila, 227 mila nel Sud Riccardo De Gennaro da “ la Repubblica” 3.11.2000 Prima Campania, seconda Sicilia, terza Puglia, quarta Lombardia. E’ questa la testa della classifica della vergogna, quella per regioni del lavoro minorile. Sono 227 mila i bambini che lavorano nel Sud, 141 mila quelli del Nord, stima la Cgil. Il numero .delle bambine si avvicina molto a quello dei bambini : 175 mila contro 200 mila circa. Nel Mezzogiorno i bambini lavorano per conto terzi, nel Centro- Nord più che altro nelle microimprese familiari. Ed è qui che sono più sfruttati : lavorano più ore e più spesso nelle fasce orarie cosidette “insalubri”, prima delle sette del mattino, dopo le otto di sera. Viceversa i bambini del Sud cominciano a lavorare più presto : i casi di minori che cominciano a 7-8 anni si trovano in Campania e Puglia. Se non è la miseria materiale (“ devo aiutare papà e mamma” dice buona parte dei seicento bambini interpellati dai ricercatori), la causa del lavoro minorile è la miseria culturale (“ la scuola è tempo perso, i soldi mi servono per farmi il telefonino”, ribatte un secondo gruppo). Di chi è la colpa ? La ricerca della Cgil individua tre colpevoli : la famiglia, il territorio, la scuola. Da un lato i bambini che lavorano sono completamente schiacciati dal modello culturale imposto loro dalla famiglia, dall’altro non trovano aiuto nella scuola. Che tipo di lavoratori saranno nei prossimi anni ? E’ facile prevederlo : lavoratori marginali, precari, nuovamente sfruttati. Se non si interviene, la loro vita sarà sempre un calvario. Di Giorgia Toniato