LA RELATIVITÀ
e il
RELATIVISMO
L’ETERE, LA SIMULTANEITÀ, LA
CAUSALITÀ E LE TEORIE
EQUIVALENTI
Prof. Donato Antonio Carpato
Liceo Scientifico Statale “Galileo Galilei” Manfredonia
PREMESSA
•
Era il 1905 quando, il giovane impiegato all’ufficio brevetti di Berna, Albert Einstein
rese partecipe la comunità scientifica delle sue scoperte e delle sue teorie con le
quali si potevano interpretare i fenomeni microscopici e la natura dello spazio e del
tempo. Il lavoro che qui presento non vuole essere certamente una descrizione
dettagliata e tantomeno compiuta dell’immenso pensiero scientifico e filosofico di
Einstein, soprattutto per quegli aspetti riguardanti lo spazio e il tempo, ma vuole
invece cercare di esporre in modo chiaro e semplice quali possano essere stati i
propositi, le idee e le immaginazioni di un grande della scienza, in alcuni momenti
molto sicuro di sé ed altre volte preso dal dubbio sulla transitorietà delle teorie
scientifiche. Non si può parlare della vita e della scienza di Einstein senza fare
riferimento al contesto socio culturale in cui visse e da cui germogliarono le sue
idee. Ad un certo punto ho voluto esplicitamente mettere in evidenza le
contraddizioni in cui la teoria della Relatività Ristretta è caduta, gli studi e gli
approfondimenti che da allora continuano su tali aspetti contraddittori da parte
degli specialisti del settore.
2
PREMESSA
•
Mi riferisco espressamente ai concetti di etere e sincronizzazione degli orologi,
alla simultaneità temporale e ai paradossi causali. Significativi sono gli studi
che alcuni scienziati di problemi fondazionali della scienza conducono sul
concetto di simultaneità assoluta. Il mio interesse si è indirizzato sul fisico
italiano Franco Selleri che ho avuto il piacere di conoscere personalmente
durante i miei studi universitari e di cui ho appreso le sue idee sulla filosofia
della scienza solo in tempi successivi, durante le lezioni di un Corso di
Perfezionamento in Didattica della Fisica. Il mio lavoro si è pertanto dedicato
nella seconda parte alla “Relatività Debole” di Selleri per mostrare le analogie
e le differenze con la Relatività Ristretta di Einstein e con le teorie dei suoi
contemporanei Lorentz e Poincaré. Ribadisco, senza peccare di modestia, che il
mio è il lavoro di un appassionato di scienza nei suoi contesti storico filosofici.
Gli aspetti descritti potranno essere approfonditi attraverso lo studio e la
consultazione delle opere riportate in bibliografia e la lettura delle opere di
Einstein. Desidero esprimere un ringraziamento al collega Luca Torre, docente
di Storia e Filosofia, esperto di filosofia della scienza e collega nel mio istituto,
per i chiarimenti e le spiegazioni sugli aspetti filosofici in particolar modo per
quelli riferiti a Mach e al neopositivismo.
3
CAPITOLO 1
INTRODUZIONE E
PRIMI CONCETTI
4
Gerard Holton
Einstein, la teoria della relatività ristretta
Tratto dall'intervista "Einstein e la fisica del XX secolo" - U.S.A., Cambridge, Harvard University,
lunedì 1 giugno 1992. ENCICLOPEDIA DELLE SCIENZE FILOSOFICHE. RAI EDUCATIONAL.
• DOMANDA: Prof. Holton, perché la teoria di Einstein
venne chiamata teoria della relatività? Era proprio
questa la denominazione che si proponeva Einstein?
• Mentre, nel riordinare gli archivi dell'Istituto di
Princeton, stavo passando in rassegna una gran mole di
documenti, quasi tutti inediti, m'imbattei in una lettera
di risposta da lui scritta, negli ultimi anni della sua vita,
a qualcuno che, in una precedente missiva, gli aveva
rivolto la seguente domanda: "Perché l'avete chiamata
teoria della relatività?" "Ebbene - egli rispose - io non
l'avevo chiamata così; fu Max Planck, l'unico ad aver
davvero capito la relatività fin da subito, a darle quel
nome l'anno seguente".
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Gerard Holton
Einstein, la teoria della relatività ristretta
Tratto dall'intervista "Einstein e la fisica del XX secolo" - U.S.A., Cambridge, Harvard University,
lunedì 1 giugno 1992. ENCICLOPEDIA DELLE SCIENZE FILOSOFICHE. RAI EDUCATIONAL.
• Il suo corrispondente diceva: "La si sarebbe
dovuta chiamare "teoria dell'invarianza"
(Invariantentheorie)". "Sì - rispondeva Einstein
- proprio così, perché il mio vero e unico scopo
era di trovare qualcosa in natura che fosse
invariante dal punto di vista dell'osservatore;
ma è troppo tardi ormai - aggiunge - e non c'è
più niente che si possa cambiare, sicché vi
tocca vivere colla teoria della relatività
speciale".
6
EISTEIN E I SUOI CONTEMPORANEI
L’accettazione della relatività ristretta
• Fino al 1911 pochi scienziati contemporanei capirono veramente la
relatività di Einstein.
• Quantunque gli aspetti sperimentali non erano favorevoli alla teoria di
Einstein, nondimeno la stessa non poteva venire falsificata
sperimentalmente.
• Solo Max Planck a Berlino prese le difese della teoria di Einstein offrendo
la propria disponibilità alla pubblicazione di quell’articolo poco
convenzionale inviato agli Annalen der Physik.
• Planck era consulente editoriale della rivista mentre l’editore era Paul Karl
Ludwig Drude (1863 – 1906), un fisico famoso proprio per i suoi studi sulla
luce e sull’etere. Fino a pochi tempi prima tutti gli articoli dovevano essere
inviati a Paul Drude a Giessen dove questi lavorava prima di essere
trasferito a Berlino.
• “Si può soltanto ipotizzare la sorte che avrebbe potuto essere qui riservata
al manoscritto einsteniano”.
(G. Holton, Einstein e la cultura scientifica del XX secolo, Il Mulino,1991.)
7
EISTEIN E I SUOI CONTEMPORANEI
L’accettazione della relatività ristretta
• Negli anni in cui Einstein sviluppava la sua teoria, altri scienziati
conducevano studi sperimentali e teorici sul moto degli elettroni in
campi elettrici e magnetici.
• Il fisico sperimentale Walter Kaufmann (1871 – 1947) nel 1901
pubblicò un articolo sulla deflessione dei raggi beta in campi
elettrici e magnetici e indirettamente
spinse il fisico teorico Max Abraham
(1875 – 1922) a formulare un modello
teorico. L’elettrone è una piccola sfera
rigida e la sua massa ha una origine
puramente elettromagnetica.
Abraham fornì la relazione analitica
tra energia e massa e tra quantità di
moto e massa.
Max Abraham
8
EISTEIN E I SUOI CONTEMPORANEI
L’accettazione della relatività ristretta
• Gli sviluppi teorici progredivano e Kaufmann nel 1906 con
nuove tecniche sperimentali arrivò ad affermare che la teoria
di “Einstein – Lorentz”* era scorretta nell’interpretare la
relazione tra energia e massa.
* (I modelli di Einstein e Lorentz pur partendo da ipotesi, per alcuni aspetti del tutto
differenti, fornivano le medesime interpretazioni.)
• La relazione corretta era quella di Abraham, perché si
accordava perfettamente con i suoi nuovi dati sperimentali.
• Lorentz e Poincarè rimasero sconcertati e turbati. Planck
dimostrò che lo studio di Kaufmann non era del tutto privo di
equivoci, ma non riuscì a convincere altri fisici.
9
EISTEIN E I SUOI CONTEMPORANEI
L’accettazione della relatività ristretta
• Quando Einstein nel 1907 propose alla facoltà di
fisica di Berna la memoria del 1905 sulla relatività
come Habilitationsschrift per ottenere
l’insegnamento come Privatdozent, gli venne posto
un netto rifiuto.
• Ma Einstein non fece alcun commento sui lavori di
Abraham e Kaufmann fino a quando spinto dal fisico
Johannes Stark rispose alla sfida in un articolo che
venne pubblicato nel 1908.
10
EISTEIN E I SUOI CONTEMPORANEI
L’accettazione della relatività ristretta
• Einstein fu irremovibile dalle sue posizioni: “Il signor
Kaufmann ha determinato, con ammirevole precisione, la
relazione fra la deflessione elettrica e quella magnetica dei
raggi beta …. Usando un metodo indipendente, il signor
Planck ha ottenuto risultati che concordano pienamente con i
calcoli di Kaufmann …. Si deve inoltre notare che le teorie di
Abraham e Bucherer forniscono curve che si adattano alla
curva empirica considerevolmente meglio della curva derivata
dalla teoria della relatività. Tuttavia, a mio giudizio, queste
teorie sono alquanto improbabili poiché le loro ipotesi di base
sulla massa dell’elettrone in moto non sono avvalorate da
sistemi teorici che comprendono classi più vaste di fenomeni.”
(A. Pais, Sottile è il Signore, Bollati Boringhieri, 1986)
11
EISTEIN E I SUOI CONTEMPORANEI
L’accettazione della relatività ristretta
•
Non molto tempo dopo che Einstein aveva espresso la sua opinione, Alfred
Heinrich Bucherer (1863 – 1927) in suo studio confermò la relazione
E   mc 2 della relatività ristretta. Nel suo esperimento gli elettroni si
muovevano con velocità pari a due terzi di quella della luce e riuscì a discriminare
tra modello di Abraham e Relatività Ristretta di Einstein.
•
Nel 1912 il fisico Wilhelm Karl Werner Wien (1864 – 1928) scriveva: “Quanto ai
nuovi esperimenti sui raggi catodici e i raggi beta, sarei dell’opinione che non
abbiano valore di prove definitive. Tali esperimenti sono assai delicati, e non si può
esser certi che siano state eliminate tutte le fonti di errore.”
(A. Pais, Sottile è il Signore, Bollati Boringhieri, 1986)
•
Gli esperimenti decisivi a favore della teoria di Einstein si ebbero negli anni dal
1914 al 1916. Come ebbe a dire Pauli, Kaufmann sopravvalutò le proprie misure
sperimentali.
12
L’onestà intellettuale di Albert Einstein
Transitorietà delle creazioni scientifiche
• Ma comunque l’ostinazione intellettuale
che Einstein manifestò nel caso delle
esperienze di Kaufmann non si tramutò
mai in assolutismo scientifico.
• Nel 1949 Einstein rispose all’amico
Maurice Solovine che gli aveva inviato
una lettera affettuosa di auguri per il
settantesimo compleanno.
13
L’onestà intellettuale di Albert Einstein
Transitorietà delle creazioni scientifiche
• Einstein diceva: “Lei immagina che io guardi con serena
soddisfazione all’opera della mia vita. Vista da vicino,
però, la realtà è ben diversa. Non c’è una sola idea di
cui io sia convinto che sia destinata a durare, e neppure
sono sicuro d’essere sulla buona strada. …..
• Sarà certo una questione di mode e di angustia di
orizzonti, ma la sensazione del fallimento mi viene da
dentro. Né potrebbe essere altrimenti, per chi abbia un
briciolo di spirito critico e di onestà intellettuale, e quel
tanto di ironia e di modestia che ti consentono un
giudizio equilibrato, libero da influenze esterne.”
(Lettera a Maurice Solovine, 28 marzo 1949. Albert Einstein, Opere scelte, 1988 Bollati Boringhieri.)
14
La struttura della
relatività di Einstein
I postulati della relatività
1°) Il principio di relatività
2°) La costanza della velocità della luce
Le trasformazioni di Lorentz
Ritardo degli orologi
La contrazione delle lunghezze
La relatività della simultaneità
15
CAPITOLO 2
L’ANNO MEMORABILE
(NON SOLO RELATIVITÀ).
16
EINSTEIN. I suoi studi e la sua
formazione.
• Albert Einstein nacque in Germania, a Ulm, nel 1879. Il padre, che
possedeva un piccolo laboratorio elettrochimico, si trasferì con la famiglia
a Monaco nel 1880.
• Qui Einstein compì gli studi inferiori con scarso successo. Il cattivo
rendimento si spiegava con l’impostazione repressiva del sistema
educativo ed un suo insegnante soleva ripetergli: “Tu non sarai mai nulla”.
• Tale impostazione repressiva lo portò ad una tale forma di rigetto che,
superati gli ultimi esami finali, le questioni di fisica sulle quali aveva per
tanto tempo immaginato e fantasticato sembravano non più interessargli.
• Ad un certo punto l’azienda di famiglia cominciò ad avere problemi ed un
rappresentante per l’Italia propose il trasferimento delle attività in quella
nuova nazione. Einstein in un primo momento rimase a Monaco, ma poi
raggiunse i genitori a Pavia. Qui prese la decisione di trasferirsi ad Aarau
nella Svizzera tedesca.
17
EINSTEIN. I suoi studi e la sua
formazione.
Einstein avrebbe in seguito affermato:
“Questa scuola ha lasciato su di me un’impronta
incancellabile per l’atmosfera liberale e per la sincera
premura degli insegnanti, che non facevano in alcun
modo ricorso all’autorità esteriore.”
(A. Pais, Sottile è il Signore, Bollati Boringhieri, 1986)
Il 28 gennaio 1896 Einstein ricevette un documento che
attestava che non era più cittadino tedesco e dopo aver
superato l’esame di maturità si iscrisse al Politecnico di
Zurigo. Al termine degli studi avrebbe conseguito
l’abilitazione all’insegnamento di matematica e fisica.
18
EINSTEIN. I suoi studi e la sua
formazione.
• Albert Einstein dopo aver conseguito nel 1900 il diploma, avrebbe voluto
diventare insegnante universitario ma non riuscì a farsi accettare come
assistente da uno dei docenti del Politecnico.
• Il docente in questione era Heinrich
Friedrich Weber (1843 – 1912), successore di
Clausius alla cattedra di Fisica Tecnica e Matematica
dal 1875 fino al 1912, le cui lezioni di fisica teorica
non erano state molto appezzate dal giovane Einstein.
Weber si appassionava allo studio sperimentale
dei fenomeni elettrici e magnetici ma non dedicava
molto spazio alla moderna teoria elettromagnetica di
Maxwell.
• Einstein desiderava preparare la sua tesi di dottorato
sotto la supervisione di Weber nel campo della termoelettricità ma dopo
un litigio tra i due il progetto non andò in porto.
19
EINSTEIN. I suoi studi e la sua
formazione.
• In una lettera all’amico Marcel Grossmann Einstein diceva:
“Sono dai miei genitori [a Milano] da tre settimane per
cercare da qui un posto di assistente in un’università. Ne
avrei trovato uno molto tempo fa se Weber non si fosse
comportato scorrettamente nei miei confronti.”
(A. Pais, Sottile è il Signore, Bollati Boringhieri, 1986)
• Dopo una breve esperienza di insegnante supplente in un
Istituto Tecnico di Winterthur e in una scuola privata di
Sciaffusa , grazie all’interessamento del padre dell’amico
Grossmann lavorò all’ufficio brevetti di Berna, dal 1901 al
1909.
• Proprio durante questi anni si occupò attivamente di fisica
e tale impegno culminò nel 1905 .
20
1905
ANNO MEMORABILE
21
ANNUS MIRABILIS
• Il 1905, proprio per la grande impresa compiuta dal
fisico tedesco, è ricordato come “l’anno memorabile di
Einstein”.
• Nel 1666 il poeta John Dryden per celebrare la vittoria
della flotta inglese su quella olandese e la
sopravvivenza della città di Londra al “Grande
Incendio” scrisse la poesia dal titolo Annus Mirabilis:
The Year of Wonders.
• L’espressione venne poi utilizzata per celebrare l’attività
scientifica di Isaac Newton il quale durante lo stesso
anno pose le fondamenta del suo modo di intendere il
calcolo infinitesimale.
22
ANNUS MIRABILIS
• A giusta ragione ecco perché anche l’anno
1905 viene ricordato con la stessa
espressione, infatti da allora non si è più
assistito ad un processo rivoluzionario dal
punto di vista intellettuale e scientifico così
importante i cui contributi siano stati prodotti
da una sola persona.
23
I LAVORI DEL 1905
• Il lavoro intellettuale prodotto da Albert Einstein nel 1905,
composto da cinque pubblicazioni inviate tutte alla rivista tedesca
“Annalen der Physik”, si suddivide per gli argomenti affrontati in tre
settori che vengono di seguito elencati insieme ai titoli delle relative
pubblicazioni:
• Einstein, il moto browniano e l’esistenza delle molecole.
• Una nuova determinazione delle dimensioni molecolari.
• Sul moto di piccole particelle in sospensione nei liquidi a riposo come prescritto
dalla teoria cinetico - molecolare del calore.
• Einstein e la teoria speciale della relatività. Un nuovo modo di
concepire la relazione tra spazio e tempo.
• Sull’elettrodinamica dei corpi in movimento.
• L’inerzia di un corpo dipende dal suo contenuto di energia?
• Einstein e l’effetto fotoelettrico. L’ipotesi dei quanti di luce.
• Su un punto di vista euristico relativo alla produzione e trasformazione della
luce.
24
NON SOLO RELATIVITÀ
• Prima di addentrarci nelle questioni
relativistiche descriviamo brevemente
quello che Einstein arrivò a definire con gli
altri lavori del 1905.
• Albert Einstein è universalmente
riconosciuto come il padre della teoria della
relatività, ma i suoi contributi alla teoria
cinetico molecolare e alla meccanica
quantistica sono comunque di notevole
rilevanza.
25
MOTO BROWNIANO
• Sul moto di piccole particelle in sospensione nei liquidi a
riposo come prescritto dalla teoria cinetico - molecolare del
calore viene pubblicato nel luglio 1905 ed Einstein fornisce
una predizione del numero e della massa delle molecole
presenti in un definito volume di liquido e del loro
movimento. Il termine “moto browniano” prende il nome
dal botanico Robert Brown che agli inizi del secolo
diciannovesimo osservò al microscopio il procedere a zig
zag delle particelle di polline in sospensione nell’acqua ed
oggi ogni moto casuale (“random”) di componenti
microscopici viene chiamato moto browniano. Einstein
riuscì a spiegare il moto browniano attribuendolo al
movimento delle particelle d’acqua che trascinavano con
se le particelle di polline.
26
EINSTEIN E I QUANTI
• Un contributo più significativo viene fornito da Einstein
alla teoria dei quanti che, successivamente
formalizzata, prenderà il nome di meccanica
quantistica .
• L’articolo Un punto di vista euristico relativo alla
generazione e alla trasformazione della luce viene
completato in marzo. Einstein spiega teoricamente
l’effetto fotoelettrico, fenomeno per cui una lamina
metallica investita dalla luce emette elettroni.
• Introduce il concetto di quanto di luce, particella di
luce, e contribuisce ad ampliare l’idea di Max Planck
che spiegava lo spettro del corpo nero.
27
IL CORPO NERO
• Si definisce corpo nero, un corpo capace di
assorbire tutta la radiazione incidente su di
esso. La realizzazione pratica del corpo nero è
rappresentata dalla superficie di un piccolo
foro praticato sulla parete di un corpo cavo di
materiale refrattario le cui dimensioni lineari
sono molto più grandi del foro.
28
MAX PLANCK
• Il fisico Max Planck (1858 – 1947) cercò di
spiegare la radiazione del corpo nero, ma il suo
interesse si spiegava con il suo rifiuto
iniziale della meccanica statistica.
Planck rifiutava di attribuire al secondo
principio della termodinamica un valore
statistico ed in questo contesto si sforzò
di dimostrare lo stesso mediante concetti
elettromagnetici.
Planck ipotizzò che la parete interna del corpo nero fosse costituita da
oscillatori armonici unidimensionali, i quali interagivano con la
radiazione elettromagnetica ed arrivò alla famosa espressione del
potere emissivo che porta il suo nome.
29
MAX PLANCK
• Tra il 19 ottobre e il 14 dicembre del 1900, Planck elaborò
una spiegazione combinatoria teorica della sua espressione
interpolativa per l’irraggiamento.
• “Anche se Planck avesse cessato la sua attività dopo il 19
ottobre del 1900, verrebbe ricordato per sempre come lo
scopritore della legge di radiazione. Ma il fatto che sia
andato oltre dà la vera misura della sua grandezza. Planck
voleva interpretare l’equazione, e ciò fece di lui lo
scopritore della teoria dei quanti.”
(A. Pais, Sottile è il Signore, Bollati Boringhieri, 1986)
• Planck fece l’assunzione che ogni oscillatore della parete
assorbisse ed emettesse energia secondo multipli di una
grandezza fondamentale pari a E  h .
30
I FOTONI
• Un significativo passo avanti venne compiuto nel
1905 da Einstein, per il quale il lavoro compiuto da
Planck poteva assumere il significato di una
discretizzazione dell’energia del campo
elettromagnetico.
• Praticamente nella regione delle alte frequenze la
radiazione del corpo nero si comporta come un gas
di particelle ognuna avente energia E  h , i quanti di
luce; il campo elettromagnetico risulta quindi
“quantizzato”.
31
PLANCK EINSTEIN.
Le rispettive interpretazioni
• Le principali differenze tra le impostazioni di Planck e Einstein
si possono, quindi, riassumere nei seguenti punti:
• Planck aveva utilizzato la relazione tra la densità spettrale del
campo elettromagnetico e l’energia media dell’oscillatore ,
ricavata dalla meccanica e dall’elettrodinamica classiche.
•
Planck aveva introdotto una discretizzazione dell’energia
dell’oscillatore attraverso il passo statistico descritto dalla
distribuzione di elementi di energia tra gli oscillatori.
32
PLANCK EINSTEIN.
Le rispettive interpretazioni
• Einstein aveva introdotto una quantizzazione per il campo
elettromagnetico: l’ipotesi del quanto di luce. Sorgeva allora il
problema se si potesse stabilire una relazione tra la
quantizzazione da parte di Planck e la quantizzazione del
campo da parte di Einstein. Einstein propose di considerare
valida la legge di Planck del 1899 ed affermò che l’energia di
un oscillatore elementare poteva assumere soltanto valori
multipli interi di h e che l’emissione e l’assorbimento di
radiazione da parte della materia avveniva attraverso una
successione di atti elementari, in ognuno dei quali l’energia
scambiata era sempre la stessa e pari ad un quanto di luce h
.
33
ANCORA UN PO’ DI
STORIA
34
EINSTEIN. I suoi studi e la sua
formazione.
• Einstein nel 1909 ottenne finalmente un posto di
assistente all’Università di Zurigo e nel 1911 una
cattedra a Praga.
• Dal 1914 al 1933 rimase a
Berlino.
• Con l’avvento del nazismo fu
costretto ad emigrare negli
Stati Uniti dove rimase fino al
1955 occupando una cattedra di
fisica teorica a Princeton.
35
CAPITOLO 3
FISICA E FILOSOFIA.
RELATIVITÀ E
RELATIVISMO!
MA NON SOLO.
36
RELATIVITÀ E RELATIVISMO
• Ancora oggi in alcuni ambienti scientifici non si fa
distinzione tra teoria della relatività e relativismo. La
prima è una teoria scientifica con i suoi postulati, la
sua struttura logica e la sua base empirica. Il secondo
afferma invece che tutti gli osservatori inerziali sono
equivalenti (in tutti i sensi) l’uno all’altro.
• Pertanto se tutti gli osservatori inerziali sono
equivalenti, le loro osservazioni devono essere
considerate ugualmente valide.
37
RELATIVITÀ E RELATIVISMO
La teoria della relatività speciale di Einstein afferma che:
1. tutti gli orologi in moto devono rallentare il ritmo con
cui scandiscono il tempo;
2. l’etere (Secondo Jean Augustin Fresnel (1788 – 1827)
l’etere è un mezzo in stato di quiete assoluta rispetto
alle stelle fisse. La luce si propaga attraverso l’etere ed
esso non oppone resistenza al moto della Terra) non
esiste, pertanto il movimento è riferibile solo ad oggetti
concreti;
3. il rallentamento degli orologi è sempre relativo ad
osservatori reali ben definiti e c’è perfetta simmetria fra
le conclusioni dei diversi osservatori inerziali.
38
RELATIVITÀ E RELATIVISMO
• Se diversi osservatori O1, O2, …… , On vedono lo
stesso orologio muoversi con velocità v1, v2, ….,vn
tutti osserveranno il suo ritmo rallentato, rispetto ad
un osservatore fermo con l’orologio, secondo
determinati fattori R(v1), R(v2), ….., R(vn) , espressi
tutti dalla stessa funzione della velocità
2
v
R(v)  1  2
c
39
RELATIVITÀ E RELATIVISMO
• Qual è il vero tempo che si deve leggere
sull’orologio?
• La risposta relativistica è che la domanda non ha
alcun senso e che tutti i punti di vista dei diversi
osservatori sono ugualmente validi.
• È la risposta del relativismo che entra nella
descrizione fisica dell’universo.
• Il relativismo di Einstein è di derivazione “positivista”
ed in questo si vede l’influenza di Ernst Mach sul
pensiero di Einstein.
40
EINSTEIN E MACH
• “Fu il mio amico Besso quand’era studente,
circa nell’anno 1897, che richiamò la mia
attenzione sulla Meccanica nel suo sviluppo
storico critico di Ernst Mach. Con la sua
impostazione critica verso i concetti e le leggi
fondamentali questo libro ha esercitato su di
me una impressione profonda e duratura.”
(A. Einstein, Lettera a C. Seeling, 8 aprile 1952. Ripreso da F. Selleri, Lezioni di relatività,
Progedit, 2003.)
41
ERNST MACH
• Ernst Mach (1838 – 1916) dopo
aver conseguito, nel 1860,
il dottorato in fisica
all’Università di Vienna
intraprese una lunga carriera accademica come
docente di matematica e fisica nelle Università di
Vienna, Graz e Praga. Nel 1895 ritornò
all’Università di Vienna come Professore di storia
e teoria di scienze induttive.
42
ERNST MACH E LA SUA
EPISTEMOLOGIA
• La metodologia scientifica di Mach era di
demolizione delle posizioni dogmatiche della fisica
del diciannovesimo secolo ed era legata al suo
empiriocriticismo secondo il quale la scienza era un
insieme di relazioni tra dati sperimentali. Il giovane
Einstein fu affascinato da questo spirito critico.
• Però fu proprio questo miope “fenomenismo” che
non permise a Mach di ammettere, ad esempio,
l’esistenza reale degli atomi e di accettare di
conseguenza la struttura atomica della materia.
43
ERNST MACH E LA SUA
EPISTEMOLOGIA
• Mach influì anche sul pensiero di numerosi pensatori.
Basta ricordare il neopositivismo o empirismo logico
instaurato dal Circolo di Vienna. Il Circolo di Vienna è
stato un gruppo di filosofi e scienziati che si raccolse
attorno a Moritz Schlick negli anni dal 1929 al 1937. Del
Circolo facevano parte Kurt Gödel, Philip Franck,
Friedrich Waissman, Otto Neurath e Rudolf Carnap. Al
Circolo di Vienna si unì anche un gruppo di Berlino i cui
elementi di spicco erano Hans Reichenbach e Richard von
Mises. Il gruppo si sciolse con l’inizio delle persecuzioni
razziali (1938) e quasi tutti continuarono proficuamente
la loro attività soprattutto negli Stati Uniti dove si erano
nel frattempo trasferiti.
44
ERNST MACH E LA SUA
EPISTEMOLOGIA
• Il neopositivismo si costituì attorno alla Società (Verein) Mach
proprio attraverso la lettura delle sue opere.
• Esso è caratterizzato da un atteggiamento negativo e
polemico. Viene negata ogni forma di metafisica in quanto
tutti gli enunciati metafisici sono privi di senso perché non
verificabili sperimentalmente.
• Aderisce alle due tesi proposte da Ludwig Wittgenstein nel
suo Trattato logico filosofico:
1.
gli enunciati che riguardano cose esistenti hanno
significato solo se sono empiricamente verificabili;
2.
esistono degli enunciati veri per il loro stesso contenuto
ma non verificabili, le tautologie; la matematica e la logica
sono insiemi di tali tautologie.
45
EINSTEIN E MACH
• Albert Einstein apprezzò in più occasioni il pensiero di Mach, a volte in
forma riverenziale, mettendo in risalto anche la sua influenza sui fisici del
tempo.
• “Highly esteemed Professor Mach: thank you very much for sending me
the lecture on the law of conservation of work, which I have already read
over with care. Naturally, I am well acquanted with your principal works, of
which I especially admire the one on mechanics. You have had such an
influence on the epistemological views of the younger generation of
physicists that even your current opponents, such as, e. g., Mr. Planck,
would undoubtedly have been declared to be “Machists” by the kind of
physicists that prevailed a few decades ago……. With profound respect,
yours very truly, Albert Einstein”
(Lettera ad Ernst Mach da Berna del 9 agosto 1909.
The Collected Papers of Albert Einstein, Volume 5 The swiss years:
correspondence, 1902-1914. English translation. 1995 Princeton University
Press)
46
EINSTEIN E MACH
• In una successiva lettera Albert Einstein diceva:
• “Highly esteemed Professor Mach: …. All of the things you
wrote to me about you personally were already known to
me, as they are known to all friends of science. I admire
your great energy ….. I am very happy that the theory of
relativity gives you pleasure. ….. Thanking you again with
all my heart for your kind letter, I remain your admiring
student (verehrenderer schüler), Albert Einstein”
(Lettera ad Ernst Mach da Berna del 17 agosto 1909.
The Collected Papers of Albert Einstein, Volume 5 The swiss
years: correspondence, 1902-1914. English translation.
1995 Princeton University Press)
47
EINSTEIN E MACH
• Ma con il passare del tempo Einstein
comincia da allontanarsi dal pensiero di
Mach. Si allontana dal rigoroso
fenomenismo ed empiriocriticismo di
Mach per un realismo, costruttivismo ed
astrattismo in cui la creatività scientifica
si libera dall’empirismo machiano.
48
EINSTEIN E MACH
• “Vedo la grandezza di Mach nel suo scetticismo
incorruttibile e nella sua indipendenza; nei miei anni
giovanili , tuttavia, anche la posizione epistemologica
di Mach mi influenzò grandemente, posizione che
oggi mi sembra essere sostanzialmente insostenibile.
Perché egli non pose nella giusta luce la natura
essenzialmente costruttiva e speculativa del pensiero
e specialmente del pensiero scientifico” (A. Einstein,
Autobiographical notes, in Albert Einstein: Philosopher scientist, a cura di P, A.
Schilpp, Library of Living Philosophers, La Salle, Ilinois, 1949. Ripreso da F. Selleri,
La fisica del novecento, Progedit, 1999 )
49
EINSTEIN E MACH
• Nel 1923 Einstein aggiunge:
“Il sistema di Mach studia le relazioni esistenti fra i
dati dell’esperienza; per Mach la scienza è solo la
totalità di queste relazioni. Questo punto di vista è
sbagliato e in realtà ciò che Mach ha fatto è creare
un catalogo, non un sistema. Nella misura in cui
Mach fu un buon meccanico egli fu anche un filosofo
deplorevole.” (A. Einstein, Nature 112, 253, 1923). Ripreso da F. Selleri,
Lezioni di relatività, Progedit, 2003.
50
IL PRINCIPIO DI MACH
• Non possiamo però non ricordare il contributo, indiretto, di Mach alla
genesi del principio di equivalenza.
• L’inerzia che ogni corpo possiede non ha un’origine metafisica e non è
legato ad un sistema di riferimento privilegiato, lo spazio assoluto di
Newton. Il Principio di Mach (così chiamato da Einstein) afferma: l’inerzia
che ogni corpo possiede e che si manifesta con la reazione al cambiamento
del suo stato di moto è prodotto dalle masse di tutti quegli oggetti
presenti nell’universo che occupano le posizioni più remote. Tutti questi
oggetti remoti formano il sistema delle stelle fisse che vengono idealizzate
come un sistema rigido. Il principio di Mach, insieme alla constatazione
sperimentale che la massa inerziale coincide con la massa gravitazionale ha
portato Einstein ad enunciare il principio d’equivalenza: le forze inerziali
sono provocate da campi gravitazionali di origine cosmica che si
manifestano solo nei sistemi accelerati.
51
IL PRINCIPIO DI MACH
•
In una lettera del 1913 Einstein affermava:
“Highly esteemed Colleague,
You have received a few days ago my new paper on relativity and gravitation, which
is now finally completed after unceasing toil and tormenting doubts. Next year,
during the solar eclipse, we shall learn wheter light rays are deflected by the
sun, or in other words, wheter the underlying fundamental assumption of the
equivalence of the acceleration of the reference system, on the one hand, and
the gravitational field, on the other hand, is really correct. If yes, then – in spite
of Planck’s unjusified criticism – your brilliant investigations on the foundations
of mechanics will have received a splendid confirmation. For it follows of
necessity tht inertia has its origin in some kind of interaction of the bodies,
exactly in accordance with your argument about Newton’s bucket experiment.
……. Albert Einstein”
(Lettera ad Ernst Mach da Zurigo del 25 giugno 1913.
The Collected Papers of Albert Einstein, Volume 5 The swiss years:
correspondence, 1902-1914.
English translation.
1995 Princeton University Press)
52
CAPITOLO 4
I POSTULATI DELLA
RELATIVITÀ RISTRETTA.
53
I POSTULATI DELLA RELATIVITÀ
RISTRETTA
• La teoria della relatività ristretta si basa su due
postulati:
1. Le leggi che regolano i cambiamenti degli stati fisici
sono sempre le stesse, cioè sono indipendenti dal
fatto che questi cambiamenti siano riferiti all’uno o
all’altro di due sistemi di coordinate in moto
traslatorio uniforme
2. Ogni raggio di luce si muove con la velocità ben
definita c sia che sia emesso da un oggetto
stazionario che da un oggetto in moto.
54
IL PRIMO POSTULATO
• Il primo postulato ha origine dalla critica
positivistica negativa nei confronti di spazio e
tempo. L’etere ( su tale questione
ritorneremo espressamente più avanti) non
esiste e siccome lo spazio vuoto non ha
alcuna proprietà fisica non ha senso riferire il
moto al vuoto (visto come il sistema di
riferimento privilegiato). Pertanto tutti gli
osservatori in moto relativo uniforme sono
equivalenti.
55
SI PARLA ANCHE DI
RELATIVITÀ GENERALE E DI
UNIVERSO
56
IL PRIMO POSTULATO NEL CONTESTO
DELLA RELATIVITÀ GENERALE
• Quando nel 1916 Einstein introdusse la Relatività Generale a
tutti parve semplicemente che il primo postulato della
Relatività ristretta venisse esteso anche ai sistemi accelerati,
visto che continuava a permanere la negazione dello spazio e
del tempo. “ Che questo bisogno di covarianza generale che
porta via dallo spazio e dal tempo l’ultimo residuo di
obiettività fisica sia una necessità naturale si vedrà dalla
seguente riflessione. Tutte le nostre osservazioni spazio
temporali si riducono sempre alla constatazione di
coincidenze spazio temporali”. [A. Einstein, “Ann. D. Phys.” 49,
769 (1916)] (A. Pais, Sottile è il Signore, Bollati Boringhieri, 1986)
57
DA GALILEO AL PRINCIPIO DI
EQUIVALENZA
Tuttavia, la Relatività Generale ha la sua origine
1. nel principio di equivalenza: le forze inerziali sono causate
da campi gravitazionali di origine cosmica che si
manifestano nei sistemi accelerati.
Il quale a sua volta ha origine dal
2. principio di Mach: la presenza delle forze inerziali nei
sistemi di riferimento accelerati è dovuta alle stelle lontane.
3. Il quale a sua volta ha origine dall’osservazione empirica
dell’equivalenza tra massa inerziale e massa gravitazionale:
tutti i corpi si muovono allo stesso modo in un campo
gravitazionale (a parità di condizioni iniziali).
58
L’ETÈRE È VERAMENTE FINITO!
Viene pertanto a cadere il concetto di spazio
assoluto di Newton.
L’inerzia si manifesta come proprietà locale
anche nel vuoto e le masse lontane insieme
allo spazio che le divide formano l’universo.
Non è poi così vero che i corpi si muovono
rispetto al nulla. Si muovono rispetto ad un
gigantesco infinito! (L’ETERE?)
59
IL SECONDO POSTULATO
Il postulato della velocità della luce può essere una
conseguenza del principio di relatività.
Infatti le equazioni di Maxwell, che descrivono i comportamenti
di campi elettrici e magnetici, debbono valere in ogni sistema
di riferimento inerziale e da esse si ricava l’equazione di
d’Alembert dei campi. Tale equazione descrive la
propagazione delle onde elettromagnetiche che avviene con
velocità costante c indipendente dallo stato di moto della
sorgente, allora c deve assumere lo stesso valore numerico in
tutti i riferimenti in moto traslatorio.
60
IL SECONDO POSTULATO
1.
2.
3.
Ma Einstein nel 1905 aveva individuato l’esistenza dei fotoni, particelle di luce.
Questo comportava una limitazione della validità delle equazioni di Maxwell.
Einstein fu quindi costretto ad introdurre il secondo postulato della relatività
ristretta.
(È illuminante, a riguardo, leggere la prefazione di Roger Penrose al libro L’anno memorabile di
Einstein. Edizioni Dedalo, 2001.)
La questione relativa al comportamento ondulatorio e/o corpuscolare della materia e delle onde è
tuttora dibattuta.
Ha avuto inizio con Einstein ed è proseguita con Louis de Broglie, Erwin Schrödinger e David Bohm da
una parte e con Niels Bohr, Max Born, Werner Karl Heisenberg e Wolfgang Pauli dall’altra.
I primi erano favorevoli ad un programma causale della meccanica quantistica, quello che secondo il
modello einsteniano si inquadrava nel realismo locale, mentre i secondi avevano fondato la scuola
di Copenaghen e Göttinga con l’interpretazione ortodossa della meccanica quantistica secondo la
quale la funzione d’onda di Schrödinger ha solo un significato probabilistico.
Il dibattito è continuato con studiosi del calibro, ad esempio, di John Stuart Bell e John Archibald
Wheeler e non è ancora finito.
È interessante la lettura di recenti lavori uno a nome di Matthew F. Pusey, Jonathan Barrett e Terry
Rudolph e l’altro a nome di Aurélien Drezet riportati in bibliografia.
Il fatto che i postulati siano due e non uno può forse ritenersi un incidente
storico? (Le teorie scientifiche non sono poi così semplici come i libri di testo
vogliono farci intendere!)
61
CAPITOLO 5
LE TRASFORMAZIONI DI
LORENTZ E LE LORO
CONSEGUENZE PER LO
SPAZIO E IL TEMPO.
62
LE TRASFORMAZIONI DI LORENTZ
Dai due postulati si ricavano le trasformazioni di Lorentz:


x0  v t0
x


v2

1 2

c

 y  y0 z  z 0

vx

t0  2 0
c
 t

v2
1 2

c

e le loro inverse:


x  vt
x

 0
v2

1 2

c

 y0  y z0  z

vx

t 2
c
 t0 

v2
1 2

c

Si suppone che ci sia almeno un sistema di riferimento inerziale
in cui valgono le equazioni di Maxwell e tale sistema sia S0.
Tale sistema lo possiamo chiamare stazionario
63
LE TRASFORMAZIONI DI LORENTZ
Le trasformazioni della relatività ristretta vennero chiamate
trasformazioni di Lorentz per la prima volta da Henri
Poincaré (1854 – 1912), il quale nei suoi lavori (*) colmò
innanzitutto alcune lacune formali del lavoro di Hendrik
Antoon Lorentz (1853 – 1928) del 1904 (**) ed espresse
per la prima volta il principio di relatività. Sulle ipotesi di
Lorentz, il contributo di Poincaré e sul concetto di etere
ritorneremo più avanti.
(*) H. Poincaré, Sur la dynamique de l’électron, Paris C. R. 140, 1504 (1905), Rend. Pal.
21, 129 (1906).
(**) H. A. Lorentz, Electromagnetic phenomena in a system moving with any velocity
smaller than that of light, Amst. Proc. 6, 809 (1904)
64
Le conseguenze delle
trasformazioni
di Lorentz
65
La contrazione delle lunghezze
• Immaginiamo un regolo metallico a riposo nel
sistema di riferimento S in moto con velocità v
rispetto al sistema stazionario S0.
• Nel sistema S le coordinate degli estremi
dell’asta sono x e x  L
• Applicando le trasformazioni di Lorentz
x
x0  vt0
2
v
1 2
c
e
x

xL 
0

 l0  vt0
v2
1 2
c
66
La contrazione delle lunghezze
• Sottraendo la prima dalla seconda si ottiene
v2
L
 l0  L 1  2
2
c
v
1 2
c
l0
• Il regolo visto da S0 appare accorciato per il fattore
v 2 rispetto alla lunghezza che lo stesso ha nel
1 2
c sistema di riposo S.
67
La contrazione delle lunghezze
• Cosa accade se invece il regolo è a riposo nel
sistema S0 ?
• In S0 la lunghezza sarà sempre L.
• Cosa accade per il sistema di riferimento S che
vede scorrere l’asta con velocità –v?
68
La contrazione delle lunghezze
Si applicano le trasformazioni di Lorentz inverse:
x0 
E quindi:
x +vt
2
v
1 2
c
e x0
x  l  +vt

L
v2
1 2
c
v2
L
 l  L 1 2
2
c
v
1 2
c
l
69
La contrazione delle lunghezze
• Il regolo visto da S appare accorciato
2
per il fattore
v
1
c
2
rispetto alla lunghezza che lo stesso
ha nel sistema di riposo S0.
70
La contrazione delle lunghezze
1. Si conclude affermando che la lunghezza di un
regolo è massima nel sistema in cui è a riposo.
2. La contrazione delle lunghezze è un fenomeno
relativistico, paradossale.
3. Nella teoria di Einstein la contrazione è
apparente.
La conclusione è completamente diversa dall’ipotesi
di Lorentz secondo la quale la contrazione era un
fatto reale, in un universo pervaso dall’etere.
71
Ritardo degli orologi
• Un orologio a riposo nel sistema S soddisfa
l’equazione x  0 .
• Nel sistema S0 l’equazione del moto è x0  vt0
• L’equazione del moto di Lorentz riguardante il
v 
tempo fornisce
t   t
2
0
t
• Da cui
t0 
t
v2
1 2
c
2
c 
v2
1 2
c
0
v2
 t0 1  2
c
72
Ritardo degli orologi
• Ripetendo quanto visto per la contrazione
delle lunghezze, supponendo l’orologio a
riposo in S0 ed applicando l’equazione di
v 
Lorentz inversa
t   t
2
t0 
• otteniamo
t
2
2
c
   t 1 v
c2
v2
1 2
c
t0
v2
1 2
c
73
Ritardo degli orologi
• La conclusione è la seguente:
Il passo di un orologio è minimo
nel sistema in cui è immobile
74
UN ASPETTO
FONDAMENTALE CHE
RIGUARDA IL TEMPO: LA
SIMULTANEITÀ.
75
Relatività della simultaneità
Dalle trasformazioni di Lorentz:


x0  v t0
 x
2
v

1 2

c

 y  y0 z  z 0

v x0

t0  2
c
 t
2

v
1 2

c

76
Relatività della simultaneità
• Ponendo t  0 otteniamo
v
e quindi ct0  x 0
c
v x0
t0  2
c 0
2
v
1 2
c
(equazione dell’asse degli spazi x a t=0)
77
Relatività della simultaneità
• Ponendo x  0 otteniamo
e quindi
x0  v t0
v2
1 2
c
0
c
ct0  x 0
v
(equazione dell’asse dei tempi t a x=0)
78
Relatività della simultaneità
79
Relatività della simultaneità
• Due eventi simultanei in S0, A
ed F, all’istante t0 non lo sono
più in S.
• I due eventi si manifestano ai
tempi t1 e t2.
80
FACCIAMO UN VIAGGIO
IN TRENO.
81
Relatività della simultaneità
Il treno di “Landau”
• Un vagone di un treno si muove con velocità v.
• Con S indichiamo il riferimento di un passeggero
solidale con il treno.
• Con S0 indichiamo un riferimento solidale con la
banchina della stazione.
• Un lampo di luce emesso dalla posizione centrale ∑
del treno colpisce due celle fotoelettriche JA e JB che
fanno aprire due porte A e B.
82
Relatività della simultaneità
Il treno di “Landau”
83
Relatività della simultaneità
Il treno di “Landau”
Riferimento S del passeggero in
moto con velocità v
• Per l’osservatore in moto i
lampi di luce, Sa e Sb,
raggiungono le due celle
fotoelettriche JA e JB in
istanti uguali
L
t A  tB 
2c
• L è la lunghezza del vagone
misurata in S
• C è la velocità della luce.
Riferimento S0 del capostazione
• Per l’osservatore S0 la cella
JA viene colpita all’istante
t0 A 
A
c

A
v (dopo il tempo t0A il
treno si è spostato di A)
• Dove
L0
v2
 A    A e L0  L 1  2
2
Dalle due equazioni si ottiene
t0 A 
c
L0
2(c  v)
84
Relatività della simultaneità
Il treno di “Landau”
• Ripetendo lo stesso ragionamento per il lato B
del treno l’osservatore S0 misura
L0
anzi
t0 A  t 0 A
t0 B 
 t0 A
2(c  v)
• Pertanto con la teoria della relatività la
nozione di simultaneità ha perso ogni
carattere assoluto ed è diventata relativa al
sistema di riferimento in cui le misure di
tempo sono state effettuate.
85
Relatività della simultaneità
Il treno di “Landau”
• Facciamo in modo che tra l’arrivo del segnale
alla cella fotoelettrica JA e l’apertura della
corrispondente porta vi sia un ritardo t.
• L’apertura delle due porte saranno separate da
un intervallo temporale pari a
RBA  tB   t A  t   t  0 essendo t A  tB
• Nel sistema di riferimento del capostazione il
t

t

ritardo t diviene
v
0
1
2
c2
86
Relatività della simultaneità
Il treno di “Landau”
• Nel riferimento del capostazione il ritardo tra
l’apertura delle due porte diviene pertanto
R0 BA
 L0

L0
 t 0 B   t 0 A  t 0  

 t 0  
2 c  v  2 c  v

Lv
 t
2
 c
v2
1 2
c
87
Relatività della simultaneità
Il treno di “Landau”
• Se
Lv
t  2
c
2
si ha R0AB>0 , cioè l’ordine
temporale risulta invertito. Per il
capostazione la porta A si apre
prima della porta B, mentre per il
passeggero è vero il contrario.
88
Relatività della simultaneità
Il treno di “Landau”
• Però non sempre R0 BA  0 se RBA  0 , ad esempio
quando t  Lv per una particolare velocità
c
relativa.
L
• Il valore limite si ha per v=c: t  .
c
• Un segnale che collega l’apertura della porta A
con quella della porta B, la cui velocità è u<c è
compatibile con il valore limite appena
individuato t  L  L proprio perché u  c, cioè
u c
diventa del tutto impossibile l’inversione
temporale .
2
89
Relatività della simultaneità
Il treno di “Landau”
• Introduciamo un cambiamento
• Evento A (apertura porta A che avviene nello
stesso istante dell’evento A’)
Evento A’ (rottura di una bottiglia posta
vicino la porta A)
• Evento B (apertura porta B)
Evento B’(partenza di un proiettile)
• L’ordine temporale non si può invertire. La partenza del proiettile non può
seguire la rottura della bottiglia. Questo avviene proprio perché u<c.
90
Relatività della simultaneità
Il treno di Landau
• Se fosse possibile inviare un segnale
con velocità u>c, otterremmo un
ribaltamento temporale degli
eventi. La bottiglia, nel sistema di
riferimento del capostazione, si
romperebbe (evento A’) prima della
partenza del proiettile (evento B’).
91
Relatività della simultaneità
Il treno di Landau
• Nel contesto della relatività
ristretta non è possibile inviare
segnali superluminali (u>c),
altrimenti verrebbe a mancare
l’ordine temporale causa–effetto,
che deve essere lo stesso per tutti
gli osservatori .
92
CAPITOLO 6
APPROFONDIAMO IL
CONCETTO DI
SIMULTANEITÀ.
SINCRONIZZAZIONE.
93
Relatività della simultaneità e
sincronizzazione relativistica
• La relatività della simultaneità è una
conseguenza della sincronizzazione
relativistica.
• Deriva dal postulato che la velocità della
luce è la stessa in tutti i sistemi di
riferimento inerziali.
94
Relatività della simultaneità e sincronizzazione relativistica.
Metodo di sincronizzazione di Einstein.
• Metodo di sincronizzazione di Einstein:
dall’origine di un sistema inerziale al tempo
zero partono in tutte le direzioni impulsi
luminosi localizzati. Quando la luce raggiunge
un punto P a distanza d dall’origine,
l’osservatore posto in P misura un tempo
d
tP 
c
95
CAPITOLO 7
LA VELOCITÀ DELLA LUCE E
IL CONCETTO DI ETERE
NELLA STORIA DELLA FISICA.
96
Il problema dell’etere
• Facciamo un passo indietro e
percorriamo il cammino che portò
all’eliminazione del concetto di etere,
visto come il mezzo attraverso il quale si
propagava la luce e si propagavano le
onde elettromagnetiche.
97
La velocità della luce.
Ole Christensen Römer. (1644 – 1710)
• L’astronomo danese Römer fu il primo
scienziato a calcolare nel 1676 la velocità
della luce.
• Utilizzò delle osservazioni astronomiche
e precisamente le eclissi del satellite di
Giove, Io.
98
La velocità della luce.
Ole Christensen Römer. (1644 – 1710)
99
La velocità della luce.
Ole Christensen Römer. (1644 – 1710)
• Quando il satellite entra nel cono d’ombra di
Giove si verifica l’eclisse.
• Questo fenomeno, visto da Giove, avviene a
intervalli di tempo pari al tempo  di rivoluzione
del satellite.
• I segnali raggiungono la Terra dopo un tempo L/c,
essendo L la distanza Giove – Terra.
• Se l è la variazione di L durante il tempo di
rivoluzione, l’osservatore terrestre vede l’eclisse
durante un intervallo, lentamente variabile, +l/c.
100
La velocità della luce.
Ole Christensen Römer. (1644 – 1710)
• Sulla Terra si osservano tempi di rivoluzione
più lunghi o più corti a seconda che L aumenta
o diminuisce.
• Dalla Terra si osservano n rivoluzioni in un
ln
tempo tn  n  ;
c
• ln è la variazione totale di L durante tale
tempo.
• Bisogna ricavare le due incognite  e ln
101
La velocità della luce.
Ole Christensen Römer. (1644 – 1710)
• Dopo N eclissi che avvengono nel tempo tN in
cui le posizioni Terra – Giove ritornano
alla
t


posizione iniziale si ha lN  0 e N (tN è circa
un anno, trascurando il moto di Giove poiché
la sua velocità è relativamente piccola).
• Contiamo poi il numero N’ di eclissi che
avvengono in sei mesi tra la posizione di
minima distanza e quella di massima distanza
Terra – Giove. È l 3 10 km diametro orbita terrestre
N
8
N'
102
La velocità della luce.
Ole Christensen Römer. (1644 – 1710)
• Pertanto t N '  N '  lN '
c
• Cioè
lN '
c
t N '  N '
• Il valore del ritardo a denominatore è
stato di 17 minuti.
• Römer ottenne il valore c  299793 km s
103
Il problema dell’etere.
Bradley
104
Il problema dell’etere.
Bradley
• Nel 1728 l’astronomo James Bradley
(1693 – 1762) scoprì un movimento
annuo apparente delle stelle sulla sfera
celeste e precisamente osservò
l’aberrazione stellare misurando per un
intero anno la posizione della stella γ
Draconis.
105
Il problema dell’etere.
Bradley
• La stella C ha una direzione
sensibilmente normale al piano
dell’eclittica.
• La distanza dalla terra è x.
• Il tempo impiegato dalla luce per
raggiungere la terra è
x
t
c
106
Il problema dell’etere.
Bradley
• Durante il tempo
x
t
c
un osservatore vincolato alla terra si
sposta da E a E1.
EE1  vt
107
Il problema dell’etere.
Bradley
• L’asse del cannocchiale, che
dovrebbe essere orientato
parallelamente a E1C se la terra fosse
immobile, in E1, deve essere
orientato parallelamente a EC .
• L’aberrazione è
EE1 vt v
 
 
CE1 ct c
108
Il problema dell’etere.
Bradley
• Durante un anno la direzione di v ruota
regolarmente mentre la sua grandezza
resta costante.
• La traiettoria apparente della stella C è
una circonferenza di diametro angolare
uguale a 2 .
• Le misure forniscono il valore

20 '' 104 rad
109
Il problema dell’etere.
Bradley
110
Il problema dell’etere.
Bradley
• Il fenomeno si può spiegare con l’etere.
• La terra, muovendosi attraverso l‘etere
risente di un vento proporzionale alla
velocità. Tale vento sposterebbe la
direzione di propagazione del raggio
luminoso consentendo l’aberrazione.
111
Il problema dell’etere.
Bradley
Ammesso che:
• Esista un mezzo privilegiato attraverso il quale
avviene la propagazione della luce chiamato etere.
• La terra si muova con velocità v rispetto alle stelle
(rispetto all’etere).
• L’aberrazione si osserva solo se la terra è in moto
rispetto all’etere, altrimenti l’effetto è nullo.
•
(Riprenderemo questo punto quando distingueremo tra principio di relatività forte
e principio di relatività debole)
112
Il problema dell’etere.
Bradley
• Se la terra è in moto attraverso l’etere o
trasporterà con sé una quota consistente di
etere, un po’ come accade quando un corpo si
muove in un fluido, o lo lascerà praticamente
indisturbato. Quindi se la terra è in moto
attraverso l’etere generale con velocità v,
attraverso i nostri laboratori trascorrerà, per
così dire, un “vento d’etere” animato dalla
stessa velocità in verso opposto.
113
Arago, Fresnel e il coefficiente di
trascinamento.
• Nel 1810 il francese Jean François
Dominique Arago (1786 – 1853) si
propose di dirimere con un esperimento
l’antica questione della diversa
previsione dei due modelli, corpuscolare
ed ondulatorio, per quanto riguardava la
velocità di propagazione della luce in un
mezzo materiale.
114
Arago, Fresnel e il coefficiente di
trascinamento.
• Osservazione di stelle sotto
particolari condizioni e si prevedeva
un effetto dovuto al moto della terra
rispetto alle stelle dipendente dalla
velocità di tale moto.
115
Arago, Fresnel e il coefficiente di
trascinamento.
• Non si riscontrò l’effetto previsto anzi
non si riscontrò alcun effetto.
• Arago chiese a Jean Augustin Fresnel
(1788 – 1827) se le spiegazioni a tale
comportamento prevedessero un
modello ondulatorio della luce.
116
Arago, Fresnel e il coefficiente di
trascinamento.
• Fresnel rispose nel 1818 ed ipotizzò che l’etere
venisse trascinato parzialmente nei diversi mezzi.
• Secondo Fresnel la densità dell’etere era legata al
coefficiente di trascinamento e all’indice di
rifrazione.
• Per l’aria il trascinamento era nullo in quanto il
suo indice di rifrazione è prossimo a quello del
vuoto, ma per le altre sostanze aumentava
sempre più.
117
Arago, Fresnel e il coefficiente di
trascinamento.
• Fresnel ripropose l’esperimento proposto nel 1776
dal gesuita ragusano Giuseppe Ruggero Boscovič
(1711 – 1787) allo scopo di dirimere la questione dei
due modelli interpretativi.
• Osservazione dell’aberrazione con un telescopio
riempito d’acqua.
3
• Poiché la velocità della luce in acqua è 4 c ,
l’aberrazione dovrebbe risultare 4 3 più grande se si
suppone il vento d’etere, ma Fresnel dimostra che, se
si assume il suo coefficiente di trascinamento,
l’aberrazione rimane invariata.
118
L’esperienza di Armand H. L. Fizeau (1819 – 1896)
(1851)
119
L’esperienza di Fizeau (1851)
• La velocità di un suono che si propaga nell’aria
in moto, tra una sorgente ed un osservatore
fissi, è la somma vettoriale di quella che essa
sarebbe nell’aria in quiete e della componente
della velocità dell’aria secondo la direzione di
propagazione del suono.
• La propagazione della luce in un mezzo
materiale in movimento non obbedisce ad una
legge poi così semplice.
120
L’esperienza di Fizeau (1851)
• I raggi luminosi prodotti da una sorgente
puntiforme S che la lente L1 rende
paralleli, illuminano normalmente due
fenditure ricavate in un diaframma D, poi
attraversano assialmente due tubi
cilindrici T1 e T2 della medesima
lunghezza.
121
L’esperienza di Fizeau (1851)
• Si osserva nel piano focale F della lente L2
l’interferenza dei due fasci luminosi.
• Quando i due tubi sono pieni d’acqua ferma il
sistema di frange di interferenza occupa una certa
posizione.
• Se si mette l’acqua in movimento con velocità w
secondo l’asse dei tubi, nel verso della luce in T1 e in
verso contrario in T2, le frange si spostano
mostrando che il cammino ottico non è più lo stesso
lungo i due tubi.
122
L’esperienza di Fizeau (1851)
c
• La velocità della luce nell’acqua immobile è v 
n
• Con l’acqua in movimento diventa
v- w lungo T2
v + w lungo T
1
e
I tempi impiegati per percorrere la lunghezza dei due tubi sarebbero
l
l
t1 
e t2 
vw
v- w
123
L’esperienza di Fizeau (1851)
Il fascio 2 avrebbe un ritardo rispetto al fascio 1 pari a
t  t2  t1 
Se
w2
v2
l

l
 w
 w
v 1   v 1  
v
 v

( w 10 m s ) allora
2 wl 2wl n 2
t  2 
v
c2

2wl
w2 
2
v 1  2 
 v 
ct
2
2
wl
n
Con uno spostamento di frange pari a  


c2
124
L’esperienza di Fizeau (1851)
L’esperienza fornisce un valore inferiore
1 

 '   1  2 
 n 
 0, 437 per l ' acqua 
come se la velocità della luce non fosse
ma
c
w
n
c
1 

 w 1  2 
n
 n 
1 

k  1  2 
 n 
è il coefficiente di trascinamento di Fresnel
delle onde luminose da parte della materia in moto
125
L’esperienza di Fizeau (1851)
L’apparenza di un trascinamento delle
onde luminose nella materia e il
valore del coefficiente k erano stati
previsti, assimilando l’etere a un
2
solido elastico n volte più denso
nella materia che nel vuoto.
126
CAPITOLO 8
COME LA RELATIVITÀ SI
COMPORTA CON L’ETERE.
127
L’aberrazione stellare e la relatività di
Einstein
• Consideriamo un sistema K solidale
con la stella S. (Per semplicità
bidimensionale con gli assi y verticale
ed x orizzontale)
• L’impulso proveniente dalla stella ha
componenti v x  0 e v y  c
128
L’aberrazione stellare e la relatività di
Einstein
• La terra è solidale ad un sistema K’ che si
muove con velocità V lungo x parallela ad x’.
• La legge di composizione delle velocità
fornisce
vx'  V
vx 
v x 'V
1 2
c
 V2 
v y ' 1  2 
c 

vy 
v x 'V
1 2
c
1
2
129
L’aberrazione stellare e la relatività di
Einstein
• Siccome v x  0 , dalla prima si ricava v  V , mentre
tenendo conto che v y  c e v x '  V dalla seconda
x'
 V2 
v y ' 1  2 
c 

si ottiene c 
V2
1 2
c
 V 
v y '  c  1  2 
c 

2
da cui
1
2
1
2
vx'
V
tg




e infine
vy'
c
130
L’aberrazione stellare e la relatività di
Einstein
• Sviluppando  
1
2
V
1 2
c
in serie si ritrova,
trascurando termini del secondo ordine in V ,
c
l’espressione classica ma senza ricorrere
all’etere.
131
Fresnel, Fizeau e la relatività di
Einstein
• Avevamo visto che se un liquido si muoveva
con velocità w rispetto all’etere e un raggio di
luce percorreva l’oggetto trasparente nella
stessa direzione, allora la velocità della luce
nel riferimento del laboratorio non era data da
c
c
1 

 w 1  2 
 w ma da
n
 n 
n
132
Fresnel, Fizeau e la relatività di
Einstein
• Applicando anche in questo caso le relazioni
puramente cinematiche di addizione delle velocità di
Einstein e senza ricorrere all’etere otteniamo
c
w
w
c

n
C
   w 1  
c
 nc 
w n
1 n 2
c
w2
da cui trascurando il termine
1 si riottiene la
nc
formula di Fresnel
133
CAPITOLO 9
GENESI DEL PRINCIPIO DI
RELATIVITÀ.
134
GENESI DEL PRINCIPIO DI RELATIVITÀ.
Lorentz, Poincaré, Einstein.
• Non è poi così semplice descrivere la genesi del principio di
relatività. Einstein diceva: “Non mi è facile spiegare come giunsi alla
teoria della relatività, perché il pensiero umano è stimolato da molti
fattori complessi e occulti, e perché tali fattori agirono in misura
diversa.” (Ripreso da A. Pais, Sottile è il Signore …..)
• Nel suo lavoro originale del 1905, Einstein non manifesta alcun
riferimento al classico esperimento di Michelson e Morley.
• Negli ultimi anni della sua vita in una serie di interviste e scritti dice
che era a conoscenza dell’ esperimento di Michelson e Morley,
seppur indirettamente attraverso il lavoro di Lorentz del 1895.
• Le esperienze dell’aberrazione stellare e di Fizeau erano sufficienti a
spingerlo nell’opera di demolizione dell’artificioso e poco persuasivo
edificio della fisica ottocentesca.
135
GENESI DEL PRINCIPIO DI RELATIVITÀ.
• Nel 1887 il fisico tedesco Woldemar Voigt (1850- 1919)
in una memoria (*) di natura teorica
forniva spiegazioni dell’effetto Doppler
longitudinale utilizzando un modello
elastico di propagazione della luce.
Lo spostamento Doppler , essendo un
fenomeno puramente cinematico,
rendeva ininfluente il modello dinamico allora in voga.
* W. Voigt, Über das Dopplersche Prinzip, Gött. Nachr. 41
(1887)
136
GENESI DEL PRINCIPIO DI RELATIVITÀ.
• Nel suo lavoro Voigt mostrava che equazioni
del tipo   0 con  x  y  z  c t
• Sono invarianti quando si passa ad un nuovo
sistema di riferimento
2
2
2
2
2
2
2
2
2
 x '  x  vt

 y'  y



z

z
'




vx

t
'

t


c2
137
GENESI DEL PRINCIPIO DI RELATIVITÀ.
• Per la prima volta veniva introdotto un tempo locale t’, vantaggioso
dal punto matematico, ma dal profondo significato fisico.
• “Veniva dimostrato che nello studio del movimento degli elettroni
nell’etere poteva essere data una spiegazione teorica quantitativa di
tutti gli effetti del primo ordine nel rapporto v/c fra la velocità di
traslazione della materia e la velocità della luce …
• In particolare la teoria metteva in chiaro perché le esperienze non
rivelano nessun effetto del primo ordine quando materia e
osservatore si muovono rispetto all’etere con velocità uguali.”
(Wolfgang Pauli, Teoria della relatività. Bollati Boringhieri,1974. )
Tale modello però non spiegava il risultato negativo dell’esperienza
di Michelson e Morley, in cui intervenivano effetti del secondo
ordine e che solo un’ipotesi ad hoc poteva spiegare. Tale ipotesi
venne introdotta in maniera indipendente da Lorentz e Fitzgerald.
138
GENESI DEL PRINCIPIO DI RELATIVITÀ.
Lorentz
• “L’influenza dell’esperimento cruciale di Michelson e
Morley sulla mia elaborazione è stata alquanto indiretta. Ne
venni a conoscenza tramite la fondamentale ricerca di
Lorentz sull’elettrodinamica dei corpi in movimento (1895),
che avevo studiato prima di sviluppare la teoria della
relatività ristretta. L’ipotesi di un etere in quiete, da cui
partiva Lorentz, mi sembrava poco convincente di per sé, e
ancor meno perché conduceva a un’interpretazione
dell’esperimento di Michelson e Morley che mi pareva
artificiosa”.
• (Lettera di Einstein a Shankland del dicembre 1952. Ripresa
da A. Pais, Sottile è il Signore …..
• R. S. Shankland, Am. J. Phys. 32, 16 (1964). )
139
GENESI DEL PRINCIPIO DI RELATIVITÀ.
Lorentz
• Il fisico olandese Hendrik Antoon Lorentz (1853 – 1928) pubblica
il primo scritto attinente le questioni che stiamo trattando nel 1886.
In questo lavoro Lorentz dubita del primo esperimento
di Michelson condotto a Potsdam in Germania nel 1881.
Nel 1892 Lorentz pubblica un secondo articolo nel quale
invece traspaiono tutte le sue preoccupazioni in seguito
ai risultati insoddisfacenti ottenuti da Michelson e Morley
nel loro esperimento del 1887. Proprio in questo lavoro del 1892
compare in forma analitica l’espressione che fornisce la contrazione di Lorentz FitzGerald
2
v
L '  L(1  2 )
2c
Lorentz dice: “il segmento che congiunge due punti di un corpo solido, che
supponiamo in un primo tempo parallelo alla direzione del moto della Terra, non
conserva la stessa lunghezza quando, in un secondo momento, viene fatto ruotare
di 90°” . (Ripresa da A. Pais, Sottile è il Signore …..)
140
GENESI DEL PRINCIPIO DI RELATIVITÀ.
Lorentz
• Nel lavoro del 1895 Lorentz dimostra il teorema
degli stati corrispondenti.
• Le grandezze fisiche che descrivono una
distribuzione di materia non magnetica non
cambiano la loro dipendenza dal tempo e dallo
spazio, nell’approssimazione del primo ordine in
v/c, passando da un sistema di riferimento in
quiete ad un altro in moto relativo rispetto al
primo se le equazioni di trasformazione sono le
seguenti :
141
GENESI DEL PRINCIPIO DI RELATIVITÀ.
Lorentz
 x '  x  vt

 t '  t  v 2x
c


H
E
'

E

v


c


E
H '  H  v 
c

P'  P

E campo elettirco
H campo magnetico
D  E  P spostamento dielettrico
• Per Lorentz tali trasformazioni
erano solo uno strumento
matematico comodo per
dimostrare un teorema fisico.
• Esisteva solo un tempo vero
indicato con t, mentre t’ era
chiamato tempo locale.
• Con tali trasformazioni Lorentz
mostrava l’assenza di effetti del
primo ordine che rilevassero la
presenza dell’etere.
• Per tenere conto di effetti del
secondo ordine aveva introdotto
l’ipotesi ad hoc della contrazione.
P polarizzazione dielettrica
142
GENESI DEL PRINCIPIO DI RELATIVITÀ.
Lorentz
•
Nel 1899 Lorentz scrive le trasformazioni
 x '   (x  vt )
 y'  y

 z'   z

t '   (t  vx )

c2
•
•
Nel 1904 finalmente scrive le trasformazioni che portano il suo nome, assegnando
a  il valore unitario sulla base delle proprietà di trasformazione delle equazioni del
moto dell’elettrone. In questo lavoro Lorentz dimostra l’invarianza delle equazioni
di Maxwell anche se solo per quelle riferite allo spazio vuoto. Quando sono
presenti invece densità di cariche e correnti i calcoli non sono corretti e questo
porta Lorentz ad ipotizzare che i due sistemi di riferimento in moto relativo siano
solo approssimativamente equivalenti.
(H. A. Lorentz, Electromagnetic phenomena in a system moving with any velocity
smaller than that of light, Amst. Proc. 6, 809 (1904))
143
GENESI DEL PRINCIPIO DI RELATIVITÀ.
Poincaré
Insieme agli amici dell’ Akademie Olympia, Konrad Habicht e Maurice Solovine, negli
anni precedenti il 1905, Einstein aveva letto le opere di carattere filosofico sulla
scienza di Jules Henri Poincaré.
“ A Berna, insieme con Konrad Habicht e
Solovine, passavamo regolarmente serate
a leggere e discutere di argomenti filosofici,
ed eravamo interessati soprattutto a Hume ….
La lettura di Hume, unitamente a quelle di
Poincaré e Mach, ebbe una certa influenza sulla
mia formazione.”
(Lettera a Michele Besso, 6 marzo 1952.
Ripresa da A. Pais, Sottile è il Signore …..)
“Questo libro [La Science et l’hypothèse] ci fece una profonda impressione e ci fece
stare con il fiato sospeso per settimane di seguito”
(Lettera a Maurice Solovine, p. VIII Gauthier – Villars, Paris 1956. Ripresa da A. Pais,
Sottile è il Signore …..)
144
GENESI DEL PRINCIPIO DI RELATIVITÀ.
Poincaré
1. “Non c’è spazio assoluto e noi spesso non
concepiamo che movimenti relativi.
Tuttavia spesso si enunciano i fatti meccanici
come se ci fosse uno spazio assoluto a cui
rapportarli.
2. Non c’è tempo assoluto. Dire che due
durate sono uguali è un’asserzione priva di senso
e che non può acquisirne che per convenzione.
3. Non solo noi non abbiamo intuizione diretta
dell’eguaglianza di due durate, ma non possediamo neppure
quella della simultaneità di due avvenimenti che si producano
su due teatri diversi. È quanto ho spiegato nel mio articolo
intitolato Misura del tempo.”
(Jules Henri Poincaré, La scienza e l’ipotesi,1989, Edizioni Dedalo Bari
La Science et l’hypothèse è apparso la prima volta nel 1902.
J.H. Poincaré, Mesure du temps, in “Revue de Mètaphysique et de Morale”, gennaio 1898.)
145
GENESI DEL PRINCIPIO DI RELATIVITÀ.
Poincaré
• Poincaré pubblica i due lavori tecnici
sull’argomento nel 1905 e tutti e due con lo
stesso titolo: (il primo è del 5 giugno 1905,
mentre il secondo è del luglio 1905 anche se
viene pubblicato il 1906; gli Annalen der Physik
ricevono il primo lavoro sulla relatività di Einstein
il 30 giugno del 1905)
• H. Poincaré, Sur la dynamique de l’électron,
C. R. Ac. Sci. Paris 140, 1504 (1905)
• H. Poincaré, Sur la dynamique de l’électron, Rend.
Circ. Mat.Palermo 21, 129 (1906).
146
GENESI DEL PRINCIPIO DI RELATIVITÀ.
Poincaré
• Il primo lavoro è un sunto del secondo in cui Poincaré
dimostra la completa covarianza dell’elettrodinamica,
introduce il concetto di gruppo delle trasformazioni
di Lorentz, mostrando che deve essere =1 in
maniera differente da quanto aveva già fatto Lorentz,
e soprattutto mostra che il prodotto di due
trasformazioni di velocità v1 e v2
v1  v2
v

è una trasformazione di velocità
vv
1
1 2
2
c
147
GENESI DEL PRINCIPIO DI RELATIVITÀ.
Einstein
• Einstein prima del 1905 non era a
conoscenza delle trasformazioni di
Lorentz, aveva solo parlato del lavoro di
Lorentz del 1895.
• Non conosceva ovviamente i due
articoli tecnici di Poincaré ma era a
conoscenza, come abbiamo già detto,
dei suoi pensieri su spazio e tempo .
148
GENESI DEL PRINCIPIO DI RELATIVITÀ.
Einstein
• Einstein voleva estendere
all’elettrodinamica l’invarianza che
valeva per le leggi della meccanica che
veniva garantita dalle trasformazioni di
Galilei.
 x '  x  vt
 y'  y
• Tale termine venne


 z'  z
introdotto da Philipp Frank
 t '  t
nel 1909.
149
GENESI DEL PRINCIPIO DI RELATIVITÀ.
Einstein
• Ovviamente l’estensione di tale principio
d’invarianza a tutta la fisica mal si
conciliava con l’idea di un riferimento
assoluto (privilegiato) solidale con la quiete
dell’etere.
• Due motivazioni concrete hanno portato
Einstein a ridefinire i concetti di spazio e
tempo nella sua memoria del 1905.
Prestiamo attenzione a quanto Einstein
dice.
150
GENESI DEL PRINCIPIO DI RELATIVITÀ.
Einstein
• “È noto che l’elettrodinamica di Maxwell …
conduce, nelle sue applicazioni a corpi in
movimento, ad asimmetrie che non sembrano
conformi ai fenomeni. Si pensi ad esempio alle
interazioni elettrodinamiche tra un magnete e
un conduttore. Laddove la concezione usuale
contempla due casi nettamente distinti, a
seconda di quale dei due corpi sia in
movimento, il fenomeno osservabile dipende, in
questo caso, solo dal moto relativo di magnete e
conduttore.
151
GENESI DEL PRINCIPIO DI RELATIVITÀ.
Einstein
• Infatti, se si muove il magnete e
rimane stazionario il conduttore, si
produce, nell’intorno del magnete,
un campo elettrico con una ben
determinata energia, il quale genera
una corrente nei luoghi ove si
trovano parti del conduttore.
152
GENESI DEL PRINCIPIO DI RELATIVITÀ.
Einstein
• Se viceversa il magnete resta stazionario e si
muove il conduttore, non nasce, nell’intorno
magnete, alcun campo elettrico; tuttavia si
osserva, nel conduttore, una forza
elettromotrice, alla quale non corrisponde, di
per sé, un’energia, ma che – supponendo che il
moto relativo sia lo stesso nei due casi – genera
correnti elettriche della stessa intensità di quelle
prodotte dalle forze elettriche nel caso
precedente, e che hanno lo stesso percorso.
153
GENESI DEL PRINCIPIO DI RELATIVITÀ.
Einstein
• Esempi come questo, come pure i
tentativi falliti di individuare un qualche
movimento della Terra relativamente al
“mezzo luminifero” suggeriscono che i
fenomeni elettrodinamici, al pari di
quelli meccanici, non possiedono
proprietà corrispondenti all’idea di
quiete assoluta.
154
GENESI DEL PRINCIPIO DI RELATIVITÀ.
Einstein
• Essi suggeriscono piuttosto che, come già è stato mostrato
in un’approssimazione al primo ordine, per tutti i sistemi di
coordinate per i quali valgono le equazioni della meccanica
varranno anche le stesse leggi elettrodinamiche e ottiche.
Eleveremo questa congettura (il contenuto della quale verrà
detto, in quanto segue, “principio di relatività”) al rango di
postulato; supporremo inoltre – un postulato, questo, solo
apparentemente incompatibile col precedente – che la luce,
nello spazio vuoto, si propaghi sempre con una velocità
determinata, c, che non dipende dallo stato di moto del
corpo che la emette.”
(L’elettrodinamica dei corpi in movimento. 1905.
Albert Einstein, Opere scelte. Bollati Boringhieri, 1988.)
155
Principio di relatività ed elettromagnetismo
• Riassumiamo e puntualizziamo.
• La relatività galileiana dice che la fisica classica
di Galileo e Newton descrive un universo in cui
le proprietà restano le stesse se si cambia il
sistema di riferimento inerziale da cui si
osservano i fenomeni.
• La meccanica newtoniana è invariante per
trasformazioni di Galileo fra sistemi inerziali.
156
Principio di relatività ed elettromagnetismo
Dalle equazioni di Maxwell fuori dalle
cariche si deduce sia per il campo
elettrico che per il campo magnetico
l’equazione di d’Alembert
2
2


1  
  2  2 2   x, t  0
 i xi c t 
 
157
Principio di relatività ed
elettromagnetismo
• La terra si muove nello spazio perché partecipa con il
Sole alla rotazione della Via Lattea che è una galassia
a spirale, senza tener conto del moto di rotazione e
di rivoluzione intorno al Sole.
• Tenendo conto delle trasformazioni di Galileo, la
velocità della luce rispetto ad un sistema solidale al
laboratorio passa da c-v a c+v se la propagazione
della luce cambia da parallela ad antiparallela.
158
Principio di relatività ed
elettromagnetismo
• È come se nel sistema solidale con la
terra non valessero le equazioni di
Maxwell, altrimenti si otterrebbe di
nuovo l’equazione di d’Alembert e il
valore della velocità della luce sarebbe
sempre c in tutte le direzioni.
• L’elettromagnetismo non soddisfa il
principio di relatività galileiano.
159
Principio di relatività ed
elettromagnetismo
• Le possibilità sono tre
160
Principio di relatività ed
elettromagnetismo
1. Le equazioni di Maxwell sono errate. La vera teoria
dell’elettromagnetismo deve essere invariante per
trasformazioni di Galileo.
2. La relatività di Galileo si applica alla meccanica
classica, ma i fenomeni elettromagnetici
possiedono un sistema di riferimento privilegiato,
quello in cui l’etere è a riposo.
3. Esiste un principio di relatività valido per tutte le
leggi della fisica. Questo implica che le leggi della
meccanica classica devono essere corrette
161
Principio di relatività ed
elettromagnetismo
• La prima ipotesi poteva essere esclusa a
seguito dei sorprendenti successi di Hertz,
Lorentz ed altri …
• Per la seconda ipotesi descriviamo
l’esperienza di Michelson e Morley.
162
Esperienza di Michelson e Morley
• Einstein tra
Michelson (alla
sua destra) e
Millikan (alla
sua sinistra)
163
Esperienza di Michelson e Morley
• Nel 1887
Albert Abraham Michelson (1852 – 1931) e
Edward Williams Morley (1838 – 1923)
completarono un famosissimo esperimento che
avrebbe dovuto mettere in evidenza il
movimento della Terra attraverso l’etere.
Il loro interferometro era montato su un blocco
di pietra galleggiante su un bagno di mercurio.
164
Esperienza di Michelson e Morley
165
Esperienza di Michelson e Morley
166
Esperienza di Michelson e Morley
167
Esperienza di Michelson e Morley
• S - Sorgente luminosa
monocromatica
• A - specchio
semiriflettente
• B e C - specchi
totalmente riflettenti
168
Esperienza di Michelson e Morley
• Il tempo impiegato dalla luce per andare
da A a B e tornare indietro è t1  2L
c
• Lo stesso tempo vale se la luce percorre
2L
il tratto AC e ritorno t2 
c
• Ma quando l’interferometro si muove
con velocità v cosa accade?
169
Esperienza di Michelson e Morley
170
Esperienza di Michelson e Morley
171
Esperienza di Michelson e Morley
• L1  t1c e nello stesso tempo D  vt1
Applicando il teorema di Pitagora
L D L
2
1
2
2
t c v t L
2 2
1
2 2
1
2
2

v 
2
2
2
2
2 2
L  t1  c  v   t1 c 1  2 
 c 
172
Esperienza di Michelson e Morley
quindi
v2
L  t1c 1  2
c
L
c
t1 
v2
1 2
c
nel percorso di andata e ritorno
2L
c
tb 
v2
1 2
c
173
Esperienza di Michelson e Morley
nel percorso da A a C e ritorno
L
L
2 Lc
2L c
tc 

 2

2
2
v
cv cv c v
1 2
c
t c  tb
con v  3 10 m s
4
t  tb  tc  3 10
17
s
174
Esperienza di Michelson e Morley
Ruotando l’interferometro di 90° si ha
t '  t e quindi
t  t ' 
2L 2

c
n    t  t ' 
con  
c 2L 2

 c
c

numero di frange spostate
2 Lv 2
nc 2 
n
v
2
c
2L
Ma non venne trovato alcun evidente segno
dello spostamento della figura d’interferenza.
175
CAPITOLO 10
L’ETERE NON VUOLE
MORIRE.
Fitzgerald - Lorentz
Poincaré
176
Fitzgerald, Lorentz e la difesa
dell’etere.
• “Ho letto con grande interesse il resoconto dell’esperimento, mirabilmente
preciso, dei signori Michelson e Morley, volto a risolvere un problema di
grande importanza, stabilire cioè in qual misura l’etere sia trascinato dalla
Terra. Il loro risultato sembra in contrasto con quelli di altri esperimenti,
che dimostrano che l’etere presente nell’aria può essere trascinato solo in
misura trascurabile. Vorrei far osservare che praticamente l’unica ipotesi in
grado di ricomporre questo contrasto è quella secondo cui la lunghezza dei
corpi materiali varia, a seconda che siano in moto parallelamente o
trasversalmente all’etere, di una quantità che dipende dal quadrato del
rapporto fra la loro velocità e quella della luce. Sappiamo che le forze
elettriche sono influenzate dal moto dei corpi carichi rispetto all’etere, e
non sembra supposizione improbabile che anche le forze molecolari siano
influenzate dal moto e che le dimensioni dei corpi varino di conseguenza.
177
Fitzgerald, Lorentz e la difesa
dell’etere.
• Sarebbe assai importante realizzare
esperimenti di lunga durata sulla
attrazione elettrica tra corpi
permanentemente carichi, per
esempio con un sensibilissimo
elettrometro a quadranti, in una zona
equatoriale della Terra per verificare se
vi sia qualche variazione giornaliera o
annuale dell’attrazione: variazione
giornaliera dovuta al fatto che il moto
rotatorio della Terra ora si somma e ora si
sottrae alla velocità orbitale; e variazione
annuale dovuta, analogamente, al fatto che la velocità orbitale si somma o si
sottrae a quella del moto di insieme del sistema solare.”
•
(G. F. FitzGerald, Science 13, 390 (1889) The Ether and the Earth’s Atmosphere.
Ripreso da A. Pais, Sottile è il Signore, Bollati Boringhieri, 1986.)
178
Fitzgerald, Lorentz e la difesa
dell’etere.
• George Francis Fitzgerald (1851 – 1901) e Hendrik
Antoon Lorentz (1853 – 1928) per spiegare l’inesistenza
degli spostamenti
della figura di interferenza
nell’esperienza di Michelson e Morley
supposero che il movimento
1
attraverso l’etere
con velocità v generasse in
 V2  2
R(v)  1  2 
ogni corpo un accorciamento
c 

nella direzione della velocità
per il fattore
179
Fitzgerald, Lorentz e la difesa
dell’etere.
• Lorentz, usando la fisica classica, aveva
mostrato che il campo elettrico di una carica
in movimento viene schiacciato verso il piano
perpendicolare alla direzione del moto.
• Pertanto un elettrone legato ad un protone
non forma un normale atomo di idrogeno ma
un atomo con un orbita schiacciata ed un
periodo di rivoluzione modificato.
180
Fitzgerald, Lorentz e la difesa
dell’etere.
• Quindi ogni oggetto (costituito da atomi) si
accorcia nella direzione del movimento e ogni
orologio in moto rallenta il passo di
avanzamento delle sue lancette.
• Nel 1916 Lorentz pubblica l’ultima versione
del suo libro The theory of electrons and its
applications to the phenomena of light and
radiant heat.
181
Fitzgerald, Lorentz e la difesa
dell’etere.
• Le ipotesi di Lorentz:
1. Ogni regolo in moto rispetto all’etere con velocità v
parallela alla lunghezza si accorcia di un fattore 1  Vc 
2. 0gni orologio in moto rispetto all’etere con velocità
 V 
v rallenta il suo ritmo per un fattore 1  c 
3. La convenzione di Einstein per sincronizzare gli
orologi è valida; la velocità della luce è uguale a c in
ogni direzione e in ogni sistema di riferimento
inerziale.
2
1
2
2
2
1
2
2
182
Fitzgerald, Lorentz e la difesa
dell’etere.
• Le ipotesi di Lorentz hanno permesso di sviluppare
una teoria formalmente uguale alla Relatività
ristretta, ma basata sull’esistenza dell’etere.
• La contrazione degli oggetti in movimento era un
fatto reale mentre il rallentamento degli orologi era
una convenzione. Il tempo delle trasformazioni di
Lorentz era chiamato “tempo locale” .
• La teoria dell’etere e degli elettroni fu sviluppata da
Lorentz e Poincaré fra il 1892 e il 1906 e seguiva
quella di Fresnel.
183
Fitzgerald, Lorentz e la difesa
dell’etere.
• Inizialmente la contrazione e il rallentamento furono
introdotti relativamente ad un sistema di riferimento
privilegiato, ma successivamente le trasformazioni di
Lorentz furono dedotte dalla teoria per ogni coppia di
sistemi di riferimento.
• Certo due teorie condividono le stesse trasformazioni
e per questo sono sperimentalmente indistinguibili.
• Però con Lorentz esiste l’etere e il principio di
relatività può essere dedotto qualitativamente.
184
Poincaré e l’etere.
• Il rapporto di
Einstein
Poincaré con l’etere
è del tutto singolare
e in questo rapporto
affiora in maniera
chiara e
inconfondibile
Poincaré
il suo
convenzionalismo.
Il modo più chiaro per chiarire tale pensiero avviene tramite
la lettura delle parole dello stesso Poincaré.
185
Poincaré e l’etere.
• “Le teorie matematiche non hanno per oggetto quello di
rivelarci la vera natura delle cose. Sarebbe una pretesa
irragionevole. Loro unico scopo è quello di coordinare le
leggi fisiche che l’esperienza ci fa conoscere, ma che,
senza l’aiuto della matematica, non potremmo neanche
enunciare. Poco importa che l’etere esista realmente. È
un problema che riguarda i metafisici. L’essenziale, per
noi, è che tutto accada come se l’etere esistesse e che tale
ipotesi si riveli comoda per la spiegazione dei fenomeni.
… Anche questa non è che un’ipotesi comoda, e non
cesserà di essere tale, mentre verrà un giorno in cui
l’etere sarà considerato inutile.
186
Poincaré e l’etere.
• Ma, in quello stesso giorno, le leggi dell’ottica e le equazioni
che le traducono analiticamente resteranno vere, almeno in
prima approssimazione. Sarà dunque sempre utile studiare
una dottrina che colleghi fra loro tutte queste equazioni. ….
La teoria delle ondulazioni poggia su di una ipotesi
molecolare. …. Si osserverebbe che dalle ipotesi molecolari
non si prendono in prestito che due elementi: il principio di
conservazione dell’energia e la forma lineare delle equazioni
che è la legge generale dei piccoli movimenti come delle
piccole variazioni.
Questo spiega perché la maggior parte delle conclusioni di
Fresnel sussista senza cambiamenti quando si adotti la teoria
elettromagnetica della luce.
187
Poincaré e l’etere.
Maxwell non fornisce una spiegazione meccanica dell’elettricità e del
magnetismo. Si limita a dimostrare che questa spiegazione è possibile.
Dimostra ugualmente che i fenomeni ottici non sono che un caso
particolare dei fenomeni elettromagnetici. Da ogni teoria dell’elettricità si
potrà, dunque, dedurre immediatamente una teoria della luce. …..
Perché le idee dello scienziato inglese faticano tanto ad acclimatarsi fra
noi? Ciò accade perché l’educazione ricevuta dalla maggior parte dei
francesi colti li dispone ad apprezzare la logica e la precisione prima di ogni
altra qualità. ….. Sembra di fare un passo indietro, e molti intelletti non
vogliono rassegnarsi a questo.”
• Jules Henri Poincaré, La scienza e l’ipotesi. Edizioni Dedalo, 1989. Capitolo
dodicesimo. L’ottica e l’elettricità. Riproduzione di due studi dal titolo:
1. Théorie mathématique de la lumiere (Naud, Paris 1889)
2. Èlectricité et optique (Naud, Paris 1901)
188
EINSTEIN E L’ETERE.
UN RIPENSAMENTO!
189
Etere relativistico di Einstein.
• Nel 1919 Einstein scrisse a Lorentz: “sarebbe stato
più corretto se nelle mie prime pubblicazioni mi
fossi limitato a sottolineare l’irrealtà della velocità
dell’etere, invece di sostenere soprattutto la sua
non esistenza. Ora comprendo che con la parola
etere non si intende nient’altro che la necessità di
rappresentare lo spazio come portatore di
proprietà fisiche”.
•
(A. Einstein, Lettera a H. A. Lorentz, 15 – 11 – 1919. Ripresa da L. Kostro, Einstein e
l’etere, Edizioni Dedalo, 2001.)
190
Etere relativistico di Einstein.
• “Una più ponderata riflessione ci suggerisce
che la negazione dell’etere non è
necessariamente richiesta dal principio di
relatività ristretta. L’esistenza dell’etere può
essere ammessa, purché si rinunzi ad
attribuirgli un determinato stato di moto;
bisogna cioè, per astrazione, togliergli l’ultima
caratteristica meccanica lasciatagli da
Lorentz”. (L’etere e la teoria della relatività (1920). A. Einstein, Opere
scelte, Bollati Boringhieri, 1988.)
191
CAPITOLO 11
RIPRENDIAMO IL CONCETTO DI
SIMULTANEITÀ.
SINCRONIZZAZIONE DEGLI OROLOGI.
DUE IMPORTANTI CONCLUSIONI
EMPIRICHE.
192
La sincronizzazione degli orologi
• Abbiamo precedentemente osservato che la
simultaneità è un concetto relativo in
relatività.
• Questo accade perché nelle trasformazioni di
Lorentz, quella riguardante il tempo contiene
anche la coordinata spaziale
v x0
t0 
2
c
t
v2
1 2
c
193
La sincronizzazione degli orologi
• Il concetto relativo di simultaneità è una
conseguenza del secondo postulato della
relatività ristretta: ogni raggio di luce si muove
con la velocità ben definita c sia che sia
emesso da un oggetto stazionario che da un
oggetto in moto.
• È impossibile misurare la velocità della luce in
percorso di sola andata.
194
La sincronizzazione degli orologi. Il
convenzionalismo di Poincaré e di
Reichenbach.
• “ Che la luce abbia una velocità costante e, in
particolare, che la sua velocità sia la stessa in
tutte le direzioni ….. È un postulato senza del
quale sarebbe impossibile iniziare qualsiasi
misura di tale velocità. Sarà sempre
impossibile verificare direttamente questo
postulato con degli esperimenti ”.
• (J.H. Poincaré, Mesure du temps, in “Revue de Mètaphysique
et de Morale”, gennaio 1898.)
195
La sincronizzazione degli orologi
• Per misurare la velocità della luce in un
percorso di sola andata, dobbiamo disporre di
due orologi posti in due punti differenti dello
spazio ma sincronizzati.
• Ma per essere sincronizzati, dobbiamo
supporre che la velocità della luce sia la stessa
in tutte le direzioni. Ricordiamo a riguardo il
metodo di sincronizzazione di Einstein.
196
La sincronizzazione degli orologi
Il parametro di Reichenbach
197
La sincronizzazione degli orologi
Il parametro di Reichenbach
• Nel sistema S un lampo di luce parte
dal punto A al tempo t1, è riflesso
indietro da uno specchio posizionato
nel punto B al tempo t2 e ritorna al
punto A al tempo t3.
• In A è presente l’orologio OA, in B
l’orologio OB.
198
La sincronizzazione degli orologi
Il parametro di Reichenbach
• Nella relatività ristretta la velocità di andata e
ritorno è la stessa per cui
1
t2  t1 
2
(t3  t1 )
• Questa relazione definisce t2 in funzione di t1 e
t3.
• È la scelta che determina la presenza della
variabile spaziale nella trasformazione di
Lorentz del tempo
199
La sincronizzazione degli orologi
Il parametro di Reichenbach
• Reichenbach commentò dicendo che la
1
relazione t2  t1  (t3  t1 ) è essenziale ma non
2
epistemologicamente necessaria.
• Una diversa relazione t2  t1   (t3  t1 ) con 0    1
sarebbe accettabile e non potrebbe essere
considerata falsa.
“If the special theory of relativity prefers the first definitions, i.e.,
sets  equal to ½, it does so on the ground that this definition
leads to simpler relations.” (H. Reichenbach, The philosophy
of space and time. Dover, New York, 1958.)
200
La sincronizzazione degli orologi
• Non potendo risolvere il problema per via empirica, Einstein
decise di risolverlo per decreto , assumendo l’invarianza della
velocità della luce.
• Ma tutto ciò non è una verità della natura ma una comoda
convenzione.
• Nel 1916 quando considerò l’esempio del punto medio M di
un segmento AB, convenne nell’affermare che la luce
impiegava lo stesso tempo nel percorrere i due segmenti AM e
BM.
• Ma tutto ciò, ribadiamo, è una semplice arbitraria convenzione
che viene usata per definire il concetto di simultaneità e non
un’ipotesi sulla natura della luce sotto l’aspetto fisico.
201
Prima importante conclusione empirica
Una delle misure più precise della velocità della
luce in un percorso di andata e ritorno,
utilizzando un solo orologio è stata ottenuta
nel 1978.
•
( Woods P. T., Sholton K. C., Rowley W. R. C.. Frequency
determination of visible laser light by interferometric
comparison with upconverted CO2 laser radiation. Applied
optics, 17, 1084 – 1054)
202
Prima importante conclusione empirica
• Il risultato è stato il seguente
car   299.792, 4588  0,0002 km s
9
• Con una precisione di 10
• Prima e dopo tale misura si è sempre
trovato lo stesso valore entro gli errori e
non è stata trovata alcuna dipendenza
dalla direzione di propagazione.
203
Prima importante conclusione empirica
• C1 La velocità della luce di andata e
ritorno è empiricamente invariante, ossia
è indipendente dalla direzione di
propagazione, dal tempo al quale è
misurata e dal sistema di riferimento
inerziale rispetto al quale è considerata
204
Seconda importante conclusione empirica
• Il rallentamento degli orologi in moto è un fatto
sperimentale attualmente accertato senza
ragionevole dubbio.
• 1977 anello di accumulazione CERN.
Muoni  fatti circolare con una velocità v=0,9994c
corrispondente ad un fattore 1
v2
R 1
1
c
2
 28,87
in un anello di diametro di 14 m con
un’accelerazione centripeta pari a 1018 g
205
Seconda importante conclusione
empirica
• È stata misurata la vita media di tali muoni  e
è stato trovato un eccellente accordo

sperimentale con la formula  0 
R
• 0 è la vita media dei muoni in movimento
sull’orbita misurata da un osservatore nel
laboratorio e  è la vita media degli stessi
muoni misurata da un osservatore in quiete
rispetto agli stessi muoni.
206
Seconda importante conclusione
empirica
• L’intervallo di tempo del laboratorio 0
(iniezione e decadimento) viene visto come
dilatato rispetto al valore all’osservatore che
vede i muoni a riposo e che vale
   2,9703  0,00004  106 s
• L’evidenza empirica ci dice inoltre che
l’accelerazione non gioca alcun ruolo nel
modificare il ritmo degli orologi.
207
Seconda importante conclusione
empirica
• A parità di accelerazione viene
rallentata allo stesso modo la vita
media di muoni in fasci rettilinei
(privi di accelerazione) e quella dei
muoni nell’anello di accumulazione
del CERN soggetti a un’enorme
accelerazione.
208
Seconda importante conclusione
empirica
Apparato usato per la misura della dilatazione temporale.
I blocchi bianchi e neri sono magneti che circondano il tubo a vuoto
In cui si muovono le particelle. CERN
209
Seconda importante conclusione
empirica. Esperienza di Hafele e Keating
Around-the-World Atomic Clocks: Predicted Relativistic Time Gains
J. C. Hafele e R. E. Keating, Science, 177, 166 (1972)
Hafele e Keating a bordo dell’aereo durante il loro esperimento.
Immagine tratta da J. B. Hartle, Gravity. Addison Wesley, 2003
210
Seconda importante conclusione
empirica. Esperienza di Hafele e Keating
• Nel 1972 è stato compiuto un esperimento da due ricercatori
americani, Hafele e Keating, utilizzando sei sensibilissimi
orologi atomici al cesio.
• Dopo essere stati sincronizzati
1.
due furono collocati su aerei di linea e fu fatto compiere
loro un giro completo del pianeta verso est
2. due furono collocati su aerei di linea e fu fatto compiere
loro un giro completo del pianeta verso ovest
3.
due rimasero a terra nel laboratorio in cui era stato
preparato l’esperimento
211
Seconda importante conclusione
empirica. Esperienza di Hafele e Keating
Si osservò che
1. rispetto a quelli rimasti a terra, gli orologi che si
erano spostati verso ovest avevano perso un tempo
pari a 59  10 nanosecondi
2. rispetto a quelli rimasti a terra, gli orologi che si
erano spostati verso est avevano guadagnato un
tempo pari a 273  7 nanosecondi
Tutto questo era in perfetto accordo con la formula
0 

R
212
Seconda importante conclusione
empirica. Esperienza di Hafele e Keating
Ovviamente si dovevano calcolare diversi valori di R.
1. Il più grande era quello degli orologi che avevano
viaggiato verso est per i quali la velocità
dell’aeroplano si sommava alla velocità della terra.
2. Il più piccolo era quello degli orologi che avevano
viaggiato verso ovest per i quali la velocità
dell’aeroplano si sottraeva alla velocità della terra.
213
Seconda importante conclusione
empirica. Esperienza di Hafele e Keating
Bisognava, pertanto, riferire i movimenti degli
aerei non alla superficie terrestre, ma a un
sistema di riferimento con l’origine nel centro
della terra e i cui assi si dirigono verso
direzioni fisse nello spazio.
Bisognava, inoltre, tener conto del campo
gravitazionale. Più intenso è il campo
gravitazionale tanto minore è il ritmo con cui
gli orologi segnano il tempo.
214
Seconda importante conclusione
empirica. Esperienza di Hafele e Keating
L’esperienza di Hafele e Keating è stata confermata dal
sistema GPS (Global Positioning System) dei satelliti.
Sistema di 24 satelliti con orbite di circa 12 ore, ognuno
dei quali ha a bordo 4 orologi atomici.
Le orbite son pressappoco circolari con eccentricità del
1%.
Le inclinazioni orbitali rispetto all’equatore terrestre
sono di circa 55°.
La velocità orbitale dei satelliti è di circa 3,9 km/s.
215
Seconda importante conclusione
empirica. Esperienza di Hafele e Keating
Da ogni punto della terra sono visibili almeno quattro
satelliti a qualsiasi ora.
Tenendo conto del ritardo degli orologi in moto e
tenendo conto dell’effetto del campo gravitazionale,
Per ogni satellite è previsto un guadagno di circa 38.700
ns/giorno.
Prima del lancio tutti gli orologi sono stati rallentati di
38.700 ns/giorno.
Tutti i dati confermano che i tempi segnati dagli orologi
in orbita concordano con quelli a terra.
216
Seconda importante conclusione
empirica.
Possiamo affermare
C2 Il ritardo degli orologi ha luogo in accordo con

l’equazione   R con R dato da 1  vc , quando
gli orologi si muovono con velocità v rispetto
al sistema privilegiato S0 che è un sistema
inerziale avente origine coincidente col centro
della terra e assi che puntano verso direzioni
fisse nel cielo.
2
0
2
217
CAPITOLO 12
LA RELATIVITÀ DEBOLE DI
FRANCO SELLERI.
218
Relatività debole
• Ricordiamo che la teoria della relatività ristretta si
basa su due postulati:
1. Le leggi che regolano i cambiamenti degli stati fisici
sono sempre le stesse, cioè sono indipendenti dal
fatto che questi cambiamenti siano riferiti all’uno o
all’altro di due sistemi di coordinate in moto
traslatorio uniforme
2. Ogni raggio di luce si muove con la velocità ben
definita c sia che sia emesso da un oggetto
stazionario che da un oggetto in moto.
219
Relatività debole
• Si possono però distinguere due formulazioni del
principio di relatività:
• Relatività forte: le leggi della fisica sono le stesse in
tutti i sistemi di riferimento inerziali.
• Relatività debole: è impossibile mettere in evidenza
sperimentalmente l’esistenza l’esistenza di un
eventuale moto assoluto della terra. Questo principio
non comporta necessariamente la validità delle
trasformazioni di Lorentz.
220
Trasformazioni equivalenti
• È possibile riformulare le trasformazioni
che legano due sistemi di riferimento
inerziali a partire da ipotesi più generali,
interpretare tutti fenomeni della
Relatività Ristretta di Einstein e nello
stesso tempo eliminare tutte le sue
contraddizioni ed il relativismo in esse
nascosto.
221
Trasformazioni equivalenti
• Immaginiamo due sistemi inerziali
rappresentati da riferimenti
cartesiani ortogonali con assi
paralleli tra di loro.
• Tale rappresentazione è la stessa
utilizzata per ricavare le
trasformazioni di Lorentz.
222
Trasformazioni equivalenti
223
Trasformazioni equivalenti
• Assunzioni:
1. Lo spazio è omogeneo e isotropo, il tempo è omogeneo,
almeno dal punto di vista degli osservatori in quiete in S0.
2. Rispetto a S0 la velocità della luce è c in tutte le direzioni così
che gli orologi in S0 possono essere sincronizzati usando il
metodo di Einstein e si possono misurare le velocità di andata
relative a S0.
3. S si muove con velocità v<c parallelamente all’asse x0.
4. Gli assi di S e S0 coincidono per t=t0=0.
224
Trasformazioni equivalenti
• Se associamo alle assunzioni precedenti i due risultati empirici
fondamentali C1 e C2 che qui ripresentiamo
• La velocità della luce di andata e ritorno è empiricamente
invariante, ossia è indipendente dalla direzione di
propagazione, dal tempo al quale è misurata e dal sistema di
riferimento inerziale rispetto al quale è considerata
• Il ritardo degli orologi ha luogo in accordo con l’equazione
v

1
 
con
R
dato
da
c , quando gli orologi si muovono con
R
velocità v rispetto al sistema privilegiato S0 che è un sistema
inerziale avente origine coincidente col centro della terra e
assi che puntano verso direzioni fisse nel cielo.
2
0
2
225
Trasformazioni equivalenti
• Otteniamo le seguenti equazioni delle trasformazioni da S0 a S
x0  vt0
x
R
y  y0
che si chiamano
trasformazioni equivalenti
z  z0
t  Rt0  e1  x0  vt0 
(Franco Selleri, Lezioni di relatività. Progedit, 2003
Franco Selleri, La relatività debole. Edizioni Melquíades, 2011)
226
Trasformazioni equivalenti
• Dalle trasformazioni equivalenti si ottiene
t  t0   R  1 t0  Re1x
Il ritardo di un orologio immobile in S nel punto x
rispetto all’orologio di S0 contempla due contributi.
Il termine proporzionale ad t0 è dovuto ad un effetto
fisico, il ritardo degli orologi in moto. Il secondo
termine dipende dalla convenzione adottata per
sincronizzazione gli orologi in S. per questo e1 si
chiama parametro di sincronizzazione.
227
Trasformazioni equivalenti
• Le trasformazioni inverse sono
vt
x0   R  e1v  x 
R
y0  y
z0  z
t  Re1 x
t0 
R
228
Trasformazioni equivalenti
Diversi valori di e1 comportano l’esistenza di un sistema
inerziale privilegiato S0 in cui la velocità della luce è la
stessa in tutte le direzioni
Pertanto se una teoria del nostro insieme descrive
correttamente la realtà fisica deve esistere un
particolare sistema inerziale in cui le nozioni di tempo
e simultaneità non sono convenzionale ma riflettono
la realtà oggettiva.
229
Trasformazioni equivalenti
x0  vt0
x
R
y  y0
z  z0
t  Rt0  e1  x0  vt0 
Le trasformazioni di
Lorentz si ottengono per
v
e1   2
c R
230
Trasformazioni inerziali
• Ponendo il valore e1=0 nelle trasformazioni
equivalenti si ottengono quelle inerziali, le
uniche che possono inquadrare correttamente
dal punto di vista fisico i fenomeni naturali
vt 

x

v
t
0
• x 0
x0  R  x  2 
R 

R
•
(inverse)
y0  y
y  y0
z  z0
t  Rt0
z0  z
t
t0 
R
231
Trasformazioni inerziali
Si ottiene il risultato significativo
t  t0   R  1 t0
Il ritardo di un orologio immobile in S nel punto x
rispetto a S0 non dipende dalla posizione ed è dovuto
esclusivamente a un fenomeno fisico reale, il
rallentamento generato dal movimento.
232
Trasformazioni inerziali
contrazione assoluta delle lunghezze
Consideriamo un regolo a riposo in S tra gli estremi x1 e x2.
Dalle trasformazioni inerziali si ottiene
x01  vt0
x1 
R
x02  vt0
e x2 
R
Sottraendo membro a membro
x02  x01  R  x2  x1 
233
Trasformazioni inerziali
contrazione assoluta delle lunghezze
Un regolo a riposo in S appare
contratto per il solito fattore
R se osservato da S0.
234
Trasformazioni inerziali
contrazione assoluta delle lunghezze
Supponiamo che il regolo sia fermo in S0 e utilizziamo
le trasformazioni inverse
vt 
vt 


x01  R  x1  2  e x02  R  x2  2 
R 
R 


Sottraendo membro a membro
x02  x01
x2  x1 
R
235
Trasformazioni inerziali
contrazione assoluta delle lunghezze
Un regolo a riposo in S0 appare
allungato per il solito fattore
R se osservato da S.
236
Trasformazioni inerziali
contrazione assoluta delle lunghezze
La contrazione di Lorentz è un fenomeno
assoluto. I due osservatori concordano
che il movimento relativo al sistema
privilegiato fa accorciare i regoli. Il
fenomeno perde il sapore relativistico ma
diventa assoluto.
237
Trasformazioni inerziali
rallentamento assoluto degli orologi in moto
Le trasformazioni inerziali comportano la simultaneità
assoluta, cioè eventi simultanei in S lo sono anche in
S0.
L’esistenza della simultaneità assoluta non implica il
tempo assoluto, al contrario orologi in moto
ritardano come adesso andiamo a vedere anche per
le trasformazioni inerziali.
238
Trasformazioni inerziali
rallentamento assoluto degli orologi in moto
Consideriamo un orologio O a riposo in S.
Due osservatori a riposo in S0 nelle posizioni x01 e x02 controllano i tempi t01 e
t02 quando O gli passa vicino mostrando i tempi t1 e t2 segnati da S.
Siccome O è immobile in S, si ha
x02  x01  v t02  t01 
Inoltre essendo
t1  Rt01 t2  Rt02
Per sottrazione si ottiene
t2  t1
t02  t01 
R
239
Trasformazioni inerziali
rallentamento assoluto degli orologi in moto
Consideriamo un orologio O0 a riposo in S0.
Due osservatori a riposo in S nelle posizioni x1 e x2 controllano i tempi t1 e
t2 quando O0 gli passa vicino ai tempi t01 e t02 segnati da S0.

vt 

vt 
Ovviamente xO  R  x1  1  xO  R  x2  2  , per sottrazione
R 
R 


0
si ha x2  x1 
0
 v  t2  t1 
.
2
R
Ricordando le relazioni fra i tempi si ottiene
t2  t1  R  t02  t01 
240
Trasformazioni inerziali
rallentamento assoluto degli orologi in moto
Il passo di un orologio a riposo in S è visto
da S0 rallentato ma quello di un orologio a
riposo in S0 è visto da S affrettato.
I due osservatori concordano che il
movimento relativo al sistema privilegiato
fa rallentare il passo degli orologi e il
fenomeno perde l’aspetto relativistico che
aveva nella relatività ristretta.
241
CAPITOLO 13
Il paradosso dei gemelli SPIEGATO CON
LA RELATIVITÀ DEBOLE
• Due gemelli Michele e Claudia un bel giorno
decidono di separarsi. Claudia parte per un
viaggio interstellare ad una velocità prossima a
quella della luce. Dopo aver raggiunto una stella
lontana nello spazio siderale, Claudia ritorna sulla
terra e incontra il fratello gemello Michele. I due
gemelli osservano che mentre Michele è
invecchiato, Claudia è molto più giovane del
fratello. Questo è uno dei paradossi della
Relatività Ristretta.
242
Il paradosso dei gemelli
• Einstein nel suo lavoro del
1905 introdusse il
“paradosso dell’orologio”,
antropomorfizzato
dal fisico francese Paul Langevin
(1872 – 1946) e denominato
paradosso dei gemelli.
( P. Langevin, L’évolution de l’espace et du temps,
Scientia 10, 31 (1911))
• Nel punto A di S0 si trovano due
orologi.
Un orologio si muove lungo una linea
retta con velocità v fino ad arrivare in
B.
L’orologio in B sarà rallentato rispetto
a quello rimasto in A.
243
Il paradosso dei gemelli
244
Il paradosso dei gemelli
• Einstein concluse:
• “dati, in A, due orologi sincronizzati, se uno di essi
viene sposto a velocità costante lungo una curva
chiusa, fino a ritornare dopo t secondi al punto di
partenza, allora
questo orologio, arrivando in A, sarà
2
ritardato di t v 2 secondi rispetto a quello rimasto in
2c
quiete.” (A. Einstein, Elettrodinamica dei corpi in movimento (1905). A. Einstein,
Opere scelte. Bollati Boringhieri, 1988.)
• Tutto questo è comprensibile e spiegabile in termini
di trasformazioni inerziali senza tirare in ballo alcuna
forma di relativismo.
245
CAPITOLO 14
TEORIA NON TENSIONALE O
STATICA DEL TEMPO
IN RELATIVITÀ RISTRETTA.
246
Universo iperdeterministico della
relatività
• Nel sistema S vi sono diversi osservatori U1,
U2, … , Un collocati nei punti x1, x2, … , xn
dell’asse x tutti sincronizzati con il metodo di
Einstein e tutti che descrivono la stessa realtà
dell’osservatore U0.
• La retta di realtà dell’osservatore U0’ di S’
passa per il futuro degli osservatori in quiete
in S.
247
Universo iperdeterministico della
relatività
248
Universo iperdeterministico della
relatività
• L’osservatore U0 riceve dall’osservatore U0’ che
gli passa accanto un messaggio che l’informa
del futuro dei fratelli U1, U2, ….
• Il futuro di U1 è predeterminato!
• Si arriva ad un iperdeterminismo in cui il
futuro è prefigurato; pertanto ogni libertà
individuale è una pura illusione!
249
Universo iperdeterministico della
relatività
• In una lettera al figlio e alla sorella dell’amico
Michele Besso, Einstein scriveva:
• “ …. Egli mi ha preceduto di un
• poco nel congedarsi da questo
• stano mondo. Non significa
• niente. Per noi che crediamo nella fisica, la
divisione tra passato, presente e futuro ha
solo il valore di un’ostinata illusione.”
• (A. Einstein, Opere scelte. Bollati Boringhieri, 1988.)
250
Universo iperdeterministico della
relatività
• In un colloquio con Einstein avuto nel 1950 a Princeton
sull’iperdeterminismo, il filosofo della scienza Karl Popper disse: “Io
cercai di persuaderlo ad abbandonare il suo determinismo, che in
pratica si riduceva all’idea che il mondo fosse un universo chiuso, di
tipo parmenideo, a quattro dimensioni, nel quale il cangiamento era
un’illusione umana, o qualcosa di molto simile. (Egli era d’accordo
che questa fosse la sua opinione, e discutendo di ciò io lo chiamai
“Parmenide”). …. Facendo appello al suo stesso modo di esprimere
le cose in termini teologici, io dissi: se Dio avesse voluto mettere
tutte le cose nel mondo fin dall’inizio, avrebbe creato un mondo
senza cangiamento, senza organismi e senza evoluzione, e senza
l’uomo e l’esperienza umana del cangiamento. Ma sembra che Dio
abbia pensato che un mondo vivo, con eventi inaspettati da Lui
medesimo, sarebbe stato più interessante di un mondo morto”.
(Karl R. Popper, La ricerca non ha fine, Armando Editore, 1976)
251
Universo iperdeterministico della
relatività
Per Einstein il reale era dato
e prefissato una volta per
tutte e l’evoluzione era solo
una pura immaginazione
umana.
252
COSA ACCADE CON LA
RELATIVITÀ DEBOLE?
253
L’ Universo non è più iperdeterministico con la
relatività debole.
• La trasformazione inerziale più generale per il
tempo da S ad S’ quando i due sistemi si
muovono rispetto al sistema privilegiato S0
v'
con velocità v e v’sono
.
1
c ct
ct ' 
• Ma ct=0 implica ct’=0.
v
2
1
2
c
• Tutti gli osservatori concordano sul presente e
il futuro non è più predeterminato.
254
Trasformazioni inerziali
• Ricordiamo
x0  vt0
x
R
t  Rt0
• La velocità della luce che si propaga ad un
angolo  rispetto alla velocità v di S rispetto ad
S0 è: c    vc
1
1  cos 
c
• Tra due riferimenti inerziali si ha:
R
v'  v 
R'
x'   x  2 t  t '  t
R'
R
R

255
Sincronizzare l’orologio universale
• Ma qual è il sistema di
riferimento S0 privilegiato?
• È difficile fino ad oggi rispondere
a questa domanda.
256
Sincronizzare l’orologio universale
• Tuttavia è possibile risincronizzare gli
orologi nell’universo in modo da passare
da un sistema privilegiato ad un altro.
• Il privilegio è quello dell’isotropia dello
spazio. La velocità della luce deve essere
la stessa in tutte le direzioni.
257
Sincronizzare l’orologio universale
• Per risincronizzare gli orologi
imponiamo che la luce nel
sistema S passi dal valore
c
c   
ac .
v
1
1  cos 
c
258
Sincronizzare l’orologio universale
Quando un raggio di luce percorre
una distanza l in una direzione
che forma una angolo  con l’asse
x il tempo deve subire il seguente
cambiamento l  v
l

1  cos   
c c
 c
259
Sincronizzare l’orologio universale
L’omogeneità dello spazio impone
l cos  x .
Quindi per risincronizzare gli orologi
basta sottrarre al tempo segnato
dall’orologio in una posizione x il
x
v
valore 2 .
c
260
Sincronizzare l’orologio universale
xv
Il nuovo tempo che sostituisce t è: t  t  2
c
Se si fa la stessa cosa per tutti gli orologi in
quiete rispetto ad S, si ottiene la
situazione in cui la velocità della luce
relativamente ad S diviene isotropa ed
uguale a c.
261
Sincronizzare l’orologio universale
Per un nuovo sistema S’ la
risincronizzazione diventa
2
R' v
t '  t ' x '
vv ' c 2
1 2
c
Quindi la risincronizzazione sostituisce S0
come sistema privilegiato con S.
262
CAPITOLO 15
ANCORA SULLA
CAUSALITÀ. COSA ACCADE
CON LA RELATIVITÀ
DEBOLE.
263
SEGNALI SUPERLUMINALI E
PARADOSSI CAUSALI
• Riprendiamo il discorso dei paradossi causali
visto già con il treno di Landau.
• Secondo la teoria della relatività ristretta,
l’esistenza dei segnali superluminali
comporterebbe una serie di paradossi
temporali come quelli che riguardano la
modificazione del passato.
264
SEGNALI SUPERLUMINALI E
PARADOSSI CAUSALI
• Francesco e Giovanni sono due amici che
decidono di condurre un’esperienza con segnali
superluminali.
• Francesco (F) si allontana da Giovanni (G) con
velocità inferiore a quella della luce.
• Quando occupa la posizione F1, Francesco invia
un segnale superluminale a Giovanni che lo riceve
nella posizione G1.
• Dopo un certo tempo Giovanni risponde a
Francesco con un altro segnale superluminale.
265
SEGNALI SUPERLUMINALI E
PARADOSSI CAUSALI
• I due segnali superluminali devono
soddisfare la sola condizione di apparire
in propagazione verso il futuro di chi li
emette.
• La linea G2F2 deve salire.
• La linea F1G1 deve avere una pendenza
minore di quella dell’asse x’.
266
SEGNALI SUPERLUMINALI E
PARADOSSI CAUSALI
267
SEGNALI SUPERLUMINALI E
PARADOSSI CAUSALI
1. La risposta inviata da Giovanni
raggiunge Francesco prima che questi
abbia posto la domanda.
2. La teoria della relatività ristretta non
risolve questo paradosso.
3. Può solo affermare che i segnali
superluminali sono impossibili.
268
SEGNALI SUPERLUMINALI E
PARADOSSI CAUSALI
• Dal punto di vista delle trasformazioni
inerziali, la situazione cambia notevolmente.
1. I due segnali superluminali si devono
propagare verso il futuro di chi li ha spediti.
2. Le linee del presente sono le stesse per
entrambi gli osservatori.
3. L’evento F2 non si potrà mai trovare nel
passato di F1.
269
SEGNALI SUPERLUMINALI E
PARADOSSI CAUSALI
270
CAPITOLO 16
ESISTE IL SISTEMA
PRIVILEGIATO S0?
271
SEGNALI SUPERLUMINALI E SISTEMA
PRIVILEGIATO S0
• In un punto precedente è stato detto che
non è facile individuare il sistema di
riferimento privilegiato S0 delle
trasformazioni inerziali.
• Andiamo ora ad osservare il legame che
esiste tra eventuali segnali superluminali
e il sistema privilegiato S0.
272
SEGNALI SUPERLUMINALI E SISTEMA
PRIVILEGIATO S0
• Due segnali che hanno uguale
velocità nel sistema inerziale S,
avranno uguale velocità in S0
perché le trasformazioni delle
due velocità è la stessa.
• Lo stesso vale anche per due
segnali superluminali.
273
SEGNALI SUPERLUMINALI E SISTEMA
PRIVILEGIATO S0
• Due segnali superluminali 1 e 2
hanno la stessa velocità in S0 se:
emessi simultaneamente in
direzioni parallele da due sorgenti
1 e 2, a riposo in S, raggiungono
nello stesso istante il rivelatore,
anch’esso a riposo in S, posto di
fronte alle stesse sorgenti.
274
SEGNALI SUPERLUMINALI E SISTEMA
PRIVILEGIATO S0
275
SEGNALI SUPERLUMINALI E SISTEMA
PRIVILEGIATO S0
• Dopo aver individuato operativamente
due segnali superluminali con la stessa
velocità, disponiamo le due sorgenti una
di fronte all’altra, ad una certa distanza l,
sempre a riposo nel sistema S che si
muove con velocità v rispetto ad S0.
276
SEGNALI SUPERLUMINALI E SISTEMA
PRIVILEGIATO S0
277
SEGNALI SUPERLUMINALI E SISTEMA
PRIVILEGIATO S0
• Il segnale 1 si muove lungo x0 secondo
l’equazione x0  v0t0 v con v0  c
• Il ricevitore 2 che si muove con legge oraria
x0  vt0  Rl rispetto ad S0 viene raggiunto da
Rl
t

1 all’istante t01 dato da
e la
v v
posizione di 1 è
v 0 Rl
01
0
x01 
v0  v
278
SEGNALI SUPERLUMINALI E SISTEMA
PRIVILEGIATO S0
• All’istante t01 2 parte da 2 con la stessa
velocità v0 in verso opposto a quello di 1,
la cui legge oraria in S0 è: x0  x01  v0 t0  t01 
L’origine di S in cui è posizionato 1 ha
equazione in S0 x0  vt0 per cui la coincidenza
si ha quando vt02  x01  v0 t02  t01  .
2v Rl
Il tempo diventa t  v  v
0
02
2
2
0
279
SEGNALI SUPERLUMINALI E SISTEMA
PRIVILEGIATO S0
• Applicando la trasformazione inerziale otteniamo
il tempo t2 nel sistema S
2v0 R 2l
t2 
• Inoltre
4v 0 vl
t2

0
2
2
2
v  v 0  v  c
v0 2  v 2
.
• t2 è una funzione decrescente di v .
• t2 ha un massimo per v=0, cioè nel sistema
privilegiato S0.
280
SEGNALI SUPERLUMINALI E SISTEMA
PRIVILEGIATO S0
• Se esistessero i segnali superluminali e se
esistesse il sistema privilegiato S0, potrei
caricare il laboratorio in cui conduco
l’esperienza con i segnali 1 e 2 su
un’astronave e visitare molti sistemi inerziali.
Quando misurerò il tempo t  v2l avrò
individuato la presenza di segnali
superluminali e, nello stesso tempo,
l’esistenza del sistema privilegiato S0.
MAX
2
0
281
CAPITOLO 17
Appendice. Le trasformazioni di Lorentz
• Consideriamo i due sistemi
di riferimento S e S’ in moto
traslatorio uniforme lungo
la direzione degli assi x e x’
paralleli con velocità
relativa v. Utilizziamo una
derivazione elementare
proposta da Einstein per
ricavare le trasformazioni di
Lorentz.
• (A. Einstein Relatività:
esposizione divulgativa.
Opere Scelte, Bollati
Boringhieri, 1988.)
282
Appendice. Le trasformazioni di
Lorentz
• Per un segnale luminoso che si propaga lungo
l’asse x positivo si ha x  ct , ovvero x  ct  0 .
• Anche nel sistema di riferimento S’ si avrà
x ' ct '  0 ( secondo postulato di Einstein).
• Ovviamente sarà vero se x ' ct '    x  ct 
• Per un segnale luminoso che si propaga lungo
l’asse x negativo avremo x ' ct '    x  ct  .
283
Appendice. Le trasformazioni di
Lorentz
• Sommando e sottraendo le due ultime
equazioni , x ' ct '    x  ct 
x ' ct '    x  ct 

• dopo aver posto a  2 e b 
le due equazioni  x '  ax  bct
 
2
otteniamo

ct '  act  bx
284
Appendice. Le trasformazioni di
Lorentz
• Per l’origine 0’ si ha sempre x’=0 e dalla prima
bc
x

equazione del sistema si ottiene a t e
bc
pertanto se v è la velocità relativa sarà v  a .
• La relazione tra le coordinate spaziali ad un
certo istante, ad esempio t=0 è x '  ax .
• Pertanto un intervallo x '  1 in S’ avrà in S
1

x

lunghezza
.
a
285
Appendice. Le trasformazioni di
Lorentz
x '  ax  bct

• Se è t’=0, eliminando t da 
ct '  act  bx
bc

e ponendo v 
a
si ottiene
 v2 
x '  a 1  2  x
 c 
 v2 
x '  a 1  2 
 c 
E pertanto
se due punti sull’asse x
sono separati dalla distanza pari a 1
286
Appendice. Le trasformazioni di
Lorentz
• Ma dal principio di relatività deve essere
x  x '
1
1
• E quindi a 
a
2
2
v
v
1 2
1 2
c
c
2
287
Appendice. Le trasformazioni di
Lorentz
• Inoltre
bc
av
v
b
b
a
c
• Fino ad ottenere

x ' 





t ' 


1
v
v2 c
1 2
c
x  vt
v2
1 2
c
xv le trasformazioni di
t 2
c
v2
1 2
c
Lorentz
288
Appendice. Il gruppo di Lorentz
• Scriviamo le trasformazioni di Lorentz

v 

t '    t  c 2 x 



1
 x '    x  vt  con  
2
v

y'  y
1

2

c
z' z

289
Appendice. Il gruppo di Lorentz
• Moltiplichiamo per c la prima equazione

v 

ct '    ct  c x 




 x '    x  v ct 



c 

v

ct '   ct   x


c

 x '   v  ct   x

c
290
Appendice. Il gruppo di Lorentz
2

v 
2
  1  2   1
 c 
1
 
2
v
1 2
c
2
v
2
2
   2  1 iperbole equilatera
c
2
291
Appendice. Il gruppo di Lorentz
Introduciamo le funzioni iperboliche
  cosh 
v
 tgh 
v
c
  sinh 
c
2
2
cosh   sinh   1
292
Appendice. Il gruppo di Lorentz
Ridefinendo la variabile temporale
ct  t
 t '  cosh  t  sinh  x

 x '   sinh  t  cosh  x
Gruppo di Lorentz
Notiamo una certa analogia con le rotazioni nel
piano cartesiano
293
Appendice. Il gruppo di Lorentz
Si definiscono le funzioni iperboliche
x
e e
sinh x 
2
x
x
e e
tg h x  x  x
e e
x
e e
cosh x 
2
x
x
294
Appendice. Il gruppo di Lorentz
Proprietà delle funzioni iperboliche
cosh 2 x  sinh 2 x  1
sinh  x  y   sinh x cosh y  cosh x sinh y
cosh  x  y   cosh x cosh y  sinh x sinh y
sinh   x    sinh x
cosh   x   cosh x
tg h   x   tg h x
295
Appendice. Il gruppo di Lorentz
Alla trasformazione di Lorentz associamo la
matrice
 cosh 
A    
  sinh 
 cosh 
A    
  sinh 
 sinh  

cosh  
 sinh  

cosh  
 cosh      sinh     
A    A     A    A     A      


sinh



cosh









296
Appendice. Il gruppo di Lorentz
Inoltre
Elemento neutro per   0
sinh 0  0 cosh 0  1
1
I 
0
A   
0

1
AT  
A    1  A   è una matrice speciale
297
Appendice. Il gruppo di Lorentz
La trasformazione inversa si ottiene
semplicemente cambiando segno alla velocità
v

ct   ct '  c x '  t  cosh  t ' sinh  x '


 x  v  ct '  x '  x  sinh  t ' cosh  x '

c
298
Appendice. Il gruppo di Lorentz.
Genesi delle funzioni iperboliche.
x  y 1
2
2
S
299
Appendice. Il gruppo di Lorentz.
Genesi delle funzioni iperboliche.
• Calcoliamo l’area S della figura piana racchiusa
dalla retta e dall’iperbole nel primo quadrante


1
S  ln x  x 2  1 

2 


ln x  x  1  t
2
e 2t  1  2 xet
poniamo 2 S  t
x  x 1  e
2
t
x  1   e  1
2
t
2
et  e  t
x
 cosh t
2
• Otteniamo il valore del coseno iperbolico e di
conseguenza anche quello del seno iperbolico
300
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