Nella relatività generale si definisce buco nero una
regione dello spazio-tempo con un campo
gravitazionale così forte e intenso che nulla al suo
interno può sfuggire all'esterno.
Previsti dalla teoria della relatività generale di
Einstein, sono il risultato dello stadio finale
dell’evoluzione di stelle massicce almeno otto volte il
Sole.
Quando hanno esaurito il loro combustibile nucleare,
gli astri collassano su loro stessi, creando un campo
gravitazionale così intenso da curvare anche lo spazio
circostante, fino a ridursi a oggetti puntiformi da cui
né materia né radiazione elettromagnetica riescono a
fuoriuscire: i buchi neri.
I BUCHI NERI non sono più “neri”: lo ha
annunciato il celebre fisico Stephen
Hawking.
Secondo quanto pubblicato su Nature del 24
gennaio dal settantenne scienziato
britannico, i buchi non sarebbero quei
mostruosi divoratori cosmici che fagocitano
inesorabilmente ogni cosa prossima ai loro
paraggi: sia materia sia radiazioni possono
invece uscirne.
Tutto il contrario di quanto sostenuto finora.
Una teoria che rivoluziona radicalmente il
concetto stesso di buco nero.
Nessuno ha mai osservato un buco nero. Come
tali, i buchi neri non emettono luce. Tuttavia,
numerosi indizi ci hanno convinto del fatto che
esistano, come sostiene la teoria della relatività.
Nella maggior parte dei casi sono il
prodotto del collasso di stelle più
massicce del Sole, al termine del loro
ciclo di vita: tutta la loro massa collassa
fino a essere racchiusa in un punto di
dimensioni quasi nulle ma di densità
infinita. Sono i fenomeni più strani del
nostro universo, e continuano ad
affascinare scienziati e profani.
Questa è la teoria che rese famoso in tutto il
mondo Sthepen Hawking. Applicando le leggi
della meccanica quantistica ai buchi neri,
Hawking dimostrò che i buchi neri non sono poi
tanto neri, ma evaporano.
All’altezza del loro orizzonte degli eventi, ossia
il limite tra il buco nero e il resto dell’universo
si creano continuamente particelle e
antiparticelle che si annichilano a vicenda in
modo istantaneo, rilasciando energia. Questo
fenomeno avviene nel vuoto, in ogni parte
dell’universo; e anche sull’orizzonte degli eventi
di un buco nero.
Solo che qui avviene qualcosa di diverso:
una particella viene catturata dalla forza
gravitazionale del buco nero, l’altra
sfugge alla sua attrazione. E così
facendo rilascia energia, e quindi massa,
che il buco nero perde. Su tempi
lunghissimi, miliardi e miliardi di anni,
tutta la loro massa evapora sotto forma
di radiazione, e il buco nero scompare.
Alla fine dell’universo, tra numerosi eoni,
tutta la materia dell’universo, inghiottita
dai buchi neri, sarà rilasciata sotto
forma di radiazioni, l’unica cosa che
esisterà nel cosmo.
Un buco nero si caratterizza per due elementi: la
singolarità centrale, un punto dove lo spazio-tempo
smette di avere senso; e un orizzonte degli eventi, che
circonda la singolarità. Si chiama così perché
rappresenta l’orizzonte oltre il quale può essere
osservato un fenomeno: un astronauta al di fuori di
questo limite non potrebbe mai vedere cosa succede a
un suo collega che andasse a finire dall’altra parte. E
questo perché, dentro l’orizzonte degli eventi, la
gravità è tale che nemmeno la luce può uscirne. Però,
l’astronauta che vi cadesse dentro potrebbe
sperimentare un fenomeno particolare se non venisse
subito distrutto dalle forze di marea. Cadendo man
mano verso la singolarità, lo spazio-tempo si
dilaterebbe fino a valori infiniti. Lo sventurato
astronauta vedrebbe in pochi istanti la storia futura
di tutto il cosmo, fino al suo ultimo lamento.
Un buco nero enorme si trova
al centro della nostra galassia.
Attraverso lo studio dei moti
delle stelle che gravitano
intorno al centro, gli scienziati
sono riusciti a stimarne le
dimensioni: se la singolarità
centrale si trovasse al posto
del nostro Sole, il suo
orizzonte degli eventi si
estenderebbe fino all’orbita di
Urano. Tra miliardi e miliardi di
anni, tutta la materia della Via
Lattea finirà inghiottita dal
buco nero centrale. Sappiamo
che anche la galassia di
Andromeda ha un simile buco
nero supermassiccio al suo
centro, e sospettiamo che
tutte le galassie ne abbiano
uno.
Recenti teorie sostengono che buchi neri
supermassicci caratterizzavano il panorama
dell’universo primordiale. Non è ancora chiaro
come, dato che i buchi neri, nella maggior
parte dei casi, nascono dal collasso di stelle
grandi molto più del sole.
E se nell’universo primordiale le stelle non avevano ancora avuto il
tempo di morire dopo miliardi di anni di vita, da dove sono usciti fuori
questi? Le condizioni estreme dei primi istanti dopo il Big Bang
potrebbero aver avuto forti conseguenze sul tessuto spazio-temporale
del nostro cosmo, portando alla nascita di singolarità al centro di buchi
neri. Ma c’è anche chi sostiene che il nostro stesso universo sia nato
da un buco nero.
E questo perché sia i buchi neri che il Big Bang
condividono un elemento peculiare della teoria della
relatività, la singolarità spazio-temporale, un punto
di densità infinita che potrebbe virtualmente
contenere dentro di sé l’intero universo. Forse, ogni
buco nero produce un nuovo universo dall’altra parte
della singolarità al suo centro.
C’è stato molto rumore (ovviamente inutile) intorno alla
storia pseudoscientifica per cui l’acceleratore di
particelle LHC del Cern di Ginevra avrebbe potuto
produrre mini-buchi neri all’indomani della sua
accensione, nel 2008. Piccoli, certo, ma capaci di
inghiottire in poco tempo l’intero pianeta. In realtà è
possibile che mini-buchi neri passino attraverso la
Terra praticamente ogni giorno, senza che ce ne
accorgiamo. Nati anch’essi all’inizio
dell’universo, potrebbero avere la dimensioni di un
atomo e non riuscire a inghiottire alcunché, per le loro
peculiari caratteristiche. Ma potrebbero essere dei
buoni candidati per spiegare la materia oscura:
nonostante siano minuscoli e invisibili, la densità al
centro delle loro singolarità sarebbe tale da poter
spiegare quella massa mancante dell’universo che da
anni fa disperare gli astrofisici di tutto il mondo.
I lampi gamma (gamma-ray burst) sono forse i fenomeni più
violenti dell’universo, e continuano a essere un mistero, a
cento anni dalla loro scoperta. Provengono da punti casuali
nel cielo, al di fuori della nostra galassia, spesso a miliardi di
anni luce di distanza dalla Terra, anni luce di distanza dalla
Terra, e tuttavia sono sufficientemente potenti da essere
rilevati sia sul nostro pianeta che dai satelliti in orbita.
Le teorie correnti sostengono
che i gamma-ray burst siano il
prodotto dell’accrescimento di
un buco nero: quando enormi
masse come quelle di una stella
di neutroni, estremamente
condensata, vengono risucchiate
dall’orizzonte degli eventi,
aumentando il disco di
accrescimento del buco nero,
verrebbero emessi questi lampi
spaventosi.
É l’idea cara alla fantascienza che sia possibile,
qualora si riuscisse a evitare la disintegrazione
all’interno del buco nero, utilizzare le
singolarità al loro centro come scorciatoie
spazio-temporali. Entrando in un buco nero in
un punto preciso dell’universo, potremo uscire
da un altro buco nero da tutt’altra parte. In
realtà si tratta di una teoria che non convince
molto i fisici, anche se c’è chi ha suggerito che
civiltà extraterrestri estremamente più
evolute di noi potrebbero riuscire (o essere già
riuscite) a produrre artificialmente buchi neri
di questo tipo, stabili abbastanza da permette
di sfruttarli come tunnel spazio-temporali.
Stephen Hawking
è un fisico, matematico,cosmologo e astrofisico britannico,
fra i più importanti e conosciuti del mondo, noto
soprattutto per i suoi studi sui buchi neri e l'origine
dell'universo.
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i buchi neri