I Buchi Neri
Cenni
Storici
Un buco nero
in breve
Teorie
derivate
Formazione e
caratteristiche
Osservazione
Uscita e Credits
Cenni storici
John Mithcell e Pierre Simon de Laplace calcolarono che stelle di oltre 500
masse solari potevano impedire alla luce di uscire dal campo gravitazionale.
Nel 1915, con la teoria della Relatività Generale, Einstein previde che lo
spazio si deformi in vicinanza di corpi molto massivi. Lo stesso anno,
Schwarzschild dimostrò la possibilità che potesse esistere un campo
gravitazionale generato da un punto.
Nel 1939, Robert Oppenheimer, realizzatore della bomba atomica, calcolò
che, quando la massa di una stella supera di tre volte quella solare, il campo
gravitazionale raggiunge intensità talmente elevate da far collassare l’astro.
Stephen Hawking e Roger Penrose, nel 1970, dimostrarono come
l’evoluzione di alcuni corpi sia inevitabilmente un collasso gravitazionale.
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Buco Nero in breve
Massa minima (della stella d’origine): 3 masse solari (1,9891 × 1030 kg)
( sono teorizzabili buchi neri di masse infime, ma con densità molto elevate )
Velocità di fuga = velocità della luce (300.000 km/s)
Raggio dell’Orizzonte degli Eventi: 2GM/c²
( c = velocità della luce, G = costante di gravitazione universale, M = massa )
Temperatura: Һ c³/ 8πGMĸ
( Һ = costante di Planck, k = gravità all’orizzonte )
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Formazione
Morte della stella (supernova): quando le reazioni termonucleari bruciano
tutto l’idrogeno della stella, l’astro subisce una forte espansione e
successivamente esplode, espellendo gli strati più esterni.
Collasso gravitazionale della materia residua: se la massa
restante supera le 3 masse solari, la forza di gravità del nucleo è
talmente elevata che la stella implode.
Nascita della singolarità
La massa si concentra in un solo punto di densità infinita e volume zero.
Ancora oggi, l’esistenza della singolarità rimane un punto irrisolto della fisica.
I buchi neri possono formarsi dovunque, ma oggi si pensa che al centro di
ogni galassia vi sia un enorme buco nero, un buco nero supermassivo.
clicca qui per visionare il quadro dell’evoluzione stellare
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Orizzonte degli Eventi
(o raggio di Schwarzschild)
È una superficie immaginaria all’interno del quale la velocità di fuga è
maggiore di quella della luce, pertanto si considera il confine del buco nero.
La leggi della fisica classica non hanno valore all’interno dell’orizzonte degli
eventi, dove lo spazio-tempo assume caratteristiche molto diversi dalla realtà.
Tutto ciò che oltrepassa l’Orizzonte degli
Eventi non può più tornare indietro.
Perché la luce risente della
presenza di una massa?
(clicca qui)
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I buchi neri sono veramente neri?
Stephen Hawking dimostrò che i buchi neri emettono una radiazione,
o massa (E=mc²), perdendo costantemente energia.
Radiazione di Hawking: i buchi neri emettono un numero di
particelle inversamente proporzionale alla loro massa.
Questo processo è definito
“evaporazione”. Questo fenomeno
è però puramente quantistico e
non è dimostrabile con le teorie
classiche. È chiaro però che i
buchi neri hanno una temperatura.
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Curvatura dello Spazio
Come fanno i fotoni, corpi privi di massa, a interagire
con un campo gravitazionale?
Secondo la Relatività Generale di Einstein, ogni corpo massivo crea
una deformazione dello spazio circostante. Questa deformazione è
inconcepibile nello spazio 3-D a noi noto, ma per dimostrarla Einstein
sfruttò la geometria non euclidea di Reinmann.
Per semplificare, è possibile ridurre l’Universo ad una tela su cui
vengono poggiati dei corpi: ognuno di questi risentirà della presenza
degli altri.
Tutti i corpi, anche la luce,
risentono della curvatura.
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Glossario
• Big Bang: la più accreditata teoria sulla nascita dell’universo. Al tempo Zero,
la materia era concentrata in un punto; un “istante” dopo si crearono spazio,
tempo ed energia.
• Campo: è una regione di spazio interessata da una certa proprietà (in questo
caso, dalla forza di gravità).
• E=mc² : stabilisce la relazione tra massa (a riposo) ed energia di un corpo,
proporzionali del quadrato della velocità della luce. Einstein, nella Relatività
Ristretta, spiegò così l’equivalenza tra massa ed energia, con importanti risvolti
tecnico-scientifici (l’energia nucleare).
• Relatività Generale: è la teoria con cui Albert Einstein rivoluzionò la
cosmologia e la fisica. Il copro di questa teoria è composto dalle dieci equazioni
del campo di Einstein, che spiegano la curvatura e il concetto di spazio-tempo.
• Velocità di fuga: è un determinato valore di velocità per cui un corpo riesce a
fuggire alla forza di gravità che lo lega ad un pianeta (sulla superficie terrestre
v = 11200 m/s).
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Teorie derivate dai buchi neri
Wormhole
I Wormholes vengono anche
definiti “tunnel cosmici”, furono
teorizzati da John Wheeler.
Questa teoria nasce dalla
convinzione che un buco nero
possa unire due “lembi” dello
spazio-tempo, e ciò
permetterebbe di coprire distanze
cosmiche in un istante.
Sebbene l’esistenza dei
Wormhole sia stata dimostrata
matematicamente, essendo essa
garantita dalle leggi del Relatività
Generale, non ne esiste alcuna
osservazione diretta.
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Teorie derivate dai buchi neri
Buchi bianchi
È una suggestiva teoria, derivata dai wormhole, secondo la quale ad ogni
buco nero corrisponde un buco bianco.
La proprietà di questi corpi sarebbe quella di
emettere la materia risucchiata dai buchi neri ed
espellerla, forse sottoforma di antimateria, dopo
il passaggio nel wormhole. L’esistenza di buchi
bianchi non collegati a nessun buco nero è
invece molto discutibile.
I buchi bianchi non sono mai stati osservati, e
non esiste tutt’oggi nessuna teoria valida che
determini una loro probabile esistenza.
Immaginaria rappresentazione
di un buco bianco.
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Teorie derivate dai buchi neri
Big Crunch
Tra le teorie sulla fine dell’universo, una delle più accreditate è quella del
Big Crunch o Grande Implosione.
Tale teoria prevede che l’Universo, oggi in espansione, rallenti il suo moto fino
ad arrestarsi e successivamente collassi su sé stesso. Si giungerebbe ad una
situazione di singolarità gravitazionale (un buco nero), simmetrica rispetto
all’uovo cosmico che avrebbe originato il Big Bang.
La condizione necessaria a questo processo è che il valore di densità
media dell’Universo superi un valore ben definito che prende il nome di
“densità critica”.
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Come si osserva un buco nero?
L’osservazione diretta di un buco nero non è possibile; tuttavia esso può modificare lo spazio
circostante in modo tale da determinare fenomeni rilevabili da strumenti sensibili a radiazione
elettromagnetica di vario tipo. L’osservazione di tali fenomeni può costituire una prova indiretta
dell’esistenza di questi oggetti. I buchi neri si possono manifestare in diversi modi:
•
buchi neri isolati, collocati in una regione dello spazio a bassissima densità. Si può verificare che
la luce di un oggetto collocato al di là del buco, sulla sua stessa direzione venga deflessa per
effetto della curvatura dello spazio prodotta dal campo gravitazionale, e l’immagine del corpo
celeste risulti distorta come se fosse osservata attraverso una lente ( “lente gravitazionale”).
•
buchi neri isolati circondati da materia interstellare. Quest’ultima cadendo lungo traiettorie a
spirale verso l’orizzonte degli eventi si riscalda e comincia ad emettere radiazione
elettromagnetica in tutte le frequenza rilevabile grazie all’utilizzo di radiotelescopi.
•Se un buco nero si forma in un sistema binario, il
suo campo gravitazionale attrae materia della stella
compagna, e tale materia, cadendo nel buco lungo
traiettorie a spirale, si addensa in un disco di
accrescimento che cresce di dimensioni fino a
raggiungere una situazione stazionaria. All’interno del
disco, compressione e vorticità portano la materia a
raggiungere temperature elevatissime (decine di
milioni di gradi) sufficienti a produrre emissione di
raggi X.
Esempio di sistema binario con buco nero
Il suono di un buco nero
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Radioastronomia e radiotelescopi
La radioastronomia è una nuova scienza che si occupa
dell’astronomia del cielo extraottico, ossia nient’altro dello studio del
cielo dalle lunghezze d’onda non visibili all’occhio umano.
Un radiotelescopio è un telescopio che è
specializzato nel rilevare onde radio emesse
dalle varie radiosorgenti sparse per l'Universo,
generalmente grazie ad una grande antenna
parabolica, o più antenne collegate. È costituito
da un collettore di onde radio e da un rilevatore,
fornito a sua volta di uno spettro astronomico. I
radiotelescopi possono osservare molti tipi di
oggetti diversi: le pulsar radio o i quasar sono gli
esempi più famosi e spettacolari.
Importanti caratteristiche di un
radiotelescopio sono :
Sensibilità = capacità di rivelare segnali deboli.
Potere di risoluzione = Capacità di distinguere
oggetti vicini.
La radiazione elettromagnetica proveniente da un oggetto celeste viene riflessa nel
fuoco primario (a sinistra); se in questo fuoco viene posto un secondo "specchio" la
radiazione giunge nel fuoco secondario (a destra), dove è più semplice collocare gli
strumenti per rivelarla.
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Gli spettri radioastronomici
Ottenere lo spettro di una radiazione elettromagnetica significa misurare la sua intensità per
ogni intervallo di frequenza. Lo spettro di un oggetto celeste può fornire indirettamente
informazioni sull'oggetto stesso, impossibili da ottenere in altro modo: la sua temperatura
superficiale, la sua composizione chimica, la velocità a cui ruota, etc.
Il caso più comprensibile è quello della luce, somma di tutti i colori dell’iride che hanno però differente frequenza e
luminosità tra loro Per poterli osservare separatamente, è necessario scomporre la luce bianca: quello che si ottiene è
uno spettro ottico che appare più luminoso nella parte gialla che nei restanti colori. Lo spettro è però solcato da
numerose righe scure, le frequenze che mancano, e che perciò lasciano una riga buia, sono state "catturate" dagli
elementi chimici che si trovano nell'atmosfera del Sole. Poiché ciascun elemento (o molecola) è in grado di assorbire
ben note frequenze, lo spettro permette di identificare gli elementi e i composti che si trovano nell'atmosfera del Sole.
Nella banda radio lo spettro si ottiene effettuando una opportuna analisi del segnale raccolto dall'antenna e
trasformato in segnale elettrico. Il prodotto finale è un grafico che mostra la potenza della emissione radio
proveniente dalla sorgente in funzione della frequenza. Le righe in assorbimento appariranno come "buche" al
di sotto del continuo, mentre quelle in emissione si distingueranno come "picchi".
Come nel caso ottico, lo spettro radio consente di avere informazioni sulla fisica, sulla chimica e sulla dinamica
della sorgente che si sta osservando, ricostruendo anche mappe relative ai diversi elementi osservati.
L’antenna radioastronomica
Il segnale radioastronomico non subisce una variazione nel
tempo e si manifesta come un segnale incoerente a spettro
continuo irradiato su tutte le frequenze. L’antenna è costituita
da un paraboloide di rivoluzione metallico completamente
orientabile che concentra la radiazione elettromagnetica
incidente nel suo fuoco (l’ apparato ricevente).
In radioastronomia, come in astronomia ottica, si sfruttano
combinazioni di più specchi per ottenere una maggior
distanza focale in uno spazio più compatto e più posizioni
nelle quali allocare gli apparati di ricezione.
In radioastronomia si utilizza l’ottica ondulatoria secondo cui, da un’immagine puntiforme si ottiene una
figura di diffrazione costituita da un disco centrale circondato da una serie di anelli (disco di Airy) , la cui
dimensione caratteristica entro il diametro interno del primo anello è la seguente :
D= diametro dello specchio primario λ = lunghezza d’onda osservata
Il raggio del disco costituisce il limite del potere risolutivo raggiungibile, determinato dalla dimensione dello
specchio primario.
Dato che il potere risolutivo di una singola antenna è molto basso si è ricorso all’ interferometria a sintesi di
apertura, tecnica basata sull’interconnessione di più antenne operanti simultaneamente:l’insieme delle
antenne è chiamato radiointerferometro.
Il potere risolutivo di un radiointerferometro è lo stesso che si avrebbe con una singola antenna avente
diametro pari alla lunghezza della linea di base.
Per effettuare una corretta composizione dei dati le antenne, connesse tra loro via cavo o via ponte radio,
sono perfettamente sincronizzate tra loro.
Il fronte d’onda emesso da una
radiosorgente percorre una lunghezza
diversa per raggiungere le due antenne e
la differenza di cammino vale:
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D= distanza tra le antenne
θ = angolo di elevazione della radiosorgente
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Cos’é una “lente gravitazionale”?
Per “lente gravitazionale” si intende un corpo
celeste che,come una comunissima lente,
possiede la peculiarità di alterare il percorso
della luce che lo attraversa, grazie alla
curvatura dello spazio prodotta dalla sua
massa.
Particolare esempio
di “lente
gravitazionale” detto
croce di Einstein.
a
Esempi di lenti gravitazionali.
Si tratta di un fenomeno prospettico dovuto al
fatto che,rispetto ad un osservatore sulla
Terra,due o più oggetti posti a diverse distanze
si trovino allineati lungo un identica linea di
mira. La luce dell’oggetto più lontano viene
deviata dal campo gravitazionale di quello più
vicino, dando vita all’effetto di distorsione.
NB:la teoria prevede che la “lente” si debba trovare
a metà strada tra l’osservatore e la sorgente solo
se essa stessa è di tipo puntiforme (ad esempio un
buco nero).
Il fenomeno più spettacolare prodotto dalle “lenti
gravitazionali” è sicuramente il cosiddetto anello di Einstein.
Esso si verifica quando la sorgente luminosa ed il corpo
celeste che funge da lente sono posti sulla stessa linea di
vista dell’osservatore: di conseguenza si un anello luminoso.
a
b
Esempi di anelli di Einstein.
c
d
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Il suono di un buco nero
Grazie a CHANDRA l’osservatorio ai Raggi X fra le stelle della NASA è stata per la prima volta
individuata un’onda sonora proveniente da un buco nero a circa 250 milioni di anni luce dalla terra.
Nel 2002 gli astronomi ottennero un’immagine che mostrava delle increspature nei gas che
circondano la costellazione. Queste increspature sono evidenze di onde acustiche che hanno
viaggiato per centinaia di migliaia di anni luce dal buco nero verso il centro della costellazione.
Precedenti osservazioni hanno rivelato il prodigioso ammasso di luce e calore originato dal buco
nero, successivamente anche il suo suono. In termini musicali la variazione del suono creato dal
buco nero lo trasla nella nota di "SI bemolle”. Purtroppo nessun essere umano sarà in grado di
ascoltare questa nota, dato che è 57 ottave più bassa della nota "DO" medio. Queste onde sonore
potrebbero darci un aiuto a capire come si evolvono le più grandi strutture conosciute dell’Universo.
Immagini elaborate da Chandra.
In precedenza, le registrazioni avevano
rivelato due vaste cavità a forma di bolla
che si estendevano dal centro della zona
del buco nero verso la periferia della
galassia. Queste cavità erano state
formate da flussi di materia che
sembravano respingere il gas galattico. I
flussi, un effetto anti-intuitivo rispetto
all’immagine del buco nero che ingoia
materia circostante, sono stati a lungo
sospettati di essere la causa del
riscaldamento dei gas, ma l’esatto
meccanismo restava sconosciuto. Le
onde acustiche osservate propagarsi
verso l’esterno, potrebbero aiutarci a
capire il meccanismo.
Credits
Sitografia
• www.wikipedia.org – The Free Encyclopedia
• www.torinoscienza.it – Portale di divulgazione
• www.esa.int – Agenzia Spaziale Europea
• www.cosediscienza.it
• www.vialattea.net – Divulgazione Scientifica
Fine
Il lavoro è stato effettuato dagli alunni della V D
a.s. 2006/2007 del Liceo Scientifico “G. Salvemini”
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I Buchi Neri - liceo scientifico gaetano salvemini