ORATORIO SAN DOMENICO SAVIO - MESSINA
Oratorio e Gioco
Verso quale
direzione?
Fabio Cicciò
“… subito mi trovai una schiera di giovanetti che mi
seguivano pei viali, per le piazze e nella stessa
sacrestia della chiesa dell’Istituto… Fu allora che io
toccai con mano, che i giovanetti usciti dal luogo di
punizione, se trovano una mano benevola, che di
loro si prenda cura, li assista nei giorni festivi,
studi di collocarli a lavorare presso di qualche
onesto padrone, e andandoli qualche volta a visitare
lungo la settimana, questi giovanetti si davano ad
una vita onorata, dimenticavano il passato,
divenivano buoni cristiani e onesti cittadini” (MO,
120.122-123
“… e ciò per molti anni, trovandosi in mezzo a
un crocchio dei suoi giovani o dei chierici,
scherzando al solito, finiva col sedersi in terra
con le gambe incrociate e con gli alunni intorno
a lui egualmente seduti. Egli teneva allora in
mano il suo bianco fazzoletto e formatane come
una palla la faceva saltare da una mano
all’altra. I giovani silenziosi osservavano questo
gioco ed: - Oh! Esclamava ad un tratto; se
potessi avere con me dodici giovani dei quali io
fossi padrone di disporre come dispongo di
questo fazzoletto, vorrei spargere il nome di
N.S. Gesù Cristo non solo in tutta l’Europa, ma
al di là, fuori de’ suoi confini, nelle terre
lontane…” (Don Lemoyne)
In un clima che definiremmo di forte tensione
spirituale a cui contribuiscono tutte le <<risorse>>
dell’ingegno pedagogico di Don Bosco e, in
particolare, le compagnie, la valorizzazione e la
devota preparazione delle numerose feste
religiose, il clima di gioiosa confidenza, la buona
stampa, l’esortazione all’imitazione dei modelli di
giovanetti, le numerose devozioni.
“Far rivivere Don Bosco in noi è il più bel
monumento con cui possiamo onorare la sua memoria
e renderla preziosa e benefica anche nei secoli
venturi. Leggiamo, studiamo con indefesso amore la
sua vita, sforziamoci di imitarlo nel suo zelo
ardente e disinteressato per la salute delle anime,
nel suo amore e nella sua illimitata devozione alla
Chiesa e al Papa, in tutte le virtù di cui ci ha
lasciato tanti preclari esempi. E facciamo tesoro
dei suoi ammaestramenti, ricordandoci ch’essi non
erano soltanto un frutto del suo non comune
ingegno e della sua profonda esperienza, ma anche
dei lumi soprannaturali ch’egli chiedeva con
insistenti preghiere, e che gli erano largiti come
premio della sua inalterabile fedeltà nel lavorare il
campo affidatogli dal Signore” (Don Paolo Albera)
“La passione di Don Bosco per la
gioventù è la nostra eredità più
preziosa” (XXVI CG)
E’ davvero questo il più bel monumento
che tutti noi, salesiani consacrati e
laici, possiamo costruire a Don Bosco!
“Vedere turbe di giovanetti, nell’età dai 12 ai 18
anni, tutti sani, robusti, d’ingegno svegliato: ma
vederli lì inoperosi, rosicchiati dagli insetti,
stentar di fame spirituale e temporale, fu cosa
che mi fece inorridire” (MO, 103)
L’impostazione dell’Oratorio fu sin dal principio
molto articolata, prevedendo fra le attività:
catechismo, preghiera, giochi, passeggiate,
teatrino, musica, insegnamento della lettura, della
scrittura e del calcolo.
La presenza di educatori attivi e costanti, la
peculiarità cristiana del luogo stesso ed infine il
cortile ossia gli ampi spazi per il gioco e lo sport,
sono tre elementi fondamentali affinché l’ambiente
sia educativo.
Ma ciò che contraddistingue in modo particolare
questo ambiente è proprio il cortile, o meglio, la
vita del cortile, animata da stuoli di ragazzi
vocianti e coinvolti in varie occupazioni e ciò è
stato indicato con efficacia come uno dei fattori
capitali di tutta l’azione educativa di Don Bosco e,
in seguito, dei suoi imitatori
“Il cortile come un “punto strategico” per Don
Bosco, importante quanto la cappella e l’aula
scolastica” (Joseph Aubry)
“Un maestro visto solo in cattedra è maestro e
non più, ma se va in ricreazione con i giovani
diventa come fratello. Se uno è visto solo
predicare dal pulpito si dirà che fa né più né meno
del proprio dovere, ma se dice una parola in
ricreazione è la parola di uno che ama” (Lettera
da Roma)
Un ambiente positivo nel quale possiamo
sperimentare la gioia di vivere, con ampie
possibilità di giocare e divertirsi, di formarsi e di
trovare lavoro, di sentirsi amati, accettati e
valorizzati in un “clima di famiglia”.
Don Bosco non si vergogna di andare in giro a
cercare i ragazzi, di giocare con loro.
L’educazione mette al centro il ragazzo e non
l’attività. L’allenatore sarà un educatore se non si
preoccupa solo di allenamenti e campionati, ma si
interessa dell’andamento scolastico, del
comportamento in famiglia e, nello sport, più della
crescita della persona che dei risultati agonistici.
Particolareggiate sono le norme relative ai giochi e
ai compiti dei Regolatori della Ricreazione.
… quando da ragazzo raccoglieva attorno a sé i
suoi compagni, occupandoli con giochi, acrobazie,
attività ricreative, frammisti alla preghiera
comune e alle letture edificanti.
“Ma un compagno gli si avvicinava, gli chiedeva di
sue notizie, lo faceva discorrere e passeggiare, lo
distraeva, lo confortava, lo invitava a giocare, gli
serviva di guida per impratichirsi della casa,
insinuava nel suo cuore buone massime, lo
conduceva in Chiesa a recitare un’Ave innanzi
all’altare della Madonna, gli dimostrava qual padre
amoroso fosse Don Bosco, e lo avviava alla
frequenza dei Sacramenti” (MB V, 484-487)
… quando si imbatte in gruppi di adolescenti che
giocano a carte e a dadi, si siede con loro
puntando anche lui la sua quota; ai monelli più
piccoli offre frutta e dolci; entra nelle locande,
nei caffè e nelle botteghe da barbiere, instaura
amicizia con padroni e apprendisti, invitando questi
ultimi all’Oratorio.
Poco alla volta li conosce tutti per nome e li lega
all’Oratorio
“i giovani non siano solo amati, ma che essi
conoscano di essere amati” (Lettera di Roma e MB
XVII, 110)
“bisogna trovarsi con loro, prendere parte ai loro
giochi” (MB XVII, 111-112)
“familiarità con i giovani, specialmente in tempo di
ricreazione (MB XVII, 111-112)
“Non credo che al mondo vi sia stato uomo che più
di lui abbia amato e sia stato riamato dai
giovanetti” (Scritti Spirituali, Joseph Aubry)
Tutta l’azione di Don Bosco è contrassegnata dalla
gioia che è l’elemento costitutivo del suo sistema
educativo e che è inscindibile dallo studio, dal
lavoro e dalla pietà (la religione).
“Le funzioni religiose ne’ giorni festivi sono come
segue: al mattino comodità per chi vuole
confessarsi; messa cui segue un racconto di storia
sacra od ecclesiastica o l’esposizione del vangelo
della giornata; quindi ricreazione. Dopo mezzodì
catechismo in classe, vespri, breve istruzione dal
pulpito, benedizione col venerabile, cui tiene
dietro la solita ricreazione. Terminate le funzioni
religiose ognuno è libero di rimanere per
trastullarsi o di recarsi a casa. Sul fare della
notte si mandano tutti a casa loro e si chiude
l’Oratorio” (Don Bosco)
“Mi pareva di essere nell’antico Oratorio nell’ora della ricreazione.
Era una scena tutta vita, tutto moto, tutta allegria. Chi correva, chi
saltava, chi faceva giocare. Qui si gioca alla rana, là a barrarotta ed
al pallone. In un luogo era radunato un crocchio di giovani, che
pendeva dal labbro di un prete, il quale narrava una storiella. In un
altro luogo un chierico che in mezzo ad altri giovanetti giocava
all’asino vola ed ai mestieri. Si cantava, si rideva da tutte le parti e
dovunque chierici e preti, ed intorno ad essi i giovani che
schiamazzavano allegramente. Si vedeva che fra i giovani e i
Superiori regnava la più grande cordialità e confidenza. Io ero
incantato a questo spettacolo, e Valfrè mi disse: - Veda, la
famigliarità porta affetto e l’affetto porta confidenza. Ciò è che
apre i cuori, e i giovani palesano tutto senza timore ai maestri, agli
assistenti ed ai Superiori. Diventano schietti in confessione e fuori
di confessione e si prestano docili a tutto ciò che vuol comandare
colui dal quale sono certi di essere amati.
Famigliarità coi giovani specialmente in ricreazione. Senza
famigliarità non si dimostra l’affetto e senza questa dimostrazione
non vi può essere confidenza. Chi vuole essere amato bisogna che
faccia vedere che ama.” (Lettera da Roma)
ECCO QUINDI
LA DIREZIONE
GIUSTA…
E INFINE…
QUALCHE
PILLOLA DI
SAGGEZZA!!!
Gli educatori ideali sono
quelli che si offrono come
ponti verso la conoscenza
e invitano i loro ragazzi a
servirsi di loro per
compiere la traversata;
poi a traversata compiuta,
si ritirano soddisfatti,
incoraggiandoli a
fabbricarsi da soli ponti
nuovi (Nikos Kazantzakis)
CONOSCERE E’ IL PASSATO DEL VERBO AMARE…
SOLO COSI’ VI ACCORGERETE CHE E’ PROPRIO
QUANDO CREDETE DI SAPERE QUALCOSA CHE
DOVETE GUARDARLA DA UN’ALTRA
PROSPETTIVA (J.F. Keating in “L’attimo fuggente”
COMPETENZE IRRINUNCIABILI:
SAPERE
SAPER ESSERE
SAPER FARE
SAPER FAR FARE
…voglio dire che se di tutte queste cose sei competente,
allora mi posso fidare di te
E NON DIMENTICHIAMOCI…
Amare e apprendere
sono verbi che non
hanno l’imperativo!!!
(Pennac)
Grazie per l’attenzione…
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