Una Riforma
In Due Semplici Mosse
e… che non costa nulla!
Gennaio 2009 - © ET
Premessa:
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conseguentemente alla Carta
europea delle autonomie locali,
l’Italia ha promulgato prima la
legge 8 giugno 1990, n. 142,
denominata «Ordinamento delle
autonomie locali», poi la Legge 3
agosto 1999, n. 265, denominata
«Più autonomia per gli enti locali»,
ed infine il Decreto Legislativo 18
agosto 2000, n. 267 «Testo unico
delle leggi sull'ordinamento degli
enti locali».
Questo quadro giuridico, tra l’altro,
prevede che – a partire dal 1990 –
Comuni e Province siano dotati di
uno Statuto. In pratica la “piccola
Costituzione” dell’Ente locale.
La formulazione, le modifiche,
gli aggiornamenti e
l’approvazione degli Statuti
sono di esclusiva competenza
dei Consigli comunali e
Provinciali e di nessun altro.
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A seguito della prima Legge (142/1990)
in tutti gli Statuti comunali e provinciali
sono stati introdotti i referendum
consultivi su materie nelle quali il
consiglio comunale o provinciale ha
competenza deliberativa.
Già con la successiva Legge (265/1999)
dalla definizione dei referendum spariva
l’aggettivo consultivo. Tuttavia esso
rimane pressoché dappertutto inalterato.
Sulla validità di un referendum
consultivo senza tanti giri di parole,
riportiamo di seguito quanto ha
deliberato la sentenza della Corte
costituzionale n. 334/2004, che chiarisce
benissimo in cosa consista: «…dal
momento che il referendum ha
carattere consultivo e non priva il
legislatore nazionale della propria
assoluta discrezionalità quanto
all’approvazione della legge che…».
Dunque, per analogia, anche il Consiglio
comunale e provinciale (o regionale)
sono liberi di NON tener conto dell’esito
referendario consultivo.
Se i politicanti sono liberi di non tenerne
conto, perché mantenere detto referendum
CONSULTIVO?
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Per dare il fumo negli occhi ai
cittadini, lasciando liberi i politicanti
d’ogni risma di fare quello che
meglio credono senza alcun
controllo democratico?
È qui utile ricordare che il maggior
studioso del Federalismo del secolo
ventesimo ha scritto: «Nelle
Repubbliche federali ... Il
popolo sovrano può delegare e
dividere i poteri come meglio
crede ma la sovranità rimane
una sua proprietà
inalienabile.» (D. J. Elazar, “Idee
e forme del federalismo”, Edizioni
di Comunità, Milano, pag. 90).
Che cos’è la "sovranità" se non il
potere di fare, modificare o
legittimare le LEGGI che
riguardano tutti?
La vera riforma costituzionale di cui lo Stato italiano ha bisogno
riguarda un unico concetto: la Sovranità popolare, che
l'articolo 1 comma 2, della Costituzione ha limitato per
salvaguardare l'interesse dei partiti che oggi si dichiarano tutti
favorevoli al federalismo.
Il Federalismo può piacere o non piacere, ma non si può mentire
spudoratamente su ciò che realmente è.
Anche la democrazia (di cui il federalismo si nutre) in Italia è una
pratica edulcorata. Se è così, si deve allora riconoscere che
l’espressione “democrazia diretta” è affetta da un pleonasmo e
che l’espressione “democrazia rappresentativa o partecipata”
costituiscono un ossimoro. Dove c’è democrazia, infatti, c’è
decisione popolare diretta (nel senso appena indicato). Dove,
invece, vi è rappresentanza non v’è democrazia. La distinzione,
ben tracciata, di là dall’Atlantico, da James Madison (con la sua
opposizione tra la “pure democracy” e la “republic”) trovò,
peraltro, la sua più chiara formulazione in Emmanuel-Joseph
Sieyès, nel suo decisivo intervento alla Costituente, il 7
settembre del 1789: il “concours immédiat” alle decisioni
pubbliche è quello che “caractérise la véritable démocratie” ;
il “concours médiat”, invece, “désigne le gouvernement
représentatif”. Pertanto, “la différence entre ces deux
systèmes politiques est énorme”.
 Tutto ciò premesso, e non
potendo agire su un
Parlamento “occupato” dalla
partitocrazia, pone come
alternativa la necessità di
iniziare a riformare gli Enti
locali partendo dalla
formazione di autentiche
Liste Civiche
(necessariamente formate
da cittadini che non si
riconoscono negli attuali
partiti politici italiani) che
avranno la loro ragion
d’essere unicamente se
finalizzata alla modifica
dello Statuto dell’Ente
per il quale concorreranno
alle elezioni.
Ia mossa:
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I Consiglieri comunali (o provinciali)
dovranno pertanto finalizzare la loro
azione principalmente al
contenimento della partitocrazia,
formulando la prima modifica dello
Statuto (comunale o provinciale)
eliminando i referendum consultivi,
ed introducendo i referendum di
“iniziativa” e di “revisione”.
Per «iniziativa», s'intendono azioni
tese ad imporre a Sindaco, Giunta e
Consiglio comunale (o provinciale),
deliberazioni su argomenti che
interessano l'intera comunità. Per
«revisione», s'intendono quelle
deliberazioni che, già assunte
dall’Amministrazione comunale (o
provinciale), si vogliono,
eventualmente, prese con differenti
norme.
In ambedue i casi: «d'iniziativa» e
«di revisione» i referendum siano
validi con qualsiasi numero di
partecipanti al voto.
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IIa mossa:
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Sempre nel suddetto Decreto legislativo 18
agosto 2000, n. 267 «Testo unico delle leggi
sull'ordinamento degli enti locali» si parla
anche:
Articolo 11 - Difensore civico
1. Lo statuto comunale e quello
provinciale possono prevedere
l'istituzione del difensore civico con
compiti di garanzia dell'imparzialità e del
buon andamento della pubblica
amministrazione comunale o provinciale,
segnalando, anche di propria iniziativa,
gli abusi, le disfunzioni, le carenze ed i
ritardi dell'amministrazione nei confronti
dei cittadini.
2. Lo statuto disciplina l'elezione, le
prerogative ed i mezzi del difensore
civico nonché i suoi rapporti con il
consiglio comunale o provinciale.
3. Il difensore civico comunale e quello
provinciale svolgono altresì la funzione
di controllo nell'ipotesi prevista
all'articolo 127.
In questo caso bisogna “aggirare” la
questione della NON obbligatorietà di
questa figura. Infatti, l’articolo afferma che
gli Enti locali “possono”, non hanno l’obbligo
di prevedere. E comunque, si badi bene:
prevedere, e non sancisce che ad elegge il
Difensore civico siano i suoi controllati.
Norberto Bobbio, che si può
apprezzare o meno, affermava:
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Mentre è irrealistico controllare
i controllori (quis custodiet
custodes?)
«La garanzia dei diritti
dell’uomo contro la violazione
perpetrata dallo Stato che
dovrebbe esserne il protettore
è una risposta ad un livello più
alto all’eterna domanda: “quis
custodiet custodes?”
Ogni tentativo di risposta a
questa domanda, ancorché
imperfetto e incompleto è, nella
misura in cui propone nuove
forme di controllo del potere,
una risposta ad una domanda
di libertà.»
Ma non c’è
solo questo
conflitto
d’interessi,
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ce n’è un altro. Laddove al
Comma 3 si rimanda all’articolo
127 del Decreto legislativo su
indicato. Si deve, infatti, tener
presente che non essendoci più
il CO.RE.CO. (Comitato
Regionale di Controllo), il
Difensore civico da’, o potrebbe
non dare, il benestare
all’assunzione di determinate
figure di funzionari e dirigenti
pubblici.
Ora, se a nominare il Difensore
civico è l’Amministrazione
pubblica, chi mai potrà avere
“garanzie” sull’opportunità di
quelle assunzioni, e sulla
conseguente loro
remunerazione. Ovvero
sulla SPESA
PUBBLICA?!?
Riepilogo:
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Concludendo, poiché lo Statuto
comunale (o provinciale) e le sue
modificazioni è prerogativa
esclusiva dei Consiglieri
comunali (o provinciali) se ne
deduce che spetta ad essi
risolvere la questione
dell’effettivo esercizio della
democrazia, vale a dire
dell’effettivo esercizio della
Partecipazione popolare
(leggasi sovranità popolare)
prevista dal quadro legislativo
su indicato.
Da qui si ricava l’opportunità di
lavorare alla costituzione di
autentiche Liste civiche, formate
non già da politicanti
rimpannucciati, bensì da veri
democratici. Non dimenticando
– tutti – che la storia
ammonisce coloro che rendono
impossibili le rivoluzioni
pacifiche, poiché renderanno
inevitabili le rivoluzioni violente.
Redatto da:
OfficinaDemocrazia
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Siamo convinti che ci sia un
Movimento di gente comune, di
gente qualunque, gente però
accomunata dal desiderio di
cambiare questo insano ed insulso
modo di fare politica e di gestire il
nostro futuro, il nostro destino da
parte di chi se ne frega di come la
pensiamo. Noi, qui, ci siamo
prefissi di fare emergere questo
Movimento, di dargli un volto, una
consistenza e chissà... una forza!
Dateci una mano e se insieme
scopriamo di essere tanti, di
essere uniti e determinati, allora
cominceremo a pestare i piedi, ad
alzare la testa, a farci sentire.
PER CHI VUOLE
APPROFONDIRE E/O
CONTRIBUIRE ED
AIUTARE
CON SUGGERIMENTI,
IDEE E PROPOSTE...
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Riforma enti locali