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Ugo di Payns è stato un
nobile francese, primo
maestro dell'ordine dei
Cavalieri templari.
La nascita dell'Ordine si
colloca nella Terrasanta
al centro delle guerre tra
forze cristiane e islamiche
scoppiate dopo la prima
crociata indetta nel 1096.
(Seguito del volume uno)
Ignoravo se Guglielmo di Beaujeu si fosse
spesso permesso di penetrare in quel luogo ma
l'apparente facilità con cui vi si muoveva mi
fece pensare che esistessero dei riferimenti per
non perdersi.
"Vi fu un tempo in cui venivamo spesso qui",
mormorò improvvisamente il cavaliere, come se
avesse letto in me. "Oh! eravamo in pochi... Mai
più di nove, Sire. Eravamo in nove a sapere... e
quando uno di noi moriva, era subito sostituito
da un altro di provata resistenza e saggezza."
"Perché nove?"
"Per i tre volte tre mondi..." La risposta era
laconica, ma ne rispettai l'enigmaticità.
"Anche in ricordo di messer Ugo di Payns, per
ciò che aveva imparato a praticare proprio qui."
"E come si chiama questa cosa?"
"È... l'arte dell'oro, Sire. L'arte dell'oro umano!
L'Alchimia..." Mi sentii sorridere, mio malgrado.
Così era vero! Avevano davvero un fondamento
tutte quelle voci che correvano nei corridoi del
mio castello sulle rive della Senna.
Non avevo voluto dar loro ascolto... A quel
tempo ero sordo!
"Ma non è tutto", aggiunse Beaujeu con tono
più grave. "Ci sono cose ancora più importanti."
Passate le scuderie, arrivammo ad una successione di stanze di dimensioni più o meno grandi,
in cui c'erano ancora dei bauli, ruote di carri e
dei cordami. Lì, da qualche parte, prendemmo
una torcia. Ricordo che l'accendemmo a fatica
dopo averla intinta in un liquido vischioso.
Brandendola con gesto sicuro il cavaliere, che
camminava davanti a me, imboccò allora una
scala molto ripida, poi un'altra e un'altra ancora... fino a quando mi invitò a seguirlo di nuovo
lungo una quarta scala che, dopo le vestigia di
un muro crollato, contrariamente alle precedenti si addentrava più profondamente nel suolo.
Il mio falco si era rifugiato sul mio pugno che
mi ero affrettato a inguantare. Gli parlavo dentro di me. Lui che era venuto dai cieli per me non
poteva non sentirmi...
Infine arrivammo a una specie di grotta che per
la verità aveva il soffitto molto alto. Spostando
la torcia, messer Guglielmo mi fece notare una
piccola apertura verso la sommità e del ghiaione, che permetteva di pensare ad un possibile
passaggio per risalire all'aria aperta.
"Non è solo un'ipotesi", commentò Beaujeu.
"Siamo esattamente sotto la grande moschea"
(La moschea di Al Aqsa, luogo in cui la
tradizione colloca il "sacrificio di Abramo" e in
cui Maometto avrebbe ricevuto la richiesta di
redigere il Corano)
e, per essere ancora più precisi, sotto la roccia
di Abramo o, se preferite, sotto quella di
Maometto.
Vedete, è attraverso questa apertura che il
Dragone sgorga sulla superficie del mondo...
e che viceversa lo si può raggiungere nel suo
nido. Quindi non c'è da stupirsi se questo luogo
è così ambito fin dall'inizio dei Tempi.
Chi lo occupa vede la propria influenza
estendersi sulla superficie di tutta la Terra,
attraverso tutte le sue vene."
"Chiunque sia quello che ne abita il cuore?"
"Sì..."
La risposta del Maestro del Tempio non ammetteva repliche. Si collegava a ciò che avevo
compreso della Forza di Vita che il Divino fa
circolare nell'Universo. Il Fuoco non appartiene
a nessuno. È. Tutto qui.
Chi lo comprende si pone fuori dal tempo, si
eleva fregiandosi delle ali del Dragone. Chi
cerca di impadronirsi della Forza si condanna
alla corsa lineare e disperata dei secoli che si
scontrano.
La sua ricerca non avrà mai esito. Rimane
prigioniero dei cicli, perché tutto ciò che ha un
inizio conosce necessariamente una fine.
Che sia uomo di Maometto, discepolo di Issa,
figlio di Abramo o di qualcun altro, non può conoscere altro che la lotta, perché la sua anima
non riesce ancora a concepire altro che recinti.
"Chi è semplicemente umano non riuscirebbe a
vivere qui a lungo, Sire", mi mormorò Beaujeu
all'orecchio, come se fosse preso da un improvviso timore. "Ma venite... Non siamo ancora
arrivati a destinazione."
Seguendolo, aggirai quello che mi sembrò un
enorme blocco di pietra che si era staccato dal
soffitto della grotta e mi addentrai in un
passaggio terribilmente stretto.
Camminavamo piegati in due e la torcia, che
comunque minacciava continuamente di spegnersi, ci rimandava un calore quasi insopportabile. La nostra discesa nelle viscere del Monte
Morya fu ripida. Si perdeva in un percorso sinuoso tra le rocce, a volte taglienti, ma, non durò
in eterno, per fortuna.
Vidi Beaujeu raddrizzarsi bruscamente e sollevare la fiaccola sopra la testa. Ciò che scoprii
allora fu di una bellezza sconvolgente.
Eravamo arrivati nel cuore di una sala abbastanza importante, le cui pareti, magnificamente
regolari, erano a tratti ricoperte di un metallo
scintillante. "È oro, Sire!
Sono lastre d'oro murate nella roccia."
Mi avvicinai senza dire una parola e cominciai a
osservarle sotto il crepitio della torcia che
riprendeva vita. Erano tutte coperte di segni.
La maggior parte apparteneva ad alfabeti che
scoprivo per la prima volta. Non riuscii a impedirmi di sfiorarle con la mano, con infinito rispetto. "Mi hanno insegnato che alcune sono molto più antiche di Abramo", dichiarò Guglielmo,
sempre sussurrando.
"Si, tutti i popoli della Terra che sono venuti a
conoscenza di questo luogo vi hanno lasciato
una traccia della loro storia e del legame che
mantengono sempre con gli Angeli.
"Un legame tra gli Angeli e gli uomini?"
"Il legame di un'alleanza, Sire. Guardate..."
Al centro della stanza un telo grigio, quasi dello
stesso colore della roccia, ricopriva qualcosa di
imponente.
Poco prima, affascinato dalla bellezza delle
pareti, vi avevo girato intorno.
Dopo essersi fatto il segno della croce, con mille
precauzioni il Maestro del Tempio tirò verso di
sé e fece cadere a terra tutto il telo, pesante e
polveroso. Allora non riuscii a impedirmi di mettere un ginocchio a terra, proprio come aveva
fatto lui. Non osavo credere a ciò che vedevo.
Era un cofano, un enorme cofano di legno scuro
e oro, un cofano fiancheggiato da quattro creature alate.
Era di una bellezza unica, contemporaneamente
tenera e... quasi terrificante. Non aveva nulla di
veramente umano... o per lo meno non di quell‘umanità che conosciamo.
"L'Arca dell'Alleanza?", mormorai. "Quella di
Mosè?" "Sì, Sire... o meglio... insomma..."
Così era troppo... Dovevo capire!
Cominciavo a sentirmi male nel corpo e
Beaujeu aveva smesso di parlare.
Se sapeva, perché dunque si era fermato dopo
avermi condotto fin lì?
E quell'Arca dell'Alleanza che stava lì appoggiata a terra, a portata della mia mano...
mi rendevo conto di cosa significasse? La mia
testa mi sembrava troppo piccola per contenere
tutto! Ma, passato il primo momento di stupore,
percepii in me un profondo silenzio.
Ricordo che non aveva nulla a che vedere con
quello che nasce da una preghiera che ci si
impone. Era di tutt'altra natura.
Oggi lo chiamerei l'essenza del silenzio, perché
vi toccai l'assoluta certezza dell'unità del mio
corpo con quello della Terra.
Ero in una matrice, in uno di quei luoghi in cui,
se ci si vuole accostare al seme della respirazione della Vita in sé, bisogna imparare a respirare in un altro modo.
Questa percezione era l'unica che contasse. Le
altre erano come evaporate.
Il silenzio induceva la mia anima a mettere radici, e ciò era straordinariamente buono, perché
quelle radici diventavano nello stesso tempo
rami che si dispiegavano tirandomi verso l'alto.
Ma credo che Guglielmo di Beaujeu non avesse
percepito l'intensità di ciò che stavo vivendo.
Non riuscì a impedirsi di riprendere a parlare,
anche se a bassa voce.
"Sì, Sire... Volevo dire che in effetti... Questa è
solo una copia dell'antica Arca dell'Alleanza.
Quella vera, quella che abbiamo trovato dopo
molte ricerche, non è più qui."
La dichiarazione del cavaliere non provocò
nemmeno un'increspatura sulla superficie del
mio lago interiore. Antiche immagini sfilavano
in me... le sacre Reliquie che avevo tenuto tra le
mani, la cripta di Betlemme, il teschio del Battista a Damasco... Corrispondevano a qualcosa di
vero? Non lo sapevo, ma lì, in quell'istante, mi
si imponeva una certezza: soltanto la Terra, e
nient'altro che lei, aveva sempre avuto il potere
di trasformarmi e di farmi intravedere
l'Essenziale.
La Terra con i suoi giochi di potere orizzontali,
la Terra con le sue grotte e i suoi profondi
nascondigli, infine la Terra con i suoi mari da
solcare, le sue acque che lavano e che alleviano,
affidandoci il peso di un ricordo senza nome.
Sì... Avevo appena compreso che la mia forza
non era mai salita in me se non dalle viscere di
questo mondo e che tutto il resto era solo un
intermediario.
Solo colpi di fulmine, schiocchi di frusta per
farmi procedere di sussulto in sussulto! Allora,
che fosse falsa o meno, l'Arca dell'Alleanza non
ne sarebbe mai stata la responsabile...
"Quella vera", riprese Beaujeu, "quando siamo
riusciti a trovarla, non era più qui. Ci siamo
diretti verso il Giordano, fino al Monte Nebo."
"E come avete saputo che si trovava lì? Da
qualche scritto?"
"Oh, no... Ci sono cose che non si scrivono. Per
contro, ci sono sempre stati uomini che hanno
saputo parlarsi, uomini di tutti i popoli e di tutte
le Tradizioni, dei veri e propri umani che condividono la stessa visione dei grandi movimenti
del mondo e che si mostrano capaci di guardare
al di là dell'apparenza degli avvenimenti... e dei
dogmi inventati... Dei Saubhiya, Sire!
Così, qualche uomo ha sempre saputo che Nostro Signore Gesù non era affatto l'unico figlio
di Madama Maria, che non fece mai il falegname
come Suo padre, ma che fu istruito alle più alte
scienze. Hanno sempre saputo che lo Spirito del
Cristo era entrato in Lui verso il Suo trentesimo
anno per lasciarlo consapevolmente e volontariamente sulla croce, appena tre anni più tardi."
"Hanno anche detto che il corpo di Issa non è
morto sulla croce?"
"L'hanno detto, come numerose altre cose...
Ecco perché quelli del "Tempio che si nasconde
dietro il Tempio" hanno sempre fraternizzato in
segreto con qualcuno di quelli che fingono di
ascoltare solo Maometto o Mosè.
Fuori sono ombre che lottano fra di loro! Nient‘altro. Ma come fare a dire tutto ciò? Sapete benissimo che non si guarda il sole impunemente... perché appena ci si prova, si scopre subito
dietro di lui un altro sole, poi un altro ancora,
all'infinito. Allora, di verità in verità, si entra in
uno stato di calcinazione tale che..."
Il cavaliere di Beaujeu non finì la frase.
Mi guardava con aria felice e stanca nello stesso tempo, il che mi spinse a mettergli una mano
sulla spalla. "Lo so tutto questo, messer... L'ho
capito nel mio deserto, anche se non ho mai
intessuto le parole per dirlo.
È questo il motivo per cui non sono più re,
perché ho voluto lasciare le ombre e svuotarmi
di ciò che mi riempiva falsamente. Perciò mi
tocchereste veramente il cuore, se smetteste di
rivolgervi a me come se fossi vostro sovrano."
"Non so se ci riuscirò. Nella vostra carne stanno
scritte cose che gli anni non hanno fatto altro
che rendere troppo evidenti."
Dopo qualche crepitio, la nostra torcia scelse
quel preciso momento per spegnersi improvvisamente. Dunque l'oscurità si abbatté su di noi
come una pesante cappa. Nessuno di noi due
commentò l'avvenimento. Intuivamo forse che
esaudisse i dettagli di una divina messinscena?
È probabile. L'oscurità del "ventre del Dragone"
a modo suo ci invitava a osservare una specie di
silenzio sacro. Succedono così tante cose nell‘oscurità, quando si cerca di ascoltarvi la vita!
È come in pieno deserto, dove si è soli nel
brulichio di tutte le possibilità.
Così passarono lunghi minuti. La mia mano si
era posata da sola sul mio petto per calmarne il
respiro corto e non sentivo più la presenza del
Falco sulla mia spalla. Fu allora che mi sembrò
di udire un rumore di passi che venivano da lontano. Ebbi l'impressione che risuonassero sui
lastroni di pietra di un corridoio immenso e che
si avvicinassero a me.
I miei occhi si spalancarono per bucare il mantello dell'oscurità... Dritto davanti a me stava
nascendo un chiarore. Stava arrivando qualcuno, ne ero certo... Eppure non c'erano corridoi,
no... e nessuno sapeva che eravamo lì!
Il chiarore cominciò a crescere impercettibilmente fino a diventare luminosità. Nel suo centro si muoveva una sagoma, quella di un uomo
che camminava tranquillamente. Non reggeva
nessuna fiaccola, ma era abitato dalla luce stessa. Ricordo che non reagii. Tutto ciò evocava in
me una specie di ricordo, un vecchio ricordo.
Era... normale,
o quasi.
In quale spazio
entrai allora?
Vestito con un
lungo abito di un
blu profondo,
l'uomo si fermò a
breve distanza da
me e cominciò a
osservarmi con
intensità.
"Nonno Filippo?"
Quelle parole mi scaturirono dal petto con tutto
il candore di un bambino di tre anni.
Avrei voluto poterle trattenere, ma...No, non era
il mio avo. Il vecchio, ora, ero io... Lui, l'uomo
che continuava a squadrarmi, non aveva età.
Mi sorrideva dolcemente...
Poi fece ancora due passi e si fermò di nuovo.
Fu lì che riversò in me la corrente di un fiume di
parole indimenticabili...
"Saubhiya... Saubhiya... Eccoti, finalmente!
Perché credi di essere venuto fin qui? Forse per
te? Per la tua anima? Per il tempo presente?
No, niente di tutto ciò...
Tu sei venuto a cercare un messaggio per la
Terra di domani.
È per questo motivo che ti viene dato in una
matrice di luce nera, perché germoglierà
lentamente nel tuo profondo e per l'umanità.
Tu non vivi più per l'oggi. Tu hai percorso il
cammino del Djwan-Mukta.
(Significa "colui che si libera da vivo")
Hai assaporato le frontiere e te ne sei sbarazzato... Ti sei aggrappato all'amore e hai liberato
l'Amore. Hai chiamato e poi reclamato la dimensione celeste, ed è stato l'Umano a risponderti,
l'Umano vero e proprio. È in lui che sei fiorito.
Vedi, sulla Terra un giorno verrà il tempo di una
società deforme, che saprà scagionare i mostri
che partorirà. Sarà un tempo in cui le anime
avranno dimenticato di essere anime.
Sarà un'età in cui ognuna di esse si lascerà
rinchiudere in uno scrigno di ferro. Una prigione
per il cuore, una prigione per il pensiero...
Mi capisci? Oh, Saubhiya... Ognuno dirà di
essere libero! E in verità nessuno sarà mai stato
così libero né meglio attrezzato per iniettarsi il
veleno della schiavitù.
Tu ritornerai in quel momento, quando i popoli
saranno colti da paralisi mentale... decerebrati!
Ti diranno: 'Cammina in punta di piedi, altrimenti potresti svegliarci e dirci chi siamo.'
Allora tu risponderai loro: 'Perché strisciate, voi
che avete già imparato a volare nel cielo?
Voi che sapete come parlare al di sopra delle
montagne e al di là dei mari, perché avete
dimenticato l'arte di ascoltare?' E aggiungerai:
'Avete paura della vostra stessa musica, ecco
perché reclamate il rumore!'
Vedi, Saubhiya, agli uomini e alle donne di quel
tempo verrà dato del rumore!
Le mostruosità che avranno portato al potere
gliene forniranno a sazietà, perché le prigioni
più perfide sono fatte di rumore dentro la testa.
Ci sono prigioni che impariamo ad amare,
quando ci persuadono che ci rendono liberi...
Chi sono io per dirti tutto ciò? Io sono... Io sono
mandato da Colui che viene chiamato il Re del
Mondo... (il Sanat Kumara)
Ti ricordi di Cipro, di Limassol e di Nicosia? Ti
ricordi di quei messaggeri che vi ricevesti,
venuti dal lontano Oriente? Erano incaricati da
Lui, il Re del Mondo. Ricordati ancora...
Ricordati ancora... Ti avevano tentato con progetti terrestri, progetti che tu sapesti non prendere in considerazione per tracciare il tuo cammino con la forza del tuo cuore." Perché volevi
essere re di te stesso piuttosto che re degli
uomini e perché nel tuo intimo attendevi già la
trasparenza di ciò che oggi ci unisce, in questo
istante. Lascia che ti dica... Se il tuo scettro e la
tua spada fossero avanzati quanto tutto il tuo
essere aveva sperato, il mondo ti avrebbe
messo sul trono di tutta la cristianità...
Un'unità, una sola forza simile allo scudo... per
folle di uomini incapaci di vivere l'unione e
baroni capaci di concepire nient'altro che un
osso da rosicchiare.
Troppo presto, Saubhiya! Sarebbe stato troppo
presto! Bisogna che crollino dei muri, non soltanto i muri che i re mettono fra gli uomini, ma
quelli che soffocano l'Amore... Oh, ecco una
parola grande e bella, lo ammetto! L'Amore!
Quando tornerai su questa Terra, ai tempi della
mostruosità incoronata, nessuno saprà più cosa
farne. Riderne? Piangerne? Rinchiuderlo e
inginocchiarsi davanti al suo ricordo? Negarlo e
poi dimenticarlo, forse? Sicuramente
rimpicciolirlo …
Allora il Re del Mondo guarderà tutto ciò insieme a tutti i Saubhiya che l'umanità avrà generato e diranno: 'Lasciamo che la putrefazione raggiunga l'ultimo stadio, perché lì diventa fermento contro la propria volontà, perché le mostruosità dell'anima si stancano sempre della propria aberrazione.
Esiste una geometria estrema secondo cui ogni
vita si riordina in continuazione. Ecco perché
cammineremo in punta di piedi osservando il
caos... spesso condividendo la sorte di ognuno...
Poi sapremo di nuovo quando aprire le porte
dell'Alleanza...
Il cielo si riempirà di segni e finalmente ognuno
si ricorderà piangendo del re dimenticato, del re
smarrito e senza corona che sta dentro di lui.
Così sarà, figlio mio. Così sarà, quando l'umanità si ricorderà di essere portatrice di un sogno.
D'ora in poi cavalca il Tempo. Guarda in avanti,
lontano... e voltati pure indietro senza avere
paura. Ti rimane ancora una cosa da portare a
termine per i veri pellegrini della vita, per i
quali tu tracci le impronte nell'inevitabile
deserto... Realizzala!"
(nei due volumi successivi
è trattata la funzione dell’Arca dell’Alleanza)
Volume
due di quattro
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