La sfida della decrescita “Presso i popoli indigeni non ci sono ricchi e non ci sono neanche poveri, perché i beni sono collettivi. Nelle società dei bianchi, al contrario, i beni sono suddivisi in tal modo che – per forza di cose – si creano i ricchi e i poveri. Tra le popolazioni indigene l’economia di sussistenza produce quello che è necessario per vivere; nella società dei bianchi invece non ci si accontenta di produrre quello di cui si ha bisogno, ma si produce sempre di più per accumulare i beni. Tra le popolazioni indigene c’è l’abitudine di cedere all’altro, mentre nella società dei bianchi vige la legge della concorrenza: il ricco non sa aiutare. Nelle popolazioni indigene il tempo libero è un momento comune: si crea e si gioca insieme. Nella società dei bianchi il tempo libero viene commercializzato: per divertirsi bisogna pagare altre persone. Tra le popolazioni indigene il lavoro può anche essere un piacere o uno scambio; invece nella società dei bianchi, ogni cosa è isolata, settorializzata”. (Dionito de Souza, Consiglio degli indigeni di Roraima – Brasile) “Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell'ammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jones, nè i successi del Paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana. Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa e le prigioni per coloro che cercano di forzarle; comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere o l'onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell'equità nei rapporti fra di noi. Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani”. (Robert Kennedy, 18.03.1968) Uscire dalla logica della crescita infinita “chi crede in una crescita infinita in un pianeta finito è un pazzo o un economista!” Dobbiamo guarire da 3 sindromi: la sindrome della torta la sindrome T.I.N.A. (“there is no alternative”) i 3 pilastri della crescita la pubblicità l’obsolescenza programmata (percepita) dei prodotti il credito Perché bisogna uscire dalla società della crescita? è insostenibile (impronta ecologica): la megatorta non può più crescere (limiti del Pianeta) la terza sindrome: sindrome del “figliol prodigo” non è auspicabile: la megatorta è tossica l’economia senza felicità (paradosso di Easterlin) Pubblicità = un sistema studiato per convincerci che la felicità consiste nell’avere, per poi renderci contemporaneamente infelici di ciò che abbiamo e farci desiderare ciò che non abbiamo”. è ingiusta: la megatorta a danno delle piccole torte Una via d’uscita: la decrescita Cos’è? è un progetto di costruzione – al Nord come al Sud – di società conviviali, autonome, econome è re-incorporare l’economia nel sociale e nel politico decrescita = dieta recessione = fame cambiamento di paradigma culturale > decrescita felice decrescita delle merci che non sono beni Non è tornare indietro, ma applicare le tecnologie della decrescita: minor consumo di energia minor impiego di materie prime minor produzione di rifiuti ….. … per unità di prodotto i 3 cerchi della decrescita felice autoproduzione scambi non mercantili elementi relazionali negli scambi mercantili Un cambiamento radicale ? … uscire dall’economia di mercato globalizzata contestare le credenze della teoria economica: - la “mano invisibile” - il “trickle down effect” - giusto prezzo > giusto scambio - efficienza = avere = felicità = bene l’ingiustizia è connaturata al rapporto economico: - la concorrenza perfetta non esiste - la concorrenza distrugge la concorrenza - scambio giusto = libertà e parità - M-D-M > D-M-D legge del giusto e del legittimo: istanza superiore alla legge economica > società determinazione sociale dei rapporti di scambio (riconoscimento dell’altro, reciprocità) scambio equo = permanenza e riproduzione della propria condizione mercato = spazio di socialità (rapporto tra le persone e non solo tra le cose) … o una correzione del sistema? economia di mercato e globalizzazione fondamentalmente “buone”: correzione di distorsioni e disfunzioni Mercato + Stato + società civile > etica sociale, perseguimento del bene comune, gratuità, logica del dono imprese con finalità sociale: “social business” - beni materiali + beni relazionali (Mohammad Yunus) microcredito / microfinanza e finanza speculativa: ambedue sul mercato Borsa sociale: complementare e alternativa alla Borsa speculativa: - rendimenti contenuti, - negoziabilità, - titoli di solidarietà privilegiare i beni di uso comunitario (commons) Il circolo virtuoso della decrescita: le 8 “R” 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. Rivalutare Riconcettualizzare Ristrutturare Rilocalizzare Ridistribuire Ridurre Riutilizzare Riciclare Parole da riscoprire parlare mangiare camminare respirare riposare Una grande trasformazione …. Ben-avere >>>> mal-essere <<<< ben-essere Comunione con la natura, con gli altri, con Dio: ricerca di senso e senso della ricerca Occorre abbandonare ogni rapporto con la natura basato sulla strumentalità e lo sfruttamento (per il nostro presunto benessere, per i nostri consumi, per la crescita infinita), così come occorre abbandonare ogni rapporto con gli altri basato sul potere, la competizione, la volontà di prevalere. “L’obiettivo è proprio quello di rifare il mondo e il mezzo consiste nell’opporsi alla manipolazione e al lavaggio del cervello ai quali siamo sottoposti. E’ ora di cominciare la decolonizzazione del nostro immaginario, di prendere coscienza del fatto che i nostri desideri di consumo non si basano su una vera necessità, che la nostra visione del mondo dominata dall’imprescindibilità dell’economia è il risultato della manipolazione insidiosa di un sistema. Le cose sono state diverse, potrebbero essere diverse, dovrebbero essere diverse. Bisogna sempre avere come orizzonte l’ideale di uno scambio giusto, cioè di economie e di mercati mediati dal sociale e dal politico”. (Serge Latouche: ”Giustizia senza limiti”)