La spesa equa, etica ed ecologica
Alcune buone ragioni per diventare cittadini
globali non casuali, ma critici e consapevoli,
iniziando dalle scelte quotidiane e banali, come
la spesa e il conto in banca.
A cura di Gaia animali &ambiente Onlus –
www.gaiaitalia.it
Uni Lombardia
Milano giugno 2003
1
Consumo critico e consapevole.
Il non acquisto, acquisto critico o
boicottaggio
possono
influire
sui
prodotti e sui punti vendita facendo
calare le vendite del 2-3%, una
percentuale sufficiente a condizionare o
modificare le scelte delle imprese. E’
indispensabile quindi trasformarsi da
consumatori del mondo in cittadini del
mondo.
2
La banana.
Come è formato, in percentuale, il prezzo di una
comune banana?
Bracciante della piantagione 1%
Proprietario della piantagione 3%
Compagnia esportatrice 10%
Trasportatore 15%
Tasse e licenze Unione Europea 23%
Importatore e maturatore 8%
Supermercato 40%
L’alternativa: il Commercio equo e solidale,
presente sia nei Supermercati, sia nelle Botteghe
dell’Altromercato.
3
La scarpa.
Il prezzo di una scarpa Nike, Levi’s,
Adidas, Reebok (in dollari).
Materiale 4,7 - 4%
Manodopera 1,3% - 1%
Grossista 62 - 49%
Dettagliante 57 - 46%
Prezzo al pubblico 125 - 100%
4
Le multinazionali.
Le multinazionali esasperando la logica del profitto,
costringono milioni di persone a ritmi di lavoro
indegni, a volte da schiavitù e salari da fame, con un
impatto ambientale e sociale devastante nelle aree
più arretrate del pianeta. Lo sfruttamento fino
all’inverosimile delle risorse naturali porta miseria,
impatti chimici e sanitari, rapina delle ricchezze dei
paesi poveri e negazione del futuro per il sud del
mondo.
Se vostro figlio gioca con un pallone cucito a mano
da altri bambini schiavi e se indossate una t-shirt o
un paio di scarpe lavorate da donne e minori
schiavizzati 16 ore al giorno per una miseria, dipende
solo dalle vostre scelte.
Le multinazionali non sono tutte “cattive”, per questo
è utile conoscerle, per evitare di foraggiare le
5
peggiori.
Bayer.
Multinazionale
chimico-farmaceutica.
Nel
1999 è indagata per la morte di alcuni
contadini brasiliani. In una piantagione di
caffè era usato il Baysiston, un pesticida
vietato in Germania da vent’anni.
Nel 2000 patteggia una condanna per
esportazione illegale di glucosio, sostanza che
può essere impiegata per produrre armi
chimiche e batteriologice.
6
Benetton.
Presso una licenziataria di Benetton Turchia,
ma anche in alcuni stabilimenti di Catania, è
stata scoperta manodopera infantile.
Benetton possiede 900.000 ettari di terra in
Argentina per il pascolo (lana), terra da
sempre del popolo indio Mapuche: ha
sfrattato gli indio e deviato il fiume Chubut,
sottraendo la possibilità di pesca per i
residenti.
7
Ciquita, Dole e Del Monte.
Le multinazionali si assicurano i 2/3 del
commercio mondiale di banane, con bassi
salari ai contadini ed uso intensivo di
pesticidi.
Le piantagioni sono in Ecuador, Costa Rica,
Colombia, Kenya (ormai la Somalia è terra di
nessuno), i salari medi sono di un dollaro al
giorno per circa 14 ore di lavoro quotidiano.
Circa il 50% del costo di produzione di una
banana è dato dall’impiego di pesticidi (un
vermifugo usato dalla Dole ha reso sterili
15.000 lavoratori costaricani).
8
Coca- Cola.
Non rispetta i diritti sindacali. In India fa uso di lavoro
minorile. In Belize, CentrAmerica distrugge la foresta
equatoriale, a Manila ha licenziato 600 lavoratori.
Coca Cola light contiene aspartame, sospetto di
causare danni cerebrali ai bambini. Nel 1999 sono
state ritirate dal mercato belga tutte le bevande Coca
cola per avere provocato il ricovero per intossicazione
di 90 persone in una settimana.
Responsabile della produzione di milioni di tonnellate
di rifiuti di contenitori di plastica e alluminio.
Una potenza mondiale che, in fondo, vende solo
acqua, zucchero, anidride carbonica e additivi chimici
(aromi e coloranti).
9
Del Monte- Cirio.
Nessun diritto sindacale e abbondante
uso di pesticidi e fertilizzanti chimici,
sospetti cancerogeni, in Filippine,
Kenya, Amazzonia, Guatemala.
10
Eni- Saipem.
In Nigeria la multinazionale italiana espropria con la
polizia e l’esercito le terre degli Iyak.
Eni è tra i promotori del Consorzio Ocp, di cui
controlla l’8%, nato per costruire e gestire l’oleodotto
nella foresta amazzonica dell’Ecuador. L’oleodotto,
contestato da tutte le associazioni ecologiste, sarà lungo 500
chilometri, attraverserà terre indigene, 11 parchi naturali, 44
villaggi, 6 vulcani attivi e trasporterà la bellezza di 450.000 barili
di greggio al giorno.
I manager dell’Enichem si danno un gran da fare
anche in casa nostra. L’accusa, in base alla quale
sono finiti in manette i vertici dello stabilimento di
Priolo (Siracusa) è di aver scaricato direttamente in
mare rifiuti tossici, pur di risparmiare sui costi di
gestione. Il risultato è l’avvelenamento di uno dei litorali più
belli della Sicilia, con livelli di inquinamento provocati dal
mercurio (ma non solo) di 20 mila volte al di sopra dei limiti
11
consentiti dalla legge.
Henkel.
Tra i colossi della chimica, commercializza i
marchi Loctite, Attack, Bostik.
Sperimenta sugli animali tutti i suoi prodotti.
Produttrice di ftalati, sostanza pericolosa per
ammorbidire la plastica per giocattoli e per le
pellicole alimentari (il bando ai giocatoli al
PVC è imminente).
12
Cosmetici e profumi (L’Oreal, Elena
Rubinstein, Synthelabo etc.).
Tutte
le
multinazionali
di
cosmesi
sperimentano gli ingredienti ed i prodotti finiti
sugli animali. Molti ingredienti provengono da
parti di animali allevati (vedi le fattori degli
orsi in Cina) o a rischio di estinzione (vedi lo
Zibetto). L’alternativa è ricorrere ai prodotti
del Body Shop e naturali-biologici delle
Botteghe dell’Altromercato.
13
Mc Donald’s.
Parla da sola. Come è possibile smerciare un
panino con carne di qualità e una bibita a
mezz’euro?
Accusata in tutto il mondo di comportamento
antisindacale, per le paghe da fame ed i ritmi
di lavoro alienanti.
Il cibo alieno di Mc Donald’ e le sue
campagne affliggenti sui bambini sono ormai
un must. Se si volesse aprire l’Università della
diseducazione alimentare, quasi tutti i docenti
dovrebbero essere assunti nei Mc Donald’s.
14
Nestlè.
Viola
costantemente
il
codice
dell’Organizzazione
Mondiale
della
sanità sul commercio e la promozione
del latte in polvere. Milioni di bambini
nel mondo si ammalano e muoiono per
l’uso scorretto del latte in polvere, per
l’abbandono dell’allattamento al seno,
per l’acqua sporca usata nei biberon,
per il crollo di difese immunitarie.
15
Nike.
La Nike è solo un logo, tutte le calzature sono
prodotte in Indonesia, Taiwan, Corea,
Thailandia, Vietnam e Cina.
L’azienda è accusata di offrire salari bassissimi
con ritmi di lavoro disumani agli operai che,
per 12 ore al giorno, sono esposti a colle,
solventi e vernici.
In Indonesia i sindacati sono illegali e gli
attivisti sono imprigionati, torturati e uccisi.
16
Montedison.
Tra le aziende chimiche responsabili dei
maggiori disastri ambientali italiani: dall’Acna
di Cengio a Porto Marghera, dalla Farmoplant
di Massa alla produzione di CFC ed HCFC
(responsabili del buco nell’ozono). Emblema
di come l’alimentazione industriale sia figlia
della chimica, Montedison controlla i marchi:
Carapelli, parte di Eridania, Coreol.
17
Monsanto.
Monsanto, acquisita da Pharmacia, a
sua volta acquisita da Pfizer, produce,
tra le altre sostanze, gli HFC,
idrofluorocarburi, responsabili
dell’effetto serra, l’ormone per la
crescita dei bovini BGH (ritenuto
cancerogeno e vietato nella Ue) e
controlla il marchio Misura- dolcificanti
18
Novartis.
Con la Monsanto-Pharmacia (Pfizer) è in cima
alla classifica dei produttori di pesticidi e
sementi modificati geneticamente.
Controlla non solo parte del mercato
farmaceutico, ma anche di quello alimentare,
degli integratori e dei dietetici (accordo
strettissimo con la Quaker, partecipa la
Eridania zuccherifici) e dei prodotti per
l’infanzia (con la Gerber). Viola, come la
Nestlè, il codice dell’OMS sul latte in polvere
per l’infanzia, è il primo produttore mondiale
di atrazina (pesticida ritenuto cancerogeno).
19
Parmalat.
Presente in Brasile, Ecuador (chiusa dal
Governo nel 2000 per “speculazione”
sul prezzo del latte) e sud Africa, la
multinazionale
agro-alimentare,
è
accusata
di
comportamenti
anti
sindacali.
20
Philip Morris.
Controlla e produce dalle sigarette al
cioccolato. E’ lei l’artefice della Direttiva
europea che consente di sostituire il 5% di
burro di cacao della cioccolata con dei
succedanei più a buon mercato (come l’olio di
palma o di soja). Per alcuni stati africani
(Camerun, Ghana, Nigeria), che dipendono
per oltre il 50% delle proprie esportazioni dal
cacao, la Direttiva ha significato danni
irreparabili e miseria per almeno 11 milioni di
persone.
Poiché le sigarette perdono appeale nel nord del
mondo, grazie alle campagne anti fumo, Philip Morris
aggredisce i mercati del sud del mondo.
21
Procter & Gamble.
Specializzata in saponette, igiene intima e per
la casa, farmaceutici, cosmetici e alimentari.
Denunciata dai consumatori americani per la
produzione di patatine transgeniche. Nel 1999
licenzia 15.000 lavoratori. Le controllate della
cosmetica sperimentano i propri prodotti sugli
animali (Noxell, Olay, Pantene, Vidal Sassoon,
Max Factor).
22
Unilever.
Colosso dell’agro-alimentare, dei prodotti per la casa e l’igiene
personale.
Nessuno è immune dall’aver consumato almeno un
prodotto Unilever nella sua vita: “Quattrosalti in padella”
e “Bastoncini Findus” sono Unilever, come la gran parte
dei tè e degli oli di oliva. I marchi controllati sono, tra gli
altri, Lever Fabergè, Van Den Berg, Kalvin Klein, Lipton,
Brioschi, Eldorado, Magum, Sorbetteria Ranieri, Algida,
Carte d’Or, Findus, Genepesca, Bertolli, Uliveto, Maya,
Coccolino, Svelto, Axe, Denim, Dove, Durban’s,
Mentadent, Lysoform, Paperino’s….
Unilever è il più grande produttore mondiale di tè con condizioni per
i 5.000 lavoratori nelle piantagioni di tè del Kenya “da manuale del
colonialismo” (“The Guardian”). Ha 76.000 ettari di piantagioni (che
includono aree di foresta tropicale) in Colombia, Costa d’Avorio,
Ghana, India, Kenya, Malesia, Mali, Nigeria, Thailandia e Congo.per
coltivare noci di cocco, olio di palma, cacao, gomma, fiori e tè.
23
Walt Disney.
Fa divertire e sognare i bambini del nord a
scapito di quelli del sud. Negli stabilimenti
Disney ad Haiti, migliaia di giovani lavoratrici
e
bambini
cuciono
e
confezionano
abbigliamento di marca per circa 50 centesimi
all’ora. Per guadagnare lo stipendio di un’ora
dell’Amministratore delegato Disney un
lavoratore Disney dovrebbe lavorare 101
anni. Sempre ad Haiti, 150 lavoratori che
osarono lamentarsi per le condizioni di lavoro
furono licenziati.
24
Animali Multinazionali.
Il 66% del mercato del pet food, cibo
industriale per cani e gatti, è detenuto dai
principali produttori e importatori (Friskies,
Purina Italia, Alpo, Fancy Feast, Mighty Dog
della Nestlè, Dolma, Royal Canin, Pedigree,
Sheba, Kal Kan, Mealtime del Gruppo Mars),
seguiti da altre multinazionali della grande
distribuzione e su quello specializzato (Hill’s
Pet Nutrition della Colgate Palmolive, IAMS
Eukanuba della Procter & Gamble –), e da
alcuni produttori italiani (Palmera, Morando,
Giuntini).
25
Perché preferire il fresco di stagione al
surgelato.
La frutta e verdura fresca e di stagione hanno il
pregio di comportare meno trattamenti fitosanitari
(pesticidi)
e
dispendio
di
energia
(serre/importazione). Il pesce piccolo, pescato fresco
del Mediterraneo è molto più salubre e meno
contaminato di quello grande (tonni, pescespada)
proveniente da lontano.
La catena del freddo implica che i prodotti siano
surgelati a 25/35 gradi sotto zero, conservati e
trasportati ad una temperatura costante di meno 18
gradi, il che comporta un dispendio enorme di
energia. Se, malauguratamente, la catena del freddo
si interrompe i prodotti alimentari rischiano di
deperire e non essere più commestibili (a volte
26
restando nella catena commerciale).
Le Banche armate.
L’export di armi dall’Italia verso paesi esteri si
sostiene sul credito e su transazioni
finanziarie operate da banche ed istituti di
credito. Le banche italiane investono i nostro
quattrini nel commercio di armi. Le armi, che
non dovrebbero essere vendute a paesi
belligeranti, arrivano nelle zone calde di
conflitto, attraverso le triangolazioni: in
Congo, Uganda e Randa tramite il Kenya e il
Sud Africa, in Israele e negli arsenali di molte
dittature del terzo mondo.
27
Credito armato
Sono quattro gli istituti di credito che, nel
2001, si sono aggiudicati il 57% delle
transazioni bancarie; tra queste: Banca
Nazionale del Lavoro (17,1%), Banca di
Roma (11,7%), Credito Italiano-Intesa
BCI (9%) e Bipop-Carire che per il 2001 si
aggiudica il primo posto (con il 19,4 % delle
transazioni) tra gli istituti finanziari bellici.
28
La classifica dei “cannonieri”
Nel 1999 la Presidenza del Consiglio
comunicava, in base alla legge 185/90, la
seguente lista di banche italiane impegnate in
transazioni belliche (in miliardi di lire):
Unicredito Italiano 1.248
Banca Commerciale Italiana (Banca Intesa)
357,1
San Paolo – Imi 151,6
Banca di Roma 101
Banca Nazionale del Lavoro 94
(Per saperne di più: www.banchearmate.it - www.emi.it www.assobdm.it)
FINE
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