Presentazione PowerPoint: Lavoro di fisica Dicembre/Gennaio 2012/2013 Perego Marta & Di Candia Federica 3°A GLI SCIENZIATI MUSULMANI Alhazen Al-Khwarizmi Omar Khayyam INTRODUZIONE: Le attività scientifiche dei secoli più felici della civiltà arabo-musulmana sono poco note al mondo definito come occidentale. Denigrate o addirittura negate da diversi studiosi del XIX e degli inizi del XX secolo, come Ernest Renan o Pierre Duhem, esse non compaiono che furtivamente nelle storie generali della civiltà e, nel migliore dei casi, come un semplice veicolo trasmissivo del sapere dalla Grecia all’Europa del Rinascimento. AVVENTO E SVILUPPO DELL’IMPERO MUSULMANO: Il nucleo geografico centrale nel quale apparve la nuova religione – l’Islam – che sarà il fondamento della civiltà araba e il suo motore iniziale, è costituito dalla penisola arabica e da quella che si chiama Mezzaluna fertile, ovvero lo spazio occupato dall’antica Siria, dalla Palestina e dall’Iraq. Questi territori si trovano tra il mar Mediterraneo e il Mar Rosso e hanno accesso all’Oceano Indiano. Al di là di questo nucleo si estende una prima «periferia» composta dalla Persia e dall’Egitto; la seconda «periferia» include l’Afghanistan e il Turkestan, il Maghreb e persino la Spagna. Numerosi paesi del «nucleo centrale» e delle «periferie» hanno ospitato antiche civiltà. Attraverso il Mediterraneo e l’Asia Minore, questa nuova civiltà viene a contatto con l’Europa e l’Africa settentrionale. A loro volta, l’Egitto e il Maghreb la fanno comunicare con l’Africa Nera, fino all’Etiopia, attraverso il Mar Rosso. Inoltre, essa ha accesso all’India e alla Cina, il che le permette di controllare tutto l’Oceano Indiano. Da quest’ultimo i suoi navigatori potranno veleggiare lontano verso sud, lungo le coste africane, sino a Zanzibar, al Mozambico e al Madagascar. Quindi, la situazione geografica dell’impero musulmano è determinante per le possibilità di espansione che offre dal punto di vista tanto delle rotte terrestri quanto di quelle marittime. La civiltà arabo-musulmana è stata una civiltà di scambi commerciali e anche culturali e scientifici con una grande circolazione di informazioni anche tra scienziati. Questo grazie anche alla diffusione della carta che pare sia apparsa nel VIII secolo a Samarcanda. L’economia di questo impero era essenzialmente agricola, con un’attività artigianale e un commercio ancora una volta principalmente regionali. Sembra che la scrittura, la matematica, l’astronomia, la metallurgia e la fisica siano nate nella parte centrale e nelle così dette «periferie» dell’impero: Mesopotamia, Palestina, Egitto, Persia e anche Anatolia. Nel suo sviluppo, il Mondo arabo è stato molto legato allo studio delle scienze. I. LE SCIENZE DELLA TRASMISSIONE A. SCIENZE RELIGIOSE 1. Esegesi 2. Letture coraniche 3. Scienze dei hadith 4. Diritto 5. Fondamenti del diritto 6. Teologia 7. Mistica sufi B. GEOGRAFIA 1. Geografia descrittiva 2. Cartografia 3. Relazioni di viaggi C. SCIENZE DEL LINGUAGGIO 1. Linguistica 2. Grammatica 3. Metrica 4. Lessicografia 5. Letteratura D. SCIENZE STORICHE 1. Genealogie-Cronologie 2. Bio-bibliografie 3. Cronache 4. Analisi storica hadith: testo in cui sono raccolte le parole, gli atti e i comportamenti attribuiti a Maometto. I. SCIENZE RAZIONALI A. SCIENZE FISICHE 1. Scienze degli esseri viventi e delle piante a. Medicina b. Scienze veterinarie c. Scienze dell’allevamento d. Agronomia e. Botanica 2. Scienze deli strumenti a. Pesi specifici b. Momenti di inerzia c. Leve d. Specchi ustori e. Macchine da guerra f. Idromeccanica B. FILOSOFIA 1. Logica 2. Fondamenti della matematica 3. Fondamenti della fisica 4. Metafisica C. SCIENZE MATEMATICHE 1. Scienze numeriche a. Calcolo indiano b. Teoria dei numeri c. Algebra d. Analisi combinatoria 2. Scienze geometriche a. Geometria delle figure e delle curve b. Geometria della misura c. Costruzioni geometriche d. Agrimensura e. Architettura f. Ottica teorica 3. Astronomia a. Scienza dell’osservazione b. Trigonometria c. Teorie planetarie d. Strumenti astronomici e. Scienza del tempo 4. Musica a. Teorie musicali b. Strumenti musicali c. Pratiche musicali III. SCIENZE INTERMEDIE 1. Scienza dell’eredità (diritto; aritmetica; algebra) 2. Astrologia (divinazione, aritmetica, astronomia) 3. Kalam (teologia, filosofia) Si può dire che esistono, nelle attività pratiche dell’Islam, elementi che hanno favorito lo sviluppo del calcolo (aritmetico, poi algebrico), così come quello di certi aspetti dell’astronomia e della trigonometria. SAPIENTI DEI PAESI DELL’ISLAM: Nei paesi dell’Islam, gli uomini della scienza provenivano da ogni angolo della terra. Si pensa che il sapiente nei paesi dell’Islam fosse un poligrafo(studioso delle scritture e dei segni), che eccelleva in tutti i domini della conoscenza della sua epoca. Questa idea deriva dalla pubblicità che, dopo la fine del XIX secolo, è stata fatta in Europa a certi studiosi, tra i più grandi, che hanno praticato effettivamente a un tempo la geometria e l’algebra, l’astronomia e la fisica, la medicina e la filosofia, e anche la poesia. Tra i quali è il caso di: Ibn Sina e di Ibn Rushd, tutti e due filosofi, ma allo stesso tempo buoni matematici e astronomi, ma è anche il caso di Al-Khwarizmi, il creatore dell’algebra, è stato matematico e astronomo, fu un grande specialista di calendari. Al-Kindi, che è stato un filosofo, matematico e astronomo; Alhazen e Abu Kamil, ma anche di numerosi altri. Bàssora, 965 – Il Cairo, 1038 Alhazen, o Abū ʿAlī al-Hasan ibn al-Hasan ibn al-Haytham (Bàssora, 965 – Il Cairo, 1038), è stato un medico, filosofo, matematico, fisico ed astronomo arabo. Fu sicuramente uno dei più importanti e geniali scienziati del mondo islamico (ed in genere del principio del secondo millennio). Inoltre è considerato l'iniziatore dell'ottica moderna. Fu anche chiamato al-Basrī (di Bassora), al-Misrī (l'egiziano) e, nell'Occidente latino, Ptolemaeus secundus. Gli studi e le speculazioni: Originario delle aree della Mesopotamia (attuale Iraq), vi crebbe studiando religione e conoscendo le scienze attraverso gli insegnamenti dei religiosi locali, fra Bassora e Baghdad. Figlio di un agiato dignitario, i suoi studi erano inizialmente diretti verso carriere che oggi si potrebbero definire di pubblica amministrazione; fu anche nominato visir per la provincia di Bassora, ma i suoi dubbi religiosi resero incompatibile la sua permanenza in cariche in qualche modo dipendenti dal potere politico, strettamente connesso con l'ambiente "clericale" dei dotti. Fu questo uno dei motivi che lo spinsero a dedicarsi completamente alle scienze; le sue qualità cominciarono ad emergere, ad attribuirgli una certa notorietà ed a fargli conoscere le teorizzazioni della cultura classica dell'area mediterranea. Uno dei suoi primi "incontri" con la scienza classica lo portò a conoscere Aristotele. L’arrivo in Egitto: Si trasferì ancora giovane in Egitto, dove avrebbe operato per il resto dei suoi giorni. Vi giunse, secondo una versione, per invito dell'Imām al-Hākim della dinastia dei Fatimidi (che regnò anche in Sicilia) il quale, avendo saputo dei suoi straordinari talenti, lo avrebbe invitato a progettare un sistema per la regolazione delle acque del Nilo, che causavano le ben note inondazioni. Secondo altre versioni, parrebbe che Ibn al-Haytham avesse per suo conto elaborato un progetto, probabilmente per una diga. Giunto presso al-Janadil, a sud di Aswān, con una squadra di tecnici ed operai finanziatagli dall'Imām-califfo, incontrò difficoltà che alcuni indicano tecniche, altri finanziarie, e dovette rinunciare al progetto. Tornato alla capitale dovette subire la sprezzante umiliazione di al-Hākim che, rinnegandone le qualità "professionali", accusandolo cioè di non possedere le qualità di uno scienziato, gli assegnò un posto da impiegato - diremmo oggi - di concetto. Temendone però l'ira, perché al-Hākim era un eccentrico tiranno che si era distinto, sì, per un costante ed importante mecenatismo, ma anche per una fredda crudeltà, Alhazen si finse pazzo per una dozzina d'anni, sino alla morte violenta dell'Imām alHākim (1021). Le esperienze e le ricerche: Durante questo periodo ebbe modo di viaggiare (pare che abbia visitato la Spagna, sotto dominazione islamica, e la Siria dove - in base a ipotesi che non ha però riscontri - avrebbe vissuto), mentre è certo che si stabilì comunque in Egitto, nella sua capitale (vicino alla moschea di al-Azhar) dove la presunta pazzia non gli impedì di essere ammesso agli studi ed all'insegnamento presso quella stessa moschea che, come oggi, funzionava da università. Costituì inoltre una personale biblioteca le cui dimensioni, per l'epoca e per la posizione di Alhazen, erano impressionanti: si disse che fosse seconda solo a quella della Dār al-Hikma (Casa della Saggezza) eretta dagli Imām fatimidi. Al Cairo, grazie ai vantaggi offerti dalla vivissima attività culturale della capitale, studiò a fondo la scienza nelle teorie sviluppate dagli studiosi greci, traducendo in arabo un gran numero di opere e consegnando quindi al mondo islamico, proprio nel momento in cui la fioritura delle scienze era presso di questo al suo più florido sviluppo, un contributo documentale ed informativo di grandissima importanza. Restituì alcune opere perdute all'intera umanità: Le coniche di Apollonio di Perga erano in otto libri, dei quali l'ultimo era andato perduto. Alhazen fu capace di rielaborare deduttivamente (e proseguendo i ragionamenti dei libri precedenti) il libro mancante, dandone una stesura del tutto compatibile con la possibile originaria. Ma le traduzioni (fra le quali rilevano gli Elementi di Euclide e l'Almagesto di Tolomeo) lo introdussero anche alla speculazione personale su molte delle materie analizzate, risultando in approfondimenti e riformulazioni che sarebbero rimaste per molti secoli di importanza capitale. La parte più rilevante dei suoi studi è raccolta in 25 saggi di matematica ed in 45 ricerche di fisica e metafisica, oltre alla sua autobiografia del 1027. Fu soprattutto nell'ottica che le sue ricerche produssero risultati d'eccezione. Studiando l'ottica euclidea, enunciò teorie sulla prospettiva, della quale focalizzò il suo interesse sui tre punti fondamentali (il punto di vista, la parte visibile dell'oggetto e l'illuminazione), riformulando i modelli geometrici che ne descrivevano le relazioni. Demolizione delle vecchie teorie sull’ottica: In epoche successive sarebbe stato considerato il maggior esponente della "scuola araba" dell'ottica anche perché i suoi studi furono di notevole influenza nella demolizione delle vecchie teorie sulla natura e sulla diffusione delle immagini visive: in antico, con i primi studi si riteneva che la luce fosse una soggettiva (e per questo relativa) elaborazione della psiche umana. In seguito si era cominciato a parlare di "scorze" (o "èidola") sostenendo che particelle di ogni oggetto osservato (sorta di "ombre" che ne riproducevano la forma ed i colori) si staccassero dall'oggetto per raggiungere l'occhio umano (sebbene questa teoria non potesse spiegare l'accesso all'occhio delle "ombre" di grandi montagne se non supponendo una misteriosa progressiva riduzione dimensionale in corso di tragitto). A questa teoria seguì quella dei "raggi visuali", per la quale l'analisi dell'assunzione delle informazioni visive da parte del cieco, che le ricava con un bastone, avrebbe dovuto spiegare che l'occhio sarebbe stato dotato di una sorta di "bastoni" coi quali percuotere il mondo visibile e ricavarne le informazioni ottiche. La teoria era esposta alle argomentazioni di chi eccepiva che questa non avrebbe spiegato la mancanza di visione notturna (o in assenza di luce), non avrebbe spiegato quella che oggi si conosce come rifrazione e, soprattutto, non spiegava come potesse fare l'occhio umano a "toccare" coi suoi supposti bastoncini sensoriali oggetti lontanissimi come il Sole e le stelle. La scuola araba dell’ottica: Della scuola araba dell'ottica, Alhazen è in genere considerato il primo e massimo, geniale, esponente. Fu grazie ai suoi studi che si poterono formulare nuove ipotesi, fresche anche per mancanza di inerzie culturali, e che lo studio di queste materie ebbe la possibilità di costituirsi in "scuola", destinata a formare un numero (per i tempi assai rilevante) di studiosi specialistici. Un elemento che attrasse la sua attenzione fu la persistenza delle immagini retine, insieme alla sensazione dolorosa procurata dall'osservazione di fonti di intensa luminosità, come il Sole. Se infatti, fu il suo ragionamento, davvero fosse stato l'occhio a "cercare" con raggi o bastoncini l'oggetto, non vi sarebbe potuta essere persistenza delle immagini durante la pur rapida chiusura delle palpebre (mentre questo rapido movimento è comunemente impercettibile proprio per la persistenza dell'immagine - oggi sappiamo - sul fondo della retina). Inoltre, se l'occhio, organo di senso, davvero gestisse autonomamente le informazioni visive, non "toccherebbe" lo "scottante" Sole e nessun'altra fonte fastidiosa, non procurandosi dolore né abbacinamento. Demolita così la teoria dei raggi visuali, Alhazen si rifece a quella delle scorze, supponendo stavolta che l'acquisizione delle informazioni luminose fosse sì dovuta ad un agente esterno, ma che questo non rilasciasse "ombre", viaggianti in forma di "scorze" appositamente in direzione dell'occhio dell'osservatore, bensì delle "scorzettine", emesse dall'oggetto in tutte le direzioni. Per questo, dovette affrontare una ipotesi di scomposizione rudimentalmente particellare di ciascuno degli oggetti osservati, ed attribuire a ciascuna infinitesima componente di ciascun oggetto la capacità di emissione di scorzettine in ogni direzione. Le «scorzettine»: La genialità della scomposizione particellare consisteva nella prima monizione (elaborata in forma, si noti, squisitamente logica) di un embrione della teoria corpuscolare: da ciascun oggetto, anzi da ciascuna delle piccolissime parti componenti l'oggetto si sarebbero staccate "informazioni luminose" (scorzettine) che avrebbero raggiunto l'occhio, attraversato il cristallino, penetrata la pupilla, attraversato il globo oculare fermandosi sul fondo. Per ogni oggetto, poi, per ogni particella di questo, di tutte le scorzettine emesse in tutte le direzioni, una sola avrebbe potuto colpire la cornea normalmente (cioè, secondo una traiettoria rettilinea perpendicolare al piano della cornea), attraversarlo e giungere a destinazione. L'unicità della scorzettina evitava la duplicazione di immagini e la confusione sulla retina di ciascuna particella, consentendo una visione ordinata. A questa teoria lo scienziato aggiungeva per corollario l'ipotesi che vi fossero due tipi di scorzettine, alcune "normali" (secondanti appieno la sua teoria) ed altre "irregolari". Mentre le normali avrebbero raggiunto regolarmente la retina procedendo in linea retta e con velocità finita, le altre sarebbero state fermate dalla rifrazione e respinte, negando la visione di talune parti di oggetti. Della rifrazione andava del resto abbozzando rudimenti teorici, avendo effettuato esperimenti su oggetti trasparenti (vetrosi) di forma sferica o cilindrica, e della riflessione e dell'assorbimento stava per dedicarsi a studi più profondi. Sulla retina, le scorzettine regolari (una per ciascuna delle componenti particellari dell'oggetto) si sarebbero fermate a fornire l'informazione visiva che, insieme alle altre scorzettine regolari giunte a destinazione, avrebbe consentito di ricostruire una informazione generale sull'oggetto che le aveva emesse. L'immagine sarebbe dunque stata il risultato della ricezione-percezione della somma delle scorzettine emesse da ciascuna particella dell'oggetto, ordinate dall'occhio in una visione finalmente comprensibile. Avendo studiato a fondo l'anatomia dell'occhio, ed avendo per questo maturato una profonda consuetudine con le teorie di Galeno (dal quale aveva appreso della cornea e delle tuniche), Alhazen si rese conto (ben prima che la nozione divenisse di generale accettazione) che le scorzettine, attraversando il globo (nella allora solo supposta traiettoria rettilinea), si sarebbero disposte sulla retina in ordine inverso, come in effetti accade: l'immagine risultante sulla retina è effettivamente capovolta, ed Alhazen lo aveva intuito con semplici schemi di geometria. La ricerca del sensorio: Non disponendo di migliori elementi, e non potendo accettare che l'immagine si capovolgesse (giacché l'uomo la vede "correttamente" - oggi si sa però che non è così), ma comunque ben saldo nella consapevolezza del valore della sua teoria, si risolse a cercare il "sensorio", cioè il nervo che trasmette le informazioni al cervello, in un punto della traiettoria delle scorzettine che fosse raggiunto precedentemente al punto di "capovolgimento" (il centro del globo oculare). E davanti al centro del globo vi erano l'ininfluente liquido, il foro della pupilla ed il solo elemento trasparente ma solido, il cristallino. Fu in questo che Alhazen dedusse doversi trovare il sensorio e quindi doversi raccogliere l'immagine corretta. La specialità della luce solare: La considerazione delle caratteristiche dell'illuminazione, ormai senza più dubbio attribuita all'effetto della luce solare, unita alla considerazione delle sensazioni dolorose arrecate dall'osservazione diretta del massimo Astro, condusse Alhazen ad ipotizzare che dal Sole promanasse qualcosa (forse non propriamente scorzettine nel senso che aveva già individuato) capace di provocare l'emissione di scorzettine "ordinarie" da parte degli oggetti colpiti dalla luce solare. Intuì dunque una sorta di forza, di energia emessa dal Sole (ma non pervenne ad una sua precisa definizione), tanto forte da suscitare la produzione di informazioni visive provenienti dagli oggetti e troppo forte per l'occhio, che di tali scorzettine doveva riceverne, non produrne. Questa sorta di radiazione gli consentì di ipotizzare che il colore fosse effetto d'una radiazione secondaria, emessa dagli oggetti colorati che fossero stati sollecitati da un agente primario, come la luce del Sole; si spinse ad ipotizzare, per primo, che la luce solare illuminasse la Luna e che questa la riflettesse sulla Terra. Sintetizzando, Alhazen introdusse l'ipotesi che (come poi sarebbe stato sviluppato dalla teoria corpuscolare) la visione dipendesse da un agente esterno (il lumen, concetto innovativo rispetto alla lux) e che le informazioni fornite dai lumen fossero in realtà un flusso di particelle materiali emesse dagli oggetti. La camera oscura e le illusioni ottiche: Lo studio sul capovolgimento dell'immagine all'interno del globo oculare, dovuto al passaggio per lo stretto foro della pupilla, diede lo spunto ad Alhazen per sviluppare il primo studio in assoluto sulla camera oscura. Lo scienziato descrisse con grande anticipazione ed esattezza il meccanismo di capovolgimento dell'immagine che attraversando un foro si fermava sul fondo della camera. Anche delle illusioni ottiche Alhazen si occupò a fondo, citandole innumerevoli volte nelle sue opere ed usandole per analizzare l'eventuale influenza della psiche umana nella formazione dell'errore. La considerazione prevalente del tempo voleva che l'occhio fosse tendenzialmente fallace in quanto il risultato della visione veniva espresso attraverso il filtro non oggettivo dell'individualità di ciascun osservatore, in mancanza di riscontri tecnicamente "freddi". Ma l'Alhazen propese per confermare il carattere estremamente soggettivo della visione. Il problema di Alhazen: Il problema di Alhazen (o anche problema del bigliardo circolare) è la ricerca del cammino che un raggio luminoso deve percorrere (in un mezzo omogeneo) perchè giunga all’occhio da una sorgente data dopo aver subito riflessione su uno specchio sferico. Per note proprietà della riflessione, il problema si riduce subito a due dimensioni. Se ne dà qui una celebre soluzione meccanica che utilizza un sistema articolato a 5 aste. Nella prima asta, imperniata in Q (fisso sul piano), è praticata una scanalatura ove scivola il cursore A, al quale sono incernierate due aste uguali AB, AC. Altre due sbarre BM e CL (incernierate in B, C) si intersecano su un perno P (QP=costante), formano un rombo articolato ABPC e sorreggono (nei tratti PM, PL) due scanalature. PM scivola attraverso un cursore S (fisso sul piano) che rappresenta la sorgente. Spostando PL fino a farla passare per l’occhio O, si risolve automaticamente il problema. In conclusione: Al-Haitham, noto in Occidente come Alhazen, è considerato come il padre della moderna ottica. Alhazen è nato nel 965 dC a Bassora (Iraq presente), e ha ricevuto la sua educazione a Bassora e Baghdad. Ha viaggiato in Egitto e in Spagna. Ha trascorso gran parte della sua vita in Spagna, dove ha condotto una ricerca di ottica, matematica, fisica, medicina e lo sviluppo di metodi scientifici. Alhazen ha condotto esperimenti sulla propagazione di luce e di colori, illusioni ottiche e riflessioni. Ha esaminato la rifrazione dei raggi di luce attraverso il mezzo trasparente (aria, acqua) e documentate le leggi della rifrazione. Inoltre ha effettuato i primi esperimenti sulla dispersione della luce in colori. Nel dettaglio il suo esperimento con segmenti sferici (recipienti di vetro pieno d'acqua), è arrivato molto vicino a scoprire la teoria di lenti di ingrandimento che è stata sviluppata in Italia, tre secoli più tardi. Ci vollero altri tre secoli prima che la legge dei seni sia stata proposta da Snell e Descartes. Il suo libro Kitab-al-Manazir è stato tradotto in latino nel Medioevo, come anche il suo libro che spiega il fenomeno dei colori del tramonto. Si è occupato a lungo della teoria di vari fenomeni fisici, come l'arcobaleno, le ombre, le eclissi, e speculato sulla natura fisica della luce. Ruggero Bacone (XIII secolo), Pole Witelo (Vitellio) e tutti gli studiosi medievali occidentali dell’ ottica basano il loro lavoro di ottica principalmente sull’opera di Alhazen del 'Thesaurus Opticae.' Il suo lavoro ha anche influenzato Leonardo da Vinci e Johann Kepler. Il suo approccio all’ ottica ha generato nuove idee e ha portato grandi progressi nei metodi sperimentali. Alhazen e’ stato il primo a descrivere accuratamente le varie parti dell'occhio e ha dato una spiegazione scientifica del processo di visione. Ha contraddetto Tolomeo e la teoria di Euclide della visione secondo cui l'occhio invia raggi visivi all'oggetto, secondo lui i raggi provengono dall'oggetto della visione e non negli occhi. Ha anche tentato di spiegare la visione binoculare, e ha dato una spiegazione corretta della apparente aumento delle dimensioni del sole e della luna, quando vicini all'orizzonte. Egli è conosciuto per il primo uso della camera oscura. Negli scritti di Alhazen, uno trova una chiara spiegazione dello sviluppo del metodo scientifico, l'osservazione sistematica dei fenomeni fisici e la loro relazione alla teoria. La sua ricerca in ottica si è focalizzata sugli specchi sferici e parabolici e sull’aberrazione sferica. Ha fatto l'osservazione importante che il rapporto tra l'angolo di incidenza e di rifrazione non rimane costante e studiato il potere di ingrandimento di una lente. I suoi studi di ottica contengono anche l'importante problema noto come problema di Alhazen. Questo porta ad una equazione di quarto grado. Egli ha anche risolto la forma di una superficie aplantic di riflessione. Nel suo libro Mizan al-Hikmah, Al-Haitham ha discusso la densità dell'atmosfera e sviluppato un rapporto tra essa e l'altezza. Ha inoltre studiato la rifrazione atmosferica. Ha scoperto che il crepuscolo cessa solo o inizia quando il sole è sotto l'orizzonte di 19 gradi e ha tentato di misurare l'altezza dell'atmosfera su tale base. Ha dedotto l'altezza dell'atmosfera come omogenea e pari a 55 miglia. In matematica, ha sviluppato la geometria analitica attraverso la definizione di collegamento tra algebra e geometria. Alhazen ha scritto più di 200 libri, pochissimi dei quali sono arrivati sino ai giorni nostri. Il suo monumentale trattato di ottica è sopravvissuto attraverso la sua traduzione latina. Durante il Medioevo i suoi libri sulla cosmologia sono stati tradotti in latino, ebraico e altre lingue. 780 circa, Baghdad (ora Iraq)- 850 circa Per introdurre: Abū Jaʿfar Muhammad ibn Mūsā al-Khwārizmī (Baghdad, 780 circa – 850 circa) è stato unmatematico, astronomo, astrologo e geografo persiano. Nativo della regione centroasiatica del Khwārezm, visse a Baghdad presso la corte del califfo al-Maʾmūn, che lo nominò responsabile della sua biblioteca, la famosa Bayt al-Hikma, "Casa della Sapienza", di Baghdad. Sotto la sua direzione furono tradotte in arabo molte delle principali opere matematiche del periodo greco-ellenistico, dell'antica Persia, di Babilonia e dell'India. È l'autore dell'alKitāb al-mukhtaṣar f ī ḥisāb al-ǧabr wa al-muqābala, il primo libro che tratta soluzioni sistematiche di equazioni lineari e di secondo grado. Viene considerato pertanto il padre dell'algebra titolo che divide con Diofanto. La parola "algebra" deriva da al-jabr una delle due operazioni usate per risolvere le equazioni di secondo grado come descritto nel suo libro. Il libro Algoritmi de numero Indorum, traduzione latina di uno dei suoi più importanti studi sul sistema di numerazione indiano, introdusse la notazione posizionale e il numero zero nel mondo occidentale nel XII secolo. La parola algoritmo e la sua variante meno usata algorismo derivano da Algoritmi, la latinizzazione del suo nome. Al-Khwarizmi Un francobollo commemorativo stampato il 6 settembre 1983 in Unione Sovietica per il 1200º anniversario (approssimativo) di nascita del grande matematico. Biografia: Si conosce poco della sua vita: non è neppure certo dove al-Khwārizmī sia nato. Il suo nome fa pensare che potrebbe essere originario del Khwārezm, attiguo al Khorasan una regione iraniana e all'incirca combaciante con le aree circostanti il lago Aral che sono ora conosciute come regione di Khiva e che fanno parte dell'Uzbekistan. Lo storico annalista al-Tabari gli attribuisce la nisba al-Qutrabbulī, credendolo originario di Qutrabbul, una piccola città vicino a Baghdad. Ad esso aggiunse anche la nisba al-Majūsīlasciando intendere che egli fosse un Mago o un sacerdote zoroastriano. Alcuni hanno suggerito che la prefazione al suo libro sull'Algebra potesse far intendere che egli fosse un musulmano ortodosso, sebbene i suoi studi di astrologia non consentano di confermare questa ipotesi. Nel Kitāb al-Fihrist (Libro dell'Indice) di Muḥammad ibn Isḥāq ibn alNadīm troviamo una biografia di al-Khwārizmī, contenente l'elenco dei libri da lui scritti. Al-Khwārizmī portò a termine la maggior parte dei suoi lavori fra l'813 e l'833. Dopo la conquista islamica delle regioni mesopotamiche e persiane, Baghdad divenne il centro degli studi scientifici e degli affari e molti mercanti e scienziati dalla lontana Cina e dall'India arrivarono in questa città, così come probabilmente fece al-Khwārizmī. Egli visse a Baghdad come studioso presso la Bayt al-Hikma, la Casa della saggezza voluta dal Califfo al-Maʾmūn, dove ebbe modo di dedicarsi alle ricerche, alla traduzione di manoscritti scientifici greco-ellenistici e alla stesura delle sue opere. Contributi: I suoi maggiori contributi hanno riguardato i campi dell'algebra, della trigonometria, dell'astronomia/astrologia, della geografia e della cartografia. Il suo approccio sistematico e logico nel risolvere le equazioni lineari e di secondo grado diedero forma alla disciplina dell'algebra; questo stesso vocabolo è derivato dal nome del suo libro al-Kitāb al-mukhtasar f ī hisāb al-jabr wa l-muqābala , scritto verso l'825 e tradotto in latino nel XII secolo con il titolo “Algoritmi de numero Indorum”, forse la prima opera completa sul sistema di numerazione indiano. Si deve ad esso la diffusione del sistema di numerazione indo-arabico nel Vicino e Medio Oriente e successivamente in Europa. Al-Khwārizmī sistematizzò e corresse i dati geografici di Tolomeo relativi all'Africa e al Vicino Oriente. Un altro suo testo molto importante è stato il Kitāb surat al-ard ("Libro sulla forma della Terra", tradotto come Geografia), che presenta le coordinate di località della parte del mondo conosciuta e in particolare di quelle citate dall'opera geografica di Tolomeo, ma con valori migliorati per quanto riguarda la lunghezza del Mar Mediterraneo e l'ubicazione di alcune città in Asia e in Africa. Egli contribuì, inoltre, alla realizzazione di una carta geografica del mondo per il Califfo al-Maʾmūn e partecipò al progetto per la determinazione della circonferenza della Terra, supervisionando il lavoro di 70 geografi impegnati a realizzare una mappa del “Mondo conosciuto” a quel momento. Testimonianza Il frontespizio da The Algebra of Mohammed ben Musa (Londra, 1831) di F. Rosen. Si noti che sul frontespizio è però stampato 1830. Algebra: L'al-Kitāb al-mukhtaṣar f ī ḥisāb al-ǧabr wa-al-muqābala è un libro di matematica scritto verso l'820 d.C. Il libro amplia il lavoro del matematico indiano Brahmagupta e del matematico ellenistico Diofanto sulle equazioni algebriche. Girolamo Cardano, nel suo Ars Magna, lo ritiene il creatore dell'algebra, poiché l'Aritmetica di Diofanto scoperta solo in seguito, oggi sappiamo che l'inizio dell'algebra si può far risalire al II millennio a.C. con la matematica babilonese e quella egiziana. Ciò non toglie importanza al lavoro di al-Khwārizmī, egli raccolse materiale da tradizioni differenti: greca, indiana e siriaco-mesopotamica, e compilò un trattato dotato di sistematicità che divenne un punto di riferimento per lo sviluppo dell'algebra moderna. Grazie alla traduzione in latino con il titolo Liber algebrae et almucabala di Roberto di Chester a Segovia, nel1145, e quella di Gerardo da Cremona. Normalmente l'algebra viene associata con la notazione simbolica e sintetica dell'algebra moderna, in realtà l'algebra si è sviluppata nella matematica islamica e per molto tempo nella matematica dell'Europa medioevale in una forma detta algebra retorica in cui le espressioni erano descritte con lunghi giri di parole. Per esempio, per descrivere l'equazione x2+10x=39, al-Khwārizmī usa una espressione equivalente a: "il quadrato e dieci radici dello stesso danno come somma trentanove unità". Il metodo di al-Khwārizmī per risolvere equazioni lineari e di 2º grado si basa principalmente nel ridurre l'equazione a uno dei sei tipi proposti (dove a, b e c sono interi positivi). • quadrato uguale alla radice (ax2 = bx) • quadrato uguale a un numero (ax2 = c) • radice uguale a un numero (bx = c) • quadrato più radice uguale a un numero (ax2 + bx = c) • quadrato più numero uguale radice (ax2 + c = bx) • radice più numero uguale quadrato (bx + c = ax2) Usando le due operazioni al-jabr ("completamento") e al muqābala ("bilanciamento"). Al-jabr è il procedimento utilizzato per rimuovere i numeri negativi, le radici e i quadrati aggiungendo la stessa quantità ad entrambi i membri dell'equazione. Per esempio, x2 = 40x - 4x2 è ridotto a 5x2 = 40x. Almuqābala è il procedimento utilizzato per portare le quantità dello stesso segno dallo stesso membro dell'equazione. Per esempio, x2+14 =x+5 si riduce a x2+9 = x. Aritmetica: Il testo chiamato Algoritmi de numero Indorum ("al-Khwārizmī sui numeri indiani") è sopravvissuto in una traduzione latina, ma di esso si è perso l'originale in Arabo. La traduzione è stata fatta nel gennaio del 1126 da Adelardo di Bath, che aveva inoltre tradotto le tabelle astronomiche nel 1126. Il titolo originale in arabo era probabilmente Kitāb al-Ǧamʿ wa al-tafrīq bi-ḥisāb al-Hind. ("Libro sull'addizione e la sottrazione secondo il calcolo degli Indiani"). La mappa geografica del mondo di Henricus Martellus come comparazione evidenzia come il mondo in questa mappa sia a forma di drago, dove la testa del drago è l'Europa. Analogamente sulla mappa di al-Khwārizmī la coda del drago è rappresentata dal Sud America, mentre l'area nord-orientale della Terra è la Cina. Aritmetica Pagina tratta dalla traduzione latina, che inizia con "Dixit Algorizmi" Geografia: Il terzo importante studio di al-Khwārizmī è intitolato Kitāb ṣūrat al-arḍ ("Libro della forma della Terra", spesso tradotto in inglese come Geography), terminato nell'833. È una versione rivista e completata della Geografia di Tolomeo e consiste in un elenco di 2402 coordinate di città e altre caratteristiche geografiche preceduto da un'introduzione generale. Del Kitāb ṣūrat al-arḍ è sopravvissuta solo una copia, conservata nella Biblioteca dell'Università di Strasburgo. Una traduzione latina è conservata nella Biblioteca Nazionale di Spagna a Madrid e il suo titolo completo è "Libro sulla comparsa della Terra, con le sue città, montagne, mari, tutte le isole ed i fiumi, scritto da Abū Jaʿfar Muhammad ibn Mūsā al- Khwārizmī, secondo il trattato geografico scritto da Tolomeo il Claudiano". Il libro inizia con un elenco di latitudini e longitudini, a seconda delle "fasce climatiche", vale a dire in blocchi di latitudini e, in ogni fascia climatica, per longitudini. Paul Gallez evidenzia questo eccellente sistema che ci permette di dedurre molte latitudini e longitudini, anche se il documento in nostro possesso è così in cattivo stato da renderlo quasi illeggibile. Sia la copia in arabo sia la traduzione in latino non includono la stessa mappa del mondo, Hubert Daunicht è stato in grado di ricostruire la mappa mancante partendo dalle coordinate: Daunicht lesse le latitudini e le longitudini dei tratti costieri nel manoscritto o li dedusse dal contesto quando esse risultavano illeggibili. Trasferì i punti su carta millimetrata e, collegandoli con linee rette, ottenne un'approssimazione del contorno costiero presente nella mappa originale. Fece quindi lo stesso lavoro per i fiumi e le città. Una delle correzioni fatta da al-Khwārizmī degli studi di Tolomeo fu la riduzione della latitudine del Mediterraneo da 62 a 52 gradi, quando essa ammonta effettivamente a soli 42 gradi. Lo studioso scelse per lo stesso meridiano Zero, come Tolomeo, le Canarie. L'ammontare delle terre disabitate si estende sopra i 180º. La maggior parte dei toponimi usati da al-Khwārizmī combacia con quelli di Tolomeo, Martellus e Behaim. È la stessa la forma generale delle linea costiera fra Taprobane e Cattigara. La costa atlantica della Coda del Drago, che non esiste sulla mappa di Tolomeo, è tracciata con pochi dettagli sulla mappa di alKhwārizmī, mentre è chiara e precisa sulla mappa di Martellus e nella versione successiva di Behaim. Astronomia: L'ultimo importante lavoro di al-Khwārizmī è lo Zīǧ, concernente le tavole astronomiche che si basano su un numero di fonti greco-ellenistiche, indiane e persiane. Esse includono una tavola trigonometrica di valori del Seno, il cui termine latino sinus è la traduzione dell'arabo jayb, ovvero "tasca" o "concavità". In realtà si trattò di un curioso fraintendimento del termine sanscrito gīv (che significa "arco di cerchio") che nella lingua araba - che non ha il suono "v" - è pronunciato come gīb. Esso, scritto, può essere letto però "jayb" e da qui l'equivoco destinato a perdurare nel tempo. Produsse anche strumenti astronomici come l'astrolabio e la meridiana. A lui sono anche dovute una serie di tavole astronomiche, di elaborazione antico-persiana, che resteranno in uso per quasi cinque secoli. Fu l'inventore del 'quadrato delle ombre' detto anche 'scala altimetrica', strumento da associare all'astrolabio per misurare altezze e distanze. Le opere: Il trattato Hisab al-Jabr w'al-muqabala e’ la più famosa ed importante di tutte le opere dello studioso di matematica Al-Khwarizmi. È dal titolo di questo trattato che deriva la parola stessa «algebra». All'inizio del libro, Al-Khwarizmi descrive i numeri naturali in termini che sono quasi divertenti per noi che siamo così familiari con il sistema, ma è importante capire la nuova profondità di astrazione e di comprensione: «Quando considero ciò che la gente in genere vogliono per il calcolo, ho scoperto che è sempre un numero. Ho osservato anche che ogni numero è composto di unità, e che qualsiasi numero può essere diviso in unità. Inoltre, ho trovato che ogni numero che può essere espresso da uno a dieci, sorpassa il precedente di una unità: dopo il dieci è raddoppiata o triplicata esattamente come prima le unità erano: così nascono venti, trenta, ecc fino a un centinaio: poi il 100 è raddoppiato e triplicato nello stesso modo delle unità e le decine, fino a mille; ... così via fino al limite massimo di numerazione.» Dopo aver introdotto i numeri naturali, al-Khwarizmi introduce il tema principale di questa prima parte del suo libro, vale a dire la soluzione di equazioni. Le sue equazioni sono lineari o quadratica e sono composti da unità di misura, le radici e le piazze. Ad esempio, per al-Khwarizmi una unità era un numero, una radice era x, e un quadrato era x 2. Tuttavia, anche se si deve utilizzare la notazione algebrica ormai familiare in questo articolo per aiutare il lettore a capire i concetti, la matematica di Al-Khwarizmi è fatto interamente in parole, senza i simboli utilizzati. Egli riduce un'equazione (lineare o quadratica) ad uno dei sei moduli standard; la riduzione viene eseguita usando le due operazioni di al-jabr e al-muqabala. Qui "alJabr" significa "completamento" ed è il processo di rimozione di termini negativi da un'equazione. Al-Khwarizmi poi mostra come risolvere i sei tipi standard di equazioni. Egli usa entrambi i metodi algebrici di soluzione e metodi geometrici. Ad esempio, per risolvere l'equazione x 2+ 10 x = 39 si scrive: ... una delle radici quadrate e 10 sono pari a 39 unità. La questione, pertanto in questo tipo di equazione è circa il seguente: qual è la piazza che combinato con dieci delle sue radici darà una somma totale di 39? Il modo di risolvere questo tipo di equazione è prendere la metà delle radici appena menzionati. Ora le radici del problema prima di noi sono 10. Quindi prendere 5, che moltiplicato per se stesso dà 25, un importo che si aggiunge a 39 dare 64. Dopo aver preso poi la radice quadrata di questo che è 8, sottrarre da esso la metà delle radici, 5 lasciando 3. Il numero tre rappresenta quindi una radice di questa piazza, che si, ovviamente è 9. Nove offre, dunque, la piazza. La dimostrazione geometrica completando il quadrato segue. Al-Khwarizmi inizia con un quadrato di lato x, che rappresenta quindi x 2 (Figura 1). Per la piazza, dobbiamo aggiungere 10 x e questo è fatto con l'aggiunta di quattro rettangoli ciascuno di ampiezza 10/4 e x lunghezza al quadrato (Figura 2). La figura 2 è zona x 2 + 10 x che è uguale a 39. Ora completare il quadrato con l'aggiunta di quattro piccoli quadrati ciascuno di area 5/2× 5/2 = 25/4. Da qui la piazza antistante in Fig. 3 ha area 4 × 25/4 + 39 = 25 + 39 = 64. Il lato del quadrato è quindi 8. Ma il lato è di lunghezza 5/2 + x+ 5/2 così x + 5 = 8, dando x = 3. Queste dimostrazioni geometriche sono una questione di disaccordo tra gli esperti. La questione, che sembra non avere una risposta facile, è se al-Khwarizmi conosceva Euclide. Al-Khwarizmi continua il suo studio dell'algebra in Hisab al-Jabr w'almuqabala esaminando come le leggi dell'aritmetica si estendono ad una aritmetica per i suoi oggetti algebrici. Per esempio, egli mostra come moltiplicare le espressioni come: (A + b x) (c + d x) anche se ancora una volta dobbiamo sottolineare che al-Khwarizmi usa solo parole per descrivere le sue espressioni, e non vengono usati dei simboli. Rashed vede una notevole profondità e novità in questi calcoli da al-Khwarizmi, che ci appaiono, se esaminato da un punto di vista moderno, come relativamente elementare. Egli scrive: «Concetto di Al-Khwarizmi di algebra può essere afferrato con maggiore precisione: si tratta della teoria delle equazioni lineari e quadratiche con un singolo sconosciuto, e l'aritmetica elementare di binomi relativi e trinomi. ... La soluzione doveva essere generale e calcolabile allo stesso tempo e in modo matematico, cioè geometricamente fondato. ... La limitazione di grado, così come quella del numero di termini sofisticati, viene immediatamente spiegato. Dalla sua emergenza vera, algebra può essere visto come una teoria di equazioni risolti mediante radicali , e di calcoli algebrici su espressioni correlate ...». La parte successiva dell’Algebra di al-Khwarizmi è costituito da applicazioni ed esempi. Si passa poi ad esaminare le regole per calcolare l'area di figure come il cerchio ed il volume dei solidi, come la sfera, il cono, e la piramide. Questa sezione di misurazione ha certamente più in comune con testi indù ed ebraici di quanto non faccia con qualsiasi lavoro greco. La parte finale del libro tratta le complicate regole islamiche per l'eredità, ma richiedono poco da algebra anteriore oltre la risoluzione di equazioni lineari. Al-Khwarizmi scrisse anche un trattato sui numerali indo-arabi. Il testo arabo è perduto, ma una traduzione latina, Algoritmi de NUMERO Indorum di AlKhwarizmi, ha dato origine alla parola algoritmo, che deriva dal suo nome nel titolo. Purtroppo la traduzione latina è nota per essere stata cambiata dal testo originale di Al-Khwarizmi (di cui anche il titolo è sconosciuto). Il lavoro descrive il valore del sistema indù dei numeri basato su 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 0 e metodi di calcolo aritmetico. Un altro importante lavoro di al-Khwarizmi è ‘’Sindhind zij’’’ trattato di astronomia. Il lavoro è basato su opere astronomiche di origine indiana. I principali argomenti trattati da al-Khwarizmi nel zij Sindhind sono calendari, calcolo delle posizioni del sole, della luna e dei pianeti, tavole di seni e tangenti, astronomia sferica, tavole astrologiche, parallasse calcoli ed eclissi, e la visibilità della luna. Anche se il suo lavoro astronomico è basato su quello degli indiani, e la maggior parte dei valori da cui sono costruite le sue tavole provenienti da astronomi indù, alKhwarizmi deve essere stato influenzato da Tolomeo. Al-Khwarizmi scrisse anche una grande opera sulla geografia dove sono riportate le latitudini e le longitudini di 2402 località come base per una mappa del mondo. Il libro elenca latitudini e longitudini di città, montagne, mari, isole, regioni geografiche, e fiumi. Il manoscritto include mappe che nel complesso sono più accurate di quelle di Tolomeo. Un certo numero di opere minori sono state scritte da al-Khwarizmi su argomenti come l’astrolabio , su cui scrisse due opere, sulla meridiana, e sul calendario ebraico. Ha scritto anche una storia politica contenente oroscopi di importanti personalità. Astronomia Una pagina del MS 283 conservato nel Corpus Christi College dell'Univ ersità di Oxford. In conclusione: Al-Khwarizmi, il cui nome completo e’ Muḥammad ibn Musa al-Khwarizmi (nato c. 780,Baghdad, Iraq-morto c. 850), è stato un importante matematico e astronomo musulmano, ha scritto molte opere importanti, riguardanti le numerazioni indo-arabe e i concetti di algebra e di matematica. Ha scoperto nuovi modi di risolvere equazioni di secondo grado con l'algebra, mantenendo i problemi semplici e facili da manipolare. Il trattato di algebra di al-Khwarizmi, composto fra l'813 e l'833, si può considerare l'atto di nascita della disciplina dell’algebra. Tale trattato è conservato in un manoscritto arabo del 1342, attualmente ad Oxford, e in alcune versioni latine, di cui le più famose sono quella di Robert of Chester, redatta nel 1145 a Segovia e pubblicata, con traduzione e commento inglese, da Karpinski (1915) e quella di Gherardo da Cremona (1114-1187), realizzata a Toledo. 18 Maggio 1048, Nishapur, Persia (ora Iran)4 Dicembre 1131, Nishapur, Persia (ora Iran) Nato a Nishapu (Persia), oggi Iran, il 18 Maggio 1048 e morto il 4 Dicembre 1131, sempre a Nishapur, Persia (ora Iran), Omar Khayyam fu un matematico e un astronomo fuori dal comune. La vita: Il nome completo di Omar Khayyam è Ghiyath al-Din Abu'l-Fath ibn Ibrahim AlNisaburi al-Khaiiami. La traduzione letterale di Al-Khayyam (o Al Khayyami) significa "che fa le tende" e questo può essere stato il lavoro di suo padre. Egli stesso giocò sul significato del nome quando scrisse: «Khayyam, che cucì le tende della scienza, è caduto nel forno del dolore e si è improvvisamente bruciato, le forbici del Fato hanno tagliato le corde della tende della sua vita, e colui che rompe la speranza lo ha venduto per nulla!» Gli eventi politici del XXI secolo giocarono il ruolo maggiore nella vita di Khayyam. In questo periodo i Turchi Selgiuchidi invasero la parte sud-occidentale dell'Asia e infine fondarono un impero che comprese Mesopotamia, Siria, Palestina e gran parte dell'Iran. I Selgiuchidi occuparono i pascoli del Khorasan e, tra il 1038 e il 1040, conquistarono tutta la parte nord-orientale dell'Iran. Il capo dei Selgiuchidi Toghril Beg si proclamò sultano a Nishapur nel 1038 e entrò a Baghdad nel 1055. Fu in questo impero militare instabile e difficile , che ebbe anche problemi religiosi non appena si cercò di stabilire uno stato Musulmano ortodosso, che crebbe Khayyam. Khayyam studiò filosofia a Nishapur e uno dei suoi compagni di scuola scrisse che egli era: … dotato di acutezza di ingegno e del più grande potere naturale… Comunque, questo non fu un impero in cui per coloro che imparavano, e persino per coloro che avevano imparato come Khayyam, la vita risultasse facile senza avere sostegno economico e supporto nel capo di una delle tante corti. Persino questo "mecenatismo" non avrebbe provveduto troppo alla stabilità dal momento che i politici locali e i capi del regime militare locale decidevano in ogni momento a chi dare il potere. Lo stesso Khayyam descrisse le difficoltà di apprendere per un uomo in questo periodo nell'introduzione al suo Trattato sulla Dimostrazione dei Problemi di Algebra: «Non fui capace di dedicarmi allo studio di questa algebra e di continuare a concentrarmi, a causa degli ostacoli e dei capricci del tempo che mi ostacolarono; poiché siamo stati privati di tutte le persone di conoscenza eccetto che di un gruppo, piccolo in numero, con molti problemi, il cui interesse nella vita è afferrare l'opportunità, quando il tempo dorme, dedicarsi all'inchiesta e al perfezionamento della scienza; poichè la maggioranza delle persone che imitano i filosofi confondono la verità con la falsità, e non fanno nulla tranne ingannarsi e pretendere di conoscere, e non usano ciò che conoscono della scienza fatta eccezione per la base e gli scopi materiali; e se vedono una certa persona cercare il giusto e preferire la verità, dando il meglio di sé per rifiutare il falso e lasciare da parte inganno e ipocrisia, lo ritengono un folle e lo ingannano.» Comunque Khayyam fu un matematico e un astronomo fuori dal comune, nonostante le difficoltà che sono state descritte nella citazione scrisse molti lavori come Problemi di Aritmetica, un libro di musica e uno di algebra prima di avere 25 anni. Nel 1070 si trasferì a Samarcanda nell'Uzbekistan che è una delle più antiche città dell'Asia Centrale. Là Khayyam fu aiutato da Abu Tahir, un importante giurista di Samarcanda, e questo gli permise di scrivere il suo più famoso libro di algebra, Trattato sulla Dimostrazione dei Problemi di Algebra da cui proviene la citazione riportata nella pagina precedente. Toghril Beg, il fondatore della dinastia dei Selgiuchidi, fece di Esfahan la capitale dei suoi domini , e suo fratello Malik Shan ne fu il capo dal 1073. Venne spedito un invito a Khayyam da Malik Shan e dal visir Nizam al-Mulk dove gli veniva chiesto di andare a Esfahan per costruire là un Osservatorio. Altri astronomi vennero portati all'Osservatorio di Esfahan e in 18 anni Khayyam condusse là molti scienziati e produsse un notevole lavoro. Fu un periodo di pace durante il quale la situazione politica gli permise di dedicarsi interamente al lavoro di scolarizzazione. Durante questo periodo Khayyam condusse dei lavori sulla compilazione di tavole astronomiche e contribuì anche alla riforma del calendario nel 1079. Cowell cita l'Analisi di Calcutta N°59: «Quando Malik-Shan determinò la riforma del calendario, Omar fu uno degli otto uomini chiamati, il risultato fu l'era Jalali (così chiamata da Jalal-ud-din, il nome di uno dei re)-"un calcolo del tempo", dice Gibbon, "che sorpassa lo stile Giuliano e approda all'accuratezza di quello Gregoriano".» Khayyam misurò che la lunghezza dell'anno era di 365.24219858156 giorni. Due commenti su questo risultato. Prima di tutto mostra una incredibile confidenza nel tentativo di dare il risultato con questo grado di accuratezza. Ora sappiamo che la lunghezza dell'anno aumenta di una cifra al sesto posto decimale durante la vita di una persona. In secondo luogo ha un'accuratezza fuori dal comune. Per fare un paragone basta dire che la lunghezza dell'anno alla fine del XIX secolo era di 365.242196 giorni, mentre oggi è di 365.212190 giorni. Nel 1092 gli avvenimenti politici fecero terminare il periodo pacifico di Khayyam. Malik-Shan morì nel Novembre di quell'anno, un mese dopo il visir Nizam alMulk venne ucciso sulla strada da Esfahan a Baghd da un movimento terrorista chiamato gli Assassini. La seconda moglie di Malik Shan gli succedette per due anni, ma litigò con Nizam al-Mulk, così coloro che egli aveva aiutato videro questo aiuto ritirato. Khayyam fu anche messo sotto accusa da parte dei Musulmani ortodossi che pensarono che la volontà di Khayyam di studiare l’astronomia non fosse in linea con la loro fede. Egli scrisse nel suo poema Rubaiyat: «In realtà gli idoli che io ho amato così a lungo hanno reso di me una fama sbagliata agli occhi di molti uomini: hanno annegato il mio onore in una coppa bassa. e venduto la mia reputazione per una canzone» Sebbene fuori dall'ala protettrice di tutti, Khayyam rimase alla Corte e cercò di riguadagnare favori. Scrisse un lavoro in cui descrisse le precedenti regole in Iran come un uomo che ha appoggiato pubblici lavori, scienza e sapienza. Sanjar, il terzo figlio di Malik-Shan, che fu il governatore del Khorasan, divenne il comandante supremo dell'impero nel 1118. Poco dopo questo, Khayyam lasciò Esfahan e viaggiò verso Merv (ora Mary, Turkmenistan) che Sanjar aveva reso capitale dell'impero. Sanjar creò un grande centro di cultura Islamica a Merv dove in seguito Khayyam scrisse opere di matematica. Le opere: L'opera di Khayyam è stata scritta prima del suo più famoso libro di algebra. In questo egli considera il problema: Trova un punto in un quadrato di una circonferenza in modo che quando la normale viene condotta dal punto a uno dei raggi confinanti, il raggio della lunghezza della normale a quello del raggio sia uguale al raggio dei segmenti determinato dal piede della normale. Khayyam mostra che questo problema è equivalente alla soluzione di un secondo problema: Trova il triangolo che abbia l'ipotenusa uguale alla somma tra un cateto e l'altezza relativa all'ipotenusa. Questo problema condusse Khayyam a risolvere l'equazione cubica x^3+200x = 20x^2+2000 e trovò una radice positiva per questo cubo considerando un'iperbole rettangolare e una circonferenza. Una soluzione numerica approssimativa venne trovata in seguito con una interpolazione numerica sulle tavole trigonometriche. Forse ancora più notevole è il fatto che Khayyam abbia deciso che la soluzione di questo cubo richiedesse l'uso delle sezioni coniche e non potesse essere risolto con la circonferenza , un risultato che non sarebbe più stato provato per altri 750 anni. Khayyam scrisse anche che egli sperava di poter dare una descrizione completa della risoluzione delle equazione cubiche in un ulteriore lavoro: «Se si presenta l'opportunità e se ne sarò capace, darò tutte queste 14 forme con i loro casi e i loro rami, spiegherò il modo in cui distinguere se sia possibile o no, in modo che il lavoro contenga gli elementi che sono più utili in questa materia.» Infatti Khayyam produsse questo tipo di lavoro, il Trattato sulla Dimostrazione dei Problemi di Algebra che contenne una classificazione completa delle equazioni cubiche con le soluzioni geometriche trovate con le sezioni coniche. Khayyam dà una lista storica molto interessante in cui rivendica il fatto che i Greci non lasciarono nulla sulla teoria delle equazioni cubiche. In realtà, come scrive Khayyam, i contributi di precedenti scrittori come al-Mahani o al-Khazin dovevano tradurre problemi geometrici in equazioni algebriche (cosa che fu praticamente impossibile prima dell'opera di al-Khwarizmi). Comunque, Khayyam sembra essere stato il pimo a concepire una teoria sulle equazioni cubiche. Khayyam scrisse: Nella scienza dell'algebra si possono incontrare problemi che dipendono da certi tipi di teoremi estremamente difficili all'inizio, la cui soluzione fu senza successo per molti di quelli che tentarono. Come per gli Antichi, non ci è giunta nessuna opera tra tutte quelle che parlavano di questa materia; forse dopo aver guardato le soluzioni e averle esaminate, non furono capaci di sciogliere queste difficoltà; o forse le loro inchieste non richiedevano questi risultati; o infine, i loro lavori su questo argomento, se sono esistiti, non sono stati tradotti nella nostra lingua. Un altro progresso nel campo dell'algebra fatto in quest’opera è il fatto che Khayyam intuì che una equazione cubica abbia più di una soluzione. Dimostrò l'esistenza di equazioni aventi due soluzioni, ma sfortunatamente sembra che non abbia scoperto che un cubo ha tre soluzioni. Sperò che le "soluzioni aritmetiche" potessero essere trovate un giorno quando scrisse: «Forse chi verrà dopo di noi potrà scoprirlo per caso, quando ci sono non solo la prima delle tre classi di poteri conosciuti, nominalmente il numero, l'argomento e il quadrato.» "Chi verrà dopo di noi" in realtà sono Del Ferro, Tartaglia e Ferrari nel XVI secolo. Anche nell'opera algebrica Khayyam si riferisce a un altro lavoro che ora è scomparso. In quest'opera Khayyam discute il Triangolo di Pascal, ma non fu il primo a fare questo dal momento che già al-Karaji lo aveva discusso in passato. Infatti siamo sicuri che Khayyam usò un metodo per trovare radici ennesime basato sulla espansione binomiale, e quindi sui coefficienti binomiali. Questo si nota dal seguente passaggio nel suo libro di algebra: Gli Indiani hanno dei metodi per trovare i quadrati e i cubi basati sulla conoscenza di nove figure, che sono i quadrati di 1, 2, 3, …. Io ho composto un lavoro per dimostrare l'accuratezza di questi metodi, e ho provato che essi guidano alla soluzione cercata. Ho anche aumentato le classi, cioè ho mostrato come trovare i quadrati di quadrati, i cubi di cubi, …a qualsiasi lunghezza, cosa che non era mai stata fatta prima. Le prove che ho dato in questa occasione sono solo prove aritmetiche basate su parti aritmetiche degli Elementi di Euclide. Nei Commenti ai Postulati Difficili dell'Opera di Euclide, Khayyam dà un contributo alla geometria non-euclidea. In quest'opera dà anche risultati importanti sui raggi estendendo il lavoro di Euclide fino a includere la moltiplicazione dei raggi. L'importanza del contributo di Khayyam si trova nel fatto che egli esaminò sia la definizione di Euclide di uguaglianza dei raggi (che fu proposta per prima da Eudoxo) e la definizione di uguaglianza dei raggi come proposto da precedenti matematici arabi come alMahani basate sulle frazioni continue. Khayyam provò che le due definizioni sono equivalenti. Egli pose anche la questioni se un raggio può essere giudicato un numero, ma lasciò la questione senza risposta. Curiosità: • ʿUmar Khayyām viene goliardicamente citato anche da Francesco Guccini nella celebre canzone Via Paolo Fabbri 43 nella frase "Jorge Luis Borges mi ha promesso l'altra notte / di parlar personalmente col persiano" e poco dopo (per chiarirne meglio l'identità) nella frase "forse avrò un posto da usciere o da scrivano / dovrò lucidare i suoi specchi, / trascriver quartine a Kayyam". • Fabrizio de Andrè utilizzò come finale della canzone Dormono sulla collina dall'album Non al denaro, non all'amore né al cielo la frase tratta da una quartina di ʿUmar Khayyām: "Pien di stupore son io pei venditori di vino, ché quelli / che cosa mai posson comprare migliore di quel ch'han venduto?" modificata in "sembra di sentirlo ancora / dire al mercante di liquore / tu che lo vendi cosa ti compri di migliore?", . Riconoscimenti: • Nel 1970 è stato dedicato a lui il cratere lunare Omar Khayyam. • L'asteroide 3095 Omar Khayyam è stato così chiamato in suo onore nel 1980. • Esiste una varietà di Rosa Damascena intitolata ad ʿOmar Khayyām. La varietà è un'antica specie di Rosa, molto profumata. La rosa è stata piantata sulla tomba di Edward Fitzgerald, il traduttore di Khayyām, da semi ricavati dalla tomba del poeta a Nīshāpūr. In conclusione: Omar Khayyam (Nishapur, 31 maggio 1048 – Nishapur, 4 dicembre 1131) fu un matematico, astronomo, poeta e filosofo persiano. La sua vita fu fortemente influenzata dagli eventi politici del periodo di instabilità nel quale visse, periodo dell'invasione della Siria, della Mesopotamia e della Persia da parte dei Turchi Selgiuchidi, vari sconvolgimenti sociali conseguenti, nonché aspri conflitti religiosi. Egli quindi poté dedicarsi agli studi solo nei periodi nei quali riusciva a procurarsi la protezione di un potente. Nonostante le difficoltà del tempo riesce a scrivere vari libri su aritmetica, algebra e musica prima dei venticinque anni. Nel 1070 si trasferisce a Samarcanda dove viene protetto dal giurista Abū Ṭāhir e riesce a scrivere il Trattato sulla dimostrazione dei problemi di algebra, il suo libro più importante. Nel 1073 viene invitato da Malik shāh ad Iṣfahān per fondarvi un osservatorio astronomico. Qui per 18 anni si dedicò alla compilazione di accurate tavole astronomiche ed alla riforma del calendario. Questa opera venne conclusa nel 1079 ed in tale anno viene fatta cominciare la cosiddetta era Jalālī (da Jalāl aldīn). Il calendario definito risulta sensibilmente superiore a quello giuliano e persino più accurato del ben posteriore calendario gregoriano [affermazioni prive di approfondimento illustrativo o, in alternativa, di fonte documentaria]; la lunghezza prevista per l’anno viene fornita con un'incredibile accuratezza. Nel 1092 muore MalikShah e si conclude il precedente periodo di tranquillità, mentre il suo grande visir Niẓām al-Mulk viene ucciso dai cosiddetti "assassini", seguaci della setta ismailita. I fondi per l’osservatorio vengono a mancare e la riforma del calendario non si realizza con pienezza. Inoltre il lavoro scientifico di ʿOmar Khayyām viene attaccato dai musulmani sunniti, in quanto non conforme alle norme della fede. Al di fuori degli ambienti matematici ʿOmar Khayyām è noto nella storia della letteratura persiana per la sua attività poetica, benché appaia certo che egli non fu un poeta professionista, probabilmente componeva nei ritagli di tempo e per un pubblico ristretto di amici e intenditori. Sotto questo aspetto, egli è noto per le bellissime Quartine, nelle quali spesso si riversa lo spirito critico e corrosivamente ironico dello scienziato "insoddisfatto" del piano della creazione. In effetti, se è vero che le Quartine sono dedicate soprattutto al motivo del vino e all’esaltazione del "vizio" bacchico, contengono pure altri temi, assai più profondi, come ad esempio: una meditazione originale sulla morte e sui limiti della ragione umana "impotente" di fronte al mistero dell’esistenza; un rimprovero, spesso rancoroso, a Dio, il cui progetto creativo è accusato di irrazionalità e incoerenza; un feroce attacco al bigottismo e all’ipocrisia dei religiosi. Fonti: LIBRI: Storia della scienza araba (il patrimonio intellettuale dell’Islam), di Ahmed Djebbar. WEB: www.wikipedia.it (in inglese, italiano, turco e spagnolo) www.arabcomint.com www.lescienze.it www.appuntistudenti.it www.sapere.it www.treccani.it www.museo.unimo.it www.orientalistica.it www.geocities.ws www.biografieonline.it FINE.