“Canto XXI, il quale tratta de le pene ne le quali sono puniti coloro che commisero baratteria, nel quale vizio abbomina li lucchesi; e qui tratta di dieci demoni, ministri a l'offizio di questo luogo…”. (Canto 21esimo, il quale racconta le torture con le quali sono puniti gli imbroglioni che sottraevano denaro con l’inganno, e a Lucca ce ne sono molti di questi peccatori; qui si parla di dieci diavoli dediti alla custodia di questo luogo…”. Ester e Herta Nell’Inferno, Dante affida la custodia di alcuni gironi a dei demoni, di cui alcuni somiglianti a Satana, dotati di ali da pipistrello, coda triforcuta, corna e corpo da umano,e provvisti di forconi, uncini, fruste o aste per torturare i dannati; come nella quinta bolgia, nella quale i peccatori sono immersi in un lago di pece nera e ribollente, e talvolta ripescati dai demoni con dei ganci, per poi essere rituffati nuovamente nel catrame. Malebranche è il nome collettivo dei diavoli a guardia della quinta bolgia. I nomi dei singoli diavoli hanno un carattere grottesco e provengono da nomi o soprannomi, derivanti da caratteristiche fisiche o morali, molto diffusi nel Duecento-Trecento, e deformati in modo comico. I dieci diavoli che Malacoda, il capo dello squadrone, assegna come scorta ai due poeti sono: Libicocco (Inf. XXI): equivalente a vento impetuoso. Alichino (Inf. XXI): parentela con la maschera di Arlecchino. Calcabrina (Inf. XXI): colui che cammina sulla brina, quindi fatuo, leggero. Scarmiglione (Inf. XXI): deriva probabilmente dal verbo "scarmigliare", spettinare. Cagnazzo (Inf. XXI): grosso cane. Barbariccia (Inf. XXI): raffigura un aspetto trasandato. Draghignazzo (Inf. XXI): derivato da ghigno o sghignazzo. Ciriatto (Inf. XXI): con il termine "ciro" veniva indicato il maiale, animale lurido legato alla presenza demoniaca. Graffiacane (Inf. XXI): riferimento ai suoi artigli e alla natura animalesca. Farfarello (Inf. XXI): in probabile relazione con il folletto, essere mitologico e talvolta demoniaco. Rubicante (Inf. XXI): il rabbioso, rosso di rabbia. Indietro Malacoda è un diavolo inventato da Dante Alighieri, che lo inserisce tra i Malebranche, la truppa di demoni protagonista di un episodio dell'Inferno (Canti XXI, XXII e XXIII). Malacoda è il capo di questi diavoli (essi stesso lo indicano come tale in coro), ed ha un linguaggio piuttosto ricercato, rispetto agli altri più sguaiati e giullareschi. Il suo aspetto fisico non è descritto da Dante, ma possiamo immaginare che non fosse così diverso dagli altri demoni. Quando Virgilio viene assalito da i diavoli nascosti sotto il ponte della bolgia dei barattieri, egli li blocca chiedendo di parlare con il loro capo, Malacoda. Egli, con un fare da buon padrone di casa (particolarmente ridicolo in un mostro del genere) si mette a dare informazioni ai due pellegrini su come raggiungere il ponte per passare alla prossima bolgia. «“Innanzi che l'uncin vostro mi pigli, traggasi avante l'un di voi che m'oda, e poi d'arruncigliarmi si consigli". Tutti gridaron: "Vada Malacoda!”. » (Inf. XXI, 71-75) Indietro Libicocco è un diavolo inventato da Dante Alighieri, che fa parte dei Malebranche, una truppa di demoni capitanata da Malacoda. Il suo nome è stato interpretato come l'unione dei nomi dei venti libeccio e scirocco, per la loro impetuosità. Viene chiamato da Malacoda, il capo di questo gruppo di diavoli, per la scorta che egli assegna a Dante e Virgilio per il passaggio della bolgia dei barattieri alla ricerca di un nuovo ponte da attraversare. Libicocco è il diavolo più impaziente, che non riesce ad attendere che il dannato pescato nella pece, Ciampolo di Navarra, finisca di parlare con i due poeti perché vorrebbe uncinarlo subito; non riesce a trattenersi, e strappa un pezzo di braccio al dannato con l'uncino, imitato subito da Draghignazzo che si avventa sulle gambe; ma entrambi vengono subito fermati dal loro "sergente" Calcabrina. « E Libicocco "Troppo avem sofferto", disse; e preseli 'l braccio col runciglio, sì che, stracciando, ne portò un lacerto. » (XXII, vv. 70-72) Indietro Scarmiglione è il secondo diavolo, tra quelli inventati da Dante Alighieri per l’episodio dei Malebranche (Inferno, Canti XXI, XXII e XXIII), ad essere citato per nome dopo il capo Malacoda. Il suo personaggio ha lo stile comico che contraddistingue questo episodio. Virgilio sta parlando con Malacoda, e Dante gli sta acquattato dietro: voltandosi egli si accorge che alcuni diavoli lo stanno guardando minacciosamente e parlano tra loro facendo finta di non essere sentiti: "Vuoi che gli tiri un'uncinata sul groppone?“. "Sì, fai che gliel'assesti". Malacoda blocca subito le male intenzioni dei due diavoli (uno dei quali è Scarmiglione) come se li stesse controllando con la coda dell'occhio mentre è preso dalla discussione. « Ei chinavan li raffi e "Vuo' che 'l tocchi", diceva l'un con l'altro, "in sul groppone?". E rispondien: "Sì, fa che gliel'accocchi". Ma quel demonio che tenea sermone col duca mio, si volse tutto presto e disse: "Posa, posa, Scarmiglione!". » (Inf. XXI, vv. 100-105)