Scuola Media Statale “B. Alfieri” - CARIGNANO Classe 2°B I primi giochi olimpici I giochi olimpici nacquero nell’antica Grecia, ed era un modo per onorare gli dei. I primi giochi ebbero sede ad Olimpia, e avvenivano ogni 4 anni. Partecipavano gli uomini Greci, ma le donne non potevano partecipare né assistere alle gare. Gli atleti giovani si sottoponevano a riti di iniziazione per essere considerati adulti. Nella prima gara olimpica vi era solo la corsa, poi se ne aggiunsero altre 22. Quando i Romani conquistarono la Grecia, le olimpiadi furono abolite. Vi erano quattro feste nazionali (giochi panellenici) a cui partecipavano tutti i Greci. Le olimpiadi erano la festa religiosa principale e sono cominciate nel 776 a. C. La volontà di gareggiare si chiama agonismo. Gli atleti • Potevano partecipare ai giochi olimpici solo i Greci liberi e maschi, al contrario di oggi. • I Romani furono i primi stranieri a partecipare. • Le olimpiadi erano una sorta di rito, difatti gli atleti gareggiavano nudi. • Gli atleti si allenavano trenta giorni prima delle gare. • I giudici stabilivano coloro che potevano partecipare. • Gli atleti, prima di partecipare, dovevano giurare a Zeus di non barare. • La tregua sacra assicurava l’immunità degli spettatori alle gare. Lo spirito olimpico Pierre De Coubertin è l’ ideatore delle olimpiadi moderne che si ispirano a quelle originarie dell’antica Grecia. La prima Olimpiade moderna si svolse ad Atene nel 1896. Una competizione così intensa favorisce la pace, per questo la sua bandiera simboleggia l’unione tra i popoli. LA BANDIERA OLIMPICA • Essa raffigura cinque cerchi intrecciati, per simboleggiare l’unione dei popoli ed i cinque continenti della Terra sono rappresentati con i colori simbolici di ognuno di essi: • • • • • azzurro (Oceania) nero (Africa) rosso (America) verde (Europa) giallo (Asia) UNA FIAMMA CINQUE PAROLE AMICIZIA: in punta alla fiamma appare la parola amicizia. Con questa parola pensiamo al gioco di squadra, al lavoro svolto insieme ai compagni per conseguire il miglior risultato possibile. Pensiamo anche a quanto un evento sportivo comporti la partecipazione di tante persone diverse che condividono emozioni irripetibili. FAIR PLAY: è un’espressione inglese che significa letteralmente “GIOCO CORRETTO”, secondo le regole dello sport e della convivenza civile, che implicano lealtà e rispetto dell’avversario. PACE: il riferimento è naturalmente al valore della pace tra i popoli, della convivenza pacifica e costruttiva; ma questa parola segnala anche quale deve essere il corretto spirito olimpico con cui uno sportivo affronta una competizione agonistica. continua… IL DOPING E’ l’ assunzione di sostanze che aumentano in modo artificioso la prestazione degli atleti. In classe abbiamo molto discusso sul doping ed è emerso che tutti noi riteniamo questa pratica altamente sleale e pericolosa per la salute degli sportivi e per lo sport! Questi sono i nostri slogan per dire “NO” al doping Camilla Orlandi Alessandra Cariti ONORE: è una parola complessa, quasi d’altri tempi, che rimanda però a esperienze ed emozioni che capita a tutti di vivere ogni giorno. “Onore” per lo sportivo vuol dire imparare a essere all’altezza della vittoria come della sconfitta. L’onore è destinato a durare nel tempo e le vittorie di atleti e atlete lo attribuiscono al paese da cui provengono. GLORIA: questa parola vuol dire entrare per sempre nel ricordo degli altri per i risultati raggiunti e i successi ottenuti, rappresentati da una medaglia in cui si rispecchiano i sogni di tutti. Insieme, queste parole formano il linguaggio degli sportivi, che è universale, cioè comprensibile in tutte le culture del mondo e in tutti i tempi. I VALORI OLIMPICI INTERPRETATI DA NOI GIOCHI OLIMPICI INVERNALI I primi giochi olimpici invernali si tennero nel 1924 e da allora si svolsero ogni quattro anni, con la sola interruzione della Seconda Guerra Mondiale. La XX edizione di Torino si è svolta dal 10 al 26 febbraio 2006; vi hanno partecipato 1400 atleti, per 15 discipline sportive, 7 i comuni piemontesi ospiti dei giochi. I numeri di Torino 2006 17 giorni di gare dal 10 al 26 febbraio 2006. 15 discipline: 7 comuni sede di gare: Torino, Bardonecchia, Pragelato, Pinerolo, Sause d’Oulx, Cesana, Sestriere. 3 villaggi olimpici: a Torino, Bardonecchia e Sestriere. 82 medaglie in palio. 85 comitati olimpici nazionali. 2’500 atleti. 2’500 tecnici. 650 giudici e arbitri. 10’000 giornalisti e operatori dei media. IL SIMBOLO OLIMPICO DI TORINO 2006 • Il marchio di TORINO 2006 rappresenta la Mole Antonelliana, stilizzata a forma di montagna, con disegni che richiamano una rete, simbolo dell’unione di popoli. LA FIAMMA OLIMPICA • La fiamma arde per tutta la durata dei giochi; da essa si accende una torcia ad Olimpia che la staffetta dei tedofori (portatori di fiaccola) porta di mano in mano, fino alla sede ufficiale dei giochi, dove brucerà per tutto il tempo delle gare. IL VIAGGIO DELLA TORCIA OLIMPICA Il viaggio della torcia olimpica è compiuto in nome di ideali universali e attraversa una grande diversità di Paesi, territori, culture, tradizioni. I messaggeri olimpici nella Grecia antica annunciavano la “TREGUA SACRA”; i vari TEDOFORI (portatori della fiamma) invitano il mondo intero a comprendere la DIVERSITA’ DEI POPOLI e ad accettarla nel nome dello Spirito Olimpico. Il viaggio continua… Le tappe dei “viaggi” della TORCIA OLIMPICA nella lunga storia dei giochi hanno voluto ribadire proprio questo valore. Ci sono state edizioni olimpiche in cui si é scelto di dedicare l’accensione del BRACIERE e il percorso della STAFFETTA OLIMPICA in modo particolare all’incontro dei vari popoli del mondo, rendendo omaggio alle culture, e soprattutto alle MINORANZE del Paese ospitante. I GIOCHI PARALIMPICI Nel 1960 furono inventati i giochi paralimpici, cioè le competizioni sportive per disabili, in cui sono previste gare per atleti con menomazioni fisiche. ... ESSERCI E’ UN’ALTRA COSA!!! La nostra scuola ha organizzato la partecipazione alla Cerimonia di Inaugurazione dei IX Giochi Paralimpici Torino 2006, venerdì 10 marzo presso lo Stadio Olimpico di Torino. In 175 tra allievi, insegnanti e famiglie abbiamo condiviso i valori di un evento unico ed entusiasmante. ... NOI C’ ERAVAMO !!! La nostra cronaca della cerimonia di inaugurazione delle Paralimpiadi Il 10 marzo 2006 la Scuola Media di Carignano è stata invitata a partecipare alla cerimonia di apertura delle Paralimpiadi. Un’emozione unica e irripetibile!!! La nostra scuola aveva come segno di riconoscimento un cartellone con il disegno di ASTER (la mascotte delle Paralimpiadi) che ogni professoressa aveva con sé. Arrivati a Torino siamo entrati nello Stadio Olimpico e ognuno di noi ha trovato posto sulla propria sedia una borsa contenente: un cuscinetto azzurro, una mantellina bianca, una candela profumata di Aster, un lumino tricolore fluorescente ed uno stampino che, strisciato sul viso, formava la bandiera dell’Italia; c’erano anche due opuscoli che presentavano l’avvenimento. Sul palco, prima dello spettacolo, sono saliti due presentatori che ci hanno spiegato come utilizzare al meglio il materiale datoci in dotazione in breve tempo tutti noi (genitori e nonni compresi) abbiamo seguito le istruzioni con entusiasmo! Verso le ore 18,00 ormai lo stadio era pieno e tutti erano vestiti con le mantelline per la coreografia; dopo pochi minuti lo spettacolo ha avuto inizio! In fondo al palco si ergeva un muro che rappresentava una scalinata dove si sono arrampicati e poi sono rimasti appesi sette acrobati; a poco a poco hanno distrutto la scalinata, segno dell’abbattimento delle barriere architettoniche. A questa cerimonia ha voluto esserci, per augurare il successo a tutti gli atleti, anche il cantante Ligabue, che ha cantato per noi: “Il giorno dei giorni”. Uno dei momenti più emozionanti è stato quello dell’alzabandiera e, a seguire, tutti insieme, abbiamo cantato l’inno nazionale italiano. In seguito abbiamo ascoltato le testimonianze di Alex Zanardi (pilota di Formula 1), Paola Fantato (atleta diversamente abile) e Reinhold Messner, che ci hanno fatto capire che anche dopo un grave incidente non ci si deve scoraggiare, ma si può continuare a vivere attivamente e lo sport può ridare un senso alla propria vita. Il Presidente Carlo Azeglio Ciampi ha ufficialmente aperto i gioche Paralimpici di Torino 2006. A questo punto è entrata la bandiera paralimpica portata da atleti diversamente abili e subito dopo è arrivata Simona Atzori, una ballerina senza gli arti superiori che si è esibita in due danze accompagnata da un ballerino. Un altro momento molto toccante è stato l’ingresso degli atleti da quaranta Paesi partecipanti, che hanno sfilato sul palco, accolti dal grande calore del pubblico. E poi il momento più importante e anche il più atteso da tutti: l’ingresso della fiamma olimpica. Alcuni campioni paralimpici si sono disposti su un’unica fila passandosi di mano in mano la fiaccola fino a consegnarla all’ultimo tedoforo; accanto a lui Silvia Battaglio, una bambina non vedente, simbolo della speranza che, una volta accesa non dovrà mai più spegnersi. Con la fiaccola Silvia ha acceso il braciere dei giochi paralimbici invernali 2006. La festa è terminata con fuochi artificiali, danze ed effetti speciali con il laser. Ad un certo punto dal cielo sono stati lanciati dei giganteschi palloni rimbalzanti e migliaia di strisce colorate. Siamo tornati a casa con un pensiero in più per i diversamente abili, i quali ci hanno fatto capire che anche in queste situazioni si può continuare a vivere e a praticare sport a livelli mondiali! LE MINORANZE L’identità culturale caratterizza gruppi piccoli, le cosiddette MINORANZE, che all’interno dello stesso Paese si riconoscono come gruppi sociali “a parte”. Queste differenze nel corso della storia hanno portato più volte alla guerra tra i popoli: ognuno cercava di affermare i propri modelli culturali imponendoli agli altri con la forza. Ma le differenze tra le culture sono la vera ricchezza del mondo: incontrare e conoscere culture diverse dalla propria serve da una parte a sviluppare la curiosità, ad aprire i propri orizzonti mentali, dall’altra a capire meglio se stessi, le proprie tradizioni e a imparare che il rispetto è dovuto nella stessa misura a chi è simile a noi e a chi è diverso. UNITI E DIVERSI NELLO SPORT Lo sport è un’importante occasione per conoscere e apprezzare la diversità delle culture. I Giochi Olimpici “viaggiano” attraverso il mondo, facendo conoscere cerimonie inusuali, modi diversi di vestirsi, di mangiare, di abitare lontani dal proprio. Far conoscere e valorizzare la ricchezza delle diverse culture del mondo è proprio uno dei principi dello Spirito Olimpico, a cominciare dal viaggio della torcia olimpica. IDENTITA’ CULTURALE • Ogni popolo ha una sua cultura, un insieme di usanze, tradizioni, leggi e comportamenti sociali in cui tutti gli appartenenti a uno stesso gruppo si riconoscono. • Sono molti gli elementi che differenziano una cultura dall’altra. • Uno dei fattori più importanti che determinano l’identità culturale di un popolo è la lingua. Parlare la stessa lingua, condividere pensieri parole e suoni per esprimersi rende subito evidente un legame forte tra persone. Lo stesso accade con la cultura e la religione. Credere negli stessi valori religiosi, partecipare agli stessi riti contribuisce moltissimo a cementare l’unità di un popolo. Un altro elemento che differenzia l’identità culturale sono le esperienze storiche condivise in secoli e millenni. • Le soluzioni particolari che una comunità ha trovato per adattarsi all’ambiente geografico in cui vive, riti sociali (come il matrimonio, l’ingresso degli adolescenti nell’età adulta, le forme di partecipazione politica), le feste, le espressioni artistiche nate all’interno di un gruppo fanno diventare comuni l’inventiva e le qualità individuali. OCCITANI VALDESI WALSER L’Occitania corrisponde per la maggior parte al sud della Francia, il cosiddetto “MIDI” con 32 dipartimenti su una superficie di 192.000 kmq e 12.000 abitanti;in Italia comprende 14 valli e 120 comuni delle province di Cuneo, Torino e Imperia su una superficie di 43.000 kmq, con 180.000 abitanti. E’ occitana anche la val D’ Anana, nei Pirenei della Spagna che si estende su una superficie di 450 kmq con una popolazione di 10.000 abitanti. Le sue regioni storiche sono la Gasconha, Lengadòc, Guiana, Limosino, Alvernha, Provenza e Delfinato. L’Occitania non è uno stato né mai lo fu: è uno spazio culturale e linguistico che da oltre 1.000 anni ha come denominatore comune una lingua romanza chiamata “occitana”. Le valli occitane d’Italia si estendono nelle province di Imperia, Cuneo, Torino e sono ufficialmente 14. Appartengono alla provincia Ligure solo Olivetta san Michele e parte del comune di Triora. E’ occitana anche Guardia Piemontese, in Calabria. • In Piemonte la “piccola Occitania” si estende sul territorio Cuneese, dall’alta Corsaglia alle valli Ellero, Pesio, Vermenagna, Gesso, Stura, Grana, Maira, Varaita, Po con le laterali Gronda, Infernotto e nella provincia Torinese nelle valli Pellice, Chisone, Germanasca e Valle d’Oulx. Il termine Occitania indica l’insieme delle regioni in cui si parla la lingua d’ Oc; questa espressione deriva da Dante Alighieri che cercò di classificare le lingue in tre idiomi, la linua del SI’ (Italiano), la lingua d’OIL (Francese), la lingua d’OC (occitano). L’occitano è detta la lingua dei trovatori, che affascinavano le corti europee con storie di dame e cavalieri. Alla base delle storie c’erano alcuni valori che possiamo riconoscere come olimpici, cioè”jovent” (gioventù), “joi” ( gioia di vivere), “paratge” (leatà), “pretz” (valore), “larguessa” (generosità). A luglio e agosto nelle valle Occitane si fanno danze e concerti per ricordare gli elementi comuni alle varie minoranze. La Val Varaita festeggia ogni cinque anni il Giovedì Grasso e le due domeniche precedenti, rievocando antiche battaglie tra le borgate. Nell’ultimo decennio l’interesse occitano si è rivolto al recupero della musica tradizionale grazie alcuni musicisti come Sergio Berardo e al gruppo “Lou Dalfin”. • Questa croce viene chiamata comunemente croce dei Conti di Tolosa o Catara. I suoi colori sono sangue e oro, simboli di antiche battaglie. • Si impone come il segno distintivo del paese d’Oc. • Nelle terre provenzali occupate dal conte di Tolosa i suoi vassalli avrebbero adottato per primi la croce come simbolo da imprimere sulle armi. • L’iniziativa “Occitania Lenga olimpica” è cominciata nel 2001 quando il sindaco di Ostana in Valle del Po inviò ai rappresentanti istituzioni e al TOROC una lettera di richiesta di appoggio per il progetto di presentare l’occitano come lingua olimpica (come era successo a Barcellona con il catalano). Il progetto non fu approvato perché le regole del CIO stabiliscono che le lingue ufficiali sono il francese, l’inglese e la lingua ufficiale del paese ospitante (in questo caso l’italiano). La notte del 17 febbraio la Val Chisone e la Val Pellice sono illuminate dai fuochi ardenti delle comunità Valdese, in ricordo delle “Lettere Patenti” che il re Carlo Alberto emanò nel 1848. Grazie a quell’editto i popoli Valdesi furono accettati negli stati Sabaudi. La religione Valdese nacque nel XII° secolo quando il mercante Pietro Valdo si fece portavoce delle esigenze del ritorno alla povertà per la Chiesa. Condannati come eretici decisero di scappare per sfuggire al massacro e si rifugiarono nelle valli Piemontesi. • Le comunità valdesi si consolidarono nelle valli Piemontesi della val Pellice e val Chisone e in Calabria, Puglia e Provenza. • Per colpa di sanguinose repressioni nel 1545 la comunità di Provenza erano state distrutte, le chiese Calabresi venivano liquidate con un massacro, mentre quelle di Puglia venivano soffocate o disperse. • Sotto la guida del pastore Arnaud, i valdesi cominciarono una marcia detta il “Glorioso Rimpatrio” che li riportò, dopo non pochi scontri, in possesso delle loro valli. Valdese aderì alla Riforma Protestante. I Valdesi credono in Gesù ma rifiutano la venerazione dei Santi e della Madonna; per loro la Bibbia è la sola fonte di insegnamento della Chiesa. Il movimento rifiuta la dottrina del purgatorio e la preghiera dei defunti. La Chiesa L’autorità suprema della chiesa è costituita dal SINODO, composto dai pastori e da una maggioranza di laici; il sinodo elegge un comitato direttivo di persone, la cosiddetta “tavola Valdese” presieduta da un moderatore. Oggi la chiesa Valdese è costituita da 50.000 persone, di cui circa 30.000 sono quelli che risiedono nelle valli italiane. Ai piedi del monte Rosa vive da oltre 700 anni una piccola minoranza di lingua tedesca, originaria dell’Alto vallese. Si tratta di un popolo nomade, una parte del quale intorno al tredicesimo secolo migrò perché alla ricerca di condizioni economiche migliori, di climi e ambienti favorevoli. Questo popolo era composto da pastori e contadini. I Walser vivono nelle e con le montagne e qui hanno intenzione di viverci anche in futuro. Ciononostante sappiano che la cultura e la tradizione Walser sono minacciate e rischiano di scomparire. Era un popolo suddiviso in 150 colonie sparse nell’ arco alpino centrale, su una distesa di circa 300 chilometri quadrati. • statura alta, occhi blu, capelli rossi-biondi, il passo è lungo e il carattere chiuso. • la povertà delle terre dell’alto bacino del Rodano e l’aumento della popolazione indussero nuclei di vallesani a cercare sostentamento in nuove località. • Il loro non fu un esodo di massa, bensì di piccoli gruppi che attraverso i più alti valichi alpini, raggiungevano e si stabilivano in zone ancora libere. Quando il nuovo insediamento si era perfezionato, quando le terre dissodate davano i primi frutti, nuovi nuclei si aggiungevano ai primi coloni. In questo modo, con graduali ondate successive, i Walser si diffusero in tutto l’arco alpino. I Walser costituiscono una presenza inconfondibile e caparbia nel territorio alpino. Ancora oggi posseggono quell’istinto di sopravvivenza che ha permesso loro di resistere nei nostri alpeggi in alta montagna. Per costruire le loro case i Walser realizzarono delle terrazze sui pendii delle montagne, senza togliere del territorio ai campi; le case dovevano proteggere le famiglie ed erano costruite una di fianco all’altra per evitare che il freddo penetrasse. La casa è ideata per ospitare sotto lo stesso tetto parecchie persone. UNO DEI PRINCIPALI ALIMENTI DELLA POPOLAZIONE WALSER Il pane di segale veniva cotto e confezionato nei forni frazionali due volte all’anno: in primavera e in autunno. Era poi disposto su un’apposita rastrelliera nel granaio (spicher) appesa al soffitto, lontana dalle pareti per evitare che i roditori potessero raggiungere il prezioso alimento. PIEDEMONTE, SEDE DEL “WALSER MUSEUM” • L’agglomerato di case con i tetti in riode, la struttura base in pietra e il resto di legno, testimoniamo a distanza di secoli, la ingegnosa e validissima tecnica (altre al gusto estetico) delle popolazioni Walser nella costruzione delle loro abitazioni. • I particolari a intonaco evidenziano successive sistemazione e ampliamenti. • Pur nell’ambiente duro e difficile della montagna, alla fine del faticoso lavoro quotidiano, le donne amavano indossare i loro preziosi costumi tradizionali, ricchi di ricami e “puncetti” eseguiti al lume di candela, durante le serate invernali. RIFLESSIONI La classe ha approfondito l’argomento “Olimpiadi” negli anni scolastici 2004/2005 e 2005/2006. L’attività ha consentito ai ragazzi di conoscere molteplici aspetti collegati all’evento sportivo: I valori dello sport Il significato della partecipazione Le trasformazioni che le città di Torino ha conosciuto in questi anni La varietà di risorse che il territorio piemontese offre ai suoi abitanti e ai visitatori L’apporto che le minoranze storico-linguistiche offrono alla convivenza civile. Lo strumento principale è stato il kit che la Regione Piemonte ha fornito alle scuole, oltre alle pubblicazioni che in questi mesi hanno prodotto informazioni sull’ evento olimpico. Tuttavia gli apporti più significativi per il coinvolgimento dei ragazzi sono derivati dalla partecipazione diretta ad alcune manifestazioni: La visita di Atrium L’adesione agli Sport Events dei mesi di Novembre e Dicembre 2005 La presenza alla cerimonia di apertura dei Giochi Paralimpici. Tutto ciò ha permesso ai ragazzi di sentire “propri” i Giochi, di viverne giorno per giorno l’emozione e di essere partecipi consapevoli di un grande evento. BIBLIOGRAFIA • Torino 2006, Manuale Scuole Medie, Comitato per l’Organizzazione dei XX Giochi Olimpici Invernali. • Conoscere la Valsesia e la Valsessera, De Agostini, Novara, 1990. • Bell’Italia, Piemonte, ottobre-novembre 1998, G. Mondadori. • Torino 06, speciale “La Stampa”, dicembre 2005. • L’Enciclopedia, Redazioni Grandi Opere di Cultura, UTET, Torino 2003. @@@@@@@@@ http://utenti.wide.it www.wir_walser.ch www.occitan.it www.viaggi.virgilio.it