INTEGRAZIONE Insieme di processi sociali e culturali che rendono l‘individuo membro di una società • Definizione e immigrazione: • • Situazione italiana ieri e oggi Vantaggi e svantaggi nella nostra società Lavoratori italiani e lavoratori stranieri: integrazione possibile? • Come cercare di affrontare questo fenomeno Definizione • La tolleranza è un termine sociologico, culturale e religioso relativo alla capacità collettiva ed individuale di vivere pacificamente con coloro che credono ed agiscono in maniera diversa dalla propria. La tolleranza è definita la "capacità fisica o spirituale di sopportare, il permettere o l’accettare idee e atteggiamenti diversi dai propri, il dimostrare comprensione o indulgenza per gli errori o difetti altrui... anche quando li si disapprovi". Nei secoli passati l’intolleranza religiosa ha portato a guerre, inquisizioni e crociate; purtroppo anche il ventesimo secolo ha visto innumerevoli orrori dovuti all’intolleranza. Ma, che cos’è la tolleranza, e come nasce? Il concetto di tolleranza nasce in Europa, ma gli europei non ne sono stati affatto "buoni esportatori" nei confronti delle culture degli altri continenti con cui sono venuti a contatto nel corso dei secoli. I principi di tolleranza, già presenti nell’età classica greco-romana, vengono sviluppati, approfonditi e diffusi da due tra i più grandi filosofi dell’era moderna: Locke e Voltaire Immigrazione: Italia ieri e oggi L’Italia: da paese di emigranti a paese di emigrati. Flussi migratori nel Novecento italiano. Nell’ultimo secolo il nostro paese è stato oggetto di flussi migratori riguardanti intere generazioni di persone, causati soprattutto da motivi economici. Queste ondate migratorie hanno portato il nostro paese a diventare, ai giorni nostri, un insieme multietnico e policulturale di individui. Ma quali sono state le cause reali di queste migrazioni di genti? La storia socio-economica del nostro paese può essere suddivisa in due momenti: uno, coincidente con la prima metà del secolo scorso, caratterizzata da un’economia molto arretrata e da spostamenti di italiani all’estero; un altro, coincidente con la seconda metà del secolo passato, caratterizzata da un progressivo benessere economico e dall’immigrazione di gruppi etnici, appartenenti soprattutto ai paesi orientali ed asiatici, nella nostra penisola. Infatti all’inizio del Novecento la nostra penisola godeva di un’unità politica, ma non ancora economica, poiché nel settentrione erano ancora evidenti i segni della recente industrializzazione, mentre nel Mezzogiorno la popolazione era ancora legata alla terra, che veniva gestita spesso con metodi simili a quelli feudali. Inoltre il suolo risultava spesso poco produttivo a causa dei sistemi di coltura arretrati. La popolazione contadina si trovava di frequente vittima di crisi agrarie che in quel periodo erano ricorrenti. Ad aggravare la già tragica situazione economica dei contadini erano gli esosi tributi imposti loro dalla monarchia. Quindi è pienamente comprensibile l’ondata migratoria che portò molti meridionali a spingersi verso l’ignoto in cerca di lavoro e possibilità di guadagno, soprattutto in America. Nonostante i progetti degli emigranti fossero di stabilirsi nel Nuovo continente, essi non mancavano di tornare nel paese natale, perché ancora legati alle proprie origini; ed era naturale che, se qualcuno avesse offerto loro l’opportunità di acquistare un terreno con il denaro guadagnato in America, non ci pensavano due volte a sfruttare tale possibilità, ristabilendosi nuovamente nel Meridione. Ma, purtroppo, gli eventi e le circostanze negative, che gli avevano spinti alla partenza anni prima, si ripresentavano puntualmente e con essi anche la miseria. Di certo molti di loro decidevano di restare in Italia per amor di patria o per amore di una ragazza. Ma la sorte era uguale per tutti: la miseria. Finalmente con la fine della Grande Guerra si ebbe l’inizio del secondo momento del Novecento italiano, quello del cosiddetto “boom economico”, che permise anche al Mezzogiorno di risollevare le proprie sorti, portandolo ad una maggiore emancipazione economica e sociale. Ma, a partire dagli anni ’80, l’Italia da paese di emigranti divenne un paese di immigrati, desiderosi di lavorare, provenienti soprattutto da quei paesi che non erano stati coinvolti dallo sviluppo economico. Infatti la nostra penisola poteva fornire lavoro in quanto aveva raggiunto una situazione di piena occupazione nelle aree settentrionali più sviluppate e la disoccupazione persisteva solo al Sud dove però i giovani rifiutavano di svolgere i lavori più dequalificati e faticosi. L’ingresso di extracomunitari nel nostro paese era stato facilitato anche dall’apertura delle frontiere per ragioni turistiche, che aveva permesso a molti immigrati una permanenza illegale. Questo fenomeno immigratorio persiste tutt’oggi ed è importante per l’economia italiana, poiché offre lavoratori disposti a svolgere i mestieri più umili, che altrimenti non svolgerebbe nessuno. Di inestimabile valore è poi lo scambio culturale che scaturisce dall’incontro con altre genti. Questi fattori rendono l’immigrazione un fenomeno che, se controllato, può agire sicuramente in maniera positiva sull’economia italiana. Fasi dello sviluppo dell'immigrazione nelle Marche Dal 1975 al 1985: MARGINALITA’ Gli stranieri in questo periodo sono pochi e rappresentati soprattutto da studenti (greci) o esuli (iraniani). Quelli inseriti nel mercato del lavoro sono prevalentemente addetti alla pesca (tunisini) e al commercio ambulante (marocchini) Dal 1985 al 1993: SVILUPPO Dopo le prime sanatorie (1987/1990) la consistenza della popolazione immigrata passa da 6.251 unità (1981) a 10.500 unità. L’etnia più consistente è quella marocchina, ma sono in crescita le presenze dall’America latina e dall’Europa dell’est. Gli inserimenti lavorativi riguardano per lo più i settori del legno e della pelle. Dal 1993/94 al 1998: RADICAMENTO L’immigrazione si caratterizza per una maggiore stabilità e inserimento nel territorio. Aumentano gli arrivi per ricongiungimento familiare, i soggiorni sono più duraturi e l’inserimento lavorativa più rilevante. Le Marche in questo periodo raggiungono una percentuale di presenza di stranieri sul territorio pari a quella nazionale (1.7% nel 1998). Dal 1999 a oggi: ESPANSIONE Il fenomeno migratorio nella regione cresce sensibilmente e la media nazionale viene sorpassata. Dal 1993 la popolazione immigrata è quasi quintuplicata. Questo “fenomeno non occasionale e la presenza ormai stabile […] necessita di politiche che favoriscano percorsi di integrazione e piena cittadinanza”. [Panorama della Sanità, 30 agosto 2003 . B. Martinelli – S. Geraci]. Il fenomeno assume un carattere più spiccato - a livello quantitativo - rispetto al panorama nazionale complessivo. L’INGRESSO DEI CITTADINI STRANIERI IN ITALIA I cittadini stranieri possono entrare sul nostro territorio per turismo, studio, ricongiungimento familiare e lavoro L’ingresso degli stranieri provenienti dai Paesi dell’Unione Europea È regolato dagli accordi di Schengen che hanno reso possibile la creazione di uno spazio comune di libera circolazione tra gli Stati aderenti ed eliminato i controlli alle frontiere. Lo straniero titolare di permesso di soggiorno, in questo caso,è esente da visto per soggiorno non superiore a tre mesi,a condizione che l’ingresso in Italia non avvenga per motivi di lavoro subordinato, lavoro autonomo o tirocinio. Per entrare in Italia da un Paese che non fa parte dell’Unione Europea Lo straniero deve possedere un visto che autorizza l’ingresso e che deve essere applicato sul passaporto o su un altro documento di viaggio. Alcuni Stati sono esenti dall'obbligo del visto per turismo. Il visto è rilasciato dalle ambasciate o dai consolati italiani nello stato di origine o nel Paese in cui lo straniero ha una residenza stabile. Lo straniero che entra legalmente in Italia, entro otto giorni lavorativi, dovrà richiedere il permesso di soggiorno. Il documento avrà una motivazione identica a quella indicata nel visto. Si può entrare in modo regolare in Italia e soggiornarvi per: Gli stranieri che vengono in Italia per visite, affari, turismo e studio per periodi non superiori ai tre mesi, non devono chiedere il permesso di soggiorno .1) Per lo straniero che proviene da Paesi che non applicano l’Accordo di Schengen l’obbligo di rendere la dichiarazione di presenza è soddisfatto con l’apposizione del timbro uniforme Schengen sul documento di viaggio al momento del controllo di frontiera. 2) Invece, lo straniero che proviene da Paesi che applicano l’Accordo di Schengen dovrà presentare la dichiarazione di presenza, entro otto giorni dall’ingresso, al questore della provincia in cui si trova. Per chi alloggia in strutture alberghiere costituirà dichiarazione di presenza copia della dichiarazione resa all’albergatore e sottoscritta dallo straniero. La copia di queste dichiarazioni sarà consegnata allo straniero per essere esibita ad ogni richiesta da parte degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza. L’inosservanza da parte dello straniero della procedura indicata, salvo i casi di forza maggiore, ne determina l’espulsione; questa sanzione sarà applicata anche nel caso in cui lo straniero si sia trattenuto in Italia oltre i tre mesi o il minor termine stabilito nel visto d’ingresso. Studio. Un visto per motivi di studio può essere richiesto all’Ambasciata italiana nel Paese di residenza dello straniero. Ha validità pari al corso che si intende seguire e si rinnova di anno in anno fino alla fine del corso di studi previsto. Questo permesso permette di svolgere attività lavorative part time, con contratto di lavoro non superiore alle 20 ore settimanali. Ricongiungimento familiare. Può essere richiesto da uno straniero regolarmente soggiornante, titolare di carta di soggiorno o valido permesso di soggiorno per lavoro subordinato, per lavoro autonomo, per asilo, per studio, per motivi familiari o per motivi religiosi, di durata non inferiore ad un anno. Lavoro. Il cittadino straniero deve possedere al momento di ingresso in Italia un visto per motivi di lavoro a seguito del rilascio del nulla osta al lavoro da parte dello Sportello unico competente. I permessi per lavoro riguardano il lavoro subordinato, il lavoro autonomo e il lavoro stagionale. -Per instaurare un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, determinato o stagionale con un cittadino extracomunitario residente all'estero, il datore di lavoro, italiano o straniero regolarmente soggiornante, deve presentare una specifica richiesta nominativa di nulla osta presso lo Sportello unico competente per il luogo in cui l'attività lavorativa dovrà effettuarsi. -Lo straniero che intende esercitare in Italia un'attività non occasionale di lavoro autonomo, industriale, professionale, artigianale o commerciale, o intende costituire una società di capitali o di persone o accedere a cariche societarie deve possedere i requisiti morali e professionali richiesti dalla legge ai cittadini italiani per l'esercizio delle singole attività e richiedere il visto di ingresso alla Rappresentanza diplomatica italiana competente. Politica recente sull’immigrazione: Legge Bossi-Fini Legge Bossi Fini è l'espressione d'uso comune che indica la legge della Repubblica italiana 30 luglio 2002 varata per regolamentare le politiche sull'immigrazione e sostituisce ed integra la precedente Legge Turco-Napolitano. Essa prevede che l'espulsione, emessa in via amministrativa dal Prefetto della Provincia dove viene rintracciato lo straniero clandestino, sia immediatamente eseguita con l'accompagnamento alla frontiera da parte della forza pubblica. Gli immigrati clandestini, privi di validi documenti di identità, vengono portati in centri di permanenza temporanea al fine di essere identificati. Per molti aspetti la legge Bossi Fini si pone in contrasto con la Costituzione . Per altri si scontra con le norme comunitarie che sono in corso di approvazione e alle quali anche il nostro ordinamento dovrà adeguarsi. Ad un anno dalla entrata in vigore della legge sono state presentate oltre 300 eccezioni di legittimità costituzionale che saranno esaminate dalla corte costituzionale. Molti sono gli eccessi di discrezionalità affidati alla amministrazione, senza peraltro l’indicazione di criteri e modalità per esercitare tale discrezionalità, per esempio la disciplina delle quote di ingresso affidata al giudizio insindacabile del governo viola la riserva di legge, il principio cioè che assegna solo al legislatore il potere di disciplinare alcune materie come la condizione giuridica dello straniero (art.10 della Costituzione). Il punto più grave è quello che riguarda la disciplina delle espulsioni adottate con semplice provvedimento amministrativo, emanato cioè dall’amministrazione pubblica attraverso il prefetto. I provvedimenti di espulsione sono eseguiti con accompagnamento alla frontiera da parte della polizia. Tali provvedimenti, già giudicati dalla Corte Costituzionale, “limitativi della libertà personale”, devono, invece, essere adottati dalla autorità giudiziaria (art. 13 comma 2 della Costituzione). Le nuove norme sul soggiorno introdotte dalla legge n.189/2002 detta Bossi Fini, che sostituisce al permesso di soggiorno per motivi di lavoro il contratto di soggiorno della durata del contratto di lavoro, creano rapporti di dipendenza ancora più forti del lavoratore straniero dal datore di lavoro. Una condizione cioè di ricattabilità e di esposizione al rischio di comportamenti illeciti sul luogo di lavoro. Il bisogno di lavoro, sia per sopravvivere che per soggiornare, porta ad accettare condizioni lavorative e retributive nettamente al di sotto delle potenzialità professionali, delle mansioni svolte, dei minimi contrattuali. La stessa condizione di lavoro nero, irregolare, purtroppo diffusa in Italia anche per i lavoratori nativi, può diventare un boomerang per i lavoratori stranieri che hanno bisogno di un lavoro regolare per essere in regola con il soggiorno e i periodici rinnovi. I migranti non possono far valere i loro diritti per il rischio di perdere il posto di lavoro o di trovarsi di fronte al rifiuto di assumere immigrati. La paura di perdere il posto di lavoro porta a tacere sulle condizioni di sfruttamento (orario di lavoro, retribuzione, sequestro del passaporto, reclusione nelle case per le collaboratrici domestiche). La nuova normativa in materia di immigrazione suscita molte perplessità ed induce a ritenere che: “Quando la legge non è più uguale per tutti, la sorte delle persone più deboli e meno tutelate si fa molto più precaria ed instabile, mentre i forti si garantiscono i privilegi…”. Vantaggi &Svantaggi L'integrazione di altre razze, culture e religioni nella società italiana comporta una serie di problematiche, come l'intolleranza che può sfociare in razzismo, casi di sfruttamento da parte della malavita organizzata, e più in generale in crimini che queste persone commettono per riuscire a sopravvivere, non riuscendo a trovare lavoro e vivendo nella miseria. Il lavoro in nero, che va dal vendere merce contraffatta per le strade ai lavori industriali, è molto preoccupante dato che si vanno a ledere I diritti delle persone che nella maggior parte dei casi vengono sfruttati essendo costretti a lavorare ore ed ore senza sosta per pochi euro e senza nessuna assicurazione. Non bisogna però sminuire o mettere da parte i vantaggi che possono derivare da una società multietnica tollerante. L'incontro e il conseguente amalgamarsi di culture e lingue diverse può accresce grandemente il bagaglio culturale dell'intera società. Altro beneficio che se ne può ricavare è la possibilità di avere una forza lavoro sempre costante ed efficiente. Oggi come oggi l'Italia è carente di manodopera e l'arrivo di immigrati, e quindi di nuova forza lavoro è molto importante per l'economia del paese. Integrazione nel lavoro e nella società L’integrazione del lavoratore straniero presenta almeno due dimensioni: la situazione lavorativa vissuta in fabbrica e la vita sociale vissuta nel contesto esterno. E’ influenzata quindi da fattori e da “operatori”diversi e con politiche non sempre convergenti. A noi appare che sia relativamente più facile l’integrazione “on the job”, mentre più problematica e meno risolta sembra essere l’integrazione fuori del lavoro, che risulta più difficile perché le diversità da riconciliare sono più evidenti e più numerose. Straniero e Lavoro: Europa e Italia a confronto(dati) Alle imprese italiane piace la società multietnica • • La maggior parte delle imprese italiane (57,6%) e europee (60,4%) annovera al proprio interno lavoratori stranieri, ma i motivi della scelta divergono. Dal punto di vista della logica imprenditoriale, nelle attività nostrane due sono i fattori motivanti la scelta di un lavoratore straniero: perché accetta lavori che gli italiani non vogliono più fare (24%) e perché garantisce disponibilità (13,5%). Ma rilevante è anche la quota degli imprenditori che assumono stranieri perché credono fermamente nella società multietnica: il dato si attesta all’11,1%. Sul fronte europeo è, invece, fondamentale (nel 18,5% dei casi contro il 2,4% in Italia) l’apporto di nuovi input culturali nell’azienda che un lavoratore straniero garantisce, così come l’importanza assegnata alla società multietnica (13,6%). La disponibilità scende rispetto al dato italiano al 9,9%. Sensibile anche la quota relativa al minor costo, 4,9% a fronte del 1,1% italiano. E’ quanto emerge dall’indagine condotta sulle imprese italiane e europee nell’ambito del progetto “democrazia elettronica” della Camera di commercio di Milano. I supporti di integrazione in azienda. Quando si passa ai servizi garantiti in azienda per favorire l’integrazione del lavoratore straniero, le strade italiane ed europee ancora una volta divergono. Nel nostro Paese, l’accento cade sugli aiuti per la ricerca di un’abitazione (8,8%) e sul riconoscimento delle feste (8,1%). Ma anche per il permesso di soggiorno, con servizi che aiutano con la documentazione necessaria: nel 6,4% delle aziende italiane. Un dato inferiore a quello europeo, dove l’aiuto per la ricerca di un’abitazione sale al 11,1% e il riconoscimento delle feste scende al 4,9%. Ma la vera differenza risiede a livello di formazione, che in Europa è pressoché imprescindibile dall’integrazione: quasi un’impresa su cinque organizza corsi di formazione lavorativa dedicati (7,4%) e di lingua (12,3%), mentre in Italia solo il 6,2% si adopera in questo ambito. E l’8,6% dei lavoratori stranieri trova un amico nell’imprenditore europeo, in Italia il 6,3%. Come vengono accolti in azienda gli stranieri? Più di un locale europeo su due li accoglie positivamente (25,9% molto bene, 29,6% bene), in Italia scende al 42,4% (8,1% molto bene, 34,3% bene). In meglio e in peggio. In Europa (45,7%) così come in Italia (41,8%) non si notano particolari differenze tra un lavoratore straniero e uno locale, anche se i lati migliori di uno straniero in Europa sono la conoscenza di più lingue (22,2%) il carattere e i riferimenti di cultura generale (entrambi 8,6%) ma anche le conoscenze tecniche (7,4%) e l’efficienza (6,2%). In Italia la conoscenza delle lingue passa al 17,7%, l’efficienza sale al 12,7% e la cultura generale al 8,3%; menzionato anche il particolare rispetto verso gli altri (8,1%) che in Europa è citato solo nel 4,9% dei casi. Per quanto riguarda le differenze in negativo le percentuali europee calano vistosamente e da annoverare sono le conoscenze tecniche e i diversi riferimenti di cultura generale (entrambi 3,7%) e la conoscenza delle lingue e il modo di vestire (entrambi 2,5%). In Italia, invece, si mantengono abbastanza alti e spiccano i diversi riferimenti di cultura generale (11,8%), la produttività (9,6%), le conoscenze tecniche e il carattere (8,9%) e le usanze/feste (8,8%). Notevole anche il peso della religione (8,8%). e le Marche? • • • • Ci sono vari progetti istituiti nella regione Marche per affrontare e migliorare l'integrazione degli stranieri. I più importanti sono: Progetto Buongiorno :Il progetto "Buongiorno" nasce dalla consapevolezza che il fenomeno dell'immigrazione può aiutarci a riaffermare, come pubbliche amministrazioni, un ruolo attivo di guida e di governo di un fenomeno complesso che può rappresentare una forza di rinnovamento all'interno del nostro territorio regionale. Progetto ENI: ENI è un progetto di cooperazione transnazionale che coinvolge attori del territorio di determinate aree locali in Italia (Porto Recanati, Porto S. Elpidio e Senigallia), Polonia ed Ungheria, per individuare, promuovere e sperimentare politiche attive di integrazione degli immigrati.L’obiettivo è quello di mettere in evidenza sia le opportunità di crescita e sviluppo di cui gli immigrati sono portatori sia gli elementi che fanno di una comunità locale un luogo attraente in cui vivere per i cittadini di origine immigrata. Progetto Agorà Ancona: il progetto riguarda l'accoglienza e l'integrazione linguistica dei bambini stranieri nelle scuola marchigiane. L'Iniziativa Comunitaria INTERREG: ha l'obiettivo di promuovere la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale, al fine di evitare che i confini nazionali ostacolino lo sviluppo equilibrato e l'integrazione del territorio europeo. La scuola come mezzo di integrazione La scuola si propone come mezzo di integrazione, infatti negli ultimi 30 anni la crescita dei flussi migratori si è presentato come fenomeno particolarmente rilevante, sia in Italia sia nel resto dei paesi europei. L’arrivo di extracomunitari comporta una forte crescita del numero dei ragazzi stranieri nelle scuole dell’UE, la maggior parte dei quali frequenta scuole materne ed elementari. L’aumento di minori stranieri nelle nostre scuole comporta, da una parte la necessità del sistema scolastico di adattarsi ad una scuola che sta diventando sempre più multiculturale, dall’altra di andare incontro agli alunni stranieri e alle loro rispettive famiglie contribuendo alla loro integrazione. In quale modo la scuola può esser d’aiuto? Ad esempio, in Italia il sistema scolastico ha deciso di non separare i bambini stranieri dal resto della classe, ma di integrarli insieme ai compagni italiani, senza però superare un numero massimo di 5 alunni stranieri per classe. Inoltre sono disponibili dei corsi di rafforzamento per l’insegnamento della lingua italiana. Senza dubbio un costante dialogo tra insegnanti e famiglie immigrate è molto importante per permettere ai ragazzi stranieri di integrarsi meglio a scuola. Il dialogo tra i docenti e i genitori è molto importante nel caso delle famiglie immigrate, bisogna infatti pensare all’enorme sforzo che fanno gli immigrati per cercare di inserire bene se stessi e i propri figli pur mantenendo integra la loro lingua madre e le tradizioni del loro paese d’origine. Lo scambio tra insegnanti e famiglie straniere è abbastanza complicato, ma viene tuttavia spesso aiutato dall’attività del mediatore culturale, anche se questa figura non è ancora presente in tutte le realtà scolastiche. L’Italia non solo ha la figura del mediatore ma ha inserito, come altri paesi dell’UE, altre misure di sostegno per aiutare le famiglie immigrate ad iscrivere i propri figli a scuola e quindi a seguirne l’andamento scolastico. Tra queste misure c’è la pubblicazione d’informazioni sul sistema educativo italiano in varie lingue. Molte scuole organizzano dei corsi d’italiano anche per i genitori degli alunni immigrati. Nella nostra scuola, ad esempio, è anche possibile per alcuni studenti immigrati seguire lezioni di lingua araba: questi ragazzi infatti hanno un’ottima conoscenza della lingua italiana, parlano l’arabo, ma non lo sanno scrivere perché vivono da molti anni in Italia e perché provengono da famiglie culturalmente povere. Questa opportunità offerta ai nostri compagni consente loro di non perdere il legame con la loro terra di origine e di tenere salde quelle radici che diversamente andrebbero perdute. Permettere un approccio culturale a scuola è veramente indispensabile per agevolare al meglio il dialogo tra diverse culture e favorire l’integrazione di bambini immigrati e delle loro famiglie, non solo in ambito scolastico ma anche in ambito sociale. Cosa si può fare? Il problema, per l’Italia, non è costituito dal fenomeno immigrazione in sé, che anzi, è considerato da taluni come indispensabile alla sopravvivenza di alcuni settori dell’economia italiana in crisi. Il vero problema è invece insito nel modo con cui essa avviene: oggi non si ha a che fare con semplici spostamenti individuali o di gruppi, bensì con veri e propri esodi improvvisi e di massa. Questi esodi avvengono in modo del tutto disordinato e incontrollato, finendo così col rappresentare una facile fonte di guadagno per i cosiddetti “mercanti di esseri umani”. Questo tipo di immigrazione incontrollata e disordinata rappresenta un danno per il paese che la subisce, giacché non fa altro che alimentare il tasso di criminalità e danneggiare gli stessi immigrati regolari, che si ritrovano vittime della xenofobia degli abitanti del luogo. L’ideale sarebbe, pertanto, cercare di tenere sotto controllo il fenomeno dell’immigrazione, più che tentare di impedirlo o comunque di scoraggiarlo, come è stato fatto dall’Unione Europea con la risoluzione presa nel 1994. E questo essenzialmente per 2 motivi: • In primo luogo il fatto che l’immigrazione è un fenomeno assolutamente spontaneo e inevitabile; • In secondo luogo perché, come è già stato detto, si tratta di un fenomeno che, se opportunamente posto sotto il controllo delle autorità competenti, può far fronte ai problemi demografici ed economici della nostra società. Ora bisognerebbe passare ad adeguare l'apparato amministrativo che si occupa dei vari aspetti dell'immigrazione. Maggiore personale per i controlli alle frontiere. Uffici centrali che riassumono le competenze dei vari Ministeri sul modello americano degli uffici sull'immigrazione. Questo per evitare: 1) che gli immigrati siano trattati come cittadini di serie c; 2) di scaricare tutto il peso sulle questure che non sono adeguatamente attrezzate; 3) di fare aspettare un datore di lavoro per 5/6 mesi l'arrivo di un lavoratore assunto dall'estero. Impegnare le aziende insieme agli enti locali affinchè creino alloggi, mense, luoghi di culto e di svago per i lavoratori stranieri. Questo tipo di immigrazione incontrollata e disordinata rappresenta un danno per il paese che la subisce, giacché non fa altro che alimentare il tasso di criminalità e danneggiare gli stessi immigrati regolari, che si ritrovano vittime della xenofobia degli abitanti del luogo. Ed infine bisogna dare a chi viene in Italia a lavorare per l'impresa itliana la possibilità di integrarsi nel rispetto della propria cultura (nei limiti di ciò che è considerarto legale nel nostro Paese) fino a diventare un cittadino Italiano (una nuova legge sulla cittadinanza, evitare di rendere precari i lavoratori stranieri). Tenendo sempre presente che i lavoratori stranieri non sono macchine che si "spengono" dopo l'orario di lavoro ma uomini e donne che vogliono vivere a pieno la propria esistenza e che il più delle volte si legano alla nostra Italia fino a sceglierla come il proprio Paese. A queste persone bisogna offrire il modo di vivere un vita quotidiana in cui tutti i diritti fondamentali della persona umana siano autenticamente ed effettivamente garantiti.