3 DICEMBRE 2012
Giornata Missionaria Sacerdotale
con S. Francesco Saverio,
patrono delle missioni.
cliccare
Questo pioniere delle missioni dei tempi moderni, patrono dell’Oriente
dal 1748, dell’Opera della Propagazione della Fede dal 1904,
di tutte le missioni con S. Teresa di Gesù Bambino dal 1927,
nacque da nobili genitori il 7-4-1506 nel castello di Xavier,
nella Navarra (Spagna).
Francesco non sarebbe diventato un giurista
e un amministratore come suo padre,
né un guerriero come i suoi fratelli maggiori,
ma un ecclesiastico come un qualunque cadetto
del tempo. Per questo nel 1525 si recò
ad addottorarsi all’università di Parigi
sognando pingui benefici nella diocesi
di Pamplona.
Il suo incontro con Ignazio di Loyola
fu provvidenziale perché lo trasformò
da campione di salto e di corsa in araldo
del Vangelo, da professore di filosofia in santo.
Più tardi Ignazio confiderà che Francesco fu “il più duro pezzo di pasta
che avesse mai avuto da impastare” e il Saverio, nel fare 40 giorni
di ritiro sotto la direzione d’Ignazio, prima di iniziare lo studio
della teologia, pregherà: “Ti ringrazio, o Signore, per la provvidenza
di avermi dato un compagno come questo Ignazio, dapprima
così poco simpatico”.
Nella primavera del 1539 egli prese parte
alla fondazione della Compagnia di Gesù
e, l’anno dopo, fu mandato alle Indie
Orientali in qualità di legato papale
per le terre situate ad oriente del capo
di Buona Speranza, visto le insistenti
preghiere rivolte da Giovanni III, a
Ignazio per avere sei missionari.
Stabilitosi nel collegio di San Paolo
a Goa, cominciò con ardore il suo
apostolato (1542) in quei villaggi.
Egli stesso così scriveva a Ignazio di Loyola il 28 Ottobre 1542:
“Abbiamo attraversato villaggi cristiani che si convertirono 8 anni fa.
I cristiani del posto, non avendo chi li istruisca nella nostra fede,
sanno dire soltanto di essere cristiani: non hanno chi dica loro Messa
e nemmeno chi insegni loro il Credo, il Pater noster e l’Ave Maria.
Non appena arrivavo nei villaggi, i fanciulli non mi lasciavano
nè recitare l’Ufficio, né magiare, né dormire se prima non insegnavo
loro alcune preghiere. Allora cominciai a capire perché di essi è
il Regno dei Cieli”.
In un’altra lettera di qualche anno posteriore illustra il suo modo di agire:
“Poiché loro non comprendevano me e nemmeno io loro,
dato che la loro lingua nativa era il malavar e la mia quella biscaglina,
riunii i più istruiti fra loro, cercando persone che comprendessero
la nostra e la loro lingua.
Dopo esserci riuniti insieme con grande
fatica per molti giorni, traducemmo
le preghiere, cominciando dal modo
di fare il segno della Croce [..].
Dopo averle tradotte nella loro lingua
e imparate a memoria, andavo per tutto
il villaggio con una campana in mano,
riunendo quanti più ragazzi e uomini
potessi, e dopo averli riuniti, li istruivo
due volte al giorno.
Nello spazio di un mese
insegnavo le preghiere”.
Grande la sua devozione alla Madonna e alla preghiera del Rosario.
Con il Rosario non solo faceva catechesi e inculcava l’amore filiale
alla Madonna, ma operava anche guarigioni e miracoli.
La cosa, dapprima sorprendente e meravigliosa, divenne poi semplice
e comune fra i cristiani. La Madonna era davvero vicina a questo suo
grande figlio e confermava con i miracoli la sua dottrina e la sua vita.
I fedeli si erano via via abituati a chiedere
in prestito a S. Francesco Saverio la sua
corona del Rosario e la facevano passare
da un malato all’altro, perché guarissero.
A guarigioni avvenute, spesso il Rosario
non ritornava più a S. Francesco Saverio,
perché si amava conservarlo per devozione
e ricordo, con grande riconoscenza.
Specialmente ai novelli convertiti,
raccomandava con premura la devozione
del s. Rosario, assicurandoli che con questo
mezzo non sarebbero mai andati perduti.
Dopo l’evangelizzazione dell’India il 1548 partì per il Giappone e
quando nell’inverno del 1551, richiamato da urgenti affari, ritornò
in India, in Giappone c’erano oltre 1.000 cristiani.
Essendosi sempre sentito opporre
dai bonzi che se la religione cristiana
fosse stata vera, i cinesi l'avrebbero già
conosciuta,decise di andarli a convertire.
e nel 1552 approdò all’isola di Sanciano
con un servo cinese convertito.
Nel rigido inverno di quello stesso anno
si ammalò di polmonite e, privo com’era
di ogni cura, morì in una capanna,
dopo aver più volte ripetuto: “Gesù,
Figlio di Davide, abbi pietà di me!
O Vergine Maria, ricordati di me!”.
Morì così, tutto proteso
a una missione immensa
che non aveva potuto
nemmeno incominciare.
Era il 3 Dicembre 1552.
Ma su quella sponda
abbandonata già batteva
il cuore della Chiesa.
Il suo corpo fu seppellito dal servo nella parte settentrionale dell'isola,
in una cassa ripiena di calce.
Due anni dopo fu trasportato, integro e intatto, prima a Malacca
e poi a Goa, dove si venera nella chiesa del Buon Gesù.
A Roma,
nella chiesa
del Gesù,
è invece
conservato
il suo braccio.
Quel braccio che, come egli stesso scriveva, “talmente grande
è la moltitudine dei convertiti che sovente le braccia mi dolgono,
tanto hanno battezzato e non ho più voce e forza di ripetere il Credo
e i Comandamenti nella loro lingua”.
A chi gli chiedeva
come fosse riuscito
a fare tanto,
la sua risposta era:
“Cominciate col fare
ciò che è necessario,
poi ciò che è possibile.
E all'improvviso
vi sorprenderete
a fare l’impossibile”.
“Bisogna aver sempre Iddio presente,
né mai, anche per via,
perdere il raccoglimento:
forno aperto si raffredda
e forno chiuso più s’accalora”.
Il suo motto?
Affido agli scritti
di Jhonn Henry Newman
la preghiera
per questa
giornata particolare.
Gesù, aiutami
a diffondere la tua fragranza
ovunque vada.
Inonda la mia anima
con il tuo Spirito
e la tua vita.
Penetra e possiedi tutto il mio essere,
così completamente che la mia vita
non sia che un riflesso luminoso della tua.
Risplendi attraverso di me
e sii così presente in me
che ogni anima con cui vengo a contatto
sperimenti la tua presenza nella mia anima.
Che alzino gli occhi al cielo
e non vedano più me,
ma Gesù soltanto!
Rimani con me
e allora comincerò a risplendere
come tu risplendi:
risplendere in modo
da essere luce per gli altri.
La tua luce, o Gesù,
proverrà tutta da te;
niente di essa sarà mia.
Sarai tu
a risplendere
sugli altri
attraverso di me.
Fa che così
io ti lodi
nel modo
che più ami:
risplendendo
di luce
su coloro
che sono
attorno a me.
Fa che io
ti annunci
senza predicare;
non a parole,
ma con l’esempio,
con una forza
che trascina;
con l’influenza benevola
di ciò che faccio;
con la pienezza tangibile
dell’amore
che il mio cuore
porta per te.
Amen
Scarica

Giornata_missionaria_sacerdotale - Arcidiocesi di Bari