Di: Giacomo Fiorani Antonio Maria Giordano Alessia Concetti Martina Zallocco Nel 410 d.C., i romani lasciarono la Britannia. Le popolazione locali, fino allora protette dai potenti invasori, si trovarono quindi a fronteggiare le incursioni sempre più frequenti dei Pitti da nord, a cui si aggiunsero le scorrerie dei pirati sassoni sulle coste del sud e del sud-est, e quelle dei pirati Scoti ad ovest. Nel corso degli anni i sassoni divennero sempre più insistenti, fino ad assumere il carattere di un'occupazione vera e propria. La loro penetrazione si protrasse dalla metà del V alla fine del VI secolo. Le cronache di questo periodo sono assai scarse e lacunose, e si prestano quindi a molteplici interpretazioni. Infatti, dopo il ritiro dei romani, ci fu un rifiorire della cultura celtica, più incline alla tradizione orale che scritta. Ciò portò al proliferare di canzoni e ballate che furono poi trascritte nei secoli successivi. Grazie a loro abbiamo ora un quadro più o meno veritiero della resistenza britannica alle invasioni nemiche. Tra i condottieri locali che si distinsero in quel periodo spiccano Ambrosio Aureliano, tra il 460 e il 470 e, probabilmente, Artù, anche se nessun testo ci fornisce indicazioni sul successore di Ambrosio. Artù è un personaggio a simbolo della resistenza dei britanni contro i sassoni. Il suo ricordo fu così forte nei discendenti di Britannia che i narratori delle sue imprese gli accreditarono gesta di altri uomini. Questo semplice "capobanda" divenne nella tradizione re di un vastissimo regno (il regno di Logres), che si estendeva dalla Gran Bretagna all'Europa intera, "e, dopo una fulgida e lunghissima vita trascorsa tra conquiste e saggia amministrazione della giustizia scompare dalla vista degli uomini e si ritira in un'isola incantata da cui un giorno tornerà per riporsi a capo del popolo che non avrà mai cessato di attenderlo." Re Artù è un'importante figura delle leggende della Gran Bretagna. È il personaggio principale del Ciclo bretone (o Ciclo arturiano), anche se c'è disaccordo sul fatto che Artù sia veramente esistito. Nelle citazioni più antiche che lo riguardano e nei testi in gallese non viene mai definito re, ma dux bellorum ("signore della guerra"). “ Soltanto chi saprà estrarre questa spada sarà scelto da Gesù Cristo per regnare su tutta l'Inghilterra”. Ci sono diverse ipotesi su come Artù abbia ricevuto la spada “Excalibur”:nel Merlin di Robert de Boron, re Artù ottiene il trono estraendo una spada da una roccia. Nel racconto estrarre la spada è possibile solo a colui che è "il vero re", inteso come l'erede di Uther Pendragon. La spada del racconto è presumibilmente la famosa Excalibur.Ciò nonostante, in quello che viene chiamato Post-Vulgate Merlin, Excalibur viene donata a re Artù dalla Dama del lago dopo che Artù è già re (Artù ottiene la spada prendendola dalla mano della Dama che esce fuori da un lago e gli porge l'Excalibur). Secondo diverse fonti Artù distrugge la spada estratta dalla roccia mentre sta combattendo contro re Pellinore, per questo Merlino permetterà ad Artù di ottenere la Excalibur. Alcune storie narrano che Artù sia riuscito ad estrarre la spada dalla roccia dandogli il diritto a diventare re (e quella spada era Excalibur) ma che l'abbia gettata via una volta che lui, tramite essa, uccise accidentalmente un suo cavaliere. Merlino allora gli consigliò di trovare una nuova lama, cosa che succede quando Artù riceve la spada dalla Dama del lago che è il nome di un personaggio (o di diversi personaggi correlati) del ciclo arturiano. In opere diverse le vengono attribuite gesta diverse; fra l'altro, viene talvolta rappresentata come colei che consegna a Re Artù la spada Excalibur; come colei che porta il re morente ad Avalon dopo la Battaglia di Camlann; come colei che alleva Lancillotto rimasto orfano del padre; e come colei che seduce e imprigiona il Mago Merlino. Diversi autori attribuiscono diversi nomi alla Dama: per esempio Nimue, Viviana, Niniane, Nyneve, e Coventina. Le origini del personaggio della Dama del Lago vanno quasi certamente fatte risalire alla mitologia greca e romana. Il rapporto fra la Dama del Lago e Lancillotto e Artù presenta qualche analogia con la storia della nereide Teti della mitologia greca, uno spirito dell'acqua che alleva un grande eroe (Achille). Tra l'altro, Teti è moglie di Peleo, e la Dama del Lago, secondo alcune fonti, aveva un amante di nome Pelleas. Teti è l'artefice dell'invulnerabilità di Achille (e gli dona anche un'armatura e uno scudo forgiati da Efesto), così come la Dama del Lago dona a Lancillotto un anello protettivo (e in seguito dona Excalibur ad Artù). È stato suggerito che il personaggio della Dama del Lago possa avere un'origine comune con un altro importante personaggio femminile arturiano, Morgana. Sia Morgana che la Dama del Lago sono spesso associate alla magica isola di Avalon, citata già da Goffredo di Monmouth come luogo in cui venne forgiata Excalibur e riparo di Artù dopo la battaglia con Mordred. La Post-Vulgata sostituisce il personaggio della Dama con due personaggi distinti. Il primo è un personaggio positivo, che dona ad Artù la spada Excalibur dopo che Artù ha spezzato la sua prima spada; in cambio, chiede che il re prometta di esaudire un suo desiderio in futuro. Qualche tempo dopo, la Dama chiede ad Artù di condannare a morte il cavaliere Balin, coinvolto in una faida con la famiglia della Dama. È invece Balin a tagliare la testa della Dama, e per questo viene bandito da corte. Il secondo personaggio riconducibile alla Dama del Lago, Ninianne, ha una storia quasi identica a quella narrata nel Lancillotto in prosa. Thomas Malory riprende entrambi i personaggi nel suo Le Morte d'Arthur e in altre opere; lascia anonima la prima Dama e chiama la seconda Nimue. Le leggende della Tavola Rotonda narrano le famose vicende di re Artù, re della Britannia, e dei suoi cavalieri. Secondo la tradizione, questi solevano sedersi attorno ad una tavola rotonda, perchè non sorgessero tra loro differenze invidie rispetto al re. La Tavola ha un diametro di 6 m circa, pesa oltre una tonnellata ed è costituita da 121 pezzi di quercia di almeno 7 alberi. La leggenda narra che fu costituita da mago Merlino per il padre di Artù, re Uther Pendragon. Alla sua morte finì nelle mani di Leondogrance, re di Camelerd, che la diede in dote a sua figlia Ginevra quando andò in sposa ad Artù. Al suo intorno potevano seder seder più di 100 cavalieri. Merlino leggendario mago appartenente alla tradizione letteraria che fa capo ai romanzi della tavola rotonda.Goffredo di Monmouth ne racconta per primo le vicende nella sua Historia Regum Britanniae,rappresentandolo come rappresentandolo come consigliere del re Uther Pendragon e poi del figlio Artù.Merlino è protagonista dell'omonimo romanzo di Robert De Boron,che provvede a una caratterizzazione in senso cristiano della figura,con l'introduzione del motivo misticheggiante del Sacro Graal. Lancillotto, leggendario cavaliere, è il personaggio che compare per la prima volta nell' Enide di Chretien de Troyes.E’ nella sua opera che Lancillotto fa cenno al suo amore per Ginevra, la moglie di re Artù, oltre che alla storia della sua educazione presso una fata lacustre. Su questi due temi si snoda un altro tema centrale della tradizione cavalleresca, quello della ricerca del sacro Graal. Lancillotto viene rappresentato come grande modello di cortesia, anche se la sua fatale inclinazione per le passioni amorose gli impedirà di raggiungere quella perfezione morale che sarà propria del figlio,Sir Galahad,il quale, proprio per questo, riuscirà a portare a felice compimento la ricerca del Graal “Lancillotto fu preso da un tale tremito che non poté più parlare. Galeotto, che, pur stando a una rispettosa distanza, osservava la scena, vide l'amico in difficoltà e intervenne prontamente. "Signora, vedete come soffre quest'uomo. Solo a voi è dato il potere ,di cancellare i suoi tormenti: fatelo, in nome di ciò che egli ha fatto per voi." "Come posso lenire il suo dolore?" domandò la regina. "Promettetegli di diventare per sempre la sua dama ed egli sarà l'essere più felice detta terra" . "Così sia - pronunciò a bassa voce, ma con tono sicuro Ginevra - lo prometto." Tale fu la gioia di Lancillotto che egli credette di non poterla sopportare e di cadere morto al suolo. Ma non morì, e non morì neppure quando la più bella delle donne, per nulla turbata dalla presenza di Galeotto, gli si avvicinò e unì le labbra alle sue in un dolcissimo, interminabile bacio.”