Istituto Superiore di Tecniche Investigative dell’Arma dei Carabinieri
Procedimenti minorili: peculiarità
15/07/2010
dott. Claudio De Angelis
Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale per i minorenni di Roma
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Il procedimento penale minorile è
disciplinato dal DPR 22 settembre 1988 n°
448, entrato in vigore il 24 ottobre 1989,
contestualmente al nuovo codice di
procedura penale (c.d. codice Vassalli)
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La normativa, che costituisce un vero e
proprio microsistema, è stata introdotta
affinché l’intervento anche penale nei
confronti del minore non dia mai luogo ad
un minus di garanzie rispetto a quelle
riconosciute ai maggiorenni, neppure
quando detto intervento si presenta come
diretto a proteggere il minore da abusi o
rischio di devianza.
3
Accanto al diritto del minore ad avere
un proprio giudice (il Tribunale per i
minorenni è stato istituito nel 1934), è
stato sancito il suo diritto ad avere un
proprio processo.
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Il minore è stato pertanto incluso nel
sistema penale in modo attivo e non
passivo, solo entro i limiti necessari
alla valutazione della sua azione.
5
Nel procedimento a carico di minorenni si
osservano le disposizioni del presente
decreto e, per quanto da esse non previsto,
quelle del codice di procedura penale. Tali
disposizioni sono applicate in modo
adeguato alla personalità e alle esigenze
educative del minorenne (art. 1 co. 1 del
DPR n° 448 del 1988).
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Le modificazioni ed integrazioni che caratterizzano
la peculiarità del rito penale minorile si muovono,
anche sulla scorta delle Regole di Pechino e delle
raccomandazioni
di
Strasburgo,
importanti
documenti internazionali che hanno di poco
preceduto il DPR n° 448, lungo due linee
fondamentali: da un lato il rafforzamento delle
garanzie processuali per il minorenne, dall’altro la
prevenzione dei rischi e dei pregiudizi derivanti dal
contatto del minore con il circuito penale, con
conseguente pericolo di etichettamento.
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Le due linee fondamentali, apparentemente
armoniche, possono entrare in conflitto:
concorrono le esigenze educative e quelle della
sanzione dei comportamenti devianti, che
devono essere armonizzate.
Il giudice illustra all’imputato il significato delle
attività processuali che si svolgono in sua
presenza nonché il contenuto e le ragioni anche
etico-sociali delle decisioni. (Art. 1 co. 2 del DPR
n° 448 del 1988).
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Art. 97 c.p.
Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto non aveva
compiuto i quattordici anni.
L’infraquattordicenne non è imputabile e, pertanto il necessario epilogo di
tutti i procedimenti che lo riguardano è la sentenza di non luogo a
procedere per difetto di imputabilità (art. 26 DPR n° 448 del 1998).
Peraltro, per consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale e della
Corte di cassazione, la sentenza di non luogo a procedere per difetto di
imputabilità presuppone l’accertamento della responsabilità del minore,
potendo anche comportare l’applicazione di misure di sicurezza nei suoi
confronti ed essendo destinata, in ogni caso ad essere iscritta, sia pure
temporaneamente, nel casellario giudiziale.
Per tale ragione è necessario attivare, sia pure in via sommaria, un
contraddittorio, per consentire alla difesa di interloquire.
Diretta conseguenza di quanto sopra è la necessità, con la quale la prassi
della polizia giudiziaria di base non è sempre in linea, di corredare sempre
le comunicazioni di notizia di reato riguardanti minori non imputabili per
età con i dati relativi ai primi accertamenti sui fatti e alla compiuta
identificazione dei soggetti.
9
Art. 98 c.p. co. 1
È imputabile chi, nel momento in cui ha
commesso il fatto, aveva compiuto i
quattordici anni, ma non ancora i diciotto, se
aveva capacità di intendere e di volere; ma la
pena è diminuita.
Il giudice deve effettuare l’accertamento caso
per caso e la legge non pone alcuna
presunzione, né di imputabilità, né di non
imputabilità.
Dottrina e giurisprudenza hanno individuato,
rispetto al proscioglimento ai sensi dell’art. 98
c.p., la categoria dell’immaturità.
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Accertamento sull’età del minorenne
Quando vi è incertezza sulla minore età
dell’imputato, il giudice dispone, anche di
ufficio, perizia.
Qualora, anche dopo la perizia, permangono
dubbi sulla minore età, questa è presunta ad
ogni effetto.
Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si
applicano altresì quando vi è ragione di
ritenere che l’imputato sia minore degli anni
quattordici (art. 8 DPR 448 del 1988).
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La diminuente (o attenuante) della minore età
prevista dall’art.98 c.p. concorre con le altre
circostanze
aggravanti
ed
attenuanti
nell’applicazione della pena e può quindi
essere ritenuta prevalente, equivalente o
soccombente
rispetto
alle
circostanze
aggravanti, con il solo limite dell’esclusione
dell’applicazione al minorenne della pena
dell’ergastolo,
sancito
dalla
Corte
costituzionale con sentenza n°168 del 1994.
12
Perdono giudiziale
(artt.169 c.p. e 19 R.D.L. 20 luglio 1934 n° 1404)
Se per il reato commesso dal minorenne il tribunale crede
che si possa applicare una pena restrittiva della libertà
personale non superiore a due anni, ovvero una pena
pecuniaria non superiore a euro 1.549 anche se congiunta a
detta pena, il giudice può astenersi dal pronunciare
condanna e applicare il perdono giudiziale.
Il perdono giudiziale non può essere concesso più di una
volta, ma due sentenze della Corte costituzionale hanno
stabilito che il perdono può estendersi ad altri reati legati dal
vincolo della continuazione a quelli per i quali è stato
concesso il beneficio (sentenza n°108 del 1973) e che può
concedersi un nuovo perdono in caso di reato commesso
anteriormente alla prima sentenza di perdono, purché la
pena cumulata non superi i limiti di applicabilità del beneficio
(sentenza n°154 del 1976)
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Sospensione condizionale della pena
(art. 163, co.2 c.p.)
Per il reato commesso da un minore degli anni
diciotto la sospensione condizionale della pena può
essere ordinata quando si infligga una pena
restrittiva della libertà personale non superiore a tre
anni ovvero una pena pecuniaria che, sola o
congiunta alla pena detentiva e ragguagliata a
norma dell’art. 135 c.p., sia equivalente ad una pena
privativa della libertà personale per un tempo non
superiore, nel complesso, a tre anni.
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Il processo penale minorile è, prima ancora che processo del
fatto processo della persona.
Questa a ben vedere è la principale peculiarità, collegata del
resto alle esigenze educative.
Mentre per gli adulti esiste addirittura il divieto di
accertamenti sulla personalità al di fuori dell’indagine
sull’eventuale vizio di mente (art. 220, 2° co. c.p.), principio
cardine del minorile è quello che prescrive gli accertamenti
sulla personalità del minorenne (a mente dell’art. 9 del DPR
n° 488 del 1988 il pubblico ministero e il giudice
acquisiscono elementi circa le condizioni e le risorse
personali, familiari, sociali e ambientali del minorenne al fine
di accertarne l’imputabilità e il grado di responsabilità,
valutare la rilevanza sociale del fatto nonché disporre le
adeguate misure penali e adottare gli eventuali
provvedimenti civili).
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Alle
importanti
finalità
endoprocessuali,
strettamente collegate alla pronuncia penale, si
aggiungono finalità parapenali, da iscriversi nel
paradigma della “presa in carico” e della
protezione del minore, con la possibile apertura di
un procedimento civile nel suo interesse: al fine
dell’eventuale esercizio del potere di iniziativa per
i provvedimenti civili di competenza del tribunale
per i minorenni, l’autorità giudiziaria informa il
procuratore della Repubblica presso il tribunale
per i minorenni nella cui circoscrizione il
minorenne abitualmente dimora dall’inizio e
dell’esito del procedimento penale promosso in
altra circoscrizione territoriale (art. 4 DPR n° 448
del 1988).
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I
principali
procedimenti
civili
di
competenza del tribunale per i minorenni
sono la procedura di adottabilità nei casi di
abbandono del minore (Legge 4 maggio
1983 n° 184 e successive modificazioni) e
le procedure di decadenza e di limitazione
della potestà genitoriale (artt. 330, 333 e
336 c.c.)
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Il tribunale per i minorenni è un giudice specializzato.
Nella sua composizione ordinaria, in civile e in penale, è un
organo collegiale a composizione mista ( due magistrati di
carriera togati e due giudici onorari scelti fra gli esperti di
scienze umane quali la psicologia, la pedagogia, la
psichiatria ecc.).
In penale esercita la funzione di GIP un giudice togato
monocratico, mentre il GUP (Giudice dell’Udienza
Preliminare) ha una composizione collegiale (un giudice
togato e due giudici onorari).
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Specializzato è anche il pubblico ministero
minorile, organo che presiede e coopera al
conseguimento del peculiare interessedovere dello Stato al recupero del minore, cui
è addirittura subordinata la realizzazione o
meno della pretesa punitiva, dovere primario
del rappresentante dell’accusa (sentenza
della Corte Costituzionale n° 49 del 1973).
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Specializzata è anche la polizia giudiziaria.
In ciascuna procura della Repubblica presso
i tribunali per i minorenni è istituita una
sezione specializzata di polizia giudiziaria,
alla quale è assegnato personale dotato di
specifiche attitudini e preparazione (art. 5
DPR n° 448 del 1988).
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Costante è la necessaria presenza, accanto agli esercenti la
potestà sul minore, dei servizi minorili, per tutte le attività di
assistenza affettiva e psicologica, di osservazione, di
sostegno e di controllo.
L’assistenza affettiva e psicologica all’imputato minorenne è
assicurata, in ogni stato e grado del procedimento, dalla
presenza dei genitori o di altra persona idonea indicata dal
minorenne e ammessa dall’autorità giudiziaria che procede
(art. 12 co.1 DPR n° 448 del 1988).
A tutti gli atti garantiti deve presenziare, a pena di nullità, un
esercente la potestà sul minore e, ai sensi dell’art. 7 del DPR
n° 448, l’informazione di garanzia e il decreto di fissazione
dell’udienza, devono essere notificati, a pena di nullità,
anche all’esercente la potestà dei genitori. La regola si
applica, durante le indagini preliminari, anche agli inviti a
presentarsi e agli interrogatori dei minori.
In ogni stato e grado del procedimento l’autorità giudiziaria si
avvale dei servizi minorili dell’amministrazione della giustizia.
Si avvale altresì dei servizi di assistenza istituiti dagli enti
locali (art. 6 DPR n°448 del 1988).
21
Specializzati sono i difensori d’ufficio.
Il consiglio dell’ordine forense predispone gli
elenchi
dei
difensori
con
specifica
preparazione nel diritto minorile (art. 11 DPR
n° 448 del 1988).
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Punto qualificante del rito penale minorile è
quello relativo alla libertà personale: le misure
precautelari della polizia giudiziaria e le
misure cautelari applicate dal giudice sono
sempre facoltative e sono consentite solo per
reati gravi, specificamente individuati o per
reati puniti con pena elevata.
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Misure cautelari per i minorenni
Le misure cautelari per i minorenni sono tipiche e nel
disporle il giudice deve tenere conto, oltre che dei
consueti criteri, validi anche per gli adulti, previsti
dall’art. 275 c.p.p., dell’esigenza di non interrompere
i processi educativi in atto.
Con la misura cautelare il giudice affida l’imputato ai
servizi minorili dell’amministrazione della giustizia.
Le misure diverse dalla custodia cautelare possono
essere applicate solo quando si procede per delitti
per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o
della reclusione non inferiore nel massimo a cinque
anni (art. 19 co.4 DPR n°488 del 1988)
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Custodia cautelare
La custodia cautelare può essere applicata quando si
procede per delitti non colposi per il quale la legge stabilisce
la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel
massimo a nove anni. Anche fuori dei casi predetti, la
custodia cautelare può essere applicata quando si procede
per uno dei delitti, consumati o tentati, previsti dall’art. 380,
comma 2 lettere e),f),g),h) del codice di procedura penale
nonché, in ogni caso, per il delitto di violenza carnale (art.23
co. 1 DPR n°448 del 1988).
Non può essere preso in considerazione il parametro b
(relativo alle ipotesi in cui l’imputato si è dato alla fuga o
sussiste concreto pericolo che egli si dia alla fuga, perché il
parametro stesso è stato dichiarato incostituzionale con
sentenza della Consulta n°359 del 2000).
Restano i due parametri a e c di cui al 2° comma dell’art.23,
relativi rispettivamente alle esigenze probatorie e alla
pericolosità del prevenuto.
25
Le altre misure cautelari previste per i minorenni sono:
Collocamento in comunità (art. 22 DPR n°488 del
1988);
Permanenza in casa (art. 21 DPR n°488 del 1988);
Prescrizioni (art. 20 DPR n° 488 del 1988).
Il minorenne in comunità o in permanenza in casa è
considerato in stato di custodia cautelare ai soli fini del
computo della durata massima della misura a decorrere
dal momento in cui la misura è eseguita ovvero dal
momento
dell’arresto,
del
fermo
o
dell’accompagnamento.
Il periodo è computato nella pena da eseguire a norma
dell’art. 657 c.p.p.
Le prescrizioni sono un istituto tipicamente minorile e
ineriscono ad attività di studio a di lavoro ovvero ad altre
attività utili per l’educazione del minore.
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Arresto in flagranza
(art. 16 DPR n° 488 del 1988)
Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria possono procedere all’arresto
del minorenne colto in flagranza di uno dei delitti per i quali a norma
dell’art. 23, può essere disposta la misura della custodia cautelare.
Nell’avvalersi della facoltà prevista dal comma 1° gli ufficiali ed agenti di
polizia giudiziaria devono tenere conto della gravità del fatto nonché
dell’età e della personalità del minorenne .
Fondamentale e delicata è la valutazione della polizia giudiziaria di base
rispetto all’eventuale arresto in flagranza, anche alla luce dell’eventuale
consultazione preventiva del pubblico ministero minorile di turno.
Fermo di minorenne indiziato di delitto
(art. 17 DPR n° 448 del 1988)
È consentito il fermo del minorenne indiziato di un delitto per il quale, a
norma dell’art.23, può essere disposta la misura della custodia cautelare,
sempre che, quando la legge stabilisce la pena della reclusione, questa
non sia inferiore nel minimo a due anni.
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Provvedimenti in caso di arresto o di fermo del minorenne
(art. 18 DPR n° 488 del 1988)
Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l’arresto
o il fermo di un minorenne ne danno immediata notizia al pubblico
ministero nonché all’esercente la potestà dei genitori e all’eventuale
affidatario e informano tempestivamente i servizi minorili
dell’amministrazione della giustizia.
Quando riceve la notizia dell’arresto o del fermo, il pubblico ministero
dispone che il minorenne sia senza ritardo condotto presso un centro di
prima accoglienza o presso una comunità pubblica o autorizzata che
provvede a indicare. Qualora, tenuto conto delle modalità del fatto,
dell’età e della situazione familiare del minorenne, lo ritenga opportuno,
il pubblico ministero può disporre che il minorenne sia condotto presso
l’abitazione familiare perché vi rimanga a sua disposizione.
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Accompagnamento a seguito di flagranza
(art. 18 bis DPR n°488 del 1988)
Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria possono accompagnare presso
i propri uffici il minorenne colto in flagranza di un delitto non colposo per il
quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non
inferiore nel massimo a cinque anni e trattenerlo per il tempo strettamente
necessario alla sua consegna all’esercente la potestà dei genitori o
all’affidatario o a persona da questi incaricata. In ogni caso il minorenne
non può essere trattenuto oltre dodici ore.
Si tratta di un particolare istituto introdotto con Legge n° 12 del 1991 in
sede di modifica del DPR n° 448 che, perlomeno a Roma, è scarsamente
applicato in quanto di regola si provvede in tempi rapidi a convocare i
genitori e riconsegnare agli esercenti il minore denunziato a piede libero.
Quanto agli stranieri non accompagnati o per i quali comunque non sia
stato reperito un’esercente la potestà, si provvede in sede civile al
collocamento in una comunità assistenziale ai sensi dell’art. 403 c.c. (in
tali ultimi casi il minore straniero è in stato di libertà e collocato presso la
struttura per soli fini di protezione).
29
Altre peculiarità del procedimento penale minorile
Nel procedimento penale minorile non è ammessa la
costituzione di parte civile per le restituzioni e il risarcimento
del danno cagionato dal reato (art. 10 DPR n°448).
L’udienza dibattimentale davanti al tribunale per i minorenni è
tenuta a porte chiuse (art.33 co.1 DPR n°448) salvo l’astratta
possibilità di derogare alla regola in alcune ipotesi tassative,
nell’esclusivo interesse dell’imputato che abbia compiuto
sedici anni.
L’esame dell’imputato in udienza è condotto dal presidente e
non sono ammesse domande o contestazioni dirette da parte
degli altri giudici, del pubblico ministero o del difensore; è
pertanto vietata la c.d. cross examination, prevista per i
maggiorenni dal codice Vassalli.
L’esercente la potestà può proporre impugnazione e in caso
di contrasto prevale l’eventuale impugnazione proposta
dall’imputato minore (art.34 DPR n° 448).
30
Peculiarità relative ai procedimenti speciali
(art. 25 DPR n°448 del 1988)
Nel procedimento minorile è esclusa l’applicabilità
del c.d. patteggiamento e del procedimento per
decreto.
Il giudizio direttissimo è ammesso solo se possibile
compiere gli accertamenti sulla personalità previsti
dall’art.9 e assicurare al minorenne l’assistenza
prevista dall’art. 12 del DPR n° 448.
Il pubblico ministero non può procedere a giudizio
direttissimo o richiedere il giudizio immediato nei
casi in cui ciò pregiudichi gravemente le esigenze
educative del minore .
31
Con la riforma del 1988 sono stati introdotti nel
rito penale minorile due nuovi istituti che
assumono particolare rilievo:
Sentenza di non luogo a procedere per
irrilevanza del fatto (art. 27 DPR n° 448)
Sospensione del processo e messa alla prova
(art. 28 DPR n° 448)
32
Sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto
(art. 27 co.1 e 4 DPR n°448 del 1988)
Durante le indagini preliminari, se risulta la tenuità del fatto e l’occasionalità del
comportamento, il pubblico ministero chiede al giudice sentenza di non luogo sa
procedere per irrilevanza del fatto quando l’ulteriore corso del procedimento
pregiudica le esigenze educative del minorenne.
Nell’udienza preliminare, nel giudizio direttissimo e nel giudizio immediato, il giudice
pronuncia di ufficio sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, se
ricorrono le condizioni previste dal comma 1.
Gli elementi sono tre: tenuità del fatto, occasionalità del comportamento, pregiudizio
per le esigenze educative del minorenne.
Si tratta di un meccanismo processuale rispettoso del principio costituzionale
dell’obbligatorietà dell’azione penale che si fonda, per i c.d. reati bagattellari
(frequenti nel minorile) su una delicata valutazione comparativa fra le valenze
positive e negative del processo.
La declaratoria presuppone la responsabilità del minore e consente allo stesso una
rapida uscita dal circuito penale nei casi in cui la stessa afflittività del procedimento
in quanto tale, prima ancora della eventuale pena, appaia sproporzionata rispetto
alla condotta posta in essere e, quindi, non in linea secondo le esigenze educative e
di socializzazione del ragazzo.
L’istituto è stato ripreso ed inserito nella disciplina del procedimento davanti al
giudice di pace (art. 34 della legge n° 274 del 200, esclusione della procedibilità nei
casi di particolare tenuità del fatto).
33
Sospensione del processo e messa alla prova
(ART. 28 DPR n°448 del 1988)
Il giudice, sentite le parti, può disporre con ordinanza la sospensione del
processo quando ritiene di dover valutare la personalità del minorenne all’esito
della prova disposta a norma del comma 2. Il processo è sospeso per un
periodo non superiore a tre anni quando si procede per reati per i quali è
prevista la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a
dodici anni; negli altri casi, per un periodo non superiore a un anno. Durante
tale periodo è sospeso il corso della prescrizione.
Con l’ordinanza di sospensione il giudice affida il minorenne ai servizi minorili
dell’amministrazione della giustizia per lo svolgimento, anche in collaborazione
con i servizi locali, delle opportune attività di osservazione, trattamento e
sostegno. Con il medesimo provvedimento il giudice può impartire prescrizioni
dirette a riparare le conseguenze del reato e a promuovere la conciliazione del
minorenne con la persona offesa dal reato.
Contro l’ordinanza possono ricorrere per cassazione il pubblico ministero,
l’imputato e il suo difensore.
La sospensione non può essere disposta se l’imputato chiede il giudizio
abbreviato o il giudizio immediato.
La sospensione è revocata in caso di ripetute e gravi trasgressioni alle
prescrizioni imposte.
34
Dichiarazione di estinzione del reato per esito positivo della prova
(art. 29 DPR 448 del 1988)
Decorso il periodo di sospensione, il giudice fissa
una nuova udienza nella quale dichiara con sentenza
estinto il reato se, tenuto conto del comportamento
del minorenne e della evoluzione della sua
personalità, ritiene che la prova abbia dato esito
positivo. Altrimenti provvede a norma degli articoli 32
e 33.
35
Analisi dell’istituto della messa alla prova
Emergono i seguenti aspetti:
1)
La sospensione può essere disposta dal giudice anche d’ufficio, quando lo ritenga (valutazione,
quindi discrezionale) ed ha luogo, a differenza di quanto previsto dall’omologo istituto
dell’ordinamento penitenziario, non nella fase esecutiva, dopo la condanna definitiva, ma in
cognitivis, quando il giudice non si è ancora pronunciato sulla responsabilità.
2)
Le parti, anche se spesso sono loro (in particolare la difesa) a chiedere la sospensione, devono
essere solo sentite (a ben vedere non è richiesto un vero e proprio parere).
3)
La sospensione può essere chiesta per tutti i reati (es. anche per l’omicidio o per la strage), senza
alcuna limitazione rispetto alla loro gravità e alla misura della pena edittale.
4)
Unica condizione è l’esigenza di valutare la personalità del minore imputato all’esito della prova.
5)
Il baricentro si sposta dunque dal fatto reato alla persona del minore imputato, con chiare finalità
educative e di recupero.
6)
Se l’esito della prova è positivo, vi è una sostanziale rinuncia al processo e al giudizio sul fatto: il
giudizio ha per oggetto l’evoluzione della personalità del minore e il reato si estingue, con formula
meramente processuale (anche se, per giurisprudenza e dottrina prevalenti, è necessaria, nel
merito, almeno una implicita ammissione di responsabilità).
7)
L’eventuale pena con la sua connotazione meramente repressiva, è sostituita da un obbligo di
facere (studio. Attività lavorative, volontariato) che, unito agli obblighi di non facere (rispetto a
comportamenti devianti, altre denunzie, abbandono scolastico), caratterizza in maniera tutta
particolare la risposta dello Stato alla violazione della legge panale da parte del minore. L’istituto
costituisce il più delicato punto di interferenza fra la repressione e l’intervento educativo, anche per
le attività di conciliazione e di riparazione che possono restituire alla famiglia e alla società un
minore che ha elaborato il suo sbagli e si riscatta.
L’istituto è efficace solo nella misura in cui il giudice minorile ne faccia un uso equilibrato e i servizi
siano propositivi e validi nella presa in carico del ragazzo : in caso contrario si tratterà di uno stanco
rito, senza alcun significato, sia sotto il profilo della risposta sanzionatoria che sotto il profilo
dell’azione educativa.
36
Applicazione delle misure di sicurezza
(art. 36 DPR n°448 del 1988)
Per i minorenni la misura di sicurezza della
libertà vigilata è eseguita o nelle forme delle
prescrizioni o in quelle della permanenza in
casa .
La misura di sicurezza del riformatorio
giudiziario può essere applicata solo per i
delitti per i quali è consentita la custodia
cautelare ed è eseguita nelle forme del
collocamento in comunità.
37
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Peculiarità dei procedimenti minorili