LA LINGUA:
LATINO E VOLGARE
a cura della prof.ssa MARIA ISAURA PIREDDA


L'ascesa della classe borghese
mercantile all'interno della città
comporta un'importante novità anche
a livello linguistico.
Dopo secoli in cui la cultura aveva
impiegato esclusivamente il latino, ora
si usa il volgare come lingua di
espressione culturale.
La lingua della cultura nell’Alto Medio Evo era
esclusivamente il latino, lingua ufficiale della
Chiesa.
Esso conservava le strutture grammaticali del
latino classico, ma si differenziava ormai da esso
nel vocabolario (ricco di neologismi) e nella
sintassi (lontana dalle regole classiche).
Era una lingua tanto diversa da essere designata
oggi (per distinguerla da quella classica) col
termine di mediolatino (o latino medievale).



Poiché il latino era conosciuto solo dai
chierici e tutto il resto della società
(compresi sovrani e aristocratici che non
sapevano né leggere né scrivere), la cultura
era patrimonio di un’èlite ristrettissima.
Il pubblico a cui si rivolgeva chi scriveva era
costituito sostanzialmente da altri chierici.
La lingua parlata comunemente, il volgare
(da vulgus = popolo), per secoli non venne
impiegata per la produzione di testi scritti,
tanto meno letterari.



Anche nella predicazione venne imposto sin
dall’813 (Concilio di Tours) la traduzione nella
lingua parlata.
Già nel corso della civiltà classica occorre
distinguere il latino letterario (quello usato dai
grandi scrittori e nei documenti ufficiali) dal latino
parlato (meno regolare nell’uso dei termini e della
sintassi).
Durante i secoli dell’impero questo latino parlato
(o sermo vulgaris) si era ulteriormente
differenziato in una miriade di varietà locali (il
latino parlato da un contadino della Gallia era
diverso da quello parlato da un contadino italico).


Anche perché i linguaggi subivano l’influenza
del sostrato cioè delle parlate precedenti
alla conquista romana (che avevano lasciato
residui nella pronuncia, nella morfologia, nel
vocabolario e nella sintassi).
Inoltre ogni comunità tendeva ad apportare
modificazioni, ad introdurre modi di dire che
la differenziavano dagli altri.

Finchè l’impero romano restò unito
non ci fu una totale separazione
linguistica grazie agli scambi
commerciali e alla presenza delle
istituzioni (come la scuola e l’esercito).


La situazione mutò con il crollo dell’Impero:
la frantumazione politica, la disgregazione
dell’amministrazione e della scuola, la
difficoltà delle comunicazioni e la quasi
totale scomparsa degli scambi, la riduzione
al minimo della vita sociale fecero si che
ogni regione restasse praticamente isolata.
Ne derivò un’estrema frammentazione
linguistica a cui si aggiungeva il quasi
universale analfabetismo.



Il processo di trasformazione dal latino nelle
lingue volgari fu lento e cominciò dopo il
crollo dell’Impero Romano d’Occidente (476
d.C).
Già intorno al 600-650 la gente comune
non capiva più il latino.
Esso veniva utilizzato unicamente dai ceti
sociali più elevati e solo per scrivere.


Da questa trasformazione nacquero le
lingue neolatine (o romanze o
volgari).
Esse sono:
- italiano
- spagnolo
- provenzale
- catalano
- francese
- portoghese
- rumeno
- sardo

Negli altri territori che erano
appartenuti all’Impero romano
(Germania, Svizzera, Austria,
Inghilterra…) si diffusero volgari di
ceppo germanico.



Tutti questi linguaggi volgari erano agli inizi lingue
d’uso esclusivamente orale.
Il latino veniva ancora usato dai colti solo nello
scritto.
Una vera e propria rivoluzione culturale si ebbe
quando si cominciò ad usare queste lingue anche
per comporre opere letterarie, prima destinate
alla sola comunicazione orale, poi fissate anche
dalla scrittura.

Da questa rivoluzione nacquero le letterature
moderne dell’Europa.
Scarica

001_1 - La lingua_latino e volgare