DIRITTI UMANI ?
IL CONCETTO DEI DIRITTI UMANI
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Il concetto di diritti umani si fonda sul principio che ogni uomo possiede una
medesima innata dignità ed è titolare di diritti universali e incoercibili, senza
differenze di sesso, etnia, lingua, cultura, nazionalità, età, classe sociale,
ideologia o religione. Oltre a una radicata valenza etica, i diritti umani ne hanno
anche una giuridica, sancita da Costituzioni, leggi, consuetudini e trattati
internazionali.
•
Il concetto dei diritti umani nella società post moderna va ricercato in una
precisa circostanza storica: vale a dire che lo sviluppo e il consolidamento della
nozione dei diritti umani non si presenta come il risultato finale di una lenta
elaborazione e maturazione della coscienza collettiva, ma piuttosto come il frutto
immediato dell’impatto emotivo prodotto da un evento eccezionale , quale il
genocidio nazista, che, nel giro di pochi anni , vede lo sterminio di milioni di
individui, appartenenti a gruppi umani “indesiderati” ( in primo luogo gli ebrei,
poi gli zingari, i disabili, gli omosessuali e i malati mentali). Fenomeno che per le
sue dimensioni, la sua programmaticità, e anche la sua qualità ( il fatto che
coloro che si volevano eliminare venivano spogliati della loro essenza di uomini)
assume il carattere di un “salto”, nella pur lunga e ininterrotta storia della
violenza e della malvagità sul nostro pianeta.
Messa di fronte a tale spettacolo, l’opinione pubblica mondiale, e in primo luogo
occidentale, reagisce, infatti, cercando di affidare il proprio futuro a qualcosa che
ne impedisca la ripetizione. Nasce cosi la nozione dei diritti umani. Che, già a
poche settimane dalla fine della seconda guerra mondiale, trova una prima
formulazione nella Carta delle Nazioni Unite. E che nel giro di un altro paio d’anni
riceve la sua piena definizione e consacrazione della “Dichiarazione universale dei
diritti dell’uomo”. Difatti il 10 dicembre 1948, con 48 voti a favore e otto
astensioni – segni anche l’inizio di una lunga fase di latenza. I diritti umani sono
infatti lì, scritti su una carta prestigiosa. Ma poiché nessuno è in grado di dire che
cosa essi esattamente significano, e in che modo possono o devono essere realizzati,
la loro posizione sulla scena internazionale rimane statica, priva di ogni vigore,
anzi col passare del tempo sempre più offuscata.
In questi ultimi decenni la dichiarazione dei diritti umani esiste come carta ma non
viene assolutamente applicata. Tale impostazione, tuttavia, poteva essere
considerata sufficiente solo fino a quando i diritti umani si presentavano come una
nozione nel fondo secondaria, da essere usata come strumento negli scontri polemici
tra schieramenti ideologici internazionali ( quello liberal-democratico e quello
comunista) o essere posta al centro degli innumerevoli dibattiti alle Nazioni Unite –
con l’età della globalizzazione il concetto di diritto umano è venuto sempre meno
perché quello che si promuove sono una serie di provvedimenti, a volte dettati da un
capitalismo selvaggio, che favoriscono le multinazionali o personaggi nel mondo
dell’economia mondiale che tendono a consolidare i loro imperi economici – tutto
ciò è in completa contraddizione con la carta dei diritti umani che è solo una pura e
semplice teoria su carta tralasciando quella che è la realtà reale dei fatti eclatanti
che si verificano in tutto il mondo. Con la dichiarazione dei diritti dell’uomo non è
cambiato assolutamente niente…..
PENA DI MORTE
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La legge internazionale vieta sia il carcere a vita sia la condanna a morte e
l’esecuzione di persone minori di 18 anni all’epoca del reato. Questo divieto non
intende minimizzare il crimine commesso, ma esprime il riconoscimento che i
minori, in quanto individui in crescita e con una personalità in evoluzione, più
facilmente di un adulto hanno la capacità di riabilitarsi, di reinserirsi nella
società e di riacquistare o acquisire per la prima volta quei principi etici che
regolano un’armonica vita sociale. Lo scopo principale dei diritto minorile è
quindi quello della riabilitazione e dell’integrazione del minore nella società. La
condanna a morte nega questa possibilità e relega la giustizia ad un ruolo
esclusivamente punitivo.
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Nonostante il divieto della pena di morte, molti paesi del mondo continuano a
condannare a morte e, anche se per fortuna in pochi casi, a permettere le
esecuzioni di minori.
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Nell’ultimo decennio vi sono state esecuzioni di minorenni in Nigeria, Pakistan,
Iran, Iraq, Arabia Saudita, Yemen, Repubblica Democratica del Congo. Negli
USA vi sono state esecuzioni di detenuti che erano stati condannati a morte per
reati compiuti quando erano minorenni.
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Tutti i paesi che hanno comminato la pena di morte, ad eccezione degli Stati
Uniti, hanno ratificato sia la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia sia il Patto
Internazionale sui Diritti Civili e Politici. A seguito della ratifica della
Convenzione sui Diritti dell’Infanzia lo Yemen nel 1994 ha abolito la pena di
morte per i minorenni e nel 1997 anche la Cina, di cui comunque non risultavano
esecuzioni note di minori, ha adeguato la sua legislazione agli obblighi stabiliti
dalla Convenzione. Infine il 1 luglio 2000 il Pakistan ha vietato la condanna e
l’esecuzione di minori di 18 anni. Dal 1997 le sole esecuzioni note di minorenni
sono avvenute negli USA, in Iran e nella Repubblica Democratica del Congo.
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Le ricerche condotte da Amnesty International mettono in luce come molti
giovani accusati di crimini per cui era prevista la pena di morte erano stati
privati dei più elementari diritti processuali. In alcuni casi la giovane età non era
stata considerata un’attenuante. Inoltre la maggior parte di questi giovani
portava sulle spalle una storia di abusi e di violenze risalenti all’infanzia, contro
cui lo Stato non era mai intervenuto a proteggerli; altri erano affetti da disturbi
psichici, altri erano dotati di un quoziente di intelligenza inferiore alla media o
erano ritardati mentali; qualcuno aveva commesso il suo crimine sotto l’effetto
dell’alcool o della droga. Nella maggior parte dei casi neppure queste circostanze
attenuanti sono state prese in considerazione.
• Nel corso del 2004 sono state eseguite
almeno 3797 condanne a morte in 25
paesi e ne sono state inflitte almeno 7395
in 64 paesi.
La tortura è illegale?
• Il divieto di tortura è assoluto. "Nessuno dovrà essere
sottoposto a tortura trattamenti o punizioni crudeli, inumani
e degradanti", recita l'articolo 5 della Dichiarazione
Universale dei Diritti Umani. Simili assunti sono presenti in
molti altri testi sui diritti umani.
•
La tortura è un fenomeno semi-clandestino: fino a quando non viene inchiodato dalle
“immagini”, nessun governo ammette che nel suo paese sia praticata la tortura. Del resto
nessuna legge, nazionale o internazionale, la permette o giustifica. La tortura è una
violazione dei diritti umani vietata, dunque, ma non impedita.
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In 132 paesi del mondo si tortura per estorcere confessioni, punire reali o presunti colpevoli
di reati, imporre disciplina o supremazia psicologica, seminare il terrore. La tortura è, dal
punto di vista chi la usa, un metodo estremamente efficace: anche quando non uccide,
incute paura e annichilisce. Il suo obiettivo ultimo non è la morte della vittima ma il suo
annientamento come essere umano, l’annullamento della sua personalità, dignità,
individualità. Non a caso, le conseguenze psicologiche e sociali della tortura sono ben più
profonde e difficili da cancellare di quelle fisiche.
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La tortura è purtroppo una realtà in tanti paesi, anche in quelli che hanno firmato le
Convenzioni internazionali. La tortura non si giustifica e non è una fatalità. Ci si deve
battere per farla sparire come è stato fatto per la schiavitù. Costruire un mondo senza
torture vuol dire riconoscere che ogni essere umano è degno di vivere e che noi non siamo
schiavi dei nostri impulsi violenti.
Nel corso del 2004 i diritti umani di uomini, donne e bambini in ogni angolo del mondo sono stati disattesi
o gravemente violati. Gli interessi di natura economica, l'ipocrisia della politica e la discriminazione di cui è
intrisa la società hanno continuato a infiammare i conflitti in ogni parte del mondo. La "guerra al
terrorismo" è apparsa più efficace nell'intaccare i principi internazionali sui diritti umani che nel
contrastare il fenomeno.
Sessant’anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, i governi continuano a tradire le loro promesse di
un ordine del mondo basato sui diritti umani e perseguono gli obiettivi di una nuova, pericolosa agenda. Il
linguaggio della libertà e della giustizia è finalizzato ad adottare politiche che sfruttano la paura e
l’insicurezza, come i cinici tentativi di ridefinire e condonare la tortura. La nuova agenda, insieme
all’indifferenza e alla paralisi della comunità internazionale, è stata fallimentare per le svariate migliaia di
vittime delle crisi umanitarie e dei conflitti dimenticati nel corso del 2004.
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ALCUNE IMMAGINI CONTENUTE IN QUESTO VIDEO SONO TRATTE DAI SITI: www.webshots.com www.photooikoumene.org - www.wehaitian.com - www.amnesty.org - www.nationalgeographic.com
ALTRE IMMAGINI SONO STATE TRATTE DA RIVISTE E PERIODICI A CARATTERE UMANITARIO .
DATI DIRITTI UMANI: www.amnesty.it
BIBLIOGRAFIA :
L’imperialismo dei diritti umani - ANTONIO GAMBINO
Pluralismo Multiculturalismo e Estranei - GIOVANNI SARTORI
Tutto il materiale fotografico ha un unico scopo: quello di evidenziare la drammaticità di questo tema cosi importante.
Realizzato da: Piero Calzona
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