“Passare con il rosso” e “togliersi i guanti” Angelo Panebianco, Il Corriere della Sera 15 agosto 2006 Quando una democrazia liberale viene coinvolta in una guerra convenzionale contro altri Stati, lo stato di diritto viene necessariamente, in ampie sue parti, sospeso. A cavallo fra XX e XXI secolo ha preso la forma della guerra asimmetrica «trans nazionale» scatenata dal terrorismo jihadista Come possono fronteggiare le democrazie liberali una simile situazione? L' unico modo che hanno è accettare tacitamente un compromesso fra stato di diritto e esigenze della sicurezza nazionale (variante aggiornata, democratica, dell' antica Ragion di Stato). Ossia, salvaguardare le regole e le procedure dello stato di diritto, contemporaneamente accettando l' esistenza di una «zona grigia», al confine fra legalità e illegalità, in cui gli operatori della sicurezza siano messi in condizioni di agire. Dick Cheney 21 maggio 2009 Poiché le guerre non possono essere vinte se si resta sulla difensiva”, ha aggiunto, dopo l’11 settembre “noi ci siamo mossi con decisione contro i terroristi, nei loro covi e nei loro santuari, e ci siamo impegnati a valerci di ogni vantaggio per smantellare le loro reti” “la nostra amministrazione ha dato agli agenti dei servizi di sicurezza gli strumenti e l’autorità legale di cui essi avevano bisogno per ottenere ogni informazione vitale. […] In questo modo il nostro governo ha prevenuto gli attentati e ha salvato vite umane.” Gli strumenti di cui Cheney parla sono i cosiddetti “programmi avanzati di interrogatorio”, programmi che “sono stati applicati a terroristi incalliti dopo che gli altri metodi erano falliti. Questi metodi sono stati legali, essenziali, giustificati, efficaci e la cosa giusta da fare. Gli agenti dei servizi di intelligence che hanno interrogato i terroristi possono essere fieri del loro lavoro e fieri dei risultati perché hanno impedito la morte di migliaia se non di centinaia di migliaia di persone innocenti”. ABC News September 06, 2006 Current and former CIA officers told ABC News there was a list of six progressively harsher techniques that were authorized, with the prisoner always handcuffed. The first -- the attention grab, involving the rough shaking of a prisoner. Second -- the attention slap, an open-handed slap to the face. Third -- belly slap, meant to cause temporary pain, but no internal injuries. Fourth -- long-term standing and sleep deprivation, 40 hours at least, described as the most effective technique. Fifth -- the cold room. Prisoners left naked in cells kept in the 50s (10°) and frequently doused with cold water. The CIA sources say the sixth, and harshest, technique was called "water boarding" in which a prisoner's face was covered with cellophane, and water is poured over it -- meant to trigger an unbearable gag reflex. La tecnica di waterboarding « Il waterboarding, com'è normalmente descritto, prevede che la persona sia legata ad un'asse inclinata, con i piedi in alto e la testa in basso. Coloro che svolgono l'interrogatorio bloccano le braccia e le gambe alla persona in modo che non possa assolutamente muoversi, e le coprono la faccia. A questo punto, colui che svolge l'interrogatorio a più riprese vuota dell'acqua sulla faccia della persona. A seconda del tipo di preparazione, l'acqua può entrare effettivamente nelle vie aeree oppure no; l'esperienza fisica di trovarsi sotto un'onda d'acqua sembra essere secondaria rispetto all'effetto psicologico. La mente crede di stare per affogare. » [Julia Layton, giornalista] Tavola da waterboarding in mostra al Tuol Sleng Genocide Museum (Cambogia). Le caviglie dei prigionieri erano incatenate alla barra sul lato destro, ed i polsi incatenati agli anelli visibili sul lato sinistro. L'acqua era versata usando l'innaffiatoio WASHINGTON — George Bush sapeva che i suoi principali collaboratori discussero nei dettagli e approvarono l’uso della tortura negli interrogatori contro i presunti terroristi di Al Qaeda. Il presidente americano autorizzò gli incontri, che andarono avanti per molti mesi mentre la Cia preparava il programma delle cosiddette «tecniche avanzate», che includeva il waterboarding e altri metodi come la privazione del sonno e schiaffeggiamenti a mano aperta. E’ la prima volta che George Bush fa un’esplicita ammissione in proposito. «Lo abbiamo fatto per proteggere il popolo americano. Sapevo che il mio team per la sicurezza discuteva di questo e ho approvato», ha detto il presidente in un’intervista alla rete televisiva Abc dal suo ranch di Crawford, in Texas. «L’ho già detto al Paese e ho detto che era legale, avevamo pareri giuridici che ci permettevano di farlo. E non avevo alcun problema nel capire chi fosse Khalid Sheikh Mohammed, è importante che gli americani lo sappiano: è l’uomo che ha ordinato le stragi dell’11 settembre». L’intervista di Bush segue le rivelazioni della Abc, seguite dalle dichiarazioni di un ex agente dei servizi all’Associated Press, sul coinvolgimento diretto dei vertici della Casa Bianca nell’autorizzazione dell’uso del waterboarding e delle altre tecniche coercitive, che però l’Amministrazione Bush si è sempre rifiutata di definire torture. [Il Corriere della Sera 13 aprile 2008 ] Il caso della “ticking bomb” Immaginiamo che sia stato fermato un sospetto terrorista che si ritiene abbia appena collocato una bomba a orologeria in un luogo affollato, in questo caso la forza fisica applicata nel suo interrogatorio per fargli dire dove la bomba si trovi, è giustificata dalla necessità di salvare delle vite An American judge called Richard Posner has said: "If torture is the only means of obtaining the information necessary to prevent the detonation of a nuclear bomb in Times Square, torture should be used." He added that "no one who doubts that this is the case should be in a position of responsibility.“ [The Indipendent 26 giugno 2007] 24 è una serie televisiva statunitense prodotta a partire dal 2001 e trasmessa negli Stati Uniti dal canale Fox. « Sono l'agente federale Jack Bauer. Oggi sarà il giorno più lungo della mia vita » Hollywood is helping us learn to love torture Philip Hensher , The Independent 26 giugno 2007 Israele e la “ticking bomb” Commissione Landau Nel 1987 in Israele, una commissione istituita dal governo per esaminare i metodi investigativi adottati dai servizi di sicurezza, giunse a considerare inevitabile, nell’interrogatorio di sospetti terroristi, “l’impiego di pressioni psicologiche e un moderato grado di pressione fisica (psychological pressure and a moderate degree of physical pressure)” Alta Corte di Giustizia Il 6 settembre 1999, una sentenza unanimemente sottoscritta da nove giudici della Corte Suprema ha corretto il parere emanato dodici anni prima e dichiarato illegali, definendole torture, le varie forme di “pressione fisica” abitualmente praticate nel corso degli interrogatori "Human dignity," then-Supreme Court President Aharon Barak stated for the court, "also includes the dignity of the suspect being interrogated." However, a reasonable interrogation is likely to cause discomfort and put pressure on the detainee. Such discomfort, or unpleasantness, will be deemed lawful only if "it is a 'side effect' inherent to the interrogation," and not an end in itself, aimed at tiring out or "breaking" the detainee. Quando si può fare appello allo stato di necessità? The Landau Commission's conclusions included, inter alia, the opinion that the necessity defense grants ISA agents automatic, prior authority to use physical pressure on detainees in certain circumstances. The High Court rejected this position, stating that the necessity defense "deals with deciding those cases involving an individual reacting to a given set of facts," so it cannot serve as the source of a general administrative power. It is “only” a defense to criminal responsibility, claimed after the fact. Il «Caso von Metzler» Nel settembre del 2002, a Francoforte (Germania), viene rapito il figlio dell’industriale Von Metzler. Quasi subito viene arrestato il sospetto sequestratore e il vice capo della polizia, Wolfgang Daschner, ordina ai suoi agenti di usare «mezzi efficaci» per fargli confessare dove tiene nascosto il bambino. Prima di agire, però, informa l'ufficio del procuratore sulla sua decisione di infliggere al sospettato «sofferenza fisica da applicarsi sotto supervisione medica e dopo un preventivo avviso». Poi procede: nomina un medico per controllare gli «interrogatori» e convoca un superpoliziotto esperto di arti marziali per «ammorbidire» il detenuto, debitamente informato su quanto sta per accadergli se non confessa. Inoltre dirama un comunicato stampa ufficiale del suo portavoce per informare la cittadinanza e ricercarne il consenso. Bastano, a quanto pare, le sole minacce perché l’imputato ceda e indichi il luogo del nascondiglio. Ma tutto si rivela inutile perché il bambino viene trovato morto, ucciso lo stesso giorno del sequestro. Il caso infiamma la discussione fra chi condanna il comportamento del poliziotto e chi lo giustifica alla luce dell’emergenza. Ma il ministro dell'Interno dell'epoca, Otto Schily, stronca ogni tesi «giustificazionista» e ricorda che «la proibizione della tortura è assoluta». La procura indaga e nel giro di poco tempo la corte di Francoforte emette la sua sentenza: la dignità umana è un valore supremo e anche se la «minaccia» di usare la violenza costituisce un’attenuante non esime però da precise responsabilità. Sia il poliziotto che il suo diretto superiore vengono condannati e collocati fuori servizio. [Il Manifesto 7 dicembre 2006] La condanna della tortura esplicitamente contenuta nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (art.5) del 1948 e ribadita dalla Convenzione dell’ONU del 1984, The definition of the United Nations Convention Against Torture defines torture as “any act by which severe pain or suffering, whether physical or mental, is intentionally inflicted on a person for such purposes as obtaining from him or a third person information or a confession, punishing him for an act he or a third person has committed or is suspected of having committed, or intimidating or coercing him or a third person (...) when such pain or suffering is inflicted by or at the instigation of or with the consent or acquiescence of a public official or other person acting in an official capacity.” Abu Ghraib, Iraq, 2004 Campo di detenzione di Guantanamo Il Caso Abu Omar Usama Mostafa Hassan Nasr, meglio conosciuto come Abu Omar, cittadino egiziano con status di rifugiato e residenza in Italia, viene sequestrato il 17 febbraio 2003 a Milano da dieci agenti della CIA e trasferito, dopo uno scalo in Germania, in una prigione egiziana dove viene detenuto e subisce torture. Si tratta di una operazione di extraordinary rendition (consegne straordinarie) Immagine scattata dalla CIA durante la sorveglianza di Hassan Mustafa Osama Nasr rinvenuta nel corso delle indagini della Procura di Milano La tortura secondo Jean Amery Se le semplici percosse, che in effetti non sono in nessun caso paragonabili alla tortura vera e propria, non producono quasi mai una vasta eco nell'opinione pubblica, esse sono tuttavia, per chi le subisce, un'esperienza che segna nel profondo; se non temessimo di sprecare sin d'ora le grandi parole diremmo chiaramente che si tratta di una mostruosità. Con la prima percossa il detenuto si rende conto di essere abbandonato a se stesso: essa contiene quindi in nuce tutto ciò che accadrà in seguito. Dopo il primo colpo, la tortura e la morte in cella eventi dei quali magari sapeva senza tuttavia che questo sapere possedesse vita autentica - sono presentite come possibilità reali, anzi come certezze. Sono autorizzati a darmi un pugno in faccia, avverte la vittima con confusa sorpresa, e con certezza altrettanto indistinta ne deduce: faranno di me ciò che vogliono. Fuori nessuno è informato e nessuno fa nulla per me. Chi volesse correre in mio soccorso, una moglie, una madre, un fratello o un amico, non potrebbe giungere sin qui. Non significa molto affermare, come talvolta a livello etico-patetico fanno individui che non sono mai stati percossi, che con il primo colpo il detenuto perderebbe la dignità umana. Devo ammettere che non so cosa esattamente sia la dignità umana. […] Non so quindi se chi è percosso dalla polizia perda la dignità umana. Sono tuttavia certo che sin dalla prima percossa egli perde qualcosa che forse possiamo definire in via provvisoria la fiducia nel mondo. […] Quando non si può sperare di essere soccorsi la sopraffazione fisica da parte dell'altro diviene definitivamente una forma di annientamento dell'esistenza. Il Corriere della Sera 12 marzo 2008 Tortura, l'Italia senza legge in coda alla Ue Buco legislativo a 20 anni dalla ratifica del convenzione dell'Onu. E i tribunali non possono perseguire i colpevoli MILANO - In Italia la tortura non è reato. Sono passati più di vent'anni da quando Roma ha ratificato la convenzione Onu che vieta la tortura (era il 1987), ma da allora non è ancora stata tradotta in legge e i tribunali non possono perseguire adeguatamente i colpevoli. Un vuoto legislativo che ci «colloca agli ultimi posti in Europa» denuncia Mauro Palma, presidente del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura LEGGE MORTA PRIMA DI NASCERE - In realtà la proposta di legge che introduce il reato di tortura era stata approvata alla Camera nel dicembre 2006 in base a un accordo bipartisan e licenziata dalla commissione giustizia del Senato nel luglio 2007. Una legge, quella contro la tortura, che appare ancora più urgente se si pensa che l'Italia a livello internazionale si è fatta promotrice di una mortatoria all'Onu sulle esecuzioni capitali mentre dall'altra, in «casa propria», convive con questo un buco nero. Giallo per la morte di un geometra dopo l'arresto. «Vogliamo la verità» Denuncia della famiglia di Stefano Cucchi, assistita dal legale che seguì il caso di Federico Aldrovandi Il Corriere della Sera, 27 ottobre 2009 Monza settembre 2008 Parma settembre 2008