FERNANDA PIVANO Vita di “Nanda” Genova 18 luglio 1917 – Milano18 agosto 2009 “Sono nata il 18 luglio 1917. A Genova. E’ dunque con tenerezza che comincio questa pagina bianca per parlare di Genova, perchè ci sono rimasta per tutta l’infanzia: un’infanzia super privilegiata, in una splendida casa umbertina, col papà importante e bonario, la mamma dolce e sorridente come usava in quesgli anni...la nonna bellissima e favolosa...un fratello innocentemente birbante in tempi che non conoscevano il problema della droga, dell’AIDS e del terrorismo e vivevano un antifascismo non ancora diventato drammatico” Questo è l’incipit dei Diari di Fernanda Pivano, (Bompiani, 2008) che raccolgono tutta l’esperienza di vita di questa donna incredibile, traduttrice, saggista, curatrice, biografa, critico letterario e romanziera, la donna che ebbe il grandissimo merito di far conoscere in Italia la letteratura americana, in un momento storico particolare, quello del regime fascista, e di una cultura chiusa e accademica o decadente ed estetizzante (D’Annunzio), che non riconosceva neppure l’esistenza di una letteratura d’oltre oceano, inglobandola in quella inglese. LA FORMAZIONE Di famiglia ricca, ebbe una prima educazione presso la scuola svizzera di Genova, frequentando poi il Liceo classico D’Azeglio a Torino, città in cui la famiglia si trasferì nel 1929. PRIMO LEVI COMPAGNI DI SCUOLA: tra i suoi compagni ella ebbe Primo Levi, di cui riporta il seguente ritratto. “sempre sommesso e timidissimo, si imponeva da gigante con la sua bravura, il suo talento, la sua gentilezza...: era lui che quasi segretamente faceva riuscire gli esperimenti alla professoressa di chimica chiaramente inetta.....In realtà il nostro insegnante di chimica era Primo Levi. (Sarà proprio la sua abilità come chimico che gli consentirà di sfuggire alla morte nel lager). CESARE PAVESE PROFESSORI: in prima liceo ebbe come supplente di letteratura Cesare Pavese, per qualche mese, prima che lo portassero al confino: “Pavese era giovane giovane, già con la cirromania e già con quel modo di coprirsi la bocca con la mano nei momenti di imbarazzo, già con la bellissima voce che avrebbe fatto invidia a un attore, un po’ atona, un po’ soffocata, sempre sommessa, fascinosa mentre leggeva Dante o Guido Guinizzelli e li rendeva chiari come la luce delle stelle”. La Pivano ricorda anche un curioso aneddoto: Pavese aveva ricevuto anche l’incarico di insegnare il Latino, ma gli alunni si accorsero ben presto che non lo doveva amare molto, dato che utilizzava una traduzione interlineare che nascondeva nel cassetto della cattedra. Però quando parlava di letteratura latina “ la tragedia romana si insinuava tra i nostri banchi di ragazzine ancora ignare di trame politiche ma già vagamente consapevoli del disastro in agguato” Sarà proprio Pavese che, al ritorno dal confino a Brancaleone Calabro nel 1936, consiglierà a Fernanda un libro che influirà sulle scelte successive della scrittrice: l’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters. Per lui e per gli antifascisti di quel tempo la narrativa americana rappresentava “qualcosa di più che una cultura: una promessa di vita, un richiamo del destino” (Pavese). La morte di Pavese 1950 Fernanda incontrerà Pavese il giorno della Liberazione e poi solo il 20 agosto del 1950 per caso a Torino in un bar “seduto solo, in un angolo, col viso più disperato di quanto gli avessi mai visto”. Lei gli si avvicina e timidamente gli parla dell’uscita della sua traduzione de “Il grande Gatsby” di Scott Fitzgerald e della stesura di un saggio su Gertrude Stein, su cui lui gli tiene estemporaneamente la sua ultima lezione. L’indomani le telefonò alle sei di sera, come aveva fatto con altri amici, chiedendole di fargli compagnia, ma lei dovette dirgli di no. L’indomani la chiamerà ancora alle 14,30, le sue ultime parole: “due telefonate che non riesco a cancellare dai miei più drammatici sensi di colpa. Quella sera aveva inghiottito la sua polvere assassina: nessuno di noi gliela aveva tolta dalle mani”. Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi Queste le ultime parole di Pavese, annotate su una copia dei Dialoghi con Leucò. Fernanda si chiede “Ci ha perdonato, ci ha chiesto perdono. Di che cosa, Pavese? Che cosa le avevo fatto, che cosa mi aveva fatto dopo aver aiutato decine di scrittori a farsi conoscere, con quel suo viso tragico che aveva dimenticato il sorriso, con quella vita segreta che non aveva svelato a nessuno, quella sua infinita conoscenza del mondo che non le è bastata per sopportarlo. Ci eravamo ritrovati tutti lì davanti alla sua bara, ciascuno strangolato da qualcosa che forse lo aveva offeso, che raffiorava ora nella memoria..Pavese, grande poeta, grandissimo maestro, fragile uomo in un mondo troppo 27 agosto EDGAR LEE MASTERS "Antologia di Spoon River" “Di Edgar Lee Masters, come tutti gli adolescenti di questo mondo, mi sono innamorata”, così scrive Nanda, dicendo di aver poi iniziato a tradurre l’Antologia di nascosto, perchè pensava che Pavese l’avrebbe presa in giro. “Lee Masters guardò spietatamente alla piccola America del suo tempo e la giudicò e rappresentò in una formicolante commedia umana. Le spettrali, dolenti, sarcastiche voci di Spoon River ci hanno tutti commossi e toccati a fondo.” Così, Cesare Pavese nel 1943 si espresse in merito all’opera di Edgar Lee Master, tradotta in italiano da Fernanda Pivano e edita da Einaudi. Il libro è composto da 246 poesie, che possono essere identificate come epitaffi, per le quali Lee Master prende spunto da una visita presso il cimitero di Spoon River, durante la quale, naturalmente, focalizza l’attenzione sulle tombe presenti. Ne viene fuori una serie di epitaffi, nei quali Lee Master fa parlare in prima persona i morti, di quella che è stata la loro vita e degli esiti della stessa. Il risultato è la storia di un piccolo paese americano, con i suoi mille volti, che ad uno ad uno prendono voce attraverso le lapidi, esprimendo drammi, paure, incomprensioni, amori persi e vite dissolte. L’opera è divenuta ormai un classico e da esse prese spunto anche il cantautore FABRIZIO DE ANDRE’, che fu molto amico della Pivano, nel suo album “Non al NANDA E FABRIZIO Nanda incontra Fabrizio de Andrè per la prima volta il 13 maggio 1971 proprio per parlare del disco che stava preparando ispirato a Spoon River. “Fabrizio era bellissimo, reso anche più affascinante da una timidezza di quelle che hanno, solo di rado, i geni”. Il manager di lui le chiede di fargli un’intervista per la copertina del disco, ma era noto che lui non ne rilasciava. Allora Fernanda nasconde sotto il letto della camera d’albergo un piccolo registratore. Riporto la parte iniziale: Pivano Hai voglia di raccontarci come ti è venuto in mente di fare questo disco? Fabrizio Spoon River l'ho letto da ragazzo, avrò avuto 18 anni. Mi era piaciuto, e non so perché mi fosse piaciuto, forse perché in questi personaggi si trovava qualcosa di me. Poi mi è capitato di rileggerlo, due anni fa, e mi sono reso conto che non era invecchiato per niente. Soprattutto mi ha colpito un fatto: nella vita, si è costretti alla competizione, magari si è costretti a pensare il falso o a non essere sinceri, nella morte, invece, i personaggi si Spoon River si esprimono con estrema sincerità, perché non hanno più da aspettarsi niente, non hanno più niente da pensare. Così parlano come da vivi non sono mai stati capaci di fare. Fernanda racconta come De Andrè, poco prima di morire nel 1999, pubblicando un libro sulle sue canzoni, vi ha incluso l’intervista, aggiungendovi alla fine: F. Ti sei dimenticata di rivolgermi una domanda: chi è Fernanda Pivano? Fernanda Pivano per tutti è una scrittrice. Per me è una ragazza di venti anni che inizia la sua professione traducendo il libro di un libertario mentre la società italiana ha tutt'altra Ernst Hemingway Fernanda incontra per la prima volta il grande scrittore a Cortina, il 10 ottobre del 1948. Le aveva inviato una cartolina invitandola ad andare a trovarlo, in quanto aveva saputo che le SS, in una retata da Einaudi, avevano trovato il suo contratto per la traduzione di Addio alle armi e l’avevano arrestata. Il libro era stato infatti proibito dal governo, in quanto Hemingway era considerato antifascista e ostile a Mussolini, a causa di diversi articoli in cui fin dagli anni Venti lo aveva attaccato, definendolo “il più grande bluff d’Europa”. Noto era stato poi il suo impegno di attivista nel corso della Guerra Civile Spagnola contro Francisco Franco. Lui l’aveva accolta all’Hotel Concordia, si era alzato dalla sua tavola dove stava cenando, aveva attraversato il salone con le braccia aperte richiudendole su di lei, poi l’aveva presa per mano e accompagnandola al tavolo le aveva detto in uno di quei bisbigli coi quali mascherava la sua leggera balbuzie: “Tell me about the Nazi”. Litfiba - Dimmi dei Nazi (colonna sonora del film Pivano Blues - Sulla strada di Nanda, 2011) Per visualizzare quest'immagine sono necessari QuickTime™ e un decompressore JVT/AVC Coding . Inizia nel ’48 un’amicizia che durerà per tutta la loro esistenza: con lui e la quarta moglie Mary si reca a Venezia e poi è spesso ospite nella loro villa Aprile. Nei suoi Diari Nanda ci fornisce un ritratto inedito del grande scrittore, parlando delle sue abitudini (iniziava a scrivere alle cinque del mattino, era un forte bevitore, ma anche un uomo di grande bontà e generosità: “era ancora bello come un attore del cinema, un uomo grande e grosso senza un filo di adipe, il profilo raffinato, la fronte alta e la bocca sempre un po’ ironica nel sorriso di moda secondo il machismo degli anni Trenta. Parlava sempre con un filo di voce e dava continuamente prove di coraggio, forse per affermare se stesso contro la sua timidezza quasi morbosa”). Nel 1954 Fernanda ricorda la terribile esperienza del safari africano di Hemingway, in cui lui e la moglie subirono addirittura due incidenti aerei, da cui egli uscì distrutto nel corpo e nell’animo e da cui non si riprese mai più. Nello stesso anno ricevette il premio Nobel, per quello che Nanda defiisce il “più insolito dei suoi libri”, il Vecchio e il mare, che lo consacrò come classico della Letteratura. Nei suoi Diari Fernanda menziona solo il suicidio a Cuba nel 1961, dicendo “la morte in cui Hamingway aveva condensato la tragedia della sua vita ne aveva fatto visualizzare i molti piccoli preavvisi, le impalpabili previsioni a chi lo aveva conosciuto; ma il dolore, l’orrore, lo spavento per il vuoto in cui ci aveva gettato ci aveva colti lo stesso di sorpresa...I suoi ultimi pensieri non li sapremo mai, il suo cervello, che il fucile ha scagliato in briciole contro il soffitto, è stato buttato via, come lui buttava le pagine che non gli sembravano abbastanza riuscite”. Beat generation Il termine designa l’attività di un gruppo di giovani scrittori americani che negli anni cinquanta diedero vita a una letteratura e a un modo di vivere alternativo alla società in cui vivevano. Coniato da Jack Kerouac (nella foto) per indicare se stesso e i suoi amici (William Burroughs, Allen Ginsberg) significa da un lato beat= battuto, sconfitto, dall’altro abbreviazione di beatific= beato, visionario o beat= ritmo. Essere beat=essere anticonformisti, rifiutare la società borghese, il culto del denaro, il consumismo, la violenza e la guerra, la falsa morale. Essere pacifisti, a favore dell’integrazione razziale, della liberazione sessuale. Uso di alcol e droga, amore per il viaggio e per il jazz, fascinazione per le dottrine orientali. INTERVISTA A KEROUAC Per visualizzare quest'immagine sono necessari QuickTime™ e un decompressore JVT/AVC Coding . BOB DYLAN Per visualizzare quest'immagine sono necessari QuickTime™ e un decompressore JVT/AVC Coding . Lou Reed Patti Smith ha celebrato Fernanda a Cannes e Venezia nel gennaio 2013 cantando per lei Fernanda ha partecipato al video della canzone di Ligabue “Almeno credo” Vasco Rossi NANDA ROCK