LA DIFESA
DI DARWIN
nella causa
Bateson vs Darwin
I capi d’accusa di Gregory Bateson
contro Charles Darwin
a) L’estromissione della mente
dalla storia naturale
b) L’interpretazione della storia naturale
come lotta e progresso
Gregory Bateson 1904 - 1980
VEM = Verso un’ecologia della mente, 1972
MN = Mente e natura, 1979
DAE = Dove gli angeli esitano, 1987
SU = Una sacra unità, 1991
«Prima di Lamarck si riteneva che il mondo organico, il mondo
vivente, possedesse una struttura gerarchica, con la mente al vertice.
La catena, o scala, scendeva attraverso gli angeli, gli uomini, le
scimmie, giù giù fino agli infusori o protozoi, e ancora più in basso,
alle piante e alle pietre.
Ciò che Lamarck fece fu di capovolgere quella catena. […]
Quando ebbe capovolto la scala, ciò che era stata la spiegazione, cioè la
mente al vertice, ora diveniva ciò che si doveva spiegare: il suo
problema era di spiegare la Mente. […] Egli si era
servito dell'abitudine come di un fenomeno assiomatico
nella sua teoria dell'evoluzione, e ciò lo aveva portato
naturalmente al problema della psicologia comparata.
…
[mente/mente]
Ora, mente e forma, in quanto princìpi esplicativi che più di tutti
richiedevano indagine, furono estromesse dal pensiero biologico nelle
teorie evoluzionistiche successive, sviluppate verso la metà dell'Ottocento
da Darwin, Huxley, eccetera. Vi furono ancora alcuni
monelli, come Samuel Butler, che andavano affermando
che la mente non poteva essere ignorata a quel modo,
ma si trattava di voci isolate e tra l'altro essi non
osservavano mai gli organismi. Penso che Butler non
abbia mai osservato altro che il suo gatto, eppure ne
sapeva sull'evoluzione più di alcuni dei pensatori più tradizionali.»
(VEM , Forma, sostanza e differenza, 1970)
LA PAROLA ALLA DIFESA
Bateson apprezza Butler perché si
oppone al “materialismo” darwiniano…
«Un tempo l'idea che l'evoluzione potesse avere
una componente casuale era per molti
inaccettabile. Sarebbe stato contrario a tutto quello che si sapeva
sull'adattamento e sul disegno generale e contrario anche a ogni fede
in un creatore dotato di caratteristiche mentali. La critica di Samuel
Butler a L’origine delle specie era essenzialmente un'accusa a
Darwin di escludere la mente dal numero dei princìpi esplicativi
pertinenti. Butler voleva immaginare una mente non casuale
operante in qualche punto del sistema e alle teorie di Darwin
preferiva quindi quelle di Lamarck.»
(MN, pag. 199)
… tuttavia nel caso in esame Butler
non è un teste attendibile
per sua stessa dichiarazione
«Nel lavoro non ho pretese di scientificità,
anche in quanto non voglio istruire
né tantomeno desidero essere istruito,
mentre desidero intrattenere e interessare
le persone che, come me, non sanno niente di scienza ma si divertono
a fantasticare e riflettere (non troppo profondamente) sui vari
fenomeni che li circondano...» (Samuel Butler, Vita ed abitudine, 1878)
… e Bateson lo sa
«Penso che Butler non abbia mai osservato altro che il suo gatto […]»
(VEM , Forma, sostanza e differenza, 1970)
… per lo stesso Bateson, Butler ha scelto strade sbagliate:
il lamarckismo dell’ereditarietà dei caratteri acquisiti e
la reintroduzione nella natura del finalismo di
una mente trascendente;
la soluzione di Bateson è un’altra
«Tuttavia, tali critiche sono risultate sbagliate proprio nella scelta della
correzione da apportare alla teoria darwiniana. Oggi vediamo il pensiero
e l'apprendimento (e forse il cambiamento somatico) come processi
stocastici. Il modo in cui correggeremmo il pensiero dell'Ottocento non
consisterebbe nell'aggiungere una mente non stocastica al processo
evolutivo, bensì nel proporre l'idea che il pensiero e l'evoluzione siano
simili in quanto partecipano della stocasticità. Entrambi sono processi
mentali [...]»
(MN, pag. 199)
… la soluzione di Bateson è un’altra anche grazie a
un processo culturale, personale e storico
«[…] nel corso degli anni mi sono spinto in un ’’luogo’’ dove le tradizionali
asserzioni dualistiche sulle relazioni mente/corpo (i tradizionali dualismi del
darwinismo, della psicoanalisi e della teologia) mi sono assolutamente
incomprensibili.» (SU, Quella storia naturale normativa chiamata epistemologia, 1977)
«[…] Inoltre, e questo è importantissimo, io ho un atteggiamento piuttosto
diverso nei confronti di Lamarck, nei confronti del soprannaturale e nei
confronti di “Dio”, Cent'anni fa era pericoloso pensare a queste cose e c'era
la sensazione che nel classificarle ci si potesse sbagliare.»
(SU, Gli uomini sono erba. La metafora e il mondo del processo mentale, 1980)
«Infine ora, con la scoperta della cibernetica, della teoria dei sistemi, della
teoria dell'informazione, eccetera, cominciamo ad avere una base formale
che ci permette di riflettere sulla mente e ci permette di affrontare tutti questi
problemi in un modo che era stato del tutto eterodosso dal 1850 circa a tutta
la seconda guerra mondiale .»
(VEM , Forma, sostanza e differenza, 1970)
«[…] la battaglia tra Darwin e Samuel Butler […] in realtà concerneva
il ’’vitalismo’’. Era questione di quanta vita e di quale ordine di vita si
potesse attribuire agli organismi; e con la sua vittoria Darwin, pur non
essendo riuscito a eliminare la misteriosa vitalità del singolo organismo,
aveva almeno dimostrato che il quadro evolutivo poteva essere
ricondotto alla ’’legge’’ naturale.
[…] Restava ancora un mistero il fatto che gli organismi viventi
potessero conseguire dei cambiamenti adattativi nel corso della loro vita
individuale e che a nessun patto questi cambiamenti adattativi, i famosi
caratteri acquisiti, dovessero influire sull'albero evolutivo. L’ ’’eredità
dei caratteri acquisiti’’ minacciava sempre di riconsegnare il campo
dell'evoluzione al partito vitalista. Una parte della biologia doveva
essere separata dall'altra. […] ancora per un centinaio d'anni sarebbe
stato conveniente erigere uno schermo impermeabile tra la biologia
dell'individuo e la teoria dell'evoluzione. La ’’memoria ereditata’’ di
Samuel Butler era un attacco contro questo schermo.»
(VEM, I requisiti minimi per una teoria della schizofrenia, 1959)
Ma Darwin ha sostenuto che lo sviluppo
embrionale è fondamentale per l’evoluzione
«[...] la comunanza di struttura embrionale rivela la comunanza
di discendenza [...] anche se la struttura dell’adulto si è fortemente
modificata fino ad essere irriconoscibile. Siccome lo stato embrionale di
ogni specie o gruppo di specie ci rivela in parte la struttura dei loro
antichi, e meno modificati, progenitori, possiamo facilmente capire
perché le forme di vita antiche ed estinte debbano rassomigliare agli
embrioni dei loro discendenti, ossia delle specie attuali.»
(Darwin, L’origine delle specie, cap, 13, 1859)
Nel 1866 Haeckel propose per i rapporti tra sviluppo
ed evoluzione la ’’legge biogenetica della ricapitolazione’’
teoria poi falsificata
Dal 1977 questa pista di ricerca è stata seguita da
evoluzionisti darwiniani che hanno dato vita all’evo-devo
Evo-devo (evolutionary developmental biology)
SVILUPPO = processo morfogenetico di modificazione
dell’organismo nel tempo della vita individuale
EVOLUZIONE = modificazione delle forme viventi
attraverso il succedersi delle generazioni (ereditarietà)
Ogni forma vivente è il risultato di un processo di sviluppo:
la comparsa di forme nuove nell’evoluzione (evo-) dipende
da qualche modificazione nel processo dello sviluppo (-devo)
[M. Ferraguti, C. Castellacci,
Evoluzione: modelli e processi, Pearson 2011]
Ciò che viene ereditato è
una configurazione di informazioni
non sui caratteri del fenotipo finale
ma sulla organizzazione
dello sviluppo di quei caratteri
e su come questa organizzazione
può reagire all’ambiente
in cui si sviluppa
La soluzione di Bateson, che
apprendimento e evoluzione sono entrambi processi
stocastici, ’’per tentativi, errori e rinforzi’’,
assume come paradigma del processo stocastico
proprio la ’’selezione naturale’’ di Darwin
«Oggi molti teorici ritengono che l'apprendimento sia una
faccenda sostanzialmente stocastica o probabilistica […].
In sostanza, il pensiero creativo è venuto a somigliare al processo
evolutivo in quanto avrebbe natura fondamentalmente stocastica.
Si ritiene che il rinforzo imprima una direzione all'accumulo dei
cambiamenti casuali del sistema neuronale, così come si ritiene che la
selezione naturale imprima una direzione all'accumulo dei
cambiamenti casuali della variazione. […]
…
Infine, la questione della funzione evolutiva dei caratteri
acquisiti è stata riaperta dalle ricerche di Waddington sulle
fenocopie della Drosophila. Anche volendone ridurre al
minimo la portata, i risultati di queste ricerche indicano che i
cambiamenti fenotipici che possono prodursi nell'organismo
a causa della pressione ambientale costituiscono una parte
molto importante del meccanismo grazie al quale la specie o
la linea ereditaria riescono a mantenere il proprio posto in un
ambiente competitivo e ricco di sollecitazioni, finché non giunga
qualche mutazione o altro cambiamento genetico a rendere la specie
o la linea più adatte ad affrontare la perdurante pressione. Almeno in
questo senso i caratteri acquisiti hanno una funzione evolutiva
importante.»
(VEM, I requisiti minimi per una teoria della schizofrenia, 1959)
Oggi l’evoluzionismo darwiniano
dopo la ‘sintesi’ storica con
la genetica e l’embriologia sperimentale,
e grazie all’apporto della biologia molecolare,
ha sviluppato una branca di ricerca, l’epigenetica,
che riprende e spiega i fenomeni studiati da Waddington
con forme di ereditarietà per via non esclusivamente genetica
che recuperano in una nuova prospettiva l’idea di
una ’’eredità dei caratteri acquisiti’’
… Bateson riconosce che un contributo alla sua
soluzione del problema della mente l’ha fornito,
anticipando un modello cibernetico,
proprio uno dei fondatori ottocenteschi della
teoria dell’evoluzione per selezione naturale
«L'altro contributo importante fu probabilmente quello di Alfred Wallace.
[…] scoprì la selezione naturale. Ne scrisse in una lunga lettera a Darwin
(che non era il destinatario più indicato), affermando: ’’Il funzionamento
di questo principio - (che lui chiamava ‘lotta per l'esistenza’) - è esattamente analogo a quello del regolatore centrifugo della macchina
a vapore, che controlla e corregge qualsiasi irregolarità quasi
ancor prima che si manifesti; in modo analogo, nel regno
animale nessun difetto non compensato può mai raggiungere
un livello cospicuo, perché si farebbe sentire al primissimo
apparire, rendendo difficile l'esistenza e quasi certa la morte.’’
(Wallace, 1858).
…
I capi d’accusa di Gregory Bateson
contro Charles Darwin
L’estromissione della mente dalla storia naturale
L’ARRINGA
DELLA DIFESA
Al contrario, Darwin
introdusse la mente (umana) nella storia naturale
«Non appena mi convinsi, nel 1837 o ‘38, che le specie erano
mutabili, non potei fare a meno di credere che l’uomo dovesse
esser regolato dalla stessa legge» (Darwin, Autobiografia, 1876)
Ma ne L’origine delle Specie non affronta la questione:
«Sarebbe stato inutile e dannoso al successo del libro far sfoggio
delle mie opinioni sull’origine dell’uomo senza darne alcuna prova.»
(Darwin, Autobiografia, 1876)
Con L’origine dell’uomo e la selezione in rapporto al sesso (1871)
applica alla specie umana i meccanismi evolutivi
individuati ne L’origine delle specie:
«Ma quando vidi che i naturalisti accettavano completamente la
dottrina dell’evoluzione delle specie, mi sembrò opportuno sviluppare
i miei appunti e pubblicare un trattato a sé sull’origine dell’uomo.»
(Darwin, Autobiografia, 1876)
Nel frattempo proprio Wallace aveva cambiato idea
sulla generalità della teoria della selezione naturale
convinto che caratteristiche umane come il cervello
e il linguaggio non potessero essere spiegate da
un processo selettivo, ma dall’intervento di
un’intelligenza superiore
L’interesse di Wallace per lo spiritismo rivela l’esigenza di
ritrovare un posto per lo ’’spirito’’ (mente soprannaturale)
come spiegazione delle facoltà intellettuali e morali dell’uomo
Questo confligge con il naturalismo anti-finalistico di Darwin
che è l’elemento rivoluzionario per l’ambiente in cui Darwin viveva
e lo è ancora per la cultura di oggi
«Quando pubblicherò il mio libro andrò incontro alla disapprovazione
generale, se non all’esecrazione. La verità è difficile da conquistare»
(Darwin, lettera a Mivart)
Il naturalismo di Darwin
«Platone dice nel Fedone che le nostre’’idee necessarie’’
derivano dalla preesistenza dell’anima e non sono originate
dall’esperienza. Leggi ’’scimmie’’ [storia naturale]
al posto di ’’preesistenza’’»
(Darwin, Taccuino M, 1838)
Ogni carattere (mentale)
ritenuto esclusivo della specie umana
ha omologo o precursore in altre specie
«Credo che sia stato dimostrato che l'uomo e gli animali superiori,
specialmente i primati, hanno alcuni istinti in comune. Tutti hanno i
medesimi sensi, le intuizioni e le sensazioni, le stesse passioni,
affezioni ed emozioni, anche le più complesse, come la gelosia, il
sospetto, l'emulazione, la gratitudine e la magnanimità; praticano
l'inganno e sono vendicativi; talora sono soggetti al ridicolo e hanno
anche il senso dell’umorismo; provano meraviglia e curiosità;
possiedono le stesse facoltà d’imitazione, attenzione, decisione, scelta,
memoria, immaginazione, associazione di idee, e la ragione, anche se
a livelli molto diversi.»
«[…] qualsiasi animale, dotato di istinti sociali ben marcati, compresi
quelli verso i genitori e i figli, acquisterebbe inevitabilmente un senso
morale o una coscienza, non appena i suoi poteri intellettuali fossero
divenuti tanto sviluppati, o quasi altrettanto che nell’uomo.»
(Darwin, L’origine dell’uomo, 1871)
(Osservazioni allo zoo e sui figli neiTaccuini M, N, 1838-39
L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali, 1872)
Tra primati e umani nella espressione delle emozioni primarie
condivisione di strutture muscolari e espressioni facciali
Emozioni istintive, automatiche, sono comuni a tante specie
 radicate profondamente nella storia evolutiva
 ascendenza comune
fissazione ereditaria sulla mente di effetti di selezione
Ma il significato funzionale di un carattere può essere
diverso dall’origine (exaptation)
da adattamenti sessuali a funzioni comunicative (es. lettura)
Le emozioni sono la base di sviluppo per
le facoltà mentali e il senso morale
Anche linguaggio e intelligenza
sono acquisiti naturalmente e gradualmente in quanto
adattamenti (o riadattamenti) soprattutto alla vita sociale
«[…] la tendenza istintiva ad acquisire una tecnica non è peculiare
dell’uomo. […] non potrebbero alcuni animali insolitamente saggi, simili
alle scimmie, aver imitato il brontolio di un animale da
preda, ed aver comunicato ai compagni la natura del pericolo
incombente? Questo sarebbe stato un primo passo nella
formazione del linguaggio.»
(Darwin, L’origine dell’uomo, 1871)
L’intelligenza è una ‘modificazione dell’istinto’ che rende capaci
di essere flessibili in situazioni incerte
Intelligenze diverse (api) e non ’’superiori/inferiori’’
Intelligenza vegetale capace di percezione, reazione, movimento
Nucleo cibernetico dell’intelligenza in comune con gli altri viventi:
reazione a stimoli che permette di mantenere l’omeostasi (Wallace)
Darwin definisce ’’ragione dimenticata’’
un impulso ad agire di origine adattativa che
anche in assenza di rappresentazione e consapevolezza
condiziona il comportamento e i giudizi di valore consci
(l’ ‘inconscio’ di Bateson)
Nella specie umana la sopravvivenza dipende dagli istinti sociali
che quindi sono fissati dal processo di selezione naturale
«[…] per quanto questo sentimento [la ‘‘simpatia’’] possa essersi originato
in modo complesso, poiché è di notevole importanza per tutti quegli animali
che si aiutano e si difendono reciprocamente, si sarà potenziato con la
selezione naturale. Infatti quelle comunità che comprendono il maggior
numero di membri legati da simpatia, prospereranno di più e alleveranno il
maggior numero di prole.»
(Darwin, L’origine dell’uomo, 1871)
Dagli istinti sociali derivano i costumi e il senso morale
che da questa base evolvono grazie
a fattori culturali (es. la ’‘reputazione’’)
I capi d’accusa di Gregory Bateson
contro Charles Darwin
a) L’estromissione della mente
dalla storia naturale
b) L’interpretazione della storia naturale
come lotta e progresso (’’progetto’’)
1) Il ’’progetto’’, la ’’finalità cosciente’’
«Paley contribuì dunque a collocare il pensiero scientifico
in un contesto tale che gli scienziati si sentirono costretti a spiegare il
“progetto” della natura.
Forse non dovremmo dare tutta la colpa a Paley e alle sue
’’Dimostrazioni’’. In fin dei conti, non solo Darwin, ma tutta la
rivoluzione industriale rappresentò il culmine della crescente ossessione
dell'uomo occidentale per il progetto.
Credo che per “progetto” s'intenda l'attuazione fisica, prima sul tavolo
da disegno e poi in metallo, del finalismo cosciente.
…
Penso che ci si possa spingere un po' più in là. Quando
riconosceremo che nella “Natura” non c'è alcun progetto, questa
percezione ci affrancherà dalla vecchia controversia e quindi
potremo riconoscere che in effetti i fenomeni chiamati
’’adattamento’’, ’’acclimazione’’, ’’assuefazione’’ e così via sono
sempre causati dal dualismo del processo interattivo. Ci vogliono
due o più organismi e un ambiente, tutti interagenti, per generare e
regolare qualsiasi processo evolutivo. E il processo risultante può
essere benefico (per chi?) o stabilizzante o letale.»
(SU, pag. 356)
2) Il soggetto che lotta per l’esistenza contro gli altri
«Ora cominciamo a scorgere alcuni degli errori epistemologici della
civiltà occidentale. In armonia col clima di pensiero che predominava
verso la metà dell'Ottocento in Inghilterra, Darwin formulò una teoria
della selezione naturale e dell'evoluzione in cui l'unità di sopravvivenza
era o la famiglia o la specie o la sottospecie o qualcosa del genere. Ma
oggi è pacifico che non è questa l'unità di sopravvivenza nel mondo
biologico reale: l'unità di sopravvivenza è l'organismo più l'ambiente.
Stiamo imparando sulla nostra pelle che l'organismo che distrugge il
suo ambiente distrugge se stesso.
Se ora modifichiamo l'unità di sopravvivenza darwiniana fino a
includervi l'ambiente e l'interazione fra organismo e ambiente, appare
una stranissima e sorprendente identità: l'unità di sopravvivenza
evolutiva risulta coincidere con l'unità mentale.»
(VEM, Patologie dell’epistemologia, 1972)
3) L’ecologia
«[…] non è il cavallo la cosa che si è evoluta. Quella che si è
evoluta è stata una relazione tra il cavallo e l’erba. Questa è
ecologia. […] Quindi l’unità di quella che viene chiamata
evoluzione non è in realtà questa o quella specie: è tutto un sistema
interconnesso di specie. Ed è curioso che tutto il cosiddetto
progresso evolutivo sia stimolato dal bisogno di lasciare le cose
come stanno. L’erba cambia e il cavallo cambia e cambiano in
modo tale che la relazione che li lega possa restare costante. […]
Uno dei grandi errori della biologia di metà Ottocento fu quello di
pensare che la selezione naturale fosse una forza che spinge al
cambiamento.»
(SU, Intelligenza, esperienza ed evoluzione, 1975)
LA PAROLA ALLA DIFESA
1) la ’’rivoluzione ’’ darwiniana (con la conseguente
’’reazione’’) fu proprio quella di escludere il ’’progetto’’,
e quindi la ’’finalità cosciente’’, dalla natura
«[...] qui non c’è alcuna causa finale, ma deve essere effetto di
una qualche condizione delle circostanze esterne, risultato di complicate
leggi dell’organizzazione...»
(Darwin, Taccuino E, 1839)
«[...] l’esistenza di fabbricanti di candele di sego non può indurre
l’accumulo di grasso [nei bovini]» (Darwin, L’Origine delle specie, Abbozzo 1842)
«Cade il vecchio argomento di un disegno nella natura secondo quanto
scriveva Paley, argomento che nel passato mi era sembrato decisivo.
Un piano che regoli la variabilità degli esseri viventi e l’azione della
selezione naturale non è più evidente di un disegno che predisponga
la direzione del vento.»
(Darwin, Autobiografia, 1876)
Di conseguenza per Darwin in natura non c’è ’’progresso’’
«Quando parliamo degli ordini superiori dovremmo sempre dire
intellettualmente superiori. Ma chi al cospetto della Terra, coperta
di splendide savane e foreste, oserebbe dire che l’intelletto è
l’unico scopo di questo mondo?»
(Darwin, Taccuino B, 1838)
«La selezione naturale, o sopravvivenza del più adatto, non comporta
necessariamente uno sviluppo progressivo – essa si limita a trarre
vantaggio da quelle variazioni che si manifestano spontaneamente e
risultano vantaggiose per ciascun vivente nei suoi complessi rapporti
con l’ambiente.»
(Darwin, L’Origine delle specie, cap. 4, VI ed., 1872)
L’idea dell’evoluzione come progresso in continuità tra
natura e società umana non è di Darwin
«Il progresso, quindi, non è un accidente, ma una necessità. La
civiltà non è un prodotto dell'arte, ma è parte della natura: è una
cosa sola con lo sviluppo dell'embrione o lo schiudersi di un fiore..»
(Herbert Spencer, Social Statics, 1851)
2) Per Darwin ’’lotta per l’esistenza’’ è solo una metafora
e non deve far pensare alle ’’guerre’’ della storia umana
«Devo premettere che adopero il termine lotta per l’esistenza in un senso
largo e metaforico, comprendendovi la mutua dipendenza di un essere
dall’altro e (ciò che piú conta) comprendendovi non solo la vita
dell’individuo, ma anche le probabilità di lasciare una progenie. Si può
affermare che in tempo di carestia due canidi lottano effettivamente fra
loro per decidere chi prenderà il cibo e vivrà. Ma anche di una pianta ai
margini del deserto si dice che lotta per la vita contro la siccità, anche se
sarebbe più esatto dire che dipende dall’umidità. Di una pianta che
produce annualmente un migliaio di semi, uno solo dei quali
in media giunge a maturazione, possiamo piú giustamente
dire che lotta con le piante della stessa e di altre specie che
già ricoprono il terreno.»
(Darwin, L’origine delle specie, cap. 3, 1859)
La specie umana evolve secondo le stesse leggi naturali che
valgono per gli altri viventi (selezione naturale e sessuale)
ma la sua specificità riguarda un potenziamento
non degli strumenti di lotta, bensì della socialità
«Per quegli animali che furono avvantaggiati dal vivere in una
associazione, gli individui che traevano il maggior piacere dal vivere in
società sarebbero scampati meglio ai vari pericoli, mentre quelli che si
curavano meno dei loro compagni e vivevano solitari, sarebbero periti in
maggior numero.
[…] per quanto questo sentimento [la ’’simpatia’’] possa essersi originato
in modo complesso, poiché è di notevole importanza per tutti quegli
animali che si aiutano e si difendono reciprocamente, si sarà
potenziato con la selezione naturale.»
(Darwin, L’origine dell'uomo ,1871)
Non solo le facoltà morali, ma anche quelle intellettive
derivano dagli ’’istinti sociali’’, legati alla natura
biologica dell’uomo
«[…] Dovremmo tuttavia tenere presente che un animale dotato di
grandi dimensioni, forza e ferocia e che, come il gorilla, si potrebbe
difendere da tutti i nemici forse non sarebbe potuto divenire socievole;
ciò avrebbe ostacolato efficacemente l’acquisizione di poteri intellettivi
superiori, come la simpatia e l’amore verso i suoi compagni.
Perciò potrebbe essere stato un immenso vantaggio per l’uomo
essere derivato da qualche creatura comparativamente debole.»
(Darwin, L’origine dell'uomo ,1871)
3) Quanto all’ecologia, è Darwin che l’ha inventata
(il nome verrà più tardi)
proprio in relazione con l’evoluzione (co-evoluzione)
«[…] Se gli insetti non si fossero mai sviluppati sulla faccia della
Terra, le nostre piante non sarebbero rivestite di bei fiori, ma
avrebbero prodotto soltanto fiori modesti come quelli
degli abeti, delle querce, dei noci, dei frassini, delle
graminacee, degli spinaci, dell’acetosa, delle ortiche,
tutte piante fecondate a opera del vento..»
(Darwin, L’origine delle specie, cap. 6, VI ed., 1872)
[Vedi appendice C]
Da dove vengono le accuse di Bateson a Darwin?
• Sembra non aver letto bene Darwin
(non L’origine dell’uomo)
• Le sue citazioni di scienziati, filosofi ecc. sono
fortemente contestualizzate nella cornice
della sua ricerca e non
di una lettura critica delle loro opere
(Darwin è un personaggio della sua ’’commedia’’)
• È influenzato dalle idee del padre William
(con il quale ha iniziato gli studi di biologia)
evoluzionista antiselezionista
Nel sistema dei viventi due principi d’ordine:
l’adattamento all’ambiente esterno (la forma si modella sulla funzione)
vs i vincoli strutturali (la funzione è condizionata dalla forma)
La disputa attraversa il campo degli antievoluzionisti o preevoluzionisti
(Paley vs Agassiz, Cuvier vs Geoffroy St. Hilaire)
quanto quello degli evoluzionisti (Darwin e Wallace vs. Owen, De Vries…).
William Bateson è attratto dallo strutturalismo
e vuole salvare Darwin da quello che ritiene un errore:
la selezione naturale come causa dell’evoluzione
l’adattamento all’ambiente non spiega il fatto che
gli ambienti variano con continuità nello spazio e nel tempo
mentre nella tassonomia la diversità delle forme è discontinua
Gradualismo e continuità (il“natura non facit saltus”
di Leibnitz e Linneo) sono pregiudizi:
la causa dell’evoluzione deve essere ricercata non nella selezione, ma
nella variazione discontinua (di cui raccoglie e classifica i fenomeni)
nei meccanismi interni dell’ereditarietà
(è uno dei ri-scopritori della genetica mendeliana)
LA DIFESA
DI DARWIN
nella causa
Bateson vs Darwin
APPENDICI
A Il problema dell’ ’’eredità dei caratteri acquisiti’’
B La ’’finalità cosciente’’ nella natura
C L’ecologia di Darwin
A
Il problema dell’ ’’eredità dei caratteri acquisiti’’
(inventata da Lamarck ma accettata da Darwin)
«Una volta depurata dalle idee lamarckiane, la teoria darwiniana
risultò costituita dalla combinazione di una genetica, in cui la
variazione era ritenuta casuale, e di una teoria della selezione
naturale, che imprimerebbe una direzione adattativa all'accumulo
dei cambiamenti. Ma la relazione tra l'apprendimento e questa
teoria è stata oggetto di una violenta controversia, che è divampata
intorno alla cosiddetta ’’eredità dei caratteri acquisiti’’.
…
La posizione di Darwin subì le acute critiche di Samuel Butler, il quale
sosteneva che l'eredità dovrebbe essere paragonata, o addirittura
identificata, con la memoria. Partendo da questa premessa, Butler
sosteneva che i processi del cambiamento evolutivo, specie l'adattamento,
dovrebbero essere considerati conquiste dovute alla profonda astuzia del
perpetuo flusso della vita, e non corollari fortuiti elargiti dalla buona
sorte. Butler tracciò una stretta analogia tra i fenomeni dell'invenzione e i
fenomeni dell'adattamento evolutivo […] Egli argomentava anche, con
logica stringente, che esiste un processo grazie al quale le invenzioni più
recenti del comportamento adattativo scendono in profondità nel sistema
biologico dell'organismo. Da azioni pianificate coscienti, esse si
trasformano in abitudini, e le abitudini divengono sempre meno coscienti
e sempre meno soggette al controllo volontario. Senza averne le prove,
egli riteneva che questa trasformazione in abitudini, o discesa verso il
basso, potesse giungere tanto in profondità da contribuire al deposito di
ricordi (quello che noi chiameremmo 'genotipo') che determina i caratteri
della generazione successiva.
…
La difficoltà sembra questa: è concepibile che un bicipite modificato
dall'attività o dall'inattività immetta in circolo metaboliti specifici, ed è
concepibile che essi fungano da messaggi chimici dal muscolo alla
gonade. Ma a) è difficile immaginare che la chimica del bicipite sia tanto
diversa da quella, per esempio, del tricipite da rendere specifico il
messaggio; e b) è difficile ritenere che il tessuto delle gonadi possa avere
caratteristiche tali da essere modificato in modo appropriato da questi
messaggi. Non dimentichiamo che il destinatario di un messaggio deve
conoscere il codice del mittente; quindi, se le cellule germinali fossero in
grado di ricevere i messaggi del tessuto somatico, esse dovrebbero già
contenere una qualche versione del codice somatico. Quindi le strade che
potrebbe imboccare il cambiamento evolutivo, grazie a questi messaggi
del soma, dovrebbero essere prefigurate nel plasma germinale.»
(VEM, I requisiti minimi per una teoria della schizofrenia, 1959)
«È senza dubbio corretto dire che (a) non c'è nessuna prova sperimentale
di questa ereditarietà e (b) non si può immaginare alcun collegamento
tramite il quale le notizie di un carattere acquisito (per esempio
l'irrobustimento del bicipite destro dovuto alla ginnastica) potrebbero
essere trasmesse agli ovuli o agli spermatozoi dell'organismo individuale.
[…] Io chiedo invece: che aspetto avrebbe la biologia nel suo complesso,
se l'ereditarietà dei caratteri acquisiti fosse un fenomeno generale? Quale
sarebbe l'effetto di questo processo ipotetico sull'evoluzione biologica?
Darwin fu spinto all'errore lamarckiano dal tempo: credeva che l'età della
terra fosse insufficiente per giustificare l'ampio dispiegarsi del processo
evolutivo […]. La base fornita dalle sole mutazioni genetiche casuali
combinate con la selezione naturale sembrava insufficiente, e l'ereditarietà
lamarckiana avrebbe fornito una scorciatoia, avrebbe accelerato le cose
introducendo nel sistema qualcosa di simile alla finalità. […]
…
Che cosa c'è di sbagliato in linea di principio nelle scorciatoie? In
un'ampia varietà di casi, forse in tutti i casi in cui la scorciatoia provoca
inconvenienti, alla radice vi è un errore di tipologia logica. In qualche
punto della sequenza di azioni e di idee ci si può aspettare di scoprire
[…] un'unicità trattata come una generalità oppure una generalità
trattata come un'unicità. E legittimo (e abituale) concepire un processo o
un cambiamento come una classe ordinata di stati, ma è un errore
considerare uno qualsiasi di questi stati come se fosse la classe di cui è
soltanto un membro. Stando all'ipotesi di Lamarck, un singolo
organismo genitore trasmette alla discendenza, tramite il meccanismo
digitale della genetica, un certo carattere somatico acquisito in risposta
alle sollecitazioni dell'ambiente. L'ipotesi afferma che “il carattere
acquisito viene ereditato” punto e basta, come se queste parole avessero
un senso.
…
E caratteristico della creatura individuale subire modifiche a causa
delle condizioni ambientali di uso e non uso, e così via. Benissimo. Ma
non è questa la caratteristica che verrebbe trasmessa; ciò che viene
ereditato non è la capacità di modificarsi, bensì lo stato raggiunto grazie
alla modificazione, e questa caratteristica non è inerente nel genitore.
Secondo l'ipotesi, la discendenza dovrebbe differire dal genitore in
quanto manifesta il carattere che si suppone ereditato anche quando le
condizioni ambientali non lo richiedano.
Ma affermare che quel costrutto umano che è l'ipotesi dell'ereditarietà
dei caratteri acquisiti è un'assurdità semantica non è lo stesso che
affermare che, se questa ipotesi fosse vera, tutto il processo evolutivo si
incepperebbe. Il punto cruciale è che la creatura individuale
infliggerebbe alla propria discendenza una rigidità di cui il genitore
invece non soffriva. E questa perdita di flessibilità che sarebbe letale al
processo complessivo.»
(DAE, Apologie della fede, 1978)
Oggi l’evoluzionismo darwiniano ha accolto il problema
del mantenimento della flessibilità necessaria
proponendo e discutendo il concetto di evolvibilità
(una ’’capacità di modificarsi’’ ereditabile)
sostenuto dagli studi sulla generazione di
variazione genica in situazioni di stress
B
La ’’finalità cosciente’’ nella natura
Spinoza
«Gli umani agiscono in ogni caso in vista di un fine, cioè in vista
dell’utile che appetiscono: e ne deriva che essi si preoccupino
sempre di conoscere soltanto le cause finali di ciò hanno compiuto,
e, quando le abbiano apprese, smettano di preoccuparsi […]
[…] gli umani immaginano comunemente che le cose della natura
òperino, come essi stessi fanno, mirando a uno scopo (addirittura
essi danno per certo che Dio stesso diriga le cose a un fine
determinato […]
[…] tutte le nozioni con le quali il volgo suole spiegare la natura
sono solo modi di immaginare e non indicano la natura di alcuna
cosa, ma solo la costituzione dell’immaginazione.[…]
…
[…] i seguaci della dottrina dei fini stupiscono quando si pongono
a considerare la struttura del corpo umano: e, siccome ignorano le
cause di un così mirabile meccanismo, concludono che esso non s’è
costruito da sé per certe sue leggi intrinseche , ma è il prodotto di
un’arte divina o soprannaturale, dalla quale esso è stato
congegnato in maniera che un pezzo non danneggi l’altro, o,
piuttosto, che ogni pezzo cooperi con ogni altro. Vigendo tali criteri
accade che chi vuol conoscere le vere cause degli eventi miracolosi,
come chi cerca di capire da scienziato le cose della natura e non di
meravigliarsene da sciocco, sia in generale giudicato eretico ed
empio e proclamato tale da coloro che il volgo venera come
interpreti della natura e degli Dei.»
(Baruch Spinoza, Etica, Parte Prima, Appendice, 1677)
B
La ’’finalità cosciente’’ nella natura
Kant
«La finalità d’un oggetto dato dall’esperienza nel giudizio
teleologico riposa su di un principio oggettivo, come accordo
della forma dell’oggetto con la possibilità della cosa stessa
secondo un concetto di essa che precede e contiene il principio
della sua forma.
[…] Un organismo vivente ha quella data “conformazione” in
quanto alla sua produzione ha presieduto – come fine – il
concetto di essa, nel quale era rappresentata la possibilità di
quel tutto nel quale dovevano coordinarsi le varie parti.
…
[…] Facendo riferimento ai princìpi trascendentali, si hanno
buone ragioni per ammettere una finalità soggettiva della natura
nelle sue leggi particolari, in vista della sua intelligibilità da parte del
Giudizio umano, e della possibilità di connettere le esperienze
particolari in un unico sistema. Ma che le cose della natura stiano tra
di loro in rapporto di mezzo a fine, e che la loro stessa possibilità si
possa comprendere a sufficienza solo mediante tale tipo di causalità,
l’idea generale di natura, come insieme degli oggetti dei sensi, non ci
dà nessun motivo di pensarlo.
[…] deve esservi all’origine un sofisma, che insinua surretiziamente
il concetto di scopo nella natura della cosa, ma senza ricavarlo dagli
oggetti e dalla conoscenza empirica di questi; e quindi lo adopera più
per concepire la natura per analogia con un principio soggettivo
della connessione delle rappresentazioni in noi, che per conoscerlo
mediante principi oggettivi.
…
[…] Si applica tuttavia con ragione il giudizio teleologico alla
ricerca naturale, almeno problematicamente; ma solo per sottoporla,
seguendo l’analogia con la causalità secondo fini, a princìpi di
osservazione ed investigazione, senza pretendere di poterla spiegare.
[…] Il concetto di legami e di forme della natura secondo fini è
perlomeno un principio in più per ricondurre a regole i fenomeni
naturali, dove le leggi della causalità puramente meccanica non sono
sufficienti. Noi infatti introduciamo un principio teleologico quando
attribuiamo al concetto di un oggetto (come se esso si trovasse nella
natura e non in noi) una causalità rispetto all’oggetto, o meglio quando
ci rappresentiamo la possibilità dell’oggetto per analogia con una
causalità simile a quella che troviamo in noi, e quindi pensiamo la
natura come tecnica per virtù propria; […]
…
[…] se le cose del mondo, in quanto esseri condizionati relativamente
alla loro esistenza, abbisognano di una causa suprema che agisca
secondo fini, l’uomo sarà lo scopo finale della creazione: perché senza
di esso la catena dei fini subordinati l’uno all’altro non avrebbe un
vero principio, e solamente nell’uomo in quanto soggetto della
moralità, si può trovare questa legislazione incondizionata
relativamente ai fini, che rende lui solo capace di essere uno scopo
finale, cui la natura sia teleologicamente subordinata.»
(Immanuel Kant, Critica del Giudizio, 1790
C
L’ecologia di Darwin
«Solo i bombi visitano il trifoglio violetto, in quanto le altre api non
riescono ad arrivare al nettare. È stato suggerito che le farfalline notturne
possano servire a fecondare i trifogli; ma io dubito che lo possano fare nel
caso del trifoglio violetto, a causa del loro peso che non è sufficiente ad
abbassare le ali della corolla. Perciò sono praticamente sicuro che se, in
Inghilterra l'intero genere dei bombi si estinguesse o diventasse assai
raro, la viola del pensiero ed il trifoglio violetto diverrebbero rarissimi o
scomparirebbero del tutto. Il numero dei bombi in ciascun territorio
dipende in alto grado dal numero dei topi campagnoli che ne distruggono
i favi ed i nidi e il sig. H. Newman, che ha lungamente studiato le
abitudini dei bombi, pensa che oltre i due terzi di essi siano distrutti in
questa maniera in tutte le parti dell'Inghilterra.
…
Ora, come tutti sanno, il numero dei topi dipende in larga misura dal
numero dei gatti ed il sig. Newman dice: “In prossimità dei villaggi e
delle piccole città ho trovato nidi di bombi in maggior numero che
altrove ed attribuisco questo fatto al numero dei gatti che distruggono i
topi”. Dunque è perfettamente credibile che la presenza di grandi
gruppi di felini in un dato territorio possa condizionare,
tramite l'intervento dei topi prima e delle api poi, la densità
di taluni fiori del territorio!.»
(Darwin, L’origine delle specie, cap.3, VI ed., 1872)
«D'altra parte ho osservato sperimentalmente che la fecondità del
trifoglio dipende in larga misura dalla visita delle api e dalle parti
mobili della corolla, in modo da spingere il polline sulla superficie
dello stigma. Quindi, se in un dato paese i bombi dovessero diventare
rari, per il trifoglio rosso sarebbe un grande vantaggio avere un tubo
corollino più breve o più profondamente segmentato, tale da poter
essere visitato dall'ape domestica. Riesco quindi a comprendere come
un fiore ed un'ape possano modificarsi lentamente, simultaneamente o
l'uno dopo l'altro, adattandosi reciprocamente nel modo più
perfetto, grazie alla continua conservazione di individui che
presentino deviazioni strutturali leggermente favorevoli per
entrambi.»
(Darwin, L’origine delle specie, cap. 4, 1859)
«La dipendenza di un essere vivente da un altro, per esempio del
parassita dal parassitato, in genere collega specie molto lontane
nella scala naturale. Lo stesso si può dire, in molti casi, anche di
quelle specie che, in senso stretto, lottano fra di loro per l'esistenza,
come le locuste ed i quadrupedi erbivori. […] Dalle osservazioni di
cui sopra si può dedurre un corollario di somma importanza, ossia
che la struttura di ciascun essere vivente è correlata, nel modo più
essenziale, eppure spesso più occulto, con quella di tutti gli
altri viventi con i quali entra in concorrenza per l'alimento e
lo spazio vitale, o con quelli che deve sfuggire o con quelli
che suole catturare.»
(Darwin, L’origine delle specie, cap. 3, 1859)
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La difesa di Darwin