Gli sviluppi della crisi e
la posizione internazionale
dell’Italia
I prodromi della crisi attuale: il dissesto
subprime USA 2007-2008
La crisi che stiamo vivendo è una conseguenza diretta dei
provvedimenti di politica economica presi per affrontare la crisi
dei mutui subprime del 2007-2008.
Come è noto, tale crisi è stata causata dalla combinazione dei
seguenti fattori:
 bolla immobiliare;
 bassi tassi di interesse iniziali (teasing rates);
 cartolarizzazioni spregiudicate;
 diffusione di un sistema bancario ombra con crescita abnorme
della leva finanziaria;
 sottovalutazione del rischio;
 assenza di regolamentazione istituzionale;
conflitti di interesse interni alle agenzie di rating.
I prodromi della crisi attuale: il dissesto
subprime USA 2007-2008
Tali fattori hanno portato ad una esplosione dei mutui
subprime concessi dalle banche. Quando però la bolla
immobiliare è alfine esplosa, si è verificato il dissesto delle
attività subprime (2,5% delle attività finanziarie totali),
estesosi poi all’intero sistema bancario- finanziario, a causa
delle interrelazioni tra Istituzioni Finanziarie.
Il valore dei titoli cartolarizzati si è pressoché annullato, le
banche sono entrate in crisi di liquidità, il mercato
interbancario si è vaporizzato, le Borse sono crollate, alcune
banche o istituzioni finanziarie sono fallite (LB) o sono state
nazionalizzate o salvate con interventi ad hoc delle autorità
di governo.
La diffusione della crisi
La crisi, inizialmente solo finanziaria, si è estesa
all’economia reale in seguito all’operare dei classici
meccanismi di trasmissione:
Nel 2009 il PIL mondiale è caduto per la prima volta
dal II dopoguerra, paradossalmente di più in paesi
diversi dagli USA, che la crisi avevano generato.
Gli interventi di Governi e Banche Centrali
In questa difficilissima situazione, tendenzialmente
peggiore di quella del 1929, le autorità di governo sono
intervenute prontamente per evitare che la crisi di
liquidità sperimentata portasse al fallimento delle banche
e delle istituzioni finanziarie.
L’obiettivo primario è stato quindi quello di
salvaguardare l’esistenza del sistema finanziario
stesso, condizione fondamentale per evitare il collasso
dell’intero sistema economico.
Gli interventi di Governi e Banche Centrali
In particolare i primi interventi a sostegno dei mercati
finanziari sono stati effettuati dalle Banche Centrali, con
riduzioni dei tassi d’interesse …
7
6
Tasso USA
5
4
3
2
Tasso UME
1
0
99
00
01
02
03
04
05
06
07
08
09
10
11
Gli interventi di Governi e Banche Centrali
… ed espansioni monetarie senza precedenti,
soprattutto negli USA.
USA
UME
Gli interventi di Governi e Banche Centrali
La politica monetaria ha contribuito a stabilizzare
il sistema finanziario e creditizio. Essa però non è
stata sufficiente, perché le banche hanno trattenuto
presso di sé tutta la liquidità immessa nel sistema.
La politica monetaria, inoltre, come è ampiamente
noto, nelle recessioni non è in grado di stimolare
la domanda di beni (essa opera infatti in maniera
asimmetrica).
Così, soprattutto quando il livello della crisi si è
aggravato nel settembre 2008, è stato necessario
anche un forte intervento da parte dei Governi.
Gli interventi di Governi e Banche Centrali
L’intervento dei Governi è stato di dimensioni senza
precedenti per l’ammontare dei fondi stanziati.
Di conseguenza i deficit e i debiti pubblici si sono
fortemente ampliati, per l’operare sia (soprattutto)
degli stabilizzatori automatici, sia anche (laddove la
situazione iniziale delle finanze pubbliche lo
permetteva) di interventi discrezionali.
La crisi dei debiti sovrani in Europa
La situazione all’interno dell’Eurozona è tuttavia
piuttosto variegata, con una netta divaricazione tra
la Germania, il cui debito pubblico è stabilizzato dal
2010 (all’84%), pur in presenza di un lieve deficit
(circa 1% del Pil), e gli altri paesi, soprattutto
periferici (ma anche la Francia), dove la dinamica del
debito pubblico rimane piuttosto elevata.
Critica appare soprattutto la situazione dei
cosiddetti PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia,
Grecia, Spagna) dove la situazione dei conti
pubblici è problematica.
La crisi dei debiti sovrani in Europa
La crisi dei debiti sovrani nei PIIGS può essere fatta
risalire all’inizio del 2010, quando si scoprì che il
Governo Greco aveva mentito sistematicamente
sullo stato dei conti pubblici per soddisfare i
parametri europei e che aveva effettuato con GS e
JP Morgan operazioni finanziarie spregiudicate e
illegittime per nascondere l’entità dell’indebitamento.
La crisi dei debiti sovrani in Europa: il caso
Grecia
Si determinava quindi una crisi di fiducia rispetto
alla possibilità del Governo greco di rimanere
solvente. Ad aprile le agenzie di rating abbassavano
il merito di credito dei titoli pubblici greci al livello di
titoli spazzatura. I tassi di interesse sui titoli
e lo spread rispetto ai Bund tedeschi
schizzavano verso l’alto.
Il Governo iniziava a prendere misure di austerità e
chiedeva sostegno alla Commissione Europea e al
FMI per evitare il default.
La crisi dei debiti sovrani in Europa: il caso
Grecia
Il totale dei finanziamenti concordati ammontava a 110
miliardi di euro (oggi diventati 130), divisi in varie
tranche temporali, per avere le quali, tuttavia, la Grecia
si impegnava a drastiche misure di risanamento
fiscale, le quali però facevano entrare il paese in un
circolo vizioso di recessione:
•aumento deficit
•aumento tassi di interesse sui titoli
•necessità di nuove misure di risanamento
La situazione della Grecia può essere facilmente
illustrata con l’aiuto dei soliti grafici.
La crisi della Grecia
Debito
Deficit
0,0
-2,0
200
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
180
160
-4,0
140
-6,0
120
-8,0
100
-10,0
80
-12,0
60
40
-14,0
20
-16,0
0
-18,0
2007
2008
2009
Crescita
4,0
2,0
Rating: CC
0,0
2007
-2,0
-4,0
-6,0
-8,0
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2010
2011
2012
2013
Il contagio greco e l’estendersi della crisi
dei debiti sovrani in Europa
La crisi fiscale e la possibilità di default della Grecia
determinavano quindi immediati effetti di
contagio nei paesi dell’Eurozona con la
situazione delle finanze e del debito pubblico
peggiori e le prospettive di crescita più basse.
Entravano in crisi nell’ordine Irlanda,
Portogallo, Spagna e Italia.
I premi per il rischio di insolvenza salivano ovunque
nei cosiddetti PIIGS (o GIPSI) e tutti i paesi erano
costretti ad adottare misure di risanamento
fiscale per rassicurare i mercati.
20
07
20 M0
07 1
20 M0
07 3
20 M0
07 5
20 M0
07 7
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07 9
20 M1
08 1
20 M0
08 1
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08 7
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08 9
20 M1
09 1
20 M0
09 1
20 M0
09 3
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09 5
20 M0
09 7
20 M0
09 9
20 M1
10 1
20 M0
10 1
20 M0
10 3
20 M0
10 5
20 M0
10 7
20 M0
10 9
20 M1
11 1
20 M0
11 1
20 M0
11 3
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11 5
20 M0
11 7
20 M0
11 9
20 M1
12 1
M
01
La dinamica degli spread dei GIPSI
rispetto alla Germania
30,00
25,00
20,00
15,00
10,00
5,00
0,00
Irlanda
Grecia
Spagna
Italia
Portogallo
La crisi dei debiti sovrani
Nei paesi a maggior rischio di default, oltre ai tassi
di interesse sui titoli, sono saliti di molto i
premi pagati dai detentori di titoli di Stato per
assicurarsi contro la possibile insolvenza tramite lo
strumento dei CDS (Credit Default Swap).
Sulla base di tali premi è possibile ricavare
implicitamente la probabilità che i mercati finanziari
assegnano all’insolvenza di ciascuno Stato sovrano.
Nel grafico seguente non è riportata la Grecia, per la
quale il default, concordato o meno, è ormai
inevitabile.
Ottobre
Gennaio
Oggi
hi
a
Co
r
ea
R
us
si
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Fr
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l
llo
ga
to
Ve
n
Po
r
Probabilità di default implicite nei CDS
30,0
25,0
20,0
15,0
10,0
5,0
0,0
Rating S&P dei debiti sovrani europei
Crisi dei debiti sovrani e delle banche
L’innalzamento dei tassi di interesse ha determinato una
caduta del valore dei titoli di Stato.
Gran parte di questi titoli sono detenuti da banche, il cui
attivo perde valore; di conseguenza anche il loro
rischio di insolvenza sale; le loro quotazioni di Borsa
scendono.
La crisi, nata dalle banche, è passata agli Stati sovrani,
ed ora ritorna anche alle banche, le quali hanno
bisogno di ricapitalizzare, ma hanno difficoltà a trovare
finanziamenti, dato che anche gli Stati stanno
riducendo i loro deficit.
Il problema italiano
In Europa vi è ora un serio rischio di dissoluzione dell’Unione
Monetaria.
Dall’estate 2011, dopo i problemi manifestati dai paesi periferici
(nell’ordine Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna), ora al centro
dell’interesse è l’evoluzione dell’economia italiana.
La situazione attuale dell’economia italiana è opposta a quella del
1995-97 (ingresso nell’UME): allora vi fu un circolo virtuoso di
riduzione del deficit, dei tassi di interesse, e quindi dei deficit.
Oggi è in atto un circolo vizioso opposto: il deficit non è sotto
controllo, ciò mantiene alti i tassi di interesse sui titoli, che a
loro volta spingono il deficit verso l’alto.
Ogni aumento di un punto dei tassi di interesse, a regime (circa 7
anni), determina un incremento del deficit dell’1,2% del Pil,
pari a circa 20 miliardi di euro.
Il problema italiano
Il problema italiano
Ma perché l’Italia è ora l’epicentro della crisi?




Contagio Grecia: una volta messa in dubbia la solvibilità di
uno Stato sovrano, tutti i paesi con finanze pubbliche
disordinate costituiscono un pericolo per gli investitori
Paese “grande” (17% UME) con rapporto debito pubblico–
reddito elevato e in crescita
Misure di risanamento fiscale tardive, insufficienti, poco
credibili, con conseguente mancanza di fiducia da parte dei
mercati e fonte di speculazione unidirezionale (profezia che
si autorealizza)
Debole posizione internazionale dell’Italia nell’analisi dei
mercati sulle prospettive di crescita e risanamento
La posizione internazionale dell’Italia
Punti di debolezza dell’Italia:



Elevato debito pubblico in assoluto (3° al mondo dopo
Giappone e Usa) e rapporto debito pubblico / reddito (3°
al mondo dopo Giappone e Grecia), di cui il 50% in mano a
residenti esteri
Bassa crescita da 15 anni ca. (la più bassa tra i paesi
industrializzati: 1 punto percentuale in meno della media
UME e due punti in meno degli USA).
Perdita progressiva di competitività dell’economia
italiana
La posizione internazionale dell’Italia
Punti di debolezza dell’Italia:
 Scarsa crescita della produttività (o addirittura sua
diminuzione negli anni più recenti)
 Scarsa capacità di attrarre investimenti esteri (eccessiva
regolamentazione dei mercati dei beni e del lavoro;
eccesso di tassazione e burocrazia; sistema giudiziario
lento)
 Scarsa capacità di innovazione delle imprese, troppo
piccole, a controllo familiare, con difficile accesso al
credito
 Inefficienza della Pubblica Amministrazione e della classe
politica
 Inserimento nell’UME, che inibisce politiche monetarie,
valutarie e fiscali autonome
La posizione internazionale dell’Italia
Tassi di crescita del PIL
6
4
USA
2
UME
0
-2
Italia
-4
-6
96
98
00
02
04
06
08
10
12
Il risanamento fiscale italiano



Per evitare il default i Governi Berlusconi e Monti
hanno dovuto adottare severe misure di risanamento
fiscale, miranti ad ottenere il pareggio di bilancio nel
2013
Il totale delle misure ammonta a circa 80 miliardi di
euro
Tali misure, benché necessarie, hanno effetti
inevitabilmente restrittivi, determinando quest’anno
una caduta del PIL dell’ordine del 2% e l’anno prossimo
di circa lo 0,5%.
Il problema italiano
Debito
Deficit
125
0,0
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
-1,0
120
115
-2,0
110
-3,0
105
-4,0
100
95
-5,0
90
2007
-6,0
2008
2009
Crescita
3,0
2,0
1,0
0,0
Rating: BB+
-1,0
-2,0
-3,0
-4,0
-5,0
-6,0
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2010
2011
2012
2013
Il risanamento fiscale italiano

Grazie alle misure intraprese, lo spread rispetto ai Bund
tedeschi sta cominciando lentamente a scendere (dagli
oltre 550 punti base di novembre sino agli attuali 360370-400)
 L’Italia non è più
considerata dai Paesi esteri un
esteri solo un fattore di
instabilità, ma anche
un esempio
da imitare
9 febbraio 2012
21 novembre 2011
Cosa dovrebbe fare l’Europa?
• La Germania si oppone
tuttavia
a
tali
innovazioni e ritiene
che gli aiuti debbano
essere subordinati a
misure di risanamento
fiscale in ogni paese
• Lo stesso Fondo SalvaStati è del tutto
insufficiente rispetto
agli eventuali bisogni
dei paesi medio-grandi
Debito totale
Italia + Spagna
Fondo per l’Euro
Debiti Grecia +
Portogallo +
Irlanda
Conclusioni
Una situazione rischiosa e incerta
• La situazione attuale è molto rischiosa, per cui la
prosecuzione del processo di crescita in atto in Europa
non è garantita, nonostante lo stimolo derivante dalla
buona performance di crescita dei paesi emergenti.
• Il nodo della crisi è ora nei paesi avanzati ed in
particolare nell’area dell’euro, a causa dei problemi di
affidabilità dei paesi periferici.
• Tutti gli Stati hanno adottato misure fiscali restrittive,
peggiorando le prospettive di crescita
Una situazione rischiosa e incerta
• Il rischio è che la combinazione di strette fiscali,
restrizioni creditizie determinate dalle difficoltà delle
banche, riduzione dei consumi da parte delle famiglie, in
seguito alle perdite di ricchezza e all’incertezza sul futuro,
generi una nuova recessione.
• Per l’Italia tale eventualità è pressoché scontata, con
riduzioni del Pil nel 2012 e nel 2013.
• Perso il controllo della politica monetaria, valutaria e
fiscale, l’unico strumento di aggiustamento sembra
essere diventato la cosiddetta “svalutazione interna”,
ovvero la riduzione di salari e prezzi
Le prospettive dell’Italia
• Ma una rincorsa al ribasso del costo del lavoro non può
essere la soluzione nell’attuale divisione internazionale del
lavoro, e rischia di peggiorare il sostegno della domanda
interna
• Occorrono misure straordinarie (patrimoniale, liberalizzazioni
vere, dismissioni, riforme strutturali giustizia e PA,
ammortizzatori, infrastrutture) per rilanciare la crescita ed
evitare il depauperamento del capitale fisico, umano e
sociale.
• È necessario inoltre modificare l’architettura istituzionale
europea, perché anch’essa sia posta al servizio della crescita
europea e non solo delle paure dell’elettorato tedesco
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Crisi finanziaria in Italia