Ilaria Bentivoglio Ada Byron rappresenta una figura storica di riferimento per tutte le donne che si occupano di nuove tecnologie. In bilico tra scienza e poesia. la sua storia significa prendere consapevolezza di quale sia stato il rapporto delle donne con i calcolatori. Fondamentali i suoi contributi allo sviluppo dei concetti basilari del calcolo moderno: il suo visionario progetto è ormai riconosciuto come il primo programma della storia dell’informatica. La forza trasgressiva di questo personaggio sta nel suo appassionarsi allo studio di materie riservate, per il suo tempo, agli uomini e di unire discipline considerate ancora oggi antitetiche: la letteratura e la tecnica. Questa sua operazione di arricchimento della tecnologia con aspetti legati al linguaggio poetico e metaforico è riprova della straordinaria capacità femminile di "tenere insieme", rompere gli schemi imposti, affermare il proprio pensiero e la propria soggettività. Conoscere la sua storia significa prendere consapevolezza di quale sia stato il rapporto delle donne con i calcolatori e scoprire come la realtà che ci viene presentata dimentichi, più o meno volutamente, personaggi che possono intaccare pregiudizi e stravolgere l’idea che oggi abbiamo della tecnologia. E’ una scoperta che porta sconcerto, stimola l’impegno, rendendo il mondo della tecnologia una sfida per noi tutte. Ada, raccontami la tua storia… Volentieri! Mi chiamo Ada Augusta Byron, figlia del noto poeta Lord George Gordon Byron. Sono nata a Londra nel 1815. Io e mia madre fummo abbondate da mio padre poco dopo la mia nascita. Assunsi in seguito il cognome Lovelace, in seguito al matrimonio con William King, Conte di Lovelace. Che rapporti avevi con tuo padre, Lord Byron? Ho pochissimi ricordi di lui… I miei genitori si sono separati poco dopo la mia nascita e mia madre, la matematica Annabella Milbanke, ha deciso di allontanarmi dal mondo “poetico” di mio padre, avvicinandomi al suo mondo “matematico”. Nonostante fossi una piccola donna, ti sei interessata di matematica. Come mai? Sinceramente non è stata una mia scelta, ma di mia madre. Era terrorizzata dal fatto che mi potessi avvicinare alla poesia e soprattutto agli ambiente “romantici” di mio padre. Perciò a 17 anni iniziai a dedicarmi allo studio della matematica. C’è stato qualcuno che ti ha indirizzata e seguita nel tuo cammino della matematica? Mary Somerville mi incoraggiò a proseguire lo studio della matematica e tentò di farmi apprendere i principi matematici fondamentali e quelli riguardanti la tecnologia, ponendoli in una dimensione più vicina alla sfera filosofica e poetica. Che cosa ti legava al personaggio Augustus de Morgan? Professore dell’Università di Londra, si occupò di introdurmi a studi di livello più avanzato, inconsueto per una donna dei miei tempi, di algebra, logica e calcolo. Ero molto affezionata ad Augustus, nonostante fosse molto severo e pretendesse moltissimo da me. Facendo qualche ricerca, ho scoperto che avevi un’altra passione oltre a quella per la matematica…la musica! Sì, lo ammetto… Amavo la musica e soprattutto suonare l’arpa. Mi rilassava e inoltre era un modo per avvicinarmi al mondo sconosciuto di mio padre. Raccontami di Charles Babbage e cosa ti legava a lui. Il 5 giugno 1833, ad un ricevimento tenuto da Mary Somerville, ebbi modo di incontrare Charles Babbage, all’epoca un vedovo quarantunenne: rimasi affascinata dall’universalità delle sue idee e, interessatami ai suoi lavori, iniziai a studiare i metodi di calcolo realizzabili con la macchina differenziale e la macchina analitica. E cosa mi dici dell’italiano Luigi Federico Menabrea? Hai collaborato con lui? Eravamo amici e collaboratori. Mi occupai di tradurre e commentare in lingua inglese alcuni suoi interessanti articoli sugli sviluppi della macchina proposta da Babbage. E di cosa si trattava? La macchina proposta da Babbage aveva una struttura simile a quella della macchina di Turing, alla base dei moderni calcolatori, formata da: - un magazzino (memoria) - un mulino (CPU) - un lettore di schede perforate (input) Di questo progetto ne parlavi nel tuo articolo del 1843… Esattamente. Nel mio articolo del 1843 descrissi tale macchina come uno strumento programmabile e, con incredibile lungimiranza, prefigurai il concetto di intelligenza artificiale, spingendomi ad affermare che la macchina analitica sarebbe stata cruciale per il futuro della scienza. Parlami infine dei “Numeri di Bernoulli”. Il mio articolo del 1843 fu corredato con un algoritmo per il calcolo dei numeri di Bernoulli, che oggi viene riconosciuto come il primo programma informatico della storia. Il mio programma per la macchina, volto a calcolare i numeri di Bernoulli utilizzati per stilare tabelle numeriche era di gran lunga più complesso di ogni tentativo di Babbage. Sono stata considerata come una delle prime protagoniste della storia dell’informatica! Esempio di algoritmo per il calcolo dei Numeri di Bernoulli. Ti ringrazio per la disponibilità! Sono io che ringrazio te, per avermi scelta come “grande genio della matematica” realmente esistito…questa intervista mi fa onore! Dopo aver contribuito agli studi sulla progettazione della macchina analitica la sua vita fu tormentata dalla malattia, ma di lei è rimasto un incredibile epistolario scientifico. Bisogna aspettare la seconda metà del Novecento per vedere riconosciuta l’opera di Ada Bryron. Nel 1979, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha onorato il ricordo di Ada Augusta Byron Lovelace battezzando "ADA" un linguaggio di programmazione per grandi sistemi di calcolo particolarmente innovativo.