La scuola italiana nel dopoguerra Nonostante le difficoltà legislative del percorso di riforma, la scuola italiana a partire dal dopoguerra dà vita ad una serie di esperienze didattiche importanti e all’avanguardia, ispirate all’attivismo e al personalismo - Attivismo laico - Contestazione cattolica Attivismo laico Ernesto Codignola: Allievo di Gentile, partecipò alla riforma della scuola, ma poi deluso, se ne distaccò, per riprendere una sperimentazione che si ispirava ai più importanti autori statunitensi e europei dell’attivismo Gennaio 1945: Scuola-Città Pestalozzi nel quartiere Santa Croce a Firenze La scuola-città Pestalozzi • Scuola: luogo nel quale il bambino viene stimolato a sviluppare le proprie attitudini attraverso il lavoro artigianale, svolto nei laboratori di falegnameria, di tipografia o nelle attività all’aria aperta, ponendosi come vero e proprio laboratorio di partecipazione e autogoverno La scuola-città Pestalozzi • Scuola come officina civica, in cui vige un potere democratico, garantito da un sindaco e da una giunta di ragazzi che ha il compito di amministrare la vita pubblica quotidiana • Il successore di Codignola a Firenze è Lamberto Borghi, il più fine e profondo conoscitore dell’attivismo Lamberto Borghi • Il principio fondatore dell’attivismo è la valorizzazione della persona umana intesa nella sua capacità di agire in modo libero e di creare contesti sempre nuovi in cui far emergere la propria dignità e la propria forza morale • Vicinanza al personalismo • Proposta di metodi non coercitivi, libertari e fortemente democratici, che caratterizzano tutto l’attivismo italiano Movimento di cooperazione educativa • Nasce in Italia nel 1951 sulla scia di Frainet • Esigenza di ricostruire moralmente il Paese • Gruppo di maestri elementari guidati da Giuseppe Tamagnini (Bruno Ciari, Mario Lodi) • Obiettivo: rigenerazione del tessuto sociale della nazione, devastata da vent’anni di regime fascista e dalla guerra, attraverso la cooperazione solidale • Il progetto delle scuole nuove si carica in Italia di valenze politiche e sociologiche: recuperare il senso della vita civile, improntata ai valori della democrazia e del confronto, tramite i metodi dell’educazione popolare Dichiarazione delle finalità del 1964 1. Movimento autonomo di cooperazione tra insegnanti per lo sviluppo della democrazia 2. Raccoglie insegnanti di ogni ordine e grado 3. Libertà didattica, ricerca e sperimentazione per arricchire l’esperienza umana degli allievi 4. Sviluppo dello spirito di comunità 5. Cooperazione come forma educativa più efficace a preparare gli allievi alla vita democratica Mario Lodi • • • • • • • • Scuola laboratorio Stages extrascolastici Corrispondenza tra le scuole (Mario Lodi) Uso esemplare della tipografia scolastica: Cipì, Bandiera, La Mongolfiera 1983: A&B giornale scritto e illustrato dai bambini in quanto cittadini che hanno il diritto costituzionale di esprimersi e comunicare Uso della videocamera, cinema scolastico, multimedialità Funzione di costruzione di un forte senso civico e di partecipazione alla vita democratica da parte dei bambini 1989 Casa delle Arti e del Gioco Raffaele Laporta: la comunità educativa • Rapporto tra educazione e libertà • Libertà come spontaneità che dà origine al pensiero e all’azione, come capacità di decisione autonoma • Ambiente che mette in primo piano le scelte motivate degli allievi • Scuola come comunità educativa in cui allievi e insegnanti si confrontano collettivamente • Ricerca di condivisione e accordo su tutti i diversi momenti della vita scolastica Raffaele Laporta: la comunità educativa • Scuola come ambiente sociale di vita, dove si imparano le relazioni e le attività quotidiane nel confronto costante con gli altri (Dewey) • La Scuola non può che essere popolare • Importanza di rinnovare radicalmente la formazione degli insegnanti completamente carente sul piano psicologico, sociologico e pedagogico (lettura sulle caratteristiche e le attitudini professionali degli insegnanti) Loris Malaguzzi e le scuole comunali dell’infanzia • La coscienza politica di Loris Malaguzzi si forma al momento della ricostruzione democratica del Paese, dopo la liberazione, incuriosito e colpito dalla volontà di uomini e donne semplici – delle frazioni rurali di Reggio Emilia – strenuamente impegnati nella ricostruzione, mattone su mattone delle scuole per l’infanzia abbattute dai bombardamenti • Impegno delle donne reggiane, che nella costruzione delle scuole per l’infanzia vedevano attivamente concretizzarsi il loro impegno civico e politico Loris Malaguzzi e le scuole comunali dell’infanzia • È fortemente colpito dal fatto che la costruzione della scuola venga dal basso, dal popolo, da gente operaia e contadina • Così abbandona la carriera di maestro elementare e affianca le donne dell’UDI (Unione Donne Italiane) per la ricostruzione delle scuole “materne”, finanziate dai comuni, necessarie al lavoro e alla ricostruzione della città La scuola dei bambini • Vede la luce effettivamente solo nel 1964 • Principi originari: opera collettiva espressione della volontà educativa di un’intera popolazione • Adotta il nome di Scuola Comunale dell’Infanzia e si impegna a dar vita a una gestione collettiva da parte di ogni singola realtà di quartiere, che prevede la partecipazione attiva di tutti i residenti • Educazione come compito che riguarda tutti • Consigli scuola-quartiere • Ruolo della genitorialità e apertura dei “nidi d’infanzia” – tutti processi precedenti e che preparano la legge dei Decreti Delegati del ‘74 Rivista “Zero-Sei” • La pedagogia del bambino non è un’opera sistematica, ma riflette la molteplicità dei linguaggi dei bambini, di cui la prospettiva visiva costituisce forse la componente più importante • Nelle scuole di Reggio Emilia i bambini lavorano e presentano opere in modo diretto, senza l’interpretazione e la mediazione dell’adulto • Si allestiscono “mostre” in cui i bambini si raccontano e comunicano la loro visione del mondo, i loro bisogni e capacità • Ispirandosi a VygotskiJ e a Bruner il lavoro educativo diventa “facilitazione”, “affiancamento”, “supporto” e “impalcatura” I cento linguaggi dei bambini • Il linguaggio infantile “salta il muro della banalità” – questo è il titolo della prima grande mostra itinerante, allestita agli inizi degli anni ottanta, che cerca ospitalità nelle più grandi città di Europa, compresa Berlino, città in cui il muro era una realtà politica e una reale ferita ancora viva e presente • La mostra allora prende il nome, meno provocatorio, di “I cento linguaggi dei bambini” • L’esperienza di Reggio Emilia diventa internazionale; viene ripresa dalle maggiori riviste e dai più importanti studiosi del mondo, tra cui ad es. Gardner, Bruner L’atelier • L’atelier è lo strumento di lavoro, il laboratorio per eccellenza dell’esperienza reggiana: dal confronto e dalle domande dei bambini il maestro o l’educatore sviluppano un percorso monotematico che abbraccia l’intera scuola, sviluppando esperienze tecniche, narrative, artistiche, scientifiche e dando luogo a visite, alla partecipazione alla vita del territorio e della comunità, a mostre e rappresentazioni • Atelier “L’uccellino in gabbia” Gianni Rodari e la grammatica della fantasia • Riprendendo Piaget, Malaguzzi mostra come l’intelligenza del bambino, anche nella prima infanzia, se sostenuta da esperienze opportune e adeguate, possa esprimere con un suo linguaggio anche concetti scientifici, fisici e matematici • Negli anni ’80 si sperimentano attività che dimostrano la grande capacità linguistica dei bambini, grazie alla collaborazione con Gianni Rodari e la sua “grammatica della fantasia”