RICORDI DI GUERRA
I RIFUGI
L’altro giorno ho ricavato delle ottime informazioni sulla II guerra
mondiale dalla mia nonna materna Lucia. Lei, che al tempo della
guerra aveva circa dieci anni, ricorda bene quei momenti
indimenticabili di terrore e angoscia. Così, come spesso le piace
fare, mi ha raccontato degli episodi passati, ed io sono rimasta ad
ascoltarla con molta passione. È inutile dire che lei per me è una
fonte di immaginazione e di ispirazione e lo strumento che mi
fornisce informazioni autentiche, sul passato, e davvero uniche.
Penso che ogni persona che ha vissuto una parte della sua vita in
guerra abbia una storia unica e personale che può raccontare.
L’altra sera ha deciso di descrivermi cosa succedeva a Mestre,
vicino Venezia, dove in quel periodo abitava, durante un
bombardamento. Mi ha detto che per capire se in quel momento
gli aerei lasciavano cadere delle bombe si usava il suono di una
sirena che proveniva da degli altoparlanti sparsi in tutta la città.
Ogni volta che questa suonava bisognava scappare e rifugiarsi per
evitare di essere colpiti da qualche bomba. Vicino casa, per le
strade, non c’erano rifugi comuni che potevano ospitare chiunque.
Quelli si trovavano soltanto nelle vie principali della città, quindi
ognuno se lo doveva costruire da solo con ciò che si trovava.
Il padre di mia nonna, il mio bisnonno, aveva costruito un rifugio
fatto di terra ricoperto da travi e tavole di legno. Soltanto ora, mi
racconta, sa che il rifugio non era un posto sicuro e che se una
bomba cadeva sopra la loro casa “ci lasciavano la pelle”… ma
spesso la voglia di vivere ti porta ad agire in modo sbagliato e del
tutto inconsapevole di ciò che stai rischiando…
Ogni componente della famiglia aveva la tessera
annonaria. Una tessera con cui venivano dati degli
alimenti fondamentali, spesso erano
la farina di
polenta, lo zucchero, il latte, i fagioli e alcune volte la
pasta. La famiglia della nonna era, in un certo senso,
privilegiata perché avendo in casa un bambino molto
piccolo (il suo fratello minore) avevano una razione in
più di questi alimenti. Ovviamente il cibo che mancava
si andava a comprare al mercato nero. Inoltre il papà di
mia nonna coltivava un piccolo orto che rendeva, nei
primi anni di guerra, della verdura e della frutta. Nel
1944, però, la situazione in città si aggravò e la
famiglia decise di sfollare in campagna. Per puro caso
trovarono un tipico casolare di campagna in un paese
di nome Gardigiano vicino Mogliano, a pochi chilometri
da Mestre. I proprietari di questo casolare erano una
coppia di anziani contadini che gli offrirono un posto
per dormire e un pasto la mattina in cambio di aiuti da
parte di mia nonna e della bisnonna nei lavori in
campagna. La mia nonna per esempio aiutava il
signore a mungere le vacche o alcune volte andava
nell’orto e raccoglieva qualche verdura. Un episodio che
si ricorda molto bene è quando ogni tanto la signora
faceva la pasta in casa e quando la prendeva per
cuocerla ne dava un pochino alla sua mamma. In
famiglia quel giorno era festa per tutti! Mia nonna
ricorda anche molto bene di quando si mangiava la
polenta e, poiché non bastava per tutti, sua madre
mangiava in lacrime le poche croste avanzate intorno
alla pentola. Mia nonna, inoltre, dice sempre di odiare i
fuochi d’artificio perché assomigliano troppo ai suoni e
alle luci dei bombardamenti.
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